Stefano Frigo - Dipartimento di Informatica e Comunicazione

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Stefano Frigo - Dipartimento di Informatica e Comunicazione
Stefano Frigo
Le traduzioni italiane di “Lord Jim” e di “Daisy Miller”.
Un’analisi tipologica
Indice:
1. Gli autori
2. Le opere prese in esame
2.1 Riassunto di Lord Jim
2.2 Riassunto di Daisy Miller
3. I Forestierismi
3.1 Forestierismi con funzione stilistico –espressiva
3.2 Forestierismi di tipo veristico
3.3 Forestierismi di tipo descrittivo
3.3.1 Italianismi in Daisy Miller
3.3.2 Il Castello di Chillon
3.3.3 Altri influssi romantici
3.3.4 Termini estremo –orientali in Lord Jim
3.3.5 Differenze con gli altri tipi di forestierismi
4. Bibliografia
Tra i possibili temi correlati alle due traduzioni ho scelto di focalizzare l’attenzione su un campo
d’azione il più ristretto possibile per evitare una relazione troppo dispersiva. Mi sono perciò
interessato al fenomeno dei forestierismi e ho provato ad analizzare alcune caratteristiche di questo
fenomeno all’interno del mio campo di ricerca, ovvero i testi di Lord Jim1di Joseph Conrad e di
Daisy Miller2di Henry James.
Di seguito riporto alcune notizie sulla vita degli autori.
1. Gli autori
Joseph Conrad (Ucraina 1857 –Bishopbourne 1924) e Henry James (New York 1843 –Londra
1916) sono due autori di lingua inglese, molto famosi e apprezzati in Inghilterra.
Vissero entrambi nell’Inghilterra dell’età vittoriana (1837 –1901) e produssero la maggior parte dei
loro romanzi, tra cui i due testi presi in considerazione nel presente lavoro, durante questo periodo.
Però nessuno dei due è nato in Inghilterra, e questa prima assonanza secondo me è molto
significativa: entrambi scelsero di vivere nell’Inghilterra vittoriana.
Henry James era un cittadino americano all’epoca dell’uscita del libro (più tardi verrà naturalizzato
cittadino inglese, nel 1916, anno in cui morì) ma quando l’ha scritto risiedeva già da due anni in
Inghilterra, con l’intenzione di rimanerci per il resto della sua vita.
Per Joseph Conrad possiamo fare un discorso analogo, anche se fu naturalizzato cittadino inglese da
giovane: nato nell’Ucraina polacca divenne cittadino inglese a 29 anni (nel 1886), prima quindi di
scrivere Lord Jim.
1
Joseph Conrad, Lord Jim, 1° Ed., s.l., William Blackwood and Sons, 1900 (Ristampa Harmondsworth, England,
Penguin Books, 1989 pp. 9 –377).
2
Henry James, Daisy Miller. A Study, London, Macmillan, 1879 (Traduzione italiana e cura di D. Meneghelli, “Einaudi
tascabili-serie bilingue”, Torino, Einaudi, 1999 pp. V –264).
1
Entrambi gli scrittori furono quindi dei grandi ammiratori della cultura e della società inglesi,
cultura e società in cui essi scelsero di vivere e in cui si sforzarono di entrare.
I due romanzi sono ambientati entrambi fuori dall’Inghilterra e dalla terra d’origine dei due autori:
Joseph Conrad nel suo Lord Jim ci racconta una storia dei mari del Sud –Est asiatico, ed Henry
James una storia ambientata in Europa, tra la Svizzera e l’Italia.
Per nessuno dei due si tratta di un’esperienza nuova.
Conrad, che ha vissuto a lungo come marinaio, ha iniziato a scrivere proprio durante i suoi viaggi, e
ha sempre descritto Paesi esotici, nei quali ha viaggiato di persona.
Anche James è stato un gran viaggiatore, ma i suoi viaggi hanno interessato soprattutto la vecchia
Europa e la neonata America.
Anche per lui la narrativa sfocia dalle esperienze maturate durante i viaggi; i suoi libri, infatti, e in
special modo i primi, mettono a confronto i modi di vivere dei Paesi che ha visitato, e raccontano
perciò storie di americani e di europei, e dei loro rapporti3.
2. Le opere prese in esame
Fornisco qui due brevi riassunti delle due opere che sono state l’oggetto di questa relazione: il
primo è una mia traduzione di un riassunto di Lord Jim trovato in un manuale di letteratura inglese
(vedi nota 3), il secondo è un mio riassunto di Daisy Miller.
2.1. Riassunto di Lord Jim
“ (…) Jim è primo assistente su una nave, il Patna, che sta portando circa ottocento pellegrini al
porto di La Mecca. Una notte la nave entra in collisione con qualcosa di semisommerso,
probabilmente un relitto inzuppato fradicio d’acqua. Jim va a vedere se la nave ha riportato danni, e
scopre che la collisione ha aperto una grossa falla allo scafo, sott’acqua.
Chiaramente la nave danneggiata è destinata ad affondare in pochi minuti.
Senza dire niente ai pellegrini, per paura di creare il panico, il capitano e gli altri ufficiali lasciano la
nave che sta affondando; Jim, che nei suoi pensieri romantici si è sempre considerato un eroe, un
uomo al di sopra dei normali individui, pronto a dare la vita per le sue idee, rispettoso dell’etica e
del dovere marinareschi, in un atto cieco raggiunge gli altri sulla scialuppa.
Ma il Patna non affonda; viene salvato da una nave francese e rimorchiato fino ad Aden. Il capitano
e gli ufficiali vengono giudicati da un tribunale e perdono la loro licenza. Jim non riesce a trovare
pace; il ricordo della sua codardìa lo perseguita. Così cambia nome, trova altri lavori, ma quel fatto
del suo passato lo perseguita come una maledizione.
Incalzato da porto a porto, di isola in isola, arriva a Patusan, un villaggio nella giungla interna, dove
la popolazione nativa è schiavizzata da un rajah locale. Jim sconfigge le truppe del rajah e diventa
quasi un divo per la semplice gente di Patusan. Ma Brown, uno scellerato che era il terrore di molte
isole in Polinesia giunge al villaggio; Jim cerca di opporgli resistenza, e promette che risponderà
con la sua vita di qualsiasi male fatto alla sua gente; così, quando il figlio del vecchio capo del
villaggio viene ucciso, Jim mantiene la sua promessa e affronta la morte “pronto e disarmato4”.
Tutta la storia è narrata da un amico di Jim, il capitano Marlow.
3
Notizie trovate in: Rosa Marinoni Mingazzini -Luciana Salmoiraghi, A Mirror of The Times -A Historical, Social and
Literary Survey of Great Britain and The U.S.A., Milano -Napoli, Morano Editore, 1989, English Section 2, pagg. 811 813 e 825 -828.
4
Ibid., pp.813 -814, Traduzione mia.
2
2.2. Riassunto di Daisy Miller
Il romanzo si apre descrivendo la località lacustre di Vevey, dove è ambientata la prima parte di
questa storia. In questa città in un pomeriggio d’estate un giovane americano, Winterbourne,
conosce una famiglia di suoi connazionali, i Miller, e rimane colpito da Daisy, “una graziosa
ragazza americana cui piaceva civettare” secondo la descrizione che ne fa lo stesso Winterbourne. I
due organizzano una piacevole gita al castello di Chillon (topos letterario già noto grazie ad
un’opera di Byron), nel corso della quale hanno l’opportunità di conoscersi meglio.
In seguito, Winterbourne torna a Ginevra, la città dove risiede, mentre la famiglia Miller prosegue il
suo Grand Tour (che era iniziato in Inghilterra e che li aveva fatti attraversare, oltre all’Inghilterra
stessa, la Francia e la Svizzera) verso l’Italia.
Ed è proprio in Italia, a Roma, che i due si rincontrano l’inverno successivo: ma in questa
circostanza l’abitudine di Daisy a “civettare” diventa un grosso ostacolo per la continuazione della
loro più o meno tenera amicizia.
Inoltre questa abitudine diventa occasione di scandalo per tutta la comunità americana di Roma, che
non riesce a capire l’innocenza e la trasparenza della fanciulla, e di conseguenza la esclude dalla sua
cerchia di relazioni.
Il culmine della vicenda è rappresentata dalla morte della ragazza, causata dalla sua imprudente
visita notturna al Colosseo: ammalatasi di perniciosa morirà di lì a pochi giorni, e verrà sepolta
nello stesso cimitero romano in cui sono sepolti i due poeti inglesi Keats e Shelley.
In questo romanzo, narrato in terza persona, il narratore adotta quasi esclusivamente il punto di
vista di Winterbourne, che è quindi il protagonista –narratore della storia ed è presente ad ogni
scena.
Grande enfasi viene data, nel corso di tutto il romanzo, alle differenze di mentalità di europei e
americani “europeizzati” con gli americani genuini, di cui appunto Daisy Miller è un esempio
significativo.
La vicenda si svolge nell’arco di un anno a metà degli anni ’70 dell’Ottocento5
3. I Forestierismi6
Ho scelto di analizzare i forestierismi perché ho sempre ammirato la capacità della cultura e della
società inglesi di assorbire le altre culture e, seppur nei limiti spesso angusti dettati da esigenze di
politica coloniale, di studiarle, di provare interesse per l’altro.
Questo interesse è ben testimoniato dal fenomeno dei forestierismi all’interno dei due testi presi in
esame.
Ecco un elenco completo di tutti i forestierismi riscontrati nelle due opere:
Tabella1. :
Lord Jim7
Francese
Tedesco Latino
Lingue orientali
Totale
Termini non inglesi8
45
15
3
17
80
Loro presenza complessiva
47
15
4
38
104
Daisy Miller9
Termini non inglesi
Francese
15
Italiano
6
Totale
21
5
Dato desunto dal confronto tra quanto dice James a pag. 4 di Daisy Miller. A Study, cit., e la data di pubblicazione del
romanzo, il 1879.
6
Nel corso di tutta la relazione ho inteso, per “forestierismi”, solo quei termini stranieri accettati dall’inglese secondo la
modalità dell’adozione della parola tale quale, senza prendere in considerazione calchi ed adattamenti.
3
Loro presenza complessiva
16
9
25
Ho diviso questi forestierismi in tre grandi “tipi”, diversi per intenti e modalità di utilizzo:
per comodità li ho chiamati “forestierismi con funzione stilistico –espressiva”, “forestierismi di tipo
veristico” e “forestierismi di tipo descrittivo”.
Il mio interesse principale, nel corso di questa relazione, è rappresentato dai forestierismi di tipo
descrittivo.
Introdurrò quindi brevemente i primi due tipi e poi analizzerò dettagliatamente il terzo.
3.1. Forestierismi con funzione stilistico –espressiva
Intendo, con questo nome, i forestierismi usati con funzione retorica.
Ci sono esempi di questa tipologia per ognuna delle due opere: latinismi in Lord Jim e francesismi
in Daisy Miller.
In questo paragrafo intendo analizzare alcuni forestierismi di tipo stilistico per cercare di capire le
differenze tra questi e i forestierismi di tipo descrittivo.
Per quanto riguarda i latinismi presenti in Lord Jim, questi termini sono utilizzati dal narratore
(Marlow) o dal personaggio tedesco (Stein) sempre con intenzioni metafisiche, filosofeggianti, e
sono sempre collegati a discorsi sulla sorte dei personaggi: è questo il caso dell’espressione usque
ad finem (fino alla fine), che compare due volte, pronunciata da Stein10, di Absit omen (ne sia
scongiurato il presagio)11 e di articulo mortis (in punto di morte)12, pronunciati da Marlow.
Il francese in Daisy Miller è utilizzato quasi sempre per modi di dire, espressioni da “salotto” che
mirano ad evidenziare la raffinatezza della classe sociale di chi se ne serve, quasi a porre una
distanza tra la buona società inglese ed americana e la categoria dei “nuovi americani”,
rappresentati dalla famiglia Miller.
Sono esemplificativi di questo intento termini come coquette (civetta), termine di origine francese
ma già “anglicizzato” ai tempi dell’uscita del libro, che viene utilizzato da Winterbourne nel suo
tentativo di descrivere Daisy13, inconduite (cattiva condotta, scostumatezza), utilizzato sempre da
Winterbourne nel suo sempre più dubbioso tentativo di definire la condotta di Daisy14, du meilleur
monde (del miglior mondo, della miglior società), pronunciato da un amico di Winterbourne
7
Ho trovato questi termini in: Joseph Conrad, Lord Jim, 1° Ed., s.l., William Blackwood and Sons, 1900 (Traduzione
italiana di A. Gallone, 1° Ed., Milano, Rizzoli, 1983). D’ora in poi con l’indicazione Lord Jim, cit. mi riferirò a
quest’opera, e non alla versione originale.
Infatti ho preferito cercare i forestierismi in traduzione perché nel testo originale non venivano evidenziati e mi risultava
impossibile distinguere le parole inglesi pure da quelle importate. Devo però riscontrare che alcuni forestierismi nella
traduzione italiana sono stati tradotti: ad esempio in inglese nelle pagine 143 –144 –145 –146 -147 ci sono 25
francesismi, mentre nella traduzione di cui mi sono servito ne ho trovati solo 20. Ho tenuto conto di questi dati nello
stendere questa tabella. Mi sono accorto di questa anomalia perché ho tradotto di persona quelle pagine dall’inglese.
Potrebbe essere interessante analizzare più da vicino questo problema sulla diversità di importanza che è stata data ai
forestierismi da un traduttore italiano rispetto a quella data dall’autore inglese.
8
Con Termini non inglesi intendo tutti i termini non inglesi diversi tra loro che compaiono nel testo. Visto che alcuni di
questi compaiono più di una volta, ho ritenuto opportuno contare anche il numero di volte che comparivano
complessivamente e ho riportato questa somma alla riga “Loro presenza complessiva”. Questo mi permetterà di notare
alcune particolarità interessanti
9
Ho trovato questi termini in: Daisy Miller. A Study, cit.,
10
Lord Jim, cit., pagg 214 e 339: la seconda è una citazione dal discorso di Stein fatta da Marlow.
11
Ibid, pag 242.
12
Ibid, pag. 389.
13
Daisy Miller. A Study, cit., pag. 18.
14
Ibid., pag. 26.
4
durante un colloquio con lui per descrivere quel mondo di cui Daisy faceva parte per nascita, come
del resto loro, ma dal quale sembrava poco attratta15.
Una caratteristica significativa di questo tipo di forestierismi è che in nessun caso questi termini
vengono usati da parlanti madrelingua.
3.2. Forestierismi di tipo veristico
Ci sono inoltre dei forestierismi che hanno una funzione diversa: riportano delle conversazioni in
lingue straniere. Questo fenomeno si verifica, all’interno del mio campo di ricerca, solo in Lord Jim
e riguarda alcune conversazioni in francese ed in tedesco; per la loro funzione narrativa all’interno
del testo questo fenomeno mi sembra molto simile ad alcune caratteristiche della letteratura verista
(paragonabile alla scelta del Verga di riportare dialoghi in dialetto siciliano nelle sue opere).
Per quanto riguarda i termini francesi, in tutti i casi riportati nella tabella1 è sempre un francese ad
utilizzare francesismi, che quindi non si possono neanche più considerare tali in quanto risultano
più semplicemente termini non tradotti.
La scelta dell’autore di non tradurre alcune parti del discorso del parlante francese ha lo scopo,
secondo me, di rendere il lettore più partecipe dell’atmosfera del romanzo.
Stesso discorso si può fare per l’uso del tedesco, sempre in Lord Jim: sono sempre personaggi
tedeschi a servirsene, infatti, e l’utilizzo ha variazioni notevoli in base al grado di cultura e rilevanza
narrativa del parlante: si passa dall’imprecazione alla citazione di versi di poesie.
Questo conferma la mia teoria: il forestierismo viene utilizzato in questo caso non tanto per
esprimere un sentimento di ammirazione verso un’altra lingua quanto, piuttosto, come espediente
narrativo che risponde ad esigenze di “verismo”.
3.3. Forestierismi di tipo descrittivo
Questi forestierismi sono utilizzati per rendere l’atmosfera del luogo. Non solo: essi intendono
descrivere il luogo con le parole che usano coloro che lo abitano. Perciò questi forestierismi
rispondono ad un’istanza di tipo descrittivo, e rivelano un forte interesse da parte degli autori per le
altre culture.
Rispondono a queste caratteristiche due classi di termini, all’interno del mio campo di ricerca: gli
italianismi presenti in Daisy Miller e i termini di linguaggi estremo –orientali in Lord Jim.
C’è poi in Daisy Miller un francesismo che rientra in questa categoria, e che analizzerò
dettagliatamente più avanti nel corso della relazione.
3.3.1. Italianismi in Daisy Miller
Nella tabella sottostante riporto tutti gli italianismi presenti in Daisy Miller, la loro frequenza e le
pagine in cui si trovano.
Daisy Miller16
Termine
Frequenza
Mamma
3
15
16
a pag.
36 –40 –118
Ibid., pag. 136.
I dati qui riportati si riferiscono a: Daisy Miller. A Study, cit.
5
Amoroso
1
102
Cavaliere Avvocato
1
132
Marchese
2
132 –134
Cavaliere
1
134
Perniciosa17
1
150
Usando questi termini James descrive delle caratteristiche particolari del luogo in cui si svolge il
racconto, l’Italia, ma nel farlo mette spesso una punta di ironia e di ammirazione, richiamandosi nel
primo caso al luogo comune e nel secondo all’ideale Romantico dell’Italia.
Intendo analizzare l’utilizzo di questi termini per chiarire meglio il concetto.
Il termine Mamma viene utilizzato tutte e tre le volte per indicare la Signora Miller, la madre di
Daisy.
Probabilmente è un uso con funzione ironica, visto che in tutto il romanzo la Signora Miller è
caratterizzata come una donna che svolge il suo ruolo di madre in modo un’ po’ ingenuo e poco
conforme ai dettami dell’etica vittoriana.
Infatti lascia completamente libera da ogni controllo Daisy e si rovina la vita cercando di limitare i
danni combinati dal figlio minore Randolph.
Che sia per questo motivo che questa donna americana viene chiamata tutte le volte mamma?
Forse James voleva sottintendere, utilizzando questo termine, una qualche relazione tra il
comportamento della Signora Miller e il comportamento della tipica madre italiana (conformemente
a un diffuso luogo comune)?
Amoroso indica il modo in cui Winterbourne definisce il Signor Giovanelli in rapporto a Daisy
Miller.
La situazione è questa: un americano chiama Amoroso un italiano che corteggia un’americana.
Dunque è probabile che nella scelta di utilizzare questo termine per qualificare il rapporto che
legava Giovanelli alla signorina Miller Winterbourne lasci confluire in qualche misura l’invidia e
l’orgoglio nazionale, ma forse anche una punta di ammirazione verso il rivale.
Cavaliere Avvocato, Marchese e Cavaliere sono tre italianismi che compaiono nello stesso
contesto, durante una conversazione tra Winterbourne e sua zia: il primo indica il titolo nobiliare di
Giovanelli, il secondo indica il titolo che avrebbe dovuto avere Giovanelli per essere un buon
partito per Daisy Miller, agli occhi di Winterbourne.
Il terzo è un’abbreviazione del primo, sempre riferito a Giovanelli.
Cavaliere era un titolo assolutamente insignificante, molto usato a quei tempi, e tutti gli italiani che
non svolgevano mansioni manuali potevano fregiarsi di quel nome18.
17
Trattasi di latinismo, in questo caso, più che di italianismo. Il termine è stato utilizzato come termine medico già dal
1671. Nel 1868 venne utilizzato dal medico Biermer per descrivere un tipo di febbre da lui riscontrata sui suoi pazienti
nel canton Zurigo (Svizzera). All’epoca dell’uscita di Daisy Miller (1878) questo termine doveva quindi essere ben
conosciuto. Notizie trovate ne Il nuovo etimologico DELI -Dizionario etimologico della lingua italiana, di Manlio
Cortellazzo e Paolo Zolli, 2° Ed., Bologna, Zanichelli, 1999
18
Informazioni trovate alla nota 35 a pag. 133 di Daisy Miller. A Study, cit.,
6
Infine, Perniciosa è il nome della malattia che Daisy ha preso durante una notte passata al Colosseo,
luogo notoriamente insalubre di notte, malattia di cui Daisy morirà (vedi nota17).
Come si può vedere, questi termini forniscono un quadro che rimanda il lettore ad un’Italia a metà
tra il luogo comune e l’ideale romantico: del resto, i richiami alla tradizione del Romanticismo
inglese sono molto frequenti in tutto il romanzo.
Nel tentativo di contestualizzare questa assonanza tra Daisy Miller e il romanticismo ho analizzato
in particolare un toponimo francese, presente nella parte di Daisy Miller che ho tradotto, uno dei
pochi francesismi presenti in Daisy Miller con intento descrittivo: il Chàteau de Chillon;
un toponimo che può servire a far luce sul modo in cui James si rapporta al tema del viaggio in
questo libro.
Il Castello di Chillon è, come scopriremo tra poco, un luogo molto carico di significato, tipicamente
europeo agli occhi degli americani protagonisti di Daisy Miller, un luogo in cui storia e leggenda si
incontrano, facendone uno dei luoghi più evocativi della letteratura inglese dell’Ottocento.
Che questo luogo riprenda alcune tematiche care al Romanticismo apparirà chiaro dopo un’attenta
analisi della sua posizione nel testo e delle vicende storiche ad esso legate, vicende che hanno
contribuito a farne un luogo “mitico” della letteratura Romantica.
3.3.2. Il Castello di Chillon
Il Castello di Chillon rappresenta uno dei “topoi” letterari principali di Daisy Miller.
La prima cosa che si nota è che mentre il termine compare per la prima volta a pagina 419 in inglese
nella versione originale, successivamente verrà “francesizzato” come Chateau de Chillon e
comparirà così tutte le altre volte20 in questa forma.
Per quanto riguarda invece la costruzione del mito del castello di Chillon, questo passa attraverso
varie fasi documentabili storicamente: iniziò Byron con l’opera The prisoner of Chillon del 1816
nella quale è contenuto il Sonnet to Chillon21, che narra la vicenda della prigionia di François de
Bonivard avvenuta appunto in questo castello tra il 1530 e il 1536 per volere di Carlo III di Savoia.
De Bonivard (1496 –1570 ?) era stato accusato di aver cospirato con i patrioti ginevrini per
l’indipendenza di Ginevra dalla Savoia ed era poi stato liberato dai Bernesi nel 1536.
“Questo sonetto è il suo inno alla libertà22”.
Era stato poi lo stesso James a riprendere il luogo letterario “Castello di Chillon”.
Come scrive Donata Meneghelli: “ James aveva già fatto di Chillon un cruciale “oggetto del
desiderio” in un altro racconto, Quattro incontri, scritto un anno prima di Daisy Miller. Lì il
personaggio che racconta la storia, durante una serata in una sperduta cittadina americana, mostra
delle fotografie dell’Europa a Caroline Spencer, che desidera moltissimo recarsi oltre l’Atlantico.
Una delle prime è una veduta del Castello di Chillon.
La ragazza osserva l’immagine e poi cita i versi di Byron che il narratore non riesce invece a
ricordare, dimostrando di essere “perfettamente preparata a visitare paesi come la Svizzera e
l’Italia23”.
Infine, il Castello di Chillon svolge un’importante funzione anche in Daisy Miller: la sua imponente
figura è presente in tutto il romanzo, e ci sono riferimenti a questo castello da pagina 4 a pagina
19
Di: Daisy Miller. A Study, cit.,
Ibid., a pagg. 30 –32 –34 –44.
21
Qui le fonti non concordano: in Daisy Miller. A Study, cit., nella nota 23 a pag. 71 si parla di Sonnet to Chillon,
mentre in A Mirror of the Times, cit., a pagina 535 si parla del Sonnet on Chillon. Il testo è uguale, cambia solo il titolo.
22
Citazione tratta da A Mirror of The Times, cit., nota1 al Sonnet on Chillon, pag. 535.
Da questa pagina e dalla nota 23 a pag. 71 di Daisy Miller. A Study, cit., ho tratto le notizie riguardanti Byron e François
de Bonivard.
23
Citazione dalla nota 15 a pag. 31 di Daisy Miller. A Study, cit.,
20
7
15624. Inoltre nella cornice di questo suggestivo “luogo letterario” si svolge una delle scene più
importanti nello sviluppo della relazione tra Daisy e Winterbourne, la scena in cui i due, stando da
soli per un’intera giornata, hanno l’opportunità di potersi conoscere meglio. Sarà questa l’unica
occasione che il destino riserverà loro per poter stare completamente da soli, e anche questo dà al
romanzo un gusto fortemente vicino all’ideale eroico dell’amore romantico, e in particolare al tema
dell’amore reso impossibile dalle circostanze (tema presente, ad esempio, ne Il giovane Werther di
Goethe). Queste suggestioni rientrano in tutta una serie di ammiccamenti alla sensibilità della
letteratura romantica presenti in modo capillare nel testo.
3.3.3. Altri influssi romantici
Nella rimanente parte del testo di Daisy Miller ci sono molti particolari che fanno pensare ad
influenze del Romanticismo: il tema del Grand Tour, ad esempio, le molte citazioni da Byron25, il
fatto che Daisy muore in Italia (come voleva, tragicamente, la tradizione romantica) ed è stata
sepolta nel piccolo cimitero protestante in cui riposano i due grandi poeti romantici inglesi Shelley e
Keats.
Inoltre, il gusto per il passato e per le rovine delle antiche civiltà permea tutto il romanzo.
3.3.4. Termini estremo –orientali in Lord Jim
Cambiando completamente argomento, passo ora ad analizzare i forestierismi con intento
“descrittivo” che ho trovato in Lord Jim. Sono termini che l’autore ha preso in prestito da lingue
dell’Asia estremo –orientale come l’indiano, il malese e altre.
Questi termini colorano la narrazione di tinte estremamente esotiche, caratteristiche dei luoghi in
cui è ambientato il romanzo, e ci rivelano una connotazione del testo vicina per certi versi alla
letteratura etnografica.
Nella tabella sottoriportata elenco questi termini, la loro frequenza, le pagine in cui si trovano e la
spiegazione del loro significato.
Lord Jim
Frequenza
a pag26.
Praus
1
23
Campong
4
Punkah
1
Termine
23 –300 –416 –420
35
Traduzione27
Imbarcazione malese
Villaggio malese
Ventaglio indiano, appeso al
soffitto, azionato mediante
una corda
24
Di Daisy Miller. A Study, cit.,
Oltre alla già menzionata citazione indiretta di The prisoner of Chillon c’è una citazione dal Manfred (a pagina 146 di
Daisy Miller. A Study, cit.) che secondo Donata Meneghelli può anche essere stata fraintesa da James con il Childe
Harold’s Pilgrimage, sempre di Byron (La questione critica su questa citazione viene esposta da Donata Meneghelli
nella nota 37 a pagina 147 di Daisy Miller. A Study, cit.).
26
Le pagine si riferiscono alla traduzione di Alessandro Gallone di Lord Jim, cit.
27
La traduzione di tutti questi termini è stata eseguita da Alessandro Gallone.
25
8
Dubash
1
41
Interprete
Lascar
1
88
Marinaio delle Indie Orientali
Serang
3
Avatar28
1
155
Reincarnazione
Annas
1
169
Moneta indiana
Sarong29
1
203
Specie di sottanella che, cingendo la vita, scende fino a
mezza gamba (isola di
Giava).
Pangeran
1
204
Dignitario del Rajah
Kriss30
2
256 –288
Betel
1
261
Nakhoda
7
261 –280 –369 –398 –
417 (due termini) –
422
Tuan
9
310 –411 –413 –414 –415 –
416 –417 (due termini) –422
Kanaka
1
Praho
2
405 –417
Panglima
2
413 (due termini)
134 –134 –136
358
Capo –ciurma indigeno
Pugnale malese
Pianta rampicante dell’Asia
Meridionale, nelle cui foglie
gli Indiani e i Malesi
avvolgono un miscuglio di
noci di areca e calce spenta,
che poi masticano come
inebriante.
Mercante
?
?
Goletta Malese
Capo
28
Trattasi di un francesismo di origine indiana (sanscrito “Avatara”: discesa, incarnazione, metamorfosi). Il termine è
arrivato in Italia nell’800 (utilizzato da Gioberti e da Panzini). Notizie trovate in Grande dizionario della lingua
italiana, cit., volume I, pag. 872.
29
In questo caso siamo di fronte ad un adattamento in inglese del termine malese “Sarung”, probabilmente derivato a
sua volta dal Sanscrito “Saranga”: variegato. Il termine è entrato in uso nell’inglese nel 1834 ed è arrivato in Italia
grazie a Salgari prima del 1911. Notizie trovate ne Il nuovo etimologico DELI cit. pag.1440 e in Grande dizionario
della lingua italiana, cit., volume XVII, pag. 581.
30
Le prime testimonianze di questo termine in inglese risalgono alla fine del XVI secolo: malese keris o kiris o kris,
probabilmente di origine giavanese. In Italia il termine è attestato già dal 1636. La sua fortuna nel lessico è legata al
ciclo malese di Salgari. Notizie trovate ne Il nuovo etimologico DELI, cit. pag.836 e in Grande dizionario della lingua
italiana, cit., volume VIII, pag. 644.
9
Ho tralasciato di menzionare quei forestierismi che sono già entrati nel linguaggio comune, come ad
esempio Rajah.
Per quanto riguarda i termini estremo –orientali Tuan e Kanaka, il testo non li traduce; dal contesto
però mi sembra di capire che Tuan sia un appellativo di rispetto, simile nella funzione al nostro
“Don”, mentre Kanaka sembra essere il nome di una tribù di pirati.
3.3.5. Differenze con gli altri tipi di forestierismi
Una caratteristica molto evidente dei forestierismi di tipo descrittivo nei testi che ho analizzato è la
loro frequenza: pochi termini che però si ripetono molte volte nel corso della narrazione.
Questa caratteristica differenzia i forestierismi di tipo descrittivo dagli altri: come si può vedere
confrontando la frequenza con cui compaiono i termini estremo –orientali in Lord Jim e italiani in
Daisy Miller con la frequenza con cui compaiono gli altri forestierismi31.
La motivazione di tale differenza di utilizzo appare chiara: mentre i forestierismi usati con intento
stilistico devono essere raffinati e rari e i forestierismi di tipo veristico cambiano sempre perchè
riportano conversazioni (che sono mutevoli come i contesti che le hanno generate) i forestierismi
con intenti descrittivi fanno parte del paesaggio che ci descrivono, e torneranno tutte le volte che
l’autore vorrà nominare il particolare del paesaggio cui il forestierismo si riferisce.
Anzi, più spesso ritornano e più il romanzo si colora di tinte esotiche.
Un’altra differenza è che, mentre i forestierismi utilizzati per motivi di stile sembrano sottintendere
la convinzione che essi saranno capiti da un utente ideale (il lettore o un personaggio del romanzo
che appartenendo all’ambiente dell’autore ne condivide la cultura e ne gusta gli espedienti stilistici),
i forestierismi utilizzati per motivi descrittivi sembrano sottintendere il contrario: l’utente ideale in
questo caso non è obbligato a conoscere il significato di questi termini per poter essere considerato
appartenente all’ambiente sociale dell’autore. Anzi, è meglio se non lo conosce.
Già, perché questi termini servono a produrre nel lettore la curiosità per linguaggi e culture
esotiche, lontane, sconosciute; servono a suscitare l’emozione di trovarsi lì, lo fanno viaggiare,
evadere dalla sua quotidianità.
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Vedi Tabella1: mentre tutti gli altri termini compaiono circa una volta per tipo, i termini estremo –orientali sono 17 e
compaiono 38 volte, quelli italiani sono 6 e compaiono 9 volte. Tra l’altro tra questi 6 ce ne sono due più o meno
uguali: Cavaliere e Cavaliere Avvocato.
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4. Bibliografia:
Henry James, Daisy Miller. A Study, 1°Ed., London, Macmillan, 1879. (Traduzione italiana
e cura di D. Meneghelli, “Einaudi tascabili –serie bilingue”, Torino, Einaudi,
1999, pp. V –264).
Joseph Conrad, Lord Jim, 1° Ed., s.l., William Blackwood and Sons, 1900 (Traduzione
italiana di A. Gallone, 1° Ed., Milano, Rizzoli, 1983).
Joseph Conrad, Lord Jim, 1° Ed., s.l., William Blackwood and Sons, 1900 (Ristampa
Harmondsworth, England, Penguin Books, 1989, pp. 9 –377).
Rosa Marinoni Mingazzini –Luciana Salmoiraghi, A Mirror of The Times –A Historical,
Social and Literary Survey of Great Britain and The U.S.A., Milano –Napoli, Morano
Editore, 1989, English Section 1 –2.
Salvatore Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, 2002, Vol. I –
XXI.
Il nuovo etimologico DELI –Dizionario etimologico della lingua italiana, di Manlio
Cortellazzo e Paolo Zolli, 2° Ed., Bologna, Zanichelli, 1999.
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