i giardini di jappelli: "dal sogno la consapevolezza"

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i giardini di jappelli: "dal sogno la consapevolezza"
I GIARDINI DI JAPPELLI : "DAL SOGNO LA
CONSAPEVOLEZZA"*
tradotto e tratto da
JAPPELLI'S GARDENS : "IN DREAMS BEGIN RESPOSIBILITIES"
Raymod W. Gastil
a cura di Giuseppe Ghirlanda maggio 2015
G.B. Cecchini - "Giardini Treves" da Guida di Padova e della sua provincia - 1842
La "Guida di Padova e della sua Provincia" del 1842 contiene un'illustrazione dei Giardini
Treves nei quali, mentre la sacralità dell'amicizia, lo spirito cavalleresco e gli ideali
massonici occupano un posto rilevante nei propositi del progetto, ogni "confraternita
segreta" rappresentata sembra integrata piuttosto che rivoluzionaria.
La litografia mostra due coppie di visitatori ed una donna sola che osserva ammirata un
paio di cigni che nuotano nell'acqua dell'Alicorno.
L'Italia di quel tempo infatti non aveva ancora superato l'epoca delle "confraternite
segrete" politicamente attive, ma la metafora nel giardino aveva assunto uno stile molto
più composto e "politicamente corretto".
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L'"iniziazione" (al giardino) consisteva nell'esperienza della percezione intimistica e
profonda possibile in un "giardino di intrattenimento " aperto al pubblico.
Il Giardino Treves, completato tra la prima e la seconda fase di realizzazione dei Giardini
di Saonara, esprimeva chiaramente le analogie tra la rappresentazione della natura e
quella delle relazioni umane.
All'inizio, al posto del Giardino, c'era un'area incolta dietro il palazzo nobiliare
settecentesco dei fratelli Treves in un angolo delle prestigiose mura cittadine.
Come spesso nella sua opera Jappelli partiva da un contesto storico autentico che con
tocco deciso trasformava in un luogo fantastico e fantasioso che oscillava tra il naturale ed
il nuovo.
Jappelli trasformò il canale Alicorno in corso d'acqua naturale e poi, attento a quanto si
poteva percepire in distanza, con nuove colline e valli creò punti di osservazione elevati
verso le vere torri "esotiche" del Santo, in distanza.
Al Giardino Treves come al Caffè Pedrocchi ricorse al rapporto visuale coi monumenti e gli
edifici storici medioevali della città per dare coerenza ed autenticità allo scenario teatrale
ricostruito .
In questo giardino paesaggistico all'inglese le immagini lontane che attiravano l'occhio
erano gli edifici storici veri: questa era la scenografia che conteneva le rovine ricostruite.
In tutto il giardino Jappelli distribuiva ricostruzioni iconografiche di relazioni umane a
complemento e completamento della ricostruzione delle relazioni naturali.
Ci sono numerosi falsi resti storici
ricostruiti incluso, tra i più emergenti, il
monumento alla amicizia: due cariatidi
sostengono una iscrizione "Fraternae
Concordiae Sacer Locus".
A fianco ed oltre a questo monumento
alla amicizia ed alla pace si staglia sulla
collinetta un tempio all'amore, una volta
impreziosito da scultura di amore e
psiche posta sulla sommità.
Edicola delle cariatidi vicina al tempietto dell'amore
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Il Giardino Treves costituì la scena per la rappresentazione dell'alchimia, delle relazioni
umane e naturali e a memoria di ciò era stata ricavata una grotta, ora distrutta, che
conteneva iscrizioni su "Bepo del Zardin" (soprannome di Giuseppe Jappelli) all'apparenza
descritto come un Merlino padovano, la cui caverna era tappezzata di ossa di animali e di
scritte cabalistiche.
Le novità botaniche più interessanti erano conservate in un edificio (casa del giardiniere)
con facciata gotica da un lato (la seconda facciata neogotica di Jappelli, ma priva di
decorazioni di scarso valore) e neoclassica sull'altro.
la casa del Giardiniere Ovest
la casa del giardiniere Nord
Era la particolarità di un sorprendente contrasto celebrato da Richard Payne Knight nei
suoi edifici e nei suoi scritti: "vediamo di continuo una combinazione di architettura Greca
(classica) e Gotica adottata con felicissimi effetti nello stesso edificio ... lungi
dall'interrompere il processo cognitivo lo conducono ed ampliano in maniera molto
gradevole attraverso differenti epoche ed evoluzioni successive del gusto, delle arti e delle
scienze". (Payne Knight è uno dei pochi inglesi di cui Jappelli riconobbe l'influenza
artistica).
All'interno dell'edificio a due facciate (casa del giardiniere) il processo cognitivo approdava
alla botanica - magazzino di semi e bulbi.
È piuttosto arduo immaginare al giorno d'oggi l'originario effetto teatrale dei giardini, ma
Jappelli disponeva di un team di esperti scenografi , compreso pittore e scultore, che
allestì una set che ricordava i tornei cavallereschi medioevali nella piccola arena (un tema
che sarebbe stato ripreso con maggior successo per il Torlonia), una radura disseminata
di tombe di antichi cavalieri, e, nel punto più alto, una pagoda cinese, da tempo distrutta,
omaggio al Giardino all'inglese, lontano però dal tema alchemico e cavalleresco.
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Giardini Treves la piccola arena dei tornei cavallereschi, dopo il restauro.
Certamente i nobili Treves, contrariamente a Pedrocchi col suo caffè, non avevano la
necessità di crearsi un'immagine: erano nobili, ricoprivano un ruolo storico e
contemporaneo nella comunità cittadina : ad ogni modo cercavano di accreditarlo.
Pietro Selvatico nella sua Guida di Padova può anche averli celebrati in modo non del
tutto disinteressato, (si sospetta l'abbia fatto nel celebrare il proprietario del Caffè
Pedrocchi) ma, in ogni caso, non poté evitare di riconoscere come i Treves stavano
socialmente accreditandosi sia attraverso la bellezza del loro Giardino che con il patrocinio
dell'arte del bello". Selvatico annota infatti il generoso contributo pubblico dei Treves nelle
mostre d'arte in Venezia come nel loro Giardino in Padova, quasi alla stessa stregua della
descrizione del Giardino.
"Questi colti signori meritano di essere annoverati fra quei pochi ricchi
che incoraggiano con intelletto d'amore le arti del bello".
Forse i Treves non avevano bisogno di autocelebrarsi : i loro ospiti si .
(*) il testo proposto è tratto e tradotto da
"JAPPELLI'S GARDENS : IN DREAMS BEGIN RESPOSIBILITIES"
intervento di Raymod W. Gastil nel volume "THE ITALIAN GARDENS Art design and culture"
edito da - John Dixon Hunt - 1996 Cambridge University Press
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