DONATELLA TROTTA. Isabelle, Alessia e gli

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DONATELLA TROTTA. Isabelle, Alessia e gli
Alessia, Fatima e gli altri: così Bergoglio incontra il
mondo della sofferenza
L'intenso appuntamento con i malati nella chiesa del Gesù Nuovo: in duemila a
porte chiuse con il Papa
di Donatella Trotta
Isabelle Alessandra è una bimba bellissima, paffuta e quieta vestita di bianco e di rosa.
Una bambola dai grandi occhi, accoccolata nelle braccia del papà Ivano,
Ivano che la stringe con
particolare amore mentre attende Papa Francesco nella chiesa del Gesù Nuovo,
Nuovo per
l’incontro
incontro a porte chiuse con «la sofferenza umana»:
umana ammalati e disabili di tutte le età,
provenienti da tutti gli ospedali di Napoli.
Mentre fuori, nella piazza del Gesù transennata, una delegazione silenziosa e composta
di migranti dell’Associazio
Associazione
Associazione 3 Febbraio con i loro cartelli («Non siamo schiavi. Siamo
esseri umani per la pace contro razzismo e terrorismo») aspetta il Papa per consegnargli
una lettera-appello sulla condizione di schiavitù di molti lavoratori bengalesi, i malati,
dentro, attendono emozionati il Pontefice per un incontro atteso e speciale, off limits per
la stampa, al quale «Il Mattino» riesce ad assistere.
assistere Per raccontare ai suoi lettori, con
rispetto, i momenti più toccanti della quinta tappa di Papa Francesco a Napoli: l’incontro
con la sofferenza umana. Di uomini, donne, bambini. La frontiera più difficile, per
decifrare quello che il Pontefice chiamerà più tardi, incontrando i giovani e gli anziani alla
Rotonda Diaz, «il silenzio di Dio». Non a caso, quello nella monumentale chiesa del Gesù
Nuovo è l’unico appuntamento di questa visita pastorale di cui non sono state trasmesse
immagini.
A otto mesi e mezzo, la piccola Isabelle Alessandra è (con la neonata Elena Sofia,
Sofia 5 mesi,
”mascotte“ dei volontari dell’Amami, l’Associazione Mariana assistenza malati d’Italia) una
delle più giovani e ignare rappresentanti di questo esercito silenzioso. Che da ore affolla
paziente la parrocchia più grande di Napoli: il suo secondo nome è quello della mamma,
morta a 35 anni di parto in una clinica partenopea. «È nata svantaggiata da questa
perdita, perciò sono qui - dice il padre con le lacrime agli occhi -. Scrissi a Papa
Francesco per battezzarla, ora vorrei solo una sua benedizione per proteggerla». Come
un altro piccolino, Francesco Pio,
Pio 10 mesi di vita e dializzato dalla nascita, che, dopo aver
ricevuto in giornata il battesimo, attende ora la carezza del Pontefice della misericordia.
O come la bionda Alessia,
Alessia 9 anni e una grande generosità, espressa nella letterapreghiera per tutto il mondo che ha preparato per il Papa, accanto alla sua esuberante
compagna Fatima,
Fatima 8 anni, e al piccolo Costabile,
Costabile di sette. Bambini malati ma pieni di
entusiasmo e di gioia che dalle loro lettighe di lungodegenti pediatrici, attorniati dalle
mamme e dai propri angeli custodi in camici bianchi del Santobono, Pausilypon,
Annunziata,
Annunziata ti travolgono con la loro fresca e fiduciosa allegria, e con l’emozione di un
momento speciale per il quale hanno preparato, tutti, letterine e preghiere colme di
tenerezza.
Quelli che non sono riusciti ad esserci hanno preparato un libro azzurro di disegni
colorati e messaggini per il papa, che la direttrice del Santobono Annamaria Minicucci,
Minicucci
occhi di cielo che brillano di passione per i piccoli pazienti, mostra con orgoglio quasi
materno. «Caro Papa Francesco, prenditi cura di noi bambini», scrive ad esempio un
omonimo del Pontefice, 9 anni, in un disegno di arcobaleno su una nave in mare. In prima
fila, nella sezione della chiesa riservata ai malati più gravi, c’è anche la piccola Francesca
Francesca
Schiano,
Schiano 4 anni, sopravvissuta al tragico incidente di due anni fa sul viadotto di
Monteforte Irpino con la mamma e il papà, dopo un calvario di interventi: «La nostra vita
è già un miracolo, ora mi aspetto che mia figlia migliori», dice la sua mamma
coraggio Annalisa Caiazzo,
Caiazzo con il marito Gennaro,
Gennaro uscito da due mesi di coma.
Le loro storie si intrecciano alla teologia dei volti dei tanti che nel raccoglimento, con
dignità e pudore, aspettano il Papa, in quell’«ospedale da campo» che per 45 minuti è
diventata la chiesa del Gesù Nuovo gremita di oltre duemila persone tra ammalati (850,
con altrettanti accompagnatori), un centinaio di parrocchiani, 130 tra medici, infermieri e
operatori sanitari, volontari dell’Unitalsi, dell’Avo e dell’Amami, associazioni ecclesiali
come la CVX e la Comunità di Sant’Egidio, venti cappellani ospedalieri (tra i quali il
direttore della Pastorale sanitaria, don Leonardo Zeccolella,
Zeccolella al quale tocca il compito di
presentare al Papa il mondo della sofferenza) e 40 gesuiti della vicina residenza, con il
loro parroco Vincenzo Sibilio.
Sibilio
Ai primi banchi di fronte all’altare, tra gli altri, anche il dg dell’Asl Na1 Ernesto Esposito,
Esposito
la senologa Imma Capasso responsabile dell’Amami presieduta da Filomena Paone e il
presidente della Regione Stefano Caldoro.
Caldoro E quando finalmente Papa Francesco arriva,
puntuale alle 16,15, è un boato di applausi ad accoglierlo. Il pontefice si ferma dapprima
qualche minuto in preghiera davanti all’urna con le spoglie di San Giuseppe Moscati, il
medico santo dei poveri, poi inizia a stringere mani e benedire uno per uno i malati, a
baciare i bambini, in un primo giro di saluti che sarà replicato alla fine del suo discorso,
per tentare di non deludere nessuno. Missione pressoché impossibile: troppo poco il
tempo, troppe le persone e le aspettative di tanti di una carezza di refrigerio alla propria
condizione. Il Papa appare molto provato, stanco della densa giornata non ancora finita e
iniziata prestissimo, con il volo in elicottero da Roma a Pompei, poi con l’ingresso a
Napoli nel bagno di folla di Scampia, la celebrazione eucaristica in piazza del Plebiscito
davanti a sessantamila fedeli, quindi il pranzo con i detenuti a Poggioreale, e ancora
l’incontro alle 15 con il clero in Cattedrale, dove avviene il prodigio della liquefazione del
sangue di San Gennaro.
Un turbine di emozioni, situazioni, messaggi forti che il Papa vive e trasmette, senza
risparmiarsi.
Ora, alla sua penultima tappa del suo primo pellegrinaggio napoletano sulla via delle
opere di misericordia - a Giubileo straordinario da poco proclamato - Francesco
raggiunge a fatica l’altare, si siede accanto al cardinale Sepe per un momento di tregua.
Per un attimo, rischia anche di inciampare mentre sale al suo posto. Ascolta la breve
presentazione di don Leonardo Zeccolella, responsabile per la Curia con monsignor
Nicola Longobardi dell’appuntamento con i sofferenti. Poi si alza in piedi, avvicinandosi al
microfono: «Non è facile andare dagli ammalati, perché le cose più belle e importanti
della vita si nascondono, per pudore» esordisce a voce bassa in un silenzio irreale
costellato di occhi lucidi. Quasi sussurrando, Francesco parla del «mistero della malattia»,
con il suo carico di sofferenza fisica ma anche con la «forza trasformante dello spirito di
fede per accoglierla». Paragona i malati alla «carne di Cristo crocifisso», e per questo
«molto più vicini a Lui di altri», e li ringrazia. Come ringrazia, di seguito, «i volontari che
spendono il proprio tempo carezzando la carne di Cristo, servendo il Cristo crocifisso
vivo», e i medici e gli infermieri «per il lavoro che svolgono e per non fare della propria
professione un affare, servendo gli altri senza arricchirsene, sull’esempio del Santo
Moscati che qui ha lavorato».
E ai «cristiani di questa diocesi», infine, Bergoglio chiede di non dimenticare mai ciò che è
stato scritto «sul ”protocollo“ - ironizza - in base al quale saremo giudicati: sono stato
malato e non mi siete venuti a trovare». «Non abbiate paura - conclude - di avvicinarvi ai
malati, trovate sempre l’energia e la perseveranza di carezzare la carne sofferente di
Cristo». Un lungo applauso accompagna le sue parole sull’umanizzazione della medicina,
sul richiamo per tutti alla parabola del buon Samaritano. Aldo Bova,
Bova presidente dei medici
cattolici, commenta: «Le parole del Papa ci spronano a migliorare l’assistenza
sociosanitaria, in particolare nei confronti dei più fragili e dei più deboli, in un contesto
spesso non facile come quello campano». Gli fa eco Antonio Salvio,
Salvio presidente nazionale
della CVX e della Lega Missionaria Studenti, oltre che medico della Residenza gesuitica:
«Sono qui per riconoscenza alle parole incoraggianti del Santo Padre, vicino al mondo
della sofferenza, ma anche nella mia veste di medico internista epatologo, abituato ad
accompagnare i pazienti nel loro cammino terapeutico». Aggiunge Salvatore Caso,
Caso
segretario della CVX: «Le parole del Papa sono forti perché donano sostegno spirituale a
chi oggi è qui non tanto per cercare miracoli, quanto per trovare il senso della propria
sofferenza».
Lo conferma Silvana,
Silvana moglie di Peppino, magistrato costretto dalla sua malattia su una
sedia a rotelle: «Vedere questo Papa da vicino è già un conforto: essere qui in tanti, uniti
nel dolore e nella speranza, ci aiuta a far sentire più forte la nostra voce, e a capire
meglio il perché del silenzio di Dio». Paola Capezzuto,
Capezzuto consigliera Unitalsi, incalza:
«Bergoglio ha una particolare fratellanza con chi soffre». Accanto a lei Francesco
Lapalombara parafrasa Santa Bernadette:
Bernadette «Qui, oggi, abbiamo gustato un pezzetto di
cielo sulla terra». In sacrestia, c’è tempo per un sorriso a stemperare la tensione emotiva:
padre Vincenzo Sibilio racconta al confratello gesuita pontefice che qualcuno aveva
pensato di vendere biglietti falsi per l’ingresso in chiesa, truffa poi denunciata dallo
stesso sacerdote. E Bergoglio, dopo aver ricevuto i doni di due preziose reliquie, ironizza:
«Dalla Scolastica ad oggi, sempre i Gesuiti...».
Alle 16,45 il Papa si gira verso il Tabernacolo e l’immagine della Madonna sull’altare e,
spalle all’assemblea, recita un’Ave Maria corale. Saluta tutti, raccomandando: «Per favore,
pregate per me». Poi, cerca di guadagnare l’uscita non senza completare il suo giro tra i
malati, assediato da decine di mani che si protendono verso di lui mentre la gendarmeria
svizzera tenta di fargli da scudo. Sono le cinque del pomeriggio. Francesco è atteso alla
Rotonda Diaz per l’ultima tappa del suo viaggio nella città così «difficile, e però mai
triste».
lunedì 23 marzo 2015 - 00:34
da
http://www.ilmattino.it/napoli/speciale_papa/chiesa_del_gesu_nuovo_malati_papa/notizie/125367
9.shtml