getulio alviani, john armleder e anish kapoor

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getulio alviani, john armleder e anish kapoor
Tre mostre e tre artisti differenti per generazione
e provenienza geografica ma legati, in questo caso,
da tre motivi comuni> la geometria, l’astrazione e la luce.
getulio alviani, john armleder e anish kapoor
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
getulio alviani
antologica
getulio alviani. antologica
22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
Curatore
Giacinto Di Pietrantonio
Catalogo
Skira Editore
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti - h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
Tel. 338 6868231
martedì - venerdì>
h. 10.00-12.30 h. 15.00-17.30
Dal 22 ottobre 2004 al 27 febbraio 2005
la GAMeC presenta la prima antologica
mai dedicata da un’istituzione museale
italiana a Getulio Alviani, uno degli artisti
più significativi a livello internazionale nel
corso degli anni ’60 e dei primi ’70 quale
protagonista della corrente indicata di volta
in volta come Optical Art, Arte Cinetica
e Arte Programmata (quest’ultima nella
definizione di Umberto Eco). La personale
si concentra sull’intero arco della carriera
dell’artista ed esplora tecniche, periodi e
formati differenti della sua produzione.
Getulio Alviani. Superficie testura vibratile, 1967
Documenta 4, Kassel
La mostra alla GAMeC di Bergamo, curata
da Giacinto Di Pietrantonio, pone attenzione
sia alla dimensione ambientale del lavoro di
Alviani – attraverso il rifacimento di ambienti
cinetici degli anni ’60 come Interrelazione
cromospeculare (1969), Interrelazione speculare curva (1965\1967) e Rilievo a riflessione ortogonale (1967), presenti in mostra
– sia alla ricerca sulla sintesi tecnica tra
luce e dinamismo in opere dal formato più
tradizionale. Il suo approccio astratto alla
forma viene analizzato, oltre che attraverso
ambienti e sculture, anche attraverso le sue
caratteristiche opere realizzate con la molatura di materiali metallici come l’acciaio e
l’alluminio, opere dalla superficie cangiante
che si definiscono e ridefiniscono a seconda
del movimento dello spettatore e di cui la
mostra presenta un’ampia selezione che
spazia fino ai giorni nostri.
le strutture della percezione. In questo senso
il suo operare non si è svolto solo attraverso
il lavoro da artista ma anche attraverso l’attività di teorico, con l’elaborazione di numerosi scritti e la curatela di svariate mostre.
Nelle sue opere è evidente la ricerca continua di regole e proporzioni geometriche
generate da calcoli matematici e contrasti
di colori primari o complementari> arte e
scienza diventano campi di ricerca di un
rigore estetico che le denota entrambe.
Le opere di Alviani sono concepite sempre
in relazione allo sguardo dello spettatore
e lo stimolano utilizzando come materiali
artistici la rifrazione dei fenomeni luminosi
sulle superfici metalliche e i movimenti dello
spettatore rispetto agli oggetti che si trova di
fronte> il risultato è che questi mutano fisicamente, mentre lo spazio che li accoglie e
la percezione visiva del singolo diventano
parte del lavoro. Alviani ha sempre proposto
un approccio che risulta estremamente
attuale anche oggi ponendo in discussione
la valenza tradizionale della rappresentazione e dell’illusione artistiche e mettendo in
campo un’idea di opera come polo dinamico
di una relazione col pubblico. L’attenzione
alla dimensione percettiva ha condotto l’artista ad amplificare lo spazio dell’arte nella
creazione di ambienti fisici dove la tessitura
grafica delle pareti genera effetti illusori di
deformazione prospettica e volumetrica.
Alviani è stato uno dei principali promotori, a livello internazionale, di un approccio
all’arte come forma conoscitiva che, attraverso lo studio dei fenomeni ottici, indaghi
Informazioni
tel. 035 399528
fax 035 236962
www.gamec.it
Ufficio Stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Tel. 02433403 - 0248008462
Fax 024813841
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in copertina>
John Armleder. Voltes IV,
2004. Neon. Dimensioni
ambientali. GAMeC.
Courtesy Caratsch de Pury
& Luxembourg, Zurigo.
Ph. Ela Bialkowska
Linee luce, 1961
acciaio, cm. 50 x 50
2
Accompagnerà la mostra una pubblicazione monografica, edita da Skira Editore,
con testi di Loredana Parmesani, di Beppe
Finessi e con una conversazione tra l’artista e Giacinto Di Pietrantonio, Direttore
della GAMeC e curatore della mostra.
Completano il catalogo un’ampia documentazione di scritti dell’artista e apparati
bio\bibliografici.
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
special guest #2
john armleder – voltes IV
special guest #2
john armleder – voltes IV
22 \ 10 \ 2004 - 25 \ 4 \ 2005
Con il sostegno di
Fondazione svizzera per la
cultura Pro-Helvetia
Curatori
Giacinto Di Pietrantonio
Alessandro Rabottini
Catalogo
Silvana Editoriale
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti>
h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
Tel. 338 6868231
martedì - venerdì>
h. 10.00-12.30 h. 15.00-17.30
Informazioni
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riflessione sul ruolo e il posto dell’arte nel
sistema culturale contemporaneo.
Dal 22 ottobre 2004 al 25 aprile 2005 la
GAMeC prosegue la serie di personali dal
titolo Special Guest con l’opera inedita di
John Armleder dal titolo Voltes IV. Il progetto dell’artista svizzero, tra i più celebri
della generazione post-concettuale e attivo
sin dalla fine degli anni ’60 come co-fondatore del gruppo di artisti di ispirazione
Fluxus “Ecart”, prosegue l’iniziativa della
GAMeC inaugurata lo scorso settembre con
Saxifraga di Paul Morrison.
Dopo aver raggiunto la notorietà sulla
scena internazionale all’inizio degli anni
’80, John Armleder ha saputo superare quel
decennio estremamente autoriflessivo e
analitico dell’arte e della cultura con un
lavoro flessibile e relazionale, divenendo
in questo modo un punto di riferimento
per molti artisti delle generazioni più giovani che hanno riportato il discorso sul
Modernismo, le arti applicate e lo spazio
dell’estetica nella società al centro del
dibattito internazionale.
Il format di Special Guest prevede la
realizzazione di opere uniche, concepite in
funzione della singolare struttura che le
ospita - una grande aula unica, disegnata
dallo Studio Gregotti Associati, di oltre 170
mq per una doppia altezza di circa 7 m.>
un particolare spazio espositivo, questo,
che ispira interventi monumentali e opere
suggestive, in cui lo spettatore si ritrova
immerso.
Nella tradizione di Special Guest il catalogo
che accompagna la mostra, edito da Silvana
Editoriale, è esso stesso un “progetto d’artista”,
ideato e progettato da Armleder e corredato
da testi di Giacinto Di Pietrantonio – Direttore
della GAMeC – e Eric Troncy – Direttore de Le
Consortium di Digione. Chiudono il catalogo
l’intervista all’artista condotta da Alessandro
Rabottini, Curatore della GAMeC e schede
critiche di Bruna Roccasalva.
Il progetto, Voltes IV, avvolge il visitatore
in un gioco di luci e grafismi> l’intera parete
di fondo della sala è occupata da un target
del diametro oltre 6 metri interamente
realizzato con neon di luce bianca che si
illuminano a intermittenza. L’artista utilizza lo spettro luminoso e il movimento
e crea così un’opera carica di una bellezza
ipnotica e astratta, e che trasforma un elemento comune come il neon in un motivo
di eleganza rarefatta.
La mostra è stata realizzata con il supporto della Fondazione svizzera per la cultura Pro-Helvetia
Nelle sue opere, Armleder propone una
riflessione lucida e ironica che spazia lungo
la storia delle forme artistiche del XX secolo,
mescolando pittura, scultura, installazione
ambientale e sonora, video e ready-made.
Tutti i suoi lavori indagano la stretta relazione tra arte e vita quotidiana, funzionalità e teoria, avanguardia e oggetto d’uso
quotidiano. L’artista offre al suo pubblico
una duplice esperienza> quella dell’analisi
e della riflessione sull’arte come linguaggio
– attraverso frequenti rivisitazioni e citazioni dell’arte del passato – senza mai separare questo momento dal piacere estetico e
della ricerca della bellezza.
Con la sua capacità di dissimulare dietro
una superficie ornamentale un chiaro atteggiamento di matrice concettuale, l’artista
crea ogni volta opere che fondono un’ironia
colta e arguta con una fascinazione quasi
pop per il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, l’estetica dei consumi con la
John Armleder. Voltes IV, 2004. Neon. Dimensioni
ambientali. GAMeC. Courtesy Caratsch de Pury &
Luxembourg, Zurigo. Ph. Ela Bialkowska
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
anish kapoor
1954, vive e lavora a Londra sin dagli anni
’70. Dagli inizi degli anni ’80 i suoi lavori originali, in continuo dialogo tra bidimensionalità e tridimensionalità, gli consentono di
ottenere ben presto un ruolo di spicco nella
New British Sculpture, nome con cui la critica designò la nuova scena della scultura
inglese e di cui facevano parte artisti come
Cragg, Deacon, Woodrow e Gormley. Le sue
opere indagano la dialettica degli opposti>
uomo e donna, luce e tenebre, interno ed
esterno, ed è l’utilizzo del colore nella sua
purezza a diventare elemento costante
delle sue opere e simbolo della sintesi tra
oriente ed occidente. Il percorso artistico di
Kapoor si compone di due fasi complementari. Alla prima appartengono le opere dei
primi anni ’80 >oggetti scultorei con forme
tra l’astratto e il naturale, completamente
ricoperte di pigmento puro, il cui intenso
colore nasconde l’origine di manufatto e
suggerisce l’idea di sconfinamento. Negli
anni ‘90 invece approfondisce quelle che
possono essere riconosciute come sue
caratteristiche peculiari> sculture di dimensioni sempre più monumentali e che rappresentano la sua messa in scena del vuoto,
un vuoto reso tangibile da una cavità che si
riempie o da una materia che si svuota.
gouaches
anish kapoor. gouaches
22 \ 10 \ 2004 - 28 \ 11 \ 2004
Curatore
Giacinto Di Pietrantonio
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica
h. 9.30-13.00 14.30-17.45
Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Informazioni
tel. 035 399528
fax 035 236962
www.gamec.it
Ufficio Stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Tel. 02433403 - 0248008462
Fax 024813841
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Dal 22 ottobre al 28 novembre 2004 la
GAMeC ospita una mostra personale dell’artista anglo-indiano Anish Kapoor composta da una serie di gouaches realizzate
tra il 1995 e il 2000.
Nella giornata inaugurale della mostra,
giovedì 21 ottobre, la città di Bergamo vede
le opere di Anish Kapoor presenti in due
occasioni> alla GAMeC e al Chiostro di Santa
Marta dove verrà collocata in maniera
permanente un’opera inedita che la Banca
Popolare di Bergamo Gruppo BPU Banca ha
commissionato all’artista.
Le gouaches esposte alla GAMeC permettono di apprezzare un aspetto meno
conosciuto, quasi “privato” dell’attività di
Kapoor, generalmente noto al grande pubblico per le imponenti sculture che, spesso,
raggiungono dimensioni monumentali o
ambientali.
Anche questi lavori di Kapoor, considerato uno degli artisti più influenti della sua
generazione, indagano temi a lui cari quali
la compenetrazione tra pieno e vuoto, l’idea
di l’infinito, la dimensione del cielo e ambivalenze come concavo-convesso, presenzaassenza, tangibile-intangibile.
I lavori di Kapoor sono stati esposti
in tutto il mondo sia in musei sia in gallerie private, trai quali la Tate Modern di
Londra, il Museum of Modern Art di New
York, il Reina Sofia di Madrid e lo Stedlijk
Museum di Amsterdam. Nel 1990 prende
parte alla XLIV Biennale di Venezia dove gli
conferiscono il “Premio Duemila” (ottenuto
anche nel 1992). L’anno seguente consegue
il “Turner Prize” e nel 1992 partecipa a
Documenta IX con la costruzione Descent
into Limbo. Nello stesso anno l’Expo di
Siviglia gli commissiona l’enorme opera
architettonica Building for Void. Nel 2003
espone al Museo Archeologico di Napoli.
Il colore, nell’arte di Kapoor, diviene
materia e assume una dimensione scultorea> la polvere impedisce una netta delineazione dei contorni e sfumando, elimina
la distinzione netta tra forma e sfondo e
rende la profondità dei diversi piani uno
spazio abitabile dall’immaginazione dello
spettatore.
Anish Kapoor è uno degli artisti più significativi nel panorama dell’arte contemporanea internazionale. Nato a Bombay nel
Anish Kapoor, Untitled 2001. Cm 50x67, tecnica mista su cartoncino. Courtesy Galleria Massimo Minini
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
getulio alviani. antologica
22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
Curatore
Giacinto Di Pietrantonio
Catalogo
Skira Editore
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti - h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
Tel. 338 6868231
martedì - venerdì>
h. 10.00-12.30 h. 15.00-17.30
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in copertina>
John Armleder. Voltes IV,
2004. Neon. Dimensioni
ambientali. GAMeC.
Courtesy Caratsch de Pury
& Luxembourg, Zurigo.
Ph. Ela Bialkowska
PressRelease Focus
I sensi non contaminati
hanno proporzioni
matematiche
quel momento inizia fra loro una stretta
collaborazione> è immediatamente
incluso in “Nuove Tendenze” ed espone,
nel 1963, nella seconda edizione ∂...].
“Nuove Tendenze” rappresenta in quel
momento la punta più alta della ricerca
artistica internazionale. ∂...].
Getulio Alviani ha ventidue anni
quando allestisce la sua prima mostra
personale alla Galleria Mala di Lubiana,
siamo nel 1961, all’inizio del decennio
che ha determinato la grande svolta
del secondo novecento. La mostra di
Lubiana è la sua prima esperienza nel
campo dell’arte, nata quasi per caso,
in sordina, senza che Alviani l’abbia
cercata. Fino ad allora non aveva avuto
contatti diretti con il mondo artistico
internazionale e, tanto meno, con
quegli artisti che nello stesso momento
esponevano alla Galleria d’Arte
Contemporanea di Zagabria, nella
prima edizione della mostra internazionale “Nuove Tendenze”. Il suo interesse
era rivolto, fin dall’adolescenza, soprattutto all’ambito della progettazione
architettonica e del disegno industriale,
dove si applicava con estrema passione,
ritenendoli fondamentali per la soluzione di problemi legati all’esistenza
degli individui.
∂...] I concetti che accomunavano
i gruppi e i singoli artisti di “Nuove
Tendenze”, che sono poi quelli su cui
Alviani in solitudine da tempo sta lavorando, sono sostanzialmente il fatto di
pensare e praticare una forma artistica
basata sull’analisi sistematica dei fenomeni percettivi, di ricercare una loro
base scientifica e oggettivamente verificabile, di pensare l’arte come scienza
esatta e, pertanto, non soggetta a libere
e soggettive interpretazioni. Un’arte
intesa sostanzialmente come progetto
rigoroso.
Estratto dal testo in catalogo di
Loredana Parmesani
Partecipa così alla definizione di
quelli che sono i punti fondamentali per
ogni indirizzo visuale> il primato della
ricerca, e di conseguenza la necessità di
non fermarsi a formulazioni definitive,
ma affermare la necessità del movimento e della continua evoluzione, la
spersonalizzazione, la comunicazione
aperta, il lavoro collettivo, lo sviluppo
di un insieme di teorie e forme comuni,
fino all’idea di un’opera “anonima”.
∂…] ricerche visuali definite optical,
programmatiche, cinetiche ∂...] vengono presentate in maniera spettacolare e con grande successo nel 1965 al
Museum of Modern Art di New York, in
una importante mostra dal titolo “The
Responsive Eye”. ∂…] La mostra riscuote
un sensazionale successo ∂...] Tutti gli
abituali codici percettivi vengono messi
in discussione, rielaborati attraverso
una programmazione scientifica e fenomenizzati attraverso una tecnica perfetta ∂…]. Nel caso di Alviani, così, come
di alcuni altri, si va ad indagare sulla
possibilità di lavorare sulla dimensione
percettiva soprattutto attraverso l’uso
di materiali extrapittorici e ponendo in
relazione forma e materia. Alluminio
e acciaio, fresati, cromati, serigrafati,
rappresentano i nuovi materiali di cui la
sua arte si avvale. Sono il perfetto risultato di un procedimento di sintesi progettata e programmata, materiali che
permettono nuove risoluzioni formali e
la definizione di una nuova idea di arte.
La mostra alla Galleria Mala è però
l’inizio di un percorso di ricerca visuale
sorprendente, rigorosissimo sul piano
teorico ed estremamente preciso negli
sviluppi formali.
La sua attitudine al rigore progettuale dell’opera e alla necessità della
sua programmazione, che gli provengono anche da un dato caratteriale, lo
avvicinano così al clima artistico che
in quegli anni si sta formando e che
sta determinando una delle sostanziali
svolte estetiche degli anni sessanta>
l’arte programmata e cinetica, di cui
Alviani è fra i primi, più lucidi e costanti
esponenti.
Visitare la mostra “Nuove Tendenze”
significa per lui l’ingresso in una realtà
del tutto nuova, ma significa soprattutto
l’incontro con artisti suoi coetanei, provenienti da ogni parte del mondo, a lui
affini e concordi nel riconoscere l’assoluto primato della ricerca e la necessità
di una teoria della visione alla cui base
vi sia soprattutto il rigore scientifico. Da
5
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
Getulio Alviani> l’arte
del progetto.
Un percorso di luce
getulio alviani. antologica
22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
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Giacinto Di Pietrantonio
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Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
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martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
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Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
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martedì - venerdì>
h. 10.00-12.30 h. 15.00-17.30
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2004. Neon. Dimensioni
ambientali. GAMeC.
Courtesy Caratsch de Pury
& Luxembourg, Zurigo.
Ph. Ela Bialkowska
del corpo femminile), e proteso verso le
ricerche più avanzate. ∂…]
Alviani lavora anche sul gioiello perché
non c’è nessun territorio che non debba
essere progettato. ∂…]
Estratto dal testo in catalogo di
Beppe Finessi
Tra i primi progettisti a misurarsi su questa
difficile e affascinante tipologia, è proprio
Alviani con un orecchino Monorecchio (1965),
che non addobba il corpo, come consuetudine, ma ne evidenzia una parte, isolandola>
una soluzione inedita, certamente senza
precedenti.
∂...] “Le cose più recenti sono forme
semplicissime a uno due, tre, quattro lati,
da tenere in mano, oggetti da portare
con sé come colloquio e come presenza
– Manipolabili (1988) –, in oro giallo e
bianco, che è sempre il materiale tattilmente e simbolicamente più prezioso”.
Oggetti limpidi, equilibrati, levigati.
“Tutti gli oggetti, sin dai più semplici,
hanno sempre avuto uguale attenzione e
uguale impegno”. ∂…]
“Quando entro in un tema\problema, lo
sviluppo fino a quando non lo risolvo.” ∂…]
“Già il fatto di averla pensata, significa
che una cosa è possibile”. ∂…]
“Io non ho fantasia”.
Imparare dall’arte, dalla propria arte,
per fare architettura.∂…]
Come il Pavimento dell’ultimo allestimento della Galleria del Naviglio a Milano
(1972), un suono e una vibrazione anomali,
a quei centimetri di altezza. “Superfici
calpestabili” ante litteram, che vedremo
tante altre volte nei lavori e nei progetti di
molti epigoni.
“Bisogna rendersi conto che tutto quello
che esiste sulla faccia della terra prodotto
dall’uomo è stato disegnato e progettato, e
solo quando l’uomo è riuscito a eliminare
i suoi interessi personali e a far risaltare
solo l’esistenza propria della cosa, ha fatto
il proprio bene e quello dell’oggetto. Ma se
l’artista, il designer o l’architetto è uno ‘stilista’, allora il suo prodotto non vale nulla,
anzi diventa il vero avversario di quella
cosa. Se invece è un pensatore e produce
un inedito plastico, valido e progressivo,
allora quanto fa è degno di esistere”.
“L’arte per me è sempre stata progetto.”
Una lente in tasca come biglietto da
visita. La precisa programmazione di ogni
gesto. La lucida consapevolezza di potere,
e dovere, ridisegnare (leggi riprogettare)
tutto. Un fare esteso a 360 gradi, dove il
caso sembra non esistere. Implacabile.
Intransigente. Irriducibile.
Nel panorama italiano, primo contesto
di riferimento, Getulio Alviani è un personaggio difficilmente collocabile. La sua
pluridisciplinarietà (oltre al suo lavoro di
artista, molto significative sono le esperienze nell’architettura, nel design, nell’allestimento, nella scenografia, nella moda,
nella grafica, nel design del gioiello, nella
fotografia) non trova dirette analogie o
similitudini. ∂…]
“Un’idea va comunque limata e rilimata
per essere tale e chiara”.
È emblematico, per comprendere ambizione tensione propensione finalità e
modalità dell’operare di Alviani, il suo fare
intorno al tema dell’abito. Nel 1963-64, dopo
il consenso internazionale della sua arte,
anche un’acuta stilista dell’epoca, Germana
Marucelli – donna di grandissima cultura,
promotrice e sostenitrice di iniziative di
rilievo nell’Italia degli anni cinquanta e sessanta –, venne attirata dai risultati delle sue
ricerche visive e plastiche ∂…]
Ma quelle elementari operazioni di
declinazione di un tema artistico in un
disegno da replicare su tessuto non erano,
propriamente, l’ambizione di Alviani.
∂…] Alviani, “dimenticando a memoria”
quel genere di diretta trasposizione,
immagina quel cerchio + quadrato (1965),
un abito fieramente libero di inseguire
un altro modo di vestire> assolutamente
astratto, emblematicamente geometrico.
Una soluzione che mostrava con chiarezza la necessità di considerare l’abito
in un altro modo, senza pensare a taglie,
indossabilità, portabilità. ∂…] Per arrivare,
in una stagione successiva, al Grado zero,
ipotesi di un abito sostanzialmente inesistente, direttamente derivato dalle sue
azioni tipiche degli anni settanta (come
Operazione 0, depilazione completa
Gli Ambienti vivibili, spazi domestici che
nascono con i primi mobili progettati nel
1964, avranno una costante presenza nel
fare professionale di Alviani.
∂…] Il nuovo secolo per Alviani inizia con
un progetto di rilievo anche per complessità e dimensioni, un’Abitazione con attico
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
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22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
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Domenica 16 gennaio ‘05
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Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
PressRelease Focus
sorprese, spesso spaventose. Di questo
sono terrorizzato, perché tutti hanno delle
velleità, e le cose semplici, ai più, sembrano misere”.
Emblematico, orgogliosamente silente,
il progetto Bunker per un museo d’arte
moderna (2002), in corso di realizzazione. ∂…]
Un intervento che apre, probabilmente,
una nuova stagione dell’opera di Getulio
Alviani, e non solo per il rilievo evidente
di un intervento a scala urbana. In un
terreno leggermente irregolare, senza perdere un briciolo della sua coerenza, e senza
sprecare nulla, anzi avvantaggiandosi
(per le canalizzazioni di tutti gli impianti
tecnici) dello spazio in più dato da quella
anomalia, Alviani dimostra che la propria natura rigorosamente matematica
può assecondare, perché salda, qualsiasi
scarto. E nell’accettare il suggerimento di
quel lotto di terreno, non perfettamente
“aureo”, Getulio Alviani mostra la sua
maturità> egualmente consapevole della
necessità di un sempre presente rigore,
ma più sensibile e aperto alle variabili
diversità del mondo.
“Tutto per me deve essere funzionale,
anche il puramente visivo. Tutto deve essere
e significare qualcosa. Tutto è significante”.
a Milano (1997-99). Un’architettura dove è
possibile cogliere appieno il suo modo di
operare> la precisa volontà nel definire
ogni segno, il piacere di occuparsi di ogni
dettaglio senza considerarlo marginale, la
capacità nel definire un impianto tanto
rigoroso da risultare matematico, la sensibilità nel trattare i materiali rendendoli al
contempo protagonisti e discreti, il bisogno
primario di evitare l’ovvio e il banale per
cercare sempre l’inedito e il “record”.
∂…] dai suoi maestri ha imparato che sì,
bisogna “togliere, togliere, togliere” e che
“la cosa più importante è fermarsi”, ma
anche che tutto è progetto, e che tutto
va progettato con la stessa intensità,
perché ogni cosa ha il diritto di esistere
con dignità> una parete, un’apertura, un
pulsante. ∂…]
“Quando mi pongo un problema di
materiali o di tecniche, qualsiasi sia
il campo, cerco di risolverlo al meglio.
Fondamentalmente le mie idee si realizzano nel progetto, ma anche, quando ne
sono capace, nell’esecuzione, a cui tengo
moltissimo. Faccio sempre cose semplicissime, elementari. Ma naturalmente non
lascio nessun margine all’interpretazione
dell’esecutore> si potrebbero avere delle
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
Tel. 338 6868231
martedì - venerdì>
h. 10.00-12.30 h. 15.00-17.30
Informazioni
tel. 035 399528
fax 035 236962
www.gamec.it
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CLP Relazioni Pubbliche
Tel. 02433403 - 0248008462
Fax 024813841
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in copertina>
John Armleder. Voltes IV,
2004. Neon. Dimensioni
ambientali. GAMeC.
Courtesy Caratsch de Pury
& Luxembourg, Zurigo.
Ph. Ela Bialkowska
Interrelazione cromospeculare, 1969. ambiente, cm. 210 x 420 x 210. XLV Biennale di Venezia, 1993
7
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
scritti di getulio alviani
con delle immagini di fili dell’alta tensione nel cielo. mi affascinavano quelle
linee dentro le quali correva l’energia,
che erano sospese, senza peso, non terrestri, non viscerali. nel 1952 feci credo gli
unici due lavori ad olio e smalti sul movimento delle onde del mare, completamente astratti, geometrici, coloratissimi.
intorno ai quindici anni entrai in uno
studio di architetti e ingegneri e la cosa
cominciava a diventare vera, molto seria
per me. essi progettavano piani regolatori, fabbriche, residenze. c’era un lavoro
febbrile piuttosto in antitesi con la mia
natura e ricordo che proprio questo loro
modo di fare fece scattare in me un’esigenza di acutizzazione del particolare,
dell’analisi minima. fu così che arrivai
a quelle che penso le mie prime significative operazioni> una superficie di un
metro per uno composta da tanti pezzi
di 10 x 10 centimetri di materiali bianchi
di diversa natura (carte, materiali plastici, marmo, gesso, tessuti ecc.) da cui
risultavano le enormi differenze tra un
bianco e l’altro e così poi una raccolta
analoga, sempre di un metro quadrato,
di neri. cominciava così quel processo di
acutizzazione nel fare e nel recepire, che
è da sempre alla base del mio lavoro. su
uno smalto nero batteva la luce e quel
punto diventava bianco> questo mi fece
capire quanto la luce fosse determinante
per la dinamica visiva delle cose. da qui
la ricerca della sua fenomenologia e dei
materiali in cui questa potesse maggiormente evidenziarsi. ed ecco i materiali,
l’acciaio, l’alluminio, le prime “linee luce”<
alla fine degli anni ’50, le prime superfici
a tesatura vibratile che diventeranno poi
la ricerca di base, quella formativa e fondamentale. da allora la mia ricerca si sviluppa polidirezionalmente> vi si possono
individuare ricerche ben precise, non
periodi, perché ricerche anche assolutamente diverse possono venir svolte e
sviluppate contemporaneamente. la tecnica e lo studio delle tecniche ne sono gli
elementi essenziali< quasi sempre infatti
mi interessai più costruire lo strumento
o la macchina per produrre una certa
opera che l’opera stessa. a più riprese
ed in diverse occasioni ho cercato di
esprimere il mio pensiero anche in testi
teorici< ogni ricerca è stata inoltre da me
corredata di un testo tecnico costruttivo
e fenomenico in particolare.
Estratto dal testo in catalogo “n. 7
testi in ordine cronologico”
getulio alviani. antologica
22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
Curatore
Giacinto Di Pietrantonio
Catalogo
Skira Editore
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti - h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
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John Armleder. Voltes IV,
2004. Neon. Dimensioni
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il mio primo interesse quand’ero bambino, fu quello di chiedermi per quale
ragione le persone facessero chi l’agricoltore, chi il medico, chi il minatore, o
il musicista. pensavo, e in questo non
avevo il minimo dubbio, che lo facessero
perché a loro piaceva e poi, ragionando
più profondamente, giunsi a ritenere che
la scelta operativa di ciascuno fosse scaturita da un’esatta consapevolezza delle
proprie caratteristiche costitutive. io
vivevo molto isolato in una piccola città
e trascorrevo il tempo ad osservare tutto
senza parlare con nessuno. cominciai
a ricercare in me stesso, ad analizzare
tutte le mie attitudini e manifestazioni,
spontanee o controllate, semplici o
complesse, alla ricerca di quale “cosa”
ne emergesse e per tutti gli anni della
mia fanciullezza fu così. affrontavo con
grande interesse ogni esperienza , di
qualunque natura fosse, per ciò che essa
mi dava in tutti i sensi, in quanto venivo
sollecitato dalle singole problematiche
che impegnavano la mia mente in
diretta relazione con il fare. ma era proprio tutto quanto apparteneva al mondo
del “farsi”, del “costruirsi” che mi interessava in modo speciale. mi accorsi presto
che nella mia mente tutti i concetti, le
sensazioni, le idee, prendevano forma
di punti segmenti linee colori volumi
pesi rapporti a livello elementare geometrico nel loro svilupparsi dinamico,
e che proprio tutto era così, concezione
che naturalmente ho ancora, anzi sviluppata all’esasperazione. tutto il mio fare e
pensare è incentrato in questo “essere”
di colori e forme nelle loro misurazioni.
mi convinsi dunque, a causa di questa
mia costante realtà, che la mia struttura
costitutiva essenziale fosse quella del
fare nel mondo dei colori e delle forme.
propriamente non dipinsi quasi mai, ma
ricordo i miei primi comportamenti nei
primissimi anni di scuola> i libri che ricoprivo in una certa maniera per me logica,
ordinatissimi, gli strumenti di lavoro
tutti in serie, e la costante paura che le
cose perdessero la loro integrità. risale
già ad allora la prima intuizione che i
sensi non contaminati hanno proporzioni matematiche. mi servivo sempre
degli strumenti per disegnare e ricordo,
tra le prime cose fatte, una serie di fogli
getulio alviani 1964
8
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
getulio alviani. antologica
22 \ 10 \ 2004 - 27 \ 2 \ 2005
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Domenica 16 gennaio ‘05
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Giovedì 18 novembre ‘04
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Domenica 12 dicembre ‘04
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2004. Neon. Dimensioni
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la “città”, il cancro, è solo la materializzazione di interessi di classe, palestra
di rivalità e quindi di dominio e sopraffazione, basati sul possesso che è un “bene”
solo di ordine speculativo.
nella situazione attuale tutte le attività ideative compongono un sistema
stellare di ricerche assolutamente autonome, che permettono collegamenti tra
di loro sul piano metodologico, evitando
ogni possibilità di stratificazione orizzontale sulla base del preteso suggerimento comune.
l’habitat, protezione dell’uomo, cioè lo
spazio configurato sulla sua prospettiva,
è stato distrutto dalla proprietà che ne
ha spezzato e frantumato il continuo
spaziale giungendo quindi a distruggere l’equilibrio fisiologico e psicologico
umano.
di conseguenza ogni particolare realizzazione implica a sua volta un sistema
stellare di ricerche e indagini che hanno
tra loro una connessione direzionale
verificabile in un contesto di attivizzazione esplorativa. quindi raggiungimenti diversi di carattere autonomo
e definiti nelle loro unità specifiche,
derivanti dal lavoro polidirezionato. ciò
comporta una semplificazione estrema
delle proprietà costitutive di ogni singolo oggetto plastico e l’assunzione
del concetto di economia come base
operativa costante per l’ottenimento
dei massimi risultati nelle specifiche
caratterizzazioni oggettive.
gli aspetti della vita negli insediamenti
umani sono statici o dinamici. il primo
aspetto corrisponde alla somma degli atti
privati o sociali che i singoli compiono e
ripetono in luoghi definiti, il secondo alle
oscillazioni e alle correnti degli spostamenti e dei trasporti. in verità la condizione umana è costantemente dinamica,
in evoluzione, protesa nel suo farsi e
declinante verso la sua dissoluzione.
questa mutabilità nel nostro presente
è costretta ed ingabbiata da forme rigide,
statiche, irrazionali, viziate da arbitrii
estetici, approssimativamente, nelle
quali non è verificabile un incontro tra
essenzialità strutturale e funzionalità
tecnica.
spazio pneumatico
la realtà delle aree metropolitane oggi
è il cancro della natura.
l’istanza progressiva, la volontà di raggiungere la consapevolezza concettuale
del disordine presente, lo spostamento
delle cognizioni e il capovolgimento su
altri piani non sono utopia e se fosse così,
l’utopia sarebbe ugualmente unica possibilità di azione. il processo di evoluzione
in sé, nel nucleo della natura umana nel
quale si salvino e si liberino la razionalità
e il suo rapporto fisico e biologico e si dissolvano istinti ed emozioni.
si propone lo spazio pneumatico.
la sua mutabilità inarrestabile sarà
contenitore esatto dell’uomo< sarà spazio
quantificato, esso stesso dinamico in
rapporto alle fondamentali necessità
umane, corrisponderà esattamente
ad ogni azione, di veglia o di sonno, di
impiego o disimpegno, visto che le varie
occupazioni richiedono diversamente
volumi di aria, intensità di luce e di calore
o grado di protezione o evidenza di stimoli e di messaggi.
l’attività ideativa, la prassi diretta alla
costruzione di strumenti è rapporto di
tecnica, di funzione, di forma ed ogni
istanza sarà in grado di realizzarsi nella
forma per se stessa esatta. è necessario
compiere ogni azione economicamente
per ottenere il massimo dei risultati con
il minimo dei mezzi.
lo spazio pneumatico è totalmente
aperto e dinamico.
il cubo, la sfera, il verde, altri colori, la
plastica, l’acciaio, il vetro, le dimensioni
che servono si disporranno sempre nel
solo modo possibile per definire lo spazio
dell’uomo senza altra esigenza che quella
di rispondere a tutte le sue domande
vitali a livello biologico, fisico, psichico. su
questa base si articolerà la liberazione ed
esclusivamente su questa base emergerà
l’uguale dignità degli individui.
1967
la situazione data è l’uomo non più
turbato dalle assurdità emozionali, negative in quanto non ancora controllabili,
cioè eliminabili scientificamente, aperto
alla intuizione e alla costante evoluzione
della propria conoscenza.
compito
dell’urbanista è tenere conto di questa
realtà primaria e di lavorare per essa.
9
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
Introduzione al catalogo
architetti e direttori dei musei su come
inserire l’arte in queste nuove costruzioni che, spesso, sembrano provenire
da altri mondi perché progettate senza
tenere conto di quello che dovrebbero
contenere, ovvero dell’arte. È così che, il
più delle volte, nasce la necessità di produrre opere che si adattino ed ispirino
direttamente allo spazio che le ospita,
come accade in questa mostra presso la
GAMeC di Bergamo, per la quale John
Armleder ha realizzato un’opera sitespecific.
di Giacinto Di Pietrantonio
special guest #2
john armleder – voltes IV
22 \ 10 \ 2004 - 25 \ 4 \ 2005
Con il sostegno di
Fondazione svizzera per la
cultura Pro-Helvetia
Curatori
Giacinto Di Pietrantonio
Alessandro Rabottini
Catalogo
Silvana Editoriale
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti>
h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
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John Armleder è un artista che da oltre
trent’anni produce opere che tengono in
conto il dettato dell’avanguardia (Dada)
e della post-avanguardia (Fluxus) di
relazionare arte e vita. In questa prospettiva, se l’arte è una condizione la vita è
una necessità per far sì che l’arte esista
ed è proprio per questo motivo che i suoi
lavori non sono solo forme da osservare
ma immagini, luoghi e eventi da partecipare.
Un grande target di circa 6 metri di
diametro (il più grande mai realizzato
dall’artista) composto di cerchi di neon
bianco che si illuminano secondo un
movimento alterno dall’esterno verso
il centro e viceversa, trasformando in
questo modo completamente lo spazio
espositivo.
Se l’avanguardia, però, procedeva
nel tentativo di coniugare le polarità
dell’estetica e dell’esistenza per sottrazione e provocazione, la post-avanguardia a cui appartiene Armleder
agisce per addizione> questo suo modo di
fare ed essere risponde all’idea dell’arte
nell’era della riproducibilità tecnica, in
cui l’aura del pezzo unico – come ci aveva
avvertito Walter Benjamin – è posta in
crisi dai mezzi di diffusione e comunicazione di massa, che fanno proprio della
moltiplicazione del prodotto una qualità,
in virtù del maggior pubblico raggiunto.
Questo fa sì che Armleder assuma gesti
e oggetti del quotidiano all’interno del
suo operare e della sua opera, come
servire the alla Biennale di Parigi nel
1975 o ricollocare, a partire dagli anni
ottanta, oggetti domestici come mobili
e altro accostandoli alla pittura astratta.
Mobili e altri oggetti nella maggior parte
dei casi usati e che, proprio per questo,
ci restituiscono il senso dei luoghi a cui
sono appartenuti, come “nuove nature
morte” contemporanee.
Il neon è un materiale noto nella
tradizione moderna proprio per essere
stato usato da artisti che intendevano
con esso risensibilizzare lo spazio, come
fece Lucio Fontana – basti ricordare
il grande disegno di neon per il soffitto della Triennale del 1953 – oppure
Dan Flavin, che ne ha fatto l’elemento
unico delle sue opere, esposte in Italia
in maniera permanente nelle sale della
Collezione Panza di Biumo di Villa Litta
a Varese o nella Chiesa Rossa a Milano.
Ma se Fontana utilizzava il neon come
un tratto di disegno e guardando alla
tradizione dello spazio barocco, Flavin
impiegava lo stesso materiale nella sua
forma standard, come lo si trova comunemente in commercio e limitandosi ad
accostare semplicemente i tubi di neon
in diverse combinazioni geometriche e
guardando alle forme della tradizione
suprematista e costruttivista.
La sua è una ricerca volta alla sensibilizzazione dei luoghi e, in questo,
egli tiene conto di un altro grande
filone della tradizione moderna, quello
dell’astrattismo. I luoghi della vita sono
anche quelli dell’architettura e, nel
nostro caso, dell’architettura museale,
una tipologia che ha visto negli ultimi
anni un fortissimo sviluppo. Non è una
novità che, se nell’antichità l’architettura
offriva il suo meglio in templi, chiese e
palazzi, per poi passare nella modernità
alle fabbriche, nell’attuale condizione
postmoderna è nei musei che si stanno
sperimentando le soluzioni simbolicoformali-tecniche più avanzate, tant’è
che è in corso un dibattito tra artisti,
Così, all’interno di questo filone di
rivalutazione dell’estetica dell’elettricità
– come non pensare anche al Futurismo
– John Armleder tenta una sintesi> il suo
neon è disegnato e costruito anche se
appare standard nella forma. Se, infatti,
il suo target è un’immagine astratta, è
pur vero che il movimento pulsatorio
della luce imprime all’ambiente un
effetto barocco e optical. Nell’arte di
John Armleder i neon non restano inerti
ma diventano attivi, sensibilizzando così
un luogo che, come la vita, è in continuo
mutamento.
10
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
Il Magio
affonda le radici negli anni ‘60, quando
John Armleder, adolescente, era soprannominato da una combriccola di compagni del Collège de Genève “Il Magio”
e guidato, secondo una logica implacabile, verso la “Villa Magica” a Ginevra,
dove oggi risiede.
estratto dal testo in catalogo di
Eric Troncy
special guest #2
john armleder – voltes IV
22 \ 10 \ 2004 - 25 \ 4 \ 2005
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Giacinto Di Pietrantonio
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Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
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“Se si tenta una lettura del mio lavoro
con gli strumenti classici questo è, in
fondo, un’apologia del “tutto e niente”.
È vero e non lo è, ma non è un tutto e
niente dadaista o alla Kippenberger, è
un tutto e niente nel senso oggettivo,
vale a dire che il nostro è un mondo formato da tutto e niente. Il mio lavoro è in
questo senso molto rispettoso di questo
tutto e di questo niente”.
Ecco dunque come si presentano
le cose> un personaggio immutabile,
un’opera ben decisa a restare in guardia,
un tutto e niente che finisce sempre per
aver un senso, o almeno un senso apparente.
“La difficoltà con la gente come me
sta nel fatto che, in fondo, è abbastanza
chiaro che non c’è un gran che da ricavarne. D’altro canto, se si discute con
qualcuno che ha posto una dichiarazione d’intenti come premessa al proprio lavoro, si potrà attaccare questo statement da qualsiasi parte o, al contrario,
sostenerlo. Mi annoierebbe raggiungere
una qualsiasi verità, perché poi quella
finirebbe per trasformarsi in un dogma,
che lo si voglia o meno. Il solo vantaggio
del sapere è che è sempre stato contraddittorio. Qualsiasi oggetto acquisito è un
oggetto perso.”
Non c’è dunque nessuna dichiarazione programmatica posta come
premessa al lavoro di John Armleder.
Non ci sono dunque neppure dogmi.
E non si tira fuori un ragno dal buco
da persone come lui. Quest’uomo si è
occupato di tutto> pittura, scultura, “furniture sculpture”, performance, un po’
di giardinaggio (una composizione di
fiori trapiantati in pneumatici nel 1993,
e più recentemente, a Lille nel 2004,
in una composizione monumentale e
generosa di fiori diversi), collages, wall
painting (esposti singolarmente alla
galleria di Andrea Caratsch a Zurigo,
quindi a Le Magasin, il Centro Nazionale
d’Arte Contemporanea a Grenoble nel
2003), musica (con l’etichetta “Magica
Records” diretta insieme a Sylvie Fleury e
che lo porta a pubblicare canti di Natale),
fino addirittura a una salsa vinaigrette
davvero allucinante, creata con un centinaio di ingredienti – deliziosa. Una permanenza nella prigione di Saint-Antoine
a Ginevra, nel 1968, preferita al servizio
militare> colui che dice di non voler scegliere sa, se necessario, discernere ciò
che lui deve essere. Quindi il tè, servito
alla Biennale di Parigi nel 1975. “A quell’epoca esisteva già un’opera da qualche
Difficile in effetti trovare un nesso
immediato tra tutte le forme che l’opera
di John Armleder ha potuto assumere
nel corso degli anni, se si esclude
appunto la costante di evitare sempre il
conformismo a se stesso. Una strategia,
del resto, così ben condotta da portare
l’artista stesso a farsi chiamare John M.
Armleder (senza che la “M” abbia alcun
significato) o Parker Williams, pseudonimo usato quando si tratta di scritti
sull’arte, o su qualsiasi altra cosa.
Questi alter ego assumono un rilievo
particolare quando si viene a conoscenza del personaggio stesso, che
sembra conservare il medesimo aspetto
da sempre> abito formale, sempre, cravatta, sempre, e non delle più banali
(con motivi di maiali, conigli, tartarughe,
forme geometriche...), i capelli raccolti in
una lunga treccia che sembra fissarli
una volta per tutte nella loro massima
lunghezza (impedendo così la verifica
della loro crescita, dunque del trascorrere del tempo). Buon umore, sempre,
placidità assoluta, sempre, curiosità
per qualsiasi cosa, sempre, presenza
allo stand di ECART alla fiera di Basilea,
sempre... Apparentemente, dunque,
John Armleder è una somma di costanti,
come se il personaggio stesso fosse là per
assicurare la paternità delle tante forme
che la sua opera ha potuto assumere.
Perché se si legge il suo lavoro con gli
strumenti classici questo è, in fondo,
un’apologia del tutto e niente, ma non
un tutto dadaista o alla Kippenberger,
è un tutto e niente nel senso oggettivo,
vale a dire che il nostro mondo è costituito da tutto e niente. Il suo lavoro è in
questo senso molto rispettoso di questo
“ tutto e niente”. Un tutto e niente che
11
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john armleder – voltes IV
22 \ 10 \ 2004 - 25 \ 4 \ 2005
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particolare coerenza per uno come lui
che restò segnato da Georges Brecht, di
cui seguì il “Mixed Media Course” nell’estate 1969 alla Glamorgan Summer
School in Inghilterra – un seminario
al quale Brecht alla fine non partecipò
per ragioni di salute, ma che importa.
Diciamo che si è trattato di un caso brechtiano.
parte, principalmente lavori su carta
ed oggetti> ma io esponevo soltanto le
tracce o indicazioni riproducendole sulle
pareti ad acquarello o ricomponendole
all’interno di performance.” Come una
versione un po’ mondana del The Act
of Drinking Beer with a Friend is the
Highest Form of Art (Oakland Museum,
1970), di Tom Marioni, opera concepita
come momento sociale durante il quale
l’artista riceveva gli amici nel suo atelier
per bere insieme un bicchiere di birra.
Non c’è davvero molto da tirar fuori da
persone come John Armleder, che ha
preso a prestito da Fluxus la distanza
critica rispetto alla produzione artistica, spingendola apparentemente ad
un punto di sofisticazione raramente
raggiunto. Ma c’è in lui anche una sorta
di contenuta avversione per tutto ciò
che potrebbe significare che le cose
sono nel giusto ordine> evidentemente,
non ha scelto l’attività artistica per
essere comodamente prigioniero di un
sistema codificato e essere riconosciuto
al momento giusto. Del resto il successo internazionale raggiunto mentre
il movimento Neo-Geo risuonava oltre
atlantico non era in programma. I suoi
famosi “dot painting” si sono ritrovati
sotto le luci della ribalta, eredità di un
vero amore per Picabia, mentre i suoi
“pour painting”, eredità di un amore
vero per Larry Poons in generale e per
i suoi quadri degli anni ‘70 in particolare, suscitavano allo stesso tempo un
educato imbarazzo. Una tale quantità di
dipinti ben dimostra che l’artista aveva
saputo evitare di Fluxus l’avversione per
la pittura. Per quanto riguarda i dipinti
astratti che già all’epoca realizzava, il
fatto che John Armleder fosse svizzero
fu una fortuna inaspettata> non restava
che iscrivere tutto ciò nella tradizione
dell’arte concreta Svizzera, e del resto
perché no. “È vero anche questo” resta
probabilmente la sua affermazione
preferita, e la sua diffidenza viscerale
nei confronti di giudizi perentori non
invita di certo a fare affermazioni che lo
riguardino. Alcuni hanno creduto di rintracciare i segni di una strategia> “Una
strategia implicherebbe un’ambizione
mirata che conduca ad una conquista
precisa. Credo non ci sia davvero nulla
da conquistare. È piuttosto un gioco> io
gioco allo stesso modo all’innocente e al
falso innocente.” Almeno non gli toglieranno il gusto per il gioco, elemento di
John Armleder ha sempre fatto tutto
insieme – e bisogna constatare che col
tempo, in questo non è affatto cambiato. Più esattamente, John Armleder
ha sempre fatto molte cose in uno stesso
momento, con un raffinato senso del
“tutto e niente” che permette di richiamare, nel suo caso, tanto Fluxus quanto
il formalismo (appunto) ed anche una
certa compenetrazione dei due (quando,
ad esempio, applica le regole del caso e
del gioco alla pittura astratta).
“Mi piace davvero il fatto che la radicalità, in arte, non ha assolutamente conseguenze… Chi può effettivamente interessarsi al fatto che siate radicali o meno| Si
tratta sempre d’arte, sempre delle stessa
fesseria culturale. Nonostante io ammiri
il radicalismo e specialmente il radicalismo storico, è ovvio che le posizioni
radicali in arte sono sempre, in un certo
qual modo, a buon mercato e pietose.
Ciò che è affascinante è esattamente
questo.” Inoltre bisogna intendersi sul
significato della parola radicalità, qui
probabilmente intesa da un punto di
vista a priori un po’ monomaniacale in
quanto “ambizione” artistica. In fondo,
quando si parla di John Armleder la
radicalità è sempre di casa, a maggior ragione quando egli impone una
mescolanza di stili, divenuta oggi ormai
comune, ma di certo meno familiare dal
momento in cui è divenuta una regola
di base. Ed è qui che sta il famoso “tutto
e niente” di John Armleder. In strambe
performances che coesistono con quadri
astratti, i quali coesistono a loro volta
con sculture fatte di mobili e dipinti (la
leggenda vuole che fosse arrivato a mani
vuote alla vigilia di un’esposizione a Le
Consortium di Digione nel 1983 e che
avesse trovato poi sui marciapiedi e nei
negozi della Comunità Emmaus alcuni
oggetti di scarto con i quali fece ciò che
rimane ad oggi una delle sue mostre più
belle) e soprattutto al di fuori di ogni
convenzionalità espositiva.
12
Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
PressRelease Focus
Disco Zen
Estratto dell’intervista di A. Rabottini, Curatore della GAMeC, all’artista
special guest #2
john armleder – voltes IV
22 \ 10 \ 2004 - 25 \ 4 \ 2005
Con il sostegno di
Fondazione svizzera per la
cultura Pro-Helvetia
Curatori
Giacinto Di Pietrantonio
Alessandro Rabottini
Catalogo
Silvana Editoriale
Inaugurazione
giovedì 21 ottobre ore 18.30
Galleria d’Arte Moderna
e Contemporanea
Via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
Orario
martedì - domenica h. 10-19
giovedì h. 10-22 Lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite
Adulti>
h. 10.30>
Domenica 28 novembre ‘04
Domenica 16 gennaio ‘05
h. 20.30>
Giovedì 28 ottobre ‘04
Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
Genitori e bambini - h. 10.30>
Domenica 7 novembre ‘04
Domenica 12 dicembre ‘04
Domenica 13 febbraio ‘05
Prenotazioni>
Tel. 338 6868231
martedì - venerdì>
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Informazioni
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del lavoro è frontale e che è il tempo
a scandire la percezione dell’evento.
L’impatto dato dalla velocità aggiunge
informazioni a informazioni e hanno
a che fare con quella che potrei quasi
definire un’ossessione da parte mia
per l’idea di sovraccarico. Sono davvero
convinto che ci siano troppe cose da
comprendere in ciascuna opera d’arte,
e che l’artista stesso sia proprio l’ultimo
a conoscerle, ma che questo effetto sia
in qualche modo previsto lo trovo abbastanza gratificante. Sai dall’inizio che
non c’è modo di possedere un’opera
nella sua complessità. Certo, puoi
proseguire sulla tua strada ed essere
convinto di conoscerla, ma enormi
porzioni di informazione, intere zone
di significato e altri beni restano lì in
attesa di essere consumati, rischiando
di rimanere intatti fino ad andare
male. In questo credo di essere stato
influenzato da Larry Poons. L’industria
dell’intrattenimento è stata assorbita
dall’arte e viceversa> dal Louvre a Las
Vegas fino a Hollywood e all’Isola di
Pasqua è tutto un enorme pudding. E il
cibo per bambini è puro piacere. Forse
in questo modo sto rispondendo alla
seconda parte della tua domanda.
∂…]
Alessandro Rabottini> Per la tua
mostra personale alla GAMeC hai
concepito un unico lavoro, monumentale e ipnotico. È una struttura molto
semplice> una bellissima, seducente,
persino ambigua dream machine. Tu
come la definiresti|
John Armleder> Non do mai definizioni del mio lavoro. Ciascuna opera
si comporta in maniera differente, a
seconda dell’occasione e del singolo
spettatore, così da mettere in relazione
livelli di percezione tra loro diversi. Ma
preferisco parlare dei miei lavori come
di “eventi”.
AR> Il cerchio è un motivo che ricorre
spesso nel tuo lavoro> dall’uso dei punti
e degli ‘smilies’ per creare pattern visivi
nei dipinti e in alcune delle Furniture
Sculptures durante gli anni ’80, ai wall
painting fatti di ellissi concentriche e
ai più recenti target di neon. Da quali
punti di vista formali e culturali utilizzi
questo stesso motivo|
JA> Beh, sai, uno ci può fare un po’
quello che gli pare coi pallini, i cerchi e
i target. E dietro ci sarebbe una storia
intera, riferimenti che spaziano da
Picabia a Berlewi, Noland, Poons, Johns,
Mosset, e perché no Rondinone e Hirst.
Ma pensa anche al Taoismo e allo Zen,
o a quella spirale cinetica che trovi ogni
volta che in un film di fantascienza
compare una macchina del tempo.
Non hai scampo, e intanto non hai che
vie d’uscita. E io credo che si tratti di
entrambe le soluzioni, in una maniera
abbastanza Zen. Una discoteca Zen,
forse.
∂…]
AR> Il tuo progetto alla GAMeC fa
uso di altri due elementi frequenti nel
tuo lavoro> la luce e il movimento, in
modo che lo spettatore si ritrovi a fare
un’esperienza cinetica del lavoro. Cosa
significa questo per te| Sei d’accordo
nel riconoscere in quest’aspetto un
uso consapevole di strategie desunte
dall’industria
dell’intrattenimento|
E, soprattutto, che significato dai alla
parola “piacere” all’interno delle pratiche culturali contemporanee|
JA> In questo caso possiamo parlare
di un’esperienza cinematica soprattutto per via del fatto che la visione
Untitled, 2002. Ex. Unico / unique. lampade in vetroresina, dimensioni variabili / dimensions variable.
Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano
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Gli inserti speciali di PressRelease. Inserto n.38 ottobre 2004
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martedì - domenica h. 10-19
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modo di lavorare| La maggior parte dei
tuoi lavori li realizzi direttamente negli
spazi delle gallerie o dei musei che li
ospitano, anche quando non nascono
come installazioni site-specific. A me
sembra che questo metodo di lavoro
sottolinei in modo molto forte la tua
posizione verso un’idea di arte come
‘espressione’.
JA> Tutti gli animali tendono a trovare forme di adattamento per poter
sopravvivere, e io sono una testa pigra,
per cui questo modo di operare si
adatta bene al mio lavoro. Sono privo
di ambizione, ecco perché non soffro lo
stress> perché faccio il mio lavoro nella
maniera che mi è più consona. Quello
che cerco di dirti è che non guardo a
quello che faccio per afferrarne il senso
o il significato. Io semplicemente do
inizio a un processo, o sono io stesso
avviato da quest’ultimo. È un evento
frutto di una qualche forma di miscellanea che circola nel mio lavoro. È così
che va. Poi succede a volte che, se me
lo chiedono, trovo significati, ragioni,
definizioni estetiche, stile e intelligenza
mentre guardo indietro o attorno a
quello che io e altri stiamo facendo. La
mia convinzione è che l’arte sia inevitabile. Non puoi fermarla, né darle l’avvio.
L’arte non la puoi eludere, tutto qui.
AR> Il tuo progetto per la serie Special
Guest, nella sua semplicità questo
target di neon contiene una molteplicità di motivi e fonti di riferimento. Da
un lato il cerchio è una forma quasi
universalmente connessa con la spiritualità e con la ricerca di armonia
in filosofia, nella religione e nell’arte
(pensiamo a figure come il bilanciamento degli opposti, il flusso della vita,
la perfezione), dall’altro il movimento
delle luci si rifà all’altra faccia di questa
stessa ricerca della spiritualità> dall’ipnosi alle droghe, dai marchingegni
psichedelici all’architettura dei centri
commerciali e delle discoteche. In più,
un ampio spettro di riferimenti interni
alla storia dell’arte viene alla mente>
Optical Art, gli albori dell’astrazione, i
target di Jasper Johns, l’uso dei neon da
parte di Dan Falvin, le architetture di
luce di Lucio Fontana, il Minimalismo,
la Pop Art, l’aggressività di Bruce
Nauman. In che modo gestisci tutti i
possibili riferimenti all’interno del tuo
lavoro|
JA> Beh, è semplice! Io faccio il mio
lavoro e basta. Poi qualcun altro arriva
e mette ordine in tutto questo.
∂…]
AR> Ti andrebbe di parlare del tuo
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Adulti>
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Domenica 16 gennaio ‘05
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Giovedì 18 novembre ‘04
Giovedì 23 dicembre ‘04
Giovedì 27 gennaio ‘05
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Veduta dell’installazione. Fast Forward at any Speed. Mehdi Chouakri, Berlino, 1998. Untitled, 1998. Ex. Unico. wallpainting, dimensioni variabili. Untitled, 1998. plexiglass, 210 x 122 x 40 cm. Courtesy Gallery Mehdi Chouakri, Berlino
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