Parere n. 1/2010

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Parere n. 1/2010
Parere n. 1/2010 - Ristrutturazione edilizia attuata con demolizione e ricostruzione.
Onerosità
Si chiede parere in merito all’onerosità – ovvero all’eventuale gratuità – di un intervento di
ristrutturazione edilizia da attuarsi mediante demolizione e ricostruzione di un fabbricato
preesistente.
1.
Il rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 16 D.P.R. 380/2001, comporta l’obbligo di
corresponsione di un (duplice) contributo, commisurato all’incidenza degli oneri di
urbanizzazione, nonché al costo di costruzione, fatta eccezione per i casi di espresso esonero
dagli stessi. Il Testo Unico dell’Edilizia mantiene dunque fermo il principio dell’onerosità di
“ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale”,
sancito dall’art. 1 della L. 10/1977.
Il citato art. 16 e l’art. 11, c. 2, ultimo alinea, D.P.R. 380/2001 stabiliscono l’onerosità del
permesso di costruire, mentre il successivo art. 22, comma 5, prevede che “sono soggetti al
contributo di costruzione di cui all’art. 16” gli interventi realizzabili mediante D.I.A. –
alternativa al permesso di costruire – ai sensi del precedente comma 3.
Non è dunque la tipologia del titolo abilitativo a determinare la soggezione della trasformazione
urbanistica al contributo di costruzione, bensì la natura dell’intervento edilizio: è al tipo di
intervento (e non al titolo edilizio: permesso o DIA) che consegue l’assoggettamento dell’attività
al regime oneroso, ovvero a quello gratuito.
Ciò posto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, 10, 11, 16 e 22 del Testo Unico
dell’Edilizia, è dovuto il contributo di costruzione nel caso degli interventi di nuova costruzione,
di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che porti ad un organismo in tutto od
in parte diverso da quello precedente e che comporti aumento di unità immobiliari, modifiche dei
volumi, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamento di destinazione d’uso.
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Il contributo, inoltre, è dovuto anche per i mutamenti di destinazione d’uso (con o senza opere)
che le leggi regionali subordinano a titolo abilitativo edilizio (cfr. art. 8, commi 5 e 6, L.R.
19/1999).
2.
La dottrina e la giurisprudenza hanno molto riflettuto sul tema del contributo di onerosità delle
concessioni edilizie, giungendo a conclusioni sufficientemente chiare e definite su vari aspetti
del tema medesimo anche se tali conclusioni non sono sempre unanimi.
Relativamente alla natura al “costo di costruzione”, non sembrano esservi dubbi sul fatto che la
stessa sia, in sostanza, tributaria.
Per quanto concerne gli “oneri di urbanizzazione”, la posizione interpretativa su cui si è la
giurisprudenza, superando anche le cospicue incertezze della dottrina sul punto, è quella secondo
cui la relativa quota del contributo è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria,
posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione ai benefici che la nuova costruzione ne trae (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21.04.2006, n.
2258; Cons. Stato, sez. V, 27.02.1998, n. 201; Cons. Stato. sez., V, 23.05.1997, n. 529).
Dalla individuazione dianzi indicata della natura degli “oneri di urbanizzazione” deriva la
convinzione – allo stato assai salda nella giurisprudenza, così come nella dottrina– che il fatto da
cui in concreto nasce l’obbligo di corrispondere gli “oneri“ anzidetti è l’aumento del carico
urbanistico, derivi esso dalla realizzazione di interventi edilizi come da mutamenti di
destinazione d’uso (anche in assenza di opere), che lo producono. La quota per oneri di
urbanizzazione, in altri termini, compensa l’aggravamento del carico urbanistico della zona,
indotto dal nuovo insediamento.
3.
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L’intervento di ristrutturazione edilizia consiste un un’attività edilizia che si compie sul
patrimonio edilizio esistente: in ciò consiste la fondamentale differenza tra l’intervento di
ristrutturazione e quello di nuova costruzione.
La ristrutturazione edilizia è rivolta a trasformare gli organismi edilizi esistenti: ed in ciò
differisce dal restauro e dal risanamento, che sono volti esclusivamente a conservare il
patrimonio edilizio esistente.
La ristrutturazione edilizia, dunque, è volta a trasformare gli organismi edilizi mediante un
insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto od in parte diverso da
quello precedente (mediante, ove occorra, ripristino o sostituzione di elementi costitutivi
dell’edificio, eliminazione, modifica o inserimenti di nuovi elementi od impianti). Può consistere
anche nella demolizione di precedenti edifici e loro ricostruzione con la medesima volumetria e
sagoma.
Rientrano nell’ambito della ristrutturazione tutti gli interventi che superano i limiti del restauro e
risanamento (che, cioè, vanno oltre la mera conservazione dell’esistente) ed al tempo stesso non
costituiscono nuova costruzione.
E’noto che vi sono ristrutturazioni edilizie “leggere” (miranti alla trasformazione dell’edificio
senza alcuna sostanziale modificazione della struttura e dell’utilizzo e senza incrementi di alcun
genere) e ristrutturazioni edilizie “pesanti” (che comportano radicali ripristini di elementi
costitutivi, inserimento di nuovi elementi, aumento di volume e/o superficie), così come vi sono
ristrutturazioni che si attuano conservando l’impianto edilizio esistente e ristrutturazioni che si
realizzano attraverso la demolizione e la successiva ricostruzione del fabbricato su cui si
interviene.
Ai fini della soggezione dell’intervento di ristrutturazione al regime oneroso, ovvero a quello
gratuito, occorre quindi valutare in concreto se l’intervento determina aumento del carico
urbanistico: se tale aumento sussiste l’intervento sarà oneroso, altrimenti sarà gratuito.
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4.
L’esame dei già richiamati artt. 3, 10 e 22 del D.P.R. 380/2001 induce a ritenere che il
Legislatore abbia ricollegato alla ristrutturazione edilizia “pesante” una presunzione di
incremento del carico urbanistico. Infatti, “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino
ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici” sono soggetti al
permesso di costruire (art. 10 DPR 380/2001) e, quindi, sono assoggettati al regime
dell’onerosità. Quand’anche vengano realizzati a seguito di mera denuncia d’inizio attività
(alternativa al permesso ai sensi dell’art. 22, c. 3, DPR 380/2001), tali interventi sono comunque
onerosi (art. 22, c. V, DPR 380/2001).
Verosimilmente, invece, il Legislatore ritiene che gli interventi di ristrutturazione edilizia
“leggera” (trasformazione dell’organismo precedente senza alcun tipo di ampliamento,
incremento di parametri, cambio d’uso, etc.) non aumentino, di norma, il carico antropico. Essi,
infatti, ove non raggiungano la consistenza delineata dall’art. 10, c. 1, lett. c), DPR 380/2001,
sono assoggettati alla denuncia d’inizio attività gratuita.
Ciò appurato in via generale, deve ribadirsi che il Comune – al fine di inquadrare un intervento
di ristrutturazione nel regime oneroso, ovvero a quello gratuito – deve accertare se l’intervento
determina o meno incremento del carico urbanistico. Il presupposto dell’onerosità della
trasformazione edilizia, infatti, è costituito dal maggior carico urbanistico determinato
dall’intervento, per cui l’Ente locale deve richiedere il pagamento degli oneri se il peso
insediativo aumenta, mentre non deve chiedere alcunché se non si verifica alcuna variazione del
carico urbanistico.
Peraltro, l’incremento del peso insediativo non consegue soltanto agli interventi di
ristrutturazione generale e globale di un edificio (con inserimento di nuove porzioni, radicale
ripristino di elementi od impianti, etc.), ma anche alle ristrutturazioni meno marcate, che
comunque trasformino la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica dell’immobile. In tal caso la
necessità di sottoporre la concessione al pagamento dei contributi è riferita all’oggettiva
rivalutazione dell’immobile ed è funzionale a sopportare il carico socio-economico che la
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realizzazione comporta sotto il profilo urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 03.03.2002, n. 1180).
Sulla base del generale principio di correlare gli oneri di urbanizzazione al carico urbanistico, la
ristrutturazione edilizia comporta il pagamento di detti oneri allorché l'intervento abbia
determinato un aumento del carico urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29.04.2004, n. 2611).
Il Comune deve pertanto valutare, caso per caso, se l’intervento di ristrutturazione determina
aumento del carico urbanistico. E dovrà giungere a ritenere la sussistenza di tale aumento, ad
esempio,
-
nei casi di incremento delle unità abitative rispetto a quelle precedenti (cfr. TAR
Lombardia, Milano, 21.07.2009, n. 4455);
-
nel caso di divisione e frazionamento dell’originaria unità (cfr. TAR Emilia Romanga,
Parma, 15.07.2008, n. 352);
-
nel caso di apertura nell’edificio di nuovi ingressi, per distinte unità abitative (cfr. TAR
Piemonte, sez. I, 26.11.2003, n. 1675);
-
in caso di incremento della superficie utile, pur in assenza di aumento della cubatura (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 27.08.1999, n. 999);
-
in caso di alterazione dei parametri edilizi (cfr. TAR Piemonte, sez. I, 04.12.1997, n.
821);
-
in caso di ristrutturazione ampliativa o modificativa (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. I,
31.10.1996, n. 1349);
-
in genere, nel caso di ristrutturazioni che comunque mutino la realtà strutturale e la
fruibilità urbanistica dell’organismo edilizio oggetto di trasformazione (cfr. TAR Emilia
Romagna, Parma, 19.02.2008, n. 100).
5.
Come è noto, l’intervento di ristrutturazione può comportare anche la demolizione e successiva
ricostruzione del fabbricato.
Anche in tal caso, l’intervento sarà oneroso o gratuito a seconda dell’eventuale incremento del
carico urbanistico.
Ove l’intervento di demolizione e ricostruzione non determini alcuna variazione od alterazione
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della superficie, volumetria e destinazione di uso e non incida in alcun modo sul carico
urbanistico già esistente, non saranno dovuti gli oneri di urbanizzazione (cfr. Cons. Stato, sez. V,
08.02.1991, n. 120). In caso contrario (vale a dire nell’ipotesi di aumento del peso insediativo)
l’intervento di demolizione e ricostruzione sarà necessariamente oneroso.
In altri termini, la demolizione e ricostruzione è gratuita quando essa non concreta una vera e
propria (nuova) attività di trasformazione del territorio già oggetto di edificazione. Viceversa,
tale intervento è oneroso quando determina la sostituzione (con un fabbricato fruibile) di un
preesistente edificio in rovina o comunque non utilizzato. In ogni caso, l’intervento è oneroso
allorché porta alla realizzazione di un organismo che – a motivo di modifiche strutturali e/o
funzionali – è sostanzialmente “nuovo” rispetto a quello demolito (cfr. TAR Lombardia, Milano,
21.07.2009, n. 4455).
6.
Alla luce delle considerazioni che precedono, questo Servizio di Consulenza non può fornire una
risposta che – in termini generali ed astratti – sia valida per tutti i casi di ristrutturazione ed in
particolare per tutti i casi di demolizione e ricostruzione.
La risposta non può che essere la seguente:
-
la ristrutturazione edilizia (anche attuata con demolizione e ricostruzione) che non
determina aumento del carico urbanistico è gratuita;
-
la ristrutturazione edilizia (anche attuata con demolizione e ricostruzione) che determina
aumento del carico urbanistico è onerosa.
La sentenza del Consiglio di Stato di cui il Comune richiedente fa menzione nella richiesta di
parere (Cons. Stato, sez. V, 23.01.2004, n. 174) non afferma che tutte le demolizioni e
ricostruzioni sono gratuite, ma enuncia il principio per cui la concessione edilizia è gratuita per
le opere che non comportino nessun nuovo carico urbanistico per il Comune; quindi ritiene che il
caso di demolizione e ricostruzione sottoposto al suo esame non determini alcun aumento del
peso insediativo. Da ciò il Supremo Consesso Amministrativo trae la conclusione che quello
specifico intervento di demolizione e ricostruzione non dovesse comportare il pagamento degli
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oneri di urbanizzazione.
Peraltro, il caso esaminato dal Consiglio di Stato nella menzionata decisione concerneva
un’ipotesi di ricostruzione di edificio che sorgeva su area espropriata, per cui l’organo giudicante
ha fatto applicazione analogica anche dell’art. 9, c. 1, lett g) L. 10/1977 (gratuità opere da
realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità).
7.
Fin qui le regole.
A questo punto, deve darsi conto, per completezza, dell’eccezione contenuta nell’art. 17, c. 3,
lett. b), D.P.R. 380/2001, a mente del quale “il contributo non è dovuto […] per gli interventi di
ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari”.
Secondo la consolidata giurisprudenza, la ratio che ispira la specifica esenzione è di derivazione
sociale: l’edificio unifamiliare, nell’accezione socio economica assunta dalla norma, coincide
con la piccola proprietà immobiliare, tale da meritare per gli interventi di ristrutturazione un
trattamento differenziato rispetto alle altre tipologie edilizie (cfr. TAR Lombardia, Brescia,
28.01.2002, n. 100; TAR Lombardia , sez. II, 10.10.1996, n. 1480). Pertanto l’esenzione è
strettamente connessa con gli immobili di piccole dimensioni, per l’appunto unifamiliari, che già
in origine, prima dell’intervento di ristrutturazione, siano tali (cfr. TAR Marche, 12.02.1998, n.
250)
La norma vuole incentivare le opere atte ad adeguare le case unifamiliari alle necessità abitative
del nucleo familiare, senza estendere l’esenzione ad altre tipologie di intervento che prescindano
dall’entità strutturale e dalla dimensione spaziale dell’immobile comparata con il suo valore
economico. D’altra parte, l’orientamento giurisprudenziale consolidato considera tassativa
l’elencazione dei casi di concessione edilizia gratuita, escludendo l’applicazione di essi in via
analogica (Cons. St., sez. V, 14.10.1992, n. 987; TAR Lazio, Latina, 01.08.1994, n. 752; TAR
Lombardia; sez.II, 05.06.1995, n. 800).
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L’esenzione di cui al citato nell’art. 17, c. 3, lett. b), D.P.R. 380/2001 non si fonda sull’assenza
di aumento del peso insediativo, ma ha una ratio sociale. Il Legislatore ritiene che la piccola
proprietà immobiliare (l’edificio unifamiliare) meriti un trattamento differenziato per le opere di
adeguamento alle necessità abitative del nucleo familiare (cfr. TAR Veneto, Venezia,
13.03.2008, n. 604). Pertanto, esso può essere ristrutturato (ed anche ampliato) gratuitamente.
Tale norma, tuttavia, ha natura eccezionale, per cui da essa non è possibile trarre principi
generali valevoli per tutte le ipotesi di ristrutturazione.
8.
Il Comune richiedente è dotato di Regolamento, approvato nel 1999, concernente le modalità di
calcolo e la riscossione degli oneri concessori. Tale atto normativo comunale stabilisce che “nei
casi di demolizione e ricostruzione, gli oneri di concessione sono dovuti nella stessa misura
degli interventi di nuova costruzione”.
Il Comune si domanda se – qualora ritenga che l’intervento di sottoposto al suo esame non
determini aumento del carico urbanistico e debba pertanto soggiacere al regime della gratuità –
possa o meno disapplicare il proprio regolamento e non richiedere (nel caso specifico) il
pagamento del contributo di costruzione.
Il Regolamento comunale del 1999 è un atto amministrativo di carattere generale avente
contenuto e natura regolamentari. Non può escludersi, pertanto, che sussista in capo al Comune
un potere di disapplicazione del Regolamento medesimo, in quanto – secondo i principi generali
sulla gerarchia delle fonti – nel conflitto tra norme diverse occorre dare preminenza a quella
legislativa, di livello superiore rispetto alla disposizione regolamentare.
Peraltro, apparirebbe scarsamente ispirato ai principi di efficienza e trasparenza dell’azione
amministrativa il comportamento del Comune che mantenesse in vigore la disposizione del
Regolamento concernente l’onerosità dell’intervento di demolizione e ricostruzione, per poi
disapplicarla caso per caso.
8-9
Meglio sarebbe se il Comune modificasse il proprio Regolamento, eventualmente prevedendo
che gli interventi di ristrutturazione (e di demolizione e ricostruzione) sono onerosi –ed in che
misura – “ove determinino incremento del carico urbanistico”.
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