CORTE DI APPELLO DI PALERMO SEZIONE SESTA PENALE
Transcript
CORTE DI APPELLO DI PALERMO SEZIONE SESTA PENALE
• CORTE DI APPELLO DI PALERMO SEZIONE SESTA PENALE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L'anno duemilatredici il giorno SEI del mese di FEBBRAIO N° 536/2013 Sento N° 3857/2012 R.G. LA CORTE DI APPELLO DI PALERM O N° 17262/2010 N.G.N.R. SEZIONE SESTA PENALE IP roc. Rep. DDAPALERMC composta dai Sigg.ri : l. Dott. Biagio INSACCO Presidente 2. Dott. Antonia PAPPALARDO Con sigliere 3. Dott. Roberto BINENTI Con sigliere Art. Mod.3/ASG k;ompilata scheda per il k;asellario e per l'elettorato con l'intervento del Sostituto Procuratore Generaie Dott.ssa Addì Daniela GIGLIO e con l'assistenza del Cancelliere Antonella FOTI ha pronunziato in Camera di Consiglio la seguen te SENTENZA nei confronti di: Depositata in Cancelleria RUBINO Guglielmo, nato a Palermo il 12.02.1977 edivi residentt Addì Ql?I031 '2013 in Via Francesco Orestano n.12 ncance erc h' ..•• ,. Detenuto dal 17/5/2011 in atto presso la Casa C.le Palerm< Pagliarelli .. PRESENTE -, DIFENSORE: Avv. Antonio Turrisi del Foro di Palermo Irrevocabile il PARTI CIVILI 1) LA PLACA Francesco, nato a Caltanissetta 1'11.12.1971 ed ivi res.te Via Xiboli n.410, dom.to in Palermo presso lo studio dell'Aw. Salvatore Forello Rappresentato e difeso dall' Avv. Salvatore Forello del Foro di Palermo 2) Associazione Libero Futuro - Associazione Antiracket Libero Grassi, con sede in Palermo Via Alcide De Gasperi n.53, dom.ta in Palermo presso lo studio dell' Aw. Salvatore Caradonna Rappresentata e difesa dall' Avv. Salvatore Caradonna del Foro di Palermo 3) Associazione ONLUS Comitato Addio Pizzo, dom.ta in Palermo Via Libertà, 197, presso lo studio dell' Avv. Valeria D'Antoni Rappresentata e difesa dall' Aw. Valerio D'Antoni del Foro di Palermo TUTTI PRESENTI APPELLANTE awerso la sentenza emessa dal G.U.P. Tribunale di Palermo in data 18.04.2012 Con la quale,il Rubino è stato dichiarato responsabile dei reati ascrittigli, ritenuta la continuazione tra i medesimi reati e ritenuto più grave il reato di cui al capo a), con la diminuzione per il rito è stato condannato alla pena di anni undici e mesi otto di reclusione, al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante il periodo di custodia cautelare; interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l'espiazione della pena, applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni tre. E' stato condannato, inoltre, al risarcimento del danno in favore delle parti civili La Placa Francesco, Associazione Onlus Comitato Addiopizzo e Associazione Antiraket Libero Futuro, liquidate in € 15.000,00 per la prima ed in € 5.000,00 ciascuna per le restanti due parti, dichiarata tale pronuncia prowisoriamente esecutiva; nonché, al pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili, liquidate in € 2.000,00 per ciascuna delle parti, oltre ai tributi e contributi di legge. E' stata ordinata la confisca e l'allegazione al fascicolo processuali del biglietto in sequestro. Indicato in giorni novanta il termine per il deposito della sentenza. CAPI DI IMPUTAZIONE A) del delitto di cui all'art. 416 bis commi I, II, III, IV, V e VI c.p., per avere, insieme a numerose altre persone, fatto parte dell'associazione mafiosa denominata "Cosa Nostra", o per risultare, comunque, stabilmente inserito nella detta associazione, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere reati contro la vita, l'incolumità individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio, tra i quali quello di cui al capo che segue, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche e, comunque, per realizzare profitti o vantaggi ingiusti, nonchè per intervenire sulle istituzioni e sulla pubblica amministrazione; in particolare per avere fatto parte della famiglia mafiosa di S. Maria di Gesù dedicandosi in modo sistematico alla richiesta di somme di denaro ai commercianti della zona, e mettendosi a disposizione per la realizzazione della molteplicità delle attività illecite di interesse della famiglia mafiosa. Con l'aggravante di cui all'articolo 416 bis comma quarto C.p., trattandosi di associazione armata. B) del delitto p. e p. dagli artt. 56, 81 cpv. 110,629 co. 2 in reI. Al n.3) co. 3 dell'art. 628 c.p. e art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n.152, conv. Nella legge 12 luglio 1991, n.203, per avere, in concorso con persone allo stato da identificare, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, avvalendosi della forza di intimidazione dell'organizzazione mafiosa ed in virtù della forza derivante dal vincolo associativo relativo alla predetta organizzazione, compiuto atti idonei e diretti in modo in equivoco, consistenti nel richiedere ripetutamente a LA PLACA FRANCESCO, amministratore unico della "SALP EDIL s.r.l., il pagamento di una tangente, a procurare a se stesso e all'organizzazione denominata Cosa Nostra - con particolare riferimento alla famiglia mafiosa di S. Maria di Gesù - un ingiusto profitto; in particolare, poneva in essere reiterate minacce nel confronti di LA PLACA Francesco, dapprima presso il cantiere della scuola "Tomasino Bartolomeo", dove più volte veniva chiesta la somma di l S.OOO euro, in seguito si presentava diverse volte, una volta con un altro soggetto allo stato non identificato, presso il cantiere, sito in via Belmonte Chiavello minacciando il LA PLACA di fargli chiudere il cantiere se non avesse pagato la cifra di 6.000 euro. Non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà. Con l'aggravante di avere agito avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis C.p. e al fine di agevolare l'associazione mafiosa Cosa Nostra Fatti accaduti in Palermo fino al 17 maggio 2011 Con la recidiva specificata reiterata ed infraquinquennale CONCLUSIONI DELLE PARTI Il Procuratore Generale conclude chiedendo la conferma della sentenza di primo grado. L'Avv. S. Caradonna, anche per conto degli avv.ti Forello e D'Antoni, conclude insistendo per la conferma della sentenza impugnata così come ribadito nelle rispettive comparse conclusionali che deposita unitamente alle note spese delle quali chiede la distrazione in favore dei difensori antistatali. L'avv. Antonio Turrisi, nell'interesse di Rubino Guglielmo, conclude insistendo nei motivi di appello. MOTIVI DELLA DECISIONE Con sentenza in data 18 aprile 2012 il GUP del Tribunale di Palermo dichiarava Rubino Francesco responsabile dei delitti di associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata di cui ai capi al e bl della rubrica, unificati sotto il vincolo della continuazione, e con la diminuzione per il rito prescelto lo condannava alla pena di anni undici e mesi otto di reclusione; lo dichiarava altresì interdetto dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l'espiazione della pena, applicando nei confronti dello stesso la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni tre. Condannava infme il Rubino al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite oltre che al pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili. Nei confronti del Rubino, arrestato in flagranza del reato di cui al capo bl, il PM aveva chiesto il rinvio a giudizio in ordine al delitti in epigrafe sulla base di un compendio probatorio costituito dalla chiamata in correità di Di Maio Giuseppe, dai risultati di intercettazioni ambientali di colloqui in carcere fra Lo Bocchiaro Giuseppe ed i suoi familiari che confermavano l'assunto del Di Maio circa il ruolo dal Rubino svolto di appartenente alla famiglia mafiosa palermitana di Santa Maria di Gesù, dal contenuto di un biglietto rinvenuto e sequestrato al Rubino all'atto del suo arresto in flagranza per il reato di tentata estorsione sub bl dal quale poteva desumersi, unitamente alle dichiarazioni di imprenditori e commercianti della zona, che lo stesso faceva parte del racket delle estorsioni gestito dal suddetto sodalizio mafioso nel territorio di sua competenza, dalle dichiarazioni dell'imprenditore edile La Placa Francesco che aveva indicato il Rubino come l'autore della tentata estorsione aggravata e continuata ai suoi danni, circostanza questa ulteriormente riscontrata dai risultati delle conversazioni intercettate svoltesi fra estorsore e vittima e dalle immagini delle telecamere piazzate nei cantieri del La Placa che avevano documentato i ripetuti passaggi dell'estorsore nel corso dello svolgimento della attività criminale. 1 Il giudice di cure, nel procedere a seguito della richiesta di giudizio abbreviato ad un approfondito esame del compendio probatorio, dopo avere proceduto ad una articolata disamina degli arresti giurisprudenziali in ordine al reato di partecipazione ad associazione mafiosa ed, in particolare, a quella denominata Cosa Nostra, ed essersi quindi soffermato sulla altrettanto consolidata elaborazione giurisprudenziale di legittimità in tema di chiamata in (cor)reità, osservava come la prova dell'appartenenza del Rubino, come uomo d'onore, alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù discendesse oltre che dalle dichiarazioni accusatorie del Di Maio, assai credibili in sé avendo fatto parte detto collaborante del medesimo sodalizio criminale, dai colloqui in carcere fra Lo Bocchiaro Giuseppe ed i suoi familiari. Ed invero, il Lo Bocchiaro, suocero del Di Maio e sottocapo della famiglia di Santa Maria di Gesù, arrestato, al pari del genero, nel corso della medesima operazione di polizia con cui erano stati tratti in arresto numerosi esponenti del citato sodalizio mafioso, avendo appreso da "radio carcere" della collaborazione con la giustizia da poco iniziata del Di Maio, invitava i parenti a prendere le dovute precauzioni del caso prime fra tutte quelle di comunicare tale notizia ai sodali ancora in libertà, fra cui l'odierno imputato inequivocabilmente appellato con il nome "Guglielmo" e l'indicazione somatica "quello lungo". Né davvero poteva revocarsi in dubbio la valenza probatoria della chiamata in correità del Di Maio nei confronti di Gugliemo Rubino nella parte in cui era stato specificato che quest'ultimo, affiliato ritualmente con il tradizionale rito della "punciuta" alla famiglia, era stato in particolare adibito al commercio delle sostanze stupefacenti ed al racket delle estorsioni, settori in cui l'odierno imputato aveva fornito il suo fattivo contributo non disdegnando nemmeno dal partecipare a gravissimi atti intimidatori, contrassegnati perfino dall'uso di armi da sparo, nei confronti di alcuni imprenditori e commercianti che non avevano immediatamente inteso sottostare alla "legge" del pizzo. Ed invero, le dichiarazioni del collaborante avevano ricevuto puntuale ed eccezionale riscontro nelle risultanze dell'attività investigativa che avevano condotto gli 2 inquirenti nella fragranza del reato, in data 17 maggio 2011, all'arresto del Rubino per il reato di tentata estorsione, tanto più che nel corso della medesima operazione era stato possibile accertare che l'imputato, essendo rimasto fra i pochi in libertà fra i sodali di Santa Maria di Gesù, aveva preso il mano la gestione del racket delle estorsioni gestito da detta articolazione mafiosa, essendo perfino destinatario di una sorta di piccolo "libro mastro" recante l'elenco di nomi soggetti e di esercizi commerciali destinatari tradizionalmente delle criminali attenzioni estorsive dei componenti del clan, l'importanza di tale dato documentale essendo stata ulteriormente implementata dalle dichiarazioni di taluno fra i soggetti indicati nel documento che, pur timidamente, aveva confermato d'essere stato effettivamente contattato dal Rubino con richieste di denaro, giustificate con la fantasiosa giustificazione di costituire una sorta di contributo per la festa rionale. Da ultimo, a dir poco inconfutabile era la penale responsabilità del prevenuto in ordine anche al delitto di tentata estorsione pluriaggravata, apparendo evidente, alla stregua delle complessive risultanze processuali, del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa e delle intercettazioni audiovisive, che il Rubino aveva commesso la minaccia estorsiva nella qualità di componente della associazione mafiosa, oltre che con l'utilizzo del metodo mafioso e con il fine di agevolare la consorteria in un particolare momento storico in cui i sodali di Santa Maria di Gesù ed i loro familiari abbisognavano, in conseguenza dei recenti arresti, di un sostanzioso aiuto, da ricavare dal "fatturato" delle estorsioni, per provvedere alle loro esigenze di vita. In ragione dei suoi precedenti e della gravità dei fatti commessi il prevenuto non era meritevole delle invocate attenuanti, dovendosi tenere congruo conto peraltro della contestata recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale, risultando pertanto pena congrue le sanzioni penali e civili in epigrafe indicate. 3 Avverso tale sentenza presentava appello l'imputato, a mezzo del suo difensore, per i motivi che verranno specificamente rappresentati in prosleguo. * Nel presente grado del giudizio, all'udienza del 6 febbraio 2013, dopo la relazione della causa e le conclusioni delle parti in epigrafe specificate, la Corte decideva come da dispositivo di cui il Presidente dava immediata lettura. * 1. Con un primo motivo di impugnazione la Difesa dell'imputato, nel dolersi della mancata assoluzione del Rubino, ha affermato che il Giudice di prime cure avrebbe fondato il proprio convincimento circa la partecipazione dell'imputato alla associazione mafiosa Cosa Nostra sulle dichiarazioni del Di Maio, con malgoverno dei criteri elaborati dalla giurisprudenza in tema di chiamata in (cor)reità. In particolare, le propalazioni accusatorie del Di Maio (in ordine: alla partecipazione del Rubino ad un atto intimidatorio nei confronti di un imprenditore estorto, in relazione a dei lavori edili nel quartiere Bonagia; ad una estorsione posta in essere dal Rubìno, unitamente a Guercio Francesco, in danno di un discount sito alle spalle di via Bergamo; ad una spedizione punitiva contro alcuni ragazzi che avevano compiuto delle rapine in darmo di un vivaio sito in viale della Regione Siciliana; ad una spedizione punitiva in danno di Un meccanico, che aveva compiuto uno "sgarro" nei confronti della moglie di un amico) sarebbero rimaste prive dei necessari riscontri individualizzanti ai sensi dell'art. 192 comma 3° c.p.p. con riguardo al reato associativo contestato al capo a) della rubrica. Sarebbe stato peraltro possibile per gli inquirenti individuare il discount sito alle spalle di via Bergamo o il vivaio sito in viale della Regione Siciliana, interrogare i titolari dei rispettivi esercizi commerciali o, ancora, individuare l'imprenditore assegnatario di alcuni lavori edili nel quartiere di Bonagia, al fme di rinvenire specifici riscontri individualizzanti. Ed ancora, l'argomento utilizzato dal giudice di prime cure (secondo cui "il Di Maio, al momento dell'arresto costituiva un punto di riferimento 4 importante per la famiglia di Santa Maria di Gesù, in seno alla quale svolgeva un ruolo attivo e continuo, specie nella gestione delle attività estorsive .. ") costituirebbe una congettura in insanabile contrasto logico- sostanziale con il fatto che nulla ha riferito il collaborante in merito all'estorsione in danno della ditta edile La Placa, persona offesa nel presente procedimento, il quale ha dichiarato che le richieste estorsive nei suoi confronti ebbero inizio nel maggio 2009, ossia in un periodo in cui il Di Malo era ancora libero ed operativo nel settore delle estorsioni. Se pertanto, come si assume in sentenza, il Di Malo era un punto di riferimento nel settore delle estorsioni, non si comprende perché lo stesso non abbia riferito agli inquirenti anche della vicenda estorsiva in danno del La Placa, a meno di ritenere che la stessa sia estranea alle attività criminali della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù. Ipotesi questa non peregrina soprattutto se si tiene conto che, come si desume dalla denunzia del La Placa e come risulta dall'intercettazione ambientale del 17.5.2011 di poco precedente l'arresto in flagranza di reato del Rubino, i malviventi nel formulare le richieste estorsive mal ebbero a far riferimento ad una terminologia che facesse rimando a Cosa Nostra con frasi quali "messa a posto" e "soldi per detenuti". Né doveva trascurarsi di considerare che l'affermazione del GUP, secondo cui il Rubino sarebbe stato riconosciuto dal La Placa come uno degli autori delle ripetute richieste di denaro veriflcatesi già a partire dal 2009, sarebbe meramente congetturale. Al riguardo non corrisponderebbe la descrizione somatica degli estorsori fornita dal La Placa, avendo lo stesso affermato che il Rubino (alto 1,85, come si evince dalla sua scheda in atti) era la stessa persona che si era presentata al suo cospetto nel 2009 e nel 2010, dovendosi peraltro sottolineare che il ciclomotore del Rubino, filmato e poi posto in sequestro dagli investigatori in data 17 maggio 2011 è di colore nero, e non può essere pertanto lo stesso di colore bianco a bordo del quale un malvivente alto m.1,70 ebbe a recarsi nei cantieri del La Placa rivolgendogli richieste estorsive. 5 Ma vi è di più. Nemmeno le dichiarazioni dei commercianti individuati sulla scorta del foglietto di carta sequestrato all'imputato all'atto del suo arresto in flagranza di reato per il delitto di tentata estorsione sarebbero in grado di confermare l'asserita partecipazione del Rubino alla consorteria mafiosa, nessuno di essi avendo infatti rivolto accuse di estorsione al Rubino. Allo stesso modo, nessun riscontro individualizzante alle accuse del Di Maio, secondo cui il Rubino sarebbe stato uno dei soggetti che operava per conto della famiglia mafiosa nella vendita degli stupefacenti, sarebbe stato acquisito agli atti, non potendosi certo annoverare fra i riscontri di tipo individualizzante la condanna dal prevenuto riportata per un episodio di spaccio commesso il 19 ottobre 2006, tanto più che il fatto di reato in tal caso contestato non prevedeva l'aggravante di cui all'art. 7 D.L. 152/91 e di contro era stata ritenuta dal giudicante l'ipotesi lieve di cui al comma 5° dell'art. 73 D.PR. 309/90. * La censura è priva di fondamento. E' noto infatti, con riguardo alla tematica connessa alla applicazione dell'art. 192, 3° comma, c.p.p., con particolare riguardo ai cd. riscontri individualizzanti che, per quanto attiene ai reati associativi, il thema decidendum riguarda la condotta di partecipazione o direzione, con stabile e volontaria compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio, di qui conseguendo che le dichiarazioni dei collaboratori o l'elemento di riscontro individualizzante non devono necessariamente riguardare singole attività attribuite all'accusato, giacché il "fatto" da dimostrare non è il singolo comportamento posto in essere dall'associato bensì la sua appartenenza al sodalizio (v. Casso Sez. "", 3.5.2012 n. ! 236,87). Orbene, non vi è chi non veda come, nella fattispecie in esame, a prescindere dall'intervenuta o meno verifica di taluni episodi estorsivi in cui sarebbe stato coinvolto il Rubino, nella qualità di affiliato alla famiglia 6 di Santa Maria di Gesù, quel che è risultato certamente riscontrato ed ampiamente comprovato dalle indagini anche sulla base di autonomi elementi probatori è stato, oltre che l'elevato grado di credibilità del dichiarante, per l'appunto il rilevante livello di compenetrazione del prevenuto nella suddetta articolazione mafiosa. Basta considerare, sotto il primo profilo, che, avuto già riguardo agli elementi evidenziati nel provvedimento di fermo dell' 8 marzo 2010 emesso dal Procuratore Distrettuale Antimafia di Palermo con cui era stata disposta la cattura, oltre che dello stesso Di Maio, di molti elementi di vertice della citata famiglia (Corso Gioacchino, Lo Bocchiaro Giuseppe, Pilo Pietro, Lo Verde Giovanni, nei cui confronti si procedeva oltre che per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p., anche per svariati ulteriori gravissimi fatti di reato fra cui estorsioni, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina ed haschished altro) quel che è stata· pienamente accertata è la sussistenza di significativi rapporti criminali del collaborante con i summenzionati esponenti mafiosi. Con riguardo al secondo profilo, non vi è dubbio poi che la chiamata in correità del Di Maio nei confronti del Rubino, con certezza riconosciuto in fotografia, ha trovato un assai significativo riscontro individualizzante sia nel contenuto dei colloqui in carcere fra il Lo Bocchiaro (vice capo della famiglia e suocero del Di Maio) ed i suoi familiari, nel corso dei quali il primo chiede ai secondi se tale "Guglielmo, quello lungd' si fosse fatto vivo, per provvedere, quale uomo d'onore miracolosamente scampato alla retata, all'adempimento dei suoi doveri di solidarietà, sia nel contenuto di quegli altri colloqui svoltisi fra i medesimi soggetti in cui sempre il Lo Bocchiaro, avendo appena appreso della sopravvenuta collaborazione della giustizia del genero, sollecita i suoi parenti ad avvertire senza ritardo il medesimo "Guglielmo", così da consentirgli di scampare all'inevitabile arresto che da tale collaborazione sarebbe derivato. Al riguardo, non apparendo ultroneo rilevare come sull'identità del Guglielmo in questione non vi fosse davvero incertezza alcuna non tanto o comunque non soltanto in virtù delle sue 7 caratteristiche somatiche ma soprattutto perché si trattava dello stesso personaggio che, come risultava dalle indagini, intratteneva frequenti rapporti con elementi di vertice della consorteria come Pilo Pietro e Guercio Francesco. Ma soprattutto trascura la difesa di considerare che la prova più pregnante dell'inserimento del Rubino nel racket delle estorsioni gestito dalla famiglia di Santa Maria di Gesù deriva, oltre che dalla significativa vicenda estorsiva in danno dell'imprenditore La Placa (v. pagg. 34 e ss della impugnata sentenza, cui si rimanda) per cui il Rubino è stato tratto in arresto in flagranza di reato, dal rilevantissimo contenuto del foglietto di carta sequestrato gli in tale occorso contenente un dettagliato elenco di nomi e di esercizi commerciali nei cui confronti veniva attuata l'odiosa pratica del pizzo, a ben poco evidentemente rilevando se solo due dei commercianti citati (Guagliardo Salvatore e Valenti Massimo) abbiano avuto il coraggio di ammettere di essere effettivamente vittime del racket; il Guargliardo, titolare di una vendita al dettaglio di pesce, riconoscendo altresì il Rubino come il soggetto che nei primi giorni del mese di maggio del 20 Il gli aveva rivolto richieste di denaro, giustificandole come relative al contributo per la festa rionale. Al riguardo, nessun pregio può accordarsi poi al rilievo difensivo secondo cui, nel formulare le richieste estorsive, compresa quella in danno del La Placa, mai il Rubino avrebbe fatto riferimento ad una terminologia che faccia rimando a Cosa Nostra, con frasi quali "messa a posto" e "soldi per detenuti". Ora, è appena il caso di rammentare che è davvero inimmaginabile, in una città come quella di Palermo fortemente permeata da un diffuso humus mafioso immediatamente percepibile da una persona appena avveduta, che gli esponenti della organizzazione usino necessariamente delle frasi convenzionali per far comprendere alle loro vittime la provenienza della richiesta estorsiva, potendo le frasi summenzionate essere solo una delle tante in grado di far comprendere al commerciante di turno che è arrivato il suo momento di sottostare alle 8 richieste della organizzazione manosa. Nel caso in esame peraltro la più sicura cartina al tornasole della appartenenza alla consorteria del prevenuto è stata per l'appunto la reticenza e l'omertà dimostrata da quasi tutti i commercianti citati nel biglietto trovato in possesso del Rubino, avendo costoro chiamati a deporre opposto un muro di silenzio agli investigatori che pure volevano indurli a fornire quelle informazioni che avrebbero potuto affrancarli dal giogo del pizzo cui ormai da troppo tempo sotto stavano e che per paura volevano mantenere. Quanto poi alla circostanza che nulla il Di Maio ha riferito in merito alla tentata estorsione in danno della ditta edile La Placa che pure aveva avuto inizio nel 2009 quando ancora la cosca di Santa Maria di Gesù non era stata investita dalla operazione di polizia dell'8 marzo 2010 - da cui la Difesa vorrebbe trarre l'argomento che l'episodio estorsivo de quo sarebbe estraneo al sistema delle estorsioni gestito da Cosa Nostra nel territorio della succitata articolazione mafiosa - non vi è chi non veda come la ramificata rete di interessi e le attività criminali facenti capo a tale sodalizio, comprendente un vasto territorio ubicato nel versante est della città di Palermo, erano tali, come si ricava dal citato provvedimento di fermo versato in atti, da rendere impossibile, se non per il capo dell'organizzazione (Corso Gioacchino) ed in parte per il suo più importante collaboratore (Lo Bocchiaro), avere completa contezza di ciascuno di essi, apparendo di conseguenza più che verosimile che il Di Maio sia stato in grado di attribuire all'odierno imputato solo quelle attività criminali di cui aveva avuto diretta cognizione per essere rimasto anch'egli coinvolto nella loro realizzazione. D'altra parte, si appalesa del tutto conforme alle risultanze processuali ritenere che la partecipazione alla vicenda estorsiva in danno del La Placa, dalla Difesa dell'imputato nemmeno contestata, sia stata per così dire "riassunta" dal Rubino solo dopo il fermo dell'8 marzo 2010 e che a gestirla nel tempo siano stati pertanto diversi i soggetti, ciascuno dei quali aventi evidentemente diverse caratteristiche somatiche diverse. Peraltro, il 9 fatto stesso che il Rubino, al momento del suo arresto, fosse in possesso di un elenco degli esercizi commerciali taglieggiati, evidentemente da lui non ancora conosciuti a menadito, dimostra inequivocabilmente che lo stesso aveva solo da poco tempo ricevuto dai sodali in carcere (vds. colloqui Lo Bocchiaro-familiari) il compito di riprendere le fila di una rete estorsiva che aveva indubbiamente ricevuto qualche intoppo a seguito dell'arresto della maggior parte degli appartenenti alla cosca, apparendo altrimenti inspiegabile il motivo per cui si trovasse in possesso di un documento così compromettente. Quanto infine alla circostanza che il Rubino, indicato dal Di Maio anche come soggetto inserito nel traffico degli stupefacenti gestito dalla cosca di Santa Maria di Gesù, non è affatto vero che il giudice di prime cure abbia tratto elementi di conferma in proposito esclusivamente dalla sentenza di condanna per un episodio di spaccio ormai lontano nel tempo e nemmeno di per sé particolarmente significativo, posto che al contrario la conferma più significativa proviene dagli acclarati rapporti telefonici fra il Rubino e Pietro Pilo, del soggetto cioè che, come si desume dai provvedimenti riversati in atti, in seno alla cosca era il soggetto più attivo nel traffico delle sostanze stupefacenti, in particolare quelle del tipo cocaina. Ed invero, non è davvero un caso che, prima ancora che intervenissero le propalazioni del DI Maio, numerosissimi e dimostrativi di continui incontri fossero i contatti e le comunicazioni telefoniche del Rubino con il citato Pilo e con Guercio Francesco, entrambi pluripregiudicati e destinatari del più volte citato provvedimento di fermo dell'8.3.2010. Deve, in conclusione, concludersi che il giudizio di penaie responsabilità dal primo giudice formulato nei confronti dell'imputato è stato fondato su elementi probatori solidi ed incontrovertibili. 2. Con un secondo motivo di impugnazione la Difesa del prevenuto, senza contestare la fondatezza dell'accusa mossa al Rubino in ordine al fatto estorsivo di cui al capo b) di imputazione, ha tuttavia messo in 10 dubbio la configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 7 D.L. 152/91, non ritenendo ricorrente nel caso in esame né l'utilizzo del cd. metodo mafioso, né il fine di agevolare l'associazione mafiosa che avrebbe indirizzato la condotta dell'agente. Osserva la Corte, integralmente riportandosi alla sentenza di primo grado per quanto concerne gli elementi fondanti l'aggravante de qua, che le modalità del fatto, così come rassegnate dal La Placa e come risultanti dalle riprese audiosive e dalle intercettazioni in atti, sono ampiamente dimostrative del fatto che il prevenuto in quel preciso momento storico, specie dopo gli arresti di quasi tutti i suoi sodali, costituiva un sicuro punto di riferimento della cosca nel settore delle estorsioni e che le risorse economiche da lui ricavabili servivano, come sollecitato dal Lo Bocchiaro nel corso dei suoi colloqui in carcere, per provvedere alle necessità dei carcerati e dei loro familiari. 3. Con un terzo motivo di impugnazione la Difesa dell'imputato si è doluta del fatto che il primo giudice, ai fini della commisurazione della pena base, avrebbe dovuto ritenere più grave l'ipotesi di reato di cui al capo b), avendo errato altresì nel considerare aggravante più grave, "da applicare con l'aumento massimo, ex art. 63 comma 4° c.p., nella recidiva reiterata di cui all'art. 99 comma 5", c.p.". Ed invero l'aggravante di cui all'art. 628 comma 3° c.p.p. comporta una pena astrattamente più alta nel massimo, rispetto alla recidiva di cui all'art. 99 C.p. Osserva la Corte che della determinazione della pena da applicare all'imputato il primo giudice si è occupato alle pagg. da 45 a 48 della impugnata sentenza con motivazione assolutamente congrua a cui occorre pertanto rinviare, condividendosi interamente le modalità di calcolo ivi contenute e la pena finale da ultimo determinata nella misura di anni 11 e mesi otto di reclusione; dovendosi altresì sottolineare come il GUP dopo avere correttamente apportato alla pena base dell'art. 416 bis c.p. l'aumento derivante dalla contestata recidiva, abbia poi ritenuto, ex art. 63 4° comma c.p., di non apportare l'ulteriore aumento di 11 1/3 astrattamente derivante dall'aggravante di cui al 4 comma di cui al citato 0 art. 416 bis c.p .. 4. Con un quarto motivo di impugnazione la Difesa dell'imputato si è doluta della mancata concessione delle circostanze generiche e comunque dell'eccessività della pena, oltre che della durata della misura di sicurezza applicata. Il rilievo è infondato. Appare sufficiente osservare, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che correttamente il primo giudice ha negativamente valutato i molteplici precedenti penali del Rubino (già condannato per gravi reati contro il patrimonio, quali rapine e furti, commessi anche con l'uso di armi, oltre che per fatti di droga), il quale aveva infine fatto il "salto di qualità", entrando a far parte della pericolosa famiglia di Santa Maria di Gesù e venendo in seno ad essa utilizzato nel racket delle estorsioni ed impiegato alla consumazione di gravi atti di intimidazione. Corretta appare peraltro anche la misura della sanzione penale ed adeguata alla pericolosità sociale dimostrata la durata della misura di sicurezza applicata. 5. Con un quinto motivo di impugnazione la Difesa dell'imputato si è infine doluta delle statuizioni civili concernenti il pagamento della provvisionale in favore delle parti civili, non sussistendo i presupposti ("giustificati motivi") per disporre la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento dei danni. Osserva la Corte che al riguardo correttamente il primo giudice ha motivato la sua decisione alle pagg. 48-50 della impugnata sentenza, cui occorre pertanto rinviare condividendosi integralmente le considerazioni ivi contenute. Va, in conclusione, interamente confermata la sentenza di 1 grado, con 0 condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. Il Rubino va altresì condannato al rimborso delle spese processuali sostenute dalle parti civili La Placa Francesco, Associazione Onlus Comitato Addiopizzo ed Associazione Antiracket Futuro, liquidando le, per ciascuna, in euro 12 1.200,00, oltre IVA e CPA come per legge, disponendo la distrazione di dette somme in favore dei procuratori che si sono dichiarati antistatari. Va indicato in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione della presente sentenza, con sospensione dei termini massimi di custodia cautelare. PQM Visti gli artt. 592,599 e 605 c.p.p. Conferma la sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Palermo in data 18 aprile 2012 appellata da Rubino Guglielmo che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali. Condanna altresì il Rubino al rimborso delle spese processuali sostenute dalle parti civili La Placa Francesco, Associazione Onlus Comitato Addiopizzo ed Associazione Antiracket Futuro, liquidando le, per ciascuna, in euro 1.200,00, oltre IVA e CPA come per legge, disponendo la distrazione di dette somme in favore dei procuratori che si sono dichiarati antistatari. Indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione della presente sentenza, disponendo per la durata di detto termine la sospensione dei termini massimi di custodia cautelare. Palermo, 6 febbraio 2013 Il Pres' ,l, nte est. .~~~ .' mcailòèUena oggi O~IO'3 2-06 Depositato' 13