7 novembre 2012 - Rotary Club Golfo di Genova

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7 novembre 2012 - Rotary Club Golfo di Genova
ROTARY CLUB GOLFO DI GENOVA
DISTRETTO 2032 (ITALIA)
Notiziario del 7 novembre 2012
Riunione Conviviale
Hotel Bristol Palace
Relazione professionale dell'Arch. Roberto Castanini dal titolo:
"Design e storia del packaging. Da semplice involucro ad arte per la
comunicazione".
Resoconto della conviviale
Di Serena Bagliano
Noi non viviamo solo nella società delle immagini, non viviamo solo nell'era della
comunicazione: viviamo in un mondo completamente "disegnato" e progettato - ma
non solo, anche "imballato".
Il nostro approccio con i cibi, le bevande, la tecnologia, la natura stessa e,
soprattutto, qualunque nostro approccio con le merci, passa attraverso il sottile ma
evidente, e persino spettacolare, diaframma dell'imballaggio, del packaging,
dell'involucro.
Ora, sostenere che il packaging è semplicemente il punto di contatto tra consumatore
e prodotto è quanto meno ingenuo: in effetti, dal consumismo in poi, il prodotto
stesso vive inscindibile nella sua confezione, la sua anima è nel suo abito - e chi lo
compra desidera quell'abito quanto il suo contenuto. Le confezioni hanno talmente
invaso i nostri sogni, il packaging ha "imballato" così tanto i nostri desideri, che ci
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siamo trasformati in consumatori avidi - prima che di prodotti - di segni, ma anche
di disegni, di forme, e di illusioni.
Sebbene una qualche forma di packaging sia sempre stata utilizzata per contenere e
proteggere i prodotti, negli ultimi due secoli si è verificato un grande sviluppo e
oggi, soprattutto in risposta alla domanda commerciale, il packaging è infinitamente
più sofisticato e sviluppato che in qualsiasi altro periodo della sua storia. Nel
moderno mondo delle reti di trasporto la distribuzione e la vendita al dettaglio
dipendono completamente dal packaging, mezzo necessario per muovere e
proteggere le merci nel passaggio dal luogo della produzione a quello del consumo.
La confezione di un prodotto, per certi versi scontata, opportunamente corredata può
diventare uno strumento d’informazione, un media pubblicitario portatile e quindi
parte del prodotto stesso, ampliando notevolmente la funzione primaria del
packaging, che rimane sempre quella di contenere e di proteggere.
Le origini del moderno packaging si possono far risalire alla fine del Diciottesimo
secolo quando la Rivoluzione Industriale introdusse massicci cambiamenti
nell’industria manifatturiera. Mentre prima di questo grande evento storico la
maggior parte dei processi di produzione era basata quasi esclusivamente sul lavoro
manuale e sulla produzione limitata di merci, l’introduzione della meccanizzazione
su larga scala consentì la produzione di quantità sempre più notevoli di articoli.
Da ciò nacque l’esigenza di conservare, proteggere e differenziare il prodotto: si
svilupparono soprattutto scatole di metallo, più adatte del cartone alla vendita di
merce deteriorabile – come biscotti o pasticceria – per la quale era necessario un
elevato grado di protezione.
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Al volgere del Ventesimo secolo le tecniche di produzione si erano tanto sviluppate
da consentire la realizzazione di contenitori in ogni forma e materiale, utili non solo
a vendere il prodotto ma capaci di rispondere a nuove esigenze, a modificare la
propria immagine in relazione alle condizioni socioeconomiche contingenti e
all’orientamento dei diversi movimenti estetici.
L’involucro può essere definito una “ricerca di forme tridimensionali, capaci di contenere in maniera opportuna, funzionale ed estetica” un bene destinato alla vendita;
ma i termini opportuno, funzionale ed estetico assumono nel corso del secolo differenti significati.
All’inizio del Novecento si chiede alla confezione di proteggere il contenuto durante
il trasporto e di presentarlo all’ipotetico acquirente con un vestito elegante, che ne
esalti la forma e soddisfi il desiderio visivo. La bellezza è una prerogativa
assolutamente necessaria per l’involucro che, lungi dall’essere considerato entità
comunicativa, viene sentito ancora come un oggetto totalmente indipendente dal
contenuto: l’uno da consumare, l’altro da collezionare.
La situazione registra un primo mutamento intorno agli anni Trenta, quando gli Stati
Uniti, già sviluppato un mercato e un consumo di massa, cominciano a guardare con
maggior interesse il settore produttivo e pertanto anche il packaging riceve un’attenzione prima sconosciuta da parte di alcuni designer, come Raymond Loewy che operano direttamente in questo settore. E’ un cambiamento sottile, ma importante, perché la confezione viene considerata per la prima volta nella sua apparenza, ossia in
quell’aspetto appositamente progettato per vendere meglio un prodotto, senza nessun’altra finalità.
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Nella realtà commerciale è entrato un nuovo venditore, un silent salesman, come
recita una definizione d’oltreoceano, un soggetto non dotato di parola, ma pronto a
lanciare messaggi nel circuito linguistico e abile a farsi capire.
La vera trasformazione che investe il mondo del packaging, mutandone le funzioni in
maniera abbastanza radicale, risale al dopoguerra e in particolare agli anni
Cinquanta, momento in cui anche l’Europa conosce il consumo di massa e
soprattutto i sistemi moderni di distribuzione, tra i quali è senza dubbio la vendita
self-service a modificare la realtà dei prodotti, che hanno il dovere e il diritto di
possedere una confezione per entrare nel circuito commerciale.
Merce, acquirente, luogo di vendita e produttore sono i soggetti del mercato, tra i
quali si vanno ora ad instaurare nuovi e differenti rapporti: al centro del sistema c’è
la confezione che, da una parte cerca il dialogo diretto con il consumatore, bisognoso di rassicurazione perché ha perduto ogni contatto diretto con il luogo e i soggetti
di produzione, dall’altra risponde alle esigenze distributive, ai problemi d’immagazzinamento e disposizione dei prodotti nel punto vendita.
Il packaging alimentare ha acquisito un ruolo talmente rilevante nella vita
quotidiana del consumatore che, non solo per soddisfare l’esigenza materiale di
nutrirsi ma anche per rispondere ai bisogni e desideri più nascosti, un qualche tipo
di imballaggio è diventato praticamente necessario, un elemento spesso scontato del
quotidiano.
E’ particolarmente interessante l’analisi di alcuni packaging che si possono definire
“classici”: hanno avuto successo per l’introduzione di innovazioni tecnologiche o di
design oppure attraverso un marchio forte immediatamente riconoscibile.
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Alla prima opzione appartengono forme efficienti, risultanti di un lungo processo di
sedimentazione e perfezionamento, pertanto classificabili come archetipi. Il
barattolo, il contenitore per le uova, la lattina, forme industriali pressoché identiche
da centinaia di anni, nascondono in realtà una costante ricerca dell’essenzialità e
della riduzione,che implica una continua e progressiva messa a punto del progetto e
dei processi di produzione.
Il packaging diventa non solo veicolo primario per riconoscere la marca e fissarne
l’identità, ma rappresenta un elemento assoluto di riconoscibilità e indice
incontrastato d’affermazione presso il pubblico. In questi casi l’imballaggio conduce
una vita autonoma nel racconto dei media tramite il proprio alter ego comunicativo:
il blu della pasta Barilla, il giallo del Mulino Bianco, la bottiglia della Coca-Cola
traducono in immagine la personalità del prodotto tanto da permetterne
un’identificazione senza indugi sullo scaffale dopo essere già state memorizzate
attraverso il passaggio di una rivista o di una pubblicità televisiva.
Il barattolo in latta è un’invenzione tra le più importanti della nostra epoca,
destinata a rivoluzionare le abitudini di consumo, rendendo disponibili i prodotti in
qualsiasi stagione, permettendo una migliore distribuzione ed evitando gli sprechi.
L’idea di conservare generi alimentari in un barattolo di metallo risale ad almeno
duecento anni fa, quando Napoleone offrì una ricompensa a chiunque avesse
suggerito un metodo valido per conservare il cibo distribuito ai suoi eserciti. E’
Nicolas Appert a rispondere alla richiesta, mettendo a punto un sistema di
conservazione degli alimenti (in contenitori di vetro) che può essere pienamente
sfruttato solo attraverso l’adozione del barattolo in banda stagnata, con cui Peter
Durand pensa di sostituire i contenitori in vetro e ceramica fragili difficili da
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sigillare. La prima applicazione produttiva del sistema risale al 1820, quando
l’inglese Bryan Donkin comincia a vendere cibi in scatola all’Esercito e alla Marina,
risolvendo gli ingenti problemi di vettovagliamento delle truppe. Anche dai prodotti
storici del vicino territorio bolognese32 si ricavano interessanti esempi: la
mortadella, consumata dalla metà dell’Ottocento solo stagionalmente per la veloce
deperibilità del prodotto, viene confezionata applicando le pratiche di conservazione
degli alimenti diffuse in territorio francese e là apprese da un salsamentario locale,
Alessandro Forni. Il salume conservato in fresche cantine e tagliato a fette sul
tagliere di cucina ora può essere acquistato in grosse scatole di latta stagnata, che
grazie al loro continuo perfezionamento conoscono una buona diffusione sul
territorio.
La bombola di nebulizzazione, inventata in Norvegia nel 1929, non è prodotta con
successo fino al secondo conflitto mondiale quando trova un’inaspettata
applicazione come contenitore per liquido insetticida: nascono le “Bugs bombs”,
grosse bombole che i soldati usano portare con sé per difendersi dagli attacchi degli
insetti, che sono i maggiori responsabili di morte nei bollettini di guerra. Dall’inizio
degli anni Cinquanta la bomboletta spray entra nei negozi e diventa familiare al
consumatore, introducendo nel mondo del packaging una dimensione completamente
nuova. L’enorme produzione oggi testimonia il successo di questi contenitori, che si
sono diffusi in numerose fasce di mercato: cosmetico, farmaceutico, industriale,
agricolo, scientifico e alimentare. In particolare il mondo alimentare sta conoscendo
una notevole espansione, che vede già popolari negli Stati Uniti oltre a mousse e
panna montata, anche olio da cucina, ketchup e mostarda in bombolette spray: cibo
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pronto per l’uso, facilmente trasportabile e da consumarsi in qualsiasi luogo o
momento, come insegna la non-cultura americana della tavola.
Il cartone per le uova rappresenta un ottimo esempio di packaging: funzionale
perché rimasto inalterato nel design sin dalla sua prima ideazione negli anni Trenta
e comunicativo sia nella scelta della struttura che del materiale utilizzato. Un
contenitore cavo – cioè un oggetto in cui l’interesse progettuale è rivolto sia
all’involucro che all’invaso – dove forma e misura sono strettamente dipendenti dal
contenuto, in questo caso un gruppo di sei uova ordinate in due file sovrapposte. La
polpa di cellulosa presenta una superficie rugosa e un colore non necessariamente
bianco (diversamente dalla carta riciclata per la quale sono richiesti superficie e
aspetto bianco), grazie ai quali ha ottenuto e continua a mantenere un notevole
successo sul mercato: appare come un imballaggio naturale atto a completare quello
dell’uovo in sé piuttosto fragile. Un packaging “spontaneo”, che i produttori più
attenti hanno imparato a valorizzare riportando la data di scadenza sul guscio
piuttosto che sulla confezione.
La scatola del latte, oggetto tanto comune da non attirare più attenzione, è
protagonista di uno statuto quotidiano di gesti che, nonostante non siamo in grado di
classificare come tali, si rivelano portatori di senso: quando ogni giorno apriamo
una confezione di latte sollevando una delle quattro linguette incollate al cartone e
tagliando lungo le linee indicate, non pensiamo certo di esser autori di una
metamorfosi, invece stiamo proprio trasformando quell’oggetto in qualcosa di
diversamente ma ugualmente utile. Siamo di fronte ad un ottimo esempio di design come prodotto funzionale - e di packaging assai efficiente ormai entrato nell’uso. Ma
una volta c’era solo il latte sfuso che veniva venduto in bidoni e recipienti senza
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essere sottoposto ad alcun trattamento di sanificazione; il Decreto Regio del 9
maggio del 1929 prevede la creazione dei primi centri di Pastorizzazione e delle
Centrali del Latte, con cui comincia la produzione e la vendita del latte pastorizzato
ben identificato dalla confezione, che consiste in una bottiglia di vetro a collo largo
sigillata semplicemente con una capsula di stagnola. Nel 1951 l’industria svedese
Tetra Pak, fondata in Scandinavia nel 1929 da Ruben Rausing e Erik Akerlund,
presenta a Lund tra l’incredulità di tutti gli operatori del latte una confezione in
carta a forma di tetraedro: al consumatore si offre una soluzione pratica (il cartone
proteggendo il prodotto dalla luce ne prolunga la durata oltre i tre giorni) leggera e
funzionale con l’eliminazione del vuoto a rendere. Il tetraedro, diffusosi in tutta
Europa e presto sostituito da una confezione ancor più pratica a forma di
parallelepipedo, il Tetrabrik (lanciato nuovamente dalla Tetra Pack in Svezia nel
1963), ha veramente rivoluzionato l’immagine del latte, che entrato tra le confezioni
usa e getta perde il vissuto mitico e fantasioso di prodotto genuino proveniente dalla
natura. Forse le bottiglie in plastica bianca presenti oggi in commercio nascondono
la possibilità di evocare quelle emozioni perdute: ricordano nella forma il bricco in
vetro che si lasciava davanti alle porte delle case pronto ad essere riempito da un
puntuale lattaio e richiamano nel colore, in una sorta di gioco metonimico, il
prodotto stesso quasi a segnalarne visivamente la freschezza.
La lattina da bibita, simbolo incontrastato e incontrastabile della cultura giovanile
degli ultimi decenni, si diffonde soprattutto sull’immaginario del “mitico” mondo
statunitense: sono stati proprio gli americani a produrre, nel 1885, i primi liquidi
conservati in lattina, utilizzando inizialmente contenitori in acciaio con un coperchio
a forma di cono sigillato mediante un tappo di sughero “a corona” - lattine con cui
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nel 1940 la birra viene già venduta negli Stati uniti e in gran parte d’Europa. Poi
l’alluminio accoppiato all’ “apertura facile” (la linguetta a strappo), oggi sostituita
dalla meno inquinante linguetta non staccabile, ha trasformato la lattina in un
fenomeno sia nel mondo della produzione che in quello dei consumatori: ci sono
bevande che non possono essere pensate senza la lattina e la lattina per antonomasia
viene associata a tutte quelle bevande che identificano un modo di bere giovane e
frizzante, alternativo alla classica tavola apparecchiata
Il packaging implica lo sviluppo di un contenitore e di una veste grafica per un
prodotto. La confezione è una parte importantissima per il prodotto, in quanto può
renderlo più facile da usare, più facile da identificare, più bello. Il package è in
grado di influenzare gli atteggiamenti dei clienti e quindi le loro decisioni di
acquisto, al pari del nome di una marca.
Sicurezza - In package efficace va ben oltre la mera operazione di confezionamento
o di copertura di un prodotto con un involucro. In primo luogo, i meteriali utilizzati
devono avere lo scopo basilare di proteggere il prodotto e di mantenerne la forma
funzionale per non comprometterne l’utilità. Proprio riguardo a questo molti
package vengono studiati al fine di dissuadere il taccheggio.
Praticità - Il package deve inoltre garantire la praticità al consumatore. La
grandezza o la forma per esempio possono essere correlate col magazzinaggio, con
la convenienza d’uso, con un particolare stile di vita. Per esempio i barattolini
monodose di verdure impediscono sprechi al cliente che li acquista e facilitano le
operazioni di magazzino. Oppure le confezioni monoporzione o i sacchetti di plastica
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che contengono liquidi esercitano un forte appeal su consumatori con uno stile di
vita molto attivo.
Promozione – il package promuove un prodotto perché comunica le sue
caratteristiche, i suoi usi, i suoi benefici e la sua immagine. In uno scenario sempre
più competitivo nel quale decine o centinaia di prodotti reclamano attenzione da
parte del consumatore il packaging assume una importanza e una valenza strategica
determinante.
Pur avendo la necessità di ricevere informazioni sul prodotto,il consumatore ha poco
tempo per esaminare una confezione. Per questo il packaging assume una grossa
importanza. Nella moltitudine delle offerte odierne infatti, un prodotto non esiste se
non riesce a comunicare la propria diversità e la propria originalità.
Il packaging è una importante componente nelle strategie di marketing. Un nuovo
tappo, una nuova chiusura, una scatola migliore, un contenitore riutilizzabile
possono conferire a un prodotto un vantaggio competitivo.
Un package appropriato può aiutare un prodotto ad essere più riconoscibile sul
mercato, un package innovativo può migliorare l’immagine che il consumatore ha di
quel prodotto o rendere più sicuro l’uso di quel prodotto, un package in confezione
multipla può rendere più conveniente un prodotto, un package con una forma
particolare può facilitarne il trasporto.
La scelta del colore ha un ruolo molto importante non solo per il design e la
comunicazione visiva, ma anche per la carica semiotica che riesce a conferire al
prodotto. Qui di seguito un’analisi dei colori e dei loro usi.
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Il BLU è un colore ampiamente usato. Dal blu scuro al blu marina, esso significa il
classico e la tradizione. Il turchese ha invece un aspetto di modernità e vivacità. Il
blu riflette il significato di pulizia perché è il colore dell'acqua.
L'altrettanto immediato riferimento al
cielo e al mare rende questo colore adatto
ad essere collegato coi viaggi. Ma il blu è
anche il colore più importante nella
percezione visiva di sicurezza e solidità.
Solo o associato al bianco, il blu è stato
usato in una schiera di marchi di prodotto
collegati alla finanza, all'attività bancaria e ai trasporti. Per tradizione simbolo del
sesso maschile, è un colore utile nel supportare i prodotti per l'uomo.
Il blu è un colore molto attraente e prezioso, piacevole e rassicurante; in campo
alimentare il blu garantisce freschezza, naturalezza e genuinità (si vedano ad
esempio le confezioni delle sottilette e dei prodotti caseari in genere. Nei toni chiari
dell'azzurro evoca il cielo, il pulito, la fantasia e la serenità ; nei toni più intensi del
blu scuro richiama la notte, è un colore sobrio ed elegante , ma anche giovane e
attuale.
IL VIOLA, colore secondario nato da mescolanza di blu e di rosso,racchiude in se
stesso le polarità opposte del cielo e della terra: è per questa ragione un colore
meditativo,che tende all'idea di controllo nei toni spenti, insaturi, mentre nei toni
scuri del mirtillo e della melanzana, è elegante ma cupo, talvolta triste, e poco adatto
a packaging alimentari; nei toni chiari è decorativo, per nulla alimentare e
fortemente sinestesico, ossia evoca attraverso il senso della vista profumazioni fiorite
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e per questo è usato nelle confezioni di profumeria perché sollecita una vivacità
incontrollata e stridente nei toni accesi e saturi. In questo caso è frivolo e seducente,
malizioso e femminile.
Il VERDE è il colore della natura specie se in associazione con il blu e il marrone.
Dal verde chiaro al verde erba queste tonalità sono una buona base di sfondo e
complemento per i colori primari. Il verde è un simbolo comune per passare oltre ai
semafori: pertanto, un codice visivo internazionale per approvazione e permesso,
usato nei prodotti della salute o negli alimentari sottoposti a controlli per
riassicurare sul loro consumo sicuro.
Il BIANCO si adatta a purezza e stile,
o all'efficienza pratica, secondo i modi
in cui è presentato o associato ad altri
colori. I designer usano il bianco per
esprimere sincerità ed innocenza. Ma il
ruolo principale che gioca il bianco è
quello di colore secondario che da
evidenza e impatto a immagini e lettere.
Per questo motivo il bianco è presente
su ogni tipo di confezione e design.
Il
NERO
esprime
l'eleganza
e
l'attrattiva dei prodotti di alta qualità.
È stato usato per riflettere un'immagine
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di sobria raffinatezza. Nell'usarlo con altri colori come viola e oro si rendono valori
di passione, glamour, intensità.
Il GRIGIO evidenzia qualità come affidabilità e durata del prodotto pratico. Il
grigio è importante nel design della moda e nella segnaletica in quanto è insieme
colore minimale e neutrale.
Il GIALLO concerne tonalità di colore
molto diverse ed in genere piace a tutti i
gruppi d'età. Colore non conformista per
eccellenza, il giallo si trova bene nella
grafica
contemporanea
come
nella
pubblicità moderna. Insieme con altri
colori primari (rosso e blu) rende come
effetto dinamico. Armonizzato nell'arancio, nei marroni e verdi definisce un prodotto
naturale. Giallo e verde richiamano l'ambiente tropicale, e l'arancio è un utile mezzo
per ottenere un forte impatto dagli scaffali o dai cartelloni.
In campo alimentare, il giallo è il colore del sole, del grano e della tradizione
mediterranea e gialle sono spesso le scritte sulle confezioni di pasta e biscotti. Nelle
gradazioni più schiarite e tenui del "giallo pulcino", evoca tenerezza, genuinità,
purezza nativa; nelle gradazioni più intense e squillanti è associato all'estate, al
calore, alla sete, è fortemente vitaminico ed energetico.
IL ROSSO è uno strumento di marketing in modi differenti. Altamente caratterizzato,
il rosso è molto importante per attrarre lo sguardo, soprattutto quando compare
come flash su materiale di stampa o confezioni. Il rosso è il colore dell'energia e di
solito coinvolge i giovani. L'uso del rosso e del bianco crea un'immagine pulita e
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vistosa che si riferisce tipicamente ad una audience costituita dal mercato tutto. Toni
scuri di rosso possono conferire eleganza e versatilità al prodotto rivolto ad un
consumo sia maschile che femminile. Il rosso è il piacere, la seduzione ; è il colore
ideale per un prodotto che deve far vibrare di emozioni forti, come un profumo. Nei
toni più rosati, fruttati e "caramellosi" è un colore adatto alle scatole di pasticceria
e di cioccolatini.
I COLORI PASTELLO sono tonalità molto numerose,
dal rosa pallido al beige sofisticato allo spensierato lilla.
Possiedono un aspetto fresco, pulito e sono meno
aggressivi dei colori carichi e più amichevoli dei severi
bianco o nero. I pastelli sono la prima scelta per prodotti
collegati alla primavera. Il loro uso nella pubblicità
ottiene un originale approccio alla comunicazione di
prodotto. La famiglia dei beige stimola un senso di calore
e morbidezza; rosa e pesca sono colori femminili molto
usati sui cosmetici; celeste e verde acqua soddisfano i
due estremi del mondo degli affari e dei prodotti per
bambini. Come colori di confezioni, i pastelli fanno di
solito sembrare gli oggetti più grandi di dimensione ma
più leggeri di peso. Sono ideali come colori di sfondo
permettendo ai colori saturi di risaltare. Il graphic
designer, ha il compito di “raccontare il prodotto per
informare il cliente, e indurlo all’acquisto; il “racconto”
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usa le diverse funzioni della comunicazione visiva: lettering, composizione, forma,
segno, colore, ritmo .
Prodotto e confezione, si risolvono in un unico pensiero progettuale strettamente
legato ai valori dei contenuti. Chi progetta un packaging deve tener conto di quanto
esiste già sul mercato, per evitare somiglianze e confusioni e ricercare al massimo la
personalizzazione del prodotto.
Un altra considerazione importante, deve essere il costo: per un detersivo o un
alimentare i costi di produzione di un packaging devono essere bassissimi, perchè si
tratta di prodotti di poco margine di guadagno; per un profumo o un cosmetico, si
può sbizzarrire nella sua inventiva.
La filosofia del packaging è quella di creare una confezione funzionale al tipo di
prodotto che deve contenere. Un packaging ben riuscito deve sicuramente indurre
all’acquisto.
La pubblicità non deve essere ingannevole. Non è sbagliato dare valore alla
preziosità del prodotto creando un grande imballo protettivo, facendo giungere
l’acquirente al contatto del prodotto attraverso giustificati passaggi intermedi.
Alcuni prodotti come i profumi hanno spesso un doppio packaging, il flacone e la
scatola che lo contiene, il flacone deve durare a lungo, ma la scatola, sebbene sarà
buttata via subito dopo l’acquisto, lo deve oltre a contenere e preservare, presentare.
In fine possiamo affermare che marca, nome, stile, qualità, servizio devono essere
comunicati al consumatore con la giusta rilevanza, uno dei più efficaci strumenti di
comunicazione adatti a questo scopo è proprio la confezione. Un buon packaging
attira, presenta, informa e “vende”. Il buon packaging, inoltre, contribuisce ad
aumentare l’affezione alla marca e contribuisce ad affermare l’identità.
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Riunione del 7 novembre 2012
Presiede: Mauro La Luce
Presenti: Michele Bellin, Marco Bonini, Andrea Bruni, Giovanni Cecconi, Luigi De
Concilio, Nicoletta Garaventa, Francesca Gazzano, Corrado Giglio, Enrico Gotelli,
Giovanni Grimaldi, Carlo Iachino, Lorenzo La Terra, Andrea Lovisolo, Cristina
Manicardi, Alberto Marconi, Rosanna Muratori, Adriana Parodi, Annamaria
Parodi, Tiziana Traversa, Pietro Vassallo, Carla Viale.
Ospiti del Club: Arch. Arganini, Sig.ra Giorgia
Ospiti: Avv. Olivia Taccini, Dott. Massimo Storace e Dott. Athos Enrile, Dott.ssa
Ilaria Schelotto, Dott.ssa Simonetta Massimino e Le Sigg.re Patrizia Iachino, Ivana
Saio.
22 Soci effettivi presenti
62 Totale Soci Attivi
Percentuale di presenza: 35,48 %
CALENDARIO DELLE PROSSIME RIUNIONI
Mercoledì 14 Novembre 2012
Riunione conviviale - Hotel Bristol – 20:00
Relazione professionale del Dott. Carlo Bagliani dal titolo: "Fare salute" tra Oriente ed Occidente: MenteAnima-Corpo.
Mercoledì 21 Novembre 2012
Riunione conviviale - Hotel Bristol – 20:00
Relazione professionale della Prof.ssa Lia Raffaella Cresci, Professore Ordinario di Civiltà bizantina
all'Università di Genova, dal titolo: "L'eredità del mondo romano nell'Impero bizantino".
Mercoledì 28 Novembre 2012
Relazione conviviale - Hotel Bristol – 20:00
Quartetto di Cremona: Concerto di musica classica con il Quartetto di Cremona.
Segreteria: Via Siena, 12/8 – 16146 Genova
Tel. Ab. 010 316282 Tel. Uff. 010 6509407
E-mail: [email protected]
www.rotarygolfodigenova.org
Riunioni 1° 2° 3° 4° Mercoledì ore 20,30