Università degli Studi di Perugia Facoltà di Lettere

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Università degli Studi di Perugia Facoltà di Lettere
Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea teledidattico in Scienze della Comunicazione
Elaborato finale
LA P.A. COME IL RAGNO NELLA TELA: IL RUOLO DELLE
TECNOLOGIE DIGITALI NELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA
Laureando
Sonia Seghetta
Relatore
Marco Mazzoni
Anno accademico 2010/2011
a Bruno e Graziella che hanno
voluto e creduto in questo risultato
INDICE
PREMESSA……………………….…………………………………..……………………
3
CAPITOLO PRIMO
LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE NELL’ERA DELL’INFORMAZIONE
1.1 Normativa all’avanguardia e tecnologia digitale…………………………………….….
7
2.1 Il diamante della nuova comunicazione pubblica: sfaccettature di un’analisi
multidimensionale……………………………………………………………..…………….
11
CAPITOLO SECONDO
I SITI INTERNET DELLA P.A. AL CENTRO DEL CAMBIAMENTO
2.1. Principi e regole dei siti istituzionali…………………………………………………….
21
2.2 La comunicazione di un sito web della pubblica amministrazione…………………...….
25
CONCLUSIONI……………………………………………………………………………...
33
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………..
36
2
PREMESSA
«Vedeva il mondo secondo una prospettiva orizzontale, non più verticale come le pareva di
ricordare quella dell'uomo, piantato su due trampoli e procedente ad angolo retto con la terra. A
questa nuova visione contribuiva certo la posizione del suo corpo prono in avanti, disteso sulle sue
basi pressappoco come il soldato negli esercizi dell'”ordine sparso”, ma anche la strana
disposizione degli occhi, otto come le zampe e messi a semicerchio intorno al capo, tanto che - cosa
sconosciuta agli uomini - una buona parte della pianura circostante le appariva simultaneamente
accrescendo la sua illusione di spazio e di libertà. Degli occhi, poi, due erano come appannati, un
po' miopi di giorno, ma pure in questo Clizia vide una ragione che tendeva a darle una libertà
anche maggiore: e infatti, appena scesa la sera, furono essi a entrare in azione, a illuminarle le
tenebre, a renderle più facile il lavoro della tela». È un brano tratto dall’opera di Eugenio Montale
Clizia a Foggia, in Farfalla di Dinard, narra di una donna sottoposta a un esperimento di ipnosi che
regredisce a una vita precedente diventando un ragno. Ho scelto di iniziare l’elaborato partendo da
questo brano perché l’immagine rappresentata dallo scrittore coglie in pieno l’interrogativo al quale
si è cercato di rispondere in questo lavoro: la pubblica amministrazione può trovare nel web, come
il ragno Clizia trova nella tela, strumenti che accrescono le sue possibilità di azione e una
dimensione nuova da cui percepire la realtà in modo diverso, perché diversi sarebbero gli occhi con
cui la osserva? Se la pubblica amministrazione, cioè, compie un’opera di revisione e di
riposizionamento per quanto riguarda gli elementi che compongono la comunicazione pubblica, è
possibile che raggiunga un punto strategico dal quale può permettersi di sfoggiare, oltre che una
visione allargata del campo d’azione e nuovi dispositivi con cui svolgere l’attività di istituto, anche
flussi comunicativi e paradigmi relazionali le cui potenzialità sono ancora solo in parte conosciute,
ma che promettono novità da non sottovalutare.
Il primo testo preso in esame per indagare su questo tema è Comunicazione pubblica e nuove
tecnologie di Mattia Miani (2005), uno studio sul panorama delle nuove tecnologie della
comunicazione e dell’informazione e sui benefici da loro apportati negli enti pubblici attraverso le
politiche di e-government. All’ampia carrellata sulle tecniche digitali, alla quale Miani non manca
di inserire le ultime frontiere del t-government e l’m-government, che riguardano rispettivamente la
televisione digitale terrestre e la telefonia di terza generazione, affianca numerosi casi di studio che
vanno a completare il quadro da un punto di vista pratico. Miani, infine, evidenzia come
l’inserimento delle nuove tecnologie sia stato vissuto in questi anni essenzialmente in un’ottica di egovernment - cioè teso a un miglioramento della qualità dei servizi pubblici - piuttosto che secondo
3
una prospettiva di e-democracy che, invece, si riferisce alla partecipazione dei cittadini al processo
democratico.
La comunicazione delle pubbliche amministrazioni di Graziella Priulla (2008) è il secondo testo
esaminato, selezionato per il prezioso contributo che fornisce nel descrivere criticamente l’attività
di comunicazione pubblica e nell’evidenziare contraddizioni e immobilismi che la caratterizzano
ancora oggi. Pur riconoscendo il valore di una normativa all’avanguardia che ha trasformato
l’attività di comunicazione in un dovere per la pubblica amministrazione, Priulla ammette che non è
sufficiente per un reale processo di cambiamento. L’analisi degli elementi base della comunicazione
pubblica viene compiuta dall’autrice esaminando il comportamento comunicativo attuato dalle
pubbliche amministrazioni, con le sue zone d’ombra e le resistenze di prassi asfittiche.
Attraverso una serie di saggi, il terzo volume, Comunicazione pubblica 2.0 a cura di Alessandro
Lovari e Maurizio Masini (2008), presenta una panoramica sulle nuove frontiere della
comunicazione pubblica:il web 2.0, i social network, la multicanalità e la multimedialità.
Nell’affermare la centralità della rete Internet nel progresso tecnologico, il testo evidenzia come si
modifica il rapporto tra la pubblica amministrazione e un cittadino sempre più attivo e consapevole
dei propri diritti.
La comunicazione pubblica tra globalizzazione e nuovi media di Marino Cavallo (2005),
considerato solo nella sua seconda parte “Progetti, metodologie e strumenti della comunicazione
pubblica”, è stato inserito nello studio per l’interessante modello di analisi attraverso il quale mette
in luce, non solo i quattro poli della comunicazione pubblica, emittenti, destinatari, canali e oggetti
di comunicazione, ma anche i processi che si innescano tra loro, le interrelazioni e le dinamiche che
intercorrono.
Questo elaborato parte da un’analisi delle principali innovazioni normative e tecnologiche
introdotte nell’ultimo ventennio in tema di comunicazione e di come queste abbiano contribuito
all’evoluzione del flusso comunicativo tra società civile e amministrazione pubblica. Nel primo
capitolo si mostra come, insieme all’affermazione della cultura della comunicazione coni concetti di
semplificazione, pubblicità e trasparenza amministrativa, si siano fatte spazio negli uffici pubblici
anche le tecnologie digitali introdotte con i piani e-government. Il ruolo della rete Internet, in
particolare, appare fondamentale per la nascita di un rapporto più moderno tra cittadini e pubblica
amministrazione, nonostante la delusione delle politiche di e-democracy che, inizialmente, avevano
ricevuto grandi entusiasmi.
Le dinamiche che entrano in gioco nella comunicazione pubblica, a seguito di questo processo
innovativo, vengono osservate nella seconda parte del capitolo secondo un approccio
4
multidisciplinare e attraverso uno strumento di analisi di tipo sistemico-relazionale: il “diamante
della comunicazione pubblica”. In questa parte dell’elaborato si prendono in esame i quattro pilastri
della comunicazione pubblica evidenziando, per ciascuno di essi, l’evoluzione che li ha condotti a
profondi cambiamenti. Questo lavoro mostra come ai tradizionali attori della comunicazione
pubblica, si siano aggiunti altri soggetti portatori di interessi generali e di come, insieme, siano
andati a costituire una struttura più complessa, sempre più organizzata in modo orizzontale e
reticolare. Per quanto riguarda i destinatari dell’informazione, lo studio rileva la sostituzione del
concetto di “utente medio” con una platea composita e attiva alla quale l’amministrazione si rivolge
in modo differenziato, attivando processi comunicativi segmentati. Si rappresenta, inoltre, come gli
oggetti nuovi comincino a farsi realtà nel panorama della comunicazione pubblica, interna ed
esterna, oltre a un linguaggio più aperto come richiesto dalla comunicazione sul web. Infine,
l’elaborato elenca una serie di nuovi canali attraverso i quali la moderna comunicazione pubblica
veicola il messaggio e riceve feedback dall’utente; mezzi di trasmissione che non si aggiungono
semplicemente ai canali tradizionali, ma che vengono scelti secondo logiche ben precise e attenti
piani di comunicazione.
La correlazione tra l’introduzione delle tecnologie digitali nella pubblica amministrazione e la
crescita della cultura della comunicazione si fa più evidente nella trattazione del secondo capitolo in
cui la rete Internet e i siti istituzionali si mostrano al centro del rinnovamento della pubblica
amministrazione, imponendo cambiamenti di prospettiva e rivoluzioni culturali. Nella prima parte
del capitolo, tenendo conto della normativa vigente, vengono esaminati i principi e le regole che i
siti della pubblica amministrazione devono adottare per comunicare in rete con efficacia, per
informare correttamente e per fornire servizi utili a cittadini e imprese. Organizzazione,
accessibilità, usabilità, aggiornamento, si sostiene, sono le parole d’ordine a cui ogni sito web non
può mancare di rispondere, anche alla luce delle Linee guida per i siti web della PA 2011.
Nella seconda parte del capitolo è stato affrontato il tema della progettazione di un sito web per la
pubblica amministrazione tenendo conto dei diversi ambiti di intervento in cui è indispensabile
agire. Questa trattazione mette in luce, in particolare, il processo di metamorfosi della
comunicazione pubblica con l’affermazione del web: cambiano le modalità di scrittura e quelle di
lettura; la quantità di informazione disponibile e la rappresentazione del messaggio, che può
vantarsi di formati diversi; si semplifica il linguaggio e si modificano i sistemi di classificazione e
di ricerca; crescono le opportunità di accesso all’informazione e le modalità di fruizione; si
inseriscono strumenti di ascolto e si palesano nuove frontiere, molte delle quali ancora da esplorare.
In conclusione, l’elaborato mostra come la configurazione di rete si collochi al centro di un
rinnovamento che non riguarda solo le connessioni telematiche. Questa struttura, infatti, appare
5
vincente anche quando diventa modalità di relazione sociale, come è evidente dal successo che
riscuotono i social network e dalla forte richiesta di dialogo e interazione che sale dalla collettività.
Quando si gestiscono risorse, siano esse umane o tecnologiche, inoltre, è sempre in base a questo
paradigma che si incontra la formula più economica ed efficace. Tutta la conoscenza umana, infine,
sembra mostrarsi oggi come un enorme ipertesto fitto di collegamenti e relazioni. “Fare rete” è
dunque l’imperativo del nostro secolo e la comunicazione della pubblica amministrazione può
rappresentare la leva più adatta per sollevare quel pachiderma fossilizzato, quale appare ancora
troppo spesso l’universo pubblico.
6
Capitolo I
LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE NELL’ERA DELL’INFORMAZIONE
1.1 Normativa all’avanguardia e tecnologia digitale
Il termine comunicazione pubblica appare sottrarsi a una definizione rigida. La vastità del campo di
studio, che interessa varie discipline, richiede almeno due approcci di analisi diversi. Il primo è
focalizzato sui soggetti che mettono in atto la comunicazione, cioè tutti gli enti del settore pubblico
definiti per legge. Il secondo approccio, invece, fa riferimento all’oggetto della comunicazione
pubblica, vale a dire l’interesse generale, e comprende: la comunicazione dell’istituzione pubblica,
prodotta dagli enti pubblici; la comunicazione sociale, realizzata prevalentemente dal cosiddetto
“terzo settore” allo scopo di sensibilizzare i cittadini su argomenti di interesse generale la cui
soluzione può essere facilmente condivisa; la comunicazione politica, i cui soggetti sono il mondo
politico e i cittadini elettori, che mira a costruire il consenso su questioni più controverse (Miani,
2005). La comunicazione istituzionale, a sua volta, si distingue in interna ed esterna. La
comunicazione interna si sviluppa dentro la struttura organizzativa e, sempre più in primo piano, è
“oggi riconosciuta come valore in quanto influisce sulla qualità del lavoro, favorisce il
cambiamento, rafforza l’identità dell’ente, ma è preziosa anche per i cittadini, dato che retroagisce
sui servizi e ne migliora le prestazioni e la visibilità” (Priulla, 2008, p. 27). La comunicazione
esterna, oggetto di analisi di numerosi studiosi che hanno lavorato per definirne l’ambito, presenta
molteplici sfaccettature: canali di comunicazione (faccia a faccia, ma anche Ict e reti), materiali per
la raccolta dei contenuti (audio e audiovisivi, stampa, modulistica, affissioni, opuscoli, volantini,
locandine), finalità comunicativa (di servizio, persuasiva, auto promozionale, atti e documenti
formali), natura della comunicazione (eventi, servizi, campagne) (Priulla, 2008).
“Tutte queste definizioni, però, non sono sufficienti a cogliere le implicazioni del concetto di
comunicazione per la pubblica amministrazione”. Miani riconosce che l’idea di comunicazione
pubblica rimanda soprattutto a “flussi informativi bidirezionali tra cittadini e pubblica
amministrazione” e si realizza “solo laddove c’è un’autentica interazione, a due vie, tra cittadini e
Stato” (Miani, 2005, p. 15). Una comunicazione di successo, come sostiene anche Priulla, è
“caratterizzata non solo dalla manifestazione di un’intenzione da parte dell’emittente, ma anche dal
suo riconoscimento da parte del destinatario” (Priulla, 2008, p. XII). In questa evidente bipolarità
qualsiasi mutazione dell’attività di comunicazione (dai mezzi impiegati alla quantità
d’informazione erogata, dalla scelta dello stile comunicativo alle strategie adottate), comporta
“inevitabilmente un cambiamento nei rapporti” (Priulla, 2008, p. XIII).
7
E il cambiamento si realizza già dagli anni Ottanta, ma ancor più concretamente negli anni Novanta,
con l’introduzione di normative riformiste che permettono alla cultura della comunicazione di
affermarsi,
insieme
ai
concetti
di
semplificazione,
pubblicità
e
trasparenza.
Durante questa stagione di riforme, la pubblica amministrazione diviene sempre più permeabile
all’impiego delle nuove tecnologie, migliora l’efficienza della macchina burocratica e instaura
rapporti più diretti con i cittadini. Internet, in particolare, interpreta un ruolo centrale nello sviluppo
delle strategie di comunicazione e delle relazioni sociali favorendo la nascita di una nuova società,
quella che Castells chiama società informazionale.1 Si tratta di una realtà capace di generare nuovi
paradigmi, in cui le tecnologie non intervengono come in passato a migliorare i processi produttivi,
ma agiscono sull’informazione stessa. La loro diffusione pervasiva si inserisce in ogni settore
imponendo una logica di rete che trova una puntuale applicazione anche alle forme di interazione
umana. Con Internet nascono comunità virtuali spesso molto volatili, ma capaci di diffondere
velocemente, con l’impiego di modeste risorse, idee, informazioni, tendenze. Nella nuova società,
come sostiene ancora Castells, l’informazione ha il peso che nell’era industriale aveva l’energia. Lo
strumento tecnologico si mostra subito capace di stimolare la partecipazione dei cittadini alla vita
pubblica e, a partire dalle città americane, dove vengono attivate le reti civiche di Cleveland, Seattle
e Santa Monica, ma anche in Europa, ad Amsterdam e a Bologna, si diffonde il concetto di edemocracy. Questo iniziale entusiasmo per un ritrovato senso di appartenenza e di condivisione,
però, si mostra presto un’illusione. Tali strutture reticolari, che utopicamente appaiono in grado di
far rivivere anche all’interno di grandi metropoli una dimensione dialogica bidirezionale e aperta,
con l’illusione di un nuovo sistema democratico, di fatto, si trasformano in mere erogatrici di servizi
on line (Cavallo, 2005).
L’idea di e-democracy nasce prima della diffusione di Internet, con la TV via cavo, alla fine degli
anni Ottanta in U.S.A. È allora che si fa strada l’idea che le nuove tecnologie avrebbero consentito
al cittadino di partecipare più attivamente alla vita pubblica (Miani, 2005). Per parlare di edemocracy, però, non è sufficiente discutere sul voto elettronico, né attivare una partecipazione che,
esaurendosi in un semplice atto di accettazione o diniego, dilagherebbe nel plebiscitarismo. Il
concetto, invece, si correla a nuove forme di partecipazione alla pubblica discussione (forum, blog),
all’adozione di modalità diverse per la selezione della classe politica (elezioni primarie), alla messa
in campo di iniziative dirette da parte del cittadino (referendum, proposte di legge, sondaggi,
petizioni, appelli, raccolta firme) e alla capacità di generare coinvolgimento nelle decisioni (patti
territoriali, bilancio partecipativo, urbanistica partecipata) (Priulla, 2008).
1
Citato in Cavallo (2005) - M. Castells, La nascita della società in rete, Egea, Milano, 2002, p. 3
8
Anche in Italia si parla di “nuove tecnologie come fattore di espansione, reinvenzione e rilancio
della sfera pubblica” (Miani, 2005, p. 27). Qui le politiche di e-democracy seguono la
raccomandazione 19/01 del comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con il modello contenuto
nelle Linee guida per la promozione della cittadinanza digitale: e-democracy2, realizzato dal
coordinamento del CRC, in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Firenze Tale modello,
al quale si riconosce il merito di aver posto l’Italia tra i primi paesi al mondo ad aver reso operativi i
progetti di democrazia elettronica, però, considera le iniziative di e-democracy “come un accessorio
rispetto a quelle di e-government” (Miani, 2005, p. 58). Queste ultime, infatti, hanno come obiettivo
principale quello di rendere i servizi più rapidi ed efficienti, ottimizzando aspetti organizzativi e
procedure amministrative. In realtà, le politiche di e-democracy e quelle di e-government
dovrebbero essere mantenute congiunte e, piuttosto che “termini di un dualismo”, dovrebbero
essere considerate come “strettamente interpenetrate”, facendo parte entrambe “di una stessa
equazione che vede l’applicazione delle nuove tecnologie alla sfera pubblica” (Miani, 2005, p. 30).
Ma negli ultimi anni si è assistito a un “progressivo slittamento” (Miani, 2005, p. 26) dell’interesse,
dall’ambito dei processi democratici verso quello dell’efficienza della macchina amministrativa. Il
concetto di e-government ha finito così per prevalere evocando solo l’idea di efficienza verso
l’utente/consumatore. Diversi sono i motivi di questo cambiamento di peso, non ultimi i risultati
deludenti per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini ai principali esperimenti di edemocracy. È innegabile che gli spazi di interazione offerti dalle tecnologie digitali non sono
sufficienti a modificare le attitudini alla partecipazione; inoltre, si mostra difficile tradurre
concretamente nei processi di rete il complesso sistema democratico. L’informatizzazione della
pubblica amministrazione, che parte in Italia con il DLgs 39/93, appare soprattutto come la
soluzione per rimuovere una burocrazia troppo lenta e inefficiente e le società di consulenza,
padrone del know how, spingono l’interesse per l’e-government. La pianificazione di queste
politiche nel vecchio continente parte da «Lisbona 2000» quando l'Unione europea decide di voler
diventare la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010. Migliorare
l’accesso alle reti, investire in formazione e promuovere l’accesso a Internet, per sviluppare servizi
pubblici e commercio elettronico, sono gli obiettivi che la Ue intende centrare entro un decennio.
In Italia, si inizia a progettare l’utilizzo delle tecnologie Ict per l’innovazione della pubblica
amministrazione con il Piano d'azione per l'e-government del 2000. Il documento resta tuttora un
importante punto di riferimento per quanto riguarda i principi che regolano il rapporto cittadinopubblica amministrazione e per la visione di sistema tecnologico coordinato che propone. Il
cittadino che vuole usufruire di un servizio, secondo quanto indicato nel Piano, può rivolgersi a un
2
Citato in Miani (2005)
9
qualsiasi front office abilitato, senza vincoli territoriali e senza dover necessariamente conoscere
l’organizzazione interna dello Stato; inoltre, non deve fornire informazioni che lo riguardano,
qualora siano già in possesso di altra amministrazione, ma deve comunicare solo le eventuali
variazioni. Anche se la costituzione di banche dati contenenti i profili dei cittadini solleva qualche
preoccupazione per quanto riguarda la garanzia del diritto alla privacy, la nuova visione del
rapporto con il cittadino appare densa di interessanti prospettive. La sua attuazione, però, richiede
tempo e implica una profonda trasformazione culturale e organizzativa della pubblica
amministrazione, oltre alla realizzazione di alcune “condizioni abilitanti”. È necessario, infatti, che
le amministrazioni si organizzino in una struttura reticolare, tra pari, al cui interno sia garantito il
passaggio di informazioni e l’erogazione di servizi, senza tener conto di gerarchie e di specifiche
competenze e territorialità. Le amministrazioni che svolgono attività di back office devono mettere
a disposizione senza oneri i loro archivi a tutte le amministrazioni che svolgono un ruolo di front
office. Queste, a loro volta, forniscono servizi integrati per soddisfare le richieste del cittadino. Per
garantire “ogni servizio in ogni luogo”, si progetta un sistema pubblico di connettività e un sistema
unitario di identificazione digitale. Il Piano stabilisce che alcune applicazioni tecnologiche sono
considerate nevralgiche per la sua attuazione: l’identificazione con supporti elettronici (firma
digitale, carta d’identità elettronica, carta nazionale dei servizi), le strutture di front office (siti,
portali, telefonia mobile e digitale terrestre), quelle di back office (banche dati integrate) e le
tecnologie infrastrutturali (per il trasporto dei dati).
Il 13 febbraio del 2002, il Comitato dei Ministri per la società dell’informazione aggiorna il piano di
e-government stabilendo gli obiettivi da raggiungere entro il 2006. Il programma, di legislatura,
prevede che siano messi on line 40 servizi per il cittadino e 40 servizi per le imprese, scelti da una
lista di ben 500 servizi principali tenendo conto del valore per l’utente e della frequenza di utilizzo,
oltre che della compatibilità con le tecnologie on line. Tra gli obiettivi di legislatura, è prevista
anche la distribuzione di 30 milioni di carte d’identità elettroniche (Cie) e carte nazionali dei servizi
(Cns), la diffusione di 1 milione di firme digitali e l’assegnazione al sistema di e-procurement del
50% della spesa per beni e servizi. Tutta l’amministrazione è chiamata a un aggiornamento
professionale, da eseguire anche con procedure e-learning, e all’impiego della tecnologia elettronica
per gestire: la posta interna, i mandati di pagamento, l’iter delle pratiche. Infine, l’efficienza dei
servizi deve essere valutata mediante monitoraggi sul gradimento da parte dei cittadini da attivare in
tutti gli uffici che erogano servizi (Miani, 2005).
La seconda fase delle politiche di e-government è caratterizzata dalla volontà di realizzare un
progetto di tipo federale. Decisivi sono i documenti L’e-government per un federalismo efficiente.
Una visione condivisa, una realizzazione cooperativa, approvato in conferenza unificata Stato10
Regioni, Città e Autonomie locali nel luglio del 2003, e L’e-government nelle Regioni e negli enti
locali: II fase di attuazione, approvato nell’autunno 2003 dallo stesso organismo. Le nuove linee
prevedono una visione comune per quanto riguarda i sistemi di sicurezza, i livelli di performance,
gli strumenti di accesso, i modelli per la creazione di siti e portali per i servizi on line, ma anche la
realizzazione di “sistemi federati”, come quello del lavoro, del fisco, della sanità, e uno sviluppo
territoriale che include i piccoli Comuni (Miani, 2005).
L’ultimo piano di e-government è stato definito dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e
l'Innovazione Renato Brunetta: è il Piano e-government 2012 che si propone di proseguire l’opera
di modernizzazione migliorando i servizi e, contemporaneamente, diminuendo i costi. Prevede circa
80 progetti, secondo quattro ambiti di intervento (settoriali, territoriali, di sistema e internazionali),
e 27 obiettivi di governo da raggiungere entro la legislatura.3
Qualche primo risultato si registra già nel 2004. Secondo il Rapporto statistico sulla società
dell’informazione in Italia, redatto dal Centro studi del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie,
gli italiani sono tra i più costanti navigatori in Europa all’interno dei siti della pubblica
amministrazione: sono nove milioni di utenti, il 53% del totale. I computer negli uffici pubblici
sono presenti nell’88% delle postazioni informatizzabili, il 75% di queste è collegato a una rete
locale, il 50% dei dipendenti ha un indirizzo di posta elettronica. Gli utenti che utilizzano procedure
on line per la dichiarazione dei redditi crescono del 43% rispetto all’anno precedente e più
frequente è l’uso di servizi telematici, per esempio, per la registrazione dei contratti di affitto e per
il pagamento delle imposte di registro per la compravendita (Cavallo, 2005).
Per lo sviluppo del governo digitale, però, non sono sufficienti una buona normativa e piani di
informatizzazione.
Secondo
quanto
sostiene
Cavallo,
occorre
far
partire
all’interno
dell’amministrazione pubblica “una sfida strategica che coinvolge la progettazione organizzativa
ridisegnando funzioni, ruoli e rapporti comunicativi tra i cittadini, l’associazionismo, i gruppi
sociali e le istituzioni pubbliche” (Cavallo, 2005, p. 193).
1.2 Il
diamante
della
nuova
comunicazione
pubblica:
sfaccettature
di
un’analisi
multidimensionale
Lo studio della comunicazione pubblica non può ignorare la vastità di soggetti, forze e mezzi che
contemporaneamente entrano in relazione nel processo comunicativo di una società complessa
come quella attuale. Per compiere un’analisi approfondita e cogliere le novità dei processi in atto, a
uno studio unidimensionale centrato sui piani di e-government e sull’introduzione delle nuove
3
www.e2012.gov.it
11
tecnologie, è più utile opporre un approccio multidisciplinare o, meglio ancora, “una prospettiva
sistemica e relazionale”. Un modello analitico di questo tipo è offerto dal diamante della
comunicazione pubblica nel quale si mostrano con tutta evidenza le sfaccettature dei quattro poli
che concorrono alla sua costituzione: gli attori della comunicazione, i suoi destinatari, gli oggetti e i
contenuti e, infine, i media della comunicazione. Questa particolare struttura di analisi palesa, per di
più, il legame che intercorre tra gli elementi - un legame non unidirezionale ma bidirezionale - e
coglie la complessità delle dinamiche che entrano in gioco (Cavallo, 2005).
Fig. 1 – Il diamante della comunicazione pubblica (4)
Attori
Contenuti
Mezzi
Destinatari
Gli attori della comunicazione pubblica sono stati per molto tempo esclusivamente lo Stato e le
amministrazioni centrali. Fedeli a una struttura organizzativa di tipo gerarchico, le amministrazioni
hanno svolto questo compito attraverso un processo unidirezionale, dall’alto verso il basso. Con le
normative introdotte a partire dagli anni Ottanta e il processo di informatizzazione del sistema,
tuttavia, la comunicazione della pubblica amministrazione ha sviluppato un carattere sempre più
orizzontale e reticolare consentendo l’ingresso di nuovi attori. Oggi vediamo protagonisti della
scena gli enti locali e le aziende di servizio, ma anche altri soggetti che, pur non appartenendo alla
sfera pubblica, sono portatori di interessi generali e comunicano su temi di rilevanza collettiva. Si
tratta di “associazioni che operano nel sociale, organizzazioni sindacali e associazioni delle
categorie economiche, il variegato mondo del non profit e dell’economia sociale” (Cavallo, 2005, p.
138) che elaborano strategie comunicative per la promozione dei servizi, lanciano campagne su
temi di rilevante impatto sociale e alimentano dibatti su questioni civili. Queste dinamiche tendono
a svilupparsi sempre di più, creando spazi che dilatano il “campo di gioco” della comunicazione
pubblica fin nel settore privato. Grazie al principio di sussidiarietà orizzontale, che trova
4
M. Cavallo (2005) La comunicazione pubblica tra globalizzazione e nuovi media, Milano: Angeli
12
fondamento nella Costituzione dopo la riforma del titolo V, infatti, “Stato, Regioni, Città
metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”. È chiaro che, a questo punto, anche il
flusso di comunicazione si modifica: se prima era verticale, prerogativa di uno Stato centralista,
oggi si sviluppa su un piano orizzontale e all’interno di una struttura a rete nella quale interviene
una pluralità di soggetti (Cavallo, 2005).
Per svolgere un’azione efficace ed
efficiente di
informazione e di
comunicazione,
l’amministrazione pubblica ha bisogno di professionalità specifiche, di formare i propri dipendenti,
di sviluppare al suo interno una cultura orientata alla trasparenza e alla condivisione. La legge
150/2000 stabilisce che l’attività di informazione rivolta ai media deve essere svolta dal portavoce e
dall'ufficio stampa. In particolare, il portavoce lavora in stretto contatto con il vertice politicoistituzionale e ha il compito di curare i rapporti con gli organi di informazione. L’ufficio stampa,
invece, opera in un ambito più vasto indirizzando la sua attività ai mezzi di informazione di massa,
sui quali vigila affinché diffondano correttamente servizi, iniziative e programmi predisposti
dall’amministrazione; lavora con i tempi concitati dettati dall’agenda politica e pone, al centro della
sua attività, la notizia, il comunicato stampa e gli altri materiali destinati agli organi di informazione
(Cavallo, 2005). Le due figure, avendo competenze diverse, dovrebbero lavorare su percorsi
distinti, meglio ancora se separati anche per quanto riguarda le strutture organizzative e le risorse,
umane e finanziarie. In realtà, la comunicazione istituzionale e quella di servizio si confondono
spesso con la propaganda politica e le due figure preposte, in alcuni casi, coincidono addirittura
(Priulla, 2008).
Le attività di comunicazione sono a carico dell'ufficio per le relazioni con il pubblico (Urp) o di
analoghe strutture: gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli
sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese. L’Urp, che non può essere confuso con un
semplice ufficio informazioni o con uno sportello per i reclami e le pubbliche relazioni, ha compiti
molto complessi attraverso i quali realizza una comunicazione di tipo integrato e cura l’immagine
coordinata dell’ente. Rafforzate le sue funzioni con l’introduzione della legge 150/2000, l’Urp
rappresenta un canale privilegiato per la comunicazione tra apparati burocratici e cittadini. Inoltre,
svolge
un’azione
propulsiva
per
l’evoluzione
tecnologica
e
culturale
della
pubblica
amministrazione riverberando i suoi benefici anche sul piano organizzativo interno. È in prima linea
per quanto riguarda i rapporti con il cittadino, rappresentando spesso il primo centro di
orientamento e di accoglienza; inoltre, garantisce l’erogazione dei servizi, la predisposizione di
sistemi di ascolto rivolti all’utenza e il rispetto dei principi di trasparenza, semplificazione e accesso
agli atti amministrativi. Si occupa anche di attivare canali di comunicazione interna con la struttura
13
organizzativa d’appartenenza e di curare i flussi comunicativi verso l’esterno impiegando strumenti
quali: telefono, materiale cartaceo, materiali audio video, rete Internet, prodotti di promozione ed
eventi. Redige piani di comunicazione e carte dei servizi, sigla protocolli d’intesa e gestisce i
reclami, imposta progetti di qualità e indagini di customer satisfaction. Infine, progetta campagne
informative, prodotti editoriali e multimediali; coordina l’immagine dell’ente, i sistemi telematici e
le reti civiche. Tale sovraccarico di attività, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere la causa del
suo insuccesso, oltre al fatto che più della metà delle strutture può contare solamente su uno o due
addetti (Priulla, 2008). Accanto a queste strutture, si sono sviluppati sportelli dedicati a particolari
target di utenza, sportelli unici e servizi polifunzionali che dovrebbero permettere al cittadino di
interagire con un unico interlocutore e far sì che “finalmente si muoveranno le pratiche e non le
persone” in un prossimo futuro (Priulla, 2008, p. 70).
Questi punti di contatto richiedono un personale adeguatamente formato e capace, non solo di
entrare in relazione con il cittadino gestendo complessi processi comunicativi, ma anche di operare
mediante l’uso di tecnologie avanzate e perennemente in evoluzione. In prima applicazione, la
legge 150/2000 consente che le funzioni di informazione e comunicazione siano confermate al
personale che già le svolge, per il quale prevede “interventi formativi e di aggiornamento” che
vengono disciplinati in un secondo momento con il regolamento attuativo (D.P.R. 21 settembre
2001, n. 422). Il decreto definisce, tra l’altro, i profili preposti a queste attività: “i rapporti con i
mass media devono essere curati da giornalisti, le strutture di relazione con i cittadini devono
prevedere profili nuovi e differenziati, di alta complessità perché si pongono al confine di discipline
e di competenze diverse”. Nonostante gli sforzi spesi in questi anni per la formazione degli
operatori, è evidente che si rendono indispensabili ulteriori e continui investimenti perché è
“proprio sulla preparazione e la competenza dei nuovi comunicatori pubblici che si basa una parte
considerevole del successo di un’amministrazione pubblica moderna e orientata ai cittadini”
(Cavallo, 2005, p. 165).
I destinatari della comunicazione pubblica si presentano come una realtà eterogenea e in
movimento, una società divisa soprattutto quando si tratta di accedere alle informazioni, di disporre
di capitali o di fare ingresso alle professioni. Il passaggio alla società post-industriale, che si
caratterizza per una maggiore sensibilità verso la qualità della vita, evidenzia anche una più marcata
soggettività, una frammentazione sociale e un’identità collettiva che si definisce attraverso i
consumi (Cavallo, 2005).
Per questi motivi, il concetto di “utente «medio» che esprimeva domande standardizzate, alle quali
si rispondeva con prodotti standardizzati” (Priulla, 2008, p. 155), tipico delle prime società
industriali, non è più una realtà nell’era dell’informazione. Le amministrazioni, in verità, forniscono
14
ancora prodotti standardizzati ma, rivolgendosi a un pubblico sempre più differenziato, operano una
segmentazione della popolazione e forniscono anche prodotti specifici a gruppi “eterogenei tra loro,
ma omogenei al loro interno” (Priulla, 2008, p. 155). Destinatari di una strategia di comunicazione,
dunque, possono essere un pubblico indifferenziato, un segmento particolare della popolazione o un
target specifico che appare particolarmente recettivo. I processi di segmentazione avvengono
secondo criteri che riguardano: la residenza, la composizione socio-demografica, le abitudini, gli
eventi della vita, i comportamenti di fruizione e i benefici attesi. In questo modo, uno stesso
individuo può essere identificato “come genitore, o architetto, o automobilista, o contribuente, o
frequentatore di teatri, o paziente di un medico specialista: a seconda di ciascuna di queste identità,
lo si «incontrerà» in modo diverso” (Priulla, 2008, p. 155) e, in ogni caso, l’amministrazione dovrà
essere in grado di adottare strategie mirate per ciascun profilo.
I destinatari della comunicazione pubblica, dunque, si presentano sempre più come “attori che
mettono in gioco nuovi codici comunicativi in grado di influenzare e controbilanciare l’eccesso di
razionalizzazione troppo speso presente nelle comunicazioni formalistiche e astratte delle grandi
organizzazioni e delle istituzioni pubbliche” (Cavallo, 2005, p. 139). Firma digitale, carta d’identità
elettronica (Cei) e carta nazionale dei servizi (Cns), resi possibili dalla convergenza di tecnologia e
diritto, sono gli strumenti con i quali il destinatario della comunicazione si rende identificabile
all’emittente e si garantisce l’accesso all’universo digitale della pubblica amministrazione.
Gli oggetti e i contenuti della comunicazione pubblica sono definiti dalla legge 150/2000. Un
ente pubblico, oltre a favorire la conoscenza delle disposizioni normative, delle attività istituzionali
e dei servizi, deve anche promuovere processi di semplificazione e di modernizzazione degli
apparati burocratici e consentire la conoscenza dell’iter del procedimento amministrativo, dal suo
avvio fino alla conclusione. Inoltre, la legge include tra gli obiettivi quello di realizzare
approfondimenti intorno a temi di grande interesse per la collettività e il compito di promuovere
l’immagine della pubblica amministrazione, in Europa e nel mondo, conferendo visibilità a eventi
organizzati a livello locale, regionale, nazionale e internazionale (Cavallo, 2005). Le
amministrazioni devono farsi carico anche di come un messaggio viene veicolato: mettendo in
campo progetti comunicativi complessi e articolati e scegliendo gli strumenti e i prodotti ritenuti
adatti alla sua trasmissione quali: “la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le
affissioni, l'organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e
congressi”. E i prodotti di comunicazione a disposizione sono davvero numerosi e disparati.
Per quanto riguarda la comunicazione interna alla pubblica amministrazione, accanto alle più
tradizionali forme scritte, quali lettere, circolari, bollettini, ecc., trovano finalmente spazio anche
newsletter e house organ, guide, riviste e carte dei valori. Anche i momenti di confronto, quali
15
eventi, conferenze, assemblee, ecc., crescono e si moltiplicano con le occasioni di briefing e focus
group. La comunicazione di tipo visivo offre un’ampia varietà di prodotti: cartellonistica,
audiovisivo, prodotti cinematografici, video notizie e mostre di vario genere. Prodotti nati dai più
moderni strumenti tecnologici, infine, entrano a far parte della quotidianità nella pubblica
amministrazione: posta elettronica, intranet, siti e portali, forum on line, blog, giornali telematici,
videoconferenze. Si tratta di una varietà di oggetti di comunicazione che si incrementa nel tempo e
che deve essere gestita tenendo conto delle strategie che si vogliono adottare e degli obiettivi da
raggiungere, ad esempio per motivare i lavoratori, per rafforzare il senso di appartenenza, per
innescare cambiamenti o per sollecitare proposte.
I flussi comunicativi rivolti verso l’esterno presentano una complessità ancora maggiore perché
possono generare una comunicazione di tipo “funzionale”, rivolta cioè a far conoscere l’attività
istituzionale, e una comunicazione “d’integrazione simbolica”5 che ha l’obiettivo di rafforzare
l’identità dell’istituzione contribuendo a promuovere valori e comportamenti, oltre che a indirizzare
la discussione pubblica (Priulla, 2008). Un importante settore della comunicazione mediale è la
pubblicità, uno strumento già affermato nel privato, ma considerato dal cittadino con diffidenza,
quale forma di propaganda del vertice politico. Negli anni Ottanta, quando le normative
introducono l’obbligo di riservare a questo scopo un capitolo di spesa nel bilancio delle pubbliche
amministrazioni, registra un importante sviluppo. Parte così un settore che introduce un
cambiamento di mentalità “capace di portare alla ribalta questioni di interesse generale, di incidere
nella discussione collettiva delineando una nuova agenda delle priorità, e dunque contribuendo a
ridefinire i rapporti e lo stesso sistema sociale” (Priulla, 2008, p. 39). Se nel settore privato, però, la
pubblicità si rivolge al consumatore e spinge verso l’individualismo e un consumo spasmodico, le
campagne pubblicitarie lanciate dal settore pubblico si rivolgono al cittadino con l’obiettivo di
incoraggiare forme di solidarietà e di convivenza civile, di sollecitare consumi più consapevoli e
rispettosi dell’ambiente, di produrre legami e abbattere barriere o pregiudizi (Priulla, 2008).
Per quanto riguarda il linguaggio, nonostante i progressi compiuti, la pubblica amministrazione
utilizza ancora un oscuro “burocratese”, caratterizzato da “formule solenni, termini astrusi, prosa
involutiva, impronta di ampollosità, scarso valore informativo” (Priulla, 2008, p. 118). In questi
ultimi anni, però, si sono registrati alcuni miglioramenti soprattutto per quanto riguarda i testi
informativi rivolti al cittadino, quali opuscoli, guide e manifesti, in cui si riscontra una certa
efficacia comunicativa. I testi normativi (leggi, decreti, circolari, bandi, ecc.), i testi operativi
(istruzioni, moduli, avvisi, ecc.) e i testi informativi interni (resoconti, comunicati, rapporti, ecc.),
invece, appaiono “refrattari all’innovazione”, come se l’uso di una forma linguistica più semplice e
5
Citato in Priulla (2008) – P. Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, Laterza, Roma-Bari
16
moderna potesse invalidare gli atti, renderli irregolari (Priulla, 2008). L’ingresso della pubblica
amministrazione nella rete Internet ha contribuito all’evoluzione del sistema di scrittura. La rete
richiede, infatti, un linguaggio diretto che si avvale, per la costruzione del messaggio, anche di
strumenti grafici, di immagini, di video, di collegamenti: è l’ipertesto. L’attività di informazione in
questo modo si complica e va oltre la semplice produzione di un testo, per estendersi fino all’intera
architettura dei contenuti, alla reperibilità e alla facilità di accesso alle informazioni. La sua
efficacia, a questo punto, è misurata dalla capacità di integrare e rendere disponibili i contenuti
tenendo conto dei diversi destinatari, comprese le categorie più deboli (Priulla, 2008).
I mezzi impiegati nelle attività di informazione e comunicazione pubblica possono
comprendere, secondo quanto previsto dalla legge 150/2000, “la strumentazione grafico-editoriale,
le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione
integrata e i sistemi telematici multimediali”.
Gli enti pubblici comunicano generalmente mediante: le agenzie di stampa, i quotidiani nazionali e
locali, i periodici, i quotidiani e i periodici specializzati, le radio e le tv nazionali e locali, i media on
line, ecc. Molti progettano piani di comunicazione secondo una logica multicanale che include
supporti fisici e virtuali. Ma per considerare una strategia efficace, non è sufficiente sommare nuovi
strumenti ad altri già in uso, occorre saper produrre contenuti diversi, adeguati alle caratteristiche
specifiche di ciascun mezzo. La scelta deve essere attentamente considerata dal soggetto erogatore
secondo una logica di sistema, valutando le caratteristiche del contenuto da veicolare, il target a cui
si rivolge, la natura del mercato, la rapidità di diffusione, infine, la disponibilità del budget e del
mezzo stesso. Una scelta che un esperto in comunicazione compie nella consapevolezza delle
relazioni e delle dinamiche che intercorrono in un sistema ormai pervaso dall’Information and
Communication Technologies (Ict), ma anche tenendo presente che le tecnologie più moderne non
sono accessibili quanto i mezzi di trasmissione più tradizionali, “una buona strategia sa che possono
essere complementari e che vanno integrati e coordinati” (Priulla, 2008, p. 52).
Con lo sviluppo delle strutture informatiche, l’insieme cioè di dispositivi hardware e software, è
cambiato il volto della pubblica amministrazione. Oggi imponenti banche dati sono fruibili non solo
dagli operatori pubblici, ma addirittura direttamente dai cittadini: attraverso particolari terminali, i
cosiddetti chioschi telematici installati negli uffici o in altri luoghi pubblici, l’utente può ottenere
informazioni o eseguire semplici transazioni (prenotazioni, iscrizioni, pagamenti, ecc.), operazioni
che possono essere compiute anche da casa, attraverso una semplice interfaccia sul web. I sistemi
informativi, infatti, non hanno più soltanto una funzione di back office, ma anche di front office.
Una banca dati, d’altra parte, non raggiunge il suo scopo nella mera acquisizione e catalogazione di
informazioni, ma quando è organizzata in modo tale da produrre informazione, cioè una variazione
17
nel patrimonio conoscitivo del soggetto. Sfuma quindi la distinzione netta tra back office e front
office e si afferma il concetto di self-service dell’informazione, soprattutto grazie alla realizzazione
dei sistemi di datawarehouse (grandi archivi nei quali convergono informazioni provenienti da
diverse banche dati), realizzati secondo criteri condivisi e interfacce standard capaci di assicurare
interoperabilità e cooperazione tra le amministrazioni. Tali strutture informative rappresentano un
irrinunciabile supporto per gli addetti allo sportello e consentono di mantenere una traccia storica
dei contatti con l’utenza avviando un flusso informativo anche personalizzato (Miani, 2005). “Fare
rete” è l’imperativo che nel 2000 porta all’attuazione del progetto della Rete unitaria della pubblica
amministrazione (Rupa) con l’obiettivo di risolvere il problema della frammentazione delle
infrastrutture telematiche. Si tratta di una rete “federata” che mette in connessione le risorse,
hardware, software e di comunicazione, in dotazione alle amministrazioni centrali e agli enti
pubblici non economici i cui servizi, tuttavia, sono aperti anche agli enti locali. In seguito, la Rupa
viene assorbita in un progetto più ampio, il Sistema pubblico di connettività e cooperazione (Spc),
un insieme di tecnologie e regole che garantisce l’interoperabilità dei flussi informativi, la sicurezza
dei dati e la fornitura di strumenti efficaci per le amministrazioni, centrali e locali, quali il
protocollo informatico, i pagamenti on line, la posta elettronica certificata, ecc. Nel 2004 il
Consiglio dei Ministri approva un progetto per la realizzazione di una rete internazionale, la Ripa,
per il collegamento di circa 500 sedi estere (Miani, 2005).
Per raggiungere le banche dati e accedere a contenuti, informazioni e servizi on line, nascono i
portali: luoghi privilegiati che offrono agli utenti percorsi facilitati per l’accesso alla pubblica
amministrazione. Inizialmente, sono i motori di ricerca come Yahoo!, Exite e Lycos a svilupparli, a
partire dal 1997, poi vengono realizzati anche dai fornitori di connettività e da alcuni gruppi
editoriali. In seguito, le pubbliche amministrazioni li adottano quali canali di connessione per
l’utente verso un ambiente digitale ricco di risorse. Nel 2002, nella rete Internet sono presenti oltre
3.000 tra siti e portali della pubblica amministrazione che, però, disomogenei nella grafica, nei
contenuti e nell’organizzazione, creano disorientamento e confusione nell’utente (Miani, 2005).
Una serie di normative, direttive e regolamenti intervengono in seguito per risolvere tali criticità,
introducendo criteri a garanzia dell’accessibilità, dell’usabilità, dell’interattività, della qualità dei
siti istituzionali.
Le reti civiche sono altri interessanti strumenti telematici che consentono all’utente di entrare in
collegamento con gli attori della sua comunità: soggetti pubblici, ma anche associazioni, enti,
aziende, ecc. Inizialmente non riguardano connessioni alla rete Internet, ma sistemi BBS (Bulletin
Board System) attraverso i quali è possibile, non solo condividere documenti e software tra gli
utenti, ma anche attivare iniziative di e-democracy. In seguito, l’attenzione si concentra sempre più
18
sull’erogazione di servizi e le reti civiche finiscono per coincidere con i siti web dei comuni (Miani,
2005).
L’uso della posta elettronica ha negli ultimi anni una crescita esponenziale anche all’interno della
pubblica amministrazione. Già dall’approvazione del progetto @P@, da parte del comitato dei
Ministri per la società dell’informazione nel marzo 2003, gli enti pubblici mostrano la loro
propensione al mezzo, sia per quanto riguarda la comunicazione interna e tra le amministrazioni, sia
per quella esterna rivolta ai cittadini. Il progetto prevede, a regime, la costituzione di un indirizzario
elettronico di 260.000 voci tra strutture, persone e servizi. Per l’attuazione del piano, il Ministro per
l’Innovazione e le Tecnologie emana una direttiva in cui chiede a tutte le amministrazione di dotare
i propri dipendenti di una casella di posta elettronica. “Lo scopo è collegare l’uso della posta
elettronica con la progressiva digitalizzazione dei flussi documentali con vantaggi in termini di
economicità ed efficienza dell’attività amministrativa” (Miani, 2005, p. 185). I vantaggi sono molti
e riguardano: la riduzione dei costi, la velocità di trasmissione, l’economicità delle procedure di
riproduzione, di archiviazione e di ricerca, la possibilità di interazione e di impiego anche da
postazioni remote. Dal 2005 i dipendenti della pubblica amministrazione iniziano a ricevere il loro
cedolino della busta paga tramite posta elettronica, iniziativa che produce un abbattimento dei tempi
e dei costi dell’operazione. Le amministrazioni pubbliche si dotano anche di email policy, cioè di
linee guida per amministrare la posta elettronica capaci di coordinare la gestione verso l’interno e
riservando, verso l’esterno, una particolare attenzione alle aspettative del pubblico (Miani, 2005).
La posta elettronica certificata (Pec) è un sistema più evoluto che consente di inviare e ricevere
documenti in formato elettronico con valenza legale: l’invio e la ricezione sono comprovati
elettronicamente tramite il gestore di posta. Le ricevute acquistano validità legale quando mittente e
destinatario sono dotati di una casella di posta certificata, uno speciale servizio fornito da gestori
accreditati dal Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (Cnipa), dal
dicembre 2009 denominato DigitPA. Tale strumento, che si collega alla firma digitale, “apre così la
strada all’utilizzazione delle tecnologie informatiche per le comunicazioni ufficiali” (Miani, 2005,
p. 89).
Per quanto riguarda i servizi telefonici, accanto al classico centralino al quale ancora molti enti
affidano la maggior parte dei contatti con l’utenza e che, peraltro, con maggiori investimenti e
un’adeguata formazione degli operatori, potrebbe fornire un servizio molto efficiente, si è affermato
l’uso dell’interactive voice response, uno strumento di risposta vocale moderno, ma impersonale e
rigido nelle soluzioni. Tra i servizi telefonici più evoluti, sono da ricordare quelli attivati nei call
center, tramite i quali è possibile accedere a diversi livelli di approfondimento di informazione, e
nei contact center, dove vengono utilizzati anche strumenti quali Internet, posta elettronica, sms,
19
mms. Con l’evoluzione della telefonia si sviluppano sistemi di m-government, cioè servizi offerti
dalla pubblica amministrazione tramite telefoni cellulari di terza generazione. La semplicità di
utilizzo dei sistemi di messaggistica telefonica spinge molte amministrazioni a istituire, ad esempio,
servizi di newsletter via sms o ad adottare, per economicità, la tecnologia Voip per interagire con
l’utenza e con le altre amministrazioni. Molti siti istituzionali adattano i loro contenuti in modo che
siano correttamente fruibili anche da piattaforme mobili (Miani, 2005).
Il passaggio dal sistema di trasmissione televisivo, da analogico a digitale, ha moltiplicato il
numero dei canali televisivi a disposizione dell’utenza, offrendo nuove opportunità alla pubblica
amministrazione che, grazie alla televisione, può “raggiungere fasce di cittadini normalmente tenute
lontane dall’e-government” (Miani, 2005). Presso il Cnipa si costituisce nel 2004 il Centro di
competenza per il digitale terrestre con il compito di definire le regole per lo sviluppo dei servizi di
t-government e di monitorare i risultati delle sperimentazioni. Le iniziative riguardano soprattutto
servizi informativi, ma cominciano a svilupparsi anche progetti più evoluti che consentono
l’interattività con il cittadino (Miani, 2005).
20
Capitolo II
I SITI INTERNET DELLA P.A. AL CENTRO DEL CAMBIAMENTO
2.1. Principi e regole dei siti istituzionali
Alla fine degli anni Novanta in Italia, come anche in molti altri paesi del mondo, si moltiplicano le
iniziative per la realizzazione di siti web e portali istituzionali. Migliaia di realtà disomogenee, che
coinvolgono le pubbliche amministrazioni centrali e locali, vanno a costituire una variegata quanto
caotica selva di domini e sotto domini sulla rete Internet. Molte amministrazioni, soprattutto quelle
regionali, adottano il modello del «portale», inteso come luogo privilegiato sul web in cui sono
raccolte e organizzate numerose risorse rese accessibili attraverso canali e siti specialistici. L’utente
si affaccia su questo nuovo mondo attratto e disorientato dalle opportunità che offre (inizialmente
soprattutto contenuti informativi centrati sulle attività dell’ente). I siti delle istituzioni hanno nomi
poco intuitivi e le pagine web sono spesso gestite in modo disorganico dal punto di vista della
grafica e dell’organizzazione dei contenuti.
Negli anni, però, anche per i siti web degli enti pubblici matura una certa attenzione alla qualità. Si
registra un primo effetto a seguito della direttiva 3/01 del Ministro della Funzione pubblica: Linee
guida per l’organizzazione, l’usabilità e l’accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni.
Il documento riconosce l’importanza strategica delle tecnologie digitali e della rete Internet per le
pubbliche amministrazioni e fornisce indicazioni fondamentali per la costruzione dei siti web.
Innanzitutto, sostiene che l'attività di progettazione e di sviluppo debba essere inserita nel contesto
organizzativo dell'amministrazione; inoltre, la direttiva richiede che vengano rispettati precisi criteri
di usabilità e di accessibilità. Oltre alla formulazione di questi tre principi, ancora molto attuali
dopo dieci anni, raccomanda espressamente l’uso della rete Internet per le attività degli uffici
pubblici, quale mezzo per incrementarne la produttività e per migliorare la qualità dei servizi
erogati al cittadino. La pubblica amministrazione, precisa la direttiva, deve offrire contenuti
sempre aggiornati perché, nel farsi carico di garantire sul web la diffusione di tutta l'informazione
di rilevanza pubblica, deve presentarsi quale fonte primaria e certa di dati. L’informazione obsoleta,
oppure un’attivazione di comunicazione interattiva alla quale non corrisponda un reale contatto con
l’utenza, rileva ancora la direttiva, danneggerebbero non solo la reputazione del sito, ma quella di
tutta l’amministrazione. A questo proposito, è stato d’aiuto per alcuni enti adottare criteri standard
per indicare il livello di aggiornamento dei contenuti distinguendoli tra: statici, dinamici e a
termine. Le informazioni che hanno una scadenza precisa, per esempio un bando di gara o un
concorso, devono indicare la data oltre la quale perdono validità o utilità e possono essere cancellati
dal web. Le informazioni dinamiche, invece, sono quelle che hanno necessità di verifiche frequenti,
21
come l’area dedicata alle news o i contenuti di un’agenda; per queste, può essere utile inserire un
marcatore che indichi la data dell’ultima revisione o la periodicità di aggiornamento. Infine, sono
considerati contenuti statici quelle informazioni che possono restare sul web più a lungo, per
esempio pagine descrittive relative alla storia o all’attività dell’ente, delle quali l’utente
apprezzerebbe comunque un riferimento temporale (Miani, 2005).
Il contesto organizzativo dell’amministrazione pubblica, si sostiene ancora nel documento, deve
mostrarsi aperto alle moderne tecnologie e alla rete permettendo la formazione di nuovi flussi
comunicativi, una maggiore partecipazione del personale alla creazione e all’aggiornamento
dell’informazione e una più intensa attività di interazione. La direttiva sollecita, infatti, un uso
“creativo” delle risorse in modo che gli operatori pubblici possano intervenire attraverso sistemi di
comunicazione più efficaci rivolti sia all’interno, sia all’esterno dell’amministrazione. Per questo il
web deve essere considerato una “tecnologia organizzativa”. “In effetti, affermare che
l'organizzazione fa parte della qualità della comunicazione pubblica on line significa riconoscere
che senza un'adeguata organizzazione anche il progetto di comunicazione on line più banale è
destinato a fallire” (Miani, 2005, p. 150). Inevitabilmente, l’introduzione delle nuove tecnologie, in
particolare quelle per la realizzazione e la gestione di un sito istituzionale, coinvolge anche la
struttura dell’ente: “cultura comunicativa e cultura organizzativa non si possono scindere, essendo
un’organizzazione un insieme di persone che attraverso la comunicazione reciproca e l’impegno
individuale, rispettando regole condivise, cercano di conseguire un fine comune” (Priulla, 2008, p.
7). Gli aspetti organizzativi non si riferiscono semplicemente alla pianificazione delle attività
d’istituto di un ente, ma interessano dinamiche relazionali, attività di negoziazione, rapporti di
potere, scelta dei linguaggi, capacità di mettersi in gioco, superamento di resistenze culturali e di
abitudini consolidate. Molto è stato fatto negli ultimi anni per rovesciare lo stereotipo che vede la
pubblica amministrazione penalizzata da immagini negative e cattivi risultati. È in atto un processo
evolutivo che sta spostando l’organizzazione da un modello gerarchizzato, focalizzato sul
procedimento, a uno più attento alla prestazione, ai risultati, alla soddisfazione dell’utente (Priulla
2008). Con il superamento del modello verticistico, a vantaggio di uno più fluido e flessibile
centrato sugli obiettivi, sembra possibile ipotizzare per il futuro “una perdita di centralità della
cultura giuridica a vantaggio della cultura organizzativa” (Priulla, 2008, p. 6); le capacità
manageriali e relazionali e la propensione all’innovazione tecnologica diventano, inoltre, i nuovi
cardini della funzione dirigenziale. L’accresciuta flessibilità e la tendenza al decentramento portano
a scegliere strutture in team, con personale intercambiabile e rimodulabile che lavora per progetti
secondo le esigenze, con periodici monitoraggi per la verifica dei risultati e del merito. Le
dinamiche tra i gruppi, più complesse rispetto a quelle tra singoli, tendono a sviluppare
22
comportamenti capaci di influenzare in modo circolare, positivamente o negativamente, tutto il
sistema (Priulla, 2008). È evidente, quindi, che l’introduzione di un nuovo modello comunicativo
non può prescindere dall’organizzazione; per un cambiamento reale, cioè, non è sufficiente
introdurre normative all’avanguardia, ma occorre creare identità e cultura dell’istituzione,
diffondere valori condivisi e rafforzare la partecipazione ai processi di cambiamento, far emergere
le capacità del personale motivandolo e rafforzandone il senso di appartenenza, condividere
conoscenze e processi di innovazione (Priulla, 2008).
Usabilità e accessibilità sono le altre due indicazioni contenute nella direttiva 3/01. Nella pratica il
concetto del primo è intrecciato a quello del secondo ma, mentre l’usabilità si riferisce alla facilità
con la quale l’utente naviga il sito alla ricerca di contenuti, l’accessibilità riguarda le categorie di
utenza più svantaggiate, sia dal punto di vista fisico, sia da quello della disponibilità strumentale.
In particolare, il paradigma dell’usabilità dei siti “implica che le informazioni debbano essere
organizzate e strutturate in maniera da garantire la massima fruibilità”. Questo concetto nasce prima
della rete Internet e fa riferimento alle interfacce software, cioè a quelle congetture capaci di
rendere semplice, da un punto di vista grafico e operativo, interagire con il computer. Un valido
sistema informativo elettronico, quindi, deve consistere in uno spazio virtuale attraverso il quale
l’utente può facilmente raggiungere i suoi obiettivi, quali, per esempio, trovare i contatti di un
ufficio, ottenere informazioni, compiere transazioni. “L’usabilità si collega così alla nozione di
progettazione centrata sull’utente” (Miani, 2005, p. 153), intesa come capacità di scegliere e mettere
in opera diverse strategie comunicative, avendo ben noti i bisogni informativi del target cui si fa
riferimento, oltre a conoscerne le caratteristiche personali, sociali e culturali. La direttiva 3/01 invita
anche all’impiego delle tecnologie più diffuse e più semplici, compatibili con gli standard di
Internet, e all’adozione di motori di ricerca e mappe per facilitare la navigazione (Miani, 2005). Per
migliorare l'usabilità, è opportuno predisporre un piano che sensibilizzi il personale e diffonda i
principi e le tecniche all’interno delle redazioni; inoltre, si consiglia l’uso di test periodici e forme
di ascolto per esaminare le difficoltà incontrate dai cittadini. I principi da rispettare possono essere
così riassunti: informazioni e comandi facilmente percepiti e sempre disponibili; comprensibilità dei
contenuti; operabilità per scelte veloci e raggiungimento dell’obiettivo; coerenza nei simboli, nei
messaggi e nelle azioni; caratteristiche che tutelino la salute e il benessere psicofisico dell’utente;
sicurezza dei dati e delle transazioni; trasparenza dell’azione, facilità di apprendimento delle
caratteristiche di utilizzo, aiuto e documentazione sul funzionamento del sito, prevenzione e
tolleranza degli errori, gradevolezza, flessibilità delle preferenze e dei contesti individuali6.
6
In Linee guida per i siti web della PA 2011
23
Il concetto di accessibilità, come accennato in precedenza, riguarda la capacità di un contenuto web
di mostrarsi aperto anche a “individui affetti da disabilità fisiche o sensoriali, o condizionati dall'uso
di strumenti con prestazioni limitate o da condizioni ambientali sfavorevoli”. Questa indicazione e
le regole sull’accessibilità contenute in allegato nella direttiva 3/01, fanno riferimento ai documenti
conclusivi delle Conferenze Ministeriali di Lisbona e di Feira del 2000, nonché alle linee guida
sull'accessibilità dei siti web del Consorzio Mondiale del Web (W3C).
I principi base, per quanto riguarda la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la
conservazione e la fruibilità dell’informazione digitale, sono contenuti nel Codice per
l’amministrazione digitale (CAD)7, un testo normativo integrato, che riunisce decreti e leggi dal
2004 “una «Costituzione» del mondo digitale che riscrive l’azione amministrativa e sancisce le
regole per la circolazione dei dati e delle informazioni” (Priulla, 2008, p. 95). A fronte di un
panorama tecnologico in continua evoluzione, a gennaio 2011 entra in vigore il nuovo CAD
(Decreto legislativo n. 235/2010) che introduce ulteriori aggiornamenti. Il testo, tra l’altro, dà piena
validità ai documenti informatici, alla posta elettronica certificata, alla firma elettronica avanzata, ai
documenti d’identità elettronici e spinge verso un profondo cambiamento le pubbliche
amministrazioni che devono garantire la trasparenza delle prassi, attivare procedure di pagamento
elettroniche, rilevare il grado di soddisfazione dell’utente riguardo ai servizi resi on line.
Sempre nel 2011, un gruppo di esperti - DigitPA, Dipartimento per la funzione pubblica,
Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica e FormezPA – ha elaborato le
Linee guida per i siti web della PA 2011 (art. 4 della Direttiva del Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione 26 novembre 2009, n. 8) allo scopo di razionalizzare i contenuti
sulla rete Internet, indicandone i principi generali, le modalità di gestione e di aggiornamento e i
contenuti minimi da pubblicare. Prima della stesura definitiva, il documento è stato pubblicato on
line per dare l’opportunità a tutti gli stakeholder interessati di intervenire mediante un forum di
discussione che ha ricevuto 17.000 accessi in due mesi. Le linee guida, che saranno sottoposte a
revisioni periodiche, mirano a ridurre i siti obsoleti e a migliorare quelli attivi e sono rivolte agli
oltre 40.000 siti gestiti dalle pubbliche amministrazioni a partire da una distinzione di base: da un
lato i siti istituzionali, realizzati allo scopo di promuovere e far conoscere le amministrazioni, i
compiti che sono chiamate a svolgere e i servizi offerti; dall’altro i siti tematici, che nascono in
occasione di particolari eventi, per un progetto o per specifici target di utenza. L’intervento prevede
una prima fase di analisi e una fase successiva di catalogazione dei siti secondo quattro tipologie: da
mantenere, da razionalizzare, da dismettere, da realizzare, e dovrebbe coinvolgere direttamente i
7
Citato in Linee guida per i siti web della PA 2011 (http://www.innovazionepa.gov.it/lazione-del-ministro/lineeguida-siti-web-pa/presentazione.aspx)
24
responsabili del procedimento di pubblicazione dei contenuti sul web, la nuova figura introdotta
proprio da questo testo normativo.
2.2 La comunicazione di un sito web della pubblica amministrazione
La comunicazione istituzionale ormai non può prescindere dalle tecnologie digitali: siti web,
chioschi telematici, tv digitale, call center, telefonia mobile, ecc. sono normalmente utilizzati dalla
pubblica amministrazione. Come stabilito dalla direttiva del Dipartimento per l’Innovazione e le
Tecnologie del 27 luglio 2005, le amministrazioni devono migliorare questi canali e attivare
strumenti per misurare la soddisfazione degli utenti mediante canali di ascolto diretti o analizzando
indirettamente i comportamenti di fruizione. Decretando la priorità del web, che rappresenta il
canale più utilizzato per l'erogazione di servizi istituzionali e quello che meglio può sfruttare le
tecnologie disponibili, la direttiva considera i siti e i portali “sportelli virtuali”, cioè “punto di
accoglienza e di accesso per un bacino di utenza potenzialmente, ed auspicabilmente, molto più
esteso e diversificato di quello di qualunque sportello tradizionale”.
I siti web delle pubbliche amministrazioni, secondo le Linee guida per i siti web della PA 2011,
mostrandosi quali canali permanenti di dialogo e mezzi di comunicazione tra i più accessibili e
meno onerosi, devono avere come obiettivo primario quello di contribuire all’affermazione del
diritto per il cittadino a essere efficacemente informato. Attraverso i siti, quindi, le amministrazioni
devono garantire un'informazione completa e trasparente sulla loro attività; curare la propria
immagine coordinata; promuovere contatti con cittadini, imprese e altri enti; far conoscere e
facilitare l’accesso a servizi informativi e transazionali che devono essere utili, facilmente
reperibili, fruibili e in costante aggiornamento.
Per questo motivo, negli ultimi anni si è assistito all’evoluzione del sito web verso la formula del
cosiddetto portale multicanale, una piattaforma tecnologica per la comunicazione che facilita
l’accesso ai contenuti, mettendo a disposizione strumenti diversi. Il portale multicanale, infatti,
tende a rivolgersi direttamente al cittadino rispondendo alle sue richieste, dialogando con lui,
secondo una filosofia di inclusione (e-inclusion) che tende a ridurre il rischio di “marginalizzazione
telematica” causato da disparità, ad esempio, di tipo sociale o tecnologico. Questo strumento
particolarmente interattivo sul web “sempre di più non ha utenti/destinatari passivi ma interlocutori,
co-protagonisti di un processo comunicativo dialogico continuo” (Guidi in Lovari-Masini, 2008, p.
106).
La progettazione di un sito web per la pubblica amministrazione è dunque un’operazione piuttosto
delicata che deve tener conto di diversi fattori. Secondo il modello proposto da Hassan e Li (2001),8
8
Citato in Miani (2005)
25
sono sette gli ambiti su cui lavorare: Screen Design, Content, Accessibility, Navigation, Media Use,
Interactivity, Consistency. Queste parole chiave, insieme, vanno a formare l’acronimo SCANMIC
con cui è denominato il modello. Un’analisi dettagliata di questi elementi, oltre a illustrarne le
rispettive peculiarità, evidenzia la metamorfosi cui è stata sottoposta la comunicazione pubblica
negli ultimi decenni: un inarrestabile processo, tuttora in atto, che vede in campo nuovi strumenti di
comunicazione, attenzioni e curiosità per ambiti prima inesplorati, straordinarie modalità di
interazione con l’utente, innovazioni tecniche e linguaggi diversi per la costruzione e la
trasmissione del messaggio.
Lo Screen Design, cioè l’aspetto grafico dello schermo, si riferisce alla gestione degli spazi,
all’impiego dei colori, alla scelta dei font e alla scannability del testo, vale a dire alla sua facilità di
lettura. Occorre tener presente che la lettura a video è ritenuta più lenta del 25% rispetto a quella
sulla carta e che la maggior parte delle persone non procede leggendo parola per parola davanti a
uno schermo, ma facendo scorrere lo sguardo e fermandosi all’inizio dei paragrafi. Per questo,
viene ritenuta indispensabile un’accurata attività di web copywriting. È evidente che la redazione di
un contenuto per il web non può esaurirsi nella trasposizione in formato digitale di un documento
creato per la stampa, ma deve essere il risultato di un’attenta valutazione da parte del copywriter
che adotterà accorgimenti di natura grafica, sceglierà l’impaginazione, la suddivisione in paragrafi,
le parole chiave da evidenziare in grassetto, i link di approfondimento, le immagini e i video a
corredo. I contenuti sul web non sono semplici formati testuali che possono essere letti con un
procedimento di tipo sequenziale e lineare, ma ipertesti costituiti da elementi diversi che, insieme,
concorrono alla formazione del significato e la cui lettura può svolgersi attraverso spostamenti, da
una pagina all’altra, decisi dal lettore in piena autonomia. Nelle attività di ricerca e di fruizione
dell’informazione sul web, inoltre, l’utente si trova di fronte a un contenitore praticamente illimitato
dal quale provengono numerose e diverse sollecitazioni che domandano attenzione, distraggono la
lettura, indicano percorsi. “Spesso - come osserva Priulla - l’informazione è troppa, confusa,
disordinata, non strutturata, non aggiornata. Avere troppe informazioni spesso equivale a non
averne nessuna” (Priulla, 2008, p. 131).
Il Content riguarda l’attività di elaborazione testi, siano essi a scopo normativo, operativo o
informativo. Per garantire il coordinamento di tutti contenuti digitali e seguire le attività di
redazione, le Linee guida per i siti web della PA 2011 hanno introdotto una figura nuova: è il
responsabile del procedimento di pubblicazione dei contenuti sul web. Controllare e aggiornare le
informazioni, evidenziare scadenze e date di aggiornamento, monitorare accessi, bisogni e
soddisfazione dell’utente, valutare eventuali revisioni nell’architettura informatica, sono attività che
non possono mancare nella gestione di un sito pubblico.
26
Per quanto riguarda il linguaggio, utilizzato nel passato quale sistema per affermare il potere e
sottolineare condizioni di subalternità, negli ultimi quindici anni ha subito un notevole
cambiamento. Il processo di evoluzione del “burocratese”, partito nel 1993 con il Codice di stile del
ministro Cassese e con il Manuale di stile di A. Fioritto del 1997, arriva ad affermare il dovere per
la pubblica amministrazione di attenersi a una serie di criteri che vengono stabiliti nel 2002 dalla
Direttiva sulla semplificazione del linguaggio e dei testi amministrativi, promossi dal progetto
Chiaro! e dal quarto dei Quaderni dell’innovazione. Secondo tali indicazioni, il contenuto di un
testo deve innanzitutto sapersi rapportare al destinatario, alla sua capacità di ricezione.
L’amministrazione, però, appare ancora “un’emittente che parla a sé stessa” (Priulla 2008, p. 125)
poiché i testi vengono spesso elaborati non in funzione del cittadino a cui sono destinati, ma
tenendo conto di un “destinatario intermedio” che ha un peso rilevante nelle dinamiche interne
all’organizzazione e nei giochi di potere. Per produrre un linguaggio semplice ed efficace,
attraverso il quale tutti i cittadini possono realmente accedere all’informazione, occorre un’attività
di elaborazione, raffinata e professionale. I testi, infatti, non possono essere considerati pubblici
“solo in quanto fisicamente consultabili da tutti, ma in quanto culturalmente accessibili a tutti”
(Priulla 2008, p. 124). I contenuti per il web devono essere costruiti secondo criteri che sono diversi
da quelli normalmente adottati per la carta stampata, perché differenti sono le modalità di fruizione.
Oltre a dover essere scritti con linguaggio semplice e diretto rispettando le regole alla base del
giornalismo, cioè rispondendo immediatamente e in modo chiaro alle domande «Chi?», «Che
cosa?», «Quando?», «Dove?», «Perché?», «Come?», devono tener conto della maggiore difficoltà
che incontra l’utente nella lettura a video. La scrittura sul web reclama: introduzioni dirette al tema
e titoli descrittivi, frasi semplici, un paragrafo per ogni concetto, parole in grassetto e liste numerate
e non numerate per gli elenchi. Inoltre, pur mantenendo il dovuto rigore, la redazione di un sito web
adotta anche altri espedienti grafici per suscitare l’attenzione del destinatario: icone, pulsanti,
immagini, video, audio e una serie di rimandi ad altre pagine.
Le Linee guida per i siti web della PA 2011, che forniscono anche l’elenco dei contenuti minimi
che ogni sito pubblico deve contenere, consigliano l’uso di meta-dati per favorire il recupero
dell’informazione da parte dei motori di ricerca. Il linguaggio HTML, infatti, consente di inserire
nelle pagine web (nella sezione compresa fra <HEAD> e <\HEAD>) alcune parole-chiave che
forniscono informazioni aggiuntive e descrivono le caratteristiche dei contenuti (ad esempio,
<META NAME=“DC.Description” CONTENT="URP"> per le informazioni che riguardano
l’Ufficio relazioni con il pubblico).
27
Il contenuto sul web, dunque, si mostra molto più complesso di un semplice testo perché Internet
“ha allargato e complicato lo stesso concetto di informazione, che non coincide più con il perimetro
del documento singolo ma con uno sfuggente ipertesto” (Priulla, 2008, p. 131).
L’Accessibility, concetto introdotto con la direttiva 3/01 di cui si è parlato nel precedente paragrafo,
ha avuto la sua piena regolamentazione con la Legge 9 gennaio 2004, n. 4, più nota come Legge
Stanca, che ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di dotarsi di siti web che
garantiscano l’accesso ai cittadini disabili. Il concetto di accessibilità, chiaramente legato al
principio delle pari opportunità, viene definito come “la capacità dei sistemi informatici, nelle
forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni
fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di
tecnologie assistive o configurazioni particolari”. La Legge Stanca si è posta l’obiettivo di abbattere
le barriere digitali, ma sono ancora molti i siti non totalmente accessibili. Per garantire il rispetto dei
requisiti richiesti, le Linee guida per i siti web della PA 2011 raccomandano che la figura del
responsabile del procedimento di pubblicazione dei contenuti coincida con quella del responsabile
dell’accessibilità informatica dell’amministrazione o, almeno, che si coordino tra loro.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha il compito di monitorare i siti, in
collaborazione con DigitPA e Formez PA, e di raccogliere le segnalazioni dei cittadini tramite il
sito www.accessibile.gov.it, sia per quanto riguarda casi di inottemperanza, sia in presenza di best
practice.
Navigation è l’imperativo degli utenti web che chiedono percorsi facilitati, al riparo da inestricabili
selve di link e collegamenti interrotti. Per la navigazione diventa cruciale l’architettura dei contenuti
e un’organizzazione funzionale delle risorse poiché, davanti al vastissimo panorama informativo e a
fronte di una maggiore autonomia nella scelta dei percorsi di lettura, l’utente web ha necessità di
pratici strumenti di navigazione. Mentre per i testi a stampa è il cosiddetto paratesto ad
accompagnare il lettore con indici, prefazioni e note, sul web l’utente impiega strumenti quali:
mappe dei siti, motori di ricerca, link, home page, heather e footer, ma anche note, sintesi,
riferimenti utili. In particolare, sono tre i livelli di paratesto utilizzati nella navigazione di un sito: il
sistema operativo (Windows, MacOs, Linux), che permette di procedere a una serie di operazioni
come, ad esempio, aprire più finestre o copiare e incollare testo; il browser (Explorer, Mozilla), che
consente di mantenere la cronologia delle pagine visitate, di creare una lista di siti preferiti o di
procedere avanti e indietro nella navigazione; infine, strumenti propri del sito, come icone e
pulsanti, che facilitano la navigazione interna (Miani, 2005, p. 156).
Prima del 2001, i contenuti per il web hanno una struttura che replica quella dell’organigramma
dell’ente off linee che conferma, paradossalmente, la sua inaccessibilità. In seguito, si delineano
28
strutture articolate che tengono conto del profilo dell’utente secondo le necessità che incontra nel
corso degli eventi della sua vita: ad esempio quando lavora, va in pensione, fa un figlio, ecc. Dal
2007, con l’affermazione di strumenti per il web che permettono l’interazione con l’utente, si
sperimentano nuovi modelli per l’organizzazione dei contenuti basati anche sui cosiddetti “tag”. Si
tratta di parole chiave utilizzate per catalogare con immediatezza gli argomenti, una tipologia di
classificazione che supera le tradizionali tassonomie e che lascia all’utente maggiore libertà, fino
alla possibilità di usare un dizionario proprio (folkosonomia) per reperire le informazioni di
interesse. Tale attività di etichettatura (tagging) consente di rintracciare su un sito tutto ciò che
riguarda un particolare argomento, a proposito del quale possono essere stati pubblicati contenuti
dai formati diversi (immagini, testi, video, ecc.), altrimenti rintracciabili a prezzo di estenuanti
navigazioni. Il sistema di classificazione, che non necessariamente va sostituire gli altri, facilita la
navigazione poiché riconduce a unità tutte le risorse disponibili e fornisce suggerimenti sui tag che
in un determinato momento suscitano maggior interesse da parte degli utenti (Miani in LovariMasini, 2008, p. 62).
Media Use è un tema piuttosto controverso perché, se da una parte si raccomanda di evitare
animazioni sui siti, dall’altra si auspica il bilanciamento e l’uso dei diversi media. La pubblica
amministrazione, che si trova a competere nella stessa arena dei mezzi di comunicazione di massa,
deve essere capace, avvalendosi di personale qualificato, di gestire tempi, format e contenuti nel
rispetto dell’immagine coordinata dell’ente. Grazie alla convergenza della tecnologia digitale, oltre
ai testi, le amministrazioni devono essere in grado di fornire elementi grafici, gallerie fotografiche,
registrazioni e dirette radio o video. È la multimedialità, la capacità cioè di integrare su un unico
supporto elettronico l’insieme dei bit contenuti in formati digitali diversi. Il termine non deve essere
confuso con quello di multicanalità che, invece, si riferisce “all’uso combinato di diversi e
molteplici canali per creare relazioni e dialogare con il cittadino” (Lovari in Lovari-Masini, 2008, p.
26). Attraverso canali informativi, relazionali o transattivi, la P.A. dà al cittadino l’opportunità di
scegliere come accedere all’informazione e ai servizi: tramite computer, telefono cellulare,
recandosi presso uno sportello di front office, telefonando a un contact center. Inoltre, gli enti
pubblici hanno iniziato a mettere a punto politiche di m-government, per fornire servizi attraverso
piattaforme mobili, e di t-government, che impiegano la tecnica della trasmissione digitale terrestre
(DTT) per raggiungere anche i cittadini tecnologicamente meno preparati. Molte sperimentazioni in
atto “sfruttano la presenza di cittadini sempre più «zappiens», abili a gestire dati e informazioni su
più supporti” (Lovari in Lovari-Masini, 2008, p. 25). È chiaro che oggi la multicanalità non può
essere considerata solo da un punto di vista produttivo, in quanto strategia attuata dalle pubbliche
amministrazioni verso l’utente, ma anche da un punto di vista ricettivo, quale flusso comunicativo
29
che parte dal cittadino e arriva all’ente pubblico. L’attivazione di strumenti di ascolto e raccolta di
feedback comporta una maggiore attenzione ai bisogni reali dell’utente e può portare a un
cambiamento di prospettiva che tiene conto delle istanze manifestate dal cittadino già nel momento
in cui si progettano servizi e modelli comunicativi, a monte del processo, secondo una logica
collaborativa e partecipativa. Se è vero che un sito multicanale è potenzialmente in grado di
realizzare servizi che mettono al centro i bisogni del cittadino, è anche vero che il “mix di
comunicazione” delle pubbliche amministrazioni, cioè l’insieme integrato di strumenti, canali e
messaggi, viene scelto spesso secondo una prospettiva self centered che tende a privilegiare il
supporto cartaceo o il sito “modello vetrina”. L’importanza della multicanalità è stata affermata
dalla direttiva del Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie del 27 luglio 2005 che
raccomanda un approccio multicanale “per rendere fruibili i servizi sia dal tradizionale sportello sia
dai canali a cui è possibile accedere in modalità remota”: web, chioschi telematici, tv digitale, call
center, telefoni cellulari. Con il termine multicanale, quindi, non si deve intendere un mero
assemblaggio di tecnologie per la comunicazione, ma uno sforzo strategico di sistema che richiede
l’adozione di un piano di comunicazione, concordato con il vertice, che deve interessare tutta
l’organizzazione. (Lovari in Lovari-Masini, 2008).
L’Interactivity fa riferimento alla possibilità di attivare canali di interazione nel sito per permettere
all’utente di esprimere opinioni, ottenere chiarimenti o ulteriori informazioni di approfondimento.
Già nei primi siti internet delle amministrazioni pubbliche, però, appare prevalere un modello di
comunicazione “dall’alto verso il basso”, “da uno a molti”. Siti concepiti in questo modo anche
oggi “troneggiano nella rete come vere e proprie cattedrali nel deserto”. Concepiti soprattutto come
innovativi sportelli per il pubblico, si limitano a “digitalizzare la burocrazia” e non sfruttano
pienamente le risorse e le potenzialità della rete, disattendendo gli obiettivi inizialmente indicati
dalle politiche di e-government con i suoi cospicui investimenti. I siti, infatti, sono creati “spesso
più per mettersi in vetrina, o tradurre in digitale procedure di altre epoche, che per venire incontro
alle reali esigenze degli utenti” (Zarro in Lovari-Masini, 2008, p. 75). Nella comunicazione
istituzionale è tuttora dominante questo modello che intende preservare stili e atteggiamenti, evitare
personalismi e individualità. Tuttavia, “è evidente che le nuove generazioni sono cresciute in un
nuovo ambiente ad altissimo livello di interattività, e che difficilmente rinunceranno a frequentarlo
nel prosieguo delle loro esistenze” (Zarro in Lovari-Masini, 2008, p. 69). Sono queste, infatti, che
spingono all’uso di nuovi strumenti interattivi verso un sistema caratterizzato dalla struttura a rete
con la quale si “ridisegna la nostra società”. La rete Internet, d’altra parte, nasce e si sviluppa
proprio secondo il modello di interazione “da molti a molti”, in cui tutti gli utenti sono possibili
attori protagonisti grazie ai blog, alle community, ai social network, ai servizi di posta elettronica e
30
di messaggeria, ai mercati elettronici, ecc. “You. Yes you. You control the Information Age.
Welcome to your world” è il titolo della copertina del Time del Dicembre 2006 con cui la nota
rivista assegna al navigatore web il riconoscimento di personaggio dell’anno. Denominato web 2.0,
a voler sottolineare una nuova versione del web, il fenomeno riguarda milioni i navigatori nel
mondo che plasmano e ridisegnano la società, una novità che non può essere più ignorata, nemmeno
dalle pubbliche amministrazioni (Zarro in Lovari-Masini, 2008). E non è stata ignorata dal testo
normativo Linee guida per i siti web della PA 2011 che distingue cinque livelli di interazione per
l’erogazione di servizi nei siti pubblici: il primo è rappresentato dalla semplice informazione
(descrizione della procedura); il secondo livello prevede l’interazione a una via, attraverso la quale
l’amministrazione rende disponibile la modulistica (moduli scaricabili); il terzo livello comporta
un’interazione a due vie in cui l’amministrazione prende in carico i dati inviati direttamente
dall’utente (prenotazione di un appuntamento per ritirare un documento); il quarto livello permette
una transazione interamente on line (pagamento); il quinto livello, infine, oltre che eseguire l’intero
procedimento sulla rete, consente all’utente di ricevere informazioni personalizzate.
Il documento, inoltre, ricorda come il nuovo CAD sancisca il diritto per il cittadino a rapportarsi
con le pubbliche amministrazioni attraverso l’uso delle Tecnologie dell’Informazione e della
Comunicazione (ICT) riconoscendo, dunque, l’importanza di una presenza attiva del cittadino alla
vita politica e amministrativa. Il miglioramento qualitativo e quantitativo delle relazioni che un ente
pubblico riesce a realizzare, attraverso forme di partecipazione e inclusione, è considerato uno dei
parametri per la valutazione della performance; un’interazione tra pari, dunque, deve essere
considerata un supporto prezioso per affrontare decisioni o ripensamenti nelle politiche pubbliche.
Il web fornisce numerosi strumenti per l’interattività, tra i quali: forum, wiki, blog, social network,
XML e RSS, podcast, georeferenziazione, ma è l’amministrazione a dover scegliere il giusto mix
tenendo conto del target di utenza cui si riferisce. Tali strumenti, infatti, devono essere attivati nei
siti attraverso scelte inclusive di tipo tecnologico(per favorire la riduzione del divario digitale) e di
tipo metodologico (per facilitare l’interazione, sincrona e asincrona, anche dei soggetti più
svantaggiati).
Consistency riguarda una serie di accorgimenti che rendono riconoscibile un sito pubblico senza
equivoci. Permettendo di raggiungere un efficace livello di coerenza all’interno delle pagine,
scongiurano disorientamenti dell’utente nei diversi livelli di navigazione e, durante i percorsi di
lettura, lo aiutano a identificare l’area di navigazione senza ombra di dubbio.
Proprio a questo scopo, nel 2002 viene introdotto in Italia il dominio “gov.it”. Riservato ai siti della
pubblica amministrazione centrale, è una sorta di bollino di qualità che le amministrazioni possono
vantare rispondendo ai requisiti di: accessibilità e usabilità, secondo le raccomandazioni del WAI e
31
del W3C; efficacia dei contenuti - che devono essere anche chiari e affidabili - e dei servizi on line;
identificazione e controllo per l’accesso dell’utente; tutela della privacy e della sicurezza;
monitoraggio della soddisfazione degli utenti. In seguito, la direttiva 8/2009 del Ministro per la
Pubblica Amministrazione e l’Innovazione rende obbligatoria l’iscrizione al dominio in modo che
le amministrazioni rispondano ai criteri di riconoscibilità, di aggiornamento, di usabilità e di
accessibilità.
Le Linee guida per i siti web della PA 2011 richiedono che siano riconoscibili la natura pubblica del
sito e l’amministrazione che lo gestisce; le amministrazioni pubbliche, inoltre, devono informare gli
utenti dell’esistenza del sito web segnalandolo in ogni occasione di comunicazione: nella carta
stampata, nei biglietti da visita, nella firma istituzionale delle e-mail dei dipendenti, nella
modulistica e in tutti i documenti, le pubblicazioni e i comunicati stampa, anche radiofonici e
televisivi.
32
CONCLUSIONI
Verso un nuovo sistema nervoso tra ingessature e cecità
Il rinnovamento introdotto con normative all’avanguardia e moderne politiche di e-government ha
portato a una profonda trasformazione dell’attività di comunicazione pubblica consentendo la
nascita di un sistema integrato capace di produrre un flusso comunicativo attento alle diversità,
rivolto all’esterno e all’interno. Più in particolare: alla tradizionale comunicazione verticale, tipica
delle grandi amministrazioni centrali monolitiche, si è affiancata una comunicazione che proviene
anche da micro aree pubbliche permettendo lo sviluppo di un sistema armonico micro/macro; alla
comunicazione rivolta all’esterno se ne è aggiunta un’altra rivolta al personale interno; da un
comunicazione generica si è passati a una più segmentata, indirizzata alle diverse tipologie di
utenza (Cavallo, 2005). Questi cambiamenti hanno richiesto, e richiedono ancora, oltre a un
personale qualificato che sappia manovrare un ricco repertorio di linguaggi, anche importanti
aperture culturali. Ma nel campo della comunicazione pubblica “alla modernità delle leggi si
contrappone l’inerzia delle prassi, ai casi di eccellenza delle città dinamiche e dei settori di punta si
accostano vaste aree di inefficienza e di immobilismo” (Priulla, 2008, p. 167). È proprio
l’amministrazione pubblica, infatti, a presentare nella società italiana il più elevato tasso di
ineffettività della legge e sono almeno due le dinamiche individuate da Priulla che concorrono a
questa inefficienza. La prima è la “tela di Penelope”, il meccanismo con il quale vengono introdotte
continuamente nuove normative, che vanno a modificare o integrare le vecchie, senza che si abbia
avuto il tempo di sviluppare risultati. La seconda è la teoria del “muro di gomma”, secondo la quale
la burocrazia, troppo rigida per cambiare ed elastica tanto da far finta di adattarsi, attiva una
strategia di resistenza proseguendo imperterrita senza applicare le norme che richiedono
cambiamenti, favorita anche dall’assenza di interventi sanzionatori (Priulla 2008).
I cambiamenti, invece, si impongono. Nella comunicazione dell’era dei media sono cambiati i
concetti di individuo, di cittadino, di opinione pubblica. Si sono persi gli ancoraggi temporali e
spaziali all’interno dei quali le persone attivavano il dialogo, si confrontavano, partecipavano alla
vita sociale. La comunicazione oggi non si realizza nelle piazze, ma in luoghi pubblici all’interno
dei mass media e dei new media, spazi non localizzati che non richiedono presenze fisiche e
compartecipazioni, ma consentono lo sviluppo di un rapporto non dialogico e la nascita di una sfera
pubblica aperta a ogni tema, da sviluppare secondo forme diverse, a volte non ancora definite. La
società contemporanea si caratterizza quale movimento sociale dinamico e sfuggente, denso di
potenzialità in cui il bisogno di visibilità diventa primario e innesca feroci lotte per l’occupazione
della scena mediatica. Per garantire le conoscenze a una platea che ha dimensioni globali, senza
cadere nelle commistioni o nelle concentrazioni monopolistiche, diventa essenziale tenere distinte
33
le attività dei media da quelle delle istituzioni pubbliche, favorendo l’affermazione di principi di
pluralismo regolato e di democrazia deliberativa che garantiscono agli individui adeguati processi
di formazione dei giudizi e delle decisioni. La nuova sfera pubblica, cioè, deve saper utilizzare le
tecnologie in modo consapevole, quali strumenti per una democrazia continua, conscia che senza
politiche di controllo possono essere molto alti i rischi di limitazione dei diritti e di esclusione
sociale9 (Cavallo, 2005).
Negli ultimi decenni “i computer hanno cessato di essere solo oggetti, o sistemi di oggetti. Hanno
imposto al mondo un mutamento sociale: il linguaggio-macchina ormai progetta, inquadra e guida
non solo dispositivi e strumenti, ma anche comportamenti, competenze, ruoli, mansioni, tempi,
processi, strategie. Apre orizzonti simbolici, modalità rappresentative, attitudini cognitive, modelli
di relazione. Incorpora rapporti di potere” (Priulla, 2008, p. 83). Proprio le tecnologie informatiche,
favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e la trasparenza dell’azione amministrativa, possono
contribuire all’affermazione dei quattro diritti ribaditi dalla "Carta europea per i diritti del cittadino
nella Società dell'informazione e della conoscenza": il diritto all'accesso, all'informazione, alla
formazione e alla partecipazione. Il processo di rinnovamento che si è innescato ha intaccato,
infatti, quel castello inaccessibile al mondo esterno quale purtroppo appare a volte ancora oggi la
pubblica amministrazione. “Concetti quali l’orientamento all’utenza, il cittadino come cliente, il
miglioramento del servizio hanno fatto breccia nel muro della burocrazia e si sono elaborati progetti
e programmi di lavoro in diversi ambiti e settori del servizi pubblico” (Cavallo, 2005, p. 142), dagli
enti locali alle aziende sanitarie locali, dai Comuni alle Regioni.
Secondo Priulla, però, “siamo a metà guado, tra la semplice computerizzazione e l’occasione di
trasformazione” (Priulla, 2008, p. 109). “Le amministrazioni e i cittadini «galleggiano» in rete,
entrando sì in contatto, ma senza compiere quel passo in più che consentirebbe di rendere
l’informatizzazione un fattore reale di modernizzazione” (Priulla, 2008, p. 112).
Ogni novità introdotta in un contesto organizzato, in ogni caso, genera una risposta che mette in
discussione tutti gli elementi che lo compongono: procedure, strumenti, flussi comunicativi, oltre ad
esigere nuove professionalità e adeguate normative di riferimento. È quanto accaduto alla
comunicazione pubblica con l’introduzione delle tecnologie digitali: sono aumentati i soggetti attori
della comunicazione che si stanno organizzando in strutture di rete sempre più complesse; i
destinatari chiedono di intervenire nei processi decisionali, dialogano attraverso i social network,
sono sempre più autonomi nella ricerca e nella fruizione dell’informazione; gli oggetti della
comunicazione hanno visto l’affermazione della forza dell’ipertesto che permette di comporre una
9
Citato in Cavallo (2005) – J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, il Mulino, Bologna, 1998
34
comunicazione multimediale; i mezzi a disposizione non sono stati mai tanto numerosi e vengono
utilizzati secondo strategie multicanale.
La formula comune a tutti questi cambiamenti è la configurazione di rete, una struttura
organizzativa che appare vincente in tutti i poli della comunicazione, sia che si tratti di enti pubblici
o di cittadini, di oggetti di comunicazione o di canali di trasmissione. La rete, dunque, si mostra
motore strategico anche per il rinnovamento della P.A. e, a partire dalla sua stessa struttura fisica, si
fa metafora del cambiamento. I siti web, dispositivi all’avanguardia, appaiono il luogo più adatto
per approdare a una visione della realtà che dischiuda la pubblica amministrazione a nuove
prospettive. Internet, infatti, “non è un nuovo media, è un’altra cosa” perché la rete ha cambiato,
non solo gli scenari dell’informazione e della comunicazione pubblica, ma i nostri stessi stili di vita
(Magrini in Lovari-Masini, 2008, p. 80).
Nonostante resistenze culturali e criticità, le tecnologie digitali e Internet si mostrano capaci di
sconvolgere i piani di comunicazione, come accaduto già nel passato con l’introduzione di altre
tecniche innovative. Se da una parte il web fagocita come un predatore tutte le prassi comunicative
consolidate nel tempo assorbendole al suo interno, dall’altra fornisce strumenti più efficaci e tesse
nuovi paradigmi relazionali che cambiano l’organizzazione delle strutture, i processi di interazione,
le modalità di risposta alle istanze dei cittadini e delle imprese, la prospettiva stessa, infine, del
“fare comunicazione pubblica”.
35
BIBLIOGRAFIA
Mattia Miani, “Comunicazione pubblica e nuove tecnologie” – Editore Il Mulino 2005
Priulla Graziella, “La comunicazione delle P.A.” – Editore Laterza 2008
Alessandro Lovari e Maurizio Masini (a cura di), Comunicazione pubblica 2.0 – Franco Angeli
2008
Cavallo Marino, seconda parte “Progetti, metodologie e strumenti della comunicazione pubblica”
in “La comunicazione pubblica tra globalizzazione e nuovi media” – Franco Angeli 2005
36