Il cielo nel cuore Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario

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Il cielo nel cuore Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
Maciej Bielawski
Il cielo nel cuore
Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
Indice
© 2002 Lipa Srl, Roma
Abbreviazioni ...........................................................
7
Prima edizione: marzo 2002
Premessa - promessa ...............................................
9
I. Il secolo delle tenebre ...........................................
15
II. La vita di Niceforo il Solitario.............................
24
III. Il “Discorso sulla sobrietà”
e le altre opere di Niceforo .................................
32
IV. L’invito ad una cardiocultura .............................
38
V. Un esegeta particolare..........................................
47
VI. Tra esilio e ritorno ..................................................
51
VII. Leggere i padri con un padre.
Il florilegio patristico di Niceforo .......................
58
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
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fax 06 485876
e-mail: [email protected]
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Autore: Maciej Bielawski
Titolo: Il cielo nel cuore
Sottotitolo: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
Collana: Pubblicazioni del Centro Aletti
Formato: 130x210 mm
Pagine: 208
In copertina: particolare di un mosaico di Marko I. Rupnik
Impianti e stampa: Studio Lodoli Sud, Aprilia,
marzo 2002
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 88-86517-66-1
1. Dio si mostra nel cuore all’intelletto
mentre uno si siede sul monte
con il cuore sobrio (Antonio)................................
2. Raccogliere i sensi e condurli nell’intimo
(Teodosio il Cenobiarca) ......................................
3. Nascondersi da ogni ostentazione,
badare a se stessi
ed elevare l’intelletto a Dio (Arsenio) ...................
4. Il metodo della custodia dell’intelletto
(Paolo di Latro).....................................................
5. La custodia e l’osservazione dell’intelletto (Saba) ....
6. La fatica corporale sono le foglie
e la custodia dell’intelletto il frutto (Agatone) .........
7. Un metodo mirabile, una via spirituale
(Marco l’Asceta)....................................................
60
65
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75
79
82
ABBREVIAZIONI
8. Dalla custodia dei pensieri all’osservazione
dell’intelletto per circoscrivere l’incorporeo
in una dimora corporea e per unire la preghiera
al cuore (Giovanni Climaco).................................
9. Custodire almeno i corpi, quando la custodia
del cuore è impossibile (Abate Isaia)....................
10. La custodia del corpo non basta, se il cuore
non è custodito puro (Macario il Grande) ...........
11. Vivere nella profondità del nostro cuore
(Diadoco di Fotica)....................................................
12. Trovare il tesoro celeste
nell’intimo dell’uomo (Isacco il Siro) ...................
13. Il cielo nel cuore (Giovanni Carpazio) .................
14. Ricordo continuo di Dio
impresso nel cuore e nella ragione
con la potenza della croce (Simeone il Teologo) .....
86
91
94
99
101
103
105
VIII. Attenzione sia “prosoché” ..............................
118
IX. Maestro... dove e chi è? .....................................
130
X. Un metodo breve, semplice e sicuro? .................
139
XI. Il cuore, i polmoni e l’intelletto
In margine ad una fisiologia esicasta .................
160
XII. L’arte delle arti e la scienza delle scienze .........
171
Epilogo .....................................................................
183
Lessico d’orientamento ............................................
187
Bibliografia ...............................................................
195
Indice dei nomi ........................................................
202
AB – Analecta Bollandiana
BS – Biblioteca Sanctorum
CrSt – Cristianesimo nella Storia
DOP – Dumbarton Oaks Papers
DSp – Dictionnaire de Spiritualité ascétique et mystique,
doctrine et histoire
ECQ – Eastern Churches Quarterly
ECR – Eastern Churches Review
EO – Echos d’Orient
Filocalia I, II, III o IV – La Filocalia a cura di Nicodemo
Aghiorita e Macario di Corinto, M. B. Artioli – M. F.
Lovato (edd.), Torino 1982-1987, vol. I-IV
HUS – Harvard Ukrainian Studies
JTS – Journal of Theological Studies
OC – Orientalia Christiana
OCA – Orientalia Christiana Analecta
OCP – Orientalia Christiana Periodica
ODB – The Oxford Dictionary of Byzantium, vol. I-III,
Oxford 1991
PG – Patrologia Greca, J. P. Migne (ed.)
PSV – Parole, Spirito e Vita
RSBN – Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici
RSBS – Rivista di Studi Bizantini e Slavi
RHR – Revue de l’histoire des religions
SCh – Sources chrétiennes
SROC – Studi e Ricerche sull’Oriente Cristiano
StMiss – Studia Missionaria
StVen – Studi Veneziani
VM – Vita Monastica
7
PREMESSA - PROMESSA
Il cielo nel cuore
È un bel titolo—basterebbe per l’intero libro.
È un’espressione che proviene dagli scritti di Giovanni
Carpazio, una persona per noi piuttosto sconosciuta che è
vissuta tra il VII e l’VIII secolo (fu forse vescovo di una piccola isola che si trova tra Rodi e Creta). Di questa frase si serve nel suo Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore
Niceforo l’esicasta, l’autore del ’200 bizantino al qual è stato dedicato questo libro. Entrambi, sia Giovanni Carpazio
che Niceforo l’esicasta, sono presenti nella Filocalia. L’originale forma greca, ejgkavrdion oujranovn è stata resa diversamente nelle varie traduzioni di questo classico della spiritualità orientale. Così Paisij Veliãkovskij l’ha tradotta in slavone con serdeãnoe nebo. Allo stesso modo (serdeãnoe nebo)
è rimasto nella traduzione russa di Teofane il Recluso.
Dumitru St™niloae nella versione romena della Filocalia ha
proposto l’espressione “cer al inimii”. Jacques Touraille l’ha
resa in “coeur céleste”, mentre i traduttori anglofoni hanno
impiegato “heaven of the heart”. Ma forse la più bella, anche se questo rimane molto relativo, è la traduzione italiana
di Maria Benedetta Artioli che ha reso questo ejgkavrdion oujranovn, potendolo tradurre con “cuore celeste” o “cielo del
cuore”, con “cielo all’interno del cuore”. Si spera anche
che quest’espressione, alla quale ci siamo ispirati per la scelta del titolo, riassuma bene ciò che Niceforo desiderava trasmettere attraverso il suo insegnamento e che questo libro
lo renda in modo esatto. Cielo e cuore, il più alto dei cieli e
9
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
il più profondo dell’uomo, i filosofi potrebbero dire trascendente e immanente, ma si può indicare tutto questo
dicendo Dio e io, o forse, ancora meglio “Dio mio”. Di tutto questo in qualche modo e nella prospettiva del pensiero
di un monaco bizantino del XIII secolo tratta questo libro.
Non è possibile farne ora un riassunto, ma è possibile fare
una promessa: se il titolo vi ha già attirato, l’autore spera e
desidererebbe che, dopo aver letto quanto sta tra la prima
e l’ultima pagina, si possa tornare alla copertina per decifrare
il titolo in un’altra luce. Per ora basta con il titolo. Passo brevemente a decodificare il contenuto nascosto nel sottotitolo facendolo in modo inverso: dalla fine all’inizio.
Niceforo il Solitario
Niceforo il Solitario, chiamato anche Athonita, o Esicasta,
è vissuto sette, otto secoli fa. Ai posteri tra l’altro ha lasciato un breve, ma prezioso e ormai classico piccolo trattato di
spiritualità, il Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore
pieno di notevole utilità stampato nel 1782 nella Filocalia di
Macario e Nicodemo. Ma la Filocalia è tanto famosa quanto veramente poco letta, studiata e conosciuta. Infatti questa raccolta non è un’opera facile. Contiene più di 30 autori, estesi nell’arco di 1000 anni, tra i quali si trovano Giovanni
Cassiano ed Evagrio Pontico, Diadoco di Fotica e Massimo
il Confessore, Giovanni Damasceno e Simeone il Nuovo
Teologo, Niceforo il Solitario e Gregorio Palamas—tanto per
elencare i nomi famosi. Ognuno di questi autori viveva in un
determinato contesto, scriveva nella prospettiva delle sue
esperienze, adoperava un suo linguaggio—e tuttavia un filo rosso collega tutti questi autori così che è possibile chiamarli “Padri Filocalici” e caratterizzare la loro teologia come filocalica. Questi teologi, che hanno cercato di ap10
Premessa - promessa
profondire il mistero della vita del Padre, del Figlio e dello
Spirito in noi, sono spesso lontani in senso storico (il loro
tempo e la loro cultura non sono esattamente le nostre) e i
loro testi presentano talvolta grosse difficoltà testuali e teologiche. Ma queste lontananze e difficoltà non annullano il
fatto che i contenuti proposti e trasmessi nei loro scritti
siano vicini ai desideri più profondi dei cuori degli uomini
forse di tutti i tempi e di tutte le culture. Gli scritti filocalici stanno alla portata delle nostre mani e all’entrata dei nostri cuori e basta socchiudere le porte perché si apra di
fronte a noi un percorso spirituale ricco e bello—cioè filocalico—che invita a scoprire il cielo all’interno del cuore.
Questo breve studio vorrebbe dare al lettore una possibile
apertura a tale percorso. Ma poiché non è possibile dire tutto in un momento o “spiegare” tutta la Filocalia in un libretto,
si fa il possibile parlando almeno di un autore filocalico e di
un’opera inclusa nella Filocalia. Si è scelto allora questo
Niceforo il Solitario e il suo Discorso. Si cercherà pertanto di
far conoscere Niceforo attraverso la sua opera. Il suo trattato è il veicolo della riflessione e delle ricerche proposte in questo libro. Questo Discorso è come una finestra attraverso la
quale si può guardare il paesaggio delle svariate dimensioni
spirituali, teologiche, filosofiche, storiche o filologiche che si
aprono nell’esicasmo bizantino del XIII secolo. Ci avvicineremo a questi spazi lentamente, leggendo e scrutando il piccolo opuscolo di Niceforo quasi passo per passo.
Nel libro il lettore troverà riportati con abbondanza i
frammenti di questo Discorso, ma non troverà il testo ristampato integralmente. Per questo sarebbe consigliabile per
il lettore potersi procurare l’intero testo di Niceforo, ormai
accessibile in parecchie traduzioni italiane. Immagino un lettore ideale: legge il titolo e l’introduzione di questo libro, poi
legge rapidamente il Discorso di Niceforo. In seguito per11
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
corre il libro Il cielo nel cuore e poi ritorna alla lettura del testo di Niceforo. Ma questo è un lettore ideale, come forse
neanch’io lo sarei. Tuttavia, se dopo la lettura di questo libro uno sarà incoraggiato a rivolgersi direttamente alla lettura di Niceforo, e farsi la sua idea, forse diversa della mia,
lo scopo della pubblicazione sarà raggiunto.
Il mondo esicasta
Ancora un libro sull’esicasmo? Purtroppo sì. L’esicasmo e la preghiera di Gesù vanno ormai di moda. Allora ancora un libro che ripete o ripropone in un’altra “nuova” luce tutto quanto? Non sarebbe una ragione buona o sufficiente né perché l’autore produca queste pagine né perché
il lettore si affatichi a sfogliarle. L’unico argomento di difesa contro queste accuse sarebbe una “confessione” nella quale potrei affermare che la lettura approfondita e prolungata nel tempo mi ha fatto vedere Niceforo e l’esicasmo proprio come mondi reali, difficili, complicati e sconvolti dal
dramma. Ho scoperto il “mondo esicasta” in un doppio senso. Prima in un senso storico: le persone, gli avvenimenti, i
luoghi, i libri letti, le interpretazioni o le comprensioni talvolta sbagliate o con le quali non sarei d’accordo, le prigioni e le fughe, le ricerche di un posto tranquillo e le domande dei cuori rivolte ai valori pervenuti dal passato, ai volti degli uomini e di Dio stesso. Per questo nel libro il lettore troverà pagine dedicate alle vicende dell’epoca e una narrazione
sulla vita di Niceforo. In questa dimensione “storica” sono
inseriti anche il testo, le analisi e le interpretazioni.
In secondo luogo ho visto il “mondo esicasta” come un
mondo interiore e di ricerca esistenziale. Di fronte al labirinto degli avvenimenti e al caos della storia, gli esicasti
proponevano il mondo interiore. Questo mondo era per lo12
Premessa - promessa
ro non meno complicato e tortuoso. Ma se la storia non si
riusciva a calmare e in questo mondo non si trovava la pace, nel mondo interiore la si poteva ritrovare, si potevano imparare le regole di questa vita, addomesticarsi e trovare la pace, da loro chiamata esichia. Niceforo si vantava persino nei
suoi scritti di essere capace di procurare ai suoi seguaci un
metodo sicuro e semplice che in breve tempo li avrebbe portati a questa pace interiore.
Lo scontro, il contrasto e una certa fusione di questi due
mondi—quello esterno e quello interiore, il mondo della storia e quello chiamato dagli esicasti il mondo del cuore—mi sono apparsi come un mondo dei mondi, come un unico mondo degli esicasti. Questo è il mondo di Niceforo il Solitario.
Mentre mi immergevo sempre di più nella lettura e nello
scrivere un testo su di lui, Niceforo mi appariva con sempre
maggiore chiarezza come un personaggio particolare, una
figura drammatica e reale, una persona imperfetta come uomo e come scrittore ma desiderosa della pace di Cristo, un esicasta erudito, nello stesso modo inefficiente e capace, ma anzitutto aperto ad una dimensione esistenziale ma non di meno apofatica della fede cristiana. La mia speranza è di essere
riuscito a circoscrivere queste intuizioni nelle pagine del libro
e che chi legge possa ritrovarle. Questa sarebbe pure una promessa, con la speranza che dopo aver scorso l’ultima pagina
si possa dire che la promessa è stata mantenuta.
Un invito
Inutile spiegare che queste pagine sono un invito o un invio, e non uno studio esaustivo, alle problematiche legate a
Niceforo e agli esicasti. È sufficiente guardare alle dimensioni
di questo libro per rendersi conto che si tratta di un’introduzione. Si potrebbe e forse si dovrebbe dire di più. Ma i
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Il cielo nel cuore / M. Bielawski
riferimenti bibliografici suggeriti qua e là rinviano il lettore interessato ad ulteriori studi più approfonditi. Questo libro è anche un invito alla lettura di tanti altri testi molto validi con i quali ormai da tempo diversi studiosi cercano di
scrutare l’enigma affascinante dell’esicasmo. Aver potuto frequentare le dispute che si sono svolte e che si svolgono tra
i grandi esperti in materia come I. Hausherr, A. Bloom, L.
Gillet, K. Ware, A. Rigo—per menzionarne solo alcuni, ai
quali forse devo di più—è stato veramente un piacere.
Questo libretto è loro debitore e rinvia il lettore anche agli
studi di questi esperti.
Penso anche che con il tempo certe posizioni e interpretazioni presentate in questo studio saranno corrette e superate. Soprattutto quando potremo usufruire di un’edizione
critica del testo di Niceforo e di nuove traduzioni. La lacuna in questo campo è una vera difficoltà di cui il lettore si può
rendere conto durante la lettura. Per questo il libro è piuttosto la testimonianza di una tappa, e non una conclusione.
Un’altra delle difficoltà con la quale ho dovuto sempre
fare i conti e che trapela tra le righe è stata un’indecisione.
Si doveva offrire uno studio rigoroso, ma per definizione secco e per pochi, o un libro più leggero, ma vivo e per un pubblico più ampio? Entrambi questi scopi mi hanno tentato e
sono caduto per eccesso in ambedue. Devo dire che ho sognato sia un rispettabile volumone puramente scientifico, sia
il libretto stampato in versione “pocket”, o persino un romanzo. Ognuna delle soluzioni ha i suoi vantaggi e svantaggi.
Nella redazione finale ha vinto lo stile più leggero e personale—che ha i suoi pregi e le sue mancanze.
I. IL SECOLO DELLE TENEBRE
Nel Discorso, il lettore trova espressioni come “il secolo
presente è tenebra”,1 di Niceforo stesso, o frasi ripetute, come quella di Marco l’Asceta, del tipo “la profondissima
notte di questo secolo”.2 Sono echi di un atteggiamento
pessimista, spesso così tipico per un certo tipo di monachesimo che considera tutto il mondo, tutto l’eone o il secolo attuale, in altre parole il tempo che intercorre tra la creazione e la parusia, come danneggiato dal male? Si tratta di
un effetto puramente retorico? O piuttosto è un giudizio che
riguarda concretamente l’epoca storica nella quale ha vissuto
Niceforo? Tutte e tre le risposte sono possibili. Basta però
un breve sguardo alla storia di Bisanzio del XIII e del XIV
secolo per arrivare alla conclusione che si trattava di un’epoca tragica, avvertita come eclissi di una grande civiltà, come
secolo delle tenebre. Tale lungo declino della civiltà bizantina si estende dalla conquista di Costantinopoli da parte dei
Latini (1204) fino alla caduta della città nelle mani degli
Ottomani (1453). Quest’ultimo fatto aveva luogo mezzo
secolo dopo la morte di Niceforo, ma gli inizi di tale lunga
agonia sono stati vissuti già dal nostro autore. H. G. Beck
ha così caratterizzato questo periodo: “Con la perdita di
1
Niceforo il Solitario, Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore pieno di notevole utilità, La Filocalia a cura di Nicodemo Aghiorita e
Macario di Corinto, traduzione, introduzione e note di M. B. Artioli - M.
F. Lovato (edd.), Torino 1985, vol. III, 516 (PG 147, 947); d’ora in poi
citato, se non indicato diversamente, come: Filocalia. Per le chiarificazioni
riguardo al testo stesso e alle traduzioni, vedi il capitolo terzo di questo
libro.
2
14
Filocalia III, 520 (PG 147, 953).
15
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
Costantinopoli e di ampie parti dell’impero ai Latini incomincia la grande frattura, l’estremo processo di contrazione non più rimediabile. Il 1261 non significa una vera ripresa; le conquiste degli imperatori di Nicea e dell’imperatore Michele VIII non solo rimangono temporaneamente limitate, ma chiedono un prezzo troppo alto al potenziale
dell’impero. Presto gli unici fattori determinanti della politica bizantina sono i nemici di una volta ora sul territorio imperiale, gli Italiani, i Catalani, gli Angiò, i Turchi. È in gioco la pura sopravvivenza. Che questa lotta per l’esistenza durasse ancora due secoli è da ascrivere più alla mancanza di
unità fra i nemici che alla forza di Bisanzio. La valuta bizantina non ha più alcun potere; il commercio si trova quasi completamente in mani straniere e l’approvvigionamento di Costantinopoli dipende non di rado dal buon valore
dei nemici. Inoltre l’antica concezione della monocrazia
imperiale bizantina si dissolve”.3
Certo, si parla del “rinascimento di Bisanzio” avvenuto
proprio in questo periodo, ma anche in questo caso la parola “rinascimento” è spesso accompagnata dall’aggettivo
“ultimo”.4 Partendo da questa affermazione si possono scrivere due storie di quest’epoca, due interpretazioni: una più
ottimista, un’altra piuttosto pessimista. La versione ottimista afferma che, sì, si parla della fine di un impero, della fine di una cultura e di una civiltà, tuttavia questo era un secolo di glorie, di grandezze, di approfondimenti—l’esicasmo,
il palamismo, gli sviluppi delle arti con bellezze incomparabili… In questa visione si vuole sottolineare la grandezza
di Bisanzio nella quale la sua storia ormai millenaria trova
3
4
1970.
16
H. G. Beck, Il millennio bizantino, Roma 1981, 417.
Cf S. Runciman, The Last Byzantine Renaissance, Cambridge
I. Il secolo delle tenebre
il suo compimento nell’epoca di tale “rinascimento”. La versione pessimista afferma invece che, nonostante le grandezze dell’epoca, si trattava proprio della fine, del risultato
dei fallimenti accumulati e non risolti nei secoli precedenti. In ogni caso, è un secolo di tensioni e di paradossi: la luce risplendeva nelle tenebre e—anche se si trattava di luce—
nondimeno le tenebre di questo secolo gettavano pesantemente la loro ombra. Senza entrare in particolari, indichiamo anzitutto certi punti orientativi di quest’epoca in un
panorama più largo. In seguito faremo presenti in una prospettiva più ristretta quegli avvenimenti che potevano in un
modo più immediato toccare un monaco bizantino. Tutto
questo per poter presentare in quest’orizzonte la figura di
Niceforo e leggere meglio il suo Discorso.
Quando nasceva Niceforo, si concludeva l’epoca di papa Innocenzo III (†1216) e del IV Concilio Lateranense
(1215); era appena scomparso Gioacchino da Fiore (†1202),
ma viveva ancora Francesco d’Assisi (†1226) e fra poco si sarebbe spento Antonio da Padova (†1231). Dall’estremo
oriente arrivavano gli echi delle grandi conquiste e dell’allargarsi del dominio di Gengis Khan (†1227) e dall’occidente
voci delle battaglie per il potere tra papi e re. La “Terra
Santa” era meta delle crociate: una dopo l’altra—lungo tutto il Duecento. Uno degli arrivati in queste terre era stato
Luigi IX, il santo re dei Francesi (1226-1270). All’inizio di
questo secolo erano stati fondati i francescani (1206) e i
domenicani (1209)—in Italia si ponevano le basi dell’università di Padova (1222) e in Francia della Sorbona (1253).
Niceforo era pertanto contemporaneo di Alberto Magno
(1206-1280), di Tommaso d’Aquino (1225-1274), di
Bonaventura (1221-1274) e di Ruggero Bacone (1214-1294).
Frattanto si era tenuta la sanguinosa crociata contro gli
Albigesi (1209-1229) ed era stata fondata l’inquisizione
17
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
(1229), che nel 1232 era stata affidata ai domenicani. Era
l’epoca in cui i pensatori occidentali si sforzavano di opporsi
al diffuso averroismo e Marco Polo (1254-1324) si recava in
Cina. Quando Niceforo era ormai in età matura o già vicino alla morte, facevano la loro comparsa figure come Duns
Scoto (1266-1308), Maestro Eckhart (1260-1329) e Dante
(1265-1321). In un periodo relativamente vicino al Discorso
di Niceforo furono allora scritti l’Itinerarium mentis in Deum
di Bonaventura (1259), la Summa theologica di Tommaso
(1266-1273), l’Opus maius di Bacone. Ma bisogna anche ricordare che quest’epoca si apre con il Cantico di frate Sole
di Francesco (1224), include in sé la Legenda aurea di Jacopo
da Varagine (1255) e si chiude con Il Milione di Marco
Polo (1298). C’era allora un po’ di tutto: luci e tenebre.
Lasciamo però questo panorama di nomi piuttosto “occidentale” e volgiamo lo sguardo all’impero bizantino.
Questo periodo della storia bizantina è ben documentato
dalle fonti ed approfondito dagli studi.5 Si può iniziare affermando che all’inizio del XIII secolo papa Innocenzo III
(1160-1216) aveva lanciato l’idea della crociata. Dietro questa idea stava il desiderio del pontefice di riconquistare
l’impero bizantino e di riunire a Roma una parte della cristianità che agli occhi dell’occidente sembrava essere separata e scismatica.6 Questo progetto piacque molto al veneziano Enrico Dandolo, il quale, essendo una persona assai
potente, aveva dato il suo appoggio al progetto della crociata
sperando che, grazie alla conquista di Bisanzio, Venezia
5
Per una lista delle fonti storiche e le indicazioni bibliografiche
dell’epoca cf G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, Torino 1993,
324-326, 386-388, 430-434.
6
Cf S. Runciman, Storia delle Crociate, vol. I-II, Torino 1997; A.
Frolow, Recherches sur la déviation de la IVe croisade vers Constantinople,
Paris 1955.
18
I. Il secolo delle tenebre
potesse finalmente stabilire il suo dominio in oriente. In questo momento apparve sulla scena anche il principe bizantino Alessio Angelo, figlio dell’imperatore detronizzato e imprigionato Isacco II Angelo (ca. 1156-1204), che proprio nel
periodo di preparazione alla crociata era riuscito a liberarsi e desiderava riprendere il trono. Suo figlio Alessio aveva
cercato di aiutarlo in questa impresa servendosi dell’aiuto dei
Latini. Il risultato di tali manovre diplomatiche, ispirate
dagli sfrenati desideri di potere di Innocenzo III, di Enrico
Dandolo e di Alessio Angelo, fu il fatto che il 24 giugno 1203
la flotta della crociata, sotto il comando di Bonifacio di
Monferrato, apparve di fronte a Costantinopoli. Qualche settimana dopo, il 17 luglio, la città era assediata e Isacco II
messo di nuovo sul trono di Bisanzio. Ma il suo dominio si
rivelò effimero e durò solo per un brevissimo tempo. Il
patto tra questo imperatore e i responsabili della crociata
non era stato approvato dai Bizantini, che si ribellarono a tale situazione. Il risultato è ben noto: il 13 aprile del 1204, l’armata della crociata entrò a Costantinopoli—il saccheggio
della città durò parecchi giorni. La capitale dell’impero,
centro di un’intera civiltà, era devastata. Questo era il vero
inizio della fine di Bisanzio.
Il 16 maggio 1204, Baldovino, conte di Fiandra (11721206) era stato incoronato nella chiesa di Santa Sofia primo
imperatore dell’impero latino.7 Tommaso Morosini (ca. 11751211) di Venezia divenne il primo patriarca latino di Bisanzio.
Tutto l’impero fu diviso in cinque province. Nei successivi 57
anni di esistenza dell’impero latino, le sue diverse regioni erano state profondamente distrutte dalle guerre intestine, dai
7
Cf R. L. Wolf, Studies in the Latin Empire of Constantinople,
London 1976; A. Carile, Per una storia dell’Impero latino di Costantinopoli, Bologna 1978.
19
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
soggiorni devastanti dell’armata occidentale e dalle migrazioni
dei popoli. Non senza influsso sulla vita quotidiana erano i
perpetui conflitti che si accendevano tra le forze occidentali
residenti a Bisanzio e desiderose di sfruttare al massimo la situazione, rubando qualsiasi cosa fosse possibile e distruggendo quello che rimaneva. Nello stesso tempo l’impero bizantino era costantemente minacciato e aggredito da Bulgari,
Serbi, Mongoli e Ottomani.
Dopo la conquista della capitale da parte dei Latini, il centro della vita di Bisanzio si era spostato a Nicea.8 Il governo
del principato di Nicea era guidato da imperatori dotati e dedicati alla loro missione come Teodoro I Lascaris (11741221), Giovanni III Vatatze (1192-1254) e Giovanni IV
Vatatze (1250-ca.1305). Questi imperatori furono capaci di
provvedere a diverse riforme a livello sociale, economico, politico e militare. La loro corte ospitò e dette appoggio ad un
ampio numero di persone nobili e colte come Niceta Coniate
(ca.1155-1217),9 Nicola Mesarites (ca.1163-1214) e Niceforo
Blemmida (1197-1269).10 Si può affermare che grazie all’attività del principato di Nicea, nonostante l’occupazione dei
Latini, lo spirito di Bisanzio si rafforzava e si rinnovava.
Nel luglio 1261, Michele VIII Paleologo (1224/5-1282)
riconquistò Costantinopoli, mettendo fine all’impero latino.11
I Bizantini con nuovo entusiasmo ripresero vigore—sim8
Cf M. Angold, A Byzantine Government in Exile, Oxford
1975; H. Ahrweiler, “L’expérience Nicéenne”, DOP 29 (1975) 23-40.
9
Cf Choniates Niketas, Historia, J. D. van Dieten (ed.), BerlinNew York 1975 (English translation by H. Magoulias, A City of
Byzantium, Detroit 1984).
I. Il secolo delle tenebre
bolicamente da questo momento inizia l’ultimo rinascimento bizantino già germogliato nell’esilio di Nicea. Ma, come si è detto, tale rinascimento fu pieno di contrasti: gli sviluppi si mescolavano con i processi di decadenza. G.
Ostrogorsky ha detto a proposito che in questo tempo l’impero era come un corpo in cui una testa sproporzionatamente grande era sorretta da membra debolissime e inoltre
minacciate da nemici da tutte le parti.12 L’imperatore Michele
VIII, vedendo che c’erano poche possibilità reali per difendersi di fronte ai numerosi e diversi nemici, cercò di
rafforzare Bisanzio attraverso la diplomazia. Uno dei risultati di tale attività fu l’atto di unione con la Chiesa di Roma,
sempre interessata all’oriente. Questo atto di unione sfortunato—e di fatti completamente fallito—ebbe luogo il 5
giugno 1274.13 Come è ben noto, quest’unione non era stata accettata né da parte della Chiesa bizantina, né della sua
società. In effetti, considerata dal suo inizio come un atto di
tradimento, aveva creato all’interno di Bisanzio ulteriori
divisioni, tensioni e tristezza. Questa funesta unione, più politica che dettata da motivi ecclesiali, fu annullata immediatamente dopo la morte di Michele VIII nel 1282 dal suo
successore Andronico II (1259/60-1332). Nondimeno le
sue conseguenze continuarono ancora per decenni a dividere
l’organismo della Chiesa e della società bizantina, soprattutto
sotto forma del cosiddetto “scisma arsenita”.14
12
411.
Cf G. Ostrogorsky, Storia dell’Impero bizantino, Torino 1993,
10 I. ·evãenko, “Nicéphore Blemmydès, La Civiltà bizantina dal
XII al XV secolo, Roma 1982, 111-137.
13 Cf F. Dvornik, Byzantium and the Roman Primacy, New York
1966; J. Gill, Byzantium and the Papacy (1198-1400), New Brunswick
(N.J.) 1979.
11 Cf D. Geanakoplos, Emperor Michael Paleologus and the West,
1252-1282, Cambridge 1959.
14 Cf J. Darrouzès, Documents inédits d’ecclésiologie Byzantine,
Archives de l’Orient chrétien 11, Paris 1970, 86-106, 340-413.
20
21
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
Durante il dominio dei primi due Paleologi, la frontiera
nord dell’impero era stata attaccata e varcata dai Bulgari per
ben due volte (nel 1272 e nel 1307). A nord-ovest cresceva
e si rafforzava il principato dei Serbi, e i Bizantini dovevano sempre più considerare e rispettare questo vicino.
Occupato da tali vicende e dai problemi interni, l’impero
non era in grado di difendere il suo entroterra in Asia
Minore, che tra 1261 e 1302 fu quasi totalmente conquistato
e occupato dagli Ottomani. Andronico II cercò di servirsi
di milizie straniere per difendere questi territori e a tale scopo chiamò nel 1303 i rinforzi dei militari catalani. Ma anche
questo progetto fallì totalmente, perché i Catalani non soltanto non difesero i territori a loro affidati, ma divennero loro stessi causa delle devastazioni delle terre bizantine per lunghi anni. Tuttavia, paradossalmente, questi anni di molteplici
sconfitte durante il regno di Andronico II furono anni di una
certa fioritura culturale, soprattutto a Costantinopoli, sotto diversi aspetti.
Andronico II regnò a lungo, forse troppo, e gli ultimi anni del suo dominio (tra 1321 e 1328) furono segnati da
conflitti interni. A sorpresa, l’avversario era suo nipote,
Andronico III (1297-1341), che con la protezione della nobiltà riuscì a detronizzare il nonno. Il regno di Andronico
III, che non durò a lungo, è considerato come un’epoca intermedia e piuttosto tranquilla. Ma già nel 1330 la frontiera nord-occidentale era attaccata dai Serbi e nell’anno seguente gli Ottomani conquistarono Nicea e Nicomedia,
avanzando sempre più verso ovest. L’impero, esaurito da tutte queste tensioni interne e indebolito dagli attacchi esterni, diventava sempre più povero e incapace di porre mano
ancora una volta ad una riforma.
Subito dopo la morte di Andronico III, l’impero bizantino fu nuovamente sconvolto da una guerra civile che que22
I. Il secolo delle tenebre
sta volta esplose tra Giovanni V Paleologo (1332-1391) e
Giovanni VI Cantacuzeno (1295-1383). Ad aggravare questa divisione che portava il paese in rovina, nel 1347 scoppiò un’epidemia di peste che decimò la popolazione. Non
è difficile immaginare che in questo contesto non di raro apparivano in diversi ambienti tendenze spiritualizzanti, apocalittiche e di stampo eretico. Gli spiriti di una cerchia di persone si animarono ancora per una controversia teologica conosciuta sotto il nome di palamismo, ma questo era veramente l’ultimo canto di Bisanzio.15 Per completare questo panorama, bisogna menzionare almeno il fatto che, già nel
1371, Giovanni V Paleologo divenne vassallo dipendente degli Ottomani e che infine, nel 1453, Costantinopoli cadde
nelle loro mani. La gloria di Bisanzio cominciava (o continuava!) ad esistere sotto un’altra forma che gli storici (N.
Iorga) hanno chiamato “Bisanzio dopo Bisanzio”.
Questo semplice excursus storico basta per rispondere
alla domanda iniziale di questo capitolo e per affermare
che la definizione che Niceforo dà del suo tempo come
“secolo delle tenebre”, non è un modo di dire puramente retorico o l’espressione di una dimensione metafisica. Il tempo nel quale questo monaco è vissuto fu veramente un tempo drammatico segnato dall’incalzare della fine e delle tenebre. L’opera e la ricerca sia di Niceforo che degli altri esicasti deve essere letta e considerata anche in questa prospettiva. Non sarebbe del tutto esagerato caratterizzare la ricerca di questo monaco come una disperata via d’uscita
dall’inferno della storia verso il cielo ritrovato all’interno del
cuore.
15 Cf Y. Spiteris, Palamas: la grazia e l’esperienza. Gregorio Palamas
nella discussione teologica, Roma 1996.
23
II. LA VITA DI NICEFORO
IL SOLITARIO
Nel caso della vita di Niceforo, abbiamo a che fare con
una relativa povertà di informazioni dirette e sicure. D’altra parte, intorno a questo personaggio molto presto si
formò una nube di fantasticherie che aumentò lungo i secoli
e che non facilita per niente il vederlo nel modo giusto e in
una luce corretta. Si è fatto di lui il fondatore dell’esicasmo,
l’inventore del metodo psicosomatico della preghiera, uno
yogi del medioevo bizantino, un martire o un confessore,
persino il maestro di Gregorio Palamas e il portavoce dell’ortodossia, insomma tante esagerazioni e incorrettezze. Ma di
sicuro doveva esserci in lui qualcosa di speciale, qualcosa che
ha affascinato la gente del suo tempo e che non smette di affascinare ancora oggi.
La scarsità delle fonti ricordata e l’abbondanza di confusione intorno alla sua figura sono state per fortuna prese
in considerazione dagli studiosi del XX secolo. Uno dei
primi che in modo approfondito e sistematico si è dedicato allo studio di Niceforo è stato il gesuita I. Hausherr
(1891-1978),1 seguito poi dall’assunzionista M. Jugie (18771954).2 La seconda corrente di studi che ha contribuito no1
Cf I. Hausherr, “La méthode d’oraison hésychaste”, OC 9,
(1927) 150-172; “Les grandes courants de la spiritualité orientale”, OCP
1, Roma 1935, 114-138.
2
Cf M. Jugie, “Les origines de la méthode d’oraison des hésychastes”, EO 30 (1931) 179-185; “Note sur le moine hésychaste Nicéphore
et sa méthode d’oraison”, EO 35 (1936) 409-412.
24
II. La vita di Niceforo il Solitario
tevolmente alla conoscenza della persona e dell’opera di
Niceforo è apparsa un po’ più tardi, insieme o all’interno della ripresa di interesse riguardo alla teologia di Gregorio
Palamas, con l’opera oggi considerata monumentale di J.
Meyendorff (1926-1992).3 In terzo luogo bisogna menzionare la pubblicazione dei documenti (le fonti e gli studi) relativi al concilio e all’unione di Lione curata da V. Laurent
e J. Darrouzès, pubblicazione che ha comportato il venire
alla luce di materiale storico legato in qualche modo a questo monaco.4 Sulla base di questo materiale, negli anni ottanta è apparso il primo—anche se breve, ma relativamente completo—articolo dell’assunzionista D. Stiernon, che in
una brillante sintesi riusciva a descrivere la vita, le opere e
la teologia di Niceforo.5 I risultati di tutti questi studi, insieme a tanti altri contributi di diversi esperti che si sono dedicati alle ricerche in questo campo, sono stati sintetizzati e
rivisti criticamente da A. Rigo.6 Grazie a questi lavori, come
anche grazie a tanti altri dedicati in qualche modo alla storia e alla teologia bizantina, oggi è possibile vedere la personalità di Niceforo il Solitario in un modo più completo,
chiaro e giusto, anche se a causa della distanza di più di 700
anni che ci separa da quest’autore, tale completezza è segnata
da tante lacune e domande che rimangono senza risposta.
Sulla base dei lavori degli studiosi indicati, si può affer3
Cf J. Meyendorff, Introduction à l’étude de Grégoire Palamas,
Paris 1959.
4
Cf V. Laurent – J. Darrouzès (edd.), Dossier grec de l’union de
Lyon (1273-1277), Archives de l’Orient Chrétien 16, Paris 1976.
5
203.
Cf D. Stiernon, “Nicéphore l’hésychaste”, DSp 11 (1982) 198-
6
Cf A. Rigo, “Niceforo l’Esicasta (XIII sec.): alcune considerazioni sulla vita e sull’opera”, AA.VV. Amore del bello. Studi sulla Filocalia,
Magnano 1991, 79-119.
25
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
mare che certe informazioni biografiche riguardo a Niceforo
si possono cogliere dal Dialexis, un testo dello stesso
Niceforo che contiene alcuni cenni autobiografici.7 Le altre
informazioni provengono da due frammenti scritti da
Gregorio Palamas. Nella prima triade della Difesa dei santi esicasti si legge: “Conosci pure san Niceforo che ha trascorso lunghi anni nel deserto e nell’esichia e che in seguito dimorò nei luoghi più solitari della santa Montagna senza concedersi tregua. Egli ci ha tramandato la pratica della
sobrietà, dopo essersi nutrito degli scritti dei padri”.8
Il secondo brano, dalla seconda parte del libro, è più lungo: “Soprattutto lui [Barlaam] ha diretto senza nessuna misura la potenza della sua parola contro gli scritti sulla preghiera di Niceforo, santo e confessore, Niceforo che ha
confessato la vera fede e per questa ragione è stato condannato all’esilio dal primo imperatore Paleologo il quale ha
adottato il pensiero dei Latini. Niceforo era di origine italiana, ma ha riconosciuto l’errore di questo genere e di conseguenza si è associato alla nostra Chiesa ortodossa. Secondo
il costume dei suoi padri, ha rifiutato la loro eredità e ha preferito più il nostro impero che il suo paese volendo che ‘la
parola di verità fosse dispensata in modo corretto’ (cf 2
Tm 2,15). Qui venuto, adottò la vita più rigorosa, quella dei
monaci, e scelse come abitazione quel luogo che porta il nome della santità, cioè l’Athos, focolare di virtù posto al limite
del soprannaturale con il mondo. Dimostrò subito di saper
obbedire sottomettendosi ai padri più eminenti. Dopo un
lungo tempo ha dato loro prova della sua umiltà; allora anche lui ricevette da loro l’arte delle arti e cioè l’esperienza
7
Cf V. Laurent – J. Darrouzès (edd.), op.cit., 82-88, 486-507.
8
Gregorio Palamas, Difesa dei santi esicasti, (I, 2,12), introduzione, traduzione e note di R. d’Antiga, Padova 1989, 103.
26
II. La vita di Niceforo il Solitario
dell’esichia ed è diventato capo di coloro che si preparano
al combattimento con gli spiriti del male (cf Ef 6,12) del
mondo intelligibile. (…) compose (…) una raccolta di consigli patristici che preparano al combattimento (…) In seguito, vedendo che i neofiti non potevano, nemmeno in
parte, vincere l’instabilità del loro spirito, propose loro anche un mezzo per reprimere in parte i vagabondaggi e l’immaginazione”.9
Sulla base di questi testi di Palamas, si sono formate le idee
fondamentali che nei secoli successivi si sono diffuse e trasmesse attraverso diverse pubblicazioni. Una di esse è per
esempio l’introduzione di Nicodemo Aghiorita al Discorso di
Niceforo, pubblicato nel 1782 nella Filocalia (le traduzioni
della Filocalia fatte da Paisij Veliãkovskij e da Teofane il
Recluso ripetono lo stesso testo). Ecco il testo di Nicodemo
Aghiorita: “Il nostro padre Niceforo, terminata la corsa dei
combattimenti ascetici sul santo Monte dell’Athos, fiorì poco prima dell’anno 1340. Fu maestro e iniziatore alle sublimi cognizioni della filosofia ascetica, di Gregorio di Tessalonica, come questo stesso, in qualche luogo testimonia di lui.
Applicato unicamente a se stesso attraverso una esichia priva di sollecitudini e raggiunta la propria unificazione attraverso essa, fu unito indicibilmente a ciò che è sovramondano ed eccelso fra le cose desiderabili e ne sperimentò beatamente, nel cuore, l’illuminazione della grazia essenziale”.10
Non è nostro compito analizzare questi testi, mettendone in rilievo gli eventuali errori che poi si sarebbero diffusi
9
Idem, (II, 2,2), Défense des saints hésychastes, J. Meyendorff
(éd.) Louvain 1959, 320-322; A. Rigo, “Le tecniche d’orazione esicasta
e le potenze dell’anima in alcuni testi ascetici bizantini”, RSBS 4 (1984)
88, n. 67.
10
Nicodemo Aghiorita, Filocalia, III, 513.
27
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
ampiamente nelle pubblicazioni successive. È un lavoro che
è stato ormai fatto dagli studiosi, alcuni fra i quali già menzionati. Grazie a questo lavoro, si arriva oggi ad una sintesi
della vita di Niceforo che potrebbe essere raccontata nel modo seguente. Niceforo nacque in Calabria all’inizio del XIII
secolo (ca. 1215), anche se il luogo più preciso della sua nascita e la data esatta non sono conosciute. Sconosciute rimangono anche le ragioni che lo spinsero a partire dalla
Calabria per stabilirsi sull’Athos, abbracciando la fede della Chiesa ortodossa (forse, appartenente ad una famiglia
greca forzata a diventare cattolica, decise di ritornare all’appartenenza ecclesiale dei suoi antenati?). In ogni caso dovette
arrivare all’Athos abbastanza prima del 1276. A. Rigo, per
esempio, propone già gli anni intorno al 1240. È allora possibile pensare che, vivendo in Grecia, Niceforo abbia potuto vedere da vicino sia gli ultimi anni del dominio latino a
Bisanzio, sia partecipare alla ripresa spirituale avvenuta dopo l’anno 1261. Non conosciamo i monaci sotto la cui direzione Niceforo fu introdotto nella vita monastica e nella
teologia. Sembra però che col tempo Niceforo sia diventato una figura colta ed importante nell’ambiente monastico
dell’Athos.
L’unica data sicura della vita di Niceforo è l’anno 1276,
quando nella primavera sbarcò sul Monte Athos un contingente di uomini armati, sotto la guida di un italiano, Licario
dell’Eubea, mandato da Michele VIII per reprimere gli oppositori della politica unionista dell’imperatore. Come si è detto, l’imperatore Michele VIII cercò di proteggere il suo impero
e di difenderlo dai diversi nemici, cercando appoggio nel papato. Queste manovre politiche dell’imperatore Michele portarono all’unione di Lione. Tale atto fu visto nell’ambiente ecclesiastico come un tradimento, suscitando una forte opposizione soprattutto da parte dei monaci e in modo particolare
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II. La vita di Niceforo il Solitario
di quelli del Monte Athos. Nell’anno 1276, Niceforo, come anche tanti altri, si trovò a far parte del partito perseguitato e dovette affrontare lo scontro con il potere imperiale.
Certi monaci dell’Athos riuscirono a scappare, altri furono arrestati. A questo secondo gruppo apparteneva
Niceforo. Prima fu portato a Costantinopoli, dove passò più
di cinque mesi in prigione, dopo di che dovette fare un “colloquio” con il legato papale Tommaso Agni di Lentini.
Conseguentemente, Niceforo fu mandato in esilio a Cipro,
dove passò dieci mesi (fine del 1276 – settembre 1277).
Nelle sue ricerche, A. Rigo è arrivato al punto di pensare che
Niceforo dopo il 1277 sia partito da Cipro per stabilirsi sul
monte sant’Aussenzio, dove si trovava uno dei centri non soltanto monastici, ma anche anti-unionisti, dell’epoca.11
Probabilmente dopo alcuni anni, forse soltanto dopo la
morte dell’imperatore Michele VIII (1282), Niceforo tornò
sul Monte Athos, dove dopo un certo tempo morì.
Riassumendo, si può affermare che, nonostante la povertà
delle fonti, è possibile individuare alcuni punti essenziali della vita e del carattere di questo personaggio. La vita di
Niceforo abbraccia quasi l’intero XIII secolo. Questa vita abbastanza lunga non è stata priva di drammi. Il primo atto di
questo dramma dovette consistere nel lasciare la sua patria
e l’appartenenza ecclesiale. Bisogna ricordare che tutto questo accadeva in un’epoca in cui il cambiamento della confessione religiosa era una questione di vita o di morte. In ogni
caso, Niceforo lo fece. Un secondo dramma si verificò a causa delle scelte “politiche”, in conseguenza delle quali questo monaco fu imprigionato, giudicato e condannato all’esilio proprio da parte dei “latini”, da cui sembra scappare, ma
ai quali però si associò l’imperatore della sua patria elettiva,
11
Cf A. Rigo, “Niceforo l’Esicasta”, op. cit. 1991, 85.
29
Il cielo nel cuore / M. Bielawski
che tuttavia doveva essere considerato come un traditore. Il
terzo dramma va visto nel fatto che un ricercatore dell’esichia, un monaco athonita, si è trovato coinvolto in violente
faccende politiche, costretto a fare diverse scelte e a combattere. Insomma, nel caso di Niceforo abbiamo a che fare
con una personalità ricca, originale, coraggiosa, convinta.
Tutto questo si deve tenere presente se ci si avvicina alle sue
opere.
A questo punto, partendo proprio dalla vita di Niceforo
l’esicasta, bisogna fare ancora un’affermazione importante
che tocca il contenuto e la metodologia dello studio qui presentato. Come si è visto, già la ricostruzione della biografia
di questo monaco presenta grosse difficoltà che però non sono dovute soltanto alla distanza temporale che ci separa da
lui. L’astrusità proviene anche dal fatto che Niceforo, già appena dopo la morte, è stato coinvolto in una vicenda non meno movimentata e violenta di quelle di cui era stato testimone
nella sua vita: si pensa ovviamente e anzitutto alla polemica palamita. Va ricordato che i testi più importanti e completi per noi riguardo alla vita di Niceforo provengono proprio da Gregorio Palamas. Questi testi sono stati scritti almeno 40 o 50 anni dopo la scomparsa di Niceforo. Talvolta
40 anni o mezzo secolo non significano niente, talvolta significano moltissimo. Nel caso di Niceforo e del suo
Discorso, il mezzo secolo dopo la sua morte è stato decisivo. La polemica palamita è una linea di demarcazione per
tutta la teologia bizantina. Non basta dire che il palamismo
ha diviso la storia della teologia in pre-palamita e post-palamita. Il palamismo è un modello così attrattivo e dominante che proprio alla sua luce è stato compreso ed interpretato anche tutto il passato. In altre parole, ciò che ho chiamato pre-palamismo è stato letto alla luce della teologia
elaborata da Gregorio Palamas e dai suoi seguaci. Così è suc30
II. La vita di Niceforo il Solitario
cesso anche con Niceforo il Solitario, che molto presto è stato visto come un partigiano di Gregorio Palamas e il suo
Discorso letto, capito, copiato e interpolato nella prospettiva palamita. Questo anche se quando Gregorio Palamas è
nato (1296), Niceforo probabilmente era ormai morto o molto anziano e vicino alla morte (come si vede, Nicodemo
Aghiorita, così influente nella storia, sbagliava di grosso).
Perciò ho cercato, per quanto possibile, di vedere
Niceforo “in sé” e di leggere il suo Discorso nel contesto del
XIII secolo. Vorrei insistere sul fatto che questa fu un’epoca pre-palamita e mi piacerebbe chiamare persone come
Niceforo il Solitario, Teolepto di Filadelfia o Gregorio Sinaita
“i primi esicasti”. Questo “primo esicasmo” è diverso dall’esicasmo che si è sviluppato dopo Gregorio Palamas e Niceforo
appare in questa prospettiva veramente come “il primo”
tra i primi. La lettura del suo Discorso offre la possibilità di
vedere le origini di una corrente della spiritualità dove alcuni
aspetti certamente sono meno sviluppati, ma l’insieme respira
un clima unico che si riflette nelle ricerche, nella complessità
e nelle incertezze che soltanto le epoche successive chiariranno e svilupperanno in schemi forse più chiari, ma anche
più piatti e meno freschi.
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