PERCORSO BIBLICO DIOCESANO - Diocesi di Forlì
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PERCORSO BIBLICO DIOCESANO - Diocesi di Forlì
Diocesi di Forlì-Bertinoro P E RC O R S O B I B L I C O DIOCESANO 2016/2017 SCHEDA 3 “Il Vangelo secondo Matteo” IL COMPIMENTO DELLA LEGGE. LA NUOVA GIUSTIZIA SUPERIORE ALL’ANTICA PREGHIERA INIZIALE (Mt 5,17-48) Vieni, o Spirito Santo, e da’ a noi un cuore nuovo, che ravvivi in noi tutti i doni da Te ricevuti con la gioia di essere Cristiani, un cuore nuovo sempre giovane e lieto. Vieni, o Spirito Santo, e da’ a noi un cuore puro, allenato ad amare Dio, un cuore puro, che non conosca il male se non per definirlo, per combatterlo e per fuggirlo; un cuore puro, come quello di un fanciullo, capace di entusiasmarsi e di trepidare. Vieni, o Spirito Santo, e da’ a noi un cuore grande, aperto alla Tua silenziosa e potente parola ispiratrice, e chiuso ad ogni meschina ambizione, un cuore grande e forte ad amare tutti, a tutti servire, con tutti soffrire; un cuore grande, forte, solo beato di palpitare col cuore di Dio. Amen. (Paolo VI) 1. LECTIO (leggere e comprendere il testo biblico) LETTURA DEL TESTO «5,17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 20 Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio, e chi gli dice “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. 23 Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! 27 Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29 Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. 31 Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone ad adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. 33 Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno. 38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. 43 Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate anche i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avrete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». SPIEGAZIONE DEL TESTO BIBLICO In questa pagina, che appartiene al cosiddetto “discorso della montagna”, Gesù affronta il rapporto tra legge di Mosè (e religiosità giudaica), da un lato, e novità del Vangelo dall’altro. A chi lo ascolta, Gesù chiede un passo ulteriore rispetto alla legge mosaica e alla religiosità del suo tempo; non nel senso di un’abrogazione delle antiche Scritture, ma nel senso di un completamento, di una “giustizia superiore”. Alcuni interpreti ipotizzano che mediante il riferimento al monte (cfr. 5,1) Matteo abbia inteso descrivere Gesù come il “nuovo Mosè”, che dal monte delle beatitudini, “nuovo Sinai”, rinnova e porta a compimento la Legge di Dio. Le sei antitesi sviluppate ai vv. 21-48 («avete inteso che fu detto… ma io vi dico», 5,22.28.32.34.39.44) costituiscono alcuni esempi concreti mediante i quali Gesù spiega ciò che intende quando annuncia di voler portare a compimento la Legge e i Profeti (cfr. 5,17) e quando raccomanda di superare la giustizia degli scribi e dei farisei, per poter aspirare al regno dei cieli (cfr. 5,20). Nella prima antitesi (5,21-26) Gesù recupera il precetto della legge mosaica che proibiva l’omicidio (cfr. Es 20,13; Dt 5,17) e lo radicalizza rendendolo ancora più esigente. L’omicidio non è la sola forma di violenza che deve essere proibita: anche l’ira, che si manifesta innanzitutto come aggressione verbale verso il prossimo, va condannata. Quando leggiamo questi versetti non dobbiamo rimanere disorientati dalla palese sproporzione che intercorre tra l’offesa verbale (dire al fratello: “Stupido!” o “Pazzo!”) e il castigo corrispondente (essere destinati al sinedrio o addirittura la Geènna), ma cogliere il senso degli esempi proposti dall’evangelista. L’intento di Gesù è quello di eliminare il “male” dell’odio a partire dai primi sintomi, perciò egli vuole risalire alla radice del male, cioè all’ira, senza attenderne gli esiti estremi (l’omicidio). Il riferimento al sinedrio e alla Geènna servono a dare risalto alla radicalità dell’impegno richiesto. I versetti successivi (vv. 23-26) propongono due esempi che servono a specificare ulteriormente quanto esposto sinora. La riconciliazione deve precedere il sacrificio, non perché il culto non sia importante, ma perché la comunione col Padre esige al contempo la comunione fraterna. Il secondo esempio è in sintonia con il primo: attingendo alla tradizione sapienziale l’evangelista Matteo invita a una pronta riconciliazione con il proprio antagonista, oggi diremmo che propone una “composizione bonaria della controversia”. Occorre evitare che l’odio e i malumori si sedimentino nell’animo, e risolvere i conflitti fintanto che è possibile, prima che questi si “cronicizzino” generando l’odio. Nella seconda antitesi (5,27-30) Gesù recupera il precetto della legge mosaica che proibiva l’adulterio (cfr. Es 20,14; Dt 5,18) e lo radicalizza rendendolo ancora più esigente. La Legge mosaica condannava l’adulterio “consumato”, ma Gesù estende il divieto anche ai desideri “cattivi” del cuore, poiché è lì che si pongono le basi del successivo agire. Su questo punto è bene essere chiari: Gesù non intende condannare i pensieri in quanto tali, né propugnare un moralismo bigotto, ma vuole piuttosto mettere in guardia dal non sottovalutare l’orientamento intimo del cuore, anche se non è visibile esteriormente. 2 Il comandamento di Gesù intende anche tutelare la donna, ritenuta troppo spesso, allora come oggi, una preda o un oggetto del desiderio, anziché un soggetto di pari dignità in relazione con l’uomo. Anche in questo caso Gesù corrobora il proprio insegnamento attraverso gli esempi dell’occhio (5,29) e della mano (5,30). Si tratta, evidentemente, di esemplificazioni iperboliche che non devono essere interpretate alla lettera, ma delle quali è importante cogliere il senso: Gesù vuole ribadire ulteriormente la radicalità dell’impegno richiesto, perciò fa ricorso a un linguaggio volutamente incisivo. A tale proposito è interessante notare che le membra del lato destro del corpo erano ritenute più importanti di quelle del lato sinistro. Anche il riferimento alla Geènna, presente pure nella prima antitesi (cfr. 5,22), serve a ribadire la serietà dell’impegno richiesto. La Geènna era la valle di Ben Hinnòm, a sud-ovest di Gerusalemme, dove anticamente fu praticato il culto al dio Moloch e che, all’epoca di Gesù, era da tempo sconsacrata e adibita a discarica, con il fuoco sempre acceso per la combustione dei rifiuti. Nella terza antitesi (5,31-32) Gesù recupera il precetto della legge mosaica che consentiva il divorzio (cfr. Dt 24,1-4) e lo supera completamente. Questa terza antitesi è strettamente collegata alla precedente mediante la correlazione del divorzio con l’adulterio. In 19,3-9 l’evangelista Matteo chiarirà meglio il rapporto tra la legge mosaica e la volontà di Gesù in relazione al divorzio. La norma dell’Antico Testamento che consentiva al marito di ripudiare la propria moglie mediante il “libello di divorzio” è una legge transitoria dovuta alla «durezza di cuore» (19,8) degli uomini, mentre il progetto originario di Dio prevede l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, creati con pari dignità a sua immagine e somiglianza per formare un’unica carne (cfr. Gn 1,27; 2,24). Come la precedente antitesi anche questa è indirizzata agli uomini poiché, a quel tempo, solo ad essi era consentito di ripudiare il coniuge, mentre il ruolo della donna era meramente passivo ed ella subiva il divorzio. L’importanza che Gesù riconosce al matrimonio come “unità che non può essere cancellata dalla legge” restituisce, al contempo, alla donna la propria dignità di “soggetto” della relazione matrimoniale al fianco del marito. Circa l’eccezione relativa ai casi di «unione illegittima» (5,32), generalmente si ritiene che il termine greco “porneîa” si riferisca alle unioni incestuose, diffuse presso i pagani. Nella quarta antitesi (5,33-37) Gesù recupera il precetto della legge mosaica che proibiva di giurare il falso (cfr. Es 20,7; Nm 30,3; Dt 23,22) e lo radicalizza rendendolo ancora più esigente. Sin dall’antichità si è sempre percepito un diffuso sentimento di disvalore nei confronti della prassi del giuramento. Gesù è in sintonia con questo comune sentire, ma il suo divieto ha una radicalità assoluta: i rapporti interpersonali tra i discepoli devono essere improntati alla più totale sincerità. Ciò rende del tutto superfluo qualsiasi giuramento. I riferimenti al “cielo”, alla “terra”, a “Gerusalemme” e alla propria “testa” rivelano una prassi, diffusa al tempo di Gesù, che consentiva di evitare il nome di Dio nei giuramenti. Tuttavia Gesù diffida dall’utilizzare anche simili espedienti. Nella quinta antitesi (5,38-42) Gesù cita il precetto della legge mosaica conosciuta anche come “legge del taglione” (cfr. Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21) e lo radicalizza rendendolo ancora più esigente. La “legge del taglione” risponde a un criterio giuridico, diffuso anche in contesto extrabiblico (ad es. il Codice di Hammurabi), che si propone di contenere e regolamentare il ricorso alla vendetta. Lo scopo della norma «Occhio per occhio e dente per dente» consiste nel fissare un criterio di proporzionalità vincolante tra offesa e reazione, in modo da evitare le escalation di violenza (ad es.: “la vita per un occhio, la vita per un dente”). Per quanto possa apparire primitiva ai nostri occhi, questa legge costituisce un progresso della civiltà nella misura in cui si prefigge lo scopo di arginare la violenza. Tuttavia a Gesù questo non basta: egli proclama la necessità di un rifiuto assoluto e radicale di ogni violenza. È bene precisare che con questa quinta antitesi Gesù non intende formulare un nuovo principio giuridico o intervenire sul diritto penale del tempo, ma fissare un principio etico. Egli propone ai discepoli uno stile di vita integralmente ispirato alla non-violenza. Gli esempi di cui ai vv. 39-42 sono volutamente iperbolici e provocatori e non devono essere presi alla lettera; Gesù non chiede ai propri discepoli un atteggiamento masochistico e palesemente ingenuo, ma vuole esprimere a chiare lettere che l’unica via percorribile per contrastare la violenza è rinunziare ad essa. L’annuncio di Gesù ha per oggetto quel Regno di Dio che si manifesta innanzitutto come infinito amore del Padre verso i propri figli e che richiede, a sua volta, un identico amore dei figli verso i fratelli. Il carattere provocatorio delle parole di Gesù è una condanna senza appello della logica della violenza che domina il mondo e disumanizza l’uomo. Il riferimento alla “tunica” e al “mantello” (5,40) allude alla disciplina del pignoramento in vigore al tempo di Gesù: la tunica era pignorabile da parte del creditore, ma il mantello no, e doveva essere restituito al debitore al termine della giornata, dal momento che costituiva la coperta nella quale egli si avvolgeva per dormire (cfr. Es 22,25-26; Dt 24,12-13). Il riferimento al “miglio da percorrere” (5,41) riflette invece la prassi, diffusa a quel tempo, delle prestazioni coatte, cioè di servizi obbligatori che generalmente consistevano nel trasporto di carichi pesanti. 3 La sesta antitesi (5,43-48) è al contempo il vertice di tutta la serie di antitesi e il completamento della quinta, che la precede. Ciò che nella quinta antitesi era espresso in forma negativa (non reagire alla violenza con la violenza), viene ora espresso in forma positiva (amare il prossimo, anche quando questi è un nemico o un persecutore). Gesù recupera il precetto della legge mosaica che imponeva di amare il prossimo (cfr. Lv 19,18) e lo radicalizza, ampliandolo e rendendolo più esigente: l’amore e il perdono non devono limitarsi unicamente ai “fratelli nel culto” (i «figli del tuo popolo», come leggiamo in Lv 19,18), ma vanno estesi anche ai nemici, poiché anch’essi sono figli del Padre e nostri fratelli. Gesù spalanca gli occhi dei discepoli su una nuova prospettiva di giustizia, non più legata alla logica della retribuzione, ma aperta all’amore incondizionato di Dio. I discepoli sono invitati ad aderire al progetto di amore del Padre, a diventare cioè “figli, nel Figlio, col Padre”. Solo riconoscendo nel prossimo un fratello possiamo veramente diventare ciò che siamo chiamati a essere: figli del Padre. 2. MEDITATIO (confrontare il messaggio con la propria vita) ALCUNE POSSIBILI PISTE DI MEDITAZIONE: • Cosa pensiamo del radicalismo di Gesù? Siamo davvero convinti che la sua proposta sia realizzabile nella nostra vita, oppure abbiamo già rinunciato al di più che ci chiede? Crediamo davvero nel suo Vangelo? • Che tipo di rapporti abbiamo col prossimo? Di rispetto e accoglienza, o di prevaricazione? Pacifici o conflittuali? Di reciprocità o di eccessiva sottomissione? • Quale custodia abbiamo dei pensieri e dei desideri del cuore? Li prendiamo in considerazione come luogo di santità o di peccato, quando facciamo il nostro esame di coscienza? Lasciamo spazio all’ira, al risentimento, al desiderio di rivalsa, oppure cerchiamo di purificare, di superare queste pulsioni negative? • Cerchiamo di essere, nel nostro agire, operatori di pace, mediatori, pontieri, oppure restiamo invischiati nella logica della rivalsa e della vendetta? Siamo consapevoli che il perdono non è un fatto sentimentale e immediato, ma un percorso, che chiama in causa prima di tutto la volontà di fermare l’odio e porre rimedio alle lacerazioni provocate? Siamo costruttori di fraternità? • Quanta sincerità c’è nelle nostre parole e nei nostri comportamenti? Siamo davvero cercatori appassionati della verità, anche quando questo ci costa fatica, e va contro il nostro utile immediato? 3. ORATIO (rispondere al Signore che ci ha parlato) Signore Gesù, infondi in noi il coraggio e la costanza per essere fedeli testimoni del tuo Vangelo e aiutaci a riconoscere negli occhi del prossimo lo sguardo di un fratello. Tu che, senza alcun peccato, hai scelto per amore di offrire la tua vita per noi, donaci la grazia di ricordare che gratuitamente ci è stato donato, e gratuitamente siamo chiamati a donare. Amen. (questa scheda è disponibile anche sul sito www.diocesiforli.it: si può scaricare andando su Uffici - Ufficio pastorale diocesano PERCORSO BIBLICO DIOCESANO “Il Vangelo secondo Matteo” - SCHEDA 3 anno 2016/2017)