avvocati a milano - Ordine degli Avvocati di Milano
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AVVOCATI A MILANO AVVOCATI A MILANO - SEI SECOLI DI STORIA Milano, dal 17 maggio al 10 luglio 2004 La Mostra, allestita nel Palazzo di Giustizia, è stata meta di un rilevante afflusso di avvocati, magistrati, cittadini in generale. L'inaugurazione è avvenuta alla presenza delle Autorità del Palazzo nonché di numerosi avvocati. Al taglio del nastro è seguito l'intervento del Presidente del nostro Consiglio dell'Ordine, Avv. Paolo Giuggioli, intervento che pubblichiamo qui integralmente: La mostra è stata fortemente voluta — pur fra non poche difficoltà — dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano e la sua realizzazione è stata possibile grazie all'impegno ed alla collaborazione di tanti che, a diverso titolo, hanno dedicato energie e tempo per la riuscita di questo evento. In particolare vorrei in principio esprimere innanzitutto il ringraziamento agli avvocati — Laura Hoesch, Consigliere dell'Ordine nel biennio conclusosi il dicembre scorso, Carlo Allorio, Consigliere Segretario del Consiglio dell'Ordine e Enrico Biagi, Consigliere dell'Ordine i quali più direttamente si sono impegnati e hanno seguito sin dall'inizio la preparazione e l'organizzazione della mostra. È stata infatti una scommessa entrare in territori e meccanismi nuovi da parte di chi le mostre è uso vederle e non organizzarle. È una scommessa multipla: con noi stessi; con chi ci ha preceduti e — ci auguriamo — con i colleghi più giovani. È stata anche una scommessa con il Palazzo, che tutti ci ospita e ci misura; e oggi siamo ancor più consapevoli del suo significato, vedendone curare le ferite. Ci ha confortati e gratificati — nella scommessa e nel nostro operato — il riconoscimento implicito del Presidente della Repubblica che ha concesso l'Alto Patronato alla mostra e che, impossibilitato ad essere presente a questa serata, ha espresso il vivo apprezzamento per il valore culturale rivestito dall'iniziativa. Al Presidente della Repubblica si sono uniti con il loro patrocinio il Ministro della Giustizia, la Regione Lombardia, la Provincia e il Comune di Milano, la Rappresentanza a Milano della Commissione Europea e il nostro Consiglio Nazionale Forense. Naturalmente il nostro grazie va ai curatori della mostra — Ada Gigli Marchetti, Alceo Riosa, Francesca Tacchi e Patrizia Caccia — per la puntuale opera di ricerca che ha reso possibile, passo per passo, documento per documento, la costruzione di un itinerario espositivo, storico senza dubbio, ma al contempo visivamente intrigante, persino ludico in alcuni passaggi: sempre e comunque alta testimonianza di costume e cultura. Di più, se la parte iniziale affascina per il recupero delle nostre radici che affondano dentro un humus di seicento anni, il cammino arriva sino all'attualità, con tutta una parte finale che in molti abbiamo vissuto e che forse avevamo dimenticato. Oggi, da dietro i vetri di raffinate bacheche, riaffiorano immagini e testimonianze dei nostri maestri, e della loro lezione, di disciplina e di vita. Esattamente quel momento di riflessione che volevamo e che ci ha spinti a realizzare la mostra. Infatti, qui si ripercorrono — certo per tappe esemplari — sei secoli di storia del “diritto”: il che vuol dire il parallelo evolversi di magistratura e difesa, e del conseguente, fondamentale incidere della “regola” sulla civiltà del convivere. Dalla Milano sforzesca e dai Giureconsulti, all'illuminismo dei Verri e di Beccaria, con la progressiva presa di coscienza dei diritti dell'uomo. Dalla ventata napoleonica che porta con sé libertà e Codici — e la prima creazione dell'Ordine degli avvocati —, al Risorgimento, con i processi ai patrioti, all'Italia unita non solo territorialmente ma anche sotto il segno del diritto, e via via sino alla prima metà del Novecento. E poi vi è la cronaca, con i grandi processi, che tanto hanno toccato l'immaginario collettivo, dando nel contempo alla figura dell'uomo di legge — magistrato o difensore — pubblica visibilità e protagonismo nei media. Di contro, dalla storia più paludata alla satira e all'autocritica, con la proposta di scritti, vignette e caricature “togate”, sorelle e nipoti dell'Azzeccagarbugli manzoniano. Infine, a chiusura del percorso espositivo, una parte dedicata all'uomo-avvocato — e molti e prestigiosi sono gli esempi —, che, smessa la toga o abbandonate le aule giudiziarie o scolastiche, si fa soldato, politico; nel tempo manager, imprenditore o amministratore... O ancora: artista, scrittore, musicista o poeta. Si pensi a Delio Tessa e a Carlo Bertolazzi, sinonimi della poesia e drammaturgia dialettale, e, anche per tutti gli altri, a Dino Buzzati. Affinché restasse traccia indelebile dell'itinerario della mostra, abbiamo voluto che il lavoro di studio e di ricerca svolti confluissero in un volume — edito da Skira — che, come si può leggere nell'introduzione allo stesso, rende testimonianza dell'incontro tra le esigenze degli studiosi — e in particolare degli storici — e quelle di coloro che attraverso la mostra hanno inteso raccontarsi. Mi sono, all'inizio, riferito al nostro Palazzo di Giustizia. La sua scelta quale sede della mostra è parsa da subito pressoché obbligata. Non soltanto, però, come luogo deputato per antonomasia, ma soprattutto per aprire a differente connotazione e nuovo “uso” i grandi e austeri spazi dell'architettura piacentiniana, già di per sé arricchiti da imponenti e preziose testimonianze artistiche del nostro Novecento. Il che — si è pensato e si pensa — avrebbe portato nel Palazzo stesso una frequentazione diversa e varia, — “laica”, se così si può dire — rendendone più accessibile entro i circuiti della quotidianità culturale cittadina, l'immagine oggi distante e ammantata da distacco reverenziale. Aprire questi spazi ad una manifestazione espositiva non è stato certamente facile e non solo per gli ormai noti problemi insorti in corso d'opera. Al proposito, cogliamo l'occasione per ringraziare e complimentarci con gli architetti Roberto Bocchiola e Paolo Ricci, per essere riusciti con eleganza e senza contrastanti impatti, a inserire un allestimento conchiuso entro le superbe, ma sicuramente incombenti, architetture del Palazzo. Vorrei proseguire a questo punto con i ringraziamenti, che rivolgo al Centro studi “Europa: storia e comunicazione” Dipartimento di storia della società e delle istituzioni — Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano per l'organizzazione della mostra in collaborazione con il Consiglio dell'Ordine. Un grazie caloroso va in particolare ai numerosi prestatori delle opere e del materiale documentale esposti — e, quindi, alle raccolte pubbliche: biblioteche e archivi, ed ai privati — per la disponibilità dimostrata nella concessione dei preziosi prestiti. Ringrazio poi il personale dell'Ordine, che ha contribuito in modo determinante alla migliore realizzazione di questo straordinario evento culturale, superando anche i numerosi ostacoli che si sono presentati nelle diverse fasi di preparazione della mostra. E ancora: gli sponsor, perché sappiamo che la mostra ha potuto essere realizzata anche per il contributo finanziario offerto da parte di enti pubblici e soggetti privati. In particolare si ringraziano: Camera di Commercio di Milano, Sanpaolo Imi, UGC Banca, Gruppo Unicredit, Banca Popolare di Sondrio, Ras, Graniti Fiandre, Flos, Datamat, Infine vorrei esprimere il ringraziamento — alla Commissione Manutenzione del Palazzo di Giustizia e ai Capi degli Uffici Giudiziari che la compongono, che, con vivo interesse hanno seguito i preparativi e hanno concesso le autorizzazioni necessarie all'allestimento e all'apertura della mostra. — al Provveditorato alle Opere Pubbliche: per aver garantito l'ultimazione dei lavori di messa in sicurezza dell'area nella quale la mostra è stata allestita e, per la collaborazione offerta: — al Comune di Milano — al Comando Carabinieri presso il Palazzo di Giustizia — al corpo di vigilanza Cittadini dell'Ordine L'urgenza degli interventi di messa in sicurezza di quest'area e dell'atrio sottostante al primo piano, ci hanno costretto a rinviare l'apertura della mostra, programmata per lo scorso gennaio. Oggi, dunque, l'inaugurazione assume un significato particolare, al quale tutti noi teniamo. Essa rappresenta, infatti, il segnale eloquente del principio di risanamento del degrado dell'immobile e, perciò, con il “taglio del nastro” festeggiamo un po' anche la restituzione del Palazzo agli operatori di giustizia e ai cittadini. È ovviamente nostra speranza vedere compiuti anche i tanti altri lavori necessari allo svolgimento delle attività giudiziarie e all'accoglienza di avvocati, magistrati e cittadini. Ci auguriamo pure che la mostra di oggi possa costituire l'inizio di tutta una futura attività espositiva di ricerca e approfondimento. *** Ha poi preso la parola il Primo Presidente della Corte di Appello di Milano Dott. Giuseppe Grechi il quale ha espresso il sentimento di condivisione della Magistratura milanese quanto alla Mostra ed ha manifestato l'auspicio di una sempre più fruttuosa collaborazione tra avvocati e magistrati per il miglior funzionamento della macchina giudiziaria. *** Ricca è stata la documentazione esposta, ottenuta dall'Archivio di Stato (anni 1500 e 1566): Concessione al Collegio dei Giurieconsulti della facoltà di rappresentanza di terzi nelle cause civili. Sono stati altresì esposti — tra numeroso altro materiale — gli Statuti del Collegio dei Giurieconsulti e dei Giudici di Pavia (anno 1735); una stampa raffigurante Carlo Sala “ladro sacrilego” condotto al patibolo “tormentato per strada con tre colpi di rovente tenaglia e amputazione della mano destra” (1775); La documentazione del “processo agli untori della peste”: (stampa del 1839); il bronzo di Cesare Beccaria (del 1950, da una collezione privata), e l'edizione del 1767 “Dei delitti e delle pene”; Il diario di Pietro Verri del “Mediolanensis Fori”; il Codice di Napoleone il Grande per il Regno d'Italia (Stamperia Reale, Milano MDCCCVI) a rievocare la stagione dell'illuminismo e poi, il Costituto di Federico Confalonieri (Zanichelli Bologna 1940). Sono state esposte numerose pubblicazioni di Luigi Majno (1916); di Zanardelli (“l'Avvocatura” del 1920); il Ritratto di Giovanni Porro, fondatore del “Monitore dei Tribunali” del 1909; il “Resoconto Morale” (1886) dell'Associazione fra i legali del Distretto della nostra Corte di Appello, letto dal Presidente dell'Associazione, Samuele Segrè, con particolare riferimento al “lavoro giudiziario civile e delle condizioni locali dell'Avvocatura”. L'esposizione ha mostrato i ricordi fotografici di Filippo Turati, Ersilia Majno e Anna Kuliscioff, la pubblicazione di Ercole Vidari: “La donna può fare l'Avvocato?” (1884); La rivista d'Udienza (1920) quindicinale dell'allora Sindacato Avvocati, diretto dall'Avvocato Ermanno Jarach, vicedirettore Leone Del Vecchio; una copia de “Le prove penali” di Eugenio Florian, aggiornata con gli appunti del maestro, da Pietro Fredas. È stata ricordata la Commemorazione di Cesare Covi tenutasi all'Umanitaria il 3 marzo 1967. E poi, ancora, sono state esposte le “schede” dell'allora “Sindacato Fascista Avvocati e Procuratori di Milano” riguardanti la cancellazione dall'Albo di Avvocati ebrei a seguito delle leggi raziali. Il “percorso” è proseguito con gli scritti di Edoardo Majno (Presidente del nostro Consiglio dell'Ordine) e di Carlo Majno; con il ricordo e gli scritti del grande penalista Enrico Gonzales, quelli del nostro Antonio Greppi (“Vita e passione di Avvocato”); di Cesare Degli Occhi e Arialdo Banfi, di Piero Calamandrei (“Troppi Avvocati” 1921) e molti altri ancora. Via via, con riguardo al secondo dopoguerra attraverso un'interessante documentazione, la Mostra è proseguita con alcuni accenni ai tempi più recenti. Questa la cronaca succinta dell'avvenimento il quale è stato accompagnato da una corposa documentazione presentata ottimamente da Alceo Riosa e introdotta da Francesca Tacchi, pubblicazione che si conclude con la “rassegna dei periodici giuridici milanesi dal 1848 al 1946”.