Il fattore di rischio Partiamo da un detto piuttosto famoso: prevenire è

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Il fattore di rischio Partiamo da un detto piuttosto famoso: prevenire è
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Capitolo VII
Capitolo VII
Il pronto soccorso e la prevenzione
degli infortuni
Il fattore di rischio
Partiamo da un detto piuttosto famoso: prevenire
è meglio che curare. Questa massima può essere
applicata anche al pronto soccorso e alla prevenzione degli infortuni. Ovvero, prima e più di essere
costretti a prestare opera di primo o pronto soccorso,
è meglio prevenire il verificarsi di accidenti che ne
necessitino.
Questo si applica a tutta la nostra vita quotidiana,
e non necessariamente a situazioni che appaiono, a
priori, di rischio elevato. È infatti del tutto evidente
che la persona normale ha una percezione individuale
del rischio assolutamente non fondata. Pochi esempi
bastano a chiarire questo punto: moltissime persone
hanno un terrore sacro di volare, e nessuna paura
quando prendono, o salgono, sull’automobile. Ebbene la probabilità di perire in un incidente automobilistico è ben 60 volte maggiore (1 su 100 contro 1 su
6000) di quella di soccombere in un incidente aereo.
Da notare, per inciso, che questa distorta percezione
caratterizza non solo gli utenti, ma anche le compagnie aeree e le case automobilistiche. Infatti, hostess e
steward ripetono fino alla noia, ad ogni volo, la stanca cerimonia relativa alla dimostrazione nei confronti
dei passeggeri sull’uso delle dotazioni di sicurezza
degli aeromobili, maschere per l’ossigeno, posizione
di sicurezza, uscite, ecc., mentre nessuno informa il
neoacquirente di un’automobile come si devono usare correttamente cinture di sicurezza, airbag, seggiolini per bambini, quali sono le particolarità dell’ABS,
e così via.
Altro esempio: molti studenti hanno il terrore, a dir
poco, di certe esercitazioni di ginnastica attrezzistica
che si svolgono in palestra, mentre nella propria casa
si sentono protetti come pulcini nell’uovo. Le statistiche invece dimostrano che l’ambiente domestico
è attualmente, almeno in Italia, il più pericoloso in
assoluto. Infatti, limitandoci agli incidenti mortali,
muoiono fra le mura domestiche circa 8000 persone l’anno (dati Ispesl 2010), mentre le vittime per
incidenti stradali sono state 2185 nel 2011 (in forte
calo, fonte Polizia Stradale e Arma dei Carabinieri), e
quelle per infortuni sul lavoro, sempre nel 2011, solo
550 (dati INAIL).
Per quanto riguarda gli infortuni mortali in palestra,
non esistono statistiche. Probabilmente ne capitano,
ma la loro incidenza è talmente bassa che, anche
scandagliando con cura bibliografia cartacea e ogni
angolo della rete, non ho trovato alcuna cifra. Ho
trovato soltanto una statistica, peraltro, interessante, relativa agli incidenti non mortali avvenuti nelle
palestre delle scuole secondarie della provincia di
Treviso, nel 2004. Sono stati 1185 e rappresentano il
14,3% di tutti gli infortuni occorsi agli studenti delle
scuole secondarie di primo e secondo grado. L’ora
critica in cui avvengono più incidenti è fra le 9 e le
10, subito seguita dalla fascia oraria 12-13. Il giorno
più rischioso è il lunedì ( in linea con gli altri ambienti
di lavoro). I soggetti più a rischio sono i ragazzi di 14
anni, seguiti da quelli di 18. Le attività più rischiose
risultano i giochi di gruppo, seguiti dall’utilizzo della
palla. Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato
dalla compresenza di più classi nella stessa palestra.
Le lesioni più frequenti sono le distorsioni/lussazioni/
contusioni a carico di piede-caviglia e mani-polsi.
Non irrilevante è il numero delle fratture-infrazioni a
carico di mani-polsi.
Naturalmente, viene da chiedersi perché, come è stato
fatto in altri campi, non si corra ai ripari per quanto
riguarda gli incidenti fra le mura di casa. Infatti, negli
altri ambiti si è fatto molto, con normative più severe
sulla sicurezza sul lavoro e maggiore vigilanza, e con
la patente a punti: ricordo per esempio che negli anni
Settanta il numero dei morti sul lavoro all’anno era
dieci volte tanto e che fino a pochi anni fa il numero
di morti sulle strade era quattro volte tanto. Per gli
incidenti domestici poco o nulla, e poi si sentono
sui media servizi come quello di qualche tempo fa
alla radio, sul GR2 dove, parlando della sicurezza
elettrica domestica, la giornalista, con aria saccente,
richiamando la normativa vigente, ricordava che c’è
un tasto, vicino al salvavita del nuovo contatore, che
bisognerebbe premere una volta al mese, per verificare la buona funzionalità del tutto. E chi mai ce l’ha
detto?
La prevenzione
Quindi, la prevenzione. Innanzitutto, per quanto ci
compete, in palestra. Non già rifiutandosi di fare
attività programmate dall’insegnante, a torto ritenute pericolose, quanto invece ponendo in essere tutte
le manovre necessarie letteralmente a impedire il
verificarsi di un infortunio. Emblematico è il caso di
un’attività come il volteggio al cavallo, che ingenera
in molti allievi un terrore atavico salvo poi, presa confidenza con l’attrezzo, assistere al disinvolto comportamento di altri allievi (o magari degli stessi!) che si
dimenticano di eseguire l’assistenza sul posto, come
assegnato e consegnato dall’insegnante. È proprio
quando un’attività non ci incute più il reverenziale
Il pronto soccorso e la prevenzione degli infortuni
e sacrosanto rispetto (non timore) che merita, che il
rilassamento conseguente può produrre conseguenze
nefaste. Quindi, mai allentare la vigilanza, la sorveglianza, l’assistenza.
La vigilanza sull’integrità delle attrezzature spetta, di
norma, all’insegnante ma, se avete dei fondati dubbi
sul buon ordine, la messa a norma, l’efficienza di
qualche attrezzo, fisso o mobile, non esitate a farne
partecipe l’insegnante stesso.
Non si insisterà mai abbastanza sull’abbigliamento.
Un abbigliamento comodo e adatto all’attività motoria è una garanzia di abbattimento di possibili infortuni. Chiaramente, non troppo comodo. Le scarpe che
non si possono allacciare sono totalmente inadatte
alla pratica dell’attività fisica (chi scrive ha anche
qualche dubbio che lo siano alla vita di relazione, ma
tant’è…), così come i pantaloni che si allungano oltre
il bordo inferiore delle scarpe. Nel primo caso è in agguato, come minimo, una distorsione della caviglia,
nel secondo un molto comico, ma anche quasi sempre
ricco di conseguenze nefande, inciampo. I pantaloni,
lunghi o corti, troppo bassi in vita, sono anch’essi di
impedimento, alla corsa o al salto, e possono causare
infortuni.
Anche l’abbigliamento troppo stretto può essere
pericoloso, nel non favorire la circolazione o la respirazione. Occorre inoltre sempre essere equipaggiati per il tipo di clima che si prevede di trovare ma,
soprattutto, per quello che non si prevede di trovare.
Ovvero, una tuta nella sacca da ginnastica non prende
mai troppo posto, come pure una maglietta o un paio
di pantaloncini corti sotto la tuta, se la si indossa. Le
forti escursioni termiche, non c’è quasi neanche bisogno di dirlo, favoriscono gli incidenti.
Un buon riscaldamento allontana il pericolo di infortuni articolari e muscolari, poiché il liquido sinoviale
all’interno delle articolazioni comincia a scorrere
efficientemente lubrificando le cartilagini di rivestimento, e l’aumento della temperatura all’interno del
muscolo riduce gli attriti facendo scorrere i filamenti
proteici delle miofibrille muscolari in modo tale da
ridurre al minimo il rischio di contratture, distorsioni
e strappi. Tuttavia, anche alla fine dell’attività, con
il corpo perfettamente caldo, il rischio di infortuni
aumenta. Questo avviene quando si è particolarmente stanchi, pieni di acido lattico, e in questo caso il
muscolo è particolarmente vulnerabile. Direttamente,
esso può incorrere negli infortuni muscolari prima
citati; indirettamente, non contraendosi o allungandosi in modo efficiente, non riesce a collaborare con
le articolazioni nella pratica contentiva, di fissaggio
dei capi articolari, permettendo così la distorsione o
la lussazione.
Uscendo dalla sfera motoria, ed entrando in quella di
relazione, raccomandazioni sempre valide, fino alla
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noia, sono quelle relative all’uso del casco (sempre
allacciato, altrimenti serve quasi a nulla!) e alla cintura di sicurezza. Per un malposto senso di pietà quasi
sempre i mass media omettono di dire che le persone
che solitamente muoiono negli incidenti stradali non
avevano il casco o la cintura allacciata, mentre gli
altri si salvano. Ma è così. Sempre in quest’ambito,
più che la prudenza, la severa osservanza personale
del codice della strada riduce di moltissimo il rischio
di incidenti. La prudenza, semmai, deve applicarsi al
comportamento degli altri. Ovvero, non sentitevi con
la coscienza a posto se non siete voi a causare l’incidente. Questo può non bastare a salvarvi la vita.
Non fidatevi mai, mai, mai, di quello che gli altri
stanno facendo o sembrano voler fare.
Non ci sarebbe neanche il bisogno di dirlo, ma visto
il proliferare di comportamenti allucinanti forse non
è sprecato: non fate mai uso di qualsiasi sostanza psicoalterante, quando siete alla guida di qualsiasi mezzo, meno che meno l’alcool, e non salite mai come
passeggero su un mezzo condotto da qualcuno che è
in stato alterato, anzi cercate di dissuaderlo con ogni
mezzo dal guidare.
Se andate con i vostri vecchi a comprare una nuova
auto, e avete voce in capitolo, insistete sulle dotazioni
di sicurezza, soprattutto sugli airbag, che sono dei
formidabili salvavita. Meglio un’auto con otto airbag
e l’ABS che una con 150 cavalli, il posto per 7 persone (quando magari siete solo quattro in famiglia), i
cerchi in lega, il bluetooth, il clima automatico e altre
amenità del genere. Se poi l’auto è per voi, fatevi un
po’ di conti: dopotutto, la pelle è vostra…
Pronto soccorso nel caso di infortuni articolari
La distorsione è un infortunio che conduce al distacco temporaneo dei capi articolari, che però non rimangano distaccati, ma rientrano subito in sede. Ci può
essere danneggiamento della capsula articolare, di
uno o più legamenti, che però di solito non si rompono, ma rimangono integri. Normalmente si produce un
ematoma, ovvero un gonfiore prodotto dalla rottura
traumatica, in seguito alla lesione, dei vasi sanguigni,
e impotenza funzionale. È ovvio che questa dev’essere verificata in situ dal soccorritore, senza procedere
in nessun modo a mobilizzare la parte colpita. Tipica
distorsione è quella della caviglia, l’infortunio di
maggiore incidenza fra chi pratica sport, anche a livello professionistico. Il primo intervento di elezione
per la distorsione è garantire l’immobilità della parte
e l’applicazione di ghiaccio, che può limitare il versamento ematico e avere un effetto antalgico.
La lussazione è la perdita di contatto permanente fra
i capi articolari e, come si può capire, è di livello più
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grave della distorsione. La capsula articolare si può
rompere, come uno o più legamenti. Mentre per la
distorsione basta solo il riposo e la manipolazione
non è necessaria, per la lussazione si deve procedere
alla riduzione, che può essere sia chirurgica che, per
alcune lussazioni (spalla, dita, mandibola), e nella
prima ora dall’infortunio, manuale. L’ematoma è di
solito molto esteso, il dolore molto maggiore e l’impotenza funzionale è assoluta. Il primo intervento è
garantire anche qui l’assoluta immobilità della parte
colpita e l’abbondante uso di ghiaccio. Nei casi meno
gravi di lussazione (dita, mandibola, spalla) se si
trasporta, o si accompagna personalmente (è infatti
discutibile mobilizzare un’autoambulanza o un’auto
medica per infortuni del genere, nell’incertezza sentire comunque sempre il 118) il malcapitato al pronto
soccorso, si deve essere certi di garantire l’immobilità
della parte colpita e, una volta arrivati, si deve far presente, con fermezza, anche se gentilmente, che cosa
il soggetto ha avuto, in modo che i sanitari possano
procedere all’eventuale riduzione manuale. Se essa
non avviene entro la prima ora, infatti, come detto, si
deve procedere chirurgicamente.
Gli infortuni muscolari
La contusione è un trauma diretto dovuto ad un urto
contro un ostacolo, un contrasto di gioco, una caduta
al suolo. Se si produce una lesione delle sole fibre
muscolari la guarigione avviene completamente e,
in fase di primo intervento, non si devono osservare
particolari attenzioni. Se invece viene interessato anche il tessuto connettivale di supporto, si ha lesione
dei vasi: nei casi di traumi di minore entità solo dei
capillari interstiziali, con formazione di ecchimosi,
nel caso di traumi più gravi dei vasi più grossi, con
formazione di vero e proprio ematoma. Questo tipo
di lesione guarirà con la formazione di una cicatrice fibrosa permanente. In questi casi l’applicazione
immediata di ghiaccio può limitare la formazione
dell’edema e quindi ridurre anche la dimensione della
cicatrice che si formerà in seguito.
I traumi indiretti possono essere di solito causati da
fattori meccanici, quali un’abnorme escursione muscolare, oppure un problema momentaneo di coordinazione neuromuscolare, tale per cui si crea una
disincronia fra muscoli agonisti e antagonisti durante
un movimento. Il trauma meno grave è la contrattura, dovuta ad un’alterazione diffusa del tono muscolare, conseguenza di uno stato di affaticamento del
muscolo, senza però lesioni anatomiche. Poi abbiamo
lo stiramento, dovuto all’allungamento delle fibre
muscolari, senza anche qui lesioni delle fibre. Nel
caso dello strappo, invece, si crea una rottura di fibre
muscolari, con lesione dei vasi e conseguente ecchimosi o ematoma. Vi sono tre gradi di gravità dello
strappo: il primo comporta una lacerazione di poche
miofibrille di un fascio, ma non dell’intero fascio; il
secondo, con lacerazione di uno o più fasci, ma con
interessamento di meno dei tre quarti della superficie
di sezione anatomica del muscolo nel punto colpito;
terzo grado, con rottura muscolare che coinvolge più
di tre quarti della superficie di sezione anatomica del
muscolo, fino alla rottura completa. Il quadro clinico
di una lesione muscolare comporta dolore, che si acutizza fortemente alla palpazione e al movimento attivo
e passivo della zona colpita, impotenza funzionale più
o meno grave a seconda del danno. Alle volte si può
apprezzare una depressione in corrispondenza della
lesione. Anche qui il trattamento immediato richiede
l’applicazione di ghiaccio abbondante, in attesa del
trasporto, nei casi più gravi, al pronto soccorso.
Le fratture
Le fratture sono rotture delle ossa. Possono essere
incomplete o complete. In quest’ultimo caso, possono essere composte, quando i monconi rimangono
allineati, scomposte, quando i monconi si spostano,
esposte, quando i monconi fuoriescono dall’epidermide.
Nel caso di fratture, prima del trasporto bisogna
procedere all’immobilizzazione della parte. La cosa
migliore è attendere l’intervento dei soccorsi qualificati dotati di apposite attrezzature medicali, come le
steccobende, i collari rigidi, le barelle a cucchiaio, il
materassino a depressione e via dicendo. Se questo
non è possibile bisogna improvvisare delle immobilizzazioni con mezzi di fortuna. Nel caso di una
sospetta frattura di un arto si può cercare di steccarlo,
con delle stecche di legno o comunque dei sostegni rigidi, avvolti in stracci, giornali, indumenti, e successivamente, bendati e fasciati. Nel caso di una frattura
di una gamba, in mancanza di meglio, si può usare
l’arto sano come sostegno.
In ogni caso, non forzare il movimento della parte
colpita per verificare la presenza di una frattura: si
correrebbe il rischio di trasformare una frattura composta in una scomposta o, peggio, esposta. Inoltre,
l’applicazione di ghiaccio può essere sempre utile
per limitare il versamento ematico e per alleviare il
dolore, che è sempre, di norma, ingente.
Le ferite e le emorragie
Nel caso di ferite imponenti, il soccorritore non si
deve preoccupare troppo della loro disinfezione,
Il pronto soccorso e la prevenzione degli infortuni
quanto di tamponare l’emorragia. L’infortunato
sarà poi medicato e disinfettato in ospedale.
Nel caso di ustioni o di fratture esposte, è invece
assolutamente importante cercare di mantenere il più
alto grado possibile di sterilità per evitare complicazioni, o infezioni.
Nel caso invece di piccole ferite, abrasioni o escoriazioni, prima della medicazione bisogna procedere
a disinfettare la parte. Per prima cosa bisogna lavare
la ferita sotto un getto di acqua e sapone e rimuovere
eventuali oggetti estranei, come schegge o terriccio.
Successivamente bisogna disinfettare la ferita con
acqua ossigenata. Evitare l’uso di alcol o della tintura
di iodio, sostanze nocive se applicate direttamente
sulle ferite. L’alcol è invece indicato per disinfettare
gli strumenti da utilizzare nella medicazione, come
pinzette, forbicine, aghi.
Per la medicazione, ricoprire la ferita con garze sterili. Al di sopra di queste, ma non a diretto contatto con
la ferita, si può porre del cotone idrofilo con funzione
di tampone. Il cotone idrofilo rilascia infatti numerosi
filamenti che restano appiccicati alla ferita ed è perciò
consigliabile evitare il contatto diretto.
La medicazione, infine, può essere fissata mediante
bende o cerotti. Il cerotto non deve mai essere applicato sopra la ferita, che deve “respirare”, ma sempre
di lato, per fissare la garza. Le medicazioni devono
sempre avere un’estensione maggiore della ferita, che
deve essere interamente ricoperta.
Le emorragie massive, che interessano grossi vasi
e sono perciò molto abbondanti, vanno tempestivamente arginate per evitare che l’infortunato perda eccessive quantità di sangue o muoia dissanguato. Per
bloccare o diminuire le perdite bisogna cercare di fermare l’emorragia comprimendo i vasi in alcuni punti
dove il loro passaggio è facilmente raggiungibile. Se
non si conoscono questi punti, va anche bene comprimere direttamente la zona da cui esce il sangue.
Per la compressione vanno usate delle garze sterili
o, in mancanza, fazzoletti di carta o anche di cotone
puliti. Le emorragie arteriose, essendo le arterie più
profonde delle vene, sono più rare, ma quando si verificano possono impressionare più di un soccorritore,
perché il sangue esce copioso, e a fiotti, schizzando a
una certa distanza dalla ferita; chi soccorre non deve
perdere la calma: oltre a comprimere la ferita è buona
norma tenere sollevata la parte colpita rispetto al cuore, togliendo quindi forza all’emorragia.
Il laccio emostatico è da utilizzare con molta prudenza e solo in caso di assoluta necessità. Questo sistema
infatti esclude completamente la circolazione sanguigna con il rischio di procurare una necrosi dei tessuti.
Il laccio emostatico non va mai tenuto a lungo, dopo
30 minuti comincia ad essere rischioso e più passa
il tempo più il rischio di complicazioni aumenta. I
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lacci emostatici si possono improvvisare con strisce
di stoffa, sciarpe e stracci di circa 4 o 5 centimetri di
larghezza. Non usare mai corde, fili elettrici o stringhe che ledono i tessuti.
Lo shock
Lo shock è una sindrome dovuta a una diminuzione
dell’afflusso di sangue nei tessuti. E’ una conseguenza
della caduta della pressione arteriosa e si verifica
in seguito a numerosi fattori: quando si presenta
un’emorragia con conseguente diminuzione del volume del sangue; quando si ha una dilatazione dei vasi
(vasodilatazione) e di conseguenza calano la pressione
e l’irrorazione sanguigna; quando avviene una diminuzione della gittata cardiaca; può essere anche causato
da una grave reazione allergica (shock anafilattico).
L’infortunato appare in uno stato di prostrazione da
insufficienza cardiocircolatoria acuta, spesso è in uno
stato di confusione mentale, afasia (mancanza di parola), ha freddo, è pallido, può andare incontro a una
perdita di coscienza.
In caso di shock bisogna porre l’infortunato in una
posizione che favorisca l’afflusso di sangue al cervello. Dopo aver cercato di eliminare la causa dello
shock, per esempio bloccando un’emorragia, tranquillizzando l’infortunato e così via, è necessario
cercare di agevolare la circolazione, slacciando gli
indumenti che possono stringere e ponendo il soggetto in modo che il capo sia più in basso del corpo. In
questo modo, per gravità, il sangue tende a defluire
verso il cervello. Se l’infortunato viene fatto sdraiare
su un piano rigido, si può porre qualcosa sotto i piedi.
In alternativa lo si può far sdraiare per terra sollevandogli le gambe.
Posizione laterale di sicurezza
Una persona in stato di incoscienza, ma con le funzioni vitali, ovvero polso e respiro, inalterate, può
rischiare di soffocare o di non respirare sufficientemente per delle ostruzioni delle vie aeree causate
per esempio dal vomito, oppure per il rovesciamento
all’indietro della lingua. La posizione laterale di sicurezza evita questo rischio, mantenendo una postura
corretta in modo che il vomito possa defluire all’esterno, e che la lingua non si rovesci grazie all’iperestensione della testa. L’infortunato va posto sdraiato su un
fianco, con una gamba distesa e una piegata, in modo
da assicurare stabilità ed evitare che possa rotolare
(fig. 26). La testa va iperestesa, per agevolare la respirazione, su un lato, in modo che, in caso di rigetto,
il vomito possa defluire senza ostruire le vie aeree.
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Fig. 26. Posizione laterale di sicurezza.
Non eseguire mai questa manovra in caso di sospette
lesioni alla colonna vertebrale o fratture.
Manovra di Heimlich
Un corpo estraneo (cibo, tappi, dentiere...) può talvolta ostruire le vie aeree e portare all’asfissia. L’infortunato improvvisamente diviene incapace di respirare,
tossire e parlare. Cercare di afferrare con le mani ed
estrarre il corpo estraneo può essere utile, ma non
sempre l’oggetto è estraibile in questo modo. Inoltre
si corre il rischio di spingerlo ancora più all’interno.
Dare dei colpi sul torace o sulla schiena può essere
una valida manovra, ma non sempre è sufficiente. 
Più utile è la tecnica di far contemporaneamente chinare in avanti l’infortunato, magari appoggiandosi
allo schienale di una sedia, per sfruttare anche la
forza di gravità.  La manovra più efficace è quella di
Heimlich (fig. 27): il soccorritore si pone alle spalle
dell’infortunato e lo cinge ponendo il pugno chiuso
alla bocca dello stomaco, tra lo sterno e l’ombelico.
A questo punto preme in modo rapido, forte e ripetuto il pugno verso la testa dell’infortunato facendo
contemporaneamente anche pressione sull’addome.
L’infortunato dovrebbe rigettare immediatamente
l’oggetto che gli ha ostruito le vie aeree. Nel caso di
un bambino si può addirittura afferrarlo per i piedi a
testa in giù e dargli dei colpetti sulla schiena.
Rianimazione cardio-polmonare
Se un infortunato è incosciente, bisogna immediatamente verificare la presenza delle funzioni vitali:
respirazione e polso. Per prima cosa si deve verificare la respirazione: il protocollo di intervento dei
soccorritori prevede in questo caso la cosiddetta
manovra GAS (Guardo, Ascolto, Sento): il soccorritore si pone accanto alla testa dell’infortunato e,
avvicinando l’orecchio alla bocca ed al naso, contemporaneamente osserva l’espansione del torace:
guarda l’espansione del torace, ascolta eventuali
sibili dovuti alla respirazione, sente il calore dell’aria
espirata sulle proprie guance. Le pulsazioni del cuore,
invece, si possono percepire più facilmente sul collo:
si pone indice e medio sul collo, esattamente sotto la
mandibola, premendo un po’ sul punto di fianco al
pomo d’Adamo, dove si trova l’arteria carotide. Per
esercitarsi a trovare l’arteria carotidea il soccorritore
deve cominciare a prendere il polso carotideo a se
stesso. Individuato il punto, sarà poi facile trovarlo
anche negli altri.
Se l’infortunato è incosciente con respiro assente
e battito cardiaco presente bisogna immediatamente
procedere alla respirazione bocca a bocca. Nel caso
anche il battito cardiaco sia assente bisogna procedere alla respirazione bocca a bocca e al massaggio
cardiaco. Prima di procedere alla respirazione è però
necessario verificare che non vi siano ostruzioni nella
bocca dell’infortunato: utilizzando un dito messo a
uncino si esplora rapidamente il cavo orale estraendone eventuali oggetti. Poi, si deve procedere ad iperestendere il capo dell’infortunato (fig. 28). Infatti, con
il capo piegato in avanti, la lingua potrebbe ostruire la
respirazione, e l’aria insufflata non passerebbe. Dopo
Fig. 27. Manovra di Heimlich.
aver posto l’infortunato supino, è sufficiente collocare una mano sulla fronte e una sotto la mandibola per
effettuare l’iperestensione.
Chiudere con due dita il naso dell’infortunato per
evitare che l’aria che è stata insufflata fuoriesca.
Dopo avere inspirato profondamente, far aderire le
proprie labbra con quelle dell’infortunato (meglio
dopo aver apposto una garza sterile o almeno un fazzoletto pulito) e insufflare con forza per due volte.
Fra un’insufflazione e l’altra controllare che il torace
si sollevi per poi abbassarsi immediatamente dopo.
Nel caso l’infortunato sia un bambino, il soccorritore
può far aderire le proprie labbra sul viso del bambino
effettuando le insufflazioni contemporaneamente attraverso la bocca e il naso dell’infortunato. In questo
caso la quantità di aria insufflata e la forza dell’insufflazione devono essere ridotte.
Il pronto soccorso e la prevenzione degli infortuni
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Fig. 28. La respirazione bocca a bocca.
Per effettuare il massaggio cardiaco, l’infortunato deve essere sempre supino, se possibile addirittura disteso su un piano rigido e in posizione
antishock. Prima di  procedere al massaggio è necessario individuare il punto di compressione. Per
trovarlo si può misurare ad occhio la lunghezza dello
sterno, individuare la metà e porre il palmo della
mano appena sotto questa metà. La procedura più
corretta e precisa, tuttavia, è la seguente: ci si posiziona in ginocchio a lato dell’infortunato, si parte
dal margine inferiore dell’arcata costale e si risale
con due dita unite seguendo la costola sino a quando
non si raggiunge il punto in cui le costole si congiungono con lo sterno. Una volta trovato questo punto
bisogna porre su di esso il dito medio e sopra di esso
apporre anche il dito indice. Immediatamente sopra
le due dita, sullo sterno, bisogna poi apporre il palmo
dell’altra mano. Questo è il punto di repere, e cioè il
punto più corretto dove andrà effettuato il massaggio
cardiaco. Non resta dunque che sovrapporre anche
l’altra mano, facendo ben attenzione che le dita della
mano che premono sullo sterno siano ben sollevate. É
questo il punto migliore per comprimere il cuore: al
di sopra si rischia di rompere lo sterno, al di sotto si
rischia di procurare fratture alle costole con possibili
lesioni di organi vitali come il fegato o i polmoni.
Mantenere le braccia ben tese, non piegate (fig. 29),
perché il massaggio è efficace se è perfettamente
verticale e non deve mai seguire un asse obliquo. A
Fig. 29. La tecnica corretta del massaggio cardiaco.
questo punto eseguire la prima compressione facendo
forza, in modo perpendicolare, con tutto il peso del
corpo, e poi rilasciare. Lo sterno si deve abbassare
di circa 4 o 5 centimetri. L’operazione va ripetuta 30
volte, le compressioni vanno fatte con il ritmo di 100
al minuto. Dopo 30 compressioni, spostarsi velocemente vicino alla testa dell’infortunato ed effettuare
altre due insufflazioni. Continuare così alternando 30
massaggi e 2 insufflazioni, per cinque cicli consecutivi (30 + 2, 30 + 2, 30 + 2, 30 + 2, 30 + 2). Questi durano complessivamente all’incirca due minuti. Passati
i due minuti, controllare che le funzioni vitali siano
ripristinate. Se così non è, riprendere con le tecniche
rianimatorie, per altri cinque cicli, e poi ancora per
cinque, e così via, fino a che tornano le funzioni vitali
o arrivano i soccorritori.
Nel caso di bambini, le compressioni devono essere
meno energiche. Anche il punto di compressione è
differente: in particolare nei neonati il punto di compressione si trova nel punto mediano della linea di
congiunzione dei capezzoli e la compressione deve
essere fatta con due dita anziché con i palmi delle
mani. Questo vale anche per i bambini molto piccoli:
la compressione va effettuata soltanto con le dita, se
non si vuole procurare uno sfondamento del torace.