La balena di Toritto
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La balena di Toritto
LA "BALENA" DI TORITTO C'era una volta... Quest'oggi parleremo non di un pesce, né di un cetaceo, ma di un nomignolo "balena", dato dalla gente di Toritto ad un 'automobile Fiat 1400 Diesel, di colore scuro, entrata di prepotenza nel costume dei torittesi. Essa faceva coppia con un incredibile personaggio che i non più giovanissimi certamente ricorderanno con affetto e simpatia Mimi Giaccia (ora vive in Canada). Son ben quarantacinque anni che non ci vediamo, divisi dalle strade della vita. L' automobile, sempre lucida e di colore scuro, con sagoma di "balena", quando ovviamente non andava in giro, la trovavi parcheggiata sotto la scalinata della "Democrazia Cristiana" in Piazza vecchia oppure vicino alla Chiesa della Madonna delle Grazie in Piazza Nuova, in attesa di "vettura", di qualcuno, insomma, che la noleggiasse per necessità, per urgenza. Mimi, col suo volto sempre sorridente, amico di tutti, ti portava, mettendoti subito a tuo agio, nella località richiesta. A quei tempi, possedere un' automobile era alla portata di pochissimi per cui quando si presentava il problema di spostarsi, si ricorreva alla "Balena". Vi erano viaggi ammantati di tristezza quando si doveva partecipare ad un evento luttuoso fuori del paese o quando si doveva accompagnare un parente o un amico a Napoli o all'aeroporto che emigrava in terre lontane; qualcuno che conoscevi benissimo, magari eri andato a scuola insieme o avevi bevuto insieme un bicchiere di spuma in allegria. Vi erano poi delle "vetture" felici, quando si andava, per esempio, a conoscere i parenti del futuro sposo o sposa di un altro paese; oppure a qualche festa patronale dei dintorni. Sempre e in ogni circostanza, Mimi veniva "trattato" non come un uomo assoldato, ma come uno di famiglia. Egli ricambiava col viso suadente e con grande simpatia e questo lo rendeva un uomo incredibile della mia terra in cui mi bèo nel viaggio dei ricordi. Ero legato a Mimi da amicizia bella e rara nella sua semplicità e assieme ad un altro personaggio, Vituccio, ne combinavamo di cotte e di crude quando lui non era impegnato da "vetture". L'amicizia è una rara perla che si fa trovare e si va subito a nascondere nella parte più bella di noi, in un anfratto del cuore, pronta ad uscire nei momenti richiesti oppure a ricevere visita dai sogni a causa della lontananza, come in questo caso. Diceva Arthur Schopenauer: "la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare". Io mi ritengo fortunato poiché ho avuto il privilegio di leggere questo libro e di sfogliarlo. In uno dei tanti capitoli di lettura, infatti, rivivo una simpatica e divertente storia, realmente accaduta, che vado ora a raccontare. Siamo nell'estate del 1960. In una serata d'agosto, afosissima, si decide di andare a Santo Spirito, a mangiare un piatto di cozze e fare una passeggiata sul lungomare. Detto fatto, la "balena" era libera, il proprietario disponibile, i "clienti", Vituccio ed io, anche. Si parte. Giunti a Santo Spirito, ci dirigiamo verso il lungomare. Allora il porticciolo era situato in un'insenatura naturale, di fronte all'attuale giardino monumento dedicato a San Francesco. Sulla riva vi erano molte bancarelle che vendevano cozze crude con limone e pane fresco. Parcheggiamo la "balena" presso il bar che si trovava a destra del terminal del tram elettrico che faceva la spola da Bitonto a Santo Spirito e che ora non esiste più. Ci sediamo vicino ad una bancarella a gustare il piatto di cozze crude fra la moltitudine di gente che passeggiava in cerca di refrigerio. In un clima gioioso e festoso, fra una barzelletta e l'altra, la mangiata ebbe fine e decidemmo di rientrare. Mimi propose di andare a fare un giro per il lungomare di Palese. Al nostro parere favorevole salimmo in macchina e partimmo come veri e propri Signori. Percorremmo tutto il lungomare sino al bivio per Palese Macchie e quando presidiato da un vigile urbano dall'aspetto pacioccone che di tanto in tanto si asciugava il viso per sudore. «Uagneune, faceite le persone serie! - disse Mimi -Altrimenti stasera finisce male» e prima che noi potessimo proferire parola, la "balena" era ferma ai piedi del vigile. «Salutare! ... Voi essere vigilanza?... Io essere americano! - disse Mimi - Con amici avere noleggiato macchina... ora non sapere trovare strada ritorno per Botondo! Chi dice di qua, chi dice di là ... Sapere voi indicare?» Tutte questa sceneggiata fu accompagnata dal movimento ondulatorio della testa, mentre ogni frase veniva preceduta, accompagnate e seguita da leggere pernacchiette a mò di difetto fisico. Io e Vituccio seri e impietriti. Il vigile, per nulla insospettito, si mise subito a disposizione:«Voi proseguite per questa str...» ma fu interrotto, col coro delle pernachiette, da Mimì:« Io non capire! Volere voi accompagnare sino ad imboccamento strada Botondo?». Il vigile, dopo un attimo di perplessità, si guardò intorno e disse:« certamente! Voi seguire me, prendo bicicletta». Inforcata la bicicletta, fece segno di seguirlo. Io e Vituccio, sdraiato sul sedile posteriore della macchina, morivamo dal ridere mentre Mimi, con una faccia da bambino smarrito, ci ripeteva tutto serioso:« Fate le persone serie! Non ridete ... altrimenti si finisce al fresco!». Sempre preceduti dal vigile in bicicletta, Mimi non si accontentò di essere accompagnato sino al bivio Bitonto-Santo Spirito ma pregò il vigile che si fece tutta la strada in salita, di essere portato sino al passaggio a livello. Noi cercavamo di far desistere il nostro Mimi dal suo scherzo, ma per tutta risposta, Mimi aggiunse:« Se non la finite,mi faccio accompagnare dal vigile« Grazie! - disse Mimi, confino a Bitonto!» per fortuna trovammo il passaggio a livello chiuso. «Ecco - disse il vigile - quando aprire passaggio a livello, voi proseguire sempre diritto e troverete in Bitonto!» il solito pernacchietto - Voi essere grande uomo italiano. Io, anzi noi, ricordare sempre ... Se non trovare strada, però, non ritornare da voi!» e con una pernacchietta un po' speciale, si congedò da lui con una stretta di mano e con nostro grande sollievo. Una volta apertosi il passaggio a livello, la "balena" mise le ali, tanto correva, fra le nostre risate da convulsione. A Bitonto sostammo presso i giardini della villa e lì facemmo l'alba! Ricordi de "la Balene de Tritte"! Tratto dal periodico parrocchiale “ L’Incontro” n°234 febbraio 2006