1 A proposito di: IDENTITA` L`altra mattina mi sono recato

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1 A proposito di: IDENTITA` L`altra mattina mi sono recato
A proposito di: IDENTITA’
L’altra mattina mi sono recato al Municipio per rinnovare la mia carta di identità scaduta
ormai da parecchi anni. Mi sono recato quindi nel vecchio edificio dove erano ubicati gli uffici ma
trovai tutto chiuso e nessuna indicazione. Chiesi ad un passante che mi informò che quegli uffici
erano stati trasferiti in nuovi locali siti in un altro quartiere e mi ci recai. Finalmente, dopo avere
chiesto informazioni ad altri passanti credetti di individuare l’edificio ma non ne ero tanto sicuro
poiché mancava una qualsiasi bandiera o targa o simbolo che ne indicasse la funzione, soltanto
cumuli di rifiuti sia a destra che a sinistra. Entrai timidamente e chiesi ad una persona in maniche di
camicia che si trovava all’interno se l’Ufficio Carte di Identità fosse lì. Mi rispose di sì indicandomi
una scrivania dove era seduta una donna la quale mi diede conferma e mi fece accomodare su una
sedia.
Che bello pensai tra me e me, finalmente locali nuovi e puliti, con scrivanie e sedie, senza
più i vecchi banconi di una volta.
“Mi scusi, come mai non c’è alcuna indicazione che si tratta degli uffici del Municipio?”
chiesi istintivamente all’impiegata.
La donna, né giovane né anziana, né bella né brutta, né alta né bassa, né bionda né bruna, mi
rispose con una voce gracchiante:
“ Perché questo edificio in realtà doveva essere una scuola ma siccome i vecchi locali dove
eravamo sono in parte crollati ed in parte pericolanti ci hanno trasferiti qui provvisoriamente.
Quindi è inutile mettere insegne- Cosa le serve?”
“Devo rinnovare la mia carta di identità, ecco, ho portato quella vecchia e le fotografie
nuove” risposi.
“Dunque lei si chiama … “ l’impiegata lesse il mio nome e cognome.
“Esatto, fu Diego e di Carolina” precisai.
“E chi sono?” chiese l’impiegata.
“Sono i miei genitori” risposi io.
“Ma questo non si mette più da anni e anni” replicò.
“E come mai non si mette più?” chiesi incuriosito.
“Ma a chi vuole che importi di chi è figlio lei!” esclamò l’impiegata.
“E poi, mi dica, se i suoi genitori non fossero conosciuti cosa dovremmo mettere figlio di
N.N. o figlio di ignoti? E se lei fosse figlio adottivo di una coppia gay o di transessuali cosa
dovremmo mettere figlio di Maria e di Carmela oppure figlio di Giuseppe e di Antonio?”
“E già, ha ragione, non ci avevo pensato” commentai io perplesso.
“Vede anche lei che fornire queste indicazioni non è politically correct” continuò
l’impiegata soddisfatta della sua erudizione, e cominciò a smanettare al computer.
“A proposito, signorina, volevo precisarle che l’indirizzo non è più via De Gasperi, traversa
A, snc (senza numero civico), ora si chiama via Guicciardini, n.17” dissi io, pensando che c’erano
voluti ben più di vent’anni perché quella strada avesse una denominazione propria.
“Questo non ha importanza” mi rispose l’impiegata.
“Ma come non ha importanza?” replicai io.
“No, perché se lei cambia indirizzo ogni anno noi cosa facciamo, cambiamo la carta ogni
anno?” ribattè decisa l’impiegata lasciandomi alquanto perplesso.
“Ah, mi scusi signorina, un’altra precisazione: sulla vecchia carta alla voce stato civile c’è
scritto divorziato, deve mettere invece coniugato, sa … mi sono risposato” precisai con la
soddisfazione di chi è riuscito a rifarsi una famiglia.
L’impiegata mi guardò per un po’ attraverso le sue spesse lenti e:
“Questo proprio non ha alcuna rilevanza, è un dato che non si indica più, e poi lo dice lei
stesso, prima era sposato, poi divorziato, ora sposato, e se poi divorzia di nuovo? No, non serve più
a niente”
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Io ero più confuso che persuaso e comunque feci i dovuti scongiuri.
Guardando la vecchia tessera lessi che alla voce professione c’era ancora scritto impiegato e
pensai bene di farlo notare.
“Mi scusi ancora, signorina, ormai non lavoro più e, quindi, deve indicare, mio malgrado,
pensionato”.
Non so cosa avessi detto di tanto brutto o sconveniente ma la donna mi rivolse uno sguardo
che sembrava un raggio laser sterminatore.
“Per prima cosa perché mi chiama signorina? Lei non sa se io ho figli, se ho una famiglia di
fatto, magari una famiglia allargata, è da anni ormai che una legge ha stabilito che ogni donna deve
essere chiamata signora” sbottò l’impiegata.
“Mi scusi, non volevo mancarle di rispetto, è solo che non avendo visto la fede coniugale ho
pensato che lei fosse nubile” mi giustificai.
“Ha visto? Lei va ancora dietro a queste cose esteriori, cose senza significato, simboli ed
usanze ormai superati dai tempi. E poi per quanto riguarda la professione anche questa è una
indicazione che non si mette più, perché lei potrebbe essere un pensionato che lavora in nero,
oppure un precario stabile, o cambiare lavoro tante volte nella sua vita. Cosa facciamo, cambiamo
ogni volta la carta di identità?” concluse con voce sempre più gracchiante la signora taccola.
Al che non potei fare a meno di sbottare:
“Ma scusi, ma se non si mettono tutte queste indicazioni a cosa serve la carta di identità?
Cosa deve identificare?”
Anche stavolta sentii il raggio laser su di me.
“Ma lei da dove viene, dove vive? Non è aggiornato, non sa che adesso, nell’epoca della
globalizzazione, tutti i documenti cartacei di una volta sono superati? Ora esiste un progetto per cui
ad ogni neonato verrà inserito un microcip con un codice a barre che lo identificherà a livello
mondiale. Ha capito dove è arrivato il progresso, la modernità?” mi chiese l’impiegata taccola con
voce spaventosamente gracchiante. Accusai il colpo, mi sentii un retrogrado. Infine ricevetti il colpo
di grazia.
“E neanche le fotografie servono più, è il computer che aggiorna la fotografia iniziale … nel
senso che … la invecchia automaticamente. Ecco la sua nuova carta di identità” concluse la signora
impiegata porgendomi un piccola rettangolo plastificato.
La guardai con timore e curiosità. C’erano però due parole che non comprendevo e così mi
feci coraggio e chiesi timidamente:
“Mi scusi signora, alla voce cittadinanza leggo “M.le” e alla voce sesso leggo “Unisex”
potrebbe essere così gentile da dirmi cosa significano?”
La signora taccola mi guardò con compassione e rispose:
“E’ intuitivo, “M.le” vuol dire mondiale e quindi lei può girare tutto il mondo senza bisogno
di quello che una volta era il passaporto. “Unisex” significa che non ha più senso specificare come
prima maschio o femmina se poi lei poteva andare a Casablanca o in altri posti e cambiare sesso
magari più volte nella sua vita. E poi i comportamenti ormai sono cambiati, sa, secondo le
circostanze e le amicizie …. lei mi capisce …” fece la donna con un sorriso malizioso sulle labbra.
Ero al tappeto, la mia confusione era totale, ero in piena crisi di ….. identità.
Uscii frastornato da quegli uffici, vidi una fontanella e pensai bene di rinfrescarmi le idee
con una bella bevuta. Mi accostai, premetti il pulsante e … mi bloccai. Dalla fontanella, infatti, non
usciva l’acqua limpida e fresca che mi aspettavo bensì un liquido torbido, tiepido e dal colore
giallastro. Mi astenni dal bere e mi guardai attorno. I sacchetti dei rifiuti erano ancora lì
ammonticchiati l’uno sull’altro ma, all’improvviso, mi sembrarono diversi. Non distinguevo più i
singoli sacchetti o i singoli cartoni, scatoli e quant’altro, ma ora avevo una visione d’insieme, i
singoli rifiuti avevano perso la loro identità, erano diventati un insieme indistinto ed amorfo, con
una propria peculiarità.
Ritornai nella mia abitazione di campagna e, per cercare di chiarirmi le idee, consultai
l’enciclopedia sul sito web.
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“Carta di identità”: documento desueto che serviva ad identificare gli esseri umani. Quasi
ovunque sostituito da microcircuiti stampati ad aggiornamento automatico in tempo reale sulla base
delle informazioni TIM/WIND/SMS/GPS/EDGE/http.Org. attraverso i doppi circuiti a banda larga
e a fibre ottiche”
Spinto dalla mia sete di sapere cliccai avanti.
“Identità nazionale”: Termine che in passato indicava l’appartenenza ad una nazione, ossia
ad un popolo con una propria lingua, religione, storia e cultura. Era quindi una identità forte con
connotati precisi e differenziati. Il concetto è ormai ampiamente superato: vedi Identità mondiale”.
Proseguii.
“Identità cristiana”: concetto legato all’appartenenza ad una precisa religione di origine
ebraica, molto diffusa in Europa, il cui simbolo era il crocefisso. Anche questo concetto è stato
ampiamente sostituito dalla “Identità religiosa globale” che, non avendo alcun simbolo, può essere
abbracciata da tutti i credenti del mondo”.
Finalmente riuscivo a saperne di più e ad aggiornarmi. Andai ancora avanti.
“Identità del pianeta Terra”. Una volta la Terra era abitata da tanti popoli diversi l’uno
dall’altro e che venivano indicati con il termine “razze”. Ognuno di questi popoli abitava in un
proprio territorio delimitato da precise frontiere, aveva una propria lingua, una propria religione,
una cultura tipica e una bandiera particolare e, quindi, ogni popolo era diverso l’uno dall’altro.
Fortunatamente tutte quelle diversità, quelle barriere esteriori sono col tempo venute meno e adesso
l’umanità è costituita da individui tutti uguali non solo nel campo dei diritti ma anche in quello
fisico (esseri antropomorfi), senza distinzione di razze (meltingpot), di sesso (individui
rigorosamente unisex, bisex, o transex), di lingua (oggi la lingua universale è l’
anglo/troglodita/slang/guttural/gestuale). La religione, per chi ci crede, è a scelta (tanto sono tutte
uguali), mentre tutte le bandiere in quanti simboli di appartenenza e quindi di divisione sono state
abolite”.
Cominciavo a capire sempre di più, a vederci sempre più chiaro. Continuai avidamente la
mia lettura.
“Una volta la Terra era ricoperta da alte montagne con ghiacciai perenni, i vari continenti
erano divisi da numerosi oceani e vi erano climi differenti da regione a regione. Tutto questo creava
forti divisioni ed antagonismi tra i vari popoli. Oggi, fortunatamente, tutte quelle differenze non
esistono più come si può notare dalle due foto satellitari:
Foto A: il pianeta visto alla fine del XX secolo, l’azzurro intenso e predominante degli
oceani, le due calotte polari ghiacciate, il verde cupo delle foreste, il giallo dei deserti, il marrone
delle montagne.
Foto B: il pianeta nel XXI secolo. Una foto priva di tutti i cromatismi di prima, un colore
uniforme con preponderanza del marrone, con qualche sfumatura giallo chiaro, senza le calotte
polari, senza le montagne, con un unico oceano, un unico clima. Una foto meno colorata della prima
ma, sicuramente, più uniforme, con meno contrasti, … come dire …più calda.
Spensi il computer, mi alzai soddisfatto e uscii fuori a prendere una boccata d’aria.
Finalmente la mia confusione era scomparsa, ora avevo le idee più chiare, vedevo le cose nella loro
giusta realtà.
Il mio fedele cane che mi accompagnava nella passeggiata ad un tratto si accovacciò e …
fece i suoi bisogni. Involontariamente guardai.
In mezzo a quella massa informe di colore marrone scuro con sfumature giallo chiaro vidi
agitarsi scompostamente dei minuscoli esseri di colore più chiaro … mi sembrò un’immagine
conosciuta, quasi familiare, direi emblematica … ma di cosa?
Salvo La Valle
4 dicembre 2009
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