SINTESI AVV. ANDREA PARRELLA IGI – 3 novembre 2011
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SINTESI AVV. ANDREA PARRELLA IGI – 3 novembre 2011
SINTESI AVV. ANDREA PARRELLA IGI – 3 novembre 2011 DECRETO-INFRASTRUTTURE: VERSO NUOVE FORME DI CONTRAENTE GENERALE IN UN QUADRO DI LIBERALIZZAZIONI ANCORA STRETTE Nel dare seguito agli interventi che mi hanno preceduto sulla figura del Contraente Generale non posso ignorare, in quanto responsabile della Direzione Centrale Legale di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., il giudizio recentemente espresso dall’AVCP in merito all’architettura contrattuale su cui poggia la realizzazione del sistema dell’alta velocità ferroviaria, giudizio che ha trovato una certa eco nella stampa. In sintesi, le criticità evidenziate dall’AVCP sono in larga parte riconducibili al “peccato originale” dell’AV: la stipula agli inizi degli anni ’90 delle Convenzioni di general contracting senza gara. Leggendo per intero la Deliberazione dell’AVCP si scopre che la stessa dà atto della incontrovertibile osservazione al riguardo espressa da RFI: cioè che quell’affidamento diretto (in favore delle imprese di costruzione espressione dei maggiori gruppi industriali italiani dell’epoca) è figlio di un particolare contesto storico, politico e giuridico e che, per giunta, è stato “battezzato” dal Consiglio di Stato, con due successivi pareri (ben noti alla platea che ci ascolta) sulla legittimità delle Convenzioni, sottoscritte prima del recepimento nel ns. ordinamento della Direttiva sui c.d. settori speciali (all’epoca “settori esclusi”). A ciò sui aggiunga che non solo il Consiglio di Stato ma lo stesso legislatore – che per due volte ha revocato e poi ripristinato le Convenzioni con i General Contractor (mi riferisco alle tratte non ancora avviate) – ha sancito la perdurante validità ed efficacia vincolante di quell’iniziale affidamento seppure in carenza di un confronto di mercato. E’ agevole comprendere come in tale contesto sia stata fortemente ostacolata la possibilità per TAV, oggi RFI, di gestire con piena autonomia negoziale questa complessa vicenda e di apportare grazie anche all’intervento della Commissione CE, prima, e dell’AVCP, oggi – intervento quest’ultimo sollecitato dal Gruppo FS – un’essenziale correttivo: l’innalzamento fino al 60% della quota dei lavori civili e di armamento da affidare mediante gara ad imprese terzi rispetto ai GC, in modo da attenuare gli effetti discorsivi sul mercato dovuti all’iniziale affidamento diretto. La successiva legislazione ha giustamente superato tale criticità ed oggi si discute di un General Contracotr che è anzitutto e soprattutto l’aggiudicatario di una gara europea. Ma forse quello che ancora manca al sistema per a l definitiva evoluzione di questa figura, come già anticipato dagli interventi che mi hanno preceduto, è il diretto coinvolgimento del GC nel finanziamento e poi, perché no, nella successiva gestione dell’opera: è necessario che egli diventi il manager dell’opera stessa, seppure sottoposto a specifici (ma vorrei dire non “invasivi”) controlli pubblici, non un semplice costruttore. Il timore è che tale evoluzione sconti una sorta di pregiudiziale negativa a livello culturale verso una gestione realmente imprenditoriale (e quindi orientata al mercato) delle risorse pubbliche. Al riguardo, vorrei evidenziare due cose: che tale pregiudiziale è assolutamente sconosciuta al diritto comunitario; ma soprattutto che quando un soggetto (o meglio un’impresa) pubblica opera in un contesto pienamente concorrenziale (come per esempio in questo momento Trenitalia) la libertà di impresa (valore espressamente sancito dalla Costituzione) è la migliore garanzia della tutela dell’erario (in ciò contraddicendo nettamente i fautori della predetta pregiudiziale negativa). Ed infatti solo permettendo all’impresa pubblica di operare ad armi pari con i diretti competitors privati se ne consente la sopravvivenza sul mercato e, quindi, il mantenimento di un valore economico che fa capo all’intera collettività. Come dicevo una pregiudiziale negativa sulla libertà di impresa delle imprese pubbliche è del tutto sconosciuta al diritto comunitario. Intanto perché - come sembra emergere anche dalla recente sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2011), che ha ritenuto “estraneo” al Codice dei Contratti Pubblici l’appalto affidato da ENI S.p.A. per la vigilanza dei propri uffici - la ratio della norma comunitaria che assoggetta all’obbligo di gara le imprese pubbliche nei settori speciali è da ravvisare nel fatto che si tratta storicamente di (ex) monopolisti nello specifico settore. Pertanto rispetto a quei settori la necessità di tutelare la concorrenza nasce dalla circostanza che gli appaltatori possono (o meglio potevano) “lavorare” solo con quei monopolisti e non con altri. Ne consegue che laddove l’appalto non sia strumentale al settore in cui l’impresa pubblica esercita il proprio monopolio, non c’è necessità di tutelare la concorrenza (e non c’è obbligo di gara), o, per meglio dire, tale necessità è ampiamente superata dal “mercato”, perché l’appaltatore ha di fronte a sé una molteplicità di potenziali committenti che rendono quanto meno superfluo (per non dire dannoso laddove riferito ad uno solo dei competitor sul mercato) l’obbligo di gara. Così, utilizzando l’esempio di ENI, laddove l’appalto non riguardi l’attività di prospezione ed estrazione di petrolio, ma la vigilanza o, potremmo dire, la pubblicità, la cartoleria ecc. non c’è un mercato chiuso cui imporre l’apertura alla concorrenza mediante l’obbligo di gara. Che sia questa la ratio dell’obbligo di gara per le imprese pubbliche operanti nei settori speciali è soprattutto dimostrato dalla previsione dell’art. 30 della Direttiva 17/2004/CE, che declina le modalità di esenzione dalla dis ciplina dei pubblici appalti a fronte dell’affermarsi di un mercato liberamente accessibile ed esposto alla concorrenza. Da un’attenta analisi relativa all’andamento dei principali mercati su cui opera Trenitalia, risulta che, sia il trasporto merci che il trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, siano attualmente caratterizzati dall’esistenza di una vivace concorrenza intermodale, oltre che dalla presenza di nuovi e qualificati operatori concorrenti, sia attuali che potenziali. In punto di fatto, vale osservare che sono, ad oggi, numerosi gli operatori di trasporto ferroviario merci alternativi a Trenitalia: ben 25 imprese ferroviarie concorrenti, alcune delle quali collegate ad importanti gruppi riconducibili ad incumbent di altri paesi europei, quali la tedesca Deutsche Bahn o la francese SNCF. Sul fronte del trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, sono già attivi operatori controllati da incumbent di altri paesi (DB-OBB) ed un nuovo operatore – partecipato dalla francese SNCF – entrerà a brevissimo sull’appetibile mercato dell’alta velocità. Pertanto, sussistendo i presupposti previsti dal menzionato art. 30 per richiedere ed ottenere l’esonero dall’applicazione delle disposizioni europee e nazionali in materia di contratti pubblici, Trenitalia ha avviato tutte attività prodromiche necessarie per l’invio di una richiesta di esonero alla Commissione europea ai sensi dell’art. 30, par. 1, della direttiva 2004/17/CE. I riscontri sino ad ora ottenuti dagli stakeholders istituzionali a livello nazionale offrono positivi segnali di apertura sul fronte del buon esito dell’iniziativa, considerati i corposi e rilevanti elementi fattuali portati al vaglio delle autorità interessate. Peraltro, nel contesto sopra delineato, il conseguimento dell’obiettivo di superare l’applicazione della normativa in materia di appalti, ponendo – in tal senso – Trenitalia al medesimo livello competitivo degli operatori concorrenti (sulle tratte maggiormente remunerative), comporterebbe senza dubbio una spinta positiva per il settore interessato e per il relativo indotto, senza in alcun modo gravare sul bilancio dello Stato. La maggiore flessibilità nell’approvvigionamento sui mercati non può, infatti, che costituire un’occasione di crescita per i soggetti coinvolti così dando un contributo di rilievo ad un recupero di produttività e ad un rilancio della crescita economica del Paese ancorché in un contesto generale critico.