n° 8/9 AGOSTO SETTEMBRE Anno XI € 7,00

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Free Service Edizioni
n°8/9 Agosto-Settembre 2010 Anno XI
Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona
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In copertina: La brochure dell’“Iniziativa Yasuní-ITT”
n°8/9 Agosto-Settembre 2010 anno XI
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CAMBIAMENTI CLIMATICI
Climate Change Talks (Bonn, 2-4 agosto 2010)
Ora c’è la pentola ma non si sa ancora cosa cucinare
Un nuovo Rapporto mette in evidenza
le scappatoie per non ridurre le emissioni
10
Un nuovo Studio conferma il ruolo dei cambiamenti climatici
nel declino dell’impero Khmer
Prolungate siccità hanno costretto ad abbandonare Angkor
Un monito per rendere le città in grado di
adattarsi al global warming e mitigarne gli impatti
di Massimo Lombardi
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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
PolieCo
Ambiente e legalità, premiato il direttore di PolieCo
Claudia Salvestrini, a FestAmbiente 2010, fra gli insigniti
alla VII edizione del Premio istituito da Libera e Legambiente
di Alberto Piastrellini
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L’evoluzione del diritto dell’ambiente: novità
giurisprudenziali e rapporti con il diritto dell’energia
di Dario Cordone
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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. M. 9 luglio 2010
SISTRI ter
Ulteriore differimento dei termini operativi,
ma anche modifiche sostanziali
Linee Guida nazionali per gli impianti di fonti rinnovabili
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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Presentato il Rapporto Fonti Rinnovabili 2010 dell’ENEA
Ricerca e innovazione per un futuro low-carbon
Importiamo quasi il 50% delle tecnologie contro il 12% dell’UE
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L’ISTAT ha presentato “Il Sistema Energetico Italiano
e gli Obiettivi Ambientali al 2020”
Un paese ancora troppo dipendente dai combustibili fossili
Attese forti riduzioni delle emissioni per raggiungere gli obiettivi
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In vigore la nuova Direttiva UE sulle
prestazioni energetiche in edilizia
Entro il 2020 edifici “a energia quasi zero”
Per gli edifici occupati da enti pubblici si anticipa al 2018
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MATERIALE IN INSERTO
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
IL COMMENTO
Approvate dalla Conferenza Stato-Regioni
Le Linee Guida nazionali per le rinnovabili
Più deregulation che vincoli
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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Assegnato alla primatologa Jane Goodall il Premio “Colomba d’Oro”
In difesa della Terra e di tutti gli esseri viventi
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Finalmente firmato l’Accordo “Yasuní-ITT”
Un’iniziativa per cambiare la storia
Saranno le Nazioni Unite a garantire i bond ecuadoriani
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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
Presentata la doppia Piramide Alimentare-Ambientale
Per un’alimentazione sana, bilanciata e... sostenibile
Dagli scienziati un invito alla
diffusione della “Dieta mediterranea”
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la montre verte
City Pulse
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L’etichettatura di origine dei prodotti alimentari
per la difesa dei consumatori e contro il
furto di valore e di identità dell’agricoltura italiana
di Maria Adele Prosperoni
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di Massimo Lombardi
SERVIZI AMBIENTALI
SOMACIS pcb industries
Efficienza dei processi per il
conseguimento di risultati economici ed etici
L’azienda leader nazionale nella produzione di
circuiti stampati, da dieci anni persegue la strada della
sostenibilità e si garantisce risparmio e profitti
di Alberto Piastrellini
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€CO-FINANZIAMENTI
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I QUESITI DEL LETTORE
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AGENDA - Eventi e Fiere
AGENDA 21
Gli Enti locali chiedono più tecnologie e
risorse per affrontare il cambiamento climatico
Grazie al progetto LG Action gli enti locali europei
raccontano difficoltà ed esigenze nella tutela del clima
di Elisabetta Mutto Accordi
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Si diffondono gli strumenti portatili
per monitorare la qualità dell’aria
Un orologio verde per sapere che aria tira
A Parigi si sperimenta un approccio partecipativo dei cittadini
QUALITÀ E AMBIENTE
Un nuovo Rapporto TEEB sottolinea
l’importanza economica dei servizi degli ecosistemi
Il business sarà solo green
Sempre più numerose le imprese consapevoli dei benefici
derivanti dall’integrazione della biodiversità nei piani aziendali
AMBIENTE MARCHE NEWS
CAMBIAMENTI CLIMATICI
Climate Change Talks (Bonn, 2-4 agosto 2010)
ORA C’È LA PENTOLA MA NON
SI SA ANCORA COSA CUCINARE
Un nuovo Rapporto mette in evidenza le scappatoie per non ridurre le emissioni
- l’assenso dato dalla Cina ad ospitare la Sessione straordinaria dei Colloqui sui Cambiamenti Climatici (la 14a
sessione dell’AWG LCA e la 12a del Gruppo di Lavoro per
gli ulteriori impegni delle Parti dell’Allegato I al Protocollo
di Kyoto - AWG-KP), che avrà luogo dal 4 al 9 ottobre
2010) a Tianjin, città che dista 150 km. da Pechino;
- il tentativo dell’Unione europea di riappropriarsi di un
ruolo da leadership, dopo essere stata messa ai margini
a Copenhagen, con la presentazione del policy paper in
giugno sulle prospettive economiche 2030-2050 di un
eventuale passaggio dal 20% al 30% del tasso di riduzione
delle emissioni, che il Consiglio Ambiente affronterà in
ottobre, sul quale, peraltro, non c’è accordo tra i Paesi
membri, con Francia, Germania e Gran Bretagna tra quelli
a favore e Italia nel gruppo dei contrari (cfr: “Ancora
divisioni sui limiti della CO2”, in Regioni&Ambiente,
n. 7 luglio 2010, pagg. 9-11).
La decisione della Cina di ospitare il round extra dei negoziati non assume solo un aspetto formale, perché la posizione
che assumerà sul controllo delle emissioni il dragone asiatico, diventato il più grande emettitore mondiale di gas serra,
sarà cruciale negli sforzi per costruire un nuovo patto sulla
lotta al riscaldamento globale.
Achim Steiner, Sottosegretario generale dell’ONU e Direttore del suo Programma Ambientale (UNEP) si è detto
convinto che “la Cina introdurrà alcune nuove idee ed
opportunità per far progredire i negoziati”.
Ma nella Conferenza stampa del 6 luglio 2010, il portavoce
del Ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, nel confermare
l’evento di Tianjin, ha tenuto a sottolineare che “L’obiettivo
della Cina di tenere questo incontro è quello di cementare
l’UNFCCC e il Protocollo come canale principale di negoziato” (fonte: Ministery of Foreign Affaire of People’s Republic of
China, july 7, 2010), come a dire che il Protocollo di Kyoto
dovrà costituire il pilastro di ogni futuro accordo e che gli
USA, che non l’hanno sottoscritto, non potranno avanzare
soluzioni alternative.
Christiana Figueres nuovo Segretario esecutivo dell’UNFCCC
Quelli che si sono svolti dal 2 al 6 agosto 2010 a Bonn e
che hanno visto la partecipazione di 3.100 rappresentanti,
di cui più di 1.650 erano delegati governativi, provenienti
da 175 Paesi, sono stati i primi Climate Change Talks i di
Christiana Figueres (Costa Rica), insediatasi da Luglio
come Segretario esecutivo dell’UNFCCC, al posto del dimissionario Yvo de Boer.
“I Governi hanno la responsabilità in questo anno di fare il
prossimo determinante passo nella battaglia contro i cambiamenti climatici - ha affermato la Figueres nel suo discorso
introduttivo - Come i Governi lo faranno è compito che spetta
a loro. Ma è politicante possibile. A Cancún, il compito dei
Governi è di trasformare ciò che è politicamente possibile ,
in politicamente irreversibile”.
Come abbiamo sottolineato sul precedente numero (cfr:
“Yvo de Boer commina ai negoziatori un cartellino
giallo”, Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pagg. 6-8), i
Colloqui di giugno si erano conclusi con un stallo sul documento finale redatto dal Presidente del Gruppo di Lavoro
sulle Azioni di Cooperazione a Lungo Termine (AWG-LCA),
Margaret Mukahanana Sangarwe (Zimbabwe), che aveva
scontentato sia i Paesi del G 77, che lo hanno giudicato
troppo sbilanciato a scapito dei Paesi in via di sviluppo, sia
gli USA che avevano definito “inaccettabili” alcune proposte
ivi contenute.
Tuttavia, la stessa Commissaria UE incaricata dell’Azione per
il Clima, Connie Hedegaard, pur dichiarando che l’UE non
avrebbe problemi a continuare con il Protocollo di Kyoto,
avendolo già sottoscritto ed adempiendo ai relativi obblighi,
ha sottolineato che “se si vuole che esso debba continuare a
esistere, dovrà essere ampiamente riformato”, dal momento
che i meccanismi in esso previsti non stanno funzionando
come si vorrebbe, come denuncia la grossa eccedenza di
crediti alle emissioni di carbonio rimasti inutilizzati.
C’era interesse, quindi, a vedere se sussistessero i presupposti
per giungere ad un accordo globale sul clima per il periodo
successivo alla scadenza del Protocollo di Kyoto (2012), anche
alla luce di due eventi che si erano verificati nel frattempo:
“Gli eventi meteorologici fuori dal comune che si stanno
verificando, sono perfettamente coerenti con quel che possiamo aspettarci dai cambiamenti climatici - ha dichiarato
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nel suo discorso di apertura avesse sollecitato i Paesi ricchi
a fornire la prova che sarebbero stati concessi i 30 miliardi iniziali di finanziamento per le azioni di adattamento e
mitigazione: “Le Nazioni in via di sviluppo vedrebbero l’assegnazione di questa somma come un segnale fondamentale
dell’impegno delle Nazioni industrializzate a realizzare
maggiori progressi nei negoziati”.
C’è da aggiungere che l’Africa Progress Panel, presieduto dall’ex-Segretario dell’ONU Kofi Annan, che si occupa
di controllare l’attuazione degli impegni ed accordi internazionali per l’Africa, nel mese di luglio aveva reso noto
un Rapporto (“Finance for climate-resilent development
in Africa. An agenda for action following the Copenhagen
Conference”) in cui si ammoniva che “Sarebbe ingenuo
supporre che un accordo internazionale vincolante possa
essere raggiunto senza un adeguato finanziamento per lo
sviluppo delle azioni di mitigazione ed adattamento al clima. Rendere gli impegni finanziari reali e bancabili sarà
la sfida a cui la comunità internazionale dovrà dare una
risposta nei prossimi mesi, se si vuole che la prossima COP
16 a Cancún abbia successo”.
Jonathan Pershing, capo negoziatore statunitense ai Climate Change Talks di Bonn (2-6 agosto 2010), secondo
quanto riportato dal Guardian del 6 agosto - Ma io sono
molto preoccupato per il fatto che alcuni Paesi stanno camminando a ritroso rispetto ai progressi che si erano raggiunti
a Copenhagen. Se continuiamo a percorrere questa strada,
non c’è alcuna speranza di un accordo a Cancún. Tutte le
Parti stanno facendo retromarcia”.
Queste parole, seppur espresse prima della conclusione dei
lavori dei due Gruppi, testimoniano delle difficoltà di trovare
soluzioni condivise e di come il Copenhagen Accord fosse
stato salutato troppo presto come un passo avanti decisivo
nel contrastare il riscaldamento globale, ma tentano pure di
minimizzare la delusione per la situazione di stallo che sta
verificandosi al Senato americano sul testo del Climate Bill,
anche se i negoziatori statunitensi avevano rilasciato delle
dichiarazioni all’Agenzia Reuters che rassicuravano circa il
target del 17% di riduzione delle emissioni presentato dagli
USA come parte del Copenhagen Accord.
Se poi si aggiunge che i Colloqui si sono svolti sotto l’incalzare delle notizie sempre più allarmanti che le Agenzie
diffondevano sugli effetti del monsone che stava duramente
colpendo il Pakistan e dell’ondata di calore eccezionale che
si verificava in Russia, alle quali faceva riferimento nella sua
dichiarazione Pershing, c’è da preoccuparsi dell’incapacità
istituzionale di trovare soluzioni alla scadenza del Protocollo
di Kyoto.
Un altro motivo di controversia è sul MRV (il Meccanismo
di Monitoraggio, Comunicazione e Verifica delle emissioni)
che dovrebbe essere introdotto, se non altro per avere uno
strumento comune di calcolo e di verifica sugli impegni
presi, senza del quale sarà difficile giungere a qualsivoglia
accordo.
Il clima di diffidenza si è ulteriormente accentuato con la
diffusione tra i delegati dello Studio congiunto dell’Environment Institute di Stoccolma e di Third World Network,
un gruppo indipendente di studiosi sul clima che viene
ospitato presso l’Università di Cambridge.
Anche in questa tornata i “sospetti” da parte dei Paesi in via
di sviluppo che gli aiuti promessi dai Paesi industrializzati
(100 miliardi di dollari entro il 2020) siano un’operazione
di “climate wash” (gli aiuti allo sviluppo riciclati come aiuti
per il clima), non sono stati fugati, nonostante la Figueres
Le emissioni dei Paesi
industrializzati rispetto ai
livelli del 1990
Il Grafico mostra di quanto gli impegni dei Paesi di
tagliare le emissioni di CO2
potrebbero ridurle al 2020
(segmento verde), ma come
con le “scappatoie” (tutti gli
altri segmenti) le emissioni
potrebbero in effetti risalire
oltre i livelli del 1990.
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Il Paper “Analytic Support to Target Based Negotiations”
ha analizzato gli impegni sulla riduzione delle emissioni
segnalati dai Paesi industrializzati, secondo il Copenhagen
Accord ed ha riscontrato che gli impegni comportano una
riduzione complessiva al 2020 tra il 12% e il 18% rispetto al
1990, ma ha pure rivelato che sussistono scappatoie tali che
potrebbero alfine risultare essere salite del 9%.
La ricerca ha individuato 4 distinte “scappatoie” (loopholes)
di cui si conosce l’esistenza, ma che i Paesi sono ancora
lontani dall’affrontarli nei negoziati e che includono:
- i crediti per l’Uso del Suolo, Cambiamento della Destinazione dei Terreni e dei Boschi (LULUCF);
- i crediti di carbonio acquisiti nell’ambito dei sistemi del
Meccanismo di Sviluppo Pulito (CDM);
- le indennità per il surplus di carbonio accumulato dai
Paesi ex-sovietici;
- le emissioni dei voli e delle spedizioni internazionali.
(ndr: vedi grafico alla pagina precedente).
Questi elementi attualmente non sono inclusi nei regimi di
riduzione proposti dai singoli Paesi.
“I Paesi industrializzati si sono impegnati per una modesta
riduzione delle loro emissioni alla Conferenza di Copenhagen l’anno scorso, ma tali lacune potrebbero permetter
loro di accrescerle in modo sostanziale anche in futuro ha affermato Sivan Kartha, Senior Scientist dell’Istituto
di Stoccolma, nel corso del Workshop, presieduto Leon
Charles (Grenada) e Jürgen Lefevere, co-Presidenti di uno
dei tre Gruppi di Contatto dell’AWG-KP, e svoltosi il 2 e 3
agosto, durante i negoziati - Questo significa che essi non
hanno bisogno di fare alcunché per contenere le emissioni.
Essi potrebbero accumulare enormi quantità di crediti per
continuare business as usual”.
Secondo lo Studio, se non si interviene presto per impegni più ambiziosi di taglio alle emissioni di gas ad effetto
serra, le future generazioni dovranno conseguire riduzioni
scoraggianti, sempre che permanga una qualche speranza
di stabilizzare l’aumento della temperatura a circa 2 °C al
di sopra dei livelli pre-industriali.
“C’è chiaramente una differenza tra gli accordi stipulati dai
leader mondiali per ridurre le emissioni entro i 2 °C al 2050
e i deboli impegni promessi, con il risultato che le future generazioni dovranno fare riduzioni di anno in anno sempre
più pesanti dopo il 2020 - ha sottolineato Murray Ward di
Third World Network che ha guidato lo Studio - Senza tener
conto che molti degli impegni assunti sono stati presi prima
che si dispiegassero gli effetti della recessione economica, per
cui quei Paesi dovrebbero fornire dati più recenti in modo
da comprendere l’entità reale degli sforzi”.
A quanto pare, nemmeno i moniti che gli scienziati lanciano
continuamente riescono a scuotere i policy makers dalle loro
posizioni, sempre meno sostenibili.
Un altro evento che ha movimentato il clima stagnante dei
Colloqui agostani di Bonn e che speriamo sia di esempio
per altri Paesi è stata la notizia che l’Ecuador ha firmato
con ONU un Accordo per l’amministrazione del Fondo per
l’iniziativa “Yasuní-ITT” che eviterà lo sfruttamento petrolifero nella foresta amazzonica ecuadoriana in cambio della
sottoscrizione di bond pari alla metà dei mancati introiti che
sarebbero derivati, e del quale progetto analizziamo più
analiticamente gli innovativi aspetti. (ndr: si veda “Un’iniziativa per cambiare la storia” a pag. 42 di questo stesso
numero).
Ecco di seguito, comunque, i risultati ufficiali dell’ultima
Sessione dei Climate Change di Bonn, quali emergono dal
discorso di chiusura di Christiana Figueres.
“Durante i colloqui sui cambiamenti climatici, conclusisi a
Bonn, i Governi hanno compiuto progressi per decidere la forma per un risultato di successo alla prossima Conferenza delle
Nazioni Unite a Cancún, in Messico alla fine di quest’anno”.
Utilizzando la metafora di una pentola, il Segretario esecutivo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici, ha detto che “ognuno sa che non è
possibile cucinare un pasto senza una pentola. Ora i Governi
sono molto più vicini a fabbricarla”.
La Figueres ha sottolineato anche che John Ashe (Antigua
e Barbuda), Presidente della 13a Sessione del Gruppo di
Lavoro che si occupa degli ulteriori impegni da assumere
da parte dei Paesi sviluppati nell’ambito del Protocollo di
Kyoto (AWG-KP), ha predisposto una proposta di testo su
cui i Governi saranno consultati fino alla prossima sessione a
Tianjin, al fine di verificare l’opportunità che venga assunto
come testo formale per la discussione al vertice del Messico, contenendo possibili progetti di decisioni da assumere
a Cancún, tra cui l’impatto dell’agricoltura sulle emissioni,
i meccanismi e i mercati del carbonio, le emissioni di gas
a effetto serra e gli effetti sui diversi Paesi del passaggio a
un futuro a basse emissioni. Un obiettivo chiave è quello
di evitare un deficit di impegni dei Paesi industrializzati a
ridurre le emissioni una volta che il primo periodo di impegni del Protocollo scadrà alla fine del 2012.
Secondo Christiana Figueres ciò dovrebbe dare una direzione molto più chiara ai Governi per lavorare nei prossimi
mesi in vista di Cancún.
Anche il Gruppo di Lavoro sulle Azioni di Cooperazione a
Lungo Termine (AWG-LCA), a cui partecipano tutti i Paesi,
USA e Cina compresi, ha preso in esame il testo diffuso dalla
Presidenza del Gruppo nel mese di luglio 2010, predisposto
per facilitare i negoziati in vista di una soluzione alla 16a
Conferenza delle Parti (COP 16) della Convenzione UNFCCC
a Cancún, che contiene sezioni su vari argomenti tra cui
una visione comune sulla cooperazione a lungo termine,
mitigazione, adattamento, finanza, tecnologia e capacità
di implementazione, su cui le Parti hanno proposto molte
nuove aggiunte e opzioni.
Il nuovo testo, tuttavia, con le continue modifiche ed aggiunte, è passato da 17 a 34 pagine, tanto che la stessa Figueres
ha dovuto concludere che “I Governi devono anche decidere
che cosa esattamente cucinare nella pentola […] per ottenere
i risultati attesi a Cancún, devono ora radicalmente limitare
le scelte da mettere sul tavolo”.
Non sono mancate anche in questa sessione prese di posizione che hanno destato perplessità e polemiche.
I Paesi petroliferi della Penisola Arabica, che nella precedente tornata avevano bloccato il tentativo dei Paesi AOSIS
(l’Associazione dei piccoli Stati insulari) di far inserire nei
Documenti di lavoro uno Studio che evidenziava i gravi
rischi incombenti sulle loro popolazioni per effetto dell’aumento della temperatura globale di 1,5 °C, hanno minacciato
di chiedere un indennizzo se la domanda di petrolio dovesse
scendere a seguito di eventuali accordi.
8
Un nuovo Studio conferma il ruolo dei cambiamenti climatici nel declino dell’impero Khmer
PROLUNGATE SICCITÀ HANNO
COSTRETTO AD ABBANDONARE ANGKOR
Un monito per rendere le città in grado di adattarsi al global warming e mitigarne gli impatti
di Massimo Lombardi
Il tempio dedicato a Vishnu di Angkor Wat, fatto costruire dal
sovrano Suryavarman II all’inizio del XII secolo e dichiarato
dall’UNESCO patrimonio e simbolo della Cambogia, tanto
da apparire, unico caso, nella bandiera nazionale fin dalla
sua creazione in Stato (1863), si colloca al centro di un’area
che ha visto sorgere Angkor, la città più “diffusa” dell’età
preindustriale e capitale dell’Impero Khmer che nel momento di maggior splendore includeva, oltre la Cambogia,
Laos e Vietnam.
Mentre il tempio, probabilmente mausoleo del sovrano stesso, durante la storia moderna e contemporanea era stato
oggetto di frequentazioni, prima come monastero buddista,
più tardi come meta turistica tra le più ambite e visitata ogni
anno da milioni di individui, della città di Angkor non c’era
traccia perché gli altri templi, “cappelle di famiglia”, erano
stati riassorbiti dalla giungla dalla cui vegetazione erano stati
nascosti fino all’arrivo degli esploratori francesi che li rinvennero e che furono riportati alla luce dagli archeologi con
una serie ininterrotta di bonifiche e restauri che iniziarono
alla fine dell’Ottocento e che proseguono tuttora.
Ovviamente il sito archeologico fa riferimento ai “templi” in
quanto tutte le abitazioni, compreso il palazzo reale, erano
costruite in legno, e furono abbandonate dopo un’incursione
dei Thai nel 1431.
Per molto tempo il collasso della “città idraulica” di Angkor
fu avvolto nel mistero, ma studi sempre più sofisticati e tecnologicamente avanzati sono ora in grado di darci risposte
sempre più attendibili.
Sulla prestigiosa Rivista “Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America” è stato
pubblicato di recente uno Studio che apporta un nuovo
contributo alla teoria che siano stati problemi ambientali a
determinare la caduta dell’Impero Khmer e l’abbandono da
parte della popolazione della città di Angkor (Brendan M.
Buckley et al. “Climate as a contributing factor in demise
of Angkor, Cambodia”, PNAS, 13 aprile 2010, vol. 107, No
15, pagg. 6748-6752).
Secondo i ricercatori del Lamont-Doherty Earth Observatory
of Columbia University, coadiuvati da altri colleghi australiani, giapponesi, vietnamiti e thailandesi, ferme restando le
altre concause che hanno determinato la crisi dell’Impero
Khmer e il definitivo abbandono della città, sarebbero da
ricercarsi anche dai cambiamenti climatici che si verificarono
nella regione tra il XIV e XV secolo.
Studiando la struttura degli anelli di un esemplare di 979
anni di Fokienia hodginsii, albero della famiglia delle Cupressaceae incluso nella IUNC Red List of Threatened Species,
presente nel parco nazionale vietnamita di Bidoup Nui Ba
e distante 700 km. da Angkor, gli studiosi hanno ricostruito
i livelli di umidità della regione tra il 1250 e il 2008.
In particolare, dai nuclei estratti dalla pianta senza danneggiarla, si è potuto individuare le prove di due gravi periodi
di siccità: tra il 1362 e il 1392, il primo; dal 1415 al 1440, un
po’ più breve ma più grave, il secondo.
“I periodi di siccità furono di tale severità e durata, che
avrebbero determinato un impatto notevole nell’approvvigionamento idrico e sulla produzione agricola, mentre anni di
Il tempio-mausoleo di Angkor Wat (Cambogia)
1100
maggior intensità dei monsoni estivi avrebbero danneggiato
le capacità di controllo delle infrastrutture idrauliche”.
Nello Studio si evidenzia, inoltre che i periodi siccitosi si
sono alternati a stagioni di piogge monsoniche straordinariamente intense che avrebbero danneggiato il sistema
idraulico, non più in grado di smaltire la quantità di acque
meteoriche, stante gli intasamenti riscontrati in molti canali
che erano stati, comunque, deviati o ricostruiti durante i
periodi aridi.
I ricercatori hanno appurato che gli anni più aridi si sono
verificati in sequenza nel 1402 e 1403. Per ritrovare un
altro anno altrettanto arido si deve arrivare al 1888, che ha
coinciso con il fenomeno ciclico del riscaldamento delle
masse tropicali dell’Oceano Pacifico, denominato El Niño.
Correlando con gli strumenti moderni i cicli conosciuti di
El Niño, i ricercatori hanno documentato come il riscaldamento ciclico delle masse
d’acqua oceaniche del
Pacifico provoca intense
piogge in certe aree e
siccità in altre. Gli autori suggeriscono, quindi,
che El Niño, permanendo probabilmente più a
lungo dei cicli decennali
consueti sul Pacifico, potrebbe aver giocato un
ruolo importante nella
riduzione delle precipitazioni monsoniche in questa regione, determinando una siccità prolungata rispetto ai periodi
precedenti.
Alcuni climatologi sostengono che l’attuale riscaldamento
globale potrebbe in futuro modificare questi cicli, incrementando le possibilità di alternanza di periodi siccitosi ad
altri con alluvioni distruttive, incidendo sulla vita di miliardi
di individui.
“ Sia la società umana che il sistema climatico terrestre sono
sistemi complessi capaci di comportamenti imprevisti - ha
osservato Kevin Anchukaitis, un altro autore della ricerca - Attraverso una prospettiva di lungo termine offerta dai
dati climatici ed archeologici, noi possiamo cominciare ad
individuare e comprendere i molteplici modi in cui possono
interagire. Le prove relative ai monsoni in Asia dovrebbero
ricordarci che le civiltà complesse sono ancora vulnerabili
alla variabilità e al cambiamento del clima”.
Nel momento di maggior splendore, Angkor
avrebbe ospitato 500.0001.000.000 abitanti e si
sarebbe estesa su una
superficie di 1.000 km2,
attorno al tempio principale di Angkor Wat, ma
un precedente Studio,
La mappa del sito archeologico di Angkor con la
revisione dell’estensione dell’area dopo i rilievi
da immagini Landsat, effettuati nel corso della
campagna 2006 “Greater Angkor Project”
(Fonte: PNAS, 2007, op.cit.)
11
11
Cipresso di Fujian (Fokienia hodginsii)
condotto nell’ambito del “Greater Angkor Project” a cui condo cui gli abitanti “si crearono tanti problemi di ordine
lavorano 40 ricercatori e che è finanziato dall’Università di ambientale, che non furono poi in grado di risolvere” costiSidney, dalla Scuola Francese per l’Estremo Oriente e dal tuisce ancora il fulcro delle ricerche su Angkor. Se volessimo
Governo della Cambogia, ritrovando altri 94 “templi” e 74 tradurre in termini attuali la questione, si potrebbe dire che
dovranno essere verificati, fa ritenere che la sua estensione i Khmer non riuscirono ad approntare azioni di mitigazione
sia stata ben più ampia.
e adattamento ai cambiamenti climatici.
Incrociando i dati di carte redatte a mano, rilievi sul terre- Attratto più dal “funzionamento” dell’hydraulic city e da
no, fotografie aeree e immagini messe a disposizione dalla come e dove vivevano i suoi abitanti, piuttosto che dalla
NASA, è stato possibile ricostruire una mappa dettagliata bellezza architettonica dei suoi templi, Fletcher condusse sul
della città che avrebbe occupato un’area che dai margini posto campagne di ricerca i cui risultati e le riflessioni che
della depressione fluvio-lacustre del Tonle Sap arrivava fino ne scaturirono espresse nel libro “The Limits of Settlement
alle colline del Kulun.
Growth” (1996) che, mutuando il titolo di un altro testo
Il suo sviluppo fu possibile grazie ad una tecnologia di gestio- famoso (“I limiti dello Sviluppo” del MIT), si è inserito nel
ne e conservazione delle acque che si reggeva su un sistema dibattito urbanistico della fine del secolo scorso, in relazione
di canali lunghi fino a 20 km, di dighe e serbatoi (baray), al cosiddetto sprawl.
che aveva permesso ai suoi abitanti di coltivar riso per tutto Passando in rassegna gli studi dei vari insediamenti url’anno.
bani della storia e,
La giugnla si è riappropriata del sito ed ha nascosto per secoli le rovine di Angkor
“La ricerca mostra
soprattutto, facendo
(foto di Massimo Lombardi)
che le conoscenesplicito riferimento
all’esperienza acquize di ingegneria
idraulica erano sosita sul campo ad
fisticate e complesse,
Angkor, Fletcher
ma basatte su granmette in risalto
come l’ “ambiente
di disboscamenti
che hanno inciso in
costruito” costituimodo significativo
sca un limite per lo
sull’ambiente locale
sviluppo urbano a
- affermava Damian
lungo termine. DiEvans, coordinavenendo costoso
tore dello Studio
spostare insedia- L’erosione del suolo
menti o demolirli e
provocò accumuli di
ricostruirli da zero,
sedimentazione che
il progetto originadovevano essere conrio e gli edifici e le
tinuamente rimossi,
forme di comunianche se al momencazione approntati,
to non c’è una prova
possono comprodecisiva di quel che
mettere l’ulteriore
può essere accaduto”
sviluppo e forse,
(D. Evans et al. “A
secondo l’autore,
comprehensive Arporre limiti ai camchaeological Map of
biamenti politici e
the World’s Largest
sociali.
Era un monito,
pre-Industrial Settlement Complex of
purtroppo
non
Angkor, Cambodia”,
avvertito, ai teorizPNAS, 4 september
zatori della “città
2007, Vol. 104, No
globale” che, nel
tentativo di pro36, pagg. 1427714282).
porre un modello
urbano capace di
sostituire la “città
Come abbiamo visto, ora si è aggiunto
fossile”, dissipatrice
un nuovo tassello
di risorse naturali ed
nel mosaico delle
energetiche, ritengovere cause di questa
no che il “progetto”
misteriosa crisi, ma
sia indipendente dal
l’intuizione dell’ar“luogo”.
cheologo Roland
Fletcher, condirettore del “Greater
Angkor Project” se-
12
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
PolieCo
AMBIENTE E LEGALITÀ, PREMIATO
IL DIRETTORE DI POLIECO
Claudia Salvestrini, a FestAmbiente 2010, fra gli insigniti
alla VII edizione del Premio istituito da Libera e Legambiente
di Alberto Piastrellini
Nel comparto industriale della gestione e trattamento dei rifiuti e materiali
derivanti dalla trasformazione di beni a fine vita, l’imperativo a monte
di qualsiasi scelta, dovrebbe essere
quello della legalità, in generale e
dell’ecolegalità, in particolare.
Questo perché, come ci ricordano
gli esperti dell’Osservatorio Ambiente
e Legalità di Legambiente e come il
Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare ha recentemente sottolineato, il giro d’affari
connesso alla gestione criminosa dei
rifiuti, in specie al loro illecito trasporto transfrontaliero, assomma cifre da
capogiro.
“Le ecomafie gestiscono nel nostro
Paese un vero e proprio sistema ecocriminale, estremamente flessibile
e diversificato, al quale dobbiamo
contrapporne uno legale ed eco-sosteni-
bile - ha commentato Enrico Fontana,
responsabile Osservatorio Ambiente
e Legalità di Legambiente - Abbiamo
di fronte un vero e proprio sistema
criminale i cui profitti continuano a
crescere nonostante la crisi economica:
nel 2009, secondo i dati del rapporto
annuale di Legambiente, il giro d’affari complessivo delle ecomafie ha
raggiunto la cifra imponente di 20,5
miliardi di euro per 28.576 gli illeciti
accertati pari a 78 reati al giorno, cioè
più di 3 l’ora”.
É chiaro come a soffrire di più per
questa situazione sia l’ambiente, patrimonio di tutti, ma anche il mondo
dell’industria, quello buono, per intenderci, ne viene intaccato pesantemente
dal momento che quando si tratta di
riciclo di materiali, vedersi sottratta
“materia prima” che prende il “volo”
verso Paesi più accomodanti con la
Il Direttore PolieCo, Claudia Salvestrini riceve il premio da Enrico Fontana
13
complicità di mediatori senza scrupoli,
significa, poi, doverne acquistare altra
a prezzi maggiorati per poter continuare a lavorare.
E questa è una della tante battaglie
che, caparbiamente e a sprezzo di
non pochi pericoli, sta combattendo
da anni, su vari fronti, il Consorzio
PolieCo (Consorzio nazionale per il
riciclaggio dei rifiuti dei beni a base
di polietilene), nella persona del suo
Direttore, Claudia Salvestrini.
Dialogo con le Istituzioni ed Enti
Pubblici, collaborazione attiva con
gli Organi di controllo e le Forze di
Polizia, promozione di Accordi di Programma e Protocolli di Intesa fra ente
consortile e stakeholders istituzionali,
accanto ad un articolato e costante
programma di formazione/informazione per le imprese associate, sono
le “armi” su cui il Direttore Salvestrini
può contare, accanto, naturalmente, al
suo fiuto indagatore che l’ha portata
ad individuare situazioni sospette e
poco chiare su cui gli inquirenti stanno tuttora indagando.
E tutto questo, anche a prezzo di un
certo rischio personale.
Già un mese fa, sulle pagine del PolieCo Magazine, inserto di del numero
di luglio di Regioni & Ambiente, era
apparsa un’ampia trattazione del Protocollo di intesa fra PolieCo e Agenzia
delle Dogane, frutto di una proficua
collaborazione fra i due Enti, partita
già da alcuni mesi e riconosciuta a
livello nazionale; prova ne sia l’ampia citazione contenuta nel volume:
“Ecomafia 2010 – Le storie e i numeri
della criminalità ambientale” (Edizioni Ambiente), a cura dell’Osservatorio
Ambiente e Legalità – di Legambiente, che si fregia della prestigiosa
prefazione di Roberto Saviano e
dell’introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso.
A sottolineare il plauso rivolto all’iniziativa, alle pagine 378 e 379 del
volume, si legge che: “… A livello
operativo, inoltre, è stato predisposto
un Accordo con il Consorzio PolieCo
(Consorzio nazionale per il riciclaggio
di rifiuti di beni a base di polietilene)
i cui tecnici, in molteplici occasioni,
sono stati impegnati al fianco dei funzionari doganali, fornendo supporto
tecnico in attività di controllo e analisi
delle merci trasportate”.
“Nell’ambito dello stesso accordo di
collaborazione e con il prezioso contributo della Fondazione Santa Chiara,
di professori universitari, e di magistrati, è stato realizzato un corso di
formazione per i responsabili degli Uffici di Controllo e dei Servizi Antifrode
degli uffici Doganali finora interessati
dai maggiori flussi a rischio specifico,
che sarà esteso a livello nazionale nei
prossimi anni. Tale collaborazione ha
già consentito di sviluppare migliori
competenze tecniche da parte dei
funzionari impegnati nei controlli. Le
quantità sequestrate di rifiuti di materiali plastici “mascherati” da materie
prime secondarie rappresentano bene
la misura del valore dell’impegno sinergico profuso”.
La collaborazione reciproca che PolieCo ha inteso rinsaldare con tutti gli
Organi di controllo: Noe, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza
è continuamente oggetto di pubblici
encomi da parte della Presidenza e
dello staff operativo del Consorzio durante eventi istituzionali e pubblici nei
quali si sottolinea sempre con piacere
l’apporto fondamentale degli Organi
di controllo nell’ambito della corretta
gestione del settore del riciclaggio dei
rifiuti.
Inoltre, recentemente il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale
di Bari, Francesco Sebastio, durante
l’audizione tenuta presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle
attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti, nel ricordare alcuni step delle
indagini in corso nella zona di Taranto
relativamente al problema rifiuti, ha
avuto modo di sottolineare la positiva
collaborazione offerta dal Consorzio
PolieCo alla Guardia di Finanza.
Tali risultati non sono sfuggiti alla Giuria del Premio Ambiente e Legalità
istituito dall’Associazione Libera e Legambiente, giunto quest’anno alla sua
VII edizione, che, fra i 14 paladini
dell’ecolegalità che si sono distinti nel
2010, ha voluto insignire del riconoscimento Claudia Salvestrini.
“Magistrati, giornalisti, cooperative e
liberi cittadini: è questa l’Italia che fa
squadra nella lotta contro un’organizzazione delinquenziale integrata,
pervasiva e difficile da arginare e che
oggi vogliamo premiare”, ha dichiarato Enrico Fontana, nell’introdurre la
premiazione durante la 22° edizione
di FestAmbiente (6-15 agosto, Parco
Naturale della Maremma, Centro per
lo Sviluppo Sostenibile di Legambiente
- località Enaoli, Ripescia GR), festival nazionale a cura dell’Associazione
Legambiente che, ogni anno, in una
cornice “leggera” e giocosa, affronta
tematiche di grande importanza ed
attualità come quelle della lotta ai
cambiamenti climatici, del risparmio
energetico, della corretta gestione dei
rifiuti e di un deciso NO al nucleare.
“Dedico questo Premio a tutti i colleghi
e alle Aziende consorziate in PolieCo,
perché tutti insieme si è perseguita
la volontà propugnata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e dal mondo
dell’ambientalismo, di costruire un
sistema industriale del
riciclo virtuoso e corretto”, così ha
dichiarato entusiasta e visibilmente
commossa la Direttrice del Consorzio
PolieCo dopo aver ricevuto il Premio
Ambiente e Legalità dalle mani di
Laura Biffi dell’Osservatorio Ambiente
e Legalità di Legambiente, alla presenza di Don Luigi Ciotti, Presidente di
Libera.
Motivazione del riconoscimento: “per
la coraggiosa e documentata attività
di denuncia condotta nella qualità
dei traffici illegali di rifiuti plastici,
soprattutto di polietilene, contaminati
da sostanze pericolose che dal nostro
Paese vengono esportati, in particolare
verso la Cina”.
“Non tutto il mondo del riciclo è caratterizzato da illegalità ed ecomafie – ha
puntualizzato in seguito il Direttore
Salvestrini – ricordo che gran parte
delle informazioni circa i traffici illeciti da e verso la Cina le ho reperite
proprio grazie alla collaborazione dei
funzionari e degli imprenditori cinesi
preoccupati, come noi, per la salute dei
cittadini e l’integrità dell’ambiente”.
“Tuttavia – ha proseguito – il settore
industriale del riciclo ha bisogno di
regole e norme chiare e condivise; Accordi di collaborazione fra inquirenti
di Paesi diversi e infine un sistema di
controlli a garanzia di ambiente, imprese e cittadini”.
“Siamo convinti che se tutti gli imprenditori si mettessero in gioco come
Il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio intervistato dal nostro giornalista Alberto Piastrellini
14
la Salvestrini, i risultati ambientali
si otterrebbero in poco tempo, perché
la legalità conviene”, ha dichiarato Enrico Fontana, Responsabile
Osservatorio Ambiente e Legalità di
Legambiente che ha condotto l’evento,
sottolineando l’operato del PolieCo in
materia di diffusione della legalità nel
comparto industriale di competenza
e rimarcando le buone pratiche di
collaborazione istituzionale fra l’ente consortile, la filiera del riciclo del
polietilene e gli Organi di controllo;
collaborazione che,
nell’ultimo triennio ha dato vita ad
un ricco calendario di Giornate di
Formazione su tematiche legali ed
ambientali, proposto a livello nazionale ed aperto non solo agli operatori
del settore, ma anche a rappresentanti
e funzionari della Pubblica Amministrazione.
“Non posso che congratularmi con
il Direttore Claudia Salvestrini”, ha
dichiarato soddisfatto il Presidente
PolieCo, Enrico Bobbio, presente
anch’esso all’evento; “questo riconoscimento premia non solo il lavoro
encomiabile della stessa, ma, di riflesso, conferma la bontà di tutto il
CdA che guida il Consorzio e delle scelte perseguite in questi anni”.
“Crediamo fortemente nella formazione degli operatori e nel dialogo
costruttivo fra il mondo industriale
del riciclo e tutti gli stakeholders istituzionali – ha proseguito dopo la
premiazione il
Presidente Bobbio – infatti, fra poco
più di un mese ripeteremo l’esperienza
del Forum Internazionale: “Economia
dei rifiuti” ad Ischia.
“Proponendosi come un vero e proprio
Osservatorio Economico Gestionale dei
rifiuti - ha sottolineato il Presidente
- la due-giorni ischitana (24 e 25
settembre p. v.), sarà occasione per
approfondire la tematica del riciclo
di materie plastiche e di polietilene in
particolare, in Italia e della sua internazionalizzazione alla luce delle
problematiche del mercato globale e
nell’ottica ulteriore di un auspicabile
approccio etico. Consci dell’opportunità economica offerta dalla gestione
virtuosa dei rifiuti e del loro riciclo,
intendiamo stimolare un dibattito fra
Istituzioni ed Operatori sul futuro della new economy, specificando come
quest’ultima dipenderà sicuramente
dalla disponibilità di risorse offerte
dalle materie derivanti dal riciclo.
La formula utilizzata sarà quella di
una vasta Tavola Rotonda attorno alla
quale si avvicenderanno: economisti,
giuristi, imprenditori ed amministratori pubblici che insieme concorreranno
a presentare lo stato dell’arte e le prospettive future del settore cercando di
non disgiungere la componente
economica da quella prettamente ambientale”.
E mentre il sole tramontava dietro il
palco dello Spazio Incontri invitando
il pubblico agli altri eventi di FestAmbiente, il Direttore PolieCo ha voluto
salutare con una battuta amici e collaboratori intervenuti per congratularsi
con lei: “questo momento di festa ed il
periodo estivo tradizionalmente legato alle ferie lavorative non deve farci
dimenticare che il rispetto per l’ambiente e la legalità non vanno mai in
vacanza!”
I PALADINI DELL’ECOLEGALITÀ 2010
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Domenico Iannone, giornalista, autore dell’indagine sul rapporto fra edilizia
e normative antisismiche: “Il progetto, storia di un’Italia inconsistente”;
Angelo Saso, giornalista, autore del reportage sulla nave dei veleni Eden 5:
“Quella nave insabbiata”;
Claudia Salvestrini, Direttore Consorzio PolieCo;
Capitano Florindo Rosa e personale del NOE di Grosseto, per le indagini
relative all’operazione “Golden Rubbish”;
Comandante Giuseppe Gulli e personale del Nipaf (Nucleo Investigativo
di Polizia Ambietale e Forestale) del Corpo Forestale delle stato di Reggio
Calabria, per le indagini condotte nell’operazione “Leucopetra”;
Maria Cristina Ribera, Sostituo Procuratore della Direzione Distrettuale
Antimafia di Napoli, per le indagini nell’operazione “Giudizio finale”;
Vittorio Rizzi e personale della Squadra Mobile di Roma, per le attività di
indagine nell’ambito di esportazioni illegali di rifiuti ed importazioni di merci
contraffatte e contaminate;
Mario Spagnolo, Procuratore Capo di Vibo Valentia, per l’impulso dato alle
indagini sull’abusivismo edilizio;
Comandante Angelo Pistorio, Capo Ufficio III Reparto del Comando
Generale delle Capitanerie di Porto, per la redazione del Dossier “Spadare”;
Polizia Provinciale della Capitale, per le attività a tutela della fauna e la
repressione dell’attività venatoria illecita;
Cosimo Andronica, Comandante del Corpo dei Vigili Urbani di Agrigento,
per l’efficace intervento a tutela dell’ambiente e della legalità;
Nucleo di Polizia Tributaria di Roma e Gruppo Tutela del Patrimonio
Artistico della Guardia di Finanza per l’operazione “Augusto Imperatore”
circa il recupero di reperti archeologici trafugati illegalmente;
Corpo Nazionale del Vigili del Fuoco, per le operazioni di intervento in
Abruzzo dopo il sisma e dopo le alluvioni di Scaletta Zanclea e Giampillieri,
nel messinese.
Speciale riconoscimento per lo straordinario impegno per l’ambiente,
la salute dei cittadini e la legalità, alla memoria di Luisa Minazzi, figura
simbolo del movimento contro l’amianto killer a Casale Monferrato,
recentemente scomparsa, proprio a causa del mesotelioma pleurico
contratto per la prolungata esposizione alla fibra.
Sede Legale - Sede Operativa - Presidenza
Piazza di Santa Chiara, 49 - 00186 Roma
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15
L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO DELL’AMBIENTE:
NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI E
RAPPORTI CON IL DIRITTO DELL’ENERGIA
di Dario Cordone
Si è svolto lo scorso 14 e 15 Maggio a Palermo un Seminario di
aggiornamento sull’evoluzione del Diritto dell’ambiente, organizzato dall’ORSA (Scuola di alta formazione ambientale) con il
patrocinio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo.
Coordinatore del Seminario è stato l’avvocato Salvatore
Mancuso.
Fra gli interventi segnaliamo quello del dottor Calogero
Ferrara della Procura della Repubblica di Palermo dal titolo
“I reati e le tecniche di indagine in materia di rifiuti”.
Nel corso degli ultimi anni si è passati dalla mancanza totale
di disposizioni penali in materia di
ambiente a quello che, giustamente, è stato definito un
“inquinamento da leggi” caratterizzato da una evidente
mancanza di coordinamento determinata, in molti casi, dal
fatto che le singole disposizioni vengono emanate non in
funzione di una adeguata protezione dell’ambiente, ma per
sopperire a situazioni particolari scaturite dall’intervento
della magistratura o da esigenze di singoli settori produttivi
o, nella migliore delle ipotesi, per la necessità dello Stato
di adeguarsi alla normativa comunitaria.
La seconda questione è relativa alla mancanza di una forma
di responsabilità diretta della persona giuridica per violazioni ambientali.
Il Titolo VI Capo I del T.U. 152/2006 rubricato “Sanzioni”
(artt. 254-263) disciplina le singole
fattispecie illecite in tema di rifiuti.
Tra i numerosi criteri sistematici delle figure criminose in
oggetto quello generalmente accolto distingue:
- il tipo di attività svolta e le violazioni alle regole di esecuzione;
- la tipologia di rifiuti (pericolosi, non pericolosi; propri,
prodotti da terzi ecc.);
- la tipologia di sanzione (amministrativa o penale).
Il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto è fondato sul
controllo incrociato del percorso seguito dai rifiuti fino al
momento della loro eliminazione e tende a coinvolgere e
responsabilizzare tutti i soggetti coinvolti nella gestione
secondo il criterio di imputazione della “causalità alternativa”, secondo il quale, nell’ipotesi in cui tra più soggetti
che hanno posto in essere un’azione vietata, ed è certo che
uno di essi ha causato l’evento dannoso ma non è possibile
identificarlo, saranno chiamati a risponderne tutti in solido
(fermo restando poi i limiti dell’elemento soggettivo!).
L’art. 255, intitolato “abbandono di rifiuti”, prevede una
molteplicità di figure illecite, alcune punite con sanzione
amministrativa ed altre con sanzione penale.
In particolare è punita con:
sanzione amministrativa pecuniaria la condotta di chiunque
abbandona o deposita rifiuti, ovvero li immette nelle acque
superficiali o sotterranee in violazione dei divieti:
- di cui all’art. 192, commi 1 e 2 (abbandono sul suolo o
nelle acque dei rifiuti);
- di cui all’art. 226 comma 2 (immissione nel circuito di raccolta dei r.u. degli imballaggi terziari di qualsiasi natura);
- di cui all’art. 231 commi 1, 2 e 5, per quanto riguarda la
demolizione dei veicoli a motore .
sanzione penale (arresto fino ad un anno) la condotta
di chi:
- non ottempera all’ordinanza del Sindaco di cui all’art. 192,
comma 3 (omessa rimozione dei rifiuti abbandonati);
- non adempie all’obbligo di cui all’art. 187, comma 3, in
tema di miscelazione di rifiuti pericolosi (omessa separazione
dei rifiuti miscelati).
Altro interessante intervento è stato quello effettuato dal
dottor Luca Ramacci della Procura della Repubblica di
Tivoli dal titolo “I reati nel settore delle acque e le tecniche
di indagine”
Da tempo, e specie dopo l’entrata in vigore del D. Lgs.
152\06, la materia dell’inquinamento idrico è ormai relegata
in secondo piano. Il numero complessivo dei procedimenti
penali per i reati in materia di tutela delle acque è drasticamente calato.
Le ragioni di tale situazione possono essere individuate nei
ripetuti interventi peggiorativi del legislatore e nella scarsità
dei controlli. Infatti, con il D. Lgs. n. 4\2008, che aveva
lo scopo di rimediare alla pessima redazione del “Testo
Unico ambientale” riportandolo entro i limiti tracciati dalla
normativa comunitaria, si è inopinatamente proceduto alla
equiparazione degli effluenti di allevamento agli scarichi
domestici.
Successivamente, la modifica dell’articolo 137 ad opera della
L. 25 febbraio 2010, n. 36 “Disciplina sanzionatoria dello
scarico di acque reflue” ha determinato una considerevole
depenalizzazione dei casi di superamento dei limiti tabellari
fissati per gli scarichi industriali.
Per quanto riguarda i controlli, invece, la complessità delle
operazioni di campionamento ed analisi e le scarse risorse
di uomini e mezzi hanno sicuramente ridotto la già scarsa
operatività delle ARPA e degli altri soggetti preposti alle
verifiche ridottesi ormai, quasi sempre, ad accertamenti di
routine effettuati, per lo più, a fronte di richieste di autorizzazione allo scarico.
Tale situazione incoraggia gli inquinatori e rende ancor più
agevole la cattiva gestione degli impianti di depurazione delle pubbliche fognature che, privi di adeguata manutenzione
per contenere i costi di gestione o del tutto abbandonati,
forniscono un massiccio contributo al peggioramento qualitativo dei corpi ricettori.
Per quanto concerne il passaggio dalla TARSU alla TIA, ulteriore argomento all’ordine del giorno, si riporta, in sintesi
l’intervento dell’avvocato Filippo Alessandro Cimino del
Foro di Palermo.
16
La differenza teorica e
dottrinaria tra tariffa pubblica e tassa è netta e ben
delineata:
• la tassa è un tributo. È
la somma inferiore al
costo di produzione che
il privato paga all’ente
pubblico per ottenere,
dietro sua domanda,
un servizio o altra
prestazione pubblica.
Profilo commutativo tra prestazione pecuniaria e servizio prestato. E’ fondamentale l’elemento della coattività
(il servizio è fissato dall’ente pubblico nell’esercizio delle
proprie funzioni istituzionali).
• la tariffa pubblica è un prezzo unitario regolamentato, diverso da quello determinato dal mercato. Ulteriore
distinzione tra prezzi pubblici, che coprono il costo di
produzione, e prezzi politici, inferiori al costo. Profilo sinallagmatico tra prestazione e servizio. Manca l’elemento
della coattività proprio del tributo.
Differenze più rilevanti della tariffa come delineata
dall’art. 238 D.Lgs. n. 152/2006 rispetto alla TARSU ex
D.Lgs. n. 507/1993:
la tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie
ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie,
sulla base di parametri che tengano anche conto di indici
reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali (maggiore attenzione al requisito della capacità contributiva),
la tariffa è formata da due parti, in modo da assicurare la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio
(struttura binomia):
• quota determinata in relazione alle componenti essenziali
del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti
per le opere ed ai relativi ammortamenti (quota fissa);
• quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito ed all’entità dei costi di gestione (quota
variabile).
La rilevanza della quantità di rifiuti conferiti rende la tariffa aderente al principio comunitario “chi inquina paga”
(sostituzione del sistema di tariffazione forfetario previsto
dalla disciplina della Tarsu, con un sistema che colpisce
l’effettiva produzione di rifiuti). In tal senso si può attuare
anche l’applicazione di una riduzione tariffaria a favore
dei produttori che dimostrino di avere avviato al recupero
una quota di rifiuti assimilati.
La seconda parte del Seminario è stata dedicata alle fonti
di energia rinnovabile. L’ingegner Francesco Cappello
dell’ENEA ha parlato di “Analisi tecnico-economica della
produzione di energia da fonti rinnovabili”.
In particolare ha sottolineato che l’energia
proveniente dal Sole ampiamente disponibile in
Sicilia, rispetto alle altre
regioni italiane, dovrebbe essere maggiormente
sfruttata a vantaggio degli imprenditori siciliani
che facciano investimenti
diretti su impianti fotovoltaici in modo da
beneficiare in prima persona di quanto previsto dal “conto
energia” ed evitando che imprenditori del Nord Italia o esteri
approfittino del forte irraggiamento solare della Sicilia.
A seguire c’è stato l’intervento dell’avvocato Simona Viola del
Foro di Milano, incentrato su: “Principi generali del procedimento
autorizzatorio per gli impianti di produzione di energia da fonte
rinnovabile. Il sistema delle competenze Stato-Regioni”.
Le Regioni possono autonomamente disciplinare il procedimento autorizzatorio, ma non in difformità dallo schema
individuato dall’articolo 12.
Le Regioni hanno adottato proprie “Linee guida”, atti di
pianificazione energetica e discipline variamente denominate
che spesso appaiono contrarie ai principi della disciplina
comunitaria e nazionale e la giurisprudenza amministrativa
e costituzionale è dovuta intervenire come si osserva dalle
decisioni che seguono.
Le Regioni non possono provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel
paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. (Corte Costituzionale, sent. n. 166 del 2009).
Le Regioni non possono introdurre moratorie o sospensioni delle procedure autorizzatorie perché il termine di 180
giorni è principio fondamentale dell’ordinamento giuridico
ispirato “alle regole della semplificazione amministrativa e
della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito
del procedimento autorizzativo”. (Corte Costituzionale, sent.
n. 124 del 2010).
In sintesi, le Regioni hanno spesso:
• Contingentato la potenza massima autorizzabile;
• Fissato un numero massimo di impianti;
• Posto vincoli territoriali o paesaggistici quali prescrizioni
localizzative impeditive (aree SIC, ZPS, parchi, zone “inidonee”, fasce di rispetto, aree buffer);
• Fissato requisiti non normativamente previsti (“soggettivi”
del proponente o “tecnici” del progetto);
• Individuato criteri di preferenza tra domande concorrenti
discriminatori nella scelta dei progetti (spesso a favore dei
progetti che vedono la partecipazione di soggetti pubblici
o del Comune interessato).
17
INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. M. 9 luglio 2010
SISTRI TER
Ulteriore differimento dei termini operativi, ma anche modifiche sostanziali
Come avevamo previsto (vedi: “SISTRI:
solo 30 giorni di proroga e nuovi obblighi”, in Regioni&Ambiente, n. 4 aprile
2010, pagg. 30-32 e inserto normativo
con il testo del DM. 15 febbraio 2010,
recante “Modifiche ed integrazioni al
decreto 17 dicembre 2009”), il Sistema
di controllo della tracciabilità dei rifiuti, meglio conosciuto con l’acronimo
SISTRI, ha subìto un ulteriore (il terzo!)
slittamento della sua operatività.
Con la pubblicazione del Decreto
del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare 9
luglio 2010 sulla G.U. n. 161 del 13
luglio 2010 (nello stesso giorno in cui
avrebbe dovuto divenire operativo per
le imprese e produttori del 1° gruppo), le previste date per l’avvio della
procedura di tracciamento digitale del
ciclo dei rifiuti sono posticipate al 1°
ottobre 2010.
Di certo le criticità e le aree di incertezza
insite nel sistema costituiscono difficoltà
operative per le imprese, ma al di là
delle formali condivisioni delle finalità
del SISTRI, si ha la sensazione che non
sia solo una questione di tempi.
Molte organizzazioni imprenditoriali,
con in testa Confindustria, ritengono che l’ulteriore proroga sia ancora
troppo ravvicinata, come altrettanto
auspicato è il differimento della vigenza delle cosiddette semplificazioni.
Altre, come la Confai (Confederazione Agromeccanici) minacciano ricorso
per incostituzionalità del Decreto che
la escluderebbe dalle Associazioni di
categoria delegate, in quanto non presente nel CNEL.
A leggere la nota del 16 luglio della CNA (Confederazione nazionale
dell’artigianato e della piccola e media
impresa) sono i nuovi adempimenti ambientali emanati dal Governo a
mettere in forte difficoltà le piccole e
medie imprese, alle quali serviranno,
afferma la nota “ulteriori 200 milioni
di euro che si sommano ad altri 200
milioni di euro già pagati nei primi 6
mesi del 2010”.
Oltre al SISTRI del quale vengono indicate le modifiche da introdursi per
renderlo applicabile, viene messo
sotto accusa anche il Regolamento di
Gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE)
entrato in vigore recentemente, dopo
un’attesa di oltre due anni, rispetto ai
tempi previsti dal D.Lgs n. 151/2005
che ha attuato la Direttiva 2003/96/CE
(vedi: “Dal 18 giugno ONE to ONE”, in
Regioni&Ambiente, n. 6 giugno 2010,
pagg. 33-36 e inserto normativo con
il testo del DM 8 marzo 2010), che
avrebbe “messo in difficoltà migliaia
di imprese che hanno dovuto procedere in condizioni di grave incertezza,
alla nuova iscrizione e in alcuni casi,
tenuto conto delle difficoltà applicative
del regolamento, hanno visto bloccati i
contratti da parte dei distributori di apparecchiature elettriche ed elettroniche
in attesa di chiarimenti necessari per
una corretta applicazione del provvedimento”.
Forse è il caso di ricordare che il progetto SISTRI, pur nelle sue lacune e
difficoltà interpretative, tenta di rispondere a livello di principio, a quanto
prevede la Direttiva 2008/98 in materia
di rifiuti, che impone agli Stati membri
l’adozione delle misure necessarie ad
assicurare il controllo dei rifiuti, ivi inclusa la loro tracciabilità, di cui il SISTRI
vuol trasferire in via elettronica l’adempimento degli obblighi di informazione
relativi alle fasi di produzione, movimentazione e recupero/smaltimento dei
rifiuti, sino a ieri avvenuto mediante la
compilazione di formulari cartacei.
Come abbiamo avuto modo di sottolineare in più occasioni al riguardo,
siamo favorevoli ai vari decreti che
modificano od integrano alcune parti,
peraltro necessariamente; non condividiamo, in linea di principio, lo stillicidio
di proroghe dei termini stabiliti.
Le novità del SISTRI ter non si limitano però alle proroghe, ma individuano
sostanziali modifiche anche su altri
18
aspetti. Ma andiamo con ordine.
Art. 1 - Operatività
Come sopra accennato, i termini di
operatività del SISTRI sono prorogati
al 1° ottobre 2010. Questo vuol dire
che la partenza avviene contemporaneamente per tutte le imprese, sia per
i grandi che per piccoli produttori,
non già in date separate (13 luglio e
12 agosto 2010), come previsto precedentemente.
Allo stesso tempo sono state prorogate
al 12 settembre 2010 anche le date
per le procedure di ritiro delle chiavette
USB e per l’installazione delle Black
Box, ossia dei dispositivi necessari per
la funzionalità del SISTRI da montare
sui mezzi, per ottenere la tracciabilità
della movimentazione del rifiuto, per
assicurare l’inserimento dei dati delle
aziende coinvolte nella gestione, nei
termini stabiliti dalla legge.
È opportuno rammentare alle aziende
di trasporto che, all’atto dell’installazione della Black Box sui propri mezzi,
è necessario disporre di una SIM card
abilitata ed attivata al traffico dati GPRS
e senza PIN.
È stato soppresso il termine di 30
giorni previsti per la presentazione
delle domande di autorizzazione all’installazione delle Black Box da parte
delle imprese di autoriparazione nel
settore elettrauto in possesso dei requisiti previsti nell’Allegato IB al DM
17 dicembre 2009, riaprendo di fatto
la riapertura dei termini.
Per quanto riguarda i Corsi di formazione nell’anno in corso se ne
effettuerà un altro (si è svolto già nei
giorni 29 e 30 luglio 2010), oltre a quello già tenuto all’entrata in vigore del
Decreto. A partire dal 2011, ne verranno effettuati due all’anno, le cui date
saranno indicate sul sito istituzionale
del SISTRI.
Art. 2 - Estensione della videosor-
veglianza agli impianti dedicati di
coincenerimento dei rifiuti
Le disposizioni relative alla dotazione
di apparecchiature idonee a monitorare
l’ingresso e l’uscita di automezzi in e
da impianti di discarica vengono estese
anche agli impianti di coincenerimento
destinati esclusivamente al recupero
energetico dei rifiuti.
del rifiuto non accettato e apre una
nuova scheda.
Art. 3 - Modifiche all’art. 3 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009
Vengono obbligati all’iscrizione
all’Albo Nazionale Gestori Ambientali tutti i Comuni della Campania
che effettuano la raccolta e il trasporto
dei rifiuti urbani, realtà territoriali che
finora erano mantenute legislativamente separate.
Le modifiche sopra elencate sono recepite nelle schede SISTRI pubblicate
sul portale istituzionale.
Viene previsto, inoltre, l’obbligo di tenuta delle chiavette USB presso la
sede legale dell’azienda per la quale
sono rilasciate, per essere disponibili
in qualunque momento all’autorità di
controllo.
Art. 4 - Modifiche all’art. 5 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009
Nel caso di spedizioni transfrontaliere dall’Italia, il produttore di rifiuti
dell’“Elenco Verde” (rifiuti non pericolosi destinati ad essere recuperati)
inserisce nel sistema in formato pdf
il documento di movimento di cui
all’Allegato VII del Regolamento CE n.
1013/2006.
Nel caso in cui il rifiuto venga respinto
o accettato parzialmente dal gestore
dell’impianto di destinazione, il trasporto dei rifiuti non accettati e restituiti
al produttore deve essere accompagnato dalla copia cartacea della
Scheda SISTRI - Area movimentazione
relativa ai rifiuti medesimi, firmata elettronicamente e stampata dal gestore
dello stesso impianto di destinazione.
Qualora i rifiuti non accettati siano
avviati direttamente ad altro impianto,
il produttore annota sul registro
cronologico i dati relativi al carico
Vengono semplificati gli adempimenti relativi ai trasporti di rifiuti che
ricadono nella definizione di “micro
raccolta”, eliminando la comunicazione anticipata al SISTRI dei dati relativi
alla movimentazione dei rifiuti.
Art. 5 - Operatività del SISTRI in aree
non coperte dalla rete
Viene aggiunto al novero degli “imprevisti” dovuti al malfunzionamento
del sistema, di cui all’Art. 6 del DM
17 dicembre 2009, anche l’eventualità
della mancata copertura della rete
di trasmissione dati.
Art. 6 - Contributi
All’Allegato II del DM 17 dicembre
2009, relativo alla Ripartizione dei
contributi per categoria dei soggetti
obbligati è stata aggiunta una tabella
che opera una nuova ripartizione che
prevede importi ridotti per i seguenti
soggetti obbligati:
- Enti e Imprese produttori di rifiuti
pericolosi;
- Imprenditori agricoli;
- Comuni con meno di 5.000 abitanti
che pagheranno un contributo annuo
pari a 60 euro, indipendentemente
dal numero degli addetti per unità
locale.
I Comuni, indipendentemente
dal numero di abitanti, vengono
esentati dall’iscrizione per le unità
locali con meno di 10 addetti che si
occupano di rifiuti per loro conto. La
trasmissione dei dati avviene a carico
del Comune stesso nel caso in cui non
vi sia alcuna unità locale con meno di
10 dipendenti. Tale esenzione riguarda
esplicitamente anche le Associazioni
senza scopo di lucro.
19
ENTI E IMPRESE PRODUTTORI RIFIUTI PERICOLOSI
ADDETTI PER UNITÀ LOCALE
QUANTITATIVI ANNUI
CONTRIBUTO
Da 1 a 5
Fino a 200 kg
Euro 50
Da 1 a 5
Oltre 200 e fino a 400 kg
Euro 60
Da 6 a 10
Fino a 400 kg
Euro 60
Da 1 a 5
Fino a 200 kg
Euro 30
Da 1 a 5
Oltre 200 e fino a 400 kg
Euro 50
Da 6 a 10
Fino a 400 kg
Euro 50
IMPRENDITORI AGRICOLI
COMUNI CON MENO DI
5.000 ABITANTI
Qualora si sia già provveduto al pagamento dell’iscrizione e ci siano stati
soggetti che hanno versato somme
maggiori del dovuto, vengono stabilite
le modalità di rimborso, prevedendo,
in particolare, un diritto al conguaglio
con quanto dovuto per gli anni successivi, dei contributi già versati alla data
di entrata in vigore del DM 9 luglio
2010.
I soggetti che vogliono avvalersi dei
rimborsi/conguagli compileranno il
relativo modello disponibile sul sito
istituzionale alla Sezione Documenti,
e inviarlo via e-mail o fax.
Vengono pure precisate ed aggiunte
alcune modalità di pagamento dei
contributi di cui all’Allegato II, come
modificato, prevedendo che il pagamento potrà avvenire nei seguenti
modi (restano immutate le modalità di
pagamento presso la Tesoreria Provinciale dello Stato - Banca d’Italia):
- presso qualsiasi ufficio postale, mediante versamento dell’importo dovuto
sul conto corrente postale n. 2595427,
intestato alla Tesoreria di Roma Succursale Min. Ambiente SISTRI decreto
ministeriale 17 dicembre 2009 Min.
Amb. DG Tut. Ter. Via C. Colombo,
44 - 00147 ROMA;
- presso gli sportelli del proprio istituto
di credito, mediante bonifico bancario alle coordinate IBAN: IT56L 07601
03200 000002595427;
Euro 60
Beneficiario, Tesor. di Roma succ.le
Min. Ambiente SISTRI D.M. 17/12/2009
- Min. Amb. DG Tut. Ter.
via C. Colombo 44 - 00147 - Roma
Codice Fiscale 97222270585
In entrambi i casi, occorrerà indicare
nella causale di versamento i seguenti
dati:
- contributo SISTRI/anno 2010;
- il codice fiscale dell’Operatore;
- il numero di pratica comunicato dal
SISTRI, a conferma dell’avvenuta
iscrizione.
Art. 7 - Modifiche all’Art. 7 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009
È stato praticamente riscritto l’articolo relativo ai soggetti che possono
usufruire di modalità semplificate,
avvalendosi delle organizzazioni di
categoria rappresentative sul piano
nazionale e interessate e delle loro articolazioni territoriali, nonché di società
di servizi, emanazione diretta delle medesime organizzazioni.
Ricadono in tale ambito:
- le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi;
- i soggetti la cui produzione annua
non eccede le 4 tonnellate annue di
rifiuti pericolosi, ivi compresi gli imprenditori agricoli;
- i soggetti la cui produzione annua
non eccede le 20 tonnellate di rifiuti
non pericolosi;
- i soggetti che possono aderire al SISTRI su base volontaria, di cui all’art.
1, comma 4 del DM 17 dicembre
2009.
Sono stati rimodulati anche i termini
della compilazione del Registro cronologico, disponendo che:
- le Associazioni imprenditoriali
delegate o loro Società di servizi,
dovranno compilare il Registro con
cadenza mensile (in ogni caso, prima
della movimentazione dei rifiuti);
- i produttori di rifiuti pericolosi fino
a 200 kg. all’anno, effettueranno
la compilazione con cadenza tri-
mestrale (in ogni caso prima della
movimentazione dei rifiuti);
Il Registro cronologico e le singole
Schede di movimentazione dei rifiuti dovranno essere conservati per
almeno tre anni presso la sede del
delegante e tenuti a disposizione, su
supporto informatico o in copia cartacea, dell’autorità di controllo che ne
faccia richiesta.
Art. 8 - Moduli di iscrizione
In riferimento alle modalità di iscrizione sulla base del numero dei
dipendenti, è stato precisato, contrariamente alle precedenti disposizioni
che prendevano in considerazione solo
i lavoratori dipendenti, che il calcolo
per ciascuna unità locale deve essere
calcolato con riferimento al numero degli addetti, cioè al numero delle persone
occupate nell’unità locale dell’ente o
dell’impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo
pieno, a tempo parziale o con contratto
di formazione lavoro), anche se temporaneamente assente (per servizio, ferie,
malattia, sospensione dal lavoro, cassa
integrazione, ecc.). I lavoratori stagionali devono essere considerati come
frazioni di unità lavorative annue con
riferimento alle giornate effettivamente
retribuite.
Art. 9 - Definizioni
Oltre a ribadire quanto riportato nel
precedente articolo 8 in merito alla
definizione di Dipendenti, per l’applicazione della normativa, si precisa
che per:
- Circuito organizzato di raccolta si
intende un sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti, organizzato
secondo le esigenze territoriali e, comunque, nel rispetto dei principi della
libera concorrenza e della prossimità,
dai Consorzi di cui ai Titoli II e III della
Parte IV del D.Lgs n. 152/2006 e alla
normativa settoriale, od organizzato
sulla base di un accordo di programma
stipulato tra la Pubblica Amministrazione ed Associazioni imprenditoriali
20
rappresentative su piano nazionale, o
loro articolazioni territoriali, ovvero sulla
base di una Convenzione Quadro stipulata tra le medesime Associazioni e i
Responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’Impresa di trasporto dei
rifiuti, in attuazione del predetto Accordo o della predetta Convenzione;
- Associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale,
sono le Associazioni imprenditoriali presenti nel Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro (CNEL).
Manuale Operativo
Sempre in luglio, sul sito istituzionale è
stato pubblicato il Manuale Utente del
SISTRI, precedentemente annunciato
ed atteso dalle imprese.
Tale versione, si può leggere, viene
messa a disposizione degli utenti a
supporto della fase di sperimentazione del sistema recentemente iniziata in
previsione dell’imminente avvio della
fase operativa, previsto per il 1° ottobre
2010. Si tratta di un Manuale operativo
che potrà esser oggetto di modifiche,
anche in relazione alle segnalazioni di
nuove problematiche o di proposte di
modifica o di integrazione che perverranno da parte di tutti gli utenti, che
dovranno tuttavia essere approvate dal
Comitato Tecnico/Scientifico del SISTRI
e verranno evidenziate con indicazione
della data di aggiornamento. Il Manuale
sarà, inoltre, aggiornato in relazione
all’evoluzione del Sistema. Oltre alla
parte di introduzione generale, il Manuale, in formato PDF ipertestuale,
corredato di diagrammi e grafici, è articolato in tre sezioni:
- “Dispositivi” che descrive in modo
sintetico l’utilizzo dei dispositivi USB,
della Black Box e degli impianti di
Videosorveglianza;
- “Procedure” che descrive in sequenza
le operazioni che devono effettuare
gli “attori” del SISTRI (produttore,
intermediario, trasportatore, conducente, gestore) e alcune procedure
particolari, quali quella della movimentazione di rifiuti nel corso di
attività di manutenzione, cantieri,
micro raccolta, trasporto transfrontaliero;
- “Guide” che descrive l’uso del
software da parte dei produttori/detentori di rifiuti, trasportatori, gestori
di impianti di trattamento. La descrizione del software è accompagnata
da immagini delle schermate delle
operazioni che vengono progressivamente effettuate sul software dai
differenti attori.
Test SISTRI
Il 26 luglio, infine, è stato attivato un
test di verifica della funzionalità del
SISTRI per consentire ad un insieme
rappresentativo di tutte le classi di
utenti di provare il sistema e fornire
suggerimenti e proposte per meglio
adattare l’interfaccia del sistema e le
procedure relative alle esigenze prospettate dagli operatori ed ai sistemi
gestionali presenti presso le aziende.
Man mano che sono consolidate le
interfacce del Sistema e le procedure operative, tutti gli utenti potranno
familiarizzare con la nuova modalità
informatica di tracciamento della movimentazione dei rifiuti.
Il programma sarà condotto con un
approccio graduale ed evolutivo, garantendo agli utenti di sperimentare
inizialmente un flusso base e progressivamente nuovi elementi sempre più
aderenti al sistema in esercizio. Tale
metodologia consentirà di raccogliere
gli eventuali feedback degli utenti da
utilizzare ai fini del miglioramento del
sistema.
21
Il programma si articolerà in due fasi
che procedono sfasate nel tempo:
- fase 1) - Sistema demo, per la verifica
di funzionalità, processi ed usabilità,
al fine di migliorare e consolidare l’interfaccia e le procedure del SISTRI,
grazie ai feedback che saranno utilizzati
sia per il processo di miglioramento
e tuning del sistema, sia per definire in maniera partecipata il Manuale
Utente;
- fase 2) - Sistema in ambiente di
produzione, man mano che questo è
consolidato attraverso la fase 1, per
consentire agli utenti di fare pratica con
il nuovo sistema e per acquisire praticità e rapidità nell’utilizzo, anche grazie
al supporto del Manuale Utente.
L’ISTAT ha presentato “Il Sistema Energetico Italiano e gli Obiettivi Ambientali al 2020”
UN PAESE ANCORA TROPPO
DIPENDENTE DAI COMBUSTIBILI FOSSILI
Attese forti riduzioni delle emissioni per raggiungere gli obiettivi
La Strategia messa a punto dall’Unione europea, con riferimento all’anno
2020, prevede lo sviluppo di una crescita economica intelligente, basata
sulla conoscenza e l’innovazione,
sostenibile ossia più verde, più competitiva e più efficiente sotto profilo è
delle risorse, ed inclusiva, volta a favorire la coesione sociale e territoriale
e con un alto tasso di occupazione.
Con riferimento in particolare alla
crescita sostenibile, la strategia messa
dall’UE, il cosiddetto Triplo 20, fissa
degli obiettivi vincolanti per ciascuno
Stato membro, relativamente al ricorso
alle fonti rinnovabili e alla riduzione
delle emissioni dei gas serra.
Per l’Italia tale strategia si è tradotta
in un duplice obiettivo vincolante per
il 2020:
- la riduzione dei gas serra del 14%
rispetto al 2005 (assunto come anno
base rispetto al quale vengono presentati gli aumenti o le riduzioni sia
nelle quote di energia prodotta da
fonti rinnovabili che delle emissioni
di gas serra);
- il raggiungimento di una quota di
energia rinnovabile pari al 17% del
consumo finale lordo (nel 2005 tale
quota era del 5,2%).
Dal Dossier “Il Sistema energetico
italiano e gli obiettivi ambientali al
2020”, presentato dall’ISTAT (Istituto
Nazionale di Statistica) e basato sui
dati relativi al periodo 2000-2009, resi
disponibili dai principali produttori
di statistiche energetiche sul territori
(Ministero dello Sviluppo Economico,
ENEA e Terna), al 2009 si evidenzia
che l’Italia è ancora troppo dipendente dai combustibili fossili, e in
particolare dai prodotti petroliferi.
Bisogna osservare che nell’ultimo
decennio il settore energetico nazionale è stato interessato da significativi
cambiamenti avvenuti in ambito istituzionale e di mercato, che hanno
avuto come obiettivo la riforma del
mercato elettrico e del gas, lo sviluppo
delle fonti rinnovabili, la promozione dell’efficienza, del risparmio
energetico e della sicurezza degli approvvigionamenti ed inoltre, è stata
predisposta la legislazione di base
necessaria al riavvio di una produzione di elettricità da fonte nucleare,
il cui effetti si verranno a partire dal
2020. Tali cambiamenti, unitamente
ad altri fattori, quali quello climatico
e quello economico, hanno influito
sull’andamento e sulla composizione
dell’offerta e della domanda di energia e hanno contribuito a delineare
le peculiarità del sistema energetico
nazionale. L’Italia, infatti, rispetto agli
altri Paesi dell’UE si contraddistingue
per una maggior vulnerabilità dal lato
degli approvvigionamenti e per una
maggiore dipendenza dagli idrocarburi, soprattutto nella generazione
elettrica; di contro, presenta un minor
contenuto di energia per unità di PIL
rispetto ad altri Paesi.
Il confronto dei dati europei relativi all’intensità energetica primaria
(il rapporto tra disponibilità interna
lorda di energia e PIL) conferma, infatti, una tendenza decrescente di tale
indicatore già a partire dal 1996 sia
per l’Unione europea nel complesso
che per alcuni Paesi membri. L’Italia,
inoltre, si pone sempre con valori inferiori alla media dell’Europa e ad
alcuni Paesi quali Germania Francia
e Spagna
Dal 1995 al 2005 la disponibilità interna lorda di energia, definita come
la quantità di energia volta all’interno
del Paese più quella importata al netto delle esportazioni e delle variazioni
delle scorte, è sempre stata in crescita, ma dal 2005 al 2009 si è rilevata
una inversione di tendenza, particolarmente accentuata nell’anno 2008,
in corrispondenza di una riduzione
del PIL pari all’1,3% e soprattutto nel
22
2009, quando la disponibilità energetica si è ridotta del 5,8% rispetto
all’anno precedente e il PIL ha subìto
una contrazione del 5,1% (Figura 1).
Rispetto al 2005 l’intensità energetica
primaria si è ridotta, attestandosi nel
2009 al di sotto dei 150 tep per milione di euro prodotto.
L’analisi del contributo delle singole
fonti al soddisfacimento della domanda energetica del Paese mostra che
nel 2009 la quota prevalente è attribuita ai prodotti petroliferi (41,0%)
seguiti dal gas naturale (35 25%),
fonti rinnovabili (10,7%) e combustibili solidi (7,4%).
Rispetto all’anno precedente la disponibilità di energia da fonti rinnovabili
è aumentata dell’1,8%, mentre è diminuita dello 0,9% quella di gas naturale
e dell’1,3% quella da combustibili solidi; non si registrano variazioni nella
quota dal petrolio.
Rispetto al 2000, risulta essere più
evidente il processo di sostituzione
tra le fonti, in particolare tra prodotti
petroliferi e gas naturale: la quota di
disponibilità di energia da petrolio
è notevolmente diminuita (-8,5%),
mentre la quota da fonti rinnovabili
è salita (+3,8%) e quella del gas naturale è aumentata (+4,1%). Risultano
stabili le quote di combustibili solidi
ed energia elettrica.
In particolare, con riferimento ai prodotti petroliferi che rappresentano la
principale fonte energetica del Paese,
seguita dal gas naturale, si osserva
che nel 2009 alla determinazione del
fabbisogno complessivo di tale fonte (pari a circa 73,9 milioni di tep)
hanno contribuito per il 6,2% la produzione nazionale (4,6 milioni di tep)
e per il 93,1% (68,8 milioni di tep) le
importazioni nette. Complessivamente
nel 2009 le importazioni di prodotti
petroliferi sono diminuite del 5,9%,
in corrispondenza di un incremento
dei relativi prezzi, che hanno fatto
registrare rialzi consecutivi nel corso
dell’anno.
Anche la disponibilità di gas naturale, in aumento fino al 2005, ha
subìto una contrazione negli anni
successivi, soprattutto nel 2009. La
domanda complessiva di gas naturale
è soddisfatta per quasi il 90% dalle
importazioni, in prevalenza da Russia
(33%) e Algeria (31%).
Nel 2009 la domanda di energia elettrica, pari a 317,6 miliardi di kWh, è
diminuita del 6,4% rispetto all’anno
precedente, seguendo un andamento che si è presentato, anche se con
una intensità molto più lieve, già a
partire dal 2005. Il fabbisogno elettrico complessivo è soddisfatto per
il 90% dalla produzione nazionale,
effettuata in gran parte utilizzando i
combustibili primari, e per il 13,9%
dalle importazioni nette di energia
elettrica prodotta all’estero, che nel
2009 sono aumentate dell’11% rispetto al 2008 (mentre nel 2008 erano
diminuite del 13,6%)
Tra le fonti energetiche rinnovabili
utilizzate nel settore elettrico, quella idrica ha la maggiore incidenza
(70,4% sulla produzione totale da
fonte rinnovabile), seguita dalle biomasse e dai rifiuti solidi urbani usati
prevalentemente nelle centrali termoelettriche (11,5%), dalla fonte eolica
e fotovoltaica (10,1%) e, infine, dalla
geotermica (5,4%).
Nel 2009 la quota da fonti rinnovabili
è aumentata del 4,6% rispetto all’anno
precedente (+4,8% rispetto al 2008 e
+2,2% rispetto al 2004). Inoltre, rispetto al 2008 è salita dell’1,1% la
quota delle altre rinnovabili (eolico e
biomasse, a seguire il fotovoltaico), e
23
di 0,1% quella della geotermia.
Per quanto riguarda la produzione
termoelettrica tradizionale, si osserva
un’incidenza sulla produzione lorda
complessiva che passa dall’81,2% del
2004 al 76,4% del 2009, a vantaggio
della quota di rinnovabili la cui incidenza sulla produzione complessiva
passa dal 18,8% del 2004 al 23,6% del
2009. Tra i combustibili impiegati per
la produzione termoelettrica, si conferma il primato del gas naturale che
nel 2009 è pari al 66,7% della produzione termoelettrica complessiva
(53,9% nel 2004). Si riduce, inoltre, la
produzione termoelettrica da carbone (dal 18,9% nel 2004 al 17,9% del
2009) e, soprattutto, quella da prodotti petroliferi, passata dal 16,16% nel
2004 al 6,3% del nel 2009 (-9,7%).
La domanda energetica da parte degli utilizzatori finali (usi o finali)
ha mostrato un andamento crescente fino al 2005 e una riduzione nel
periodo successivo, particolarmente
rilevante dal 2007 al 2008 (-1,3%) e
nel 2009 (-5,6%.). Complessivamente
gli usi finali di energia sono aumentati dell’8,7% nel periodo 2000-2005
e sono diminuiti del 9,2% negli anni
2005-2009.
Nel decennio 1995-2005 i consumi
energetici per abitante hanno mostrato un trend di crescita a seguito
della variazione dei consumi energetici, sempre più intensa rispetto alla
variazione della popolazione e del
PIL. Nel 2005 si è registrata la punta
massima sia per la crescita dei consumi finali che per il consumo unitario,
mentre a partire dal 2006 i consumi
totali e unitari hanno evidenziato una
inversione di tendenza (Figura 2).
L’analisi dei consumi energetici finali
per fonte evidenzia, in generale, un
andamento di versificato nel ricorso
alle varie fonti energetiche. In particolare, diminuisce nel 2008 (-3,4%) e
nel 2009 (- 5,5%) il ricorso al prodotti
petroliferi che, comunque, continuano ad essere la fonte energetica
predominante con un’incidenza sul
consumo energetico complessivo di
poco superiore al 47% (sia nel 2008
che nel 2009). Nel 2009 si osserva una
riduzione del ricorso a tale fonte nel
settore trasporti (-3%), nell’industria
(-14,6%) e degli usi civili (-2,5%).
Nel 2009 sono aumentati gli impieghi
di fonti rinnovabili (+20,5% rispetto al 2008), mentre si sono ridotti i
combustibili solidi (-49,7% nel 2009),
la cui incidenza sul consumo totale
è comunque inferiore al 2%. Il gas
naturale diminuito del,8%, con una
flessione del settore industriale (-15%)
e un incremento del settore degli usi
civili (+4,6%).
24
Dal 2005 si rileva, comunque, una
diminuzione degli impieghi energetici in tutti settori utilizzatori: nel
2009 continua la forte flessione della
domanda energetica del comparto
industriale (-19,6%) che, come per il
2008,, ha riguardato, in generale, tutti
i settori manifatturieri (Figura 3).
Nell’ambito del settore industriale, la
“siderurgia” è responsabile di circa
il 19% dei consumi dell’intera industria, seguita dalla branca “Chimica
e Petrolchimica” (15%) e “Materiali
da Costruzione” (15% circa).
Nel settore degli usi civili, in cui
vengono contabilizzati i consumi
energetici del settore residenziale e
dei servizi pubblici e commerciali, i
consumi energetici sono aumentati
del 4,9% nel 2008 e di un ulteriore
3,5% nel 2009. I consumi di questo
settore incidono nella determinazione del consumo finale complessivo
per una quota salita dal 30,8% del
2004 al 35,2% del 2009. Si tratta del
settore con la più alta incidenza nella
determinazione del consumo energetico finale complessivo, seguito dai
trasporti.(32,2% del totale) e dall’industria (22,6%).
Nel 2009 l’incidenza dell’olio combustibile diminuisce di circa 14 punti
rispetto al 2000, mentre aumenta di
circa 13 punti percentuali l’incidenza
del gasolio, i cui impieghi rappresentano oltre il 36% del consumo
di prodotti petroliferi (27,4% nel
2000).
In particolare, tra i consumi finali
di gasolio la quota predominante è
rappresentata dal gasolio per autotrazione, che da sola copre nel 2009 il
33,9% dei consumi totali di petroliferi
(20,5% nel 2000), mentre la quota di
gasolio utilizzata per il riscaldamento
copre appena il 2% (4% nel 2000).
I consumi di gasolio per autotrazione
sono aumentati in valore assoluto di
oltre il 38% nel 2009 rispetto al 2000,
nonostante l’incremento del prezzo
del gasolio per auto del 19,7%. Il ricorso a questo fonte di alimentazione,
soprattutto per autotrazione,, risulta
essere particolarmente accentuato,
a discapito di altre fonti, come la
benzina, per la quale si osserva una
diminuzione di circa il 40% dei consumi (-4,0% nel periodo considerato),
in particolare quelli per autotrazione
che fanno registrare un decremento
dal 2004 pari al 27%.
Anche per quanto attiene alla riduzione delle emissioni di gas serra,
l’ISTAT fa riferimento al 2005, anno
per cui si dispone di dati affidabili e
25
verificati a livello di impianti, sia per
il sistema comunitario ETS (Emission
Trading Scheme) sia per le emissioni
di gas serra complessive degli Stati
membri comunicate nell’ambito della
Convenzione quadro delle Nazioni
Unite (UNFCCC).
In Italia l’obiettivo del 14% in meno rispetto al 2005 dovrà essere
raggiunto tramite riduzioni del 21%
delle emissioni relative ai settori ETS,
tra cui quelli di produzione di elettricità da combustione, produzione
di cemento, produzione di materiali
ceramici, vetro e carta, raffinerie di
petrolio e acciaierie sono i principali emettitori di CO2, e del 13% delle
emissioni relative al settore non ETS,
di cui il trasporto stradale, marittimo, aereo e l’agricoltura sono i più
rilevanti.
In vigore la nuova Direttiva UE sulle prestazioni energetiche in edilizia
ENTRO IL 2020 EDIFICI
“A ENERGIA QUASI ZERO”
Per gli edifici occupati da enti pubblici si anticipa al 2018
Nella Direttiva 2010/31/CE (GUUE 18 giugno 2010 n. sarà abrogata a partire dal 1° febbraio 2012, fatti salvi gli
L 153), l’Unione europea ha usato la formula “edificio a obblighi relativi ai termini di recepimento e di applicazioenergia quasi zero” (Zero Energy Building) per indicare un ne della Direttiva stessa che dettava le prime misure volte
edificio ad altissima prestazione energetica, il cui fabbiso- a promuovere il rendimento energetico degli edifici della
gno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere Comunità, stabilendo i requisiti minimi di efficienza cui
coperto in misura molto significativa da energia da fonti dovevano sottostare gli edifici nuovi, indicando le caratteririnnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta stiche della metodologia di calcolo dei requisiti, prevedendo
la presenza di un attestato di certificazione energetica (ACE)
in loco e nelle vicinanze.
e fissando le figure dei
Oggetto della nuova
certificatori, soggetti
Direttiva, che riprenabilitati a certificare gli
dendo la Direttiva
edifici secondo le nuove
2002/91/CE sul renregole.
dimento energetico
nell’edilizia l’aggiorIn Italia tale Direttiva
na in funzione del
era stata recepita solo
progresso
tecninel 2005 con il D.Lgs.
co e alla luce del
192, ma i provvedimenti
raggiungimento degli
attuativi sono addirittuobiettivi al 2020, è il
ra del 2009: D.M. 26
miglioramento della
giugno 2009; D.P.R. 2
prestazione eneraprile 2009, n. 59 (cfr.
getica degli edifici,
“Linee Guida per la
tenendo conto delle
certificazione enercondizioni locali e
getica degli edifici”,
climatiche esterne,
in Regioni&Ambiente,
nonché delle prescrin. 8/9, agosto-settembre
zioni relative al clima
2009, pag. 28 e segg.
degli ambienti interni
ed Inserto normativo
e all’efficacia sotto il
del D.M. del 26 giuprofilo dei costi. Tale
gno 2009). Tali ritardi
obiettivo dovrà essere
hanno determinato una
raggiunto dagli edifici
situazione confusa e
di nuova costruziopoco trasparente per le
ne entro il 2020, ma
difformità che si sono
quelli di nuova cocreate tra le varie norstruzione occupati da
mative regionali che nel
enti pubblici dovranno
frattempo si sono sucpossedere tali carattecedute e che dettavano
ristiche a partire dal
norme prima che venis31 dicembre 2018.
sero emanate le Linee
Si tratta pertanto di
guida nazionali.
una rifusione, per
La perdurante assenza,
cui l’obbligo di repoi, del Regolamento sui
cepimento da parte
requisiti dei certificatori
degli Stati membri
(sembra che i tecnici del
nell’ordinamento
Ministero dello Svilupnazionale dovrebbe
po Economico abbiano
essere limitato alle
predisposto il testo che,
disposizioni che costidopo il parere positivo
tuiscono modificazioni
Heliotrope, costruito originariamente nel 1994 a Friburgo (Germania) come residenza privata
sostanziali della Diret- dall’architetto Rolf Disch, è stata la prima casa ruotante per massimizzare l’energia solare degli altri due Dicasteri
interessati, sarà sottopotiva 2002/91/CE che prodotta dai propri impianti che producono 5 volte l’energia consumata dall’edificio.
27
sto quanto prima al Consiglio dei Ministri) ha creato una
disparità tra le varie Regioni, tanto che in alcune è sufficiente
l’abilitazione professionale, in altre bisogna frequentare un
corso, in altre ancora è sufficiente l’esperienza acquisita, dando luogo anche a contenziosi tra Amministrazioni Regionali
ed Ordini professionali, come attesta per ultimo la Sentenza
del TAR della Puglia (n. 2426 dell’11 giugno 2010) con cui è
stata annullata la delibera della Giunta regionale che obbligava
i soggetti certificatori ad iscriversi ad un apposito elenco.
La nuova Direttiva è quanto mai tempestiva, visto che gli
edifici sono responsabili del 40% del consumo globale di
energia nell’Unione, pertanto la riduzione del consumo energetico e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore
dell’edilizia costituiscono misure importanti necessarie per
ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni
di gas ad effetto serra.
Tuttavia, secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
che ha presentato un Rapporto in occasione del Seminario
“Favorire il recepimento in Italia della nuova EPBD (Energy
Performance Buildings Directive: priorità alla proprietà
pubblica”, svoltosi a Roma il 26 maggio 2010, organizzato
assieme a Federcasa, mentre il fabbisogno energetico medio in Germania è di 200 kW a m2 e di 60 kW in Svezia,
in Italia è di 300 kW, con un contributo degli edifici del
30% di energia finale consumata e del 28% delle emissioni
nazionali di anidride carbonica.
Non casualmente la nuova Direttiva richiama la necessità
di “predisporre interventi più concreti al fine di realizzare
il grande potenziale di risparmio energetico nell’edilizia,
tuttora inattuato, e di ridurre l’ampio divario tra i risultati
dei diversi Stati membri in questo settore” (Considerando 7).
La nuova Direttiva, quindi, fa parte del pacchetto “efficienza
energetica” che concorre a rispettare, oltre al protocollo
di Kyoto, allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sia l’impegno
a lungo termine di mantenere l’aumento della temperatura
globale al di sotto di 2 °C, sia quello di ridurre entro il 2020
le emissioni globali di gas ad effetto serra di almeno il 20%
al di sotto dei livelli del 1990 e del 30% qualora venga raggiunto un accordo internazionale.
La riduzione del consumo energetico e il maggior utilizzo di
energia da fonti rinnovabili rappresentano, inoltre, strumenti importanti per promuovere la sicurezza dell’approvvigionamento
energetico e gli sviluppi tecnologici e per creare posti di lavoro
e sviluppo regionale, in particolare nelle zone rurali.
Vediamo ora quali sono gli elementi di novità introdotti
dalla nuova Direttiva europea.
Non si fa più riferimento al rendimento, ma alla prestazione
energetica degli edifici, intesa come “quantità di energia
calcolata o misurata, necessaria per soddisfare il fabbisogno
energetico connesso ad un uso normale dell’edificio, compresa, in particolare, l’energia utilizzata per il riscaldamento,
il rinfrescamento, la ventilazione, la produzione di acqua
calda e l’illuminazione” (Art. 2, comma 4).
Delinea, meglio che nel passato, il quadro comune generale
all’interno dell’Unione di una metodologia di calcolo della
prestazione energetica degli edifici, adottata a livello nazionale o regionale, in conformità dell’Allegato I, (Art.3).
Tale Allegato prevede che la metodologia di calcolo deve
tener conto almeno dei seguenti aspetti:
- le caratteristiche termiche effettive dell’edifico, comprese le sue divisioni interne (capacità temica; isolamento;
riscaldamento passivo; elementi di rinfrescamento; ponti
termici);
- impianto di riscaldamento e di produzione di acqua calda,
comprese le relative caratteristiche di isolamento;
- impianti di condizionamento d’aria;
- ventilazione naturale e meccanica, compresa eventualmente l’ermeticità all’aria;
- impianto di illuminazione incorporato (principalmente
per il settore non residenziale);
- progettazione, posizione e orientamento dell’edificio,
compreso il clima esterno;
- sistemi solari passivi e protezione solare;
- condizioni climatiche interne, incluso il clima degli ambienti interni progettato;
- carichi interni.
Il calcolo deve tener conto, se del caso, dei vantaggi insiti
nelle seguenti opzioni:
- condizioni locali di esposizione al sole, sistemi solari attivi
ed altri impianti di generazione di calore ed elettricità a
partire da energia da fonti rinnovabili;
- sistemi di cogenerazione dell’elettricità;
- impianti di teleriscaldamento e telerinfrescamento urbano
o collettivo;
- illuminazione naturale.
Ai fini del calcolo, gli edifici dovrebbero essere classificati
adeguatamente secondo le seguenti categorie:
- abitazioni monofamiliari di diverso tipo;
- condomini (di appartamenti);
- uffici;
- strutture scolastiche;
- ospedali;
- alberghi e ristoranti;
- impianti sportivi;
- esercizi commerciali per la vendita all’ingrosso o al dettaglio;
- altri tipi di fabbricati impieganti energia.
Altro elemento di novità è la fissazione dei requisiti minimi
di prestazione energetica (Art. 4), per gli edifici o le unità
immobiliari al fine di raggiungere livelli ottimali in funzione
28
dei costi, che saranno calcolati conformemente al Quadro metodologico comparativo che dovrà individuare i livelli ottimali
in funzione dei costi dei requisiti di prestazione energetica
per edifici ed elementi edilizi di cui all’Allegato III, che verrà
stabilito dalla Commissione entro il 30 giugno 2011 (Art. 5)
e che gli Stati membri aggiorneranno ogni 5 anni.
Il quadro metodologico distinguerà tra edifici nuovi ed esistenti e tra diverse tipologie edilizie. Potranno esserne esclusi
gli edifici tutelati per il loro valore architettonico o storico;
gli edifici adibiti a luoghi di culto, i fabbricati temporanei,
i siti industriali, le officine, gli edifici agricoli, gli edifici
residenziali utilizzati meno di 4 mesi all’anno, i fabbricati
indipendenti di superficie inferiore a 52 m2.
Per gli edifici di nuova costruzione (Art. 6) gli Stati membri
garantiranno che, prima dell’inizio dei lavori di costruzione,
sia valutata e tenuta presente la fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza,
se disponibili, quali:
- sistemi di fornitura energetica decentrati basati su energia
da fonti rinnovabili;
- cogenerazione;
- teleriscaldamento o telerinfrescamento urbano o collettivo,
in particolare se basato interamente o parzialmente su
energia da fonti rinnovabili;
- pompe di calore.
Gli edifici esistenti sottoposti ad importanti ristrutturazioni
(Art. 7) dovranno migliorare la propria prestazione energetica al fine di soddisfare i requisiti minimi fissati, valutando
e tenendo presenti i sistemi alternativi ad alto rendimento
di cui all’articolo 6.
Anche gli impianti tecnici per l’edilizia quando sono
installati, sostituiti o sono oggetto di un intervento di miglioramento, al fine di ottimizzarne i consumi, dovranno
soddisfare i requisiti minimi (Art. 8), almeno per quanto
attiene a impianti di riscaldamento, sistemi di produzione
di acqua calda, impianti di condizionamento d’aria, grandi
impianti di ventilazione, una combinazione di tali impianti.
Gli Stati dovranno promuovere l’installazione di sistemi di
controllo attivo come i sistemi di automazione, controllo e
monitoraggio finalizzati al risparmio energetico.
I requisiti minimi da stabilire non impediranno, comunque, ai
singoli Stati membri di mantenere o prendere provvedimenti
più rigorosi, tali da essere compatibili con il funzionamento
del Trattato dell’Unione europea.
Gli Stati membri dovranno elaborare dei Piani nazionali per
l’efficienza energetica degli edifici che dovranno comprendere: l’applicazione dettagliata nella pratica degli obiettivi
intermedi di miglioramento al 2015; le misure e le strategie
per arrivare agli “edifici a energia quasi a zero” e, in generale,
per il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva (Art.9).
I Piani saranno valutati dalla Commissione UE che, entro il
31 dicembre 2012 e successivamente ogni 3 anni, pubbli-
Alvento Business Park (Madrid). Situato a fianco dell’anello autostradale M-40, è il primo complesso (due edifici di sei piani ciascuno per complessivi
32.430 m2) ad adottare in Europa gli standard LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), il sistema di certificazione flessibile e volontario
per la progettazione, costruzione e gestione di edifici sostenibili, rispettando al contempo le normative dell’Unione europea.
29
cherà una relazione sui progressi compiuti dagli Stati membri
nell’implementazione della Direttiva. Qualora i requisiti
minimi stabiliti siano sensibilmente meno efficienti dei livelli
ottimali, gli Stati membri dovranno giustificare per iscritto
tale differenza e ridurre il divario.
Per favorire il miglioramento della prestazione energetica degli
edifici e il passaggio a “edifici a energia quasi zero”, l’Unione
europea ritiene che debbano essere messi a disposizione
incentivi finanziari (Art. 10). A tal fine, entro il 30 giugno
2011 gli Stati membri dovranno redigere un elenco delle
misure e degli strumenti esistenti ed eventualmente proposti,
anche diversi da quelli proposti dalla stessa Direttiva, ma che
promuovono gli stessi obiettivi, a cui la Commissione UE darà
una valutazione e offrirà sostegno e, se richiesta, assistenza.
Tra le nuove misure è stata inserita anche la scadenza, fissata
al 30 giugno 2014, che sancisce il divieto per gli Stati membri
di concedere incentivi per la costruzione o ristrutturazione
di edifici o di loro parti che non siano conformi ai requisiti
minimi di prestazione energetica.
Come ricordato, non si parla più di “rendimento” ma di
“prestazione” energetica, il cui attestato non cambia, comunque, la sua funzione che è quella di fornire al consumatore
le informazioni sulla prestazione energetica dell’edificio.
A tal fine gli Stati membri dovranno istituire un sistema di
certificazione energetica (Art. 11).
Oltre a contenere i requisiti minimi di prestazione energetica, l’attestato, di validità massima di 10 anni come nella
precedente Direttiva, potrà anche includere informazioni
quali il consumo energetico annuale per gli edifici non
residenziali e la percentuale di energia da fonti rinnovabili
nel consumo energetico totale.
L’attestato dovrà comprendere, anche, delle raccomandazioni
per il miglioramento efficace o ottimale, in funzione dei costi
della prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare,
che debbono essere tecnicamente fattibili per l’edificio considerato e possono fornire una stima dei tempi di ritorno o del
rapporto costi-benefici rispetto al ciclo di vita economico.
L’attestato di prestazione energetica dovrà essere rilasciato
(Art.12):
- per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o
locati;
- per gli edifici in cui una metratura utile totale di oltre
500m2 è occupata da enti pubblici e abitualmente frequentata dal pubblico; tale soglia dal 9 luglio 2015 viene
abbassata a 250 m2.
Qualora sia disponibile e valido il certificato rilasciato in conformità della precedente Direttiva, non è obbligatorio l’attestato.
Un’altra novità inserita nella nuova Direttiva è l’obbligo di
segnalare la prestazione energetica indicata dall’attestato
in tutti gli annunci commerciali i vendita o di locazione
dell’edificio o della singola unità immobiliare.
Negli edifici pubblici, l’attestato di prestazione energetica
dovrà essere esposto al pubblico (Art. 13).
Gli impianti di riscaldamento degli edifici dotati di caldaie aventi
una potenza nominale utile per il riscaldamento superiore a 20
kW, vanno ispezionati periodicamente (Art. 14). L’ispezione
include una valutazione del rendimento della caldaia e del suo
dimensionamento rispetto al fabbisogno termico dell’edificio.
Gli impianti di riscaldamento dotati di caldaie la cui potenza nominale utile è superiore a 100 kW sono ispezionati
almeno ogni 2 anni. Per le caldaie a gas, questo periodo
può essere esteso a 4 anni.
In alternativa, gli Stati membri possono optare per misure atte
ad assicurare che sia fornita agli utenti una consulenza in merito
alla sostituzione delle caldaie e ad altre modifiche dell’impianto
di riscaldamento o a soluzioni alternative al fine di valutare
l’efficienza e il corretto dimensionamento della caldaia.
In tal caso, entro il 30 giugno 2011, gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione UE una relazione
sull’equivalenza tra tali misure con quelle sopra citate, che
sarà ripetuta ogni 3 anni.
Sostanzialmente invariate risultano le disposizioni relative alle
ispezioni degli impianti di condizionamento (Art. 15), previste
per quelli di potenza nominale superiore a 12 kW.
Ulteriore novità riguarda, invece, l’obbligo dei Rapporti di ispezione degli impianti (Art. 16), comprendenti
eventualmente raccomandazioni dirette al miglioramento
dell’efficienza dell’impianto, che dovranno essere inviati al
proprietario o locatario dell’edificio.
Più opportunamente (Art. 17), la nuova Direttiva prevede
che le certificazioni degli edifici o le ispezioni degli impianti
termici e di condizionamento siano effettuate da soggetti
qualificati e/o accreditati che siano lavoratori autonomi
(la vecchia Direttiva parlava di imprenditori individuali) o
dipendenti di Enti pubblici o Imprese private. L’accreditamento sarà effettuato in base alla competenza.
Anche i sistemi di controllo (Art. 18) per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione degli impianti dovranno
essere indipendenti, in conformità dell’Allegato II.
Nella nuova direttiva uno spazio è dedicato anche alla informazione (Art.20) che gli Stati membri devono fare in
favore di proprietari e locatari degli edifici sulle norme della
Direttiva, in particolare sulle misure dirette a migliorare la
prestazione energetica degli edifici in modo economicamente
conveniente e, nel caso, sulle agevolazioni finanziarie e gli
incentivi disponibili per migliorare la prestazione energetica
degli edifici.
La nuova Direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro
il 9 luglio 2012, e le norme adottate dagli Stati membri devono
entrare in vigore al più tardi entro il 9 gennaio 2013 (Art. 28).
30
IL COMMENTO
Approvate dalla Conferenza Stato-Regioni
LE LINEE GUIDA NAZIONALI
PER LE RINNOVABILI
Più deregulation che vincoli
Dopo un’attesa lunga 7 anni, la Conferenza Unificata
Stato-Regioni ha dato il via libera lo scorso luglio alle
Linee Guida nazionali per le fonti rinnovabili.
Approvate assieme al Conto Energia 2011 (provvedimento
che riconosce sull’energia prodotta da fonti rinnovabili
una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a
partire da quando l’impianto entra in esercizio), sono
state da questo messe in sordina. Peraltro, mentre il Decreto 6 agosto 2010 “Incentivazione della produzione
di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica
della fonte solare” è stato già pubblicato sulla G.U. il 24
agosto, ancora delle Linee Guida che contengono termini
per l’adeguamento delle norme regionali al riguardo, nel
momento di andare in stampa, non c’è ancora traccia, se
non ufficiosamente è conosciuto il testo approvato nella
Conferenza Stato-Regioni, che pubblichiamo nell’Inserto
normativo a lato.
Anche Media e Associazioni ne hanno, infatti, parlato
sempre a margine del Conto, con un’enfasi particolare
concessa all’approvazione al Senato dell’emendamento
che permetterà di usufruire delle tariffe incentivanti anche
agli impianti fotovoltaici che abbiano concluso l’installazione entro il 31 dicembre 2010 ed entro la medesima
data abbiano comunicato, all’amministrazione competente
al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al GSE,
la fine dei lavori, anche se l’entrata in esercizio avverrà
più tardi, ma entro il 30 giugno 2011.
Secondo i proponenti, questo emendamento permetterebbe
di “evitare che, a causa di ritardi nelle procedure di connessione da parte del gestore di rete, molti impianti perdessero
il diritto di accedere al vecchio Conto energia”.
Più che di lungaggini procedurali, si dovrebbe parlare di
impossibilità delle rete elettrica italiana di integrare completamente queste fonti, come abbiamo testimoniato in
un precedente articolo (ndr.: “Solare FV: da opportunità
per tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n.
5 maggio 2010, pag. 20 e segg.).
Dopo l’approvazione della Legge di conversione del Decreto “Salva Alcoa”, dove era stato inserito l’Art. 2 - sexies
che aveva introdotto l’estensione temporale del Conto
Energia, avevamo pronosticato un “assalto alla diligenza”
per arraffare quante più tariffe 2010 possibili; ora con
questa dilazione e termini “certi”, nonché a seguito dei
tentativi annunciati da alcune Regioni di voler mettere
dei “paletti” per ridurre la proliferazione di parchi fotovoltaici su suolo agricolo, si metterà in moto una pletora
di richieste di autorizzazioni.
“Con le Linee Guida approvate dalla Conferenza Unificata
vengono fornite regole certe che favoriscono gli investi-
menti e consentono di coniugare le esigenze di crescita e
il rispetto dell’ambiente e del paesaggio”, ha affermato il
Sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia,
ma con l’approvazione l’emendamento che introduce nel
D.L. n. 78/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica” i contenuti
del disegno di legge già annunciato dal CDM, non ci sarà
bisogno nemmeno della DIA per aprire impianti. Infatti,
con la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)
che sostituirà “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso e nulla osta comunque
denominato”, solo a posteriori potranno essere verificati
eventuali danni ambientali compiuti.
Più che semplificazioni e sburocratizzazioni amministrative
sembrano essere vere e proprie deregolazioni che, in nome della competitività e dello sviluppo, non si pongono
più limiti o vincoli alla libertà d’impresa. Non è questa la
green economy, la riconversione ecologica di cui il Paese
avrebbe bisogno.
Pur di aprire cantieri, non si tiene conto nemmeno del
“principio benefici/costi”, anzi ci si infastidisce se qualcuno osa mettere in discussione l’economicità di certi
incentivi, come dimostrano le reazioni al pensiero espresso da Paolo Scaroni, Amministratore delegato di ENI,
che a margine del Forum Economico e Finanziario per il
Mediterraneo, svoltosi a Milano il 12 e 13 luglio u.s., ha
affermato che “Il risparmio energetico è una cosa che ci
sta molto a cuore, nel senso che a me sembra che, prima
di immaginare di riempire di mulini a vento località
che non hanno vento o di coprire lo scarso territorio che
noi abbiamo di pannelli solari che usano una tecnologia vecchia di 80 anni, noi dovremmo esplorare tutte le
strade per consumare meno. Strada il cui potenziale è un
multiplo di qualunque cosa noi immaginiamo in termini
di rinnovabili”.
Se per Scaroni si potrebbe parlare di “conflitto di interessi”, non si comprendono le numerose prese di posizione
critiche che hanno fatto seguito all’ultima Relazione
del suo mandato, presentata il 15 luglio dal Presidente
dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Alessandro
Ortis che aveva osservato come “Gli obiettivi europei per
le fonti rinnovabili sono condivisibili, ma proprio perché
molto sfidanti serve, nel perseguirli, massima efficienza.
Oggi il nostro sistema è invece molto inefficiente; il costo
sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli
obiettivi citati è superiore a quello necessario. Il livello
eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre
continua a pag. 33
32
(ndr: Si avverte che il testo delle Linee Guida rinnovabili inserito nelle pagine di questo Inserto non
riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in
alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea,
poiché al momento di andare in stampa non è stato
ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quello
proposto di seguito è il testo approvato dalla Conferenza unificata Stato-Regioni).
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
E CON IL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI
- Visto il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387
di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili ed in particolare l’articolo 12
concernente la razionalizzazione e semplificazione
delle procedure autorizzative, così come modificato dall’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n.
244;
del patrimonio storico artistico, che costituisce,
ove occorra, variante allo strumento urbanistico;
• il comma 4 che prevede lo svolgimento di un procedimento unico svolto nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalità stabilite dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni;
• il comma 5 che prevede l’applicazione della disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli
articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380, per gli impianti con capacità di generazione
inferiore alle soglie stabilite dalla tabella A allegata
al citato decreto legislativo n. 387 del 2003;
• il comma 7 che prevede che gli impianti alimentati
da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche
in zone classificate agricole dai piani urbanistici
nel rispetto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, della valorizzazione
delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela
della biodiversità e del patrimonio culturale e del
paesaggio rurale;
- Visto il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79
recante attuazione della direttiva 96/92/CE recante
norme comuni per il mercato interno dell’energia
elettrica;
- Visti, in particolare, del citato articolo 12:
• il comma 10 che prevede l’approvazione in Conferenza Unificata, su proposta del Ministro dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente della tutela del territorio e del mare
e del Ministro per i beni e le attività culturali, di
linee guida per lo svolgimento del procedimento
di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed in particolare per assicurare un
corretto inserimento degli impianti nel paesaggio,
con specifico riguardo agli impianti eolici;
• il comma 1 che dichiara di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti le opere, comprese quelle
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio, per la realizzazione degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili, autorizzate
ai sensi del comma 3;
• il comma 3 che prevede per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili il rilascio, da parte della
regione o della provincia delegata, di un’autorizzazione unica conforme alle normative in materia
di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e
- Vista la Convenzione Europea del Paesaggio, adottata a Firenze in data 20 ottobre 2000 e ratificata con
legge 9 gennaio 2006, n. 14;
- Vista la legge 23 agosto 2004, n. 239 recante il
riordino del settore energetico;
- Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive
modificazioni ed integrazioni, in materia di procedimento amministrativo;
- Visto il testo unico in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380 e successive modificazioni;
- Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
e successive modificazioni ed integrazioni, recante
il codice dei beni culturali e del paesaggio;
- Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
recante norme in materia ambientale, così come corretto e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio
I
Regioni&Ambiente
n° 8/9 Agosto-Settembre 2010
INSERTO
LINEE GUIDA NAZIONALI PER
GLI IMPIANTI DI FONTI RINNOVABILI
2008, n. 4;
- Visto l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo
30 maggio 2008, n. 115;
- Considerato che la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009
sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili individua vincolanti obiettivi nazionali generali
per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia nel 2020 e l’obiettivo assegnato
allo Stato italiano è pari al 17%;
- Considerato che l’articolo 2, comma 167, della legge
24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di
conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n.
208, prevede la ripartizione tra Regioni e Province
autonome degli obiettivi assegnati allo Stato italiano,
da realizzare gradualmente;
- Considerato che:
• la normativa comunitaria di settore fornisce elementi per definire strumenti reali di promozione
delle fonti rinnovabili;
• la strategia energetica nazionale fornirà ulteriori
elementi di contesto di tale politica, con particolare riferimento all’obiettivo di diversificazione
delle fonti primarie e di riduzione della dipendenza
dall’estero;
• i livelli quantitativi attuali di copertura del fabbisogno con fonti rinnovabili di energia e gli obiettivi
prossimi consentono di apprezzare l’incremento
quantitativo che l’Italia dovrebbe raggiungere;
• il sistema statale e quello regionale devono dotarsi,
quindi, di strumenti efficaci per la valorizzazione
di tale politica ed il raggiungimento di detti obiettivi;
• da parte statale, il sistema di incentivazione per i
nuovi impianti, i potenziamenti ed i rifacimenti è
ormai operativo, come pure altri vantaggi a favore
di configurazioni efficienti di produzione e consumo;
• un efficiente sistema amministrativo per la valutazione e l’autorizzazione delle nuove iniziative
è necessario per poter rispondere alla sfida al
2020;
• la presenza di un livello accurato di programmazione da parte delle Regioni rappresenta la premessa
necessaria ma non sufficiente, atteso il valore di
riferimento delle presenti linee guida anche in base
alla sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio
2009, n. 166;
II
• l’elevato livello di decentramento amministrativo
non deve essere un vincolo per l’efficienza o un
elemento di indesiderata disomogeneità, bensì
trasformarsi in una risorsa a vantaggio degli operatori e un elemento di maggiore vicinanza della
valutazione alle caratteristiche del territorio;
• la definizione di linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico fornisce elementi
importanti per l’azione amministrativa propria delle
Regioni ovvero per l’azione di coordinamento e
vigilanza nei confronti di enti eventualmente delegati;
• le presenti linee guida possono facilitare un
contemperamento fra le esigenze di sviluppo economico e sociale con quelle di tutela dell’ambiente
e di conservazione delle risorse naturali e culturali
nelle attività regionali di programmazione ed amministrative;
• occorre comunque salvaguardare i valori espressi
dal paesaggio e direttamente tutelati dall’articolo
9, comma 2, della Costituzione, nell’ambito dei
principi fondamentali e dalla citata Convenzione
europea del paesaggio;
• si rende, pertanto, necessario assicurare il coordinamento tra il contenuto dei piani regionali di
sviluppo energetico, di tutela ambientale e dei
piani paesaggistici per l’equo e giusto contemperamento dei rilevanti interessi pubblici in questione,
anche nell’ottica della semplificazione procedimentale e della certezza delle decisioni spettanti alle
diverse amministrazioni coinvolte nella procedura
autorizzatoria;
Ritenuto che le presenti Linee Guida necessitano
di un costante aggiornamento in forma congiunta
(Stato, Regioni ed enti locali) nonché di un’attività
di integrazione, anche sulla scorta dei risultati del
monitoraggio sulla loro concreta applicazione e che
tale azione concorre ad una maggiore efficacia delle
stesse sul piano della celerità e semplificazione procedimentale e della mitigazione degli impatti degli
impianti sul paesaggio e sull’ambiente;
propone all’approvazione della Conferenza Unificata
le seguenti
Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e
all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida
tecniche per gli impianti stessi.
PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
1. Principi generali inerenti l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
1.1.L’attività di produzione di energia elettrica da
fonti rinnovabili si inquadra nella disciplina generale
della produzione di energia elettrica ed è attività libera, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico,
ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 79
del 1999. A tale attività si accede in condizioni di
uguaglianza, senza discriminazioni nelle modalità,
condizioni e termini per il suo esercizio.
1.2. Le sole Regioni e le Province autonome possono
porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione di specifiche
tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed
esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui
al paragrafo 17.
1.3. Ai sensi dell’ordinamento comunitario e nazionale, non possono essere indette procedure
pubblicistiche di natura concessoria aventi ad oggetto l’attività di produzione di energia elettrica, che
è attività economica non riservata agli enti pubblici
e non soggetta a regime di privativa. Restano ferme
le procedure concorrenziali per l’attribuzione delle
concessioni di derivazione d’acqua e per l’utilizzo
dei fluidi geotermici.
2. Campo di applicazione
2.1. Le modalità amministrative e i criteri tecnici di
cui alle presenti linee guida si applicano alle procedure per la costruzione e l’esercizio degli impianti
sulla terraferma di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti energetiche rinnovabili, per gli
interventi di modifica, potenziamento, rifacimento
totale o parziale e riattivazione degli stessi impianti nonché per le opere connesse ed infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei
medesimi impianti.
2.2. Le presenti linee guida non si applicano agli impianti offshore per i quali l’autorizzazione è rilasciata
dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
con le modalità di cui all’articolo 12, comma 4, del
decreto legislativo n. 387 del 2003 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della
competente autorità marittima.
3. Opere connesse e infrastrutture di rete
3.1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 12, commi 1
e 3, del decreto legislativo 387 del 2003, tra le opere
connesse sono compresi anche i servizi ausiliari di
impianto e le opere necessarie alla connessione alla
rete elettrica, specificamente indicate nel preventivo
per la connessione, ovvero nella soluzione tecnica
minima generale, redatti dal gestore della rete elettrica nazionale o di distribuzione ed esplicitamente
accettati dal proponente. Nell’individuare la soluzione di connessione, al fine di ridurre l’estensione
complessiva e gli impatti ambientale, paesaggistico e
sul patrimonio culturale delle infrastrutture di rete ed
ottimizzare i costi relativi alla connessione elettrica, il
gestore di rete tiene conto in modo coordinato delle
eventuali altre richieste di connessione di impianti
riferite ad una medesima area e può, a seguito di
apposita istruttoria, inserire nel preventivo per la
connessione una stazione di raccolta potenzialmente
asservibile a più impianti purché ricadenti nel campo
di applicazione del presente decreto.
3.2. In riferimento alle connessioni alla rete nazionale
di trasmissione dell’energia elettrica, non sono opere
connesse, ai fini dello svolgimento del procedimento
di autorizzazione del singolo impianto, i nuovi elettrodotti, o i potenziamenti di elettrodotti esistenti
facenti parte della rete di trasmissione nazionale e
inclusi da Terna nel piano di sviluppo ai sensi del
decreto del Ministro delle attività produttive 20 aprile
2005 pubblicato nella Gazz. Uff. 29 aprile 2005, n.
98, che viene sottoposto a VAS e all’approvazione
del Ministero sviluppo economico. Resta fermo che,
nel caso di interventi assoggettati alla valutazione di
impatto ambientale di competenza statale ai sensi
del punto 4) dell’allegato II alla parte seconda del
decreto legislativo n. 152 del 2006, gli esiti di tale
valutazione confluiscono nel procedimento unico
regionale.
3.3. Fatto salvo quanto disposto dal punto 3.2, le
infrastrutture di connessione alla rete elettrica di
trasmissione nazionale inserite nell’elenco delle connessioni allegato al piano di sviluppo di detta rete
sono considerate opere connesse ai fini dell’applicazione dell’art. 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo
n. 387 del 2003.
3.4. In riferimento alle connessioni alla rete di distribuzione dell’energia elettrica, non sono opere
connesse gli interventi sulla linea di distribuzione
per cui è prevista la valutazione di impatto ambientale di competenza regionale ai sensi dell’allegato III
alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del
2006. Tra le opere connesse sono comunque inclusi
gli interventi necessari al collegamento del singolo
impianto alla linea stessa, a prescindere dal loro assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale,
indicati e concordati dal produttore nel preventivo.
4. Oneri informativi a carico del gestore di rete
4.1. Al fine di agevolare il coordinamento nell’autorizzazione degli impianti di connessione, i gestori
di rete informano con cadenza quadrimestrale le
singole Regioni circa le soluzioni di connessione
elaborate e poi accettate dai proponenti nel periodo di interesse, con riferimento ai soli impianti con
III
potenza nominale non inferiore a 200 kW.
5. Ruolo del gestore servizi elettrici (GSE)
5.1. Per lo svolgimento di eventuali servizi inerenti
attività statistiche e di monitoraggio connesse alle
autorizzazioni uniche, il Gestore dei servizi elettrici
Spa può fornire supporto alle Regioni secondo modalità stabilite con atto di indirizzo del Ministro dello
sviluppo economico.
6. Trasparenza amministrativa
6.1. Le Regioni o le Province delegate rendono
pubbliche anche tramite il proprio sito web, le informazioni circa il regime autorizzatorio di riferimento a
seconda della tipologia, della potenza dell’impianto e
della localizzazione, l’autorità competente al rilascio
del titolo, la eventuale documentazione da allegare
all’istanza medesima aggiuntiva a quella indicata al
paragrafo 13 e comunque relativa alle competenze degli enti tenuti ad esprimersi nell’ambito del
procedimento unico, il numero di copie necessario,
le modalità e i termini di conclusione dei relativi
procedimenti, fornendo l’apposita modulistica per i
contenuti dell’istanza di autorizzazione unica.
6.2. Gli elenchi e le planimetrie delle aree e dei siti
dichiarati non idonei con le modalità e secondo i
criteri di cui al paragrafo 17, sono resi pubblici attraverso i siti web delle Regioni, e degli enti locali
interessati. Sono altresì resi pubblici, nel rispetto del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia
di tutela dei dati personali, i provvedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio rilasciati
ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 387
del 2003. Sono altresì rese pubbliche le informazioni
necessarie ai proponenti per l’attuazione del punto
10.4.
7. Monitoraggio
7.1. Ai fini dell’aggiornamento delle presenti linee
guida, eventualmente avvalendosi del GSE con le
modalità di cui al punto 5, le Regioni, anche per dare
attuazione a quanto previsto dall’articolo 3, comma
3, lettera e) del decreto legislativo n. 387 del 2003,
redigono e trasmettono entro il 31 marzo di ciascun
anno, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, al Ministero per i beni e le attività culturali e
alla Conferenza unificata, una relazione riferita all’anno precedente, contenente almeno i seguenti dati:
a) numero di richieste di autorizzazione ricevute;
b) numero di richieste di autorizzazione concluse
con esito positivo e con esito negativo;
c) numero dei procedimenti pendenti;
d) tempo medio per la conclusione del procedimento, con riferimento a ciascuna fonte;
e) dati circa la potenza e la producibilità attesa degli impianti autorizzati, con riferimento a ciascuna
fonte;
f) proposte per perseguire l’efficacia dell’azione
amministrativa nell’autorizzazione alla costruzione
IV
e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
8. Esenzione dal contributo di costruzione
8.1. Fermi restando gli adempimenti fiscali previsti
dalle vigenti norme, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lett. e) del D.P.R. 380 del 2001, il contributo
di costruzione non è dovuto per i nuovi impianti,
lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle
fonti rinnovabili di energia.
9. Oneri istruttori
9.1.Le Regioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 1,
della legge n. 62 del 2005 possono prevedere oneri
istruttori a carico del proponente finalizzati a coprire
le spese istruttorie di cui al paragrafo 14; detti oneri,
ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del decreto legislativo n 387 del 2003 non possono configurarsi come
misure compensative. Gli oneri sono determinati sulla
base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e
non discriminazione della fonte utilizzata e rapportati
al valore degli interventi in misura comunque non
superiore allo 0,02 per cento dell’investimento.
PARTE II
REGIME GIURIDICO DELLE AUTORIZZAZIONI
10. Interventi soggetti ad autorizzazione unica
10.1. Fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 11 e 12,
la costruzione, l’esercizio e la modifica di impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, delle opere connesse e delle infrastrutture
indispensabili sono soggetti ad autorizzazione unica
rilasciata dalla Regione o dalla Provincia delegata.
10.2. Le disposizioni dell’articolo 12, commi 1, 2,
3, 4 e 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 si
applicano alla costruzione ed esercizio di centrali ibride, inclusi gli impianti di co-combustione, di
potenza termica inferiore a 300 MW, qualora il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare
che la producibilità imputabile di cui all’articolo 2,
comma 1, lett. g) del medesimo decreto legislativo
n. 387 del 2003, per il quinquennio successivo alla
data prevista di entrata in esercizio dell’impianto
sia superiore al 50% della producibilità complessiva
di energia elettrica della centrale. Il titolare di un
impianto ibrido che intenda procedere ad una modifica del mix di combustibili tale da comportare la
riduzione della producibilità imputabile al di sotto del
50% di quella complessiva, è obbligato ad acquisire
preliminarmente l’autorizzazione al proseguimento
dell’esercizio nel nuovo assetto ai sensi delle pertinenti norme di settore.
10.3. Gli impianti alimentati anche parzialmente da
rifiuti, aventi le caratteristiche di cui al punto 10.2 e
per i quali si applica la procedura di cui all’articolo
208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, sono soggetti all’autorizzazione
unica di cui al punto 10.1, anche qualora tali impianti
abbiano capacità di generazione inferiore alle soglie
richiamate nella tabella 1.
10.4. Sono fatte salve le norme di settore che assoggettano ad autorizzazione gli interventi di modifica
degli impianti. In tal caso, le autorizzazioni settoriali
confluiscono nel procedimento unico.
10.5. Qualora un progetto interessi il territorio di più
Regioni o di più Province delegate, la richiesta di
autorizzazione è inoltrata all’ente nel cui territorio:
i. sono installati il maggior numero di aerogeneratori,
nel caso di impianti eolici;
ii. sono installati il maggior numero di pannelli, nel
caso di impianti fotovoltaici;
iii. è effettuata la derivazione d’acqua di maggiore
entità, nel caso di impianti idroelettrici;
iv. sono presenti il maggior numero di pozzi di
estrazione del calore, nel caso di impianti geotermoelettrici;
v. sono collocati i gruppi turbina alternatore, ovvero
i sistemi di generazione di energia elettrica, negli
altri casi.
L’ente in tal modo individuato provvede allo svolgimento del procedimento, cui partecipano gli altri
enti interessati.
10.6 Qualora gli effetti di un progetto interessino
il territorio di altre Regioni o Province delegate, la
Regione o Provincia competente al rilascio dell’autorizzazione è tenuta a coinvolgere nel procedimento
le Regioni o Province delegate interessate.
10.7 L’amministrazione individuata ai sensi del punto
10.5 procede al rilascio dell’autorizzazione d’intesa
con le altre Regioni o Province delegate interessate.
11. Interventi soggetti a denuncia di inizio attività (DIA) e interventi di attività edilizia libera:
principi generali.
11.1. Nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma
2, della legge n. 241 del 1990, per gli impianti di
cui al paragrafo 12, l’autorità competente non può
richiedere l’attivazione del procedimento unico di
cui all’articolo 12,
comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003.
Resta ferma la facoltà per il proponente di
optare, in alternativa alla DIA, per tale procedimento
unico.
11.2. Nel caso di interventi soggetti a DIA, in relazione ai quali sia necessario acquisire
concessioni di derivazioni ad uso idroelettrico, autorizzazioni ambientali, paesaggistiche, di
tutela del patrimonio storico-artistico, della salute o
della pubblica incolumità, le stesse sono
acquisite e allegate alla DIA, salvo che il Comune
provveda direttamente per gli atti di sua
competenza.
11.3. Sono realizzabili mediante DIA gli impianti nonché le eventuali opere per la connessione
alla rete elettrica. In tal caso, le autorizzazioni, i nulla
osta o atti d’assenso comunque
denominati previsti dalla vigente normativa sono
allegati alla DIA (verifica gestore rete/
preventivo per la connessione). Per gli impianti
soggetti a comunicazione, le eventuali opere per
la connessione alla rete elettrica sono autorizzate
separatamente.
11.4. Il ricorso alla DIA e alla comunicazione è precluso al proponente che non abbia titolo sulle aree o
sui beni interessati dalle opere e dalle infrastrutture
connesse. In tal caso, si applica l’articolo 12, commi
3 e 4, del decreto legislativo 387 del 2003, in tema
di autorizzazione unica.
11.5. Sono soggette a DIA le opere di rifacimento
realizzate sugli impianti fotovoltaici ed eolici esistenti
che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture
e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi,
né delle opere
connesse.
11.6. I limiti di capacità di generazione e di potenza
indicati al successivo paragrafo 12 sono da intendere
come riferiti alla somma delle potenze nominali, per
ciascuna fonte, dei singoli impianti di produzione
appartenenti allo stesso soggetto o su cui lo stesso
soggetto ha la posizione decisionale dominante, facenti capo al medesimo punto di connessione alla
rete elettrica. Per capacità di generazione o potenza
dell’impianto si intende la potenza attiva nominale dell’impianto, determinata come somma delle
potenze attive nominali dei generatori che costituiscono l’impianto. La potenza attiva nominale di un
generatore è la massima potenza attiva determinata
moltiplicando la potenza apparente nominale per il
fattore di potenza nominale, entrambi riportati sui
dati di targa del generatore medesimo.
11.7. La locuzione “utilizzo delle fonti di energia
rinnovabile in edifici ed impianti industriali” di cui
all’articolo 123, comma 1, del DPR 380 del 2001,
è riferita a quegli interventi in edifici ed impianti
industriali esistenti in cui gli impianti hanno una
capacità di generazione compatibile con il regime
di scambio sul posto.
11.8. La locuzione “installazione di pannelli solari
fotovoltaici a servizio degli edifici”, di cui all’articolo
6, comma 1, lettera d) del DPR 380 del 2001, è riferita
a quegli interventi in cui gli impianti sono realizzati
su edifici esistenti o su loro pertinenze ed hanno una
capacità di generazione compatibile con il regime di
scambio sul posto.
V
11.9. Nel caso di interventi di installazione di impianti
alimentati da fonti rinnovabili di cui all’articolo 6,
comma 2 lettere a) e d), del DPR 380 del 2001, alla
Comunicazione ivi prevista si allegano:
a) le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai
sensi delle normative di settore;
b) limitatamente agli interventi di cui alla lettera a)
del medesimo comma 2, i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei
lavori e una relazione tecnica provvista di data certa
e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a
firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari di non
avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il
committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti
urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti
e che per essi la normativa statale e regionale non
prevede il rilascio di un titolo abilitativo. Per “titolo
abilitativo” si intende il permesso di costruire di cui
all’articolo 10 e seguenti del DPR n. 380 del 2001.
11.10. Alla Comunicazione di cui all’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009 e di cui all’articolo
11, comma 5, del decreto legislativo n. 115 del 2008,
non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6
del DPR 380 del 2001.
11.11. Sono fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 6, del DPR 380 del 2001 e 11, comma
4, del decreto legislativo 115 del 2008.
12. Interventi soggetti a denuncia di inizio attività e interventi di attività edilizia libera: dettaglio
per tipologia di impianto
FOTOVOLTAICO
12.1. I seguenti interventi sono considerati attività ad
edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione
secondo quanto disposto dal punto 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte
dell’interessato all’amministrazione comunale:
a) impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti
caratteristiche (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del
decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115):
i. impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici
esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano
la sagoma degli edifici stessi;
ii. la superficie dell’impianto non è superiore a quella
del tetto su cui viene realizzato;
iii. gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del
paesaggio, nei casi previsti dall’articolo 11, comma
3, del decreto legislativo n. 115 del 2008.
b) impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 6, comma 1,
lettera d) del DPR 380 del 2001):
i. realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze;
VI
ii. aventi una capacità di generazione compatibile
con il regime di scambio sul posto;
iii. realizzati al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968,
n. 1444;
12.2. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività:
a) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli
di cui al punto 12.1 aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del
DM………….…..):
i. moduli fotovoltaici sono collocati sugli edifici;
ii. la superficie complessiva dei moduli fotovoltaici
dell’impianto non sia superiore a quella del tetto
dell’edificio sul quale i moduli sono collocati.
b) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli
di cui al paragrafo 12.1, e 12.2 lettera a), aventi capacità di generazione inferiore alla soglia indicata
alla Tabella A allegata al d.lgs.
387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma
161, della legge n. 244 del 2007.
IMPIANTI DI GENERAZIONE ELETTRICA ALIMENTATI DA BIOMASSE, GAS DI DISCARICA, GAS
RESIDUATI DAI PROCESSI DI DEPURAZIONE E
BIOGAS
12.3. I seguenti interventi sono considerati attività ad
edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10,
anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale:
a) Impianti alimentati da biomasse, gas di discarica,
gas residuati dai processi di depurazione e biogas
aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009):
i. operanti in assetto cogenerativo;
ii. aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe (microgenerazione);
b) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica,
gas residuati dai processi di depurazione e biogas
non ricadenti fra quelli di cui al punto a) ed aventi
tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo
123, comma 1, secondo periodo e dell’articolo 6,
comma 1, lettera a) del DPR 380 del 2001):
i. realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche
delle destinazioni di uso, non riguardino le parti
strutturali dell’edificio, non comportino aumento del
numero delle unità immobiliari e non implichino
incremento dei parametri urbanistici;
ii. aventi una capacità di generazione compatibile
con il regime di scambio sul posto.
12.4. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività:
a) Impianti di generazione elettrica alimentati da
biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi
di depurazione e biogas non ricadenti fra quelli di
cui al punto 12.3 ed aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 27, comma 20, della
legge n. 99 del 2009):
i. operanti in assetto cogenerativo;
ii. aventi una capacità di generazione massima inferiore a 1000 kWe (piccola cogenerazione) ovvero
a 3000 kWt;
b) impianti di generazione elettrica alimentati da
biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi
di depurazione e biogas, non ricadenti fra quelli di
cui al punto 12.3 e al punto 12.4 lettera a) ed aventi
capacità di generazione inferiori alle rispettive soglie
indicate alla Tabella A allegata al d.lgs. 387 del 2003,
come introdotta dall’articolo 2, comma 161, della
legge n. 244 del 2007.
EOLICO
12.5 I seguenti interventi sono considerati attività ad
edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10,
anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale:
a) Impianti eolici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto
legislativo 30 maggio 2008, n. 115):
i. Installati sui tetti degli edifici esistenti di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore
a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro;
ii. gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del
paesaggio, nei
casi previsti dall’articolo 11, comma 3, del decreto
legislativo n. 115 del 2008.
b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione
temporanea del vento aventi tutte le seguenti caratteristiche:
i. realizzate mediante strutture mobili, semifisse o
comunque amovibili;
ii. installate in aree non soggette a vincolo o a tutela,
a condizione che vi sia il consenso del proprietario
del fondo;
iii. sia previsto che la rilevazione non duri più di
36 mesi;
iv. entro un mese dalla conclusione della rilevazione
il soggetto titolare rimuove le predette apparecchiature ripristinando lo stato dei luoghi.
12.6. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività:
a) impianti eolici non ricadenti fra quelli di cui alla
lettera a) ed aventi capacità di generazione inferiore
alle soglie indicate alla Tabella A allegata al d.lgs.
387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma
161, della legge n. 244 del 2007.
b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione
temporanea del vento di cui al punto 12.5 lettera b),
nel caso in cui si preveda una rilevazione di durata
superiore ai 36 mesi.
IDROELETTRICO E GEOTERMOELETTRICO
12.7. I seguenti interventi sono considerati attività ad
edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10,
anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale:
a) impianti idroelettrici e geotermoelettrici aventi
tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo
123, comma 1, secondo periodo e dell’articolo 6,
comma 1, lettera a) del DPR 380 del 2001):
i. realizzati in edifici esistenti sempre che non alterino
i volumi e le superfici, non comportino modifiche
delle destinazioni di uso, non riguardino le parti
strutturali dell’edificio, non comportino aumento del
numero delle unità immobiliari e non implichino
incremento dei parametri urbanistici;
ii. aventi una capacità di generazione compatibile
con il regime di scambio sul posto.
12.8. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio
attività:
b) impianti idroelettrici non ricadenti fra quelli di
cui alle lettere a) ed aventi capacità di generazione
inferiori alla soglia indicate alla Tabella A allegata al
d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2,
comma 161, della legge n. 244 del 2007.
12.9. I regimi di cui al presente paragrafo sono riepilogati nella tabella 1 allegata.
PARTE III
PROCEDIMENTO UNICO
13. Contenuti minimi dell’istanza per l’autorizzazione unica
13.1. L’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica, fermo restando quanto previsto dai punti 13.2 e
13.3, è corredata da:
a) progetto definitivo dell’iniziativa, comprensivo
delle opere per la connessione alla rete, delle altre
infrastrutture indispensabili previste, della dismissione dell’impianto e del ripristino dello stato dei luoghi.
Il ripristino, per gli impianti idroelettrici, è sostituito
da misure di reinserimento e recupero ambientale.
b) relazione tecnica, inclusa nel progetto definitivo,
che indica, in particolare:
i. i dati generali del proponente comprendenti, nel
caso di impresa, copia di certificato camerale;
ii. la descrizione delle caratteristiche della fonte utilizzata, con l’analisi della producibilità attesa, ovvero
delle modalità di approvvigionamento e, per le biomasse, anche la provenienza della risorsa utilizzata;
per gli impianti eolici andranno descritte le caratteristiche anemometriche del sito, le modalità e la
durata dei rilievi, che non può essere inferiore ad
VII
un anno, e le risultanze sulle ore equivalenti annue
di funzionamento;
iii. la descrizione dell’intervento, delle fasi, dei tempi
e delle modalità di esecuzione dei complessivi lavori
previsti, del piano di dismissione degli impianti e di
ripristino dello stato dei luoghi, ovvero, nel caso di
impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento
e recupero ambientale proposte;
iv. una stima dei costi di dismissione dell’impianto e
di ripristino dello stato dei luoghi ovvero, nel caso di
impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento
e recupero ambientale proposte;
v. un’analisi delle possibili ricadute sociali, occupazionali ed economiche dell’intervento a livello locale
per gli impianti di potenza superiore ad 1 MW.
c) nel caso di impianti alimentati a biomassa e di
impianti fotovoltaici, è allegata la documentazione da
cui risulti la disponibilità dell’area su cui realizzare
l’impianto e delle opere connesse, comprovata da
titolo idoneo alla costruzione dell’impianto e delle
opere connesse, ovvero, nel caso in cui sia necessaria, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità
delle opere connesse e di apposizione del vincolo
preordinato all’esproprio, corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati
catastali delle aree interessate ed il piano particellare; tale documentazione è aggiornata a cura del
proponente nel caso il progetto subisca modifiche
durante la fase istruttoria;
d) per gli impianti diversi da quelli di cui al punto
c) è allegata la documentazione da cui risulti la disponibilità, nel senso precisato al punto c), dell’area
interessata dalla realizzazione dell’impianto e delle
opere connesse ovvero, nel caso in cui sia necessaria
la procedura di esproprio, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità dei lavori e delle opere e di
apposizione del vincolo preordinato all’esproprio corredata dalla documentazione riportante l’estensione,
i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il
piano particellare; tale documentazione è aggiornata
a cura del proponente nel caso il progetto subisca
modifiche durante la fase istruttoria;
e) per gli impianti idroelettrici, concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico qualora sia
stata già acquisita;
f) preventivo per la connessione redatto dal gestore
della rete elettrica nazionale o della rete di distribuzione secondo le disposizioni di cui agli articoli 6 e
19 della Delibera AEEG ARG/elt 99/08 e successive
disposizioni in materia, esplicitamente accettato dal
proponente; al preventivo sono allegati gli elaborati
necessari al rilascio dell’autorizzazione degli impianti
di rete per la connessione, predisposti dal gestore
di rete competente, nonché gli elaborati relativi
agli eventuali impianti di utenza per la connessione, predisposti dal proponente. Entrambi i predetti
elaborati sono comprensivi di tutti gli schemi utili
alla definizione della connessione;
g) certificato di destinazione urbanistica ed estratto
dei mappali e delle norme d’uso del piano paesaggistico regionale in riferimento alle aree interessate
VIII
dall’intervento nonché, ove prescritta, la relazione
paesaggistica di cui al DPCM 12 dicembre 2005;
h) ove prescritta, documentazione prevista dal d.lgs.
4/2008 per la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale ovvero per la valutazione
di impatto ambientale e la valutazione di incidenza,
relativa al progetto di cui alla lettera a);
i) ricevuta di pagamento degli oneri istruttori, ove
previsti;
j) impegno alla corresponsione all’atto di avvio dei
lavori di una cauzione a garanzia della esecuzione
degli interventi di dismissione e delle opere di messa
in pristino, da versare a favore dell’amministrazione
procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa secondo l’importo stabilito in via generale
dalle Regioni o dalle Province delegate in proporzione al valore delle opere di rimessa in pristino o
delle misure di reinserimento o recupero ambientale;
la cauzione è stabilita in favore dell’amministrazione
che sarà tenuta ad eseguire le opere di rimessa in
pristino o le misure di reinserimento o recupero
ambientale in luogo del soggetto inadempiente; tale
cauzione è rivalutata sulla base del tasso di inflazione
programmata ogni 5 anni. Le Regioni o le Province
delegate, avvalendosi delle Agenzie regionali per
l’ambiente, possono motivatamente stabilire, nell’ambito della Conferenza dei servizi, differenti soglie
e/o importi per la cauzione parametrati in ragione
delle diverse tipologie di impianti e in relazione alla
particolare localizzazione dei medesimi;
k) nel caso in cui il preventivo per la connessione
comprenda una stazione di raccolta potenzialmente asservibile a più impianti e le opere in esso
individuate siano soggette a valutazione di impatto ambientale, la relazione che il gestore di rete
rende disponibile al produttore, redatta sulla base
delle richieste di connessione di impianti ricevute
dall’azienda in riferimento all’area in cui è prevista la
localizzazione dell’impianto, comprensiva dell’istruttoria di cui al punto 3.1, corredata dei dati e delle
informazioni utilizzati, da cui devono risultare, oltre
alle alternative progettuali di massima e le motivazioni di carattere elettrico, le considerazioni operate al
fine di ridurre l’estensione complessiva e contenere
l’impatto ambientale delle infrastrutture di rete;
l) copia della comunicazione effettuata alla Soprintendenza ai sensi del punto 13.3.
13.2. L’istanza è inoltre corredata della specifica documentazione eventualmente richiesta dalle normative
di settore di volta in volta rilevanti per l’ottenimento
di autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di
assenso comunque denominati che confluiscono nel
procedimento unico e di cui è fornito un elenco
indicativo nell’allegato 1.
13.3. Nei casi in cui l’impianto non ricada in zona
sottoposta a tutela ai sensi del d.lgs. 42 del 2004, il
proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza
di procedimenti di tutela ovvero di procedure di
accertamento della sussistenza di beni archeologici,
in itinere alla data di presentazione dell’istanza di
autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento
della comunicazione, le soprintendenze informano
l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito
positivo di detta verifica al fine di consentire alla
stessa amministrazione, nel rispetto dei termini previsti dal punto 14.6, di convocare alla conferenza
di servizi le soprintendenze nel caso previsto dal
punto 14.9, lett. e).
13.4. Le Regioni o le Province delegate non possono
subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell’istanza
o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe convenzioni ovvero atti di assenso o
gradimento da parte dei comuni il cui territorio è
interessato dal progetto.
14. Avvio e svolgimento del procedimento unico
14.1. Il procedimento unico si svolge tramite conferenza di servizi, nell’ambito della quale confluiscono
tutti gli apporti amministrativi necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, delle opere
connesse e delle infrastrutture indispensabili. Resta
ferma l’applicabilità dell’articolo 14-bis della legge
n. 241 del 1990 in materia di conferenza di servizi
preliminare.
14.2. La documentazione elencata al punto 13.1,
ferma restando la documentazione imposta dalle
normative di settore e indicata dalla regione o dalle
Province delegate ai sensi del punto 6.1 , è considerata contenuto minimo dell’istanza ai fini della
sua procedibilità.
14.3. Il procedimento viene avviato sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze di
autorizzazione, tenendo conto della data in cui queste sono considerate procedibili ai sensi delle leggi
nazionali e regionali di riferimento.
14.4. Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza,
l’Amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al
richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli
articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 e successive
modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la
improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento
può essere avviato solo alla data di ricevimento
dell’istanza completa.
Trascorso detto termine senza che l’amministrazione
abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento
si intende avviato.
14.5. Il superamento di eventuali limitazioni di tipo
programmatico contenute nel Piano Energetico regionale o delle quote minime di incremento dell’energia
elettrica da fonti rinnovabili ripartite ai sensi dell’articolo 8 bis del decreto legge 30 dicembre 2008,
n. 208, convertito con modificazioni dalla legge 27
febbraio 2009, n. 13 non preclude l’avvio e la conclusione favorevole del procedimento ai sensi del
paragrafo 1.
14.6. Entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza,
l’amministrazione convoca la conferenza dei servizi
che si svolge con le modalità di cui agli articoli 14
e seguenti della legge 241 del 1990 e successive
modificazioni ed integrazioni.
14.7. Ai sensi dell’articolo 27, comma 43, della legge
n. 99 del 2009, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006
, la verifica di assoggettabilità alla VIA si applica:
a) agli impianti per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento di potenza nominale
complessiva superiore a 1 MW;
b) agli impianti da fonti rinnovabili non termici , di
potenza nominale complessiva superiore a 1 MW.
La potenza nominale è individuata con le modalità
di cui al punto 11.6 .
Per le altre tipologie di progetti sottoposti a verifica
di assoggettabilità a VIA, resta fermo quanto previsto
dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
14.8. Per gli impianti di cui al punto 14.7, è fatta
salva la possibilità per il proponente di presentare
istanza di valutazione di impatto ambientale senza
previo esperimento della procedura di verifica di
assoggettabilità.
14.9. In attuazione dei principi di integrazione e di
azione preventiva in materia ambientale e paesaggistica, il Ministero per i beni e le attività culturali
partecipa:
a) al procedimento per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree
sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni
culturali e del paesaggio;
b) nell’ambito dell’istruttoria di valutazione di impatto
ambientale, qualora prescritta per gli impianti eolici
con potenza nominale maggiore di 1 MW, anche
qualora l’impianto non ricada in area sottoposta a
tutela ai sensi del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) al procedimento per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree
contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il
codice dei beni culturali e del paesaggio; in queste
ipotesi il Ministero esercita unicamente in quella sede
i poteri previsti dall’articolo 152 di detto decreto; si
considerano localizzati in aree contermini gli impianti
eolici ricadenti nell’ambito distanziale di cui al punto b) del paragrafo 3.1. e al punto e) del paragrafo
3.2 dell’allegato 4; per gli altri impianti l’ambito distanziale viene calcolato, con le stesse modalità dei
predetti paragrafi, sulla base della massima altezza
da terra dell’impianto;
IX
d) nei casi in cui, a seguito della comunicazione di
cui al punto 13.3, la Soprintendenza verifichi che
l’impianto ricade in aree interessate da procedimenti
di tutela ovvero da procedure di accertamento della
sussistenza di beni archeologici in itinere alla data di
presentazione dell’istanza di autorizzazione unica.
14.10. Il gestore della rete cui si prevede di connettere l’impianto partecipa alla conferenza di servizi
senza diritto di voto. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori
di pubblici servizi nel caso in cui il procedimento
amministrativo e il progetto dedotto in conferenza
abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. A
tali fini è inviata con congruo anticipo la comunicazione della convocazione della conferenza di servizi
di cui al punto 14.6.
14.11. Nel rispetto del principio di non aggravamento
del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della
legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione
o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione
dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle
altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro
90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa
entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un
massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di
comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame
del progetto sulla base degli elementi disponibili. Nel
caso di progetti sottoposti a valutazione di impatto
ambientale, i termini per la richiesta di integrazioni
e di produzione della relativa documentazione sono quelli individuati dall’articolo 26, comma 3, del
decreto legislativo n. 152 del 2006 ovvero quelli
individuati dalle norme regionali di attuazione. Resta
ferma l’applicabilità dell’articolo 10-bis della legge
n. 241 del 1990.
14.12. Nel corso del procedimento autorizzativo, il
proponente può presentare modifiche alla soluzione per la connessione individuate dal gestore di
rete nell’ambito dell’erogazione del servizio di connessione, con salvezza degli atti di assenso e delle
valutazioni già effettuate per quelle parti del progetto
non interessate dalle predette modifiche.
14.13. Gli esiti delle procedure di verifica di assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale,
comprensive, ove previsto, della valutazione di incidenza nonché di tutti gli atti autorizzatori comunque
denominati in materia ambientale di cui all’art. 26
del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive
modificazioni e integrazioni, sono contenuti in provvedimenti espressi e motivati che confluiscono nella
conferenza dei servizi. Ai sensi dell’articolo 14-ter,
comma 4, della legge n. 241 del 1990, i lavori della
conferenza di servizi rimangono sospesi fino al termine prescritto per la conclusione di dette procedure.
Decorso il termine di cui all’articolo 20 del decreto
X
legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero delle norme regionali di
attuazione, senza che sia intervenuto un provvedimento esplicito sulla verifica di assoggettabilità, il
responsabile del procedimento convoca l’autorità
competente affinché si esprima nella conferenza dei
servizi. L’inutile decorso del termine di cui all’articolo
26, comma 2, del medesimo decreto legislativo n.
152 del 2006, ovvero dei diversi termini previsti dalle
norme regionali di attuazione, per la decisione in
materia di valutazione di impatto ambientale implica
l’esercizio del potere sostitutivo di cui al medesimo
articolo 26, comma 2.
14.14. Entro la data in cui è prevista la riunione conclusiva della conferenza dei servizi, il proponente,
pena la conclusione del procedimento con esito negativo, fornisce la documentazione atta a dimostrare
la disponibilità del suolo su cui è ubicato l’impianto
fotovoltaico o a biomassa ai sensi dell’articolo 12,
comma 4-bis, del decreto legislativo 387 del 2003.
14.15. Le amministrazioni competenti determinano
in sede di riunione di conferenza di servizi eventuali
misure di compensazione a favore dei Comuni, di
carattere ambientale e territoriale e non meramente
patrimoniali o economiche, in conformità ai criteri
di cui all’allegato 2 delle presenti linee guida.
14.16. Il termine per la conclusione del procedimento
unico, da computarsi tenuto conto delle eventuali
sospensioni di cui ai punti 14.11, 14.13 e 14.17, non
può comunque essere superiore a 180 giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell’istanza. Ai sensi
dell’articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, le
pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge, sono
tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato
in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa
del termine di conclusione del procedimento.
14.17. Restano ferme le disposizioni regionali e statali
concernenti l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Nel caso in cui l’esercizio del potere sostitutivo abbia
ad oggetto singoli atti che confluiscono nel procedimento unico, il termine per la conclusione di tale
procedimento tiene conto dei tempi previsti dalle
pertinenti norme di settore per l’adozione dell’atto in
via sostitutiva. Restano altresì ferme le disposizioni
dell’articolo 2, comma 8, della legge n. 241 del 1990,
come modificato dall’articolo 7, comma 1, lettera b),
della legge 18 giugno 2009, n. 69, relativo al ricorso
avverso il silenzio dell’amministrazione.
15. Contenuti essenziali dell’autorizzazione unica
15.1. L’autorizzazione unica, conforme alla determinazione motivata di conclusione assunta all’esito
dei lavori della conferenza di servizi, sostituisce a
tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto
di assenso comunque denominato di competenza
delle amministrazioni
coinvolte.
PARTE IV
INSERIMENTO DEGLI IMPIANTI NEL PAESAGGIO
E SUL TERRITORIO
a) la buona progettazione degli impianti, comprovata
con l’adesione del progettista ai sistemi di gestione
della qualità (ISO 9000) e ai sistemi di gestione ambientale (ISO 14000 e/o EMAS);
b) la valorizzazione dei potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili presenti nel territorio
nonché della loro capacità di sostituzione delle fonti
fossili. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, la
combustione ai fini energetici di biomasse derivate
da rifiuti potrà essere valorizzata attuando la cocombustione in impianti esistenti per la produzione
di energia alimentati da fonti non rinnovabili (es.
carbone) mentre la combustione ai fini energetici di
biomasse di origine agricola-forestale potrà essere
valorizzata ove tali fonti rappresentano una risorsa
significativa nel contesto locale ed un’importante
opportunità ai fini energetico-produttivi;
c) il ricorso a criteri progettuali volti ad ottenere il
minor consumo possibile del territorio, sfruttando al
meglio le risorse energetiche disponibili;
d) il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti
industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi
della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo
n. 152 del 2006, consentendo la minimizzazione di
interferenze dirette e indirette sull’ambiente legate
all’occupazione del suolo ed alla modificazione del
suo utilizzo a scopi produttivi, con particolare riferimento ai territori non coperti da superfici artificiali o
greenfield, la minimizzazione delle interferenze derivanti dalle nuove infrastrutture funzionali all’impianto
mediante lo sfruttamento di infrastrutture esistenti e,
dove necessari, la bonifica e il ripristino ambientale
dei suoli e/o delle acque sotterranee;
e) una progettazione legata alle specificità dell’area
in cui viene realizzato l’intervento; con riguardo alla localizzazione in aree agricole, assume rilevanza
l’integrazione dell’impianto nel contesto delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale,
sia per quanto attiene alla sua realizzazione che al
suo esercizio;
f) la ricerca e la sperimentazione di soluzioni progettuali e componenti tecnologici innovativi, volti
ad ottenere una maggiore sostenibilità degli impianti e delle opere connesse da un punto di vista
dell’armonizzazione e del migliore inserimento degli
impianti stessi nel contesto storico, naturale e paesaggistico;
g) il coinvolgimento dei cittadini in un processo di
comunicazione e informazione preliminare all’autorizzazione e realizzazione degli impianti o di formazione
per personale e maestranze future;
h) l’effettiva valorizzazione del recupero di energia
termica prodotta nei processi di cogenerazione in
impianti alimentati da biomasse.
16. Criteri generali
16.1. La sussistenza di uno o più dei seguenti requisiti
è, in generale, elemento per la valutazione positiva
dei progetti:
16.2. . Favorire l’adeguamento dei progetti ai medesimi criteri può essere oggetto di politiche di
promozione da parte delle Regioni e delle amministrazioni centrali.
15.2. L’autorizzazione unica costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto, le opere connesse e le
infrastrutture indispensabili in conformità al progetto
approvato e nei termini ivi previsti nonché, ove occorra, dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità
e urgenza delle opere.
15.3. Ove occorra, l’autorizzazione unica costituisce
di per se variante allo strumento urbanistico.
Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual
caso l’autorizzazione unica non dispone la variante
dello strumento urbanistico.
Nell’ubicazione degli impianti in tali zone si dovrà
tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento
alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari
locali, alla tutela della biodiversità, così come del
patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui
alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228,
articolo 14. Restano ferme le previsioni dei piani
paesaggistici e delle prescrizioni d’uso indicate nei
provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse
pubblico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali
e del paesaggio, nei casi previsti.
15.4. L’autorizzazione include le eventuali prescrizioni
alle quali è subordinata la realizzazione e l’esercizio
dell’impianto e definisce le specifiche modalità per
l’ottemperanza all’obbligo della rimessa in pristino
dello stato dei luoghi a seguito della dismissione
dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, per l’ottemperanza all’obbligo della esecuzione di misure di
reinserimento e recupero ambientale.
15.5. L’autorizzazione unica prevede un termine per
l’avvio e la conclusione dei lavori decorsi i quali,
salvo proroga, la stessa perde efficacia. I suddetti
termini sono congruenti con i termini di efficacia
degli atti amministrativi che l’autorizzazione recepisce
e con la dichiarazione di pubblica utilità. Resta fermo
l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo
cui sono eventualmente assoggettate le autorizzazioni
settoriali recepite nell’autorizzazione unica.
XI
16.3. Con specifico riguardo agli impianti eolici, l’allegato 4 individua criteri di corretto inserimento nel
paesaggio e sul territorio. In tale ambito, il pieno
rispetto delle misure di mitigazione individuate dal
proponente in conformità all’allegato 4 delle presenti
linee guida costituisce elemento di valutazione favorevole del progetto.
16.4. Nell’autorizzare progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di
qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P.,
I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, deve essere verificato che
l’insediamento e l’esercizio dell’impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità
perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno
nel settore agricolo, con particolare riferimento alla
valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali,
alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.
16.5. Eventuali misure di compensazione per i Comuni potranno essere eventualmente individuate
secondo le modalità e sulla base dei criteri di cui al
punto 14.15 e all’allegato 2, in riferimento agli impatti
negativi non mitigabili anche in attuazione dei criteri
di cui al punto 16.1 e dell’allegato 4.
17. Aree non idonee
17.1. Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni
delle presenti linee guida, le Regioni e le Province
autonome possono procedere alla indicazione di
aree e siti non idonei alla installazione di specifiche
tipologie di impianti secondo le modalità di cui al
presente punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3. L’individuazione della non idoneità dell’area è
operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria
avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni
volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del
patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio
rurale che identificano obiettivi di protezione non
compatibili con l’insediamento, in determinate aree,
di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i
quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare
nell’atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere,
in relazione a ciascuna area individuata come non
idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità
riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati
nelle disposizioni esaminate.
17.2. Le Regioni e le Province autonome conciliano
le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio
con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie
rinnovabili attraverso atti di programmazione con-
XII
gruenti con la quota minima di produzione di energia
da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing),
in applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge 244 del 2007, come modificato dall’articolo 8 bis
della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione
del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti.
Le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle
Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con
cui sono definite le misure e gli interventi necessari
al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing
fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale
atto, la regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal
piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico
obiettivo assegnatole.
17.3. Nelle more dell’emanazione del decreto di
cui all’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009,
n. 13, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, le Regioni possono individuare le
aree non idonee senza procedere alla contestuale programmazione di cui al punto 17.2. Entro 180
giorni dall’entrata in vigore del sopraccitato decreto
ministeriale le Regioni provvedono a coniugare le
disposizioni relative alle aree non idonee nell’ambito
dell’atto di programmazione di cui al punto 17.2,
anche attraverso opportune modifiche e integrazioni
di quanto già disposto.
PARTE V
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
18. Disposizioni transitorie e finali
18.1. Gli allegati 1, 2, 3 e 4 costituiscono parte integrante delle presenti linee guida.
18.2. Con provvedimenti da emanare con le modalità di cui all’articolo 12, comma 10, del decreto
legislativo n. 387 del 2003 le presenti linee guida
possono essere aggiornate anche sulla base degli
esiti dell’attività di monitoraggio di cui al punto 7.
Con le medesime modalità, le presenti linee guida
sono integrate con allegati inerenti agli altri impianti
alimentati da fonti rinnovabili.
18.3. Al fine di ridurre i tempi evitando duplicazioni
di atti ovvero di valutazioni in materia ambientale e
paesaggistica, le Regioni possono individuare le più
opportune forme di semplificazione e coordinamento
tra i procedimenti per il rilascio di concessioni di derivazione d’acqua pubblica di cui al r.d. 11 dicembre
1933, n. 1775 ovvero di concessioni per lo sfruttamento delle risorse geotermiche di cui al decreto
legislativo 22 del 2010 nonché per i procedimenti i
cui esiti confluiscono nel procedimento unico di cui
all’articolo 12 del d. lgs. 387 del 2003.
18.4. Le Regioni, qualora necessario, adeguano le
rispettive discipline entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore delle presenti linee guida, anche
con l’eventuale previsione di una diversa tempistica
di presentazione della documentazione di cui al paragrafo 13; decorso inutilmente il predetto termine
di novanta giorni, le linee guida si applicano ai procedimenti in corso, ai sensi dell’articolo 12, comma
10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, fatto salvo
quanto previsto al punto18.5.
18.5. I procedimenti in corso al novantesimo giorno
successivo alla data di entrata in vigore delle presenti
linee guida sono conclusi ai sensi della previgente
normativa qualora riferiti a progetti completi della
soluzione di connessione di cui al punto 13.1, lett. f)
della Parte III e per i quali siano intervenuti i pareri
ambientali prescritti.
18.6. Al di fuori dei casi di cui al punto 18.4, per i
procedimenti in corso al novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore delle presenti linee
guida, il proponente, a pena di improcedibilità, integra l’istanza con la documentazione prevista al punto
13 della Parte III entro novanta giorni dal termine per
l’adeguamento di cui al punto 18.3, salvo richiesta
di proroga per un massimo di ulteriori trenta giorni
per comprovate necessità tecniche. Nel caso in cui le
integrazioni riguardino opere soggette a valutazione
di impatto ambientale sono fatte salve le procedure
e le tempistiche individuate nella parte seconda del
decreto legislativo 152/06 o dalle pertinenti norme
regionali di attuazione.
Le presenti Linee Guida entrano in vigore nel decimoquinto giorno successivo alla data di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
XIII
XIV
ALLEGATO 1 (punto 13.2)
ALLEGATO 2 (punti 14.15 e 16.5)
ELENCO INDICATIVO DEGLI ATTI DI ASSENSO
CHE CONFLUISCONO NEL PROCEDIMENTO UNICO
CRITERI PER L’EVENTUALE FISSAZIONE DI MISURE COMPENSATIVE
1. l’autorizzazione ambientale integrata di cui al
decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, recante
attuazione integrale della direttiva 96/61/CE;
2. l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’articolo
146 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i.;
3. la valutazione dell’impatto ambientale prevista
dalla parte seconda del decreto legislativo 152/06 di
competenza dello Stato o della Regione;
4. l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista
dalla parte quinta decreto legislativo n. 152/06, di
competenza della regione o della provincia;
5. l’autorizzazione alla gestione dei rifiuti ai sensi
della parte quarta del decreto legislativo n. 152/06;
6. il nulla osta di competenza dell’Ente di gestione
dell’area protetta di cui alla legge 6 dicembre 1991,
n. 394;
7. permesso di costruire di cui al DPR 380 del 2001,
di competenza del Comune interessato;
8. parere di conformità del progetto alla normativa di
prevenzione incendi, di cui all’articolo 2 del DPR 12
gennaio 1998, n. 37, rilasciato dal Ministero dell’Interno – comando Provinciale VV.FF.;
9. il nulla osta delle Forze Armate (Esercito, Marina,
Aeronautica) per le servitù militari e per la sicurezza
del volo a bassa quota solo se necessario e solo nel
caso di impianti ubicati in prossimità di zone sottoposte a vincolo militare;
10. il nulla osta idrogeologico previsto dal R.D. 30
dicembre 1923, n. 3267, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 61, comma 5, del decreto legislativo
n. 152/06;
11. il nulla osta sismico ai sensi della legge. 2 febbraio 1974, n. 64 e successivi provvedimenti attuativi;
12. il nulla osta per la sicurezza del volo da rilasciarsi da parte dell’aeronautica civile (ENAC-ENAV), ai
sensi del R.D. 30 marzo 1942, n. 327 recante il codice
della navigazione;
13. il mutamento di destinazione d’uso temporaneo o
definitivo dei terreni gravati da uso civico di cui alla
legge n. 1766 del 1927 e successive modificazioni;
14. l’autorizzazione al taglio degli alberi prevista dalle
leggi regionali;
15. la verifica di coerenza con i limiti alle emissioni
sonore rilasciata dall’amministrazione competente ai
sensi della legge 447 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni;
16. nulla osta dell’ispettorato del Ministero delle comunicazioni oggi Ministero dello sviluppo economico
ai sensi dell’articolo 95 del D.Lgs. n. 259 del 2003;
17. l’autorizzazione all’attraversamento e all’uso delle
strade ai sensi del Codice della strada;
18. l’autorizzazione agli scarichi rilasciata dall’autorità competente ai sensi del decreto legislativo 152
del 2006;
1. Ai sensi dell’articolo 12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003, l’autorizzazione non può essere
subordinata né prevedere misure di compensazione
a favore delle Regioni e delle Province.
2. Fermo restando, anche ai sensi del punto 1.1 e
del punto 13.4 delle presenti linee guida, che per
l’attività di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni, l’autorizzazione unica può
prevedere l‘individuazione di misure compensative,
a carattere non meramente patrimoniale, a favore
degli stessi Comuni e da orientare su interventi di
miglioramento ambientale correlati alla mitigazione
degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi
di efficienza energetica, di diffusione di installazioni
di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione
della cittadinanza sui predetti temi, nel rispetto dei
seguenti criteri:
a) non dà luogo a misure compensative, in modo
automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti
rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione
sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente1;
b) le «misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale» sono determinate in riferimento
a «concentrazioni territoriali di attività, impianti ed
infrastrutture ad elevato impatto territoriale», con
specifico riguardo alle opere in questione;2
c) le misure compensative devono essere concrete
e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle
specifiche caratteristiche dell’impianto e del suo specifico impatto ambientale e territoriale;
d) secondo l’articolo 1, comma 4, lettera f) della legge 239 del 2004, le misure compensative sono solo
“eventuali”, e correlate alla circostanza che esigenze
connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano
concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale;
e) possono essere imposte misure compensative di
carattere ambientale e territoriale e non meramente
patrimoniali o economiche solo se ricorrono tutti i
presupposti indicati nel citato articolo 1, comma 4,
lettera f) della legge 239 del 2004;
f) le misure compensative sono definite in sede di
conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati,
anche sulla base di quanto stabilito da eventuali
provvedimenti regionali e non possono unilateralmente essere fissate da un singolo Comune;
g) Nella definizione delle misure compensative si
tiene conto dell’applicazione delle misure di mitigazione in concreto già previste, anche in sede di
valutazione di impatto ambientale (qualora sia effettuata). A tal fine, con specifico riguardo agli impianti
eolici, l’esecuzione delle misure di mitigazione di
XV
cui all’allegato 4, costituiscono, di per sé, azioni di
parziale riequilibrio ambientale e territoriale;
h) ) le eventuali misure di compensazione ambientale
e territoriale definite nel rispetto dei criteri di cui alle
lettere precedenti non può comunque essere superiore al 2% dei proventi, comprensivi degli incentivi
vigenti, derivanti dalla valorizzazione dell’energia
elettrica prodotta annualmente dall’impianto.
3. L’autorizzazione unica comprende indicazioni
dettagliate sull’entità delle misure compensative e
sulle modalità con cui il proponente provvede ad
attuare le misure compensative, pena la decadenza
dell’autorizzazione unica.
1
Consiglio di Stato, parere n. 2849 del 14 ottobre
2008;
2
Sentenze Corte cost. n. 383/2005 e n. 248/2006 in
riferimento all’articolo 1, comma 4, lettera f), della
legge 239/2004;
XVI
ALLEGATO 3 (paragrafo 17)
CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI AREE NON
IDONEE
L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira
non già a rallentare la realizzazione degli impianti,
bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione
dei progetti. L’individuazione delle aree non idonee
dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di
pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,
secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla
base dei seguenti principi e criteri:
a) l’individuazione delle aree non idonee deve essere
basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati
ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del
patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del territorio e del sito;
b) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei
deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di
impianto;
c) ai sensi dell’articolo 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non
possono essere genericamente considerate aree e
siti non idonei;
d) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei
non può riguardare porzioni significative del territorio
o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente,
del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né
tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di
dimensioni non giustificate da specifiche e motivate
esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate nei casi previsti, alle amministrazioni
centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali ed
alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono
tenute a garantirla all’interno del procedimento unico
e della procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale nei casi previsti. L’individuazioni delle aree
e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi
come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione
alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di
opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio;
e) nell’individuazione delle aree e dei siti non idonei le Regioni potranno tenere conto sia di elevate
concentrazioni di impianti di produzione di energia
da fonti rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle interazioni con
altri progetti, piani e programmi posti in essere o in
progetto nell’ambito della medesima area;
f) in riferimento agli impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili, le Regioni, con
le modalità di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla
installazione di specifiche tipologie di impianti le
aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle
trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti
all’interno di quelle di seguito elencate, in coerenza
con gli strumenti di tutela e gestione previsti dalle
normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità
di sviluppo delle diverse tipologie di impianti:
Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle competenti Autorità di Bacino ai sensi del D.L. 180/98 e s.m.i.;
• zone individuate ai sensi dell’art. 142 del d. lgs.
42 del 2004 valutando la sussistenza di particolari
caratteristiche che le rendano incompatibili con la
realizzazione degli impianti.
• i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale
dell’UNESCO, le aree ed i beni di notevole interesse culturale di cui alla Parte Seconda del d.lgs 42
del 2004, nonché gli immobili e le aree dichiarati
di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136
dello stesso decreto legislativo;
• zone all’interno di coni visuali la cui immagine è
storicizzata e identifica i luoghi anche in termini
di notorietà internazionale di attrattività turistica;
• zone situate in prossimità di parchi archeologici e
nelle aree contermini ad emergenze di particolare
interesse culturale, storico e/o religioso;
• le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite ai sensi della Legge
394/91 ed inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree
Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale
orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere
a) e b) della legge 394/91 ed equivalenti a livello
regionale;
• le zone umide di importanza internazionale designate ai sensi della Convenzione di Ramsar;
• le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in
base alla Direttiva 92/43/CEE (Siti di importanza
Comunitaria) ed alla Direttiva 79/409/CEE (Zone
di Protezione Speciale);
• le Important Bird Areas (I.B.A.);
• le aree non comprese in quelle di cui ai punti
precedenti ma che svolgono funzioni determinanti
per la conservazione della biodiversità (fasce di
rispetto o aree contigue delle aree naturali protette;
istituende aree naturali protette oggetto di proposta
del Governo ovvero di disegno di legge regionale approvato dalla Giunta; aree di connessione e
continuità ecologico-funzionale tra i vari sistemi
naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette;
aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convezioni
internazionali (Berna, Bonn, Parigi, Washington,
Barcellona) e dalle Direttive comunitarie (79/409/
CEE e 92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di estinzione;
• le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche,
produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G.,
produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio
rispetto al contesto paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma
7, del decreto legislativo 387 del 2003 anche con
riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata
capacità d’uso del suolo;
• le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di Assetto
XVII
ALLEGATO 4 (punti 14.9, 16.3 e 16.5)
IMPIANTI EOLICI: ELEMENTI PER IL CORRETTO
INSERIMENTO NEL PAESAGGIO E SUL TERRITORIO
1. PREMESSA
Gli impianti eolici, come gli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, garantiscono un significativo contributo per il raggiungimento degli obiettivi e degli
impegni nazionali, comunitari e internazionali in
materia di energia ed ambiente. Inoltre, l’installazione di tali impianti favorisce l’utilizzo di risorse
del territorio, promuovendo la crescita economica e
contribuendo alla creazione di posti di lavoro, dando impulso allo sviluppo, anche a livello locale, del
potenziale di innovazione mediante la promozione
di progetti di ricerca e sviluppo.
Nei punti successivi vengono evidenziate modalità
dei possibili impatti ambientali e paesaggistici e vengono indicati alcuni criteri di inserimento e misure di
mitigazione di cui tener conto, sia in fase di progettazione che in fase di valutazione di compatibilità dei
progetti presentati, fermo restando che la sostenibilità
degli impianti dipende da diversi fattori e che luoghi,
potenze e tipologie differenti possono presentare
criticità sensibilmente diverse. Qualora determinate
misure di mitigazione dovessero porsi in conflitto
(per esempio: colorazione delle pale per questioni di
sicurezza del volo aereo ed esigenze di colorazioni
neutre per mitigazione dell’impatto visivo), l’operatore valuterà in sede progettuale quale delle misure
prescegliere, salvo che le amministrazioni competenti
non indichino diverse misure di mitigazione a seguito
della valutazione degli interessi prevalenti.
2. CAMPO DI APPLICAZIONE
Il presente allegato si applica agli impianti eolici
industriali soggetti all’autorizzazione unica di cui
all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387, nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio
3. IMPATTO VISIVO ED IMPATTO SUI BENI CULTURALI E SUL PAESAGGISTICO
L’impatto visivo è uno degli impatti considerati più
rilevanti fra quelli derivanti dalla realizzazione di un
campo eolico. Gli aerogeneratori sono infatti visibili
in qualisiasi contesto territoriale, con modalità differenti in relazione alle caratteristiche degli impianti
ed alla loro disposizione, alla orografia, alla densità
abitativa ed alle condizioni atmosferiche.
L’alterazione visiva di un impianto eolico è dovuta
agli aerogeneratori (pali, navicelle, rotori, eliche),
alle cabine di trasformazione, alle strade apposita-
XVIII
mente realizzate e all’elettrodotto di connessione con
la RTN, sia esso aereo che interrato, metodologia
quest’ultima che comporta potenziali impatti, per
buona parte temporanei, per gli scavi e la movimentazione terre.
L’analisi degli impatti deve essere riferita all’insieme
delle opere previste per la funzionalità dell’impianto,
considerando che buona parte degli impatti dipende anche dall’ubicazione e dalla disposizione delle
macchine.
Per quanto riguarda la localizzazione dei parchi eolici
caratterizzati da un notevole impegno territoriale,
l’inevitabile modificazione della configurazione fisica dei luoghi e della percezione dei valori ad essa
associati, tenuto conto dell’inefficacia di misure volte
al mascheramento, la scelta della localizzazione e la
configurazione progettuale, ove possibile, dovrebbero essere volte, in via prioritaria, al recupero di aree
degradate laddove compatibile con la risorsa eolica e
alla creazione di nuovi valori coerenti con il contesto
paesaggistico. L’impianto eolico dovrebbe diventare
una caratteristica stessa del paesaggio ,contribuendo
al riconoscimento delle sue specificità attraverso un
rapporto coerente con il contesto. In questo senso
l’impianto eolico determinerà il progetto di un nuovo paesaggio.
Di seguito vengono da un lato forniti criteri e
indicazioni per una corretta analisi finalizzata all’inserimento nel paesaggio, e contestualmente vengono
indicate possibili misure per la mitigazione dell’impatto paesaggistico.
Le indicazioni sono riferite in particolare ai campi
eolici e agli aerogeneratori in quanto costituiscono
gli elementi di più incisiva intrusività.
3.1 Analisi dell’inserimento nel paesaggio
Un‘analisi del paesaggio mirata alla valutazione del
rapporto fra l’impianto e la preesistenza dei luoghi costituisce elemento fondante per l’attivazione
di buone pratiche di progettazione, presupposto
indispensabile per l’ottimizzazione delle scelte operate.
Le indicazioni metodologiche generali, riportate in
corsivo, fornite dall’allegato tecnico del D.P.C.M.
12 dicembre 2005 per la redazione della Relazione
Paesaggistica, obbligatorie nei casi previsti dall’art.
146 del D.lgs 42/2004, costituiscono comunque un
utile riferimento per una puntuale analisi di qualsiasi
contesto e paesaggio, alla luce dei principi della
Convenzione Europea del Paesaggio.
Pertanto le analisi del territorio dovranno essere effettuate attraverso una attenta e puntuale ricognizione e
indagine degli elementi caratterizzanti e qualificanti
il paesaggio, effettuata alle diverse scale di studio
(vasta, intermedia e di dettaglio) in relazione al territorio interessato alle opere e al tipo di installazione
prevista, fatta salva comunque la necessità, successiva
al rilascio dell’autorizzazione, della scala di dettaglio
ai fini delle verifiche di ottemperanza.
Le analisi debbono non solo definire l’area di visibilità dell’impianto, ma anche il modo in cui l’impianto
viene percepito all’interno del bacino visivo.
Le analisi visive debbono inoltre tener in opportuna
considerazione gli effetti cumulativi derivanti dalla
compresenza di più impianti. Tali effetti possono
derivare dalla co-visibilità, dagli effetti sequenziali
o dalla reiterazione.
Si sottolinea l’importanza fondamentale, quale fonte
di conoscenza, del sopralluogo che consente il rilievo, geometrico e fotografico, dello stato dei luoghi
nei propri aspetti dimensionali, materici e d’uso e
che permette l’immediato riscontro delle conoscenze
acquisite a tavolino.
Il sopralluogo rappresenta la prima modalità di rapporto con le caratteristiche proprie dei luoghi oggetto
di progetto.
Le scale di analisi dovranno essere riferite a cartografie omogenee che costituiranno il supporto
cartografico di base su cui riportare gli esiti delle ricognizioni ed indagini e quindi delle analisi
effettuate, indicando in ogni elaborato la nuova realizzazione.
Lo stesso per quanto riguarda l’indicazione dei punti
di presa, scelti come di seguito indicato, utilizzati
per una appropriata ed esaustiva documentazione
fotografica dei luoghi così come essi si presentano
ante operam e delle simulazioni di come essi si presenteranno post operam. Si raccomanda l’utlizzo degli
stessi punti di presa delle immagini in cui saranno
effettuate le simulazioni per una reale valutazione
degli effetti sul paesaggio prodotti dalle trasformazioni previste.
Tutto ciò premesso l’analisi dell’inserimento nel paesaggio dovrà quantomeno prevedere:
- analisi dei livelli di tutela
Andranno evidenziati i diversi livelli “…operanti nel
contesto paesaggistico e nell’area di intervento considerata, rilevabili dagli strumenti di pianificazione
paesaggistica, urbanistica e territoriale e da ogni
fonte normativa, regolamentare e provvedimentale;”
fornendo “indicazione della presenza di beni culturali tutelati ai sensi della Parte seconda del Codice
dei beni culturali e del paesaggio”;
- analisi delle caratteristiche del paesaggio nelle
sue diverse componenti, naturali ed antropiche
Andranno messe in evidenza “… configurazioni e
caratteri geomorfologici; appartenenza a sistemi naturalistici (biotopi, riserve, parchi naturali, boschi);
sistemi insediativi storici (centri storici, edifici storici
diffusi), paesaggi agrari (assetti colturali tipici, sistemi tipologici rurali quali cascine, masserie, baite,
ecc.), tessiture territoriali storiche (centuriazioni,
viabilità storica); appartenenza a sistemi tipologici di
forte caratterizzazione locale e sovralocale (sistema
delle cascine a corte chiusa, sistema delle ville, uso
sistematico della pietra, o del legno, o del laterizio a
vista, ambiti a cromatismo prevalente); appartenenza
a percorsi panoramici o ad ambiti di percezione da
punti o percorsi panoramici; appartenenza ad ambiti
a forte valenza simbolica”;
- analisi dell’evoluzione storica del territorio.
Andranno, perciò, messi in evidenza: “…la tessitura
storica, sia vasta che minuta esistente: in particolare,
il disegno paesaggistico (urbano e/o extraurbano),
l’integrità di relazioni, storiche, visive, simboliche dei
sistemi di paesaggio storico esistenti (rurale, urbano,
religioso, produttivo, ecc.), le strutture funzionali
essenziali alla vita antropica, naturale e alla produzione (principali reti di infrastrutturazione); le
emergenze significative, sia storiche, che simboliche”;
- analisi dell’intervisibilità dell’impianto nel
paesaggio,
Andrà analizzata, a seconda delle sue caratteristiche
distributive, di densità e di estensione attraverso la
“… rappresentazione fotografica dello stato attuale
dell’area d’intervento e del contesto paesaggistico,
ripresi da luoghi di normale accessibilità e da punti
e percorsi panoramici, dai quali sia possibile cogliere con completezza le fisionomie fondamentali del
territorio. Nel caso di interventi collocati in punti
di particolare visibilità (pendio, lungo mare, lungo
fiume, ecc.), andrà particolarmente curata la conoscenza dei colori, dei materiali esistenti e prevalenti
dalle zone più visibili, documentata con fotografie
e andranno studiate soluzioni adatte al loro inserimento sia nel contesto paesaggistico che nell’area
di intervento”.
Facendo riferimento alla documentazione prescritta
per la citata Relazione Paesaggistica sono richiesti
preferendo dove possibile la planimetria con scala
più bassa:
1 . planimetria in scala 1: 5.000 o 1: 10.000 o 1:
25.000 o 1:50.000 con indicati i punti da cui è visibile
l’area di intervento;
2. cartografia in scala 1: 5.000 o 1: 10.000 o 1: 25.000
o 1:50.000 che evidenzi le caratteristiche morfologiche dei luoghi, la tessitura storica del contesto
paesaggistico, il rapporto con le infrastrutture, le reti
esistenti naturali e artificiali;
3. planimetria in scala 1: 2.000 o 1: 5.000 o 1:10.000
che riveli nel dettaglio la presenza degli elementi
costitutivi del paesaggio nell’area di intervento;
4. simulazioni di progetto.
In particolare dovrà essere curata “…La carta
dell’area di influenza visiva degli impianti proposti;
la conoscenza dei caratteri paesaggistici dei luoghi
secondo le indicazioni del precedente punto 2. Il
progetto dovrà mostrare le localizzazioni proposte
all’interno della cartografia conoscitiva e simula-
XIX
re l’effetto paesistico, sia dei singoli impianti che
dell’insieme formato da gruppi di essi, attraverso la
fotografia e lo strumento del rendering, curando in
particolare la rappresentazione dei luoghi più sensibili e la rappresentazione delle infrastrutture accessorie
all’impianto”.
L’analisi dell’interferenza visiva passa inoltre per i
seguenti punti:
a) definizione del bacino visivo dell’impianto eolico,
cioè della porzione di territorio interessato costituito
dall’insieme dei punti di vista da cui l’impianto è
chiaramente visibile;. Gli elaborati devono curare
in particolare le analisi relative al suddetto ambito
evidenziando le modifiche apportate e mostrando la
coerenza delle soluzioni rispetto ad esso. Tale analisi
dovrà essere riportata su un supporto cartografico
alla scala opportuna, con indicati i punti utilizzati per
la predisposizione della documentazione fotografica
individuando la zona di influenza visiva e le relazioni
di intervisibilità dell’intervento proposto;
b) ricognizione dei centri abitati e dei beni culturali
e paesaggistici riconosciuti come tali ai sensi del
Decreto legislativo 42/2004, distanti in linea d’aria
non meno di 50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore, documentando fotograficamente
l’interferenza con le nuove strutture;
c) descrizione, rispetto ai punti di vista di cui alle
lettere a) e b), dell’interferenza visiva dell’impianto
consistente in:
− ingombro (schermo, intrusione, sfondo) dei coni
visuali dai punti di vista prioritari;
− alterazione del valore panoramico del sito oggetto
dell’installazione.
Tale descrizione è accompagnata da una simulazione
delle modifiche proposte, soprattutto attraverso lo
strumento del rendering fotografico che illustri la
situazione post operam. Il rendering deve avere,
almeno, i seguenti requisiti:
− essere realizzato su immagini reali ad alta definizione;
− essere realizzato in riferimento a punti di vista
significati;
− essere realizzato su immagini realizzate in piena
visibilità (assenza di nuvole, nebbia, etc.);
− essere realizzato in riferimento a tutti i beni immobili sottoposti alla disciplina del D.lgs 42/2004
per gli effetti di dichiarazione di notevole interesse
e notevole interesse pubblico.
d) verifica, attraverso sezioni - skyline sul territorio
interessato, del rapporto tra l’ingombro dell’impianto
e le altre emergenze presenti anche al fine di una
precisa valutazione del tipo di interferenza visiva sia
dal basso che dall’alto, con particolare attenzione
allorché tale interferenza riguardi le preesistenze che
qualificano e caratterizzano il contesto paesaggistico
di appartenenza.
XX
3.2. Misure di mitigazione
Si segnalano di seguito alcune possibili misure di
mitigazione:
a) Ove possibile, vanno assecondate le geometrie
consuete del territorio quali, ad esempio, una linea
di costa o un percorso esistente. In tal modo non
si frammentano e dividono disegni territoriali consolidati;
b) Ove possibile, deve essere considerata la singolarità e diversità di ogni paesaggio, evitando di
interrompere un’unità storica riconosciuta;
c) la viabilità di servizio non dovrà essere finita con
pavimentazione stradale bituminosa, ma dovrà essere resa transitabile esclusivamente con materiali
drenanti naturali;
d) potrà essere previsto l’interramento dei cavidotti
a media e bassa tensione, propri dell’impianto e del
collegamento alla rete elettrica;
e) si dovrà esaminare l’effetto visivo provocato da
un’alta densità di aerogeneratori relativi ad un singolo
parco eolico o a parchi eolici adiacenti; tale effetto deve essere in particolare esaminato e attenuato
rispetto ai punti di vista o di belvedere, accessibili
al pubblico, di cui all’articolo 136, comma 1, lettera
d, del Codice, distanti in linea d’aria non meno di
50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore;
f) utilizzare soluzioni cromatiche neutre e di vernici
antiriflettenti, qualora disponibili;
g) ove necessarie, le segnalazioni per ragioni di sicurezza del volo a bassa quota, siano limitate, alle
macchine più esposte (per esempio quelle terminali
del campo eolico o quelle più in alto), se ciò è compatibile con le normative in materie di sicurezza;
h) prevedere l’assenza di cabine di trasformazione
a base palo (fatta eccezione per le cabine di smistamento del parco eolico), utilizzando tubolari al fine
di evitare zone cementate che possono invece essere
sostituite da prato, erba, etc. ;
i) preferire gruppi omogenei di turbine piuttosto che
macchine individuali disseminate sul territorio perché
più facilmente percepibili come un insieme nuovo;
j) in aree fortemente urbanizzate, può essere opportuno prendere in considerazione luoghi in cui sono
già presenti grandi infrastrutture (linee elettriche,
autostrade, insediamenti industriali, ecc.) quale idonea ubicazione del nuovo impianto: la frammistione
delle macchine eoliche ad impianti di altra natura ne
limita l’impatto visivo;
k) la scelta del luogo di ubicazione di un nuovo impianto eolico deve tener conto anche dell’eventuale
preesistenza di altri impianti eolici sullo stesso territorio. In questo caso va, infatti, studiato il rapporto tra
macchine vecchie e nuove rispetto alle loro forme,
dimensioni e colori;
l) nella scelta dell’ubicazione di un impianto considerare, compatibilmente con i vincoli di carattere
tecnico e produttivo, la distanza da punti panoramici
o da luoghi di alta frequentazione da cui l’impianto
può essere percepito. Al diminuire di tale distanza
è certamente maggiore l’impatto visivo delle macchine eoliche;
m) sarebbe opportuno inserire le macchine in modo
da evitare l’effetto di eccessivo affollamento da significativi punti visuali; tale riduzione si può anche
ottenere aumentando, a parità di potenza complessiva, la potenza unitaria delle macchine e quindi la
loro dimensione, riducendone contestualmente il
numero. Le dimensioni e la densità, dunque, dovranno essere commisurate alla scala dimensionale
del sito;
n) una mitigazione dell’impatto sul paesaggio può essere ottenuta con il criterio, di assumere una distanza
minima tra le macchine di 5-7 diametri sulla direzione
prevalente del vento e di 3-5 diametri sulla direzione
perpendicolare a quella prevalente del vento;
o) la valutazione degli effetti sul paesaggio di un
impianto eolico deve considerare le variazioni legate
alle scelte di colore delle macchine da installare. Sebbene norme aeronautiche ed esigenze di mitigazione
degli impatti sull’avifauna pongano dei limiti entro
cui operare, non mancano utili sperimentazioni per
un uso del colore che contribuisca alla creazione di
un progetto di paesaggio;
p) ove non sussistano controindicazioni di carattere
archeologico sarà preferibile interrare le linee elettriche di collegamento alla RTN e ridurle al minimo
numero possibile dove siano presenti più impianti
eolici. La riduzione al minimo di tutte le costruzioni e le strutture accessorie favorirà la percezione
del parco eolico come unità. È importante, infine,
pavimentare le strade di servizio con rivestimenti
permeabili.
4. IMPATTO SU FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI
L’impatto degli impianti eolici sulla vegetazione è
riconducibile unicamente al danneggiamento e/o alla
eliminazione diretta di habitat e specie floristiche.
Sulla fauna (in particolare avifauna e mammiferi chirotteri) sono possibili, invece, impatti di tipo diretto
(ad es. dovuti alla collisione degli animali con parti
dell’impianto) o indiretto (dovuti ad es. alla modificazione o perdita di siti alimentari e riproduttivi)
Agli impatti su flora e fauna possono inoltre essere
legate conseguenze generali sugli ecosistemi.
Queste tipologie di impatti sono presenti sia in fase
di costruzione dell’impianto eolico, che nella successiva fase di esercizio.
Di seguito vengono indicate, dunque, le informazioni che dovrebbero essere inserite nello Studio
di Impatto Ambientale, qualora previsto, al fine di
valutare tali impatti.
4.1. Analisi dell’impatto su vegetazione e flora
La descrizione dello stato iniziale dei luoghi dovrà
generalmente comprendere:
- Analisi vegetazionale e floristica sul sito e sull’area
vasta ed individuazione degli habitat delle specie
di flora di pregio naturalistico (specie elencate in:
normative regionali, Libro Rosso delle piante d’Italia,
Liste rosse regionali, IUCN, Direttive comunitarie) ;
Analisi degli impatti
- Devono essere valutate e minimizzate le modifiche
che si verificano su habitat e vegetazione durante
la fase di cantiere (costruzione di nuove strade di
servizio e delle fondazioni per gli aerogeneratori;
interramento della rete elettrica, traffico di veicoli
pesanti per il trasporto di materiali e componenti
per la costruzione dell’impianto, ecc.).
- Deve essere evitato/minimizzato il rischio di erosione causato dalla impermeabilizzazione delle strade
di servizio e dalla costruzione dell’impianto.
4.2. Analisi dell’impatto sulla fauna
L’analisi dello stato iniziale dei luoghi dovrà generalmente comprendere:
- Analisi faunistica sulle principali specie presenti
nell’area di intervento e nell’area circostante, con
particolare riferimento alle specie di pregio (IUCN,
Convenzioni internazionali, Direttive comunitarie,
Liste rosse regionali e nazionali, normative regionali);
- Individuazione cartografica dei Siti Natura 2000, delle aree naturali protette e delle zone umide, di aree
di importanza faunistica quali siti di riproduzione,
rifugio, svernamento e alimentazione, con particolare
riguardo all’individuazione di siti di nidificazione
e di caccia dei rapaci, corridoi di transito utilizzati
dall’avifauna migratoria e dei grossi mammiferi; grotte
utilizzate da popolazioni di chirotteri; l’individuazione
deve essere supportata da effettivi e documentabili
studi di settore reperibili presso le pubbliche amministrazioni, enti di ricerca, università, ecc.
- Analisi del flusso aerodinamico perturbato al fine di
valutare la possibile interazione con l’avifauna.
Analisi degli impatti
- Deve essere effettuata l’analisi degli impatti distintamente sulle sulle specie più sensibili e su quelle di
pregio (in particolare sull’avifauna e sui chirotteri),
valutando i seguenti fattori:
modificazione dell’habitat, probabilità di decessi per
collisione, variazione della densità di popolazione.
4.3. Analisi dell’impatto sugli ecosistemi
L’analisi dello stato iniziale dei luoghi dovrebbe generalmente comprendere:
- L’individuazione delle principali unità ecosistemiche
presenti nel territorio interessato dall’intervento.
- L’analisi qualitativa della struttura degli ecosistemi che metta in evidenza la funzione delle singole
unità ecosistemiche. Devono essere descritte le componenti abiotiche e biotiche delle principali unità
ecosistemiche, di ciascuna unità ecosistemica, e la
loro dinamica con particolare riferimento alla relazione fra i vari popolamenti faunistici e al ruolo svolto
dalle catene alimentari.
XXI
Analisi degli impatti
- È opportuno valutare i possibili impatti sulle unità
ecosistemiche di particolare rilievo (boschi, corsi
d’acqua, zone umide, praterie primarie, ecc.).
4.4. Misure di mitigazione
Si segnalano di seguito alcune possibili misure di
mitigazione:
a) minimizzazione delle modifiche dell’habitat in fase
di cantiere e di esercizio;
b) contenimento dei tempi di costruzione;
c) utilizzo ridotto delle nuove strade realizzate a servizio degli impianti (chiusura al pubblico passaggio
ad esclusione dei proprietari) ed utilizzo esclusivamente per le attività di manutenzione degli stessi;
d) utilizzo di aerogeneratori con torri tubolari, con
bassa velocità di rotazione delle pale e privi di tiranti;
e) ripristino della vegetazione eliminata durante la
fase di cantiere e restituzione alle condizioni iniziali
delle aree interessate dall’opera non più necessarie
alla fase di esercizio (piste, aree di cantiere e di
stoccaggio dei materiali). Dove non è più possibile il
ripristino, è necessario avviare un piano di recupero
ambientale con interventi tesi a favorire la ripresa
spontanea della vegetazione autoctona;
f) Utilizzo di accorgimenti, nella colorazione delle
pale, tali da aumentare la percezione del rischio da
parte dell’avifauna;
g) Inserimento di eventuali interruttori e trasformatori
all’interno della cabina;
h) Interramento o isolamento per il trasporto
dell’energia su le linee elettriche a bassa e media
tensione, mentre per quelle ad alta tensione potranno
essere previsti spirali o sfere colorate;
i) Durante la fase di cantiere dovranno essere impiegati tutti gli accorgimenti tecnici possibili per ridurre
il più possibile la dispersione di polveri nel sito e
nelle aree circostanti.
Andranno valutate le modalità di ubicazione degli
impianti e delle opere connesse, in prossimità di
compluvi e torrenti montani e nei pressi di morfostrutture carsiche quali doline e inghiottitoi.
In ogni caso, le informazioni seguenti andranno
generalmente fornite, con riferimento a un’area
sufficientemente grande da consentire un corretto
inquadramento dell’intervento:
1. localizzazione delle pale o dei tralicci;
2. la viabilità esistente;
3. i tratti di strade esistenti da adeguare;
4. le strade da realizzare;
5. il tracciato del collegamento alla rete elettrica
nazionale;
6. la rete elettrica esistente;
7. le cabine da realizzare.
Il progetto preliminare o definitivo delle strade di
accesso all’impianto deve essere corredato dai profili altimetrici e dalle sezioni tipo; ove l’acclività è
elevata, dovranno essere elaborate sezioni specifiche
da cui risulti possibile evidenziare le modificazioni
che saranno apportate in quella sede.
Tali sezioni, accompagnate da una simulazione fotografica, dovranno essere riportate nello studio di
impatto ambientale.
Il progetto statico, da presentare prima del rilascio
finale dell’autorizzazione, dovrà includere:
- le caratteristiche costruttive delle fondazioni in cemento armato degli aerogeneratori;
- le caratteristiche geotecniche del terreno secondo
la relazione geologica, geotecnica ed idrogeologica
ai sensi dell’articolo 27 del D.P.R. n. 554/99.
5.2 Analisi della fase di cantiere
Dovranno essere indicati i percorsi utilizzati per il
trasporto delle componenti dell’impianto fino al sito
prescelto, privilegiando l’utilizzo di strade esistenti
ed evitando la realizzazione di modifiche ai tracciati,
compatibilmente con le varianti necessarie al passaggio dei mezzi pesanti e trasporti speciali.
5. GEOMORFOLOGIA E TERRITORIO
5.1. Analisi delle interazioni geomorfologiche
Nel caso in cui l’impianto sia progettato in un’area
con rete viaria scarsa o inesistente, oppure la conformazione orografica presenti forti acclività, devono
essere valute e ponderate le diverse opzioni per
la realizzazione di nuove strade o l’adeguamento
di quelle esistenti al passaggio degli automezzi di
trasporto.
Andrà valutata con attenzione l’ubicazione delle torri
in prossimità di aree caratterizzate da situazioni di
dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrate nei
Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) elaborati dalle
competenti Autorità di Bacino ai sensi della legge
183/1989 e successive modificazioni.
XXII
Dovranno essere evidenziate le dimensioni massime
delle parti in cui potranno essere scomposti i componenti dell’impianto ed i relativi mezzi di trasporto,
tra cui saranno tendenzialmente da privilegiare quelli
che consentono un accesso al cantiere con interventi
minimali alla viabilità esistente.
Nel caso sia indispensabile realizzare tratti viari di
nuovo impianto essi andranno accuratamente individuati, preferendo quelle soluzioni che consentano
il ripristino dei luoghi una volta realizzato l’impianto.
Dovrà essere predisposto un sistema di canalizzazione delle acque di dilavamento delle aree di cantiere
che consenta la raccolta delle acque di qualsiasi
origine (meteoriche o provenienti dalle lavorazioni)
per il successivo convogliamento al recettore finale,
previo eventuale trattamento necessario ad assicurare il rispetto della normativa nazionale e regionale
vigente.
È opportuno prevedere, al termine dei lavori, una
fase di ripristino morfologico e vegetazionale di tutte
le aree soggette a movimento di terra, ripristino della
viabilità pubblica e privata, utilizzata ed eventualmente danneggiata in seguito alle lavorazioni.
5.3. Misure di mitigazione
Si segnalano di seguito alcune possibili misure di
mitigazione:
a) minima distanza di ciascun aerogeneratore da unità
abitative munite di abitabilità, regolarmente censite
e stabilmente abitate, non inferiore ai 200 m;
b) minima distanza di ciascun aerogeneratore dai
centri abitati individuati dagli strumenti urbanistici vigenti non inferiore a 6 volte l’altezza massima
dell’aerogeneratore;
c) È opportuno realizzare il cantiere per occupare
la minima superficie di suolo, aggiuntiva rispetto a quella occupata dall’impianto e che interessi
preferibilmente, ove possibile, aree degradate da
recuperare o comunque suoli già disturbati e alterati; (questa frase è in netto contrasto con quanto
detto in precedenza sul preferire aerogeneratori con
taglie maggiori, infatti a maggiore dimensione delle
macchine corrisponde necessariamente un’area di
antiere maggiore!)
d) utilizzo dei percorsi di accesso presenti se tecnicamente possibile ed adeguamento dei nuovi
eventualmente necessari alle tipologie esistenti;
e) contenimento dei tempi di costruzione;
f) deve essere posta attenzione alla stabilità dei pendii evitando pendenze in cui si possono innescare
fenomeni di erosione. Nel caso di pendenze superiori al 20% si dovrà dimostrare che la realizzazione
di impianti eolici non produrrà ulteriori processi di
erosione e fenomeni di dissesto idrogeologico;
g) gli sbancamenti e i riporti di terreno dovranno
essere i più contenuti possibile;
h) deve essere data preferenza agli elettrodotti di
collegamento alla rete elettrica aerei qualora l’interramento sia insostenibile da un punto di vista
ambientale, geologico o archeologico.
6. INTERFERENZE SONORE ED ELETTROMAGNETICHE
6.1. Analisi delle sorgenti sonore
Il rumore emesso dagli impianti eolici deriva dalla
interazione della vena fluida con le pale del rotore
in movimento e dipende dalla tecnologia adottata
per le pale e dai materiali isolanti utilizzati.
La distanza più opportuna tra i potenziali corpi ricettori ed il parco eolico dipende dalla topografia locale,
dal rumore di fondo esistente, nonché dalla taglia
del progetto da realizzare. Anche se studi hanno
dimostrato che a poche centinaia di metri il rumore
emesso dalle turbine eoliche è sostanzialmente poco
distinguibile dal rumore di fondo e che all’aumentare
del vento si incrementa anche il rumore di fondo,
mascherando così quello emesso dalle macchine,
risulta comunque opportuno effettuare rilevamenti
fonometrici al fine di verificare l’osservanza dei limiti
indicati nel D.P.C.M. del 14.11.1997 e il rispetto di
quanto previsto dalla zonizzazione acustica comunale
ai sensi della L. 447/95 con particolare riferimento
ai ricettori sensibili.
È opportuno eseguire i rilevamenti prima della realizzazione dell’impianto per accertare il livello di
rumore di fondo e, successivamente, effettuare una
previsione dell’alterazione del clima acustico prodotta dall’impianto, anche al fine di adottare possibili
misure di mitigazione dell’impatto sonoro, dirette o
indirette, qualora siano riscontrati livelli di rumorosità ambientale non compatibili con la zonizzazione
acustica comunale, con particolare riferimento ai
ricettori sensibili.
6.2. Analisi delle interferenze elettromagnetiche
ed interferenze sulle telecomunicazioni
L’interferenza elettromagnetica causata dagli impianti eolici è molto ridotta nei casi in cui il trasporto
dell’energia prodotta avviene tramite l’utilizzo di linee
di trasmissione esistenti. Diverso è il caso in cui le
linee elettriche siano appositamente progettate e
costruite, per il quale, qualora si trattasse di linee
AT, a completamento dell’eventuale studio di impatto ambientale, dovrà essere allegata una relazione
tecnica di calcolo del campo elettrico e del campo
di induzione magnetica (corredata dai rispettivi diagrammi) che metta in luce il rispetto dei limiti della
Legge 22 febbraio 2001, n. 36 e dei relativi decreti
attuativi.
In relazione al tratto della centrale in media tensione
(MT), la relazione dovrà dimostrare il rispetto dei
limiti di qualità del campo elettrico e del campo
d’induzione magnetica, indicati dalla normativa in
vigore, presso tutte i punti potenzialmente sensibili
lungo il percorso del cavidotto.
Gli aerogeneratori possono anche essere fonte di
interferenza elettromagnetica a causa della riflessione
e della diffusione delle onde radio che investono la
struttura, ovverosia possono influenzare: le caratteristiche di propagazione delle telecomunicazioni (come
qualsiasi ostacolo) e la forma del segnale ricevuto
con eventuale alterazione dell’informazione. Dovrà
quindi essere valutata la possibile interferenza.
6.3. Misure di mitigazione
Si segnalano di seguito alcune possibili misure di
mitigazione:
a) Utilizzo di generatori a bassa velocità e con profili
alari ottimizzati per ridurre l’impatto sonoro;
b) previsione di una adeguata distanza degli aeroge-
XXIII
neratori dalla sorgente del segnale di radioservizio
al fine di rendere l’interferenza irrilevante;
c) utilizzo, laddove possibile, di linee di trasmissione
esistenti;
d) far confluire le linee ad Alta Tensione in un unico
elettrodotto di collegamento, qualora sia tecnicamente possibile e se la distanza del parco eolico dalla
rete di trasmissione nazionale lo consenta;
e) utilizzare, laddove possibile, linee interrate con
una profondità minima di 1 m, protette e accessibili
nei punti di giunzione ed opportunamente segnalate;
f) posizionare, dove possibile, il trasformatore all’interno della torre.
7. INCIDENTI
7.1. Analisi dei possibili incidenti
E’ opportuno prendere in esame l’idoneità delle caratteristiche delle macchine, in relazione alle condizioni
meteorologiche estreme del sito. In tal senso:
- andrebbe fornita opportuna documentazione attestante la certificazione degli aerogeneratori secondo
le norme IEC 61400;
- andrebbe valutata la gittata massima degli elementi
rotanti in caso di rottura accidentale.
Deve essere assicurata la protezione dell’areogeneratore in caso di incendio sia in fase di cantiere
che di esercizio anche con l’utilizzo di dispositivi
portatili (estintori).
Andrà assicurato un adeguato trattamento e smaltimento degli olii derivanti dal funzionamento a regime
del parco eolico (D.Lgs. n. 95 del 27 gennaio 1992,
Attuazione delle Direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE
relative alla eliminazione degli olii usati).
7.2. Misure di mitigazione
Si segnalano di seguito alcune possibili misure di
mitigazione:
a) La distanza di ogni turbina eolica da una strada
provinciale o nazionale deve essere superiore all’altezza massima dell’elica comprensiva del rotore e
comunque non inferiore a 150 m dalla base della
torre.
8. IMPATTI SPECIFICI, NEL CASO DI PARTICOLARI
UBICAZIONI
Qualora nelle prossimità del sito oggetto dell’installazione siano presenti particolari strutture quali
aeroporti, apparati di assistenza alla navigazione aerea, ponti radio di interesse pubblico, devono essere
adottate soluzioni progettuali atte a evitare ogni interferenza che arrechi pregiudizio al funzionamento
delle strutture stesse.
XXIV
9. TERMINE DELLA VITA UTILE DELL’IMPIANTO
E DISMISSIONE
Al termine della vita utile dell’impianto si deve procedere alla dismissione dello stesso e ripristino del
sito in condizioni analoghe allo stato originario (interventi di riforestazione e afforestazione, etc.). a tale
riguardo il proponente fornirà garanzia della effettiva
dismissione e del ripristino del sito con le modalità
indicata al paragrafo 5.3, lettera g).
Oltre a fornire le suddette garanzie per la reale dismissione degli impianti, il progetto di ripristino
dovrà documentare il soddisfacimento dei seguenti
criteri:
- annegamento della struttura di fondazione in calcestruzzo sotto il profilo del suolo per almeno 1 m;
- rimozione completa delle linee elettriche e conferimento agli impianti di recupero e trattamento
secondo la normativa vigente;
- obbligo di comunicazione, a tutti i soggetti pubblici
interessati.
Qualora l’impianto risulti non operativo da più di
12 mesi, ad eccezione di specifiche situazioni determinate da interventi di manutenzione ordinaria
o straordinaria, il proprietario dovrà provvedere alla sua dismissione nel rispetto di quanto stabilito
dall’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n.
387 del 2003.
delle bollette fino ad oltre il 20%, da qui al 2020” [il
grassetto è nostro].
prosegue da pag. 32
distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa, il costo
delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate
CIP6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10%
del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso.
Considerato che l’energia incentivata è dell’ordine dei 20
miliardi di kWh, l’incentivo medio risulta pari a circa il
doppio del valore dell’energia prodotta; così paghiamo
l’energia incentivata 3 volte quella convenzionale. Perciò appaiono necessarie: una revisione della durata e
del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico; una correzione dei
malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi.
Senza interventi, c’è il forte rischio di un aumento
Dal 1° settembre 2010 la Francia taglierà per la seconda
volta quest’anno le tariffe incentivanti per il solare fotovoltaico e gli analisti sono concordi nel ritenere che
“questa mossa contribuirà a contenere i super profitti e
favorire una crescita sostenibile del settore” (Environmental Finance, 28 agosto 2010).
Forse è anche giunto il momento di accogliere la proposta lanciata il 7 luglio u.s. dal Commissario UE per
l’Energia Günther Oettinger di una tariffa incentivante
europea.
“Io penso che ci sia bisogno di un EEG europeo” ha dichiarato Oettinger, elogiando il sistema di sostegno tedesco
alle fonti rinnovabili (EEG), per dare “il giusto prezzo”
fonte: A22 - Autobrennero spa
A22 - Autostrada del Brennero, carreggiata Sud Km 160-161.
Esempio eccellente di ottimizzazione delle risorse e produzione energetica da fonti rinnovabili, questa barriera fonoassorbente protegge
dal rumore causato dai veicoli in transito le abitazioni della frazione Marano del Comune di Isera (Trento) e produce energia elettrica
con pannelli fotovoltaici. Dato l’ampio sviluppo della barriera (lunghezza complessiva 1.067 m e altezza media di 5,60 m) la superficie
disponibile di 4.907 m2 ospita ben 3.944 moduli fotovoltaici da 185 Wp, per un totale di 730 kWp ed una produttività annua pari a
circa 689.000 kWh. Il “campo fotovoltaico” suddiviso in 6 sottocampi di potenza e lunghezza pressoché eguali, è particolarmente efficace
grazie all’adozione di una sezione trasversale costituita da due tratti a diversa inclinazione (60° e 35°). Per quanto attiene all’aspetto
elettrico, data la potenza del generatore, la trasmissione dell’energia prodotta e la cessione della stessa alla rete pubblica avviene con
linee di media tensione, tramite la trasformazione della tensione di campo da 230 V a 20.000 V. Sulla base dei dati relativi al consumo
di energia elettrica per abitanti in Trentino Alto Adige, si calcola che la barriera possa soddisfare i consumi domestici di circa 600 abitanti, il doppio di quelli residenti a Marano.
Così si fa!
33
alle energie rinnovabili, armonizzare i regimi tariffari e
rilanciare gli investimenti.
Da noi non sembra destare preoccupazioni per eventuali speculazioni la diffusione di impianti fotovoltaici a
terra, quando distano tra loro un po’ più di 500 m l’uno
dall’altro (per non incappare nei limiti introdotti da alcune
regioni o province delegate) ed hanno una potenza di
poco inferiore a 1 MW (per evitare l’Autorizzazione unica
o la DIA laddove previste).
(ndr: si veda l’articolo “Solare FV: da opportunità per
tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n.
5, maggio 2010, pag. 20 e segg.).
Tutt’al più si verificano diatribe consiliari tra minoranze
che vogliono limitarne la diffusione e maggioranze più
inclini a non introdurre limiti, salvo poi assistere ad una
inversione della linea politica quando si cambiano Regione, Provincia o Comune e relative maggioranze ed
opposizioni.
Con l’approvazione delle Linee Guida e la sancita libertà di azione, anche per le incapacità delle Regioni ad
assumere comportamenti omogenei, tutte queste considerazioni, ormai, fanno parte della storia.
Ovviamente, le reazioni delle Associazioni del settore
ai provvedimenti del Conto energia e delle Linee Guida
sono improntate alla soddisfazione.
“Dopo lunghi mesi di attesa finalmente possiamo pianificare gli investimenti dei prossimi 3 anni - ha dichiarato
il Presidente di GIFI-ANIE, Gert Gremes, anche se ha
poi osservato che - il legislatore avrebbe potuto essere più
coraggioso ed offrire all’industria fotovoltaica italiana un
orizzonte temporale di 5 anni e soprattutto una quantità
maggiore di potenza incentivabile per dare più spazio agli
investimenti al fine di meglio strutturare e potenziare la
filiera fotovoltaica italiana”.
Con lo stesso positivo tenore si è espresso anche il Direttore di APER, Marco Pigni perché i provvedimenti
“non solo introducono finalmente elementi di stabilità e
certezza nel settore, ma lo indirizzano anche con maggior
credibilità verso gli obiettivi vincolanti del Piano di Azione
Nazionale al 2020, in fase di presentazione a Bruxelles”.
(si veda in proposito l’articolo di pag. 36 e segg. del n.
7, luglio 2010 di Regioni&Ambiente).
Rispetto all’importanza delle Linee Guida, per le quali
c’è stata un’attesa di 7 anni, come abbiamo sottolineato
in premessa, appare assai stringato il comunicato del
Ministero dello Sviluppo Economico (ancora senza un
“titolare”) che si limita a sottolineare come l’aspetto nodale del provvedimento è l’Autorizzazione Unica per la
realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili,
la cui istruttoria fino ad oggi è affidata alle Regioni,
Province, Comuni, che dovranno recepire le Linee
Guida Nazionali entro 90 giorni dalla pubblicazione
del testo sulla G. U.
Obiettivo dichiarato, è la definizione di modalità e criteri unitari sul territorio nazionale per assicurare uno
sviluppo ordinato sul territorio delle infrastrutture energetiche.
Con le Linee Guida, prosegue il Comunicato, vengono
fornite regole certe che favoriscono gli investimenti e consentono di coniugare le esigenze di crescita e il rispetto
dell’ambiente e del paesaggio.
Vengono poi riassunti sinteticamente i principali contenuti
del provvedimento:
1) Sono dettate regole per la trasparenza amministrativa dell’iter di autorizzazione e sono declinati i principi
di pari condizioni e trasparenza nell’accesso al mercato
dell’energia;
2) Sono individuate modalità per il monitoraggio delle
realizzazioni e l’informazione ai cittadini;
3) È regolamentata l’autorizzazione delle infrastrutture
connesse e, in particolare, delle reti elettriche;
4) Sono individuate, fonte per fonte, le tipologie di impianto e le modalità di installazione che consentono
l’accesso alle procedure semplificate (denuncia di
inizio attività e attività edilizia libera);
5) Sono individuati i contenuti delle istanze, le modalità
di avvio e svolgimento del procedimento unico di
autorizzazione;
6) Sono predeterminati i criteri e le modalità di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio,
con particolare riguardo agli impianti eolici (per cui è
stato sviluppato un allegato ad hoc);
7) Sono dettate modalità per coniugare esigenze di
sviluppo del settore e tutela del territorio: eventuali aree non idonee all’installazione degli impianti
da fonti rinnovabili possono essere individuate dalle
Regioni esclusivamente nell’ambito dei provvedimenti
con cui esse fissano gli strumenti e le modalità per il
raggiungimento degli obiettivi europei in materia di
sviluppo delle fonti rinnovabili.
Entrando nello specifico, è prevista la verifica di assoggettabilità alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA)
per gli impianti da fonti rinnovabili di potenza nominale
complessiva superiore a 1 MW, mentre sarà sufficiente
la Denuncia di Inizio Attività (DIA) per la realizzazione
di impianti fotovoltaici sugli edifici, con superficie dei
pannelli non superiore a quella del tetto.
Basterà la DIA anche per i mini impianti con capacità di
generazione inferiore a 20 kW e per gli impianti elettrici di
cogenerazione a biomasse, con capacità massima inferiore
a 1000 kWe (piccola cogenerazione) e a 3.000 kWt.
La sola DIA è prevista anche per gli impianti a biomasse,
aventi capacità di generazione al di sotto dei 200 kW, e
per gli impianti eolici con capacità inferiore a 60 kW e le
torri anemometriche per la misurazione temporanea del
vento, con fase di rilevazione superiore ai tre anni.
Sarà infine sufficiente la DIA per gli impianti idroelettrici
e geotermoelettrici, con capacità di generazione inferiore
a 100 kW.
Rinviamo chi volesse approfondire i singoli aspetti delle
Linee Guida Nazionali al testo in Inserto, con l’avvertenza
che non ha carattere di ufficialità.
34
ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
Presentato il Rapporto Fonti Rinnovabili 2010 dell’ENEA
RICERCA E INNOVAZIONE
PER UN FUTURO LOW-CARBON
Importiamo quasi il 50% delle tecnologie contro il 12% dell’UE
L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
sostenibile) ha presentato il 13 luglio
2010, presso la sede di Confindustria
in Roma, il “Rapporto Fonti Rinnovabili 2010”, giunto al terza edizione,
per fornire agli imprenditori un’ampia
e approfondita analisi del settore delle rinnovabili in Italia, che comprende
previsioni di scenario a livello nazionale e internazionale ed una panoramica
delle tecnologie più promettenti.
Scopo della presentazione è di coinvolgere gli imprenditori interessati al
settore delle rinnovabili con l’obiettivo
di contribuire alla costituzione di una
vera e propria filiera industriale delle
energie rinnovabili in Italia, uno degli
aspetti in cui il nostro Paese è più de-
Paese registra ancora un forte ritardo
nell’adeguamento della propria capacità produttiva nel settore.
La crisi economica, l’aumento dei costi
e delle incertezze legate all’approvvigionamento energetico, la crescita delle
emissioni e il rischio dei cambiamenti
climatici sono le sfide urgenti che il settore energetico deve affrontare. In questo
quadro le fonti rinnovabili sono la chiave per superare questi ostacoli e andare
verso uno sviluppo economico di tipo
sostenibile, “senza dimenticarci che l’efficienza energetica è il primo intervento che
dobbiamo fare, cioè aumentare l’efficienza dei sistemi non solo della produzione
di energia, ma soprattutto degli usi finali
dell’energia”, ha osservato Manna.
Nell’ultimo decennio si è assistito ad
dal 1990 al 2007, a tassi medi annui del
9,8% e del 25%, di gran lunga superiori
al tasso di crescita dell’offerta mondiale
di energia primaria (1,9%).
Anche nell’Unione Europea il progresso delle rinnovabili si sta consolidando.
Secondo Eurostat, la capacità installata
per la produzione elettrica è salita del
54% dal 1997 al 2007 e l’elettricità da
rinnovabili è arrivata a coprire nel 2008
una quota pari al 16,4% del totale (EurObserv’ER 2010). È indicativo di questo
successo il fatto che, tra il 2008 e il 2009,
nell’UE la nuova capacità installata in
impianti alimentati a fonti rinnovabili
abbia costituto il 61% del totale della
nuova capacità istallata, contro una
quota che nel 1995 era del 14%.
In Italia, prosegue la nota, grazie anche
ficitario, nonostante il mercato delle
installazioni sia in grande crescita.
Infatti, come ha evidenziato nella sua
illustrazione l’Ing. Carlo Manna, Responsabile del Coordinamento del
Rapporto e co-curatore della nota tecnico-informativa riassuntiva delle 244
pagine dello stesso che è stata pubblicata sul sito dell’Agenzia, il nostro
una crescita straordinaria a livello
internazionale dell’offerta di energia
da rinnovabili, che, secondo i dati
dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), è arrivata a coprire nel 2007
il 12,4% dell’offerta totale di energia
primaria e il 17,9% di elettricità.
In particolare, l’energia da fonte solare
ed eolica, è cresciuta rispettivamente,
all’elevata remunerazione del sistema
incentivante, alcune fonti hanno raggiunto sviluppi molto incoraggianti.
Nel settore fotovoltaico la nuova capacità installata nel solo 2009 (574 MWp) è
stata largamente superiore a quella cumulata complessivamente fino all’anno
precedente (458 MWp), facendo superare la soglia di 1 GWp.
36
Quanto all’eolico, l’Italia risulta il terzo
paese in Europa nel 2009, sia per nuova potenza installata (1.113 MW) che
per potenza cumulata (4.850 MW).
La corsa alle rinnovabili è cominciata
anche per l’Italia, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Sussiste infatti
ancora un notevole ritardo in altri settori delle rinnovabili, in particolare nei
settori del solare termico e della biomassa, in cui il nostro Paese è ancora
ben lontano dallo sfruttare il potenziale
disponibile. Un caso eclatante è costituito dal solare termico, in cui l’Italia
è posizionata al quattordicesimo posto
tra i Paesi UE, con una potenza installata di 23,4 kWth ogni 1.000 abitanti
rispetto ai 362 kWth dell’Austria.
Come prospettato negli scenari dell’ENEA,
il raggiungimento degli obiettivi assunti
in ambito comunitario (17% di energia da
rinnovabili sul totale dei consumi finali)
implica una forte diffusione delle tecnologie esistenti e l’introduzione accelerata
di quelle ancora in fase di sviluppo.
Uno scenario di accelerazione verso uno
sviluppo delle tecnologie low-carbon
segnerà un cambiamento di rotta in direzione di uno sviluppo più sostenibile del
nostro sistema energetico e potrà costituire una opportunità per una più rapida
uscita dalla crisi economica in corso.
Nello scenario ENEA di “accelerazione
tecnologica” il ricorso all’efficienza
energetica e alle rinnovabili consentirà
nel lungo periodo (2040) di dimezzare
le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del
2005 e, già nel medio periodo (2020),
quasi un quarto dell’abbattimento totale sarà possibile grazie alle rinnovabili,
principalmente biocombustibili e rinnovabili elettriche.
La forte spinta alla produzione di energia da fonti rinnovabili ha dato luogo
a livello internazionale ad uno straordinario aumento del tasso di crescita
degli scambi di prodotti manifatturieri
relativi a queste tecnologie, in particolare nei settori eolico e solare. A partire
dal 2002 buona parte dei Paesi europei
ha risposto iniziando un proprio percorso di “rinnovamento tecnologico”
basato su adeguate politiche industriali
per stimolare gli investimenti in nuova
capacità produttiva nazionale di tecnologie per le rinnovabili.
L’Italia, seppure in linea con l’Europa
nel ricorso alle tecnologie per le rinnovabili, presenta ancora un forte ritardo
nell’adeguamento della propria capacità
Nel nostro Paese sussistono forti ritardi in alcuni settori delle rinnovabili, come nel caso del solare-termico, per il quale l’Italia è posizionata al 14° posto dell’UE
37
produttiva, che ha generato negli ultimi
anni un aumento delle importazioni di
quasi il 50% rispetto al 12% dell’UE.
Si assiste, quindi, ad una fase di dipendenza energetica per il cui superamento
sarà fondamentale sviluppare le capacità
e le competenze presenti nel tessuto
industriale italiano, orientandole verso
investimenti innovativi in grado di recuperare una leadership tecnologica e
migliorare il nostro posizionamento strategico in segmenti di mercato emergenti,
a diversi livelli di maturità tecnologica.
Alle potenzialità connesse alle molte
tecnologie promettenti per il nostro
paese (dalle rinnovabili termiche, solare
e biomasse in primis, al fotovoltaico e
ai biocarburanti di nuova generazione,
al solare a concentrazione) vanno poi
associate le opportunità di investimento
nel settore delle infrastrutture di
trasporto e distribuzione dell’energia,
dal cui sviluppo dipende un’ampia
diffusione delle rinnovabili, e che
necessita di investimenti per lo sviluppo
di sistemi per la gestione “intelligente”
dei flussi d’energia (Smart Grid).
In un’ottica complessiva di forte innova-
zione tecnologica, l’ENEA è impegnata - a
fianco del decisore pubblico e degli operatori industriali - a sostenere, con le
competenze e le esperienze sviluppate
nei suoi laboratori scientifici, quelle scelte
di investimento che sono alla base di un
sistema energetico ambientalmente ed
economicamente più sostenibile.
“Il Rapporto sulle Rinnovabili testimonia l’impegno dell’ENEA in supporto al
sistema Paese per sostenere le scelte di
investimento degli operatori industriali
in termini di tecnologie energetiche e
per favorire il trasferimento dell’innovazione tecnologica nelle loro realtà
produttive - ha evidenziato l’Ing. Giovanni Lelli, Commissario ENEA - A
questo proposito, ENEA e Confindustria hanno sottoscritto un Protocollo
d’Intesa che promuove un rapporto più
stretto tra il sistema della ricerca e il
sistema industriale, con l’obiettivo di
accelerare l’introduzione di innovazione nei settori industriali delle fonti
rinnovabili, dell’efficienza energetica
e delle tecnologie low-carbon, come
opportunità per favorire l’internazionalizzazione e la competitività delle
imprese italiane in linea con le istanze
38
di sviluppo economico sostenibile del
sistema energetico”.
“Per consentire il massimo rendimento delle energie rinnovabili nel minor
tempo possibile è essenziale investire
nell’attività di ricerca e sviluppo tecnologico, serve dunque un’azione
sinergica tra il mondo scientifico e
quello industriale per sviluppare nuove tecnologie in grado di rispondere
alle esigenze della domanda nazionale proveniente dagli sviluppatori
degli impianti e di reggere la sfida
concorrenziale con i produttori internazionali, legando così lo sviluppo delle
fonti rinnovabili con la crescita industriale ed occupazionale del settore - ha
commentato il Prof. Giampaolo Galli,
Direttore Generale di Confindustria È in quest’ottica che Confindustria ed
ENEA hanno recentemente sottoscritto
un importante protocollo d’intesa volto
a consolidare una già avviata collaborazione strategica finalizzata da un
lato a sviluppare la ricerca industriale
e dall’altro a elaborare e condividere
scenari previsioni e d’impatto sul sistema Paese della normativa nazionale
e comunitaria in materia energetica”.
BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE
Assegnato alla primatologa Jane Goodall il Premio “Colomba d’Oro”
IN DIFESA DELLA TERRA
E DI TUTTI GLI ESSERI VIVENTI
“Per aver dedicato l’intera esistenza alla difesa della Terra
e di tutti gli esseri viventi”: con questa motivazione la Presidente della Giuria del Premio Archivio Disarmo per la
Pace - Colombe d’Oro, Rita Levi Montalcini ha consegnato il
premio nel corso di una cerimonia al MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo) di Roma, inaugurato nel mese
di maggio, all’etologa di fama mondiale Jane Goodall.
Il riconoscimento, istituito nel 1986, è attribuito annualmente
ai giornalisti che si sono fatti portatori degli ideali di pace e
di convivenza tra i popoli, le nazioni e gli stati, nonché ad
una personalità che si è distinta in campo internazionale,
qual è stato il caso della Goodall.
La lista dei premi e riconoscimenti alla Goodall si è notevolmente allungata in questi ultimi anni, specie dopo la
proclamazione da parte dell’UNEP e UNESCO del 2009 come
Anno del Gorilla (YOG), di cui la zoologa era stata designata come madrina. In tale circostanza, la Goodall aveva
dichiarato quel che può essere considerata la sintesi della
sua attività: “Gli individui che vivono all’interno e attorno
alle ultime aree forestali stanno lottando per la sopravvivenza. Se non siamo in grado di aiutare queste persone a
trovare modi di vivere che non comportano la distruzione
continua della foresta, saranno vani i nostri sforzi per proteggere queste meravigliose grandi scimmie viventi che sono
i nostri più stretti parenti”.
Appassionata della vita degli animali fin da adolescente,
la Goodall incontrò in Kenya il noto antropologo Louis
Leakey che la assunse per svolgere studi sugli scimpanzè
in relazione al percorso evolutivo dell’uomo. Sembrava impossibile che una giovinetta potesse intraprendere studi a
lungo termine, resistendo in un ambiente selvaggio quali le
foreste equatoriali africane della Tanzania, dove iniziò nel
1960 a compiere le sue ricerche presso la Gombe Stream
Chimpazee Reserve.
Ritornata in Inghilterra, conseguì il Dottorato in Etologia
nel 1964 e per continuare le sue ricerche istituì il Gombe
Stream Research Centre. La sua intensa attività di studio dei
gruppi di scimpanzè produsse risultati fondamentali nella
comprensione del comportamento e dell’apprendimento
sociale di questi animali, dei loro processi di pensiero e
della loro cultura. Il suo libro “In the Shadow of Man” (1971),
tradotto in 48 lingue tra cui l’italiano (“L’ombra dell’uomo” - 1974), è considerato una pietra miliare nello studio
39
del comportamento animale dei primati, avendo scoperto
la Goodall che gli scimpanzè costruiscono e fanno uso di
utensili, come nella descrizione da lei fatta dell’utilizzo degli
stecchini inseriti nei nidi delle termiti per farvi attaccare
alcuni esemplari da mangiare.
Nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute, Organizzazione
no-profit con uffici sparsi in ben 21 Paesi nel mondo, che si
occupa di progetti di studio e conservazione degli scimpanzè
e del loro ambiente, e di progetti di educazione ambientale
ed interculturale.
La Goodall si era resa conto ben presto che “non avremmo
mai salvato i primati, se prima non ci fossimo occupati della gente” che vive a stretto contatto con gli animali di cui
dovrebbero prendersi cura.
Per questo è nato il Progetto TACARE (acronimo di take
care, prendersi cura), finanziato dalla Comunità Europea,
che prevede il sostegno a 30 villaggi africani attorno al Parco
Nazionale di Gombe, lungo le coste del lago Tanganyika,
attraverso la riforestazione, l’assistenza sanitaria di base, la
pianificazione familiare, l’assistenza alle donne e ai bambini
orfani e progetti di microcredito. La “rete della vita” unisce uomini, animali e ambiente, e l’attenzione prestata agli
scimpanzè fornisce lo strumento per migliorare l’ambiente
a beneficio di tutti gli esseri viventi, incluso l’uomo.
“Queste iniziative più che aiutare le grandi scimmie, servono
a prevenire la diffusione di malattie contagiose (ndr: si è
calcolato che il 30% della popolazione di scimpanzè e gorilla
negli ultimi 15 anni sia stato annientato dal virus Ebola) - ha
spiegato la Goodall - Riducono la povertà e salvaguardano
le foreste. Inoltre, mitigano il riscaldamento globale. Infine,
nelle aree dove c’è competizione per la riduzione delle risorse
naturali, con alta potenzialità di violenza, i programmi di
questo tipo danno sicurezza alla regione”.
Le grandi scimmie, nonostante le iniziative assunte, hanno
un futuro precario a causa del bracconaggio, del commercio
illegale di legname, dello sfruttamento illegale di minerali,
della produzione di carbone da legna e dall’instabilità politica dei Paesi che le ospitano, con conseguenti guerre e
ribellioni che compromettono la vita dei parchi e di colo-
40
ro che sono deputati a proteggerli, come testimonia l’alto
numero (190) di guardiaparco uccisi da vari guerriglieri e
milizie regolari che in questi ultimi anni hanno devastato
con le loro scorribande il Parco del Virunga, nel regione
orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove
sopravvive più del 50% dei Gorilla di montagna.
All’ultima riunione della COP 15 della CITES a Doha nel
marzo u.s., UNEP e INTERPOL hanno presentato un nuovo
Rapporto “The Last Stand of the Gorilla” in cui si mette in
guardia circa il rischio della scomparsa entro il 2020 del
gorilla dal bacino del Congo, chiedendo misure drastiche
per salvaguardare gli habitat naturali delle grandi scimmie,
con un rafforzamento del controllo alle frontiere.
“In definitiva, è anche una tragedia per le persone che vivono nelle comunità e per i Paesi interessati - ha affermato il
Direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – Questi beni
naturali sono i loro beni: quelli che sostengono la vita e la
sopravvivenza di milioni di individui. In breve, è un crimine
contro l’ambiente ed una rapina perpetrati da un piccolo numero di potenti a scapito di poveri e, quindi, vulnerabili”.
Non bisogna dimenticare che i Paesi dell’Africa Equatoriale
traggono importanti profitti dall’ecoturismo basato sulle
grandi scimmie: i gorilla di montagna del Rwanda portano
al Paese entrate superiori a quelle derivanti dall’esportazione
di tè e caffè.
Jane Goodall crede che l’uomo riuscirà a trovare una soluzione al dissesto ambientale che lo minaccia, nella misura
in cui riuscirà a coinvolgere e motivare i giovani nella consapevolezza dell’importanza di un impegno individuale, al
fine di rendere il mondo un ambiente migliore per tutti gli
esseri umani. Per questo ha lanciato il Programma umanitario e ambientale internazionale “Roots & Shoots” (Radici
e Germogli), volto alla diffusione di una nuova etica ambientale e umanitaria, promuovendo lo scambio di culture,
l’impegno per rispettare l’ambiente, gli animali e le comu-
nità, ideando progetti realizzati dalle stesse persone che ne
vogliono far parte.
“C’è un limite agli abusi che la natura può sopportare, e
l’uomo si è spinto a un limite molto estremo - ha dichiarato la
Goodall - ma anche, per reazione all’avidità e alla grettezza
dello stile di vita imposto dal consumismo”.
Negli ultimi anni si sono avanzate in vari Paesi iniziative
legislative tese a riconoscere i diritti fondamentali di questi
nostri cugini meno evoluti, ma che hanno, come nel caso
degli scimpanzè, il 98% del corredo genetico dell’uomo. In
particolare, ha suscitato discussioni e polemiche la “proposta non di legge” presentata al Parlamento spagnolo, che
non voleva “equiparare i diritti umani a quelli delle grandi
scimmie, ma salvarle dalla schiavitù e dalla morte”, come
ha affermato l’allora Ministro dell’Ambiente Cristina Barbona.
Costituisce indirettamente un’utile riflessione in merito, quanto affermato dalla Goodall in una intervista pubblicata su
Ecologist il 16 aprile 2010, in occasione dell’uscita del suo
ultimo libro “Hope for animals and Their World”.
Alla domanda se pensasse che gli animali dovrebbero avere
diritti, la Goodall ha risposto: “Personalmente non ho intenzione di lottare per i diritti in sé. Tutti lottano per i diritti
umani, eppure vengono abusati giornalmente in tutto il
mondo. Così, mentre non riusciamo a salvaguardare quelli
umani, è realistico affermare i diritti degli animali? Non li
salvaguarderà avere diritti. Io dico “bella azione” nei confronti di coloro che lottano per loro. Ma il mio approccio è
diverso. Io lotto per affermare la responsabilità umana, per
far pensare la gente in modo diverso sugli animali, su come
sono realmente. Si può avere diritti - e siamo circondati da
leggi - che vengono continuamente infranti. Quindi, voglio
che la gente comprenda che gli animali hanno davvero
personalità e sentimenti, e che desideri obbedire alle leggi
che li proteggono”.
41
Finalmente firmato l’Accordo “Yasuní-ITT”
UN’INIZIATIVA PER CAMBIARE LA STORIA
Saranno le Nazioni Unite a garantire i bond ecuadoriani
Nella nuova Costituzione dell’Ecuador,
approvata il 25 luglio 2008 dall’Assemblea Costituente e ratificata due mesi
dopo da un referendum popolare con
l’81,72% di sì, è entrato il principio
informatore sociale del “buen vivir”,
traduzione in lingua spagnola del “suma quamana” dei Quechua o
“sumak kawsay” degli Aymara,
popoli indigeni dell’Abya Yala
(toponimo che i nativi usavano per indicare il Continente
Latino-americano), espressione
che veniva usata per indicare
il loro rapporto con l’ambiente
circostante e tra gli individui.
Rispetto al modello occidentale del “vivere meglio” che si
basa essenzialmente sul PIL
e sull’etica di un progresso
illimitato e che incita ad una
competizione per creare presupposti per vivere ancora
meglio (spesso facendo viver
male gli altri), il “buen vivir”
mira a far vivere a sufficienza
tutta la comunità terrestre “che
include, oltre l’essere umano,
l’aria, il suolo, le montagne, gli
alberi e gli animali; lo stare in
profonda comunicazione con
Pachamama (Terra), con le
energie dell’Universo e con Dio.
Il buen vivir ci invita a non
consumare di più di ciò che
l’ecosistema può sopportare,
a evitare la produzione di residui che
non possiamo assorbire con sicurezza
e ci incita a riutilizzare e riciclare tutto
ciò che abbiamo usato. Sarà un consumo ciclabile e frugale. Quindi non ci
sarà scarsità. In quest’epoca di ricerca
di nuove strade per l’umanità l’idea del
buen vivir ha molto da insegnarci” (L.
Boff, 18-12-2009, asud.net).
Sulla base di tali presupposti l’Ecuador, dopo la Bolivia che per prima
aveva avviato costituzionalmente nel
2007 questo progetto, ha intrapreso
un percorso che tra polemiche e contraddizioni (le numerose concessioni
governative estrattive e l’elaborazio-
ne di un Plan Nacional para el buen
vivir) di cui l’iniziativa “Yasuní-ITT”
è in qualche modo il simbolo di un
cambiamento nella gestione delle risorse naturali e nella ricerca di soluzioni
per limitare il surriscaldamento del
Pianeta.
Il 24 settembre del 2007 a New York, in
occasione della riunione ad alto livello
indetta dal Segretario dell’ONU durante
la 62a Sessione dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, il neo-Presidente
dell’Ecuador Rafael Correa lanciava la
proposta di lasciare nel sottosuolo il
petrolio greggio del Parco Nazionale
dello Yasuní nell’Amazzonia e dell’area
denominata ITT (Ishpingo - Tambococha - Tiputini).
Come contropartita per i mancati
guadagni (il 60% delle esportazioni
dell’Ecuador dipende dal petrolio), Correa chiedeva che i Governi del Nord
del mondo comprassero i bond emes-
42
si dallo Stato, versando così la meta
del valore del greggio non estratto in
nome della responsabilità ambientale
differenziata e del debito ecologico di
cui sono responsabili nei confronti dei
Paesi del Sud del mondo.
In realtà, il Presidente ecuadoriano aveva fatta propria l’idea avanzata
già nel 2003 dai movimenti
sociali e dalle popolazioni
indigene, che avevano apertamente manifestato contro
le continue autorizzazioni
che i Governi del Paese stavano concedendo alle grandi
multinazionali del petrolio.
In particolare, nel 2004 la
brasiliana Petrobras, già titolare della concessione per
lo sfruttamento di una zona
dell’Amazzonia ecuadoriana,
aveva avanzato l’intenzione di
estendere l’attività in un’area
contigua all’interno del Parco Nazionale dello Yasuní,
982.000 ettari dell’alto Napo,
affluente del Rio delle Amazzoni, a ridosso del territorio
degli indigeni Huaorani che vi
risiedono ancestralmente. Nello stesso tempo, esplorazioni
effettuate nel cosiddetto blocco
ITT (Ishpingo - Tambococha Tiputini) - che costituisce la
zona orientale del Parco ai
confini con il Perù, dove vivono i Tagaeri e i Taromenane (altre due
tribù indigene che vivono in volontario
isolamento), testimoniavano che nel
sottosuolo vi è un ingente giacimento petrolifero, per il cui sfruttamento
veniva presentata analoga richiesta di
autorizzazione allo sfruttamento. Contro
tali ipotesi insorgevano le organizzazioni in difesa dei diritti umani e quelle
ambientaliste, insieme alle comunità
indigene, essendo ritenuto il Parco per
la sua unicità la zona del mondo con il
più alto grado di biodiversità, tanto da
essere dichiarato dall’UNESCO Riserva
Mondiale della Biosfera.
Un censimento scientifico effettuato
negli anni ’90 ha rilevato che vi sono 567 specie di uccelli, 173 specie di
mammiferi, 105 specie di anfibi e 83
specie di rettili, oltre a 2.274 specie
di alberi.
L’Iniziativa Yasuní-ITT inizialmente
prevedeva, a sostegno, libere donazioni della comunità internazionale, ma
venne poi sponsorizzata dal Presidente
ecuadoriano come bonus del debito
di carbonio dei Paesi industrializzati
per compensare la loro impossibilità
di ridurre le quote di emissione loro
assegnate dal Protocollo di Kyoto, anche alla luce degli orientamenti che si
andavano profilando durante i Climate
Change Talks in vista della Conferenza
delle Parti dell’UNFCCC a Bali per un
nuovo accordo post-2012. Per evitare
di immettere in atmosfera 407 milioni
di tonnellate di CO2 che deriverebbero
dall’estrazione e dal consumo di 846
milioni di barili di greggio - pari al 20%
delle riserve petrolifere dell’Ecuador
- oltre a prevenire i danni ambientali
nella regione amazzonica e le negative conseguenze sui suoi abitanti,
già registratesi in precedenti progetti
di esplorazione petrolifera, le nazioni
ricche avrebbero versato al Governo di
Quito 3,6 miliardi di dollari, la metà di
quanto il Paese potrebbe guadagnare
se permettesse le trivellazioni in quel
paradiso naturale.
Il progetto, molto popolare in Ecuador con il 75% della popolazione a
favore, come ha rivelato un sondaggio effettuato, costituisce comunque la
dimostrazione della volontà del Paese
di realizzare una transizione energetica,
la stessa che è solo possibile attraverso
un lavoro congiunto con la comunità
internazionale. L’Ecuador vuol fare il
primo passo ed essere di esempio nella
direzione delle riflessioni che ormai si
stanno facendo in tutto il mondo sui limiti dei nostri modelli socio-economici
di sviluppo, basati sulla continua crescita economica, materiale e quantitativa,
che ha provocato un crescente, ormai
43
ingente, deficit ecologico.
Peraltro, nello scorso aprile il Global
Footprint Network, l’autorevole Rete
Internazionale fondata da Mathis Wackernagel, che si occupa di diffondere,
standardizzare ed applicare il metodo
dell’impronta ecologica come indicatore di sostenibilità, ha diffuso la notizia
che l’Ecuador è diventata la prima nazione a dotarsi di un concreto e relativo
target. Il Paese si è posto l’obiettivo di
includere nel suo Plan Nacional para
el Buen Vivir il raggiungimento entro il
2013 di un utilizzo pro-capite di risorse
derivanti dalle capacità bioproduttive
dei sistemi naturali, dalle foreste alle
aree agricole, che rientri nella capacità della nazione stessa di produrre
le risorse utilizzate, con l’impegno a
mantenere il trend nel futuro.
Nonostante l’Iniziativa avesse subito
ricevuto il sostegno di Spagna e Norvegia e fosse stata lanciata una Campagna
ecologica internazionale a cui hanno
aderito molte personalità del mondo
scientifico culturale ed artistico, tra cui ai Paesi donatori di decidere la gestione gestito dal Multi Donor Trust Fund
il Nobel per la Medicina Rita Levi Mon- dei fondi.
Office (MDTF Office), retto da un
talcini e quello per la Pace Rigoberta Alcuni hanno intravisto in questo atteg- Comitato Direttivo costituito pariMenchú, l’ex leader sovietico Mikhail giamento la volontà di Correa di non teticamente da rappresentanti del
Gorbaciov ed attuale Presidente di Gre- voler dedicare interamente a finalità Governo ecuadoriano e delle Nazioni
en Cross International, il cantautore ambientali le risorse che ne derivereb- Unite, e dove confluiranno i contributi
catalano Joan Manuel Serrat, il percor- bero.
provenienti da un’ampia gamma di sotso non è stato semplice ed è
toscrittori (Governi, Aziende,
risultato piuttosto accidentato,
persone fisiche) ai quali satale da determinare le dimissioranno rilasciati dei certificati
ni di tre Ministri ed altrettanti
di garanzia (Yasuní Guarantee
team di negoziatori.
Certificates) sul rispetto che
Dopo aver disposto la creail denaro sottoscritto verrà
zione di una Segreteria tecnica
restituito interamente, senza
per l’iniziativa, finalizzata alinteressi, qualora non siano
la Gestione del Fondo per la
rispettati gli obiettivi dell’AcTransizione energetica nel
cordo che prevedono l’utilizzo
gennaio 2008, il Presidendi tali somme per i seguenti
te Correa aveva fissato al 31
programmi strategici di sviottobre 2008 la scadenza dei
luppo sostenibile, nell’ambito
termini per la raccolta delle
delle linee del Piano di svilupadesioni, spostata poi al genpo nazionale ecuadoriano:
naio 2009 e successivamente
a)
Prevenire efficaceulteriormente prorogata a temmente la deforestazione e la
po indeterminato Molti Paesi si
conservazione degli ecosisteerano avvicinati al progetto: la
mi, in particolare il sistema
Spagna aveva donato 200.000
nazionale delle aree naturali
dollari, la Germania aveva
protette, comprese le zone
stanziato 300.000 euro per ficuscinetto. La superficie totale
nanziare lo studio di fattibilità
attualmente sotto la protezioin termici tecnici, ambientali e
ne dello Stato è pari al 20%
legali del progetto, ma in genedel territorio dell’Ecuador, una
rale l’iniziativa non era riuscita
delle percentuali più alte nel
ad attrarre l’attenzione e l’intemondo. La Conservazione del
resse sperati, mettendo in forse
Parco Nazionale Yasuní, perIndigeno Huaorani che caccia con la sua micidiale cerbottana.
Gli Huaorani vivono ancestralmente lungo il corso del Napo a ridosso
l’obiettivo, tanto che Correa
metterà anche alle popolazioni
del Parco Nazionale dello Yasuní
aveva paventato di passare al
indigene Tagaeri e Tarome“Piano B” che prevedeva trinane di restare in isolamento
In verità, il Presidente si era reso convellazioni con un impatto ambientale to che il Paese ha ancora bisogno di
volontario.
ridotto al minimo, se non si fosse rac- estrarre petrolio e non può permettersi b) Il rimboschimento, l’afforestazione,
colto il denaro previsto.
la rigenerazione naturale, la gestione
vincoli troppo rigorosi che lo condanMolti osservatori avevano giudicato nino a “continuare a star seduto come
dei bacini idrici e la corretta gestioquesto atteggiamento un “eco ricatto”, un mendicante, su una miniera d’oro”,
ne di un milione di ettari di foreste
anche a seguito dell’ordine imposto dal come ha dichiarato lo stesso Correa;
di piccoli e medi proprietari terrieri,
Presidente ecuadoriano di non sotto- dall’altra i Paesi finanziatori del Proche insistono su terreni che sono
scrivere l’accordo preliminare che era getto pretendevano un garante super
attualmente minacciati dal degrado
stato definito dai suoi negoziatori gui- partes dell’operazione.
del suolo. Una riduzione sostanziale
dati dal Ministro degli Esteri Fander Ora il garante è stato individuato nel
del tasso attuale di deforestazione
Falconi, dimessosi poi, e che avrebbe Programma di Sviluppo delle Nazioconsiderato uno dei più alti in Sud
dovuto essere inserito nell’Agenda della ni Unite (UNPD) e lo strumento è
America.
Conferenza UNFCCC di Copenhagen, lo “Yasuní-ITT Trust Fund” che sarà c) L’energia rinnovabile e l’incremento
perché, a suo dire, avrebbe permesso
dell’efficienza energetica nazionale e
44
il risparmio energetico, compresi gli
investimenti in impianti socialmente ed ecologicamente sostenibili di
energia: idroelettrica, geotermica,
solare, eolica, da biomassa e delle
maree. Inoltre, è incluso il sostegno
finanziario per l’efficienza energetica
nell’industria e nelle case.
d) Promuovere lo sviluppo sociale nelle zone ricadenti nell’Iniziativa, con
programmi che comprendano sanità,
istruzione, formazione, assistenza
tecnica, creazione di posti di lavoro
nelle attività produttive sostenibili,
come l’ecoturismo, l’agricoltura, la
protezione dei servizi degli ecosistemi agro-forestali.
e) Sostenere la ricerca, la scienza, la
tecnologia e l’innovazione con programmi che migliorino:
- la produzione di beni e servizi
basati sulla bio-conoscenza;
- la gestione integrata dei bacini
idrografici;
- la modifica della matrice energetica, secondo le priorità del
Piano Nazionale Ecuadoriano di
Sviluppo.
L’Accordo è stato siglato dal Ministro
degli Esteri dell’Ecuador Ricardo Patino
e Rebeca Grynspan, Amministratore
Associato dell’UNDP, secondo la quale
“Questa è un’iniziativa innovatrice sul
cambiamento climatico ed offre una
diversa prospettiva. L’interesse che si
è creato rappresenta un buon auspicio che in futuro questo modello possa
essere replicato ad altre latitudini. Ringrazio il Governo dell’Ecuador per aver
scelto, quale amministratore dell’iniziativa, l’UNDP la cui storia dimostra
la sua amministrazione trasparente e
la sua capacità di poter rendere conto
di questo fondo fiduciario”.
Da parte sua, in una nota dell’Agenzia Andes il Governo ecuadoriano ha
ringraziato i Paesi che si sono distinti
per il sostegno al progetto (ha citato
anche l’Italia), che viene promosso come “Iniziativa per cambiare la storia”,
ma al momento solo la Germania ha
stanziato fondi per 50 milioni di dollari
all’anno per 12 anni. Ci auguriamo che
il suo esempio sia presto seguito da
altri e, soprattutto che, chiusa la partita
dello Yasuní, non ne inizino altre per
possibili trivellazioni in altre zone della
foresta amazzonica ecuadoriana.
Il serpente verde della vite (Oxibelis fulgidus), una delle 62 specie di serpenti che vivono nel Parco Yasuní. Dal corpo sottile e sinuoso (2 cm di spessore e 1,5-2 m di
lunghezza), vive sugli alberi da cui osserva le prede (piccoli rettili e roditori) che aggredisce, mantenendole sollevate da terra affinché non utilizzino la loro forza.
45
A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE
Presentata la doppia Piramide Alimentare-Ambientale
PER UN’ALIMENTAZIONE SANA,
BILANCIATA E... SOSTENIBILE
Dagli scienziati un invito alla diffusione della “Dieta mediterranea”
Finora si è dato grande rilievo alla quantità di calorie assunte durante i pasti. Ora, dobbiamo iniziare a valutare il
peso ambientale delle nostre scelte alimentari che possono
condizionare il futuro del pianeta in cui viviamo.
È stato questo il tema posto al centro dell’attenzione a Milano
nel corso del Convegno “Alimentazione e Ambiente: sano
per Te, sostenibile per il Pianeta”, organizzato dal Barilla
Center for Food & Nutrition” (BCFN), un Centro di pensiero
e proposte, con sede a Parma, che affronta il mondo della
nutrizione e dell’alimentazione con un approccio multidisciplinare delle varie sezioni correlate che sono coordinate da
un prestigioso Advisory Board, di cui fanno parte: Barbara Buchner (Ambiente); Jean-Paul Fitoussi e Mario Monti
(Economia); Umberto Veronesi, Camillo Ricordi e Gabriele
Riccardi (Medicina, Salute e Nutrizione); Joseph Sassoon e
Claude Fischler (Sociologia, Consumi e Stili di vita).
Nel corso del Convegno, Barbara Buchner, ricercatrice
austriaca presso l’International Energy Agency (IEA) di Parigi e Direttrice del Climate Policy Iniziative di Venezia, ha
presentato la Doppia Piramide Alimentare - Ambientale,
un modello unificato che concilia l’equilibrio nutrizionale
con la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, visto che la
dieta alimentare, oltre ad avere un ruolo determinante sulla
salute, è anche “responsabile del 25% dell’impatto ambientale
di ogni individuo”.
In tale modello, ha osservato la Buchner, alla già nota
Piramide Alimentare, ideata nel 1992 dal dipartimento statunitense dell’Agricoltura (USDA), sulla base delle intuizioni
del medico e fisiologo Ancel Keys che aveva studiato la
“Dieta mediterranea”, come fu da lui definito il modello
nutrizionale delle popolazioni del Mediterraneo in generale, degli Italiani in particolare, indicandola come la più
salutare, viene ora affiancata la Piramide Ambientale. Se la
Piramide Alimentare viene costruita posizionando in basso
gli alimenti per i quali è indicato il consumo più frequente
e mettendo al vertice quelli che dovrebbero essere assunti
con moderazione, quella Ambientale si basa sulla stima
degli impatti ambientali associati ad ogni singolo alimento,
condotta con l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment),
che porta ad evidenziare come i principali carichi ambientali
siano rappresentati:
- dalla generazione di gas a effetto serra (Carbon Footprint);
- dal consumo delle risorse idriche (Water Footprint);
- dall’uso di territorio (Ecological Footprint).
In quest’ottica si possono analizzare e stimare gli impatti
di due tipi di diete.
- un individuo che si nutre seguendo la dieta nord-americana (consumo prevalente di carne e crescente assunzione
di dolci e alimenti contenenti alte concentrazioni di zuccheri e grassi) ha, ogni giorno, un’impronta ecologica di
26,8 m² e immette in atmosfera circa 5,4 kg di CO2;
- un individuo che si nutre seguendo la dieta mediterranea
(caratterizzata prevalentemente dal consumo di carboidrati,
frutta e verdura) ha, ogni giorno, un’impronta ecologica di
12,3 m² e immette in atmosfera circa 2,2 kg di CO2.
Le due diverse abitudini alimentari implicano anche un
diverso consumo di risorse idriche, a seconda che si consumino alimenti a maggiore o minore contenuto di acqua
virtuale (l’acqua necessaria per produrre un bene). Infatti,
46
un individuo utilizza in media dai 2 ai 5 litri d’acqua al
giorno per bere, mentre il consumo di acqua virtuale giornaliero per alimentarsi varia da circa 1.500-2.600 litri (dieta
vegetariana) a circa 4.000-5.400 litri, in caso di una dieta
ricca di carne.
La doppia piramide, pertanto, si propone in modo semplice
e immediato di aiutare i consumatori a scegliere un’alimentazione che sia nello stesso tempo sana, bilanciata e
sostenibile, conciliando l’equilibrio nutrizionale con la protezione dell’ambiente.
Dal 1° Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani,
realizzato dal Censis su incarico della Coldiretti e presentato
a Roma il 19 maggio 2010, emerge che negli ultimi 60 anni
gli italiani hanno profondamente modificato la propria dieta
con un formidabile aumento dei consumi di carne che sono
passati dai 60 gr. giornalieri del 1950 ai 241 gr. di oggi.
“La salute dipende principalmente da ciò che mangiamo
e dal nostro stile di vita, ma oggi, e per la prima volta, il
modello della doppia piramide Alimentare-Ambientale,
messo a punto da BCFN, mette in evidenza la necessità di
raggiungere un equilibrio sia dal punto di vista nutrizionale sia in termini di riduzione dell’impatto ambientale del
cibo - ha detto il medico Camillo Ricordi dell’Università
di Miami, diabetologo e uno dei maggiori esperti mondiali
nel campo dei trapianti cellulari - Ciò non significa che
dobbiamo diventare vegani, ma tutti dobbiamo limitare gli
alimenti meno sani, da cui derivano patologie cardiovascolari, diabete e tumori, che sono responsabili del 60% dei
decessi nel mondo. E dobbiamo insegnarla ai bambini nelle
scuole, dando priorità alla prevenzione che fa bene anche
al bilancio statale”.
In Italia, la spesa per terapie e cure per patologie cardiovascolari, diabete tumori è di 40 miliardi di euro l’anno: quasi
700 euro per ogni cittadino!
“L’incremento dell’1% nel rapporto tra spesa in prevenzione
e la spesa sanitaria - stima uno studio del BCFN - porterebbe
ad una diminuzione del 3% nella percentuale di spesa per
prestazioni curative e riabilitative”.
Quel che è emerso con grande evidenza è che i cibi che
costituiscono la base di un’alimentazione corretta sono anche i più sostenibili per il Pianeta. Osservando la doppia
piramide si può osservare che alimenti come carni rosse
e dolci sono anche i meno indicati per la nostra salute e
anche i peggiori in termini di impatto ambientale. Viceversa,
si può notare come gli alimenti per i quali è consigliato un
consumo più frequente, come verdure fresche, in quanto
locali, sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori.
Una sovrapposizione pressoché perfetta che porta a una
semplice conclusione: ciò che fa bene all’organismo Uomo
fa bene anche all’organismo Terra. E viceversa!
“Gli ecosistemi sono la nostra ricchezza principale e in un
mondo in cui le biocapacità sono limitate, la cecità su questi temi porta a rischio collasso del sistema - ha affermato
Mathis Wackernagel, inventore dell’“impronta ecologica”
e Presidente del Global Footprint Network - A settembre, in
nove mesi dunque, avremo consumato già tutto quel che si
può generare in un anno. E spetta all’uomo decidere come
vivremo nel futuro, anche attraverso l’alimentazione”.
(ndr: Global Footprint Network che tiene accurato conteggio dei
servizi naturali che preleviamo dal Pianeta, ha comunicato che
l’Earth Overshoot Day quest’anno è avvenuto il 21 agosto).
Ma l’opinione pubblica è sempre meno incline a cambiare
le proprie abitudini alimentari che si sono radicate negli
ultimi decenni sotto la spinta di aumenti di reddito, del
miglioramento nella qualità dell’offerta, della globalizzazione, ma anche per l’incessante proposta mediatica di errati
modelli e cibi.
47
Perciò, nel suo intervento l’economista Andrea Boltho
dell’Università di Oxford, dopo aver indicato la necessità
di un coinvolgimento delle Istituzioni affinché si facciano
promotrici di campagne di diffusione a favore della “Dieta
mediterranea”, ha auspicato l’introduzione di una tassazione,
realizzata in modo da penalizzare i consumi degli alimenti a
rischio ed avvantaggiare quelli più salutari e, quindi, sostenibili “che implicherà una buona dose di paternalismo”.
Boltho ha sottolineato, inoltre, che i sussidi europei all’industria dell’allevamento sono “un esempio osceno” di un
sistema, visto in prospettiva, completamente fallimentare,
tenendo presente che “il sussidio annuale (implicito) per
una mucca da latte nell’UE è di 875 $, quando il reddito
annuale pro capite nell’Africa sub-sahariana è di 940 $”.
più consapevolmente, se si è meglio informati.
Rifkin ha sottolineato, quindi, la necessità di incentivare
ed esportare il più possibile in tutto il mondo il modello
della cosiddetta “Dieta mediterranea” di contro al modello che privilegia il consumo di carni, avendo un’impronta
ecologica meno della metà, laddove la produzione di carni
da allevamento impatta per il 18% sulla produzione di gas
serra a livello mondiale e impegna il 40% delle aree agricole disponibili per saziare gli animali anziché le persone,
col paradosso che nei Paesi ricchi sempre più persone si
ammalano e muoiono a causa di un’alimentazione eccessiva, mentre nei Paesi poveri sempre più persone muoiono
di fame perché troppe risorse agricole sono destinate agli
allevamenti animali.
Anche il grande Jeremy Rifkin, economista, saggista, attivista e Presidente della Foundation on Economic Trends,
intervenuto in videoconferenza, ha messo in risalto la necessità di una più ampia divulgazione e informazione, perché
la salute della persona e dell’ecosistema sono strettamente
legate a scelte individuali e che possono essere compiute
Al termine del Convegno è stato lanciato anche il “Manifesto per una alimentazione sostenibile” che può essere
sottoscritto da chiunque attraverso un sito dedicato, che ha
l’obiettivo di “promuovere uno stile di vita sano per il futuro
nostro e del mondo, e invita ad essere partecipi di questo
cambiamento a partire dalle scelte alimentari”.
48
7-8 ottobre 2010
fiera di cremona
quarta edizione - ingresso libero
mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi
di Green Procurement pubblico e privato
LE OPPORTUNITÀ DEL FORUM:
AREA ESPOSITIVA
L’area espositiva ospita i prodotti, progetti
e servizi degli attori strategici del settore,
impegnati a diversi livelli nelle politiche
di sostegno al GPP.
PREMIO COMPRAVERDE
Un riconoscimento alle pubbliche
amministrazioni che si sono contraddistinte
per il loro impegno nella diffusione delle
buone pratiche e nella promozione del
Green Public Procurement.
PROGRAMMA CULTURALE
Convegni istituzionali, seminari di
approfondimento e workshop formativi
riservati agli addetti ai lavori e non solo.
PREMIO MENSAVERDE
Un riconoscimento alle mense, pubbliche
o private, che hanno mostrato una
particolare attenzione alla qualità del cibo
e alla riduzione degli impatti ambientali
e sociali legati alla gestione del servizio.
GREENCONTACT
Domanda e offerta di servizi e beni green
si incontrano alla Borsa degli Acquisti Verdi:
appuntamenti one to one per intraprendere
relazioni economiche e commerciali,
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di carattere tecnico.
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L’ETICHETTATURA DI ORIGINE DEI PRODOTTI ALIMENTARI
PER LA DIFESA DEI CONSUMATORI E CONTRO IL FURTO
DI VALORE E DI IDENTITÀ DELL’AGRICOLTURA ITALIANA
di Maria Adele Prosperoni
La sicurezza degli alimenti e la tutela degli interessi dei
consumatori sono fonte di crescente attenzione e preoccupazione per le istituzioni, per le associazioni e per la
società.
La libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto
fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera
significativa alla salute ed al benessere dei cittadini, nonché
ai loro interessi sociali ed economici.
Sempre più spesso, però, la salute dei consumatori e la
corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da
cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati
e di origine per lo più sconosciuta.
Ogni giorno dalle frontiere, valichi e porti, entrano enormi
quantità di latte, semilavorati, cagliate e polveri di caseina,
pronti per essere lavorati, confezionati e per diventare
magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, ai danni
dei consumatori.
Lo scandalo della mozzarella blu prodotta all’estero e venduta con nomi o marchi italiani è solo l’ultimo duro colpo
inferto alla salute dei cittadini ed all’immagine del prodotto
nazionale. E lo stesso processo di italianizzazione tocca a
carni, ortofrutta, pasta e molti altri prodotti.
Sugli scaffali dei negozi italiani, due prosciutti su tre provengano da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia,
Germania e Spagna, senza alcuna indicazione chiara in
etichetta. Inoltre, spesso, l’uso di indicazioni fuorvianti
come, ad esempio, “prosciutto di montagna” o “nostrano”
traggono in inganno i consumatori.
Tali episodi aggrediscono ed arrecano danni al patrimonio
agroalimentare nazionale che, come espressione dell’identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da
tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno
allo sviluppo rurale.
Per tali ragioni, il 6 e 7 luglio, in coincidenza con la “Giornata nazionale dell’anticontraffazione”, oltre cinquantamila
coltivatori ed allevatori della Coldiretti hanno assediato
i valichi di frontiera ed i principali porti per difendere il
Made in Italy a tavola dagli inganni e dalle contraffazioni
che costano all’agroalimentare nazionale 60 miliardi di
euro, persi tra Italia e estero.
Nel corso della mobilitazione, sotto il controllo delle forze
di polizia, sono stati ispezionati decine di moltissimi camion
che trasportavano latte e prodotti lattiero-caseari, cosce
di prosciutto, concentrato di succo d’arancia e fiori, tutti
prodotti stranieri in marcia verso il nostro Paese e destinati
a diventare italiani.
Solo ai valichi di frontiera del Brennero e del Frejus sono
stati scoperti quasi 15mila cosce di maiale provenienti dai
Paesi del Nord Europa e destinati a diventare prosciutti
italiani, milioni di litri di latte, di origine tedesca, diretti verso stabilimenti per essere confezionati e trasformati come
formaggi Made in Italy, ma anche pesto da nazionalizzare,
mele argentine e kiwi cileni.
Decine di auto civetta hanno seguito i carichi piu’ sospetti
fino a destinazione per scoprire cosce di maiale dirette
nelle zone che sono la patria del prosciutto, pomodori
olandesi diretti in Puglia, mozzarelle dirette in Campania
e latte destinato ai principali stabilimenti della Lombardia,
da dove esce il 40 per cento del latte italiano e, ancora,
pasta fresca, yogurt e formaggi austriaci (con nome italiano)
indirizzati in Puglia.
A Bari, i coltivatori della Coldiretti sono andati all’arrembaggio di due navi che trasportavano 27 milioni di chili
di grano extracomunitario destinato a produrre pasta italiana, mentre ad Ancona sono sbarcate, addirittura, venti
tonnellate di pasta etichettata come “italiana”, proveniente
dalla Grecia.
Coldiretti, negli ultimi anni, ha condotto molteplici battaglie
per la trasparenza dell’informazione e dell’etichettatura
dei prodotti, ottenendo l’obbligo di indicare in etichetta
la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova,
miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro, extravergine di oliva.
Attualmente, ad esempio, per la carne suina l’indicazione di
origine è obbligatoria solo per i prodotti a denominazione
di origine protetta - come il prosciutto di Parma - mentre
non c’è nessun obbligo per gli altri prodotti derivati dal
maiale. Tutto questo a fronte di una produzione nazionale
di 25 milioni di cosce suine contro i 56 milioni di cosce
importate.
Ancora molto resta da fare, quindi, perché finché l’etichettatura non diventerà obbligatoria su tutti i prodotti
alimentari, i cittadini consumatori non saranno correttamente tutelati e l’agricoltura nazionale continuerà ad essere
derubata e danneggiata da alimenti con etichetta anonima
che sono soltanto imitazioni delle nostre eccellenze.
Al riguardo, da un punto di vista più strettamente giuridico,
si consideri che la politica di protezione dei consumatori,
in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, è
assurta al rango delle altre politiche comunitarie, cosicché
l’Unione Europea svolge, in tale settore, azioni specifiche
e mirate, mentre gli Stati membri possono, comunque,
adottare le disposizioni che si presentino come necessarie
per garantire la tutela dei consumatori o per assicurarne
un livello più elevato.
Le normative comunitarie riconoscono ai consumatori alcuni
diritti fondamentali e, in particolare: il diritto al soddisfacimento dei bisogni fondamentali; il diritto alla salute ed alla
sicurezza; il diritto alla tutela degli interessi economici; il
diritto ad essere ascoltati e rappresentati; il diritto ad essere
correttamente informati; il diritto al risarcimento dei danni;
il diritto ad un ambiente sano.
50
Il Codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i
diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza e alla qualità
dei prodotti e dei servizi; ad un’adeguata informazione
e ad una corretta pubblicità; all’esercizio delle pratiche
commerciali secondo principi di buona fede, correttezza
e lealtà; all’educazione al consumo; alla correttezza, alla
trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali.
La legislazione alimentare comunitaria e nazionale, quindi,
in sostanza, si prefiggono, di assicurare la tutela della salute,
della sicurezza e qualità dei prodotti, la consapevolezza dei
consumatori e la correttezza delle pratiche commerciali.
A tali fini, quindi, riveste certamente un’importanza fondamentale il diritto alla corretta informazione, che si sostanzia
nella trasparenza delle indicazioni e dei dati resi disponibili
ai consumatori o riportati in etichetta, in modo da supportare scelte di acquisto ponderate e razionali, prevenire
rischi per la salute, accrescere la fiducia dei consumatori
e delle controparti commerciali.
Nella disciplina del Codice del consumo è considerata
scorretta, in quanto ingannevole, ogni pratica commerciale
nel corso della quale sono omesse informazioni rilevanti
di cui il consumatore medio ha bisogno, al fine di assumere una decisione consapevole. L’oscurità e l’ambiguità
del messaggio informativo, rappresentano, quindi, alcune
delle modalità attraverso le quali può esprimersi una pratica
commerciale scorretta.
Il riferimento oggettivo del messaggio informativo, infatti,
condiziona il modo in cui il prodotto alimentare viene percepito e fruito in base all’immaginario del consumatore.
Pertanto, le informazioni che afferiscono ad un prodotto
e l’insieme delle componenti di natura grafica, decorativa,
strutturale e verbale caratterizzanti la confezione dello stesso
contribuiscono alla definizione di un’identità del prodotto e
sono in grado di rappresentare un significativo strumento
di sicurezza e di concorrenzialità, influendo, inoltre, sulla
scelta del consumatore al momento dell’acquisto.
Sicurezza, origine, composizione e qualità dei prodotti e dei
servizi costituiscono contenuto essenziale delle informazioni
che i consumatori hanno diritto di avere o di acquisire.
L’indisponibilità, delle indicazioni della provenienza geografica negli elementi di conoscenza del prodotto alimentare
- che continua ad essere rimessa, nella maggior parte dei
casi, alla discrezionalità del venditore - rischia di provocare una lesione nella fiducia dei consumatori, che non
trovano più una adeguata protezione giuridica in sede di
formazione del contratto, una evidente confusione nella
normale pratica commerciale e nella strategia di marketing
orientata al mercato.
In altre parole, l’omissione di informazioni precise relative
all’origine delle componenti di base di un prodotto agroalimentare aumentano considerevolmente il rischio che il
consumatore possa essere tratto in inganno, soprattutto
quando la pubblicità associata a quel determinato prodotto
sia appositamente studiata con la finalità di suggerire, in
chi effettua l’acquisto, l’esistenza di un legame tra quell’alimento ed un territorio.
Inoltre, se, da un lato, i dati dimostrano che il nostro
sistema di controlli è abbastanza efficace ed efficiente, al
fine di prevenire e reprimere la criminalità nel settore alimentare, dall’altro lato non si può fare a meno di valutare
con criticità le contraddizioni emergenti dal complesso
di norme adottate a livello comunitario e nazionale, sulla
base delle quali è possibile per molti operatori adottare “legalmente” dei comportamenti pregiudizievoli per
la salute e suscettibili di trarre in inganno i consumatori
o, comunque, di eludere l’applicazione di alcune norme
fondamentali. Nonostante la disciplina comunitaria in materia di sicurezza alimentare imponga che gli alimenti e i
mangimi importati nella Comunità per esservi immessi sul
mercato devono rispettare le pertinenti disposizioni della
legislazione alimentare o le condizioni riconosciute almeno
equivalenti dalla Comunità, non può non rilevarsi come dai
rapporti e dalle relazioni in materia di controlli sul settore
alimentare e sulle importazioni emerga che più di un terzo
degli illeciti di frode e sofisticazione alimentare accertati in
Italia è commesso da stranieri e che la maggior parte delle
sostanze pericolose o dannose rinvenute negli alimenti o
nei preparati alimentari è presente in prodotti importati da
Paesi che non garantiscono adeguati e analoghi requisiti
di sicurezza alimentare.
D’altra parte, è noto come la disciplina comunitaria in
materia di sicurezza alimentare, al fine di garantire la tutela della salute e la trasparenza di tutti gli aspetti della
filiera produttiva, preveda una serie di obblighi a carico
delle imprese alimentari, comprese le imprese importatrici,
finalizzati ad assicurare la rintracciabilità degli alimenti in
ciascuna fase della catena di produzione alimentare, sul
presupposto che ciascun elemento della catena produttiva,
a partire dalla produzione primaria, presenta un potenziale
impatto sulla sicurezza alimentare.
Le informazioni messe a disposizione del consumatore,
comprese quelle riportate sull’etichetta o le altre informazioni generalmente accessibili al consumatore rappresentano,
quindi, un importante ed indispensabile elemento di conoscenza, ma anche di prevenzione, per determinare se
un alimento sia a rischio ed il livello di sicurezza dello
stesso.
Al riguardo, la normativa comunitaria prevede che le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono
essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata
ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche
conto delle modalità di conclusione del contratto o delle
caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.
Appare quindi necessaria l’introduzione di adeguati
strumenti normativi, finalizzati a garantire il diritto all’informazione alimentare, per assicurare un livello elevato di
tutela della salute umana, degli interessi dei consumatori,
della qualità e sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana ed animale e, al contempo, la lealtà delle
pratiche nel commercio alimentare e l’efficace funzionamento del mercato interno.
Deve essere assicurata ai consumatori la possibilità di
compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che
consumano, prevenendo le pratiche fraudolente o ingannevoli, l’adulterazione degli alimenti o, comunque, ogni
altro tipo di pratica in grado di indurre in errore e, ancora,
la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi e l’effettiva
rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi.
51
SERVIZI AMBIENTALI
SOMACIS pcb industries
EFFICIENZA DEI PROCESSI PER IL CONSEGUIMENTO
DI RISULTATI ECONOMICI ED ETICI
L’azienda leader nazionale nella produzione di circuiti stampati,
da dieci anni persegue la strada della sostenibilità e si garantisce risparmio e profitti
di Alberto Piastrellini
SOMACIS pcb industries è la divisione del Gruppo SOMACIS
dedicata alla produzione e commercializzazione di circuiti
stampati per il settore dell’elettronica professionale.
Costantemente focalizzata sulle evoluzioni del mercato e sui
propri clienti, consolidati e potenziali, ma al tempo stesso
fortemente radicata nei propri valori e tradizioni, la società
ha il proprio quartier generale nella provincia di Ancona che
l’ha vista crescere anche a livello internazionale, grazie alle
strategie di internazionalizzazione perseguite, sia in termini
di mercati di riferimento che di capacità produttive.
Il risultato di oltre trent’anni di continua evoluzione tecnologica e produttiva è una realtà imprenditoriale in grado
non solo di eccellere in settori altamente tecnologici come
l’aerospaziale, il medicale e le telecomunicazioni con un’offerta High Mix Low Volume ma di proporsi anche come
valido interlocutore per produzioni di tecnologia standard
di qualunque dimensione.
Consapevole che la sfida competitiva non può essere vinta
senza abbinare a prodotti di eccellenza servizi ad alto valore
aggiunto, SOMACIS ha fatto evolvere con continuità la propria
offerta di soluzioni integrate, includendo anche quella di
Quick Turn Around per lotti di piccole e medie dimensioni.
Non solo, conscia delle problematiche legate alla mitigazione
degli impatti ambientali nei cicli produttivi e della necessità
di intervenire su questi anche per conseguire un notevole risparmio di risorse, SOMACIS, da dieci anni punta fortemente
su un Sistema di Gestione integrato Qualità e Ambiente in
continua evoluzione.
Per meglio conoscere questa dinamica realtà industriale e
contribuire alla veicolazione dei risultati raggiunti in campo
ambientale, abbiamo intervistato Paride Piancatelli, Responsabile Sicurezza Ambiente di SOMACIS pcb industries.
Sig. Piancatelli, può sintetizzarci il core business di
SOMACIS pcb industries?
SOMACIS pcb industries è il brand che identifica un am-
pio gruppo di aziende fortemente specializzato nel settore
dell’elettronica professionale: telecomunicazioni, avionica,
automazione industriale, automotive, information technology, medicale, militare, consumer.
Il suo quartier generale è in Italia a Castelfidardo (AN), a cui
si aggiungono altri due stabilimenti produttivi, rispettivamente a Manfredonia (FG) e in Cina, a Dongguan, e un’ampia
rete commerciale a livello internazionale. SOMACIS produce
circuiti stampati di altissima qualità e tecnologia per un mercato d’elite che spazia dal settore aeronautico-aerospaziale
(Airbus), alle telecomunicazioni (Sony, Ericsson, Nokia,
Siemens), fino al settore automobilistico (Rolls Royce).
Nel settore della produzione di circuiti stampati possiamo
considerarci, senza falsa modestia, leader nazionali e fra i
cinque principali produttori europei.
Tale risultato, è stato raggiunto grazie alla continua crescita
e miglioramento dei nostri laboratori di ricerca e al conseguente affinamento dei prodotti e anche, purtroppo, alla
crisi economico-finanziaria globale che ha portato alcuni
gruppi concorrenti a gettare la spugna e ad essere assorbiti
da altre realtà.
In questo senso posso affermare che le nostre politiche
industriali e le strategie di mercato perseguite nel tempo,
ci hanno garantito non solo la sopravvivenza, ma anche
lo sviluppo.
Quali sono gli assi portanti di queste strategie?
Innanzi tutto il ricorso ad una tecnologia di eccellenza abbinata ad un’innovazione continua e alla ricerca di una qualità
indiscutibile. Poi, le relazioni con i clienti improntate alla
massima trasparenza, comunicazione e responsabilità.
A seguire le risorse umane, alle quali offriamo una formazione e una crescita continua, che rappresentano il valore
decisivo della nostra azienda.
Last, but not the least, l’attenzione alla sostenibilità ambientale.
Lo stato di salute del nostro pianeta impone il massimo
impegno nella riduzione dell’eccessivo consumo e spreco
delle risorse naturali. Questa consapevolezza ha indotto
SOMACIS ad avere costantemente un’attenzione critica verso
azioni e comportamenti che accompagnano la quotidianità.
Abbiamo raccolto la sfida di adottare modelli di consumo
e di produzione che si coniugano con la sostenibilità ambientale e tale impulso ci ha guidato nella scelta di nuovi
investimenti per la riduzione dell’impatto ambientale, per
il miglioramento dell’efficienza energetica, per un’accurata
gestione dei rifiuti e del loro recupero, per un adeguato
stoccaggio e manipolazione delle sostanze pericolose.
Tutto ciò si coniuga ad un continuo miglioramento in termini
di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro.
Quali sono le problematiche strettamente ambientali
52
che vi siete trovati ad affrontare?
Si consideri che la produzione di circuiti stampati è fra le
lavorazioni più complesse a livello industriale e va ad interfacciarsi con tutti gli aspetti possibili della già variegata
questione ambientale.
Si parte da un fortissimo consumo di risorse, principalmente acqua ed energia, a cui si aggiungono le emissioni
in aria, gli scarichi idrici, lo smaltimento di fanghi e rifiuti
di origine chimica.
Tutto questo, ovviamente ha un costo; un costo molto alto
per un’azienda che vuole stare sul mercato a prezzi concorrenziali, ma che, allo stesso tempo, non vuole rinunciare alla
qualità né derogare dalle proprie responsabilità.
Pertanto, sin dal 2000 ci siamo preoccupati di indicizzare
i costi di gestione per quanto riguarda tutti gli aspetti ambientali, rapportandoli al fatturato e cercando di intervenire
positivamente su questi ultimi attraverso una razionalizzazione dei processi e delle risorse.
Questo processo ha portato i vertici dell’azienda a formulare
precise domande le cui risposte sono confluite in un Sistema
di Gestione integrato Qualità e Ambiente certificato, per i
nostri stabilimenti italiani, secondo le seguenti norme: UNI
EN ISO 14001:2004, EN 9100:2008, UNI EN ISO 9001:2008,
UNI EN ISO 13485:2004 per il settore elettromedicale, UL
E79889, e Accreditamento Nadcap per il settore aerospaziale
– che SOMACIS è stata la prima a conseguire in Europa – che
potesse permettere il bilanciamento costi-benefici secondo
logiche di sostenibilità.
Tale Sistema è stato implementato e monitorato capillarmente negli anni successivi onde rilevarne gli effetti sui costi
di gestione. Non nascondo che in fase iniziale i costi siano
stati piuttosto alti, ma sin dai primi due anni di applicazione
del sistema si è potuta constatare l’ottimizzazione delle risorse. Per fare un esempio, solo utilizzando al meglio e con
maggior consapevolezza quello che già c’era in azienda si è
conseguita la diminuzione del consumo di energia elettrica
per m2 di prodotto costruito (22% in meno in un anno).
Analogamente, per ciò che concerne il consumo idrico, è
bastato intervenire sull’ottimizzazione dei flussi in ingresso
agli impianti per ottenere ottimi risultati (15% in meno rispetto all’anno precedente all’applicazione del Sistema).
Una volta che la Direzione ha potuto constatare l’efficacia
in termini economici del Sistema, si è proceduto con più
entusiasmo alla destinazione di ulteriori risorse per il conseguimento dell’efficienza in altri settori, quale la gestione
dei rifiuti.
Riciclo e recupero dei materiali sono stati affrontati in modo
deciso conseguendo ottimi risultati non solo per quanto
riguarda le categorie merceologiche più “tranquille” (carta,
cartone, imballaggi in plastica e legno il cui recupero è
passato dal 70% a quasi il 93% in poco tempo), ma anche
quelle più problematiche costituite da fanghi di depurazione
e residui chimici.
Quindi SOMACIS perseguendo questa politica ambientale ha acquisito un notevole know how in termini di
strategie per l’efficienza interna dei processi?
Certo, e questo si è tradotto in una dinamica di promozione
dei Sistemi di Gestione Ambientale nei confronti di altre
aziende.
Personalmente mi sono trovato a realizzare una campagna
informativa sulle opportunità di questi sistemi, rivolta ad altre
aziende del settore che non erano a conoscenza della facilità
di conseguimento di certi risultati in termini di efficienza.
L’esempio di SOMACIS ha invogliato altre realtà a conseguire
analoghe certificazioni, quindi, il processo verso la sostenibilità della Società ha prodotto nel territorio un ulteriore
valore aggiunto in termini etici ed ecologici.
In futuro si intenderà proseguire sull’efficacia dell’SGA
oppure state valutando la possibilità di investire in ulteriori tecnologie, magari per rendervi più indipendenti
dall’acquisto di energia elettrica?
Di sicuro stiamo indagando le possibilità di autoprodurre
energia elettrica da fonti rinnovabili, soprattutto solare ed
eolico (quest’ultimo, per ovvi motivi, ampiamente più disponibile per lo stabilimento di Manfredonia piuttosto che
per quello di Castelfidardo).
Nelle Marche, stiamo esplorando un progetto di impianto
fotovoltatico che potrà prevedere, con la massima copertura
delle superfici disponibili sui nostri tetti, una produzione
che rappresenti l’8-10% del fabbisogno annuo dello stabilimento.
Diciamo che è un piccolo, ma rappresentativo, passo in
avanti che ci potrà consentire di sopperire ad eventuali sbalzi
di corrente peraltro molto dannosi per la produzione.
Purtroppo non riusciremo ad essere completamente autonomi dal punto di vista energetico; così come non saremo
mai completamente indipendenti per il consumo idrico per
i nostri processi.
Si consideri che per costruire 1 m2 di prodotto occorrono
circa 2.000 litri di acqua, 150 KW/h di energia elettrica a
fronte di quasi 10 Kg di rifiuti prodotti.
Ritornando alla sua domanda, per il 2011 vorremmo conseguire lo smantellamento totale o la messa in sicurezza delle
coperture in eternit del vecchio stabilimento (cosa che va di
pari passo con l’ipotesi di solarizzazione del tetto).
Inoltre, vorremmo riportare ai massimi livelli raggiunti nel
2007 (pari al 92,7%), la percentuale dei rifiuti destinata al
recupero sul totale dei rifiuti prodotti.
Altro obiettivo che stiamo perseguendo, in vista del rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, è quello
del monitoraggio del terreno sottostante lo stabilimento di
Castelfidardo, della falda acquifera annessa e della qualità
dell’aria circostante.
I primi dati pervenuti fotografano una realtà industriale poco
impattante sull’ambiente, frutto di scelte oculate e rispettose; una realtà che intendiamo sviluppare ulteriormente e
comunicare al meglio, onde promuoverne la replicabilità
anche in altre aziende.
Via Jesina, 17 - 60022 Castelfidardo (AN) - Italia
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53
AGENDA 21
GLI ENTI LOCALI CHIEDONO PIÙ
TECNOLOGIE E RISORSE PER AFFRONTARE
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Grazie al progetto LG Action gli enti locali europei raccontano difficoltà ed esigenze nella tutela del clima
di Elisabetta Mutto Accordi
Sono oltre 800 i contributi raccolti
grazie al progetto europeo LG Action
(http://www.lg-action.eu), che vede fra
i partner il Coordinamento Nazionale
delle Agende 21 in Italia assieme ad
ICLEI e ad altri network europei.
Si tratta di una fotografia dettagliata che
descrive il punto di vista degli enti locali rispetto al cambiamento climatico.
Una raccolta di desiderata e riflessioni
che rappresentano le esigenze e le difficoltà che gli amministratori di tutta la
UE a 27 incontrano quotidianamente.
“Grazie a questo insieme di informa-
zioni - sottolinea Emanuele Burgin,
Presidente del Coordinamento Agende
21 Locali Italiane - è possibile comprendere in modo approfondito come
gli enti locali stanno affrontando la
questione dei cambiamenti climatici e
quali necessità hanno.”
In sintesi lo scenario che il progetto
LG Action descrive mette in luce che
l’energia sostenibile viene direttamente
collegata allo sviluppo urbano e alla
crescita economica, che l’ostacolo principale nasce dalla mancanza di risorse
finanziarie da destinare a tecnologie
ed infrastrutture a basso impatto e che
l’interesse per i negoziati sul clima è
manifestato soprattutto da parte di
grandi città o di quei centri urbani che
hanno subito gli impatti dei cambiamenti climatici.
“Nonostante la mancanza di mandato
legale - riprende Burgin - gli enti locali
stanno attuando dei piani di azione
per il clima e l’energia per ridurre le
emissioni. La sfida del cambiamento
climatico viene affrontata da quelle
città il cui Consiglio Comunale ha formalmente identificato la mitigazione al
cambiamento climatico come una prio-
rità o da enti locali che affrontano il
tema attivando delle iniziative ad hoc o
attraverso lo sviluppo urbano sostenibile
o il miglioramento dell’approvvigionamento dell’energia”.
Usare l’energia come leva è spesso
politicamente più facile da accettare
dall’opinione pubblica che sente invece i cambiamenti climatici come
una problematica “lontana”. Infatti
nonostante un evidente interesse alle
tematiche, molti rappresentanti di enti
locali affermano che le informazioni
contraddittorie fornite negli ultimi decenni, da parte di media e scienziati,
54
hanno avuto ed hanno ancora un impatto negativo sui cittadini.
Ci sono tutt’ora degli scettici e questa
confusione ha portato in alcuni casi
ad un’incredulità e ad una forma di
resistenza verso il tema dovuto ad un
sovraccarico di informazioni.
“Gli enti locali - aggiunge Filippo Lenzerini, Responsabile del Progetto LG
Action per il Coordinamento nazionale
di Agenda 21 in Italia - stanno realizzando lentamente di essere il livello di
governo che deve affrontare per primo
l’impatto del cambiamento climatico e
questo è un processo a lungo termine.
Tale consapevolezza prevale maggiormente in aree che hanno affrontato
recentemente delle emergenze per esempio dove è avvenuto un innalzamento
del livello del mare, in casi di siccità,
alluvioni, tempeste di particolare intensità. In generale è evidente che gli enti
locali hanno come obiettivo quello di
assicurare che i cittadini siano protetti
e che le proprie comunità rimangano
‘vivibili’.”
In quanto livello di governo più vicino
al cittadino ed alle imprese, gli enti locali sono consapevoli di poter guidare,
condurre e accelerare la trasformazione
nei comportamenti e nelle politiche,
attivare iniziative di sensibilizzazione,
attuare dei progetti e monitorare gli
sviluppi nelle comunità.
Dagli input raccolti del resto si evince
che, in un gruppo abbastanza ampio
di politici, staff municipali e cittadini, c’è una vaga consapevolezza che
“qualcosa deve essere fatto” per mitigare l’impatto ma in realtà il significato
di ciò dal punto di vista pratico non è
ancora pienamente esplorato ed implementato.
“Molto spesso - mette in risalto il Presidente del Coordinamento Agende 21
Locali Italiane - il personale che lavora
nelle aree energia/clima è poco per poter
affrontare tutte le nuove problematiche,
è frequentemente sommerso dal lavoro
quotidiano e la pressione lavorativa tende anche a non facilitare l’acquisizione
di ulteriore know-how tecnico. Non a
caso gli enti locali hanno dichiarato
che la mancanza di professionalità porta ad un ritardo nella pianificazione
ed implementazione di risposta”.
Anche gli enti con una forte esperienza nei temi dell’energia e clima hanno
indicato la necessità di condizioni di
lavoro ottimali, a livello nazionale, europeo e internazionale.
“In situazione di crisi economica - sottolinea Lenzerini - i Consigli comunali
tendono a rispondere alle problematiche dei cambiamenti climatici in modo
piuttosto differente, alcuni usano la
crisi come motivazione per non implementare azioni di mitigazione per il
cambiamento climatico, altri la usano
come stimolo per diventare più energeticamente efficienti. Nel complesso però
i rappresentanti degli enti locali hanno
sottolineato più volte la necessità di risorse finanziarie come punto cardine
da affrontare con urgenza”.
L’interesse al cambiamento climatico e
alla transizione all’energia sostenibile
tende infatti a crescere con la disponibilità finanziaria.
“Questo viene percepito - conclude Burgin - come uno dei principali ostacoli
all’azione da parte degli enti locali e
legato al bisogno di una informazione
sui finanziamenti nazionali che sia
chiara, facile da trovare ed accessibile.
Le soluzioni a disposizione dovrebbero essere raggruppate e presentate in
maniera tale da renderle facilmente
utilizzabili da parte dello staff municipale indipendentemente dal livello,
regionale, nazionale o europeo. Informazioni affidabili sono necessarie così
come sarebbe fondamentale un singolo
punto di accesso per essere facilitati nella ricerca delle giuste opzioni.”
L’approccio degli Enti Locali
¾
¾
¾
¾
Gli Enti Locali sono generalmente consapevoli del loro ruolo per minimizzare
gli impatti sui cambiamenti climatici e aumentare la resilienza delle comunità
(soprattutto per le comunità che sono già state colpite), nonostante questo,
pochi agiscono in modo sistematico per cambiare l’uso dell’energia dell’ente
stesso e dei sui cittadini.
Nella maggior parte delle Nazioni gli Enti Locali non sono obbligati per legge
ad occuparsi dei cambiamenti climatici.
L’impegno degli Enti Locali su clima ed energia dipende solo dalle priorità locali,
viene fatto con un approccio ad hoc, ciò genera confusione ed inefficienze.
C’è la necessità di definire le condizioni quadro per assistere le azioni locali
a livello nazionale, europeo ed internazionale.
Competenze ed informazioni adeguate
¾
¾
¾
Le informazioni contraddittorie sul cambiamento climatico e la presenza di
“negazionisti” hanno creato scetticismo/disinteresse bloccando l’azione o
relegandola ad una ambito “ambientalista”.
Gli Enti Locali sottostimano il potenziale che potrebbe derivare da un cambiamento nel comportamento dei consumatori finali (cittadini, imprese) di
energia mentre sovrastimano i costi per l’informazione e per il coinvolgimento della comunità
Gli Enti Locali hanno bisogno di informazioni che gli permettano di scegliere
la risposta adeguata. Esistono ottimi esempi di policy, strategie, ed approcci
efficaci per cambiare i comportamenti di cittadini e imprese.
Mitigazione ed Adattamento
¾
¾
¾
¾
Nell’ambito dell’adattamento viene percepita la necessità di un approccio
ampio e strutturato, ma l’intrinseca intersettorialità e complessità necessitano
di maggiori risorse e competenze rispetto a quelle disponibili
La valutazione delle emissioni viene spesso vista dagli Enti Locali come
qualche cosa di tecnico che dovrebbe essere fatto da altri.
La mitigazione non viene percepita come di pari interesse all’adattamento.
Manca la percezione dell’interconnessione tra i due approcci:
più mitigazione = meno adattamento
55
QUALITÀ E AMBIENTE
Un nuovo Rapporto TEEB sottolinea l’importanza economica dei servizi degli ecosistemi
IL BUSINESS SARÀ SOLO GREEN
Sempre più numerose le imprese consapevoli dei benefici
derivanti dall’integrazione della biodiversità nei piani aziendali
Ci siamo già occupati in passato del Progetto TEEB (The
Economics of Ecosystems and Biodiversity), finanziato dalla
Commissione Europea e da Paesi come la Germania, la
Norvegia e il Regno Unito e destinato ad analizzare i motivi economici per cui le economie vanno incoraggiate a
trasformare le proprie strategie e le proprie scelte per far
fronte alla crisi e gestire con più intelligenza le risorse naturali (cfr: “Una Natura - Una Terra - Il Nostro Futuro”,
in Regioni&Ambiente n. 6, giugno 2008, pag. 52 e segg. e
“Gli investimenti in biodiversità offrono rendimenti
potenzialmente assai elevati”, ibidem, n. 10, ottobre 2009,
pag. 75 e segg.).
Diretto dall’economista indiano Pavan Sukhdev, il TEEB
costituisce la più grande iniziativa internazionale volta a
studiare i benefici economici sottesi al valore della biodiversità e degli ecosistemi
Il patrimonio naturale del pianeta - da singole specie a ecosistemi come le foreste, le scogliere coralline, i bacini idrici e i
suoli - si sta riducendo ad un ritmo allarmante. La perdita di
biodiversità costa ogni anno milioni di milioni all’economia
mondiale e mette a dura prova le economie.
Ora, il 13 luglio 2010 a Londra, in occasione del Simposio
“Global Business of Biodiversity”, è stato presentato il Rapporto “TEEB for Business” che sottolinea l’importanza di
integrare la biodiversità nei piani aziendali dell’imprenditoria
privata e nelle principali attività
economiche di tutto il mondo.
La relazione mette in luce il considerevole aumento recente di
prodotti e servizi eco-certificati e
le crescenti preoccupazioni dei
consumatori circa la produzione
sostenibile. Inoltre, dimostra in
che modo la biodiversità possa
rivelarsi una forte opportunità
per le imprese, con un mercato
che potrebbe raggiungere un
valore da 2 a 6 trilioni di dollari
entro il 2050.
Nel Rapporto si raccomanda una
serie di azioni per aiutare le imprese a minimizzare i rischi per
la biodiversità e a cogliere le
opportunità commerciali create
dai servizi ecosistemici:
1) individuare gli impatti
dell’impresa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici e le
dipendenze dai medesimi;
2) valutare i rischi e le opportunità connessi a tali impatti e
dipendenze;
3) sviluppare sistemi di informazione sulla biodiversità e i
servizi ecosistemici (BES), fissare obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e attuali (SMART), misurare
e valutare le prestazioni e riferire in merito ai risultati;
4) prendere provvedimenti per minimizzare e attenuare
i rischi per la biodiversità e i servizi ecosistemici, come
compensazioni in natura, in certi casi;
5) sfruttare le opportunità imprenditoriali offerte dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici, come le economie di
costi, nuovi prodotti e nuovi mercati;
6) integrare l’azione sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici nella strategia aziendale mediante più ampie
iniziative di responsabilità sociale;
7) assumere l’impegno, con imprese partner e con i soggetti
interessati all’interno dei governi, delle organizzazioni
non governative e della società civile, di migliorare la
politica e gli orientamenti in materia di biodiversità e
servizi ecosistemici.
La relazione evidenzia che, anche se la maggior parte delle
imprese continuano a considerare la biodiversità in modo piuttosto superficiale, un numero sempre crescente di
imprese è consapevole dei suoi potenziali benefici. La biodiversità e i servizi ecosistemici offrono opportunità alle
imprese in tutti i settori di attività e la loro integrazione può
creare un considerevole valore
aggiunto attraverso la garanzia
della sostenibilità delle catene
di approvvigionamento, lo sviluppo di nuovi prodotti e nuovi
mercati, la penetrazione su nuovi mercati e l’attrazione di una
nuova clientela.
Il Commissario europeo all’ambiente Janez Potočnik ha
affermato che “Nonostante alcuni successi a livello locale e
una crescente sensibilizzazione
a questo problema, la perdita
di biodiversità a livello globale
non sembra rallentare. La relazione odierna indica, però,
che le imprese possono dare il
loro contributo e sono riconfortato da esempi concreti di
imprese che prosperano senza
danneggiare l’unico pianeta
che abbiamo”.
Le politiche destinate a gestire i rischi per la biodiversità e
gli ecosistemi possono aiutare
56
messaggio e si sforzano di creare imprese più sostenibili per
il XXI secolo”.
Pavan Sukhdev, Direttore del TEEB (foto: Günnar Seijbold)
inoltre a scoprire nuove opportunità per le imprese, come
ad esempio ridurre i costi dei mezzi di produzione grazie
al miglioramento dell’efficienza delle risorse, allo sviluppo
e alla commercializzazione di tecnologie a basso impatto,
alla gestione e ideazione di progetti per ridurre l’impronta
ecologica e alla fornitura di servizi professionali per la valutazione, la gestione e l’adattamento del rischio.
Alcune stime elaborate dalla PricewaterhouseCoopers sulle
opportunità per le imprese a livello mondiale connesse alla
sostenibilità in termini di risorse naturali (come energia,
silvicoltura, agroalimentare, acqua e metalli) indicano, come già accennato, un mercato potenziale dell’ordine di 2-6
trilioni di dollari entro il 2050 (a prezzi costanti 2008). Per la
metà circa si tratta di investimenti supplementari nel settore
dell’energia diretti a ridurre le emissioni di carbonio.
I mercati della biodiversità e dei servizi ecosistemici sono
in rapida ascesa come dimostrano i dati delle Società di
consulenza Forest Trends e Ecosystem Marketplace:
- il mercato dei prodotti agricoli certificati nel 2008 era valutato 40 miliardi di dollari e ci si aspetta che entro il 2020
raggiunga 210 miliardi e 900 miliardi entro il 2050;
- si stima che i pagamenti per i servizi ecosistemici connessi
all’acqua e alla gestione dei bacini idrici, che nel 2008
rappresentavano solo 5 miliardi di dollari, supereranno
30 miliardi di dollari entro il 2050.
“Grazie ai lavori svolti in particolare nell’ambito del
progetto TEEB, sta emergendo l’importanza economica
degli ecosistemi e della biodiversità - ha affermato Pavan
Sukhdev - È certo che determinate imprese in determinati
settori e in determinati continenti sono sensibili a questo
Secondo i dati elaborati dal Rapporto, oltre il 50% dei dirigenti di imprese dell’America Latina e il 45% di quelle
africane ritiene che la perdita di biodiversità costituisca una
sfida per la crescita aziendale; solo il 20% dei loro colleghi
Europei denuncia tali preoccupazioni.
In un altro sondaggio, messo egualmente in risalto, si evidenzia che il 60% dei consumatori Nord-Americani ed Europei
è consapevole dei rischi connessi al perdita di biodiversità,
che sale al 90% in Brasile.
Oltre l’80% di tali consumatori intervistati ha affermato di
aver smesso di comprare prodotti di aziende che non tengono conto di considerazioni etiche nelle loro pratiche di
approvvigionamento.
Il Rapporto cita il caso della grande multinazionale mineraria Rio Tinto, Società che si è impegnata a realizzare un
impatto positivo della sua attività sulla biodiversità. Grazie
alla collaborazione tra dirigenti dell’azienda ed esperti di
conservazione, ha sviluppato nuovi metodi di valutazione
del valore della biodiversità sui suoi possedimenti terrieri
ed ha iniziato ad applicare misure compensative della biodiversità nelle sue concessioni minerarie in Madagascar,
Australia e Nord America.
Oltre a minimizzare e mitigare gli impatti negativi, le aziende
creano redditi dalla conservazione della biodiversità e dalla
fornitura di servizi ecosistemici, come è il caso dell’Agricoltura, Silvicoltura e Pesca, settori che garantiscono profitti
solo da ecosistemi sani. Anche il Turismo trae sostegno dalla
conservazione della biodiversità.
Inoltre, politiche volte a gestire i rischi connessi alla biodiversità e agli ecosistemi contribuiscono ad abbassare i costi
dei mezzi di produzione grazie al miglioramento dell’efficienza delle risorse, allo sviluppo e alla commercializzazione
di tecnologie a basso impatto, alla gestione e ideazione di
progetti per ridurre l’impronta ecologica e alla fornitura di
servizi professionali per la valutazione, la gestione e l’adattamento del rischio.
“Stiamo entrando in un’era in cui le perdite multi-miliardarie di dollari di risorse naturali debbono costituire la base
di partenza per modellare i mercati e le preoccupazioni
dei consumatori - ha affermato Achim Steiner, Direttore
esecutivo dell’UNPD presso cui è ospitato il team di studiosi
e collaboratori del TEEB - Le imprese si stanno rendendo
conto della necessità di far fronte a tali rischi, da cui dipende
la loro redditività”.
La relazione finale di sintesi del Progetto TEEB sarà pubblicata in ottobre, in occasione della Conferenza delle Parti
(COP 10) della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD)
che avrà a Nagoya in Giappone.
57
Si diffondono gli strumenti portatili per monitorare la qualità dell’aria
UN OROLOGIO VERDE
PER
SAPERE CHE ARIA TIRA
A Parigi si sperimenta un approccio partecipativo dei cittadini
di Massimo Lombardi
“Le temperature caldissime che hanno avvolto la parte orientale degli
Stati Uniti da quasi due mesi, nonché aree dell’Europa occidentale e
orientale, diventeranno la norma nei
prossimi quarant’anni”.
Questa previsione è contenuta nel
Rapporto “Extreme Heat in Summer
2010: A Window on the Future” che
Fondazione USA per l’Asma e le Allergie e Wildlife Federation hanno
pubblicato l’11 agosto 2010 .
“Quello che ci aspetta in termini di
caldo eccessivo - ha dichiarato Amanda Staudt, climatologia della Wildlife
Fondation - è molto peggio di quello
che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi”.
Ciò significa che l’inquinamento da
ozono nelle aree urbane, comporterà un aumento dei rischi di infarto,
ictus e attacchi di asma.
alcune contee, consiste nel mettere al polso un orologio-braccialetto
(Green Watch) che, dotato del relativo sensore ambientale, permette di
dare l’indicazione che, in quel momento, in quella area cittadina “non
tira una buona aria”.
Diverse città del mondo, comunque,
hanno già avviato progetti finalizzati a coinvolgere gli abitanti nelle
campagne di misurazione in materia
ambientale che sono complementari,
ma non sostitutive di quelle ufficiali
“ad alta risoluzione” Una sperimentazione simile era già stata avviata a:
- S. Francisco, per la rilevazione delle emissioni di CO2 dalle singole
zona della città (Urban ecomap);
- Amsterdam, per la misurazione
dell’inquinamento acustico attorno all’aereoporto di Schiphol
(Geluidsnet);
Alcune amministrazioni degli Stati
del Wisconsin e dell’Arizona
dell Arizona
(Dipartimento delle
Risorse Naturali e Dipartimento
della Qualità Ambientale)
per evitare che anziani e malati
cronici respiratori e coloro che per
motivi vari sono costretti a stare moltte ore all’aperto
ll’
t subiscano
bi
impatti
i
tti
negativi quando le concentrazioni
di ozono sono più elevate (le prime
ore del pomeriggio) e sono vicine
ai limiti federali, hanno dotato alcuni cittadini di strumenti portatili in
grado di rilevare le concentrazioni
di tale gas nell’aria.
L’esperimento, limitato ai cittadini di
- Parigi, per il monitoraggio dei
livelli di ozono e rumore nei quartieri cittadini (Green Watch).
Proprio quest’ultima sperimentazione in ordine di tempo, per gli
obiettivi di rete partecipativa di dati
ambientali che si prefigge, merita un
approfondimento.
È stata la Fondation Internet Nouvelle
Génération (FING) nell’ambito del programma Villes 2.0 ad avviare il Progetto
“La Montre Verte. City Pulse”, il cui
scopo è di incoraggiare i residenti a
svolgere un ruolo attivo nel monitorare
la qualità ambientale della loro città e
costruire città più sostenibili.
Attualmente a Parigi ci sono solo 10
sensori pubblici di monitoraggio della
qualità dell’aria, che non permettono di avere un quadro esauriente e
puntuale, anche se la rete AirParif
ha provato ad utilizzare il pallone
che sorvola il Parco Citroën per dare informazioni in tempo reale sulla
qualità dell
dell’aria
aria (cfr. immagine).
e
Perciò, il progetto mira a dotare i
la montre verte
City Pulse
58
cittadini di uno speciale dispositivo
che può misurare e comunicare i
dati relativi alla qualità dell’aria con
maggior capillarità, regolarità e per
un uso collettivo.
Componenti del Progetto:
- l’orologio verde;
- il telefono cellulare;
- la piattaforma Citypulse.
L’orologio che viene portato al polso,
oltre a misurare il tempo, contiene
un chip GPS, un chip Bluetooth e
due sensori ambientali: ozono (O3)
e rumore (dB). Ad orari prestabiliti o su richiesta di chi lo indossa,
salva i dati della qualità dell’aria e
del rumore, descrivendoli a bassa risoluzione e senza richiedere alcuna
manutenzione, in termini qualitativi
come “buoni”, “nei limiti” o “cattivi”,
con l’immagine di un occhio, dove
il colore della pupilla indica la qualità dell’aria, mentre quello dell’iride
rappresenta il rumore. Tali valori
georeferenziati, rilevati nel luogo e
al momento in cui ci si trova, sono
trasmessi via Bluetooth al telefono
cellulare del cittadino e da qui ad
una piattaforma internet (Citypulse),
dove vengono memorizzati e messi
a disposizione di chiunque voglia
utilizzarli e si sia impegnato a rispettare un codice etico, oltre che essere
messi in rete e mappati su Google.
Finora sono stati testati 30 prototipi
di Montre verte , co-finanziati dalla
Regione Ile de France, che hanno
coinvolto per primi i residenti del
2° arrondissement di Parigi (Digital District), ma obiettivo finale del
progetto è di dotare 1.000 cittadini
di simili “orologi”.
L’affidabilità dello strumento?
“Il sensore del rumore è molto affidabile, ma quello dell’ozono è ancora
difficile da calibrare, dal momento
che abbiamo notato essere sensibile
al vento, con delle esagerazioni delle
misurazioni - ha dichiarato Thierry
Marcou, di FING.
Tuttavia, per la sua collega Veronique Routin “I risultati preliminari
sono stati positivi. Abbiamo avuto un
buon riscontro da parte degli utenti
e dei media durante la sperimentazione. Ora dobbiamo convincere il
pubblico e i soggetti industriali ad
interessarsi di tali strumenti”.
La bontà della strumentazione può
risiedere altrove, dal momento che
“Gli utilizzatori sono avvicinati
con un approccio partecipativo che
li trasforma in eco-cittadini”, ha
sottolineato Jean-Marie Dunand,
responsabile dei progetti pilota di
SFR, uno dei partner di La Montre
Verte.
Anche il design non è attualmente
appetibile, tanto che gli organizzatori della sperimentazione hanno
osservato che solo la Nathalie Kosciuko-Morizet, ex-Segretario di
Stato per l’Ecologia che attualmente
ha la delega all’Economia Digitale,
poteva indossarlo nel corso di un
Consiglio dei Ministri.
“Sono particolarmente lieta di aver
dato il mio contributo a questa sperimentazione che combina gli aspetti
Il pallone che dal 1999 sorvola il parco André-Citroën a Parigi, portando 30 passeggeri fino ad una altezza di 150 m sopra la capitale francese, ora si
illumina per fornire in tempo reale informazioni sulla qualità dell’aria, grazie ai dati elaborati dai sensori della rete AirParif , installati in diversi punti
della città. Il colore del pallone, grazie ad una illuminazione creata da proiettori situati all’interno dell’involucro, indica la quantità in atmosfera dei tre
inquinanti più nocivi (anidride carbonica, ozono e particolato), variando dal verde intenso, quando la qualità dell’aria è ottima, al verde chiaro, al giallo,
all’arancione, al rosso, quando è pessima. (foto Aérophile)
59
collaborativi del Web 2.0 con l’utilizzo
di Internet mobile per aumentare le
nostre conoscenze in tema ambientale
- ha dichiarato la Kosciuko-Morizet
- Sono convinta che questa interfacciabilità di ecologia e tecnologie
digitali potranno modellare una
società sostenibile, di cui l’Orologio
verde è un buon esempio”.
Se tali sperimentazioni hanno testimoniato di essere ancora lontane
dall’affidabilità delle “tradizionali”
misurazioni che vengono condotte
in ottemperanza alle legislazioni eu-
ropee, avendo un margine di errore
ben superiore a quello ammesso dalle
normative, non c’è dubbio tuttavia
che iniziative simili hanno il merito
di avvicinare la “popolazione” alla “ricerca”, sensibilizzando i cittadini sulla
necessità di maggiori investimenti logistici ed economici nella scienza.
Dal momento che i costi delle centraline di monitoraggio sono ancora
elevati, anche in termini di ordinaria
manutenzione, tali da limitarne la
diffusione sul territorio (le normative tecniche ne prevedono una ogni
200.000 abitanti circa), tali strumen-
tazioni innovative (in attesa che
raggiungano una maggiore affidabilità)
possono costituire anche una mediazione tra la cittadinanza che lamenta la
scarsità della rete e gli amministratori
che si debbono affidare a dati attendibili e confrontabili, prima di adottare
le relative misure di allarme.
C’è da osservare, poi, che una maggior partecipazione si traduce in una
maggior consapevolezza dei cittadini
della necessità di modificare i propri
comportamenti individuali in termini
di sostenibilità e qualità della vita.
La mappa del 2° arrondissement di Parigi con la situazione dei livelli di ozono delle principali vie in un giorno determinato e ad un’ora precisa
(fonte: La Montre Verte)
60
getti che siano rigorosamente no-profit e/o il cui obiettivo
immediato sia non commerciale.
Commissione Europea
DG Impresa e Industria
“PRO INNO Europe” Invito a presentare proposte
di Eco Innovazione
Risorse
Le risorse disponibili sono pari a 3 milioni di euro.
Il contributo comunitario ammonta al 95% delle attività innovative indicate nel progetto presentato.
PRO INNO Europe, è iniziativa della DG Impresa e Industria dell’UE che si inserisce nell’ambito del 7° Programma
Quadro per la Competitività e l’Innovazione 2007-2013
(CIP), che si prefigge di analizzare la politica d’innovazione
e la cooperazione in Europa e di contribuire allo sviluppo
di nuove e migliori politiche per l’innovazione nel continente europeo.
Obiettivi
L’invito a presentare proposte PRO INNO Europe mira a:
- approfondire le dinamiche dell’eco-innovazione e il ruolo
delle politiche pubbliche;
- identificare le pratiche migliori nei Paesi aderenti al Programma per la promozione dell’eco-innovazione;
- esplorare ed analizzare il contesto delle aree promettenti
per l’eco-innovazione;
- promuovere le politiche a favore dell’eco-innovazione.
Candidature
I soggetti candidati devono rispettare le seguenti condizioni
per essere ammissibili:
- devono essere persone giuridiche, aventi sede in uno dei
Paesi aderenti al Programma;
- organi sociali costituiti e registrati;
I partecipanti dovranno formare un Consorzio da un minimo
di 3 a un massimo di 7 partner aventi sede in:
- uno dei 27 Stati membri dell’UE;
- uno dei seguenti Paesi: Norvegia, Islanda, Liechtenstein,
Croazia, Macedonia, Montenegro, Albania, Israele, Turchia
e Serbia;
in rappresentanza delle organizzazioni pubbliche, quali le
autorità pubbliche nazionali e regionali e le agenzie pubbliche per l’ innovazione o altre organizzazioni che agiscono
per conto di un ente pubblico.
Ogni partner deve essere pronto a sviluppare strategie per la
promozione dell’eco-innovazione, per sviluppare competenze in materia di comprensione e valutazione delle politiche
pubbliche e gli strumenti di sostegno all’eco-innovazione,
individuare le esigenze specifiche degli operatori e sviluppare nuovi servizi per le imprese. I partecipanti devono avere
un interesse a rafforzare la cooperazione transnazionale
tra i soggetti per creare legami strategici tra i ministeri, le
agenzie per l’innovazione, istituzioni educative e imprese
per permettere un apprendimento reciproco e la ricerca di
migliori pratiche. Sono ammissibili solo le domande di pro-
Attività
Le attività ammissibili sono:
1) creazione e coordinamento di un gruppo di riflessione
sulle politiche di eco-innovazione volto ad analizzare gli
ultimi sviluppi della politica di eco-innovazione nell’UE
e a far crescere la consapevolezza e promuovere gli
approcci più promettenti di politica ambientale;
2) istituzione e coordinamento di un gruppo di lavoro sul
Green Public Procurement;
3) creazione e coordinamento di un gruppo di lavoro sui
rifiuti e riciclaggio;
4) creazione e coordinamento di un gruppo di lavoro sulla
cooperazione, sugli investimenti ed il commercio internazionale;
5) attività di sensibilizzazione.
Presentazione delle proposte
Le proposte devono essere presentate per via elettronica,
entro il 30 settembre 2010. Le proposte che arriveranno
presso la Commissione con qualsiasi altro mezzo saranno
considerate come non presentate e non saranno valutate
Le proposte possono essere presentate in qualsiasi lingua
ufficiale dell’Unione europea. Al fine di agevolare il processo di valutazione, è preferibile la presentazione in lingua
inglese.
Per maggiori informazioni: http://ec.europa.eu/environment/
etap/funding/instruments_en.html
61
- C1-6 Isolamento acustico esterno;
- C1-7 Isolamento acustico interno;
- C1-8 Centrale termica.
MIUR - MATTM
Bandi per la presentazione dei piani di interventi
finalizzati alla riqualificazione degli edifici scolastici
pubblici in relazione all’efficienza energetica, alla
messa a norma degli impianti, all’abbattimento
delle barriere architettoniche, alla dotazione di
impianti sportivi e al miglioramento dell’attrattività
degli spazi scolastici.
Triennio 2010-2013. PON “Ambienti per l’apprendimento” - POIN “Energie Rinnovabili e Risparmio
Energetico”.
Con avviso congiunto del 15. 06. 2010 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, hanno
lanciato due diversi bandi, finanziati dal Fondo europeo di
Sviluppo Regionale (FESR), entrambi rivolti alle istituzioni
scolastiche statali di Primo e Secondo Ciclo, unitamente agli Enti Locali (Comuni e Province) proprietari degli
edifici adibiti a sede scolastica e localizzati nelle Regioni
dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia
e Sicilia).
1. Bando Ministero Istruzione PON-FESR “Ambienti
per l’apprendimento” Asse II “Qualità degli ambienti
scolastici”, Obiettivo C “incrementare la qualità delle
infrastrutture scolastiche, l’ecosostenibilità e la sicurezza degli edifici scolastici; potenziare le strutture
per garantire la partecipazione delle persone diversamente abili e quelle finalizzate alla qualità della vita
degli studenti”.
Interventi finanziabili
Il Bando finanzia progetti finalizzati alla messa in sicurezza,
all’adeguamento a norma degli edifici scolastici, al miglioramento dell’attrattività degli spazi, alla dotazione di impianti
sportivi e spazi ludico-ricreativi e all’accessibilità. Almeno
un intervento deve essere finalizzato al risparmio e
all’efficientamento energetico (Azione di tipo C1):
- C1-1 Isolamento termico;
- C1-2 Impianto fotovoltaico (nel bando viene specificato
che questa voce deve intendersi più genericamente come
impianto alimentato da fonti rinnovabili. Sotto questa voce
sono quindi incluse “soluzioni come: solare termico per la
produzione di acqua calda sanitaria, minieolico, impianto
di cogenerazione ad alto rendimento, caldaie alimentate
a biomassa, pompe di calore a bassa entalpia ecc;
- C1-3 Deposito rifiuti;
- C1-4 Risparmio ed efficientamento energetico ;
- C1-5 Copertura verde;
Importo complessivo disponibile
L’ammontare complessivo disponibile per le quattro Regioni
è pari a € 220.000.000.
Il criterio di ripartizione segue, in ogni caso, la numerosità
della popolazione scolastica nelle quattro Regioni beneficiarie, secondo il seguente schema orientativo:
• Calabria: € 31.438.000
• Campania: € 65.054.000
• Puglia: € 53.108.000
• Sicilia: € 70.400.000
All’interno di ogni Regione i fondi vengono ulteriormente
suddivisi in base alla numerosità delle istituzioni scolastiche
principali sul territorio provinciale; per ogni Provincia è
stato, inoltre, ripartito l’importo in base alla percentuale tra
scuole del Primo Ciclo e scuole del Secondo Ciclo di istruzione finalizzati alla riqualificazione degli edifici scolastici
in relazione all’efficienza energetica, alla messa a norma
degli impianti, all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla dotazione di impianti sportivi e al miglioramento
dell’attrattività degli spazi.
2. Bando Ministero Ambiente POIN-FESR “Energie rinnovabili e risparmio energetico”, Asse II “Efficienza
energetica ed ottimizzazione del sistema energetico”,
Linea di attività 2.2 “Interventi di efficientamento energetico degli edifici e utenze energetiche pubbliche o
ad uso pubblico”.
Interventi finanziabili
Il Bando finanzia interventi di efficientamento energetico
degli edifici scolastici con ampia gamma di possibilità:
- Analisi e diagnosi energetica
- Generatori di calore ad elevata efficienza (ad es. caldaia
a condensazione)
- Impianti di cogenerazione o rigenerazione
- Sistema di regolazione della temperatura nei singoli locali
(ad es. valvole termostatiche)
- Sistemi di distribuzione del calore a bassa temperatura
(ad es. pannelli radianti)
- Pompe di calore geotermiche
- Sistemi di illuminazione esterna degli edifici ad alta efficienza (SAP, LED)
- Sistemi di illuminazione interna degli edifici ad alta efficienza (LED o fluorescenti con alimentatore elettronico)
- Regolatori di flusso luminoso in base ad orario
- Rilevatore di presenza
- Tubi Solari
- Isolamento termico delle coperture piane in conformità
62
ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i.
- Isolamento termico a cappotto delle chiusure esterne verticali in conformità ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005
e s.m.i.
- Isolamento termico per primo solaio in conformità ai limiti
stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i.
- Sostituzione dei serramenti esistenti con serramenti efficienti in base ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e
s.m.i, inclusa la sostituzione obbligatoria dei cassonetti
con cassonetti coibentati (laddove esistenti)
- Frangisole (schermature solari)
- Coperture a verde e pareti vegetali
Importo complessivo disponibile
Per questo Bando sono destinati fino a un massimo di €
20.000.000.
Trattandosi di un programma “interregionale”, non è prevista una ripartizione territoriale delle risorse finanziarie, Si
tenderà comunque a finanziare almeno tre interventi per
Regione. Inoltre non è prevista alcuna ripartizione di risorse
tra scuole del Primo e Secondo Ciclo di istruzione.
Le soglie di finanziamento, per i progetti delle le scuole sia
di Primo che di Secondo Ciclo, sono le seguenti: • importo
minimo € 750.000 • importo massimo € 2.000.000
Procedure e scadenze
La procedura di accesso ai finanziamenti consta di due fasi:
la presentazione delle candidature e la presentazione del
progetto esecutivo.
L’Istituto scolastico interessato, congiuntamente all’Ente Locale proprietario dei relativi edifici, potrà presentare una
sola candidatura per uno dei due bandi, pena l’inammissibilità, inoltrando telematicamente la proposta entro
il 31. 10. 2010.
I formulari di candidatura per i due bandi e le linee guida
per l’attuazione degli interventi, sono pubblicate e scaricabili
dai seguenti indirizzi internet:
www.minambiente.it; www.poienergia.it; http://archivio.
pubblica.istruzione.it/fondistrutturali/default2007.shtml.
Successivamente il plico contenente la documentazione
completa dovrà essere trasmessa entro il 15/11/2010
all’Ufficio Scolastico Regionale di competenza che ne verificherà l’ammissibilità prima della valutazione effettuata dai
Nuclei di Valutazione Regionali che stileranno le graduatorie,
sulla base dei criteri di selezione previsti dai due Programmi,
che verranno trasmessi al MIUR-DGAI e al MATTM-DGSEC,
che si riservano di non procedere al finanziamento per la
realizzazione dei progetti qualora non siano rispettati i criteri
e le finalità dei Programmi stessi.
I 300 scolari della scuola materna ed elementare “Antoine de Saint-Exupery” di Pantin, comune di 50 mila abitanti dell’area metropolitana di Parigi, il 2
settembre 2010 sono stati accolti da una scuola che produce più energia di quanta ne consumi, grazie a 1.168 m2 di fotovoltaico sui tetti, al riscaldamento
geotermico, ai tripli vetri e giunture stagne, nonché all’orientamento della struttura stessa.
63
i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE
a cura di Leonardo Filippucci
Nel caso in cui le analisi compiute da un’Agenzia
regionale per la protezione ambientale rivelino il
superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) per un solo parametro, il soggetto
individuato come responsabile dell’inquinamento
ha diritto ad ulteriori analisi per contestare l’esito
delle prime?
No. In un recente caso, il Giudice Amministrativo ha avuto
occasione di affermare: “Appare evidente che, se la legge
prevede che l’indagine preliminare sulla contaminazione
venga effettuata entro certi termini, e se i risultati (correttamente ottenuti) di detta indagine attestano l’esistenza dei
presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione del sito inquinato, non sia necessario procedere
ad un riesame, concedendo al responsabile dell’evento
inquinante una sorta di seconda chance, che si tradurrebbe in una disapplicazione del principio comunitario
del Chi inquina paga e della disciplina nazionale che ne
ha stabilito tempi e modalità attuative, e comporterebbe
un aggravamento del rischio di danno per l’ambiente.
Anche nella prospettiva del giudizio di ragionevolezza di
una disciplina legislativa che prevede termini e passaggi
procedimentali cogenti (escludendo, quindi, un diritto del
responsabile a ri- esami o verifiche supplementari), va
considerato che l’effettuazione di
un piano di caratterizzazione ha
un costo […] che appare evidentemente sostenibile, a fronte del
rischio e del possibile danno
che deriverebbe da un ritardo nell’avanzamento del
procedimento finalizzato alla (eventuale)
bonifica del sito con-
agenda
taminato” (TAR Umbria, Sez. I, sentenza 24 luglio 2010,
n. 416).
Nel caso in cui un’Autorizzazione ambientale non
venga concretamente utilizzata, il termine di durata
della medesima decorre ugualmente?
Sì. Con riguardo all’Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA), il TAR Lombardia, sede di Brescia, con sentenza 19
luglio 2010 n. 2484, ha argomentato l’irrilevanza, ai fini
della cessazione dell’efficacia della medesima autorizzazione, del fatto che il soggetto gestore non avesse utilizzato
per cinque anni il provvedimento. Nell’occasione, inoltre,
il Collegio ha ulteriormente affermato che “fa ormai parte dei principi dell’ordinamento la regola secondo cui le
autorizzazioni di attività che hanno come esternalità la
produzione di inquinanti devono avere durata limitata
nel tempo e carattere recessivo rispetto ai miglioramenti
tecnici in grado di limitare l’inquinamento”.
Nell’ambito del procedimento di VIA, la Conferenza
di servizi ha natura decisoria o istruttoria?
L’art. 2 del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nell’apportare
modifiche all’art. 25, comma 3 del D. Lgs. 152/2006, ha
espressamente previsto che la Conferenza di servizi eventualmente convocata dall’autorità competente abbia natura
istruttoria. Poiché la citata disposizione non contempla
distinzioni o eccezioni, sembrerebbe che la natura istruttoria della conferenza di servizi resti ferma anche nei casi
in cui il provvedimento di VIA non si limiti a coordinare,
bensì sostituisca, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni,
licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati
in materia ambientale, necessari per la realizzazione e
l’esercizio dell’opera o dell’impianto.
Eventi e Fiere
Milano, 27-29 settembre 2010
10° Italian Energy Summit 2010
Reti, Mercati e Progetti verso le nuove Energie
Sede: Il Sole 24 Ore, Sala Collina
Via Monte Rosa, 91
Informazioni: Servizio Clienti Formazione
Tel. 02 5660 1887 - fax 02 70048601
Creta, 5-8 ottobre 2010
Crete 2010
International Conference on Hazardous and Industrial Waste Management
Sede: University Campus Chania - Creta
Informazioni: Tel. 30 28210 37821 - fax 30 28210 37850
[email protected] - www.hwm-conferences.gr
Bologna, 27-30 ottobre 2010
SAIE 2010 - Fiera Internazionale
Sede: Fiere di Bologna
Informazioni: Bologna Fiere spa - Viale della Fiera, 20 - 40127 Bologna
Tel. 051 282111 - fax 051 282328 - www.saie.bolognafiere.it
Venezia, 8-11 novembre 2010
Venice Symposium 2010
3° Simposio Internazionale su Energia da Biomasse e da Rifiuti
Sede: S. Giorgio Maggiore
Informazioni: www.venicesymposium.it
Segreteria organizzativa: EuroWaste s.r.l.
via Beato Pellegrino 23 - 35137 - Padova
Tel. +39 049 8726986 - Fax: +39 049 8726987
64
N°
19
AGOSTO-SETTEMBRE 2010
In copertina: Macerata, uno scorcio dello Sferisterio; in retrocopertina: Gradara, un particolare del Castello
INDICE
Informazione
La Regione Marche investe nella Green Economy
Scuola e formazione, motori delle Marche green
In arrivo 140 mila euro per laboratori didattico-ambientali
e 320 mila euro per corsi di formazione con
sbocchi occupazionali nel campo ambientale
di Alberto Piastrellini
p.
4
Manifestazioni e Convegni
Terza Conferenza Regionale delle Aree Protette delle Marche
Aree protette, una priorità nel governo del territorio
Dalla Federparchi Marche le proposte per una
corretta gestione e tutela delle Aree Protette marchigiane
di Silvia Barchiesi
p.
6
Itinerari turistici
Fa tappa nelle Marche, a San Ginesio e a Sarnano,
la 5a edizione del Festival dei “Borghi più belli d’Italia”
Marche di charme con i borghi più belli d’Italia
Qui si trovano 18 dei 200 borghi più suggestivi d’Italia
di Silvia Barchiesi
p.
8
ECONEWS
di Alberto Piastrellini
p.
10
TECHNORISK
Una guida sicura per la stipula di polizze assicurative
Intervista all’Amministratore unico della Società di
ingegneria assicurativa che ha nel proprio portafoglio clienti,
numerosi enti Pubblici ed aziende della Regione
p.
11
ARPA Marche
Roberto Oreficini Rosi è il nuovo
Direttore generale dell’ARPAM
di Nazareno Re
p.
12
COSMARI
“L’impronta ecologica nella moda e nel design”
p.
14
INFORMAZIONE
La Regione Marche investe nella Green Economy
SCUOLA E FORMAZIONE,
MOTORI DELLE MARCHE GREEN
In arrivo 140 mila euro per laboratori didattico-ambientali e 320 mila euro
per corsi di formazione con sbocchi occupazionali nel campo ambientale
di Alberto Piastrellini
Il rispetto dell’ambiente s’impara anche a scuola.
Lo sanno bene gli studenti marchigiani che da ben tre anni
aderiscono al progetto “Scuola Laboratorio Ambiente”,
ideato dall’Ufficio scolastico regionale e dall’Assessorato
regionale all’Ambiente e volto a promuovere l’educazione ambientale nelle scuole marchigiane di ogni ordine e
grado.
Sulla scia del successo della passata edizione, il progetto
torna anche quest’anno.
La Regione Marche ha, infatti, confermato il budget dello
scorso anno per il bando 2010-2011, in scadenza il prossimo
30 ottobre: 140 mila euro da investire in progetti didattici
“green”.
Oltre 100 le scuole che lo scorso anno sono state finanziate
con un contributo variabile (da 500 a 3.000 Euro) in base
alla posizione in graduatoria.
Ma la vera novità del bando 2010-2011 è proprio il tema dei
progetti: nell’anno della biodiversità, gli studenti saranno,
infatti, chiamati a ideare e realizzare laboratori didattico
educativi nelle due macro tematiche della biodiversità e
della mobilità sostenibile, nell’ottica globale della green
economy.
Ricerca, scoperta e tutela della ricchezza biologica del
proprio territorio, cambiamenti climatici, inquinamenti,
pianificazione urbana, veicoli ecologici, percorsi pedonali
e ciclabili, mobilità scolastica, trasporto pubblico, consumi
e alimentazione a “chilometri zero”, sicurezza, salute, arte,
natura: sono questi solo alcuni degli argomenti “green” che
gli studenti potranno approfondire tra i banchi di scuola
grazie a laboratori educativi/creativi da sperimentare poi
nel quotidiano.
“Il bando – ha spiegato l’Assessore regionale all’Ambiente,
Sandro Donati - redatto con il concorso degli insegnanti, nell’ambito del protocollo di intesa che da quattro anni
continua a segnare il proficuo cammino interistituzionale
tra il nostro Assessorato e l’Ufficio scolastico regionale per le
Marche nel campo dell’educazione ambientale e alla sostenibilità, invita le comunità scolastiche a progettare laboratori
didattico educativi per acquisire e diffondere le sensibilità,
le conoscenze e le competenze necessarie a salvaguardare e
potenziare la diversità biologico-naturalistica e a immaginare e sperimentare una green mobility, tale da soddisfare le
esigenze di spostamento e di fruizione senza compromettere
habitat, vivibilità, salute”.
Obiettivo dei laboratori è, infatti, quello di ideare nuove
soluzioni e proposte alternative, da applicare nella vita di
tutti i giorni per scoprire il valore delle diversità sia sul piano
ecologico, che sul piano economico (ricchezza delle specie
vegetali ed animali, quale maggiore garanzia di sopravvivenza della vita nel pianeta), che su quello socio-culturale
(conoscenza delle peculiarità del proprio territorio, senso di
appartenenza alla propria comunità, non come contrappo-
4
sizione ma in quanto chiave di lettura scientifica delle tante
diversità che danno valore e mettono in dialogo religioni,
civiltà e culture).
Far maturare una coscienza ambientale ed educare ad una
cittadinanza attiva, responsabile, ecologica e solidale è
quindi lo scopo dell’iniziativa, riproposta per il quarto anno
consecutivo per via del suo successo.
“Questa iniziativa – ha concluso Donati – dall’anno in cui è
stata sottoscritta l’intesa con l’Ufficio scolastico, ha visto salire
la partecipazione e il conseguente impegno finanziario della
Regione: dai 40 istituti che hanno beneficiato del sostegno
nel primo anno, si è arrivati agli oltre 100 nell’ultimo. Per
il prossimo anno scolastico il budget si conferma al livello
dell’anno scorso quanto al sostegno ai progetti scolastici
(circa 140 mila euro, per contributi tra 500 e 3 mila euro
ai vincitori), ma destina una maggiore quota (circa 5
mila euro) alla socializzazione e divulgazione dei metodi
e risultati, prevedendo l’organizzazione di due seminari
rivolti agli insegnanti”.
Il progetto tende, infatti, a coinvolgere l’intera comunità
scolastica, comprese le famiglie, oltre che la società più in
generale (istituzioni, enti, associazioni, agenzie formative,
centri di educazione ambientale), puntando verso sinergie
educative.
Ideare, realizzare e comunicare.
Sono queste le parole chiave che sintetizzano la mission di
“Scuola Laboratorio Ambiente”.
Le soluzioni ideate nel campo della diversità biologica o della mobilità sostenibile, oltre ad essere innovative, dovranno
avere un forte carattere di concretezza.
Dovranno stimolare e favorire nuovi comportamenti e nuove
abitudini, praticabili, visibili e verificabili.
Ma non solo. Il progetto punta anche alla sensibilizzazione
della cittadinanza attraverso la comunicazione dei risultati.
Così, la scuola non solo apre alla città, ma si mette al suo
servizio: le nuove pratiche virtuose, ideate sui banchi e realizzate nel quotidiano, dovranno infatti essere comunicate
alla collettività.
Grazie al bando “Scuola Laboratorio Ambiente” (disponibile
sul sito www.ambiente.regione.marche.it) la green economy
entra nelle scuole marchigiane e se ne esce per sensibilizzare
anche la collettività.
Anche la scuola, dunque, nell’anno della biodiversità, concorre all’immagine delle Marche come Regione leader per
la green economy, settore strategico, posto al centro del
programma del nuovo governo regionale e delle sue nuove
politiche sociali, formative ed economiche.
Nella strada che porta alla green economy, le Marche partono, infatti, oltre che dalla scuola, dalla formazione in
generale e guardano soprattutto ai giovani e ai disoccupati.
Di qui la recente scelta della Regione di stanziare 320 mila
euro per l’anno 2010/2011, per realizzare sei corsi di formazione volti a formare altrettante figure professionali con
abilità, conoscenze e capacità specifiche nel campo della
green economy.
“Le Marche – ha spiegato l’Assessore regionale alla Formazione, Marco Luchetti - investono sulla green economy
con tutti gli strumenti utili ad incentivarne la diffusione.
Perché si tratta anche di una strategia dalle forti potenzialità occupazionali che include nella sua attuazione un
altro obiettivo prioritario, la piena tutela ambientale. Nuova
tutela dunque, nuovi posti di lavoro, nuovo concetto di fare
impresa, quella che possiamo definire imprenditoria verde.
Sempre più, quindi, le opportunità occupazionali potranno
trovarsi sulla stessa strada della tutela ambientale e della
sostenibilità energetica”.
Mentre le Marche si tingono di “verde” e la Regione investe
sempre più in strategie energetico-ambientali nel campo
della formazione e dell’occupazione, un’indagine condotta
dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, in collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, conferma la
lungimiranza delle scelte che puntano sulla green economy
made in Marche.
“La green economy si sta ormai affermando come uno dei
settori pulsanti dell’economia italiana - si afferma nella
ricerca - Nelle Marche, risulta che il 30% delle piccole e
medie imprese manifatturiere (tra 20 e 499 addetti) nella
crisi puntano anche su scelte connesse alla green economy,
con una percentuale che sale nelle aziende che esportano
(33.6%), che sono cresciute economicamente anche nel 2009
(41.2%), e che hanno elevato la qualità dei loro prodotti
(44.3%)”.
Insomma, il 30% delle piccole e medie imprese marchigiane
investe sulla green economy per poter combattere la crisi
e rilanciarsi.
Di conseguenza, è all’economia verde che deve guardare
l’occupazione, e ancor prima la formazione.
Lo studio di Unioncamere, dai dati di assunzioni “green”
degli ultimi anni stima, infatti, che, tra nuovi occupati e
riqualificazione di attività esistenti, siano in ballo almeno
un milione di posti di lavoro e circa 317 figure professionali
green all’interno di tutte le classi professionali.
Le figure professionali che verranno formate dai corsi saranno invece sei, tra le dieci ritenute prioritarie dalla Regione
Marche e per le quali gli Enti di Formazione accreditati
possono presentare una proposta progettuale:
1. Designer dei sistemi fotovoltaici;
2. Elettricista specializzato nella installazione di sistemi
fotovoltaici;
3. Tecnico per la manutenzione e gestione di impianti rinnovabili;
4. Tecnico del sistema di gas dei rifiuti;
5. Responsabile del funzionamento, ingegneria, manutenzione degli impianti a biomassa;
6. Energy manager;
7. Esperto in programmazione o progettazione delle energie
rinnovabili;
8. Tecnico risparmio energetico;
9. Operatore della centrale elettrica;
10. Esperto di Certificazione edilizia (tecnico problematiche
energetico-ambientali nella progettazione edilizia).
Potranno presentare domanda per la partecipazione ai corsi
di formazione: disoccupati diplomati e/o laureati iscritti,
presso il CIOF, Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la
Formazione, competente per territorio regionale, già impiegati con contratti di collaborazione a progetto presso
aziende coinvolte dalla crisi.
Il bando, “Avviso Pubblico per la presentazione di progetti
per la qualificazione professionale nella Green Economy
di CO.CO.PRO. disoccupati”, disponibile sul sito www.
istruzioneformazionelavoro.marche, scade il prossimo 3
novembre.
5
MANIFESTAZIONI E CONVEGNI
Terza Conferenza Regionale delle Aree Protette delle Marche
AREE PROTETTE, UNA PRIORITÀ
NEL
GOVERNO DEL TERRITORIO
Dalla Federparchi Marche le proposte per una corretta gestione e tutela delle Aree Protette marchigiane
di Silvia Barchiesi
Da Fiastra a Portonovo, per i parchi e le aree protette marchigiane si aprono scenari decisamente più cupi e prospettive
meno incoraggianti rispetto a quelli che si profilavano 10 anni
fa, in occasione della Prima Conferenza Regionale delle Aree
Protette (Fiastra, 10 marzo 2000).
Se n’è parlato nel corso della Terza Conferenza Regionale a
Portonovo, lo scorso 24 giugno, un’occasione per fare il punto
del cammino fino ad oggi percorso dalle Aree Protette e per
delineare nuovi tracciati da seguire, proprio alla luce della
grave crisi in atto e del conseguente taglio di finanziamenti
per le risorse naturali.
Presente e futuro delle Aree Protette delle Marche, alle prese
con le conseguenze della recessione sono stati, così al centro
del Convegno che ha visto radunati attorno allo stesso tavolo
amministratori, tecnici, operatori e imprenditori.
A restituire in apertura di Convegno la fotografia a tinte fosche della difficile situazione in cui versano le aree protette
nazionali e regionali è stato Lanfranco Giacchetti, Presidente
Ente Parco Regionale del Conero: “I parchi oggi si trovano di
fronte ad un bivio e non possono permettersi di bivacchiare.
Il taglio delle risorse per la Federparchi a livello nazionale
ammonta, infatti, al 50% e si preannunciano tempi duri anche
per i parchi marchigiani”.
“Fino ad oggi - ha proseguito Giacchetti - la Regione Marche
è stata sempre attenta e sensibile, dal punto di vista politico,
oltre che economico-finanziario, all’ambiente in generale e ai
parchi in particolare, che rappresentano il 10% del territorio
regionale. Il crollo dei tagli ipotizzato non risparmierebbe
nemmeno i parchi marchigiani: le risorse destinate all’ambiente e al paesaggio della nostra regione passerebbero da 4
milioni e 600 mila euro a 1,5 milioni di euro. Questo drastico
taglio porterebbe alla lenta morte dei parchi. Per questo non
ci è consentito vivacchiare”.
La scure dei tagli minaccia i nostri parchi e le nostre aree protette.
Occorre pertanto rimboccarsi le maniche e correre ai ripari.
È l’invito di Fabrizio Giuliani, Presidente del Coordinamento
delle Aree Protette Marchigiane:“Se i tagli fossero confermati
6
e dovessimo contare sul 66% delle risorse in meno, dovremmo
ragionare in termini di ridimensionamento e riassestamento. Occorre iniziare a lavorare per evitare di trovarci poi
impreparati”.
Lo stesso invito viene dal Presidente della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande e dal Sindaco di Ancona, Fiorello
Gramillano, entrambi concordi nel definire prioritaria l’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero.
“Non dobbiamo perdere altro tempo, dobbiamo farla con chi
ci sta – ha dichiarato la Presidente Casagrande riferendosi ai
Comuni che non intendono aderire al progetto.
“Non dobbiamo rinunciare a questa grande occasione di
sviluppo del nostro territorio – ha proseguito la Casagrande strumento di crescita sostenibile e di ricchezza di tutti”.
Lo ha definito, invece, “prezioso riconoscimento foriero di
investimenti per la tutela del territorio” il Sindaco Gramillano
che ha ribadito l’impegno dell’Amministrazione all’istituzione dell’Area volta proteggere e valorizzare le risorse sociali,
economiche e naturali del Conero.
“La questione più urgente - ha tenuto, tuttavia, a sottolineare
Fabrizio Giuliani, Presidente Coordinamento delle Aree
Protette Marchigiane - non è aggiungere altre aree protette,
perché abbiamo bisogno di fare manutenzione dell’esistente.
La crescita quantitativa del numero di aree protette costituisce
il traguardo ultimo e non invece la strada per avviare, a tutti
i livelli una politica innovatrice”.
L’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero non è, infatti,
l’unica proposta scaturita dal Convegno.
“Le Buone idee dei Parchi Regionali”, è infatti il titolo del progetto presentato dal Dott. Marco Zannini, Direttore dell’Ente
Parco Naturale Regionale del Conero, volto a rivoluzionare la
classica concezione delle aree protette, promuovendone una
moderna visione basata sul legame tra rinascita economica ed
ambientale.
“L’obiettivo del progetto è quello ambizioso di cambiare il
mondo, partendo dalle aree protette”.
Così il Dott. Marco Zannini ha introdotto il progetto che
punta a comunicare alla collettività e alla parte politica che
la rappresenta i veri compiti delle aree protette:
- conservare le specie animali e vegetali, i valori scenici e
panoramici e gli equilibri idrogeologici ed ecologici;
- realizzare un’integrazione uomo e ambiente, mediante la
salvaguardia del suolo, di valori antropologici, storici e archeologici, architettonici e delle attività agropastorali;
- promuovere attività di educazione, formazione e ricerca
scientifica, nonchè attività ricreative compatibili.
Obiettivo del progetto, che comprende una vasta gamma di
interventi di varia natura (interventi idrogeologici, di recupero
delle discariche e di ripulitura, attività didattico-educative e
collaborazioni con l’Università nel campo della ricerca scientifica), tutti da realizzarsi entro l’anno, è, infatti, quello di
conservare, riqualificare e promuovere il territorio stesso,
rilanciandolo in un’ottica integrata di sviluppo sociale, ambientale, economico e culturale.
Comunicare il valore delle aree protette diventa così una
priorità, per troppo lungo tempo ignorata.
Il mea culpa arriva dallo stesso Fabrizio Giuliani, Presidente
Coordinamento delle Aree Protette Marchigiane: “dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per non aver saputo
comunicare fino ad oggi il valore delle nostre esperienze. Il
nostro forte e doveroso impegno sul fronte interno ci ha di
fatto impedito quell’apertura alla comunità regionale che
rappresenta la condizione essenziale per realizzare il progetto
illustrato dal Dott. Zannini. È necessario, pertanto, ridare
slancio e vitalità ad un organismo troppo poco utilizzato e a
rischio di sclerosi burocratica”.
Di qui la necessità di una collaborazione trasversale tra tutti gli
operatori dei settori coinvolti nella tutela degli habitat naturali
e delle specie a rischio e nello sviluppo di settori economici
strategici (agricoltura, pesca, turismo, artigianato).
Associazioni agricole, ambientaliste, imprenditori, operatori
turistici sono, infatti, preziosi alleati con cui dover necessariamente collaborare. Sono loro i nodi di una rete regionale
che connette l’intero territorio regionale in una sorta di “infrastruttura ambientale”.
E le aree protette, laboratori e cantieri pilota in cui sperimentare nuovi metodi di pianificazione e programmazione
degli interventi, di coinvolgimento e sostegno tra operatori
pubblici e privati, oltre che di sviluppo di tecnologie, sono il
cuore di questa rete regionale, anzi, ha precisato Lanfranco
Giacchetti nel suo intervento, “sono un pezzo del sistema
istituzionale della Regione”.
Di qui la necessità di una “politica delle aree protette” più
forte dentro il sistema regionale.
L’invito a un maggior coinvolgimento delle aree protette nelle
scelte decisionali e programmatiche è rivolto proprio all’amministrazione regionale e viene dallo stesso Giacchetti:
“Questo dovrebbe essere l’obiettivo della nuova legislatura
regionale: fare in modo che il modello di gestione del territorio
sperimentato dalle aree protette passi nei programmi regionali,
provinciali e comunali. Dovremmo essere i referenti delle
principali politiche regionali di modernizzazione del tessuto
economico, sociale e culturale basate sul territorio e non sui
singoli settori d’intervento”.
Dopo l’invito, l’affondo.
“In questo quadro appare miope, oltre che sbagliato, non
averci riservato nessun ruolo attivo all’interno del Piano Operativo Regionale 2007-2013, né nella programmazione, né
nell’esecuzione – ha lamentato Giacchetti.
Dopo il monito, invece, la proposta: “Per aprire una fa-
se avanzata della politica regionale per la biodiversità e la
gestione ambientale – ha dichiarato Giacchetti – noi siamo
disponibili anche ad un aggiornamento dell’organizzazione e
del funzionamento dei soggetti gestori e dei rapporti tra essi”.
Insomma, le aree protette non temono la riorganizzazione
in vista degli imminenti tagli, né le novità che questa potrà
portare con sé: a partire dalla scala territoriale minima necessaria per realizzarne di nuove, l’accorpamento o la gestione
associata, l’aggregazione funzionale di enti che operano nello
stesso ambito eco sistemico o la creazione di aree protette
interregionali. D’altro canto, le aree protette chiedono al governo regionale sostegno e impegno attraverso politiche di
carattere programmatico.
Di qui la lista di proposte avanzate da Federparchi Marche alla
Presidenza della Regione Marche, presentate proprio nell’ambito della Terza Conferenza Regionale, una lista di richieste volte
a promuovere un’efficace politica delle Aree Protette.
A sottolineare il valore economico, culturale e sociale, oltre che
ambientale delle aree protette, ribadito anche nel documento,
sono state le testimonianze di amministratori e imprenditori
che si sono susseguite nel corso del Convegno.
A cominciare da quella di Andrea Bomprezzi, Sindaco di
Arcevia che ha riportato l’esperienza del suo piccolo Comune che 10 anni fa si è scontrato con ostilità contro il “muro”
del Parco e che oggi vive e si serve del Parco, diventato
per l’intero territorio un vero e proprio “marchio di qualità”
della vita, dei servizi e dei prodotti del territorio, percepito
e apprezzato anche all’esterno.
“Oltre a fondi e contributi, il parco ha portato idee, progetti e
una nuova cultura: ha educato i cittadini al rispetto dell’ambiente, ha creato nella comunità una vera e propria identità
territoriale. Questo sviluppo culturale è un elemento fondante
dei parchi - ha spiegato il Sindaco Bomprezzi.
Ma il valore aggiunto dei Parchi non è solo ambientale o
culturale, ma anche economico.
Parola di Federico Clementi, Presidente di Terra Nostra
e imprenditore agricolo all’interno del parco: “Consapevoli
dei vincoli e delle limitazioni del parco abbiamo introdotto
e conseguito la certificazione del metodo biologico e abbiamo sviluppato nuove iniziative. L’attività agrituristica ci ha,
infatti, permesso la redditività anche in condizioni non soddisfacenti per l’agricoltura”.
Dello stesso parere è Franco Frezzotti, fiduciario Slow Food,
responsabile del presidio “Mosciolo selvatico di Portonovo” che
ha spiegato come la tutela di una specie in via di estinzione,
come il Mosciolo selvatico di Portonovo, abbia fatto da traino
alla promozione turistica dello stesso territorio.
“Il mare nel tempo è andato dimagrendo – ha dichiarato
Frezzotti - Se continua il trend degli ultimi anni avremmo
la scomparsa di questo presidio e la scomparsa del Mosciolo
selvatico di Portonovo. Il presidio con la sua costituzione ha rappresentato un elemento di promozione forte per il territorio.”
Rilancio economico e ambientale sono, dunque, legati a doppio filo. L’esperienza di numerosi imprenditori e operatori
turistici lo dimostra.
Oltre ad essere risorse naturali essenziali nella conservazione
della biodiversità, le Aree Protette sono vere e proprie risorse
sociali, culturali ed economiche, in quanto garanzie di una
migliore qualità della vita, veicoli di identità e culture locali
e traino di attività turistiche ed imprenditoriali.
L’appello a non lasciarle sole dinanzi alla crisi, dalla Terza Conferenza Regionale di Portonovo tuona al governo regionale, ma
allo stesso tempo riecheggia in ogni ambito della società.
7
ITINERARI TURISTICI
Fa tappa nelle Marche, a San Ginesio e a Sarnano,
la 5a edizione del Festival dei “Borghi più belli d’Italia”
MARCHE DI CHARME CON
IQuiBORGHI
PIÙ BELLI D’ITALIA
si trovano 18 dei 200 borghi più suggestivi d’Italia
di Silvia Barchiesi
Mentre Dustin Hoffman che declama
i versi di Giacomo Leopardi nel video
“Le Marche, le scoprirai all’infinito”
invita a “Discovery Marche” e la
Regione lancia il progetto turistico
“Marche di Charme: turismo a 5
sensi” promuovendo l’immagine di
una regione in grado di appagare
tutti i sensi di chiunque la visiti, nella
stampa nazionale e locale rimbalza
da oltreoceano la notizia che porta
alla ribalta la regione al plurale:
“Le Marche come la Florida, ovvero
uno dei cinque paradisi del mondo
dove trascorrere gli anni della pensione”.
Lo dicono i pensionati statunitensi
e lo riporta la loro Rivista, AARP,
che conta 35,6 milioni di abbonati.
Le Marche come Puerto Vallarta (Messico), Cascais (Portogallo), Boquete
(Panama), Linguadoca-Rossiglione
(Francia): “hanno tutto - scrive la
Rivista - splendide spiagge, vigneti,
arte e architettura a non finire e
montagne dove poter praticare sport
invernali e costano molto meno di
Toscana e Umbria”.
La “Regione dai 100 campanili”,
spesso snobbata dal turismo internazionale e rimasta nell’ombra
rispetto ad altre mete turistiche più
reclamizzate, si prende la sua rivincita e conquista il suo più che meritato
momento di gloria.
È quanto afferma l’Assessore regionale al Turismo, Serenella
Moroder:“Le Marche, nello stesso
anagramma del nome, sono Terra
di Charme, tanto da finire, sempre
più spesso, sulle prime pagina dei
quotidiani nazionali e internazionali. Dagli Stati Uniti è arrivata
ora un’ulteriore conferma di fascino, attrattività, eccellenze culturali,
architettoniche, paesaggistiche, ed
enogastronomiche che la posizionano
al top delle destinazioni turistiche. Le
Marche sono una regione che è stata
baciata da Dio. Ben venga questo
8
bacio: comunque le risorse investite
in questi anni, non solo nel turismo,
hanno favorito la crescita della qualità di vita della comunità, sempre
più determinante nell’orientamento
dei flussi turistici”.
Le Marche non hanno nulla da invidiare ad altre regioni, anzi hanno
un patrimonio naturalistico, storico, culturale e architettonico, solo
da vantare: 180 km di spiagge, 6
parchi, 3 riserve naturali, 15 foreste
demaniali, due oasi gestite dal WWF,
centinaia di borghi e città d’arte con
oltre mille monumenti nazionali, 37
rocche, 106 castelli, 15 fortezze, 170
torri, 34 siti archeologici, 73 teatri
storici, migliaia di chiese tra cui 200
romaniche, 96 abbazie e la maggior
concentrazione in Italia di musei e
pinacoteche, ben 342.
Ad accorgersi della ricchezza dell’offerta turistica marchigiana sono,
infatti, sempre più turisti.
Secondo i dati dell’Osservatorio
regionale del turismo, nel periodo
2004-2009 gli arrivi nelle Marche
sono aumentati da 2.299.383 a
2.396.396, le presenze da 16.313.524
a 16.869.420. L’incremento degli stranieri è balzato dall’11,1% al
14,7%.
Ma non solo. Per le Marche, oltre ai
turisti, cominciano a fioccare anche
i primi grandi e prestigiosi riconoscimenti.
È, infatti, proprio la “Terra dei 100
campanili” ad ospitare quest’anno il
Festival dei “Borghi più belli d’Italia”, giunto alla sua quinta edizione:
tre giorni di eventi e spettacoli gratuiti, dal 3 al 5 settembre a San Ginesio
e Sarnano (MC), con oltre centocinquanta stand di tipicità provenienti
dai “ Borghi più belli d’Italia” e un
ricco programma di convegni, spettacoli, gare, mostre d’arte, visite
guidate e cene tipiche.
Un appuntamento unico, itinerante, che ogni anno attrae migliaia di
turisti e visitatori e che, soprattutto, raduna e unisce in un percorso
ideale, un centinaio di piccoli centri italiani, spesso poco conosciuti,
eppure tra i più suggestivi della penisola: dai villaggi-fortezza ai ricetti
medievali, dai centri marinari a quelli
montani.
“È un onore per le Marche ospitare il 5° Festival dei Borghi più belli
d’Italia - ha dichiarato l’Assessore
regionale al Turismo, Serenella
Moroder nel presentare il Festival
che, per la prima volta fa tappa nelle
Marche e che per la prima volta assume una dimensione internazionale
con l’adesione di borghi e villaggi
di Francia, Belgio, Portogallo, Grecia, Russia, Romania e Giappone e
la partecipazione di delegazioni di
associazioni estere.
“Sarà un’importante occasione per
promuovere la nostra regione e diffondere i valori su cui si fonda la
nostra cultura dell’accoglienza - ha
continuato la Moroder - Dei ‘Borghi
più belli d’Italia’, 18 appartengono
alle Marche: questo riconoscimento
premia la nostra regione, e conferma
che la strada intrapresa, quella di
puntare sulla qualità, porta risultati
importanti: oltre ai Borghi, infatti,
sono presenti 16 Bandiere Blu, 17
Bandiere Arancioni, 96 alberghi
certificati con il Marchio Ospitalità
Italiana”.
“La dimensione del ‘borgo’ – ha
aggiunto - è connaturata alla situazione topografica e storica delle
Marche, caratterizzata da una distribuzione capillare della popolazione
che si è stratificata nel corso dei secoli, preservando tradizioni popolari,
lingue locali, produzioni agricole e
artigianali tanto specifiche quanto
eccellenti. Questa la cifra connotativa del nostro territorio, che accoglie
il visitatore con un fascino che ammalia e incanta, magari in maniera
più discreta rispetto alle destinazioni
Corinaldo
Gradara
Grottammare
turistiche di grande richiamo, ma non per
questo meno coinvolgente e di forte impatto
emotivo.”
Chi meglio delle Marche può rappresentare
dunque la realtà italiana dei borghi e la loro
ricchezza culturale?
Qui si trovano, infatti, 18 dei 200 Borghi più
belli d’Italia: Cingoli (MC), Corinaldo (AN),
Esanatoglia (MC), Gradara (PU), Grottammare (AP), Matelica (MC), Montecassiano
(MC), Montecosaro (MC), Montefabbri (PU),
Montefiore dell’Aso (AP), Montelupone (MC),
Moresco (FM), Offagna (AN), Offida (AP),
San Ginesio (MC), Sarnano (MC), Treia (MC),
Visso (MC).
Sono questi i piccoli centri marchigiani che,
secondo il Club de “I Borghi più belli d’Italia”
sono il vanto della Regione e il suo marchio distintivo, proprio per il loro grande
patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e
tradizioni: “I borghi come declinazione dello
charme, anagramma di Marche, con il loro
fascino, la loro bellezza, le loro tradizioni e
dispensatori di benessere”, ha detto l’Assessore Moroder.
L’armonia architettonica del tessuto urbano, la
qualità del patrimonio edilizio pubblico-privato e infine la vivibilità del borgo in termini
di attività e di servizi al cittadino sono, infatti,
solo alcuni dei requisiti necessari per ambire
al prestigioso titolo
di “Borgo più bello d’Italia”.
Il Festival, che quest’anno fa tappa proprio
nelle Marche, oltre che un’occasione di incontro e di arricchimento culturale, costituisce
un appuntamento imperdibile per tutte le
piccole realtà italiane e internazionali che si
adoperano per la tutela, il recupero e la valorizzazione, il mantenimento di un patrimonio
di monumenti e di memorie che altrimenti
andrebbe irrimediabilmente perduto.
9
Offida
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REGIONE 6,3
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DI EURO PER LO SVILUPPO
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ENERGETICO SOSTENIBILE
I fondi serviranno per finanziare 18 progetti per
l’efficienza energetica negli
edifici pubblici marchigiani
6,3 milioni di euro a favore di 18 progetti di interventi per l’efficienza energetica
negli edifici pubblici, che consentiranno
di evitare l’emissione di oltre 450 tonnellate di CO2 annue.
È quanto prevede un bando della Regione Marche, la cui graduatoria finale
- approvata nei giorni scorsi - è consultabile all’indirizzo www.ambiente.
regione.marche.it.
“Partendo dal presupposto che un grande
contributo al risparmio energetico e al
contenimento delle emissioni climalteranti può essere dato dall’edilizia, il
bando - ha spiegato l’Assessore regionale all’Energia, Sandro Donati
- sostiene gli interventi di miglioramento
dell’efficienza energetico-ambientale
degli edifici pubblici non residenziali
(nuovi ed esistenti), sia per quanto
riguarda la struttura, che per quanto
riguarda gli impianti”.
“Il bando – ha aggiunto Donati - prevede
l’erogazione di quasi 6,3 milioni di euro
a favore di 18 progetti che permetteranno di evitare emissioni climalteranti per
oltre 450 tonnellate di CO2 annue”.
Obiettivo del bando, che rientra nel
pacchetto di misure dell’Asse 3 del POR
FESR che destina le risorse europee relative allo sviluppo regionale in tema di
energia, è proprio lo sviluppo energetico
sostenibile, soprattutto attraverso l’utilizzo
delle fonti rinnovabili, il miglioramento
dell’efficienza energetica e la promozione del risparmio energetico, in linea
con quanto previsto dal Piano Energetico
Ambientale Regionale (PEAR).
L’ammontare globale dei bandi emanati
finora è pari a 27 milioni di euro. 43
sono i progetti attualmente in graduatoria, molti dei quali presentati dagli
1
10
Enti locali. Se fossero tutti finanziabili
si attiverebbero oltre 21 milioni di investimento.
“Vorrei sottolineare – ha concluso
l’Assessore Donati - quanto sia lungimirante una pubblica amministrazione
in grado di ottimizzare le sue necessità
energetiche, dimostrando la volontà di
individuare soluzioni votate al risparmio
dei costi gestionali e amministrativi. È
una Pubblica Amministrazione che comunica e promuove l’adozione di buone
pratiche alla comunità e alle aziende e
che dimostra come l’attenzione e il perseguimento di soluzioni sostenibili siano
la reale differenza tra la politica spot e
la politica sostanziale”.
Sempre in tema di efficienza energetica
in edilizia, sono riaperti i termini per la
partecipazione ai corsi di formazione per
certificatori della sostenibilità energetica
e ambientale degli edifici. Il bando,
disponibile su www.ambiente.regione.
marche.it scade il 10 settembre 2010.
CON GLI SCOOTER ELETTRICI, LA REGIONE SALE
IN SELLA AL RISPARMIO
ENERGETICO
Al via il progetto sperimentale
Assessori e funzionari regionali d’ora in
avanti in scooter, nel segno del risparmio economico ed energetico.
Parte così il progetto sperimentale, nato
da una collaborazione tra la Regione e il
Gruppo Loccioni, che punta a sviluppare
sistemi automatici di riduzione e monitoraggio delle emissioni climalteranti.
Si parte con gli scooter elettrici, alimentati da pannelli fotovoltaici realizzati sui
tetti dei palazzi Leopardi, già in dotazione alla Giunta e ai funzionari regionali
per brevi spostamenti.
Prossimo passo, la dotazione di auto
elettriche e la successiva riqualificazione
dell’intera sede della Regione sotto il profilo energetico, con una riduzione dei
consumi termici ed elettrici, presto misu-
di Alberto Piastrellini
rabili attraverso un Leaf Meter dedicato,
un misuratore di emissioni e di consumi
installato proprio a Palazzo Raffaello.
“Il miglior modo di ridurre le emissioni
di gas climalteranti – ha sottolineato il
Presidente della Regione Gian Mario
Spacca - è sicuramente quello di non
produrne. Evitare gli sprechi di energia,
aumentando l’efficienza e ricorrendo
all’innovazione tecnologica, si traduce
direttamente nel taglio di emissioni e nel
risparmio di costi.
È per questo che abbiamo deciso di intraprendere un percorso di risparmio
energetico, passando dalle parole ai
fatti: mentre l’Italia sta pagando pesantissime penali all’Europa per il mancato
rispetto del protocollo di Kyoto, la Regione Marche ha scelto di dotarsi di
strumenti per quantificare le proprie
performance energetico-ambientali al
fine di migliorarle sempre più”.
Ma la “rivoluzione energetica” sarà graduale.
Partirà con la realizzazione di pannelli
fotovoltaici sui palazzi della Regione per
una potenza complessiva di 88 Kw, per
un risparmio di 55 tonnellate di anidride
carbonica all’anno e proseguirà prima
con scooter e poi con auto elettriche.
A testare i nuovi scooter, che consentiranno di percorrere circa 70 km con soli
50 centesimi di euro di ricarica elettrica,
sono stati il Presidente della Regione, Gian
Mario Spacca e gli Assessori Serenella Moroder, Pietro Marcolini e Marco Luchetti.
“Vale più la concretezza di un impegno
che si realizza che mille parole – ha
concluso Spacca - Siamo convinti che il
buon esempio deve venire proprio dalle
pubbliche amministrazioni: Palazzo
Raffaello è stato riqualificato energeticamente con una riduzione dei consumi.
Ma oggi vogliamo spingerci anche oltre,
contribuendo anche a una mobilità sostenibile e non inquinante. Speriamo
di avere presto anche le auto elettriche
che già vengono prodotte nelle Marche.
La scelta di dotarci di mezzi elettrici
sarà anche all’insegna del risparmio
dei costi”.
TECHNORISK
UNA GUIDA SICURA PER LA
STIPULA DI POLIZZE ASSICURATIVE
Intervista all’Amministratore unico della Società di ingegneria assicurativa
che ha nel proprio portafoglio clienti, numerosi enti Pubblici ed aziende della Regione
Il rapporto con la propria Agenzia di
Assicurazione, per molti, si traduce in
un disagio inevitabile, tuttavia, è nel
momento del bisogno che si guarda con
rammarico alla mancata stipula di una
adeguata copertura assicurativa.
Per una Azienda o un Ente Pubblico,
poi, tale strumento assume un’importanza rilevante allorquando in gioco ci
sono responsabilità civili e patrimoniali
da mettere sul tavolo. In questi casi un
aiuto arriva da una figura professionale poco conosciuta, anche fra gli
addetti ai lavori: il broker.
Per meglio conoscere questa figura
e farci raccontare dalla viva voce di
un professionista del settore il proprio
lavoro, abbiamo intervistato Bruno
Versace, Amministratore unico di
Technorisk, Società di ingegneria assicurativa con sede in Ancona.
Versace, può raccontarci brevemente la storia della Società?
La Technorisk è stata creata nel 1995
dopo un lungo, percorso personale
professionale che ho maturato nel mondo delle Assicurazioni sin dal 1968.
La mia esperienza mi ha portato a
ricoprire tutti i ruoli all’interno della gerarchia del settore, sino ad arrivare alla
consulenza per conto di un importante
gruppo svizzero di assicurazioni. Ad un
certo punto della mia carriera ho voluto
compiere il passo verso l’indipendenza
e ho creato, quindi, una apposita So-
cietà di brokeraggio per poter erogare
servizi particolari a favore di Aziende
ed Enti pubblici.
Soprattutto nei confronti di questi ultimi
ho avuto la grande soddisfazione di gestire clienti importanti, cito, ad esempio
il Comune di L’Aquila al quale nel ’98
avevo inserito fra le clausole assicurative proprio il terremoto, cosa che si è
rivelata una scelta azzeccata.
Nel mio portafoglio-clienti ci sono e/o
ci sono stati Provincia e Comune di
Vibo Valenzia, Assisi, Falconara e anche nel settore privato sono riuscito a
raccogliere grandi soddisfazioni, tanto
più oggi quando le Aziende richiedono
la competenza e la professionalità di
un consulente che sappia indirizzarle
verso scelte vantaggiose e faccia da
intermediario con le Compagnie assicurative.
Cosa chiedono le Aziende e gli Enti
che si rivolgono a Technorisk?
Soprattutto gli Enti Pubblici, che spesso
non hanno al loro interno un esperto
del settore, chiedono la gestione dei
contratti e la consulenza. La figura del
broker non costa nulla all’Ente, dal
momento che è pagato dalle stesse
Agenzie e/o Compagnie che poi stipulano i contratti assicurativi e, in questo
senso, il compito del broker è quello di
studiare ed approntare i contratti che
meglio rispondono alle richieste del
cliente, dopo adeguata analisi dei rischi. Poi è l’ente stesso che tramite una
gara pubblica aggiudica i contratti.
Analogamente accade nelle imprese
private, dove è ancora più forte la propensione all’ottimizzazione dei costi ed
al risparmio complessivo, ricercando
un equilibrio fra il premio assicurativo
e le migliori garanzie offerte.
Si consideri che un contratto ben fatto
significa poi garanzia di pagamento veloce da parte delle Compagnie.
Quali sono le coperture assicurative
più richieste dagli Enti pubblici?
Un caso esemplificativo e molto diffuso
è quello legato alla responsabilità civile
dell’Ente in caso di sinistro dovuto ad
incuria stradale. Generalmente è molto
difficile stabilire, in caso di incidente,
se l’infortunio è stato effettivamente
procurato da insidia o trabocchetto, per
cui la Compagnia paga e poi l’Ente si
vede aumentare il premio.
Poi ci sono le richieste di copertura
per la responsabilità patrimoniale di
dipendenti e amministratori oltre quelle
previste per leggi e/o regolamenti.
Si consideri che l’unica assicurazione
obbligatoria, in Italia, è la RC Auto,
tutte le altre sono volontarie, ma se
non vengono stipulate il rischio e la
responsabilità economica della mancata
stipula, ricadono sull’Ente.
Qual è l’entità dei costi per un Ente
pubblico?
Difficile quantificarlo, ma sono relativamente bassi: su un valore mobiliare
ed immobiliare di un milione di euro
se ne pagano circa 300, considerando
che sono coperti rischi quali alluvioni
e terremoti. Tali coperture per un semplice privato che voglia assicurare la
propria abitazione, assumono un costo
molto più
rilevante.
Quindi, il consiglio è: affidatevi ad
un buon broker?
Il nostro apporto si traduce nel miglioramento del rapporto qualità/prezzo
nelle polizze stipulate, dal momento
che solo professionisti di questo tipo riescono ad ottenere sul mercato
prestazioni che altrimenti sarebbero impensabili; proprio in virtù del sistema
di concorrenza innescato fra le Compagnie che il broker gestisce.
Via De Gasperi, 72 - 60125 - Ancona
Tel. 0712814179 - Fax 0712818834
www.technorisk.it
11
ARPA MARCHE
ROBERTO OREFICINI ROSI È IL NUOVO
DIRETTORE GENERALE DELL’ARPAM
di Nazareno Re
del proprio interesse le persone e la loro incolumità; la protezione ambientale
è, invece, un’attività che si manifesta
innanzitutto nei compiti di vigilanza ,
monitoraggio, ispezione che la legge
affida all’ARPAM, dunque meno legata ai momenti di emergenza, anche se
proprio nelle emergenze ambientali,
così almeno mi pare di capire dai primi approcci con questo ambiente, si
manifesta pienamente l’efficienza della struttura agenziale e l’efficacia del
pronto intervento dei nostri tecnici.
Roberto Oreficini Rosi
Direttore generale dell’ARPAM
Roberto Oreficini Rosi, capo del
Dipartimento di Protezione civile della Regione Marche, è stato da pochi
giorni nominato dalla Giunta regionale
Direttore generale dell’ARPAM. Il nuovo incarico, specifica la delibera della
Giunta, non prevede alcun compenso,
dal momento che il campo di attività
dell’ARPAM, così come delineato dalla legge istitutiva 60/97, è in buona
misura complementare a quello della
Protezione civile. Proprio su questo primo punto chiediamo al nuovo direttore
dell’ARPAM un approfondimento.
Dottor Oreficini, fino a che punto si
può affermare che fare protezione
civile e fare protezione ambientale
sono attività complementari?
In effetti, tra le due attività ci sono
molte similitudini e altrettante differenze, che non debbono mai essere
sottovalutate. La protezione civile, pur
con i molti arricchimenti delle proprie
competenze che è venuta conquistando
negli anni e, se mi si consente, con le
buone prove fornite sul campo, resta
pur sempre un’attività che ha al centro
1
12
Dunque il pronto intervento rende
popolare l’ARPAM e ne esalta le caratteristiche..
Sì, ma è assolutamente certo che di
questa popolarità faremmo volentieri
a meno. Se non ci fossero sversamenti
di liquami nei fiumi o nel terreno, se
non ci fossero sversamenti a mare di
prodotti petroliferi, se non ci fossero
le fioriture di alghe tossiche come in
questi giorni di fine estate, saremmo
meno presenti sulla stampa e in tv, ma
il nostro ambiente starebbe certamente
meglio. E questo è l’obiettivo del nostro lavoro.
L’ARPAM ha il compito di fornire
supporto tecnico scientifico sui
temi ambientali agli enti di governo del territorio ma è al contempo
punto di riferimento per i cittadini,
singoli o associati, che reclamano
conoscenza dei dati ambientali.
Come si concilia questo doppio
rapporto?
La conoscenza dei dati ambientali è
oggi un diritto di cittadinanza sancito
da una direttiva europea pienamente
recepita dalla legislazione italiana, ed è
innegabile che la consapevolezza dello
stretto legame tra qualità dell’ambiente e qualità della vita sia largamente
diffusa. Dunque abbiamo un doppio
compito, quello di supportare con i
nostri dati di conoscenza ambientale
le scelte di politica ambientale degli
Enti locali, delle Province e della Regione e, contemporaneamente, di dare
conto del nostro lavoro di vigilanza,
monitoraggio e controllo anche all’opinione pubblica che rivendica in modo
sempre più netto il diritto ad essere
informata.
E com’è organizzato il feedback
dell’ARPAM? In altre parole, l’Agenzia come verifica l’efficacia del
proprio operato?
Da circa due mesi è on line nel nostro sito www.arpa.marche.it un
questionario per verificare il livello di
soddisfazione rispetto ai nostri servizi
da parte di coloro che sono venuti in
contatto con ARPAM. Sono arrivate
sino ad oggi trenta risposte, per i due
terzi (venti) compilate da enti locali,
che sono, com’è naturale, i primi soggetti cui forniamo servizi. Ebbene, il
livello di soddisfazione è per il 67% elevato e per il 12% molto elevato. L’altro
aspetto che voglio segnalare, per concludere, è quello riferito alla mole del
pronto intervento di ARPAM, cioè tutto
quel lavoro di ispezione, non è routinario, ma che viene effettuato a seguito
di segnalazioni. Si tratta di una delle
prime relazioni che ho potuto vedere arrivando in Agenzia, e siccome mi
sembra di grande interesse, credo sia
utile dedicarle uno specifico spazio.
ARPA Marche
Via Caduti del Lavoro, 40 int. 5
60131 Ancona
Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740
[email protected]
www.arpa.marche.it
L’ATTIVITÀ DI PRONTO INTERVENTO DELL’ARPAM
Accanto all’attività di vigilanza e controllo ambientale che la normativa regionale attribuisce all’ARPAM, l’Agenzia svolge una grande mole di
pronto intervento su segnalazione di soggetti esterni, che possono essere gli Enti locali, le forze di Polizia, la Magistratura, i singoli cittadini e/o
le loro associazioni e comitati. Tali segnalazioni giungono alla Direzione tecnico-scientifica ma molto più di frequente alle sedi del Dipartimenti
provinciali dell’ARPAM e riguardano sia le matrici ambientali (es. inquinamento dell’acqua e dell’aria, anomalie nel ciclo dei rifiuti) che emissioni
inquinanti (es. i rumori e le radiazioni elettromagnetiche). Al fine di dare conto di questa mole di lavoro, che testimonia le capacità operative
dell’Agenzia e al tempo stesso la rapidità con cui esse vengono messe in atto, abbiamo elaborato i dati del pronto intervento su segnalazioni giunte
alla Direzione tecnico scientifica nell’arco temporale 2001-2009. I dati relativi alle segnalazioni giunte ai Dipartimenti provinciali ARPAM, molto
più numerose, sono ancora in fase di elaborazione. Per quanto riguarda la provenienza delle segnalazioni, il grafico 1 illustra la forte sensibilità
ambientale dei cittadini marchigiani che da soli, o tramite le loro associazioni/comitati, raggiungono il 62% delle segnalazioni.
Il grafico 2 rappresenta l’oggetto delle segnalazioni, e di conseguenza la natura degli interventi dell’ARPAM
Il grafico 3 infine rappresenta la distribuzione territoriale degli interventi e dunque la ripartizione del coinvolgimento dei Dipartimenti provinciali dell’Agenzia.
È bene ricordare, per concludere, che queste elaborazioni riguardano esclusivamente le segnalazioni giunte alla Direzione tecnico scientifica
dell’Agenzia.
13
COSMARI
“L’IMPRONTA ECOLOGICA
NELLA MODA E NEL DESIGN”
Anche il COSMARI ha partecipato, promuovendo un proprio
evento all’edizione 2010 del Gran Galà della Moda di San
Severino Marche. Un successo su tutta la linea per l’organizzazione dell’Associazione Attività Produttive di Renzo Leonori
e per il Direttore artistico dell’evento Marco Moscatelli, che
con la regista Chiara Nadenich firma anche la produzione
a nome di Fabbrica Eventi.
Dopo l’apertura dei lavori col convegno incentrato sul tema
“L’impronta ecologica nella moda e nel design” di mercoledì
pomeriggio, condotto dall’esperto in materia di ecosostenibilità Luca Romagnoli, in serata sono sfilate sulla scalinata
di Villa Collio le collezioni create dai giovani dell’Università
di Urbino - corso di Design e Moda presieduto da Galliano
Crinella - e degli istituti superiori di moda della provincia
di Macerata, con tanto di assegnazione di premi, dal valore
economico, ai capi che la giuria presieduta dallo stilista
Piero Guidi ha ritenuto più meritevoli.
La platea era una sfida interessante e il dibattito si è attrezzato per non deluderla: di fronte agli studenti del corso
di Design e Moda dell’Università di Urbino e degli istituti
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superiori di moda del territorio, il convegno “L’impronta
ecologica nella moda e nel design” ha aperto l’edizione
2010 del gran Galà della Moda. In una Villa Collio finalmente
baciata dal sole, presa d’assalto da ragazzi aspiranti stilisti
con i loro mille colori e le opere esposte in sala - pronte
per passare, in serata, alla scalinata che fa da passerella per
le tre sfilate - si sono alternati autorità, tecnici ed esperti in
un tema delicato, quello dell’ecocompatibilità in un settore
cardine della produzione locale ed italiana.
L’iniziativa, voluta dal Presidente del COSMARI Fabio Eusebi,
dal Presidente dell’Associazione Attività Produttive Renzo
Leonori e appoggiata dal Sindaco Cesare Martini, fa da
seconda tappa al processo di ampliamento culturale che il
gran Galà ha intrapreso dall’anno scorso con il tema dell’internazionalizzazione del Made in Marche. Quest’anno ci si è
focalizzati sul Made in Italy e su come ottimizzare quest’eccellenza senza ridurre Madre Natura ai minimi termini.
“Sta nascendo una forte attenzione verso la sostenibilità per il Presidente nazionale moda Confartigianato Giuseppe
Mazzarella - per informare il consumatore che oltre alla
qualità del prodotto il valore aggiunto del Made in Italy deve
essere il riguardo verso
le materie prime che lo
compongono”.
Ha fatto non solo eco,
ma ha anche portato esempi Mario
Cicconi di Confartigianato Marche, con capi
di pelletteria risultati da
materie naturali, assolutamente unici.
Fabio Eusebi, Presidente del COSMARI, è stato
chiaro: “In ogni momento della vita mettiamo in
gioco due sfide: energia e
ambiente. Non possiamo
sfruttare la terra ancora per molto, dobbiamo
ripensare i consumi e
l’utilizzo di risorse, ma
ciò non significa andare
incontro a rinunce, anzi. Oggi possiamo trarre
molto dal riciclo, il COSMARI - uno dei migliori
consorzi del centro Italia
- lo dimostra”. Questa
dimostrazione l’ha quantificata il moderatore Luca
Romagnoli, che ha presentato in serata la sfilata
dei capi degli studenti
accanto a Chiara Giallonardo della RAI: ogni
cittadino della provincia
produce 1,4 kg di rifiuti
al giorno, di cui oltre il
60% viene riciclato dal
COSMARI e reimmesso
nel mercato.
Per il Consorzio Nazionale Acciaio era presente Roberto Paoloni, che ha messo in evidenza l’attività e gli ottimi risultati
raggiunti dal Consorzio nella raccolta degli imballaggi in acciaio, mettendo in risalto l’importanza di iniziative del genere
dove, giustamente, il riutilizzo viene prima del riciclo.
Paolo Capponi di Confartigianato Moda Macerata ha illustrato
il marchio 100% Made in Italy, che garantisce per legge al
capo ideazione, produzione e confezionamento in territorio
italiano. Un valore aggiunto che va oltre il semplice Made
in Italy e che gli artigiani maceratesi stanno sposando in
maniera importante. Ben si sposa con questa linea il pro-
getto “RifUse”, illustrato
da Laura Boccanera,
nato dalla semplice idea
di usare il rifiuto come
risorsa di design. Una
performance animata
dai ragazzi su oggetti di
design quotidiano come
sedie, lampade e appendiabiti ha mostrato come
una seconda vita del prodotto sia non solo bella,
ma anche funzionale.
Nella sfilata serale sono
stati infine consegnati i
premi agli studenti per
le loro collezioni, con riconoscimenti economici
a quelle che la giuria
presieduta dal famoso
stilista Piero Guidi ha
decretato meritevoli del
premio “Creatività e Moda 2010”, ovviamente
improntato al riciclo e
all’ecosostenibilità.
“Perché questa terra - ha
concluso Romagnoli
citando un motto Sioux non ci è stata regalata dai
nostri padri, ma ci è stata
prestata dai nostri figli”.
Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti
Sede legale e operativa
Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC)
Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014
[email protected] - www.cosmari.sinp.net
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