CHIGIANA - UNICO SETT. 2007
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CHIGIANA - UNICO SETT. 2007 22-06-2007 11:34 Pagina 226 226 esibì pure come solista in alcuni concerti per violino, acquisendo così una notevole cognizione tecnica e sonora dello strumento (che Brahms invece, ad esempio, non aveva). L’idea di scrivere un concerto per lo strumento tanto amato (ma secondo un abbinamento che sul finire dell’Ottocento, soprattutto con Brahms e Cajkovskij, aveva conosciuto nuova fortuna) si era affacciata prepotentemente nella mente di Sibelius già nell’estate del 1902, e l’anno successivo aveva inizio la gestazione vera e propria della partitura, che fu lunga e laboriosa in parte anche per le continue difficoltà economiche in cui versava il compositore e per il malessere legato alla sua facile propensione all’alcool. Finalmente, l’8 Febbraio 1904, ad Helsinki, il Concerto per violino conobbe la sua prima esecuzione, con solista Viktor Nováček e direttore lo stesso Sibelius. L’esito, tuttavia, fu tutt’altro che entusiasmante: al nuovo lavoro di Sibelius la critica riservò un garbato apprezzamento, ma in sostanza rimproverò al musicista di non aver saputo dire niente di nuovo. A decretare la tiepida accoglienza pare però avesse contribuito anche l’assai modesta prova interpretativa di Nováček. Sibelius, comunque insoddisfatto, decise di ritirare il lavoro e dedicarsi nuovamente a quella che lui stesso chiamava la sua “segreta, grande preoccupazione di questo periodo”, per sottoporla ad una consistente rielaborazione: il Concerto in re minore ebbe così un nuovo battesimo, il 19 Ottobre 1905, stavolta a Berlino, con interpreti Karel Halir, primo violino dell’orchestra berlinese (ma il lavoro sarebbe stato dedicato al virtuoso ungherese Franz von Vécsey, che poi l’avrebbe largamente fatto circolare) e la bacchetta nientemeno che di Richard Strauss (già paladino nella diffusione della Seconda Sinfonia); e la versione presentata, più equilibrata nella scrittura strumentale e resa più leggera nella parte violinistica rispetto all’originale, era quella che da allora avrebbe imposto il Concerto per violino di Sibelius nelle sale da concerto di tutto il mondo e di ogni tempo. Classicamente concepito in tre movimenti, il Concerto per violino op. 47 di Sibelius possiede solidità formale e vigore, ma una delle ragioni principali del suo fascino rimane in quel “languore appassionato di un melodizzare tipicamente nordico” (Sergio Sablich), in quella tinta malinconica e brumosa che appartiene ai paesaggi immoti e misteriosi della Finlandia e che spesso, quasi inevitabilmente verrebbe da dire, si ritrova nella musica di Sibelius. Un’atmosfera respirata fin dall’Allegro moderato d’inizio, con il violino che si presenta subito, senza alcun preambolo (ma a Sibelius, lo sappiamo, i preludi erano tutt’altro che graditi), attaccando una melodia sommessa e malinconicamente elegiaca, mentre i violini con sordina stendono il loro tappeto di sussurri a consono sostegno. Ed è ancora il solo violino, attraverso una successione incalzante di movimentati ed impegnativi passaggi, a portare il discorso verso un nuovo tema, più ardente ed