Tunisi è una dimensione di sogno e espansione

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Tunisi è una dimensione di sogno e espansione
Tunisi è una dimensione di sogno e espansione interiore
BEATRICE PAGAN 5 FEBBRAIO 2015 1
Lo dice la giornalista, blogger e scrittrice Ilaria Guidantoni. Che consiglia alcuni luoghi fuori
dai tracciati turistici.
La giornalista, blogger e scrittrice Ilaria Guidantoni ha
recentemente pubblicato, insieme alla studiosa dell‟Università di Torino Maria Grazia Turri, il libro Il
potere delle donne arabe (Edizioni Mimesis). Il saggio è dedicato al femminile e alle donne nel
Mediterraneo della sponda sud e del mondo arabo-musulmano. Il titolo accenna all‟obiettivo di
superare luoghi comuni e stereotipi per affermare la forza della donna dei paesi arabo-musulmani
e tra le pagine si rivela un panorama, in parte sconosciuto, delle relazioni che caratterizzano la vita
delle donne, attraverso contributi che esplorano l‟universo femminile in tutti i suoi possibili aspetti,
oltre a presentare due focus su Tunisia e Iraq, paesi conosciuti direttamente dalle due autrici. A
OggiViaggi, Ilaria Guidantoni racconta molti dettagli e curiosità legate alla città di Tunisi a cui è
particolarmente legata e che rappresenta un tassello importante della sua vita, dal punto di vista
personale e professionale.
DOMANDA. Quando è arrivata per la prima volta a Tunisi?
RISPOSTA. A fine 2008, per caso in fondo, quando cominciava il periodo più duro del regime di
Ben „Alī, l‟ultimo, perché come sempre accade le dittature verso la fine si esasperano.
D. Cosa l’ha colpita maggiormente durante il suo primo soggiorno?
R. La luce e quel misto di sentirsi a casa eppure in una dimensione di altrove. E‟ stato come
ritrovarsi, in una dimensione originaria che in Europa si è persa, il piacere della scoperta, il senso
profondo del tempo da assaporare come un caffè da sorseggiare che alla fine si beve freddo;
inoltre la facilità di incontrare gli altri, a cominciare dall‟abitudine, specie nei quartieri popolari, di
salutarsi anche senza conoscersi.
D. Per quale motivo si è formato un legame speciale con la città?
R. La Tunisia è diventata la mia patria del cuore forse perché l‟ho scelta, forse anche per quella
pagina della sua storia particolare che mi sono trovata a vivere, che ha cambiato in parte la mia, di
storia, e che mi ha spinto a scriverne. Lì ho scoperto un‟identità personale che non avevo messo a
fuoco, l‟appartenenza al Mediterraneo e alla sua cultura classica che non è solo greco-romana o
cristiana ma anche arabo-musulmana e che è oltre la dimensione degli stati nazionali. La Tunisia
tra l‟altro è un laboratorio di intercultura da sempre che la rivolta del gennaio 2011 ha riaperto dopo
anni nei quali il paese era rimasto congelato. Credo che i rivolgimenti che l‟hanno interessata non
possano essere ignorati neppure in Europa, sia nel bene sia nelle derive.
D. E a livello personale cosa ha significato per lei?
R. La Tunisia è un paese giovane e vivo che mi ha rimesso in discussione. Lì ho trovato molta
cultura italiana, antica e moderna, che non sapevo che esistesse perché i nostri libri di scuola non
l‟hanno raccontata. E‟ stato un processo graduale che mi ha portato a scrivere nel gennaio 2013 a
due anni dalla rivolta Chiacchiere, datteri e thé. Viaggio in una società che cambia (Albeggi
Edizioni) e ora a rileggere la storia del Mediterraneo e delle sue relazioni intrecciate. In primavera
uscirà Corrispondenze mediterranee. Viaggio nel sale e nel vento (Oltre Edizioni).
D. Quali le fasi principali?
R. Se ne sono succedute diverse, dalla laicizzazione forzata degli ultimi anni del vecchio regime
con l‟esasperazione della connivenza tra potere politico e giudiziario; all‟entusiasmo, forse un po‟
ingenuo per la rivolta, alla delusione, al rischio della deriva e della regressione, dopo un periodo di
smarrimento; fino allo stallo, alla rinuncia e poi alla svolta, con la nuova costituzione approvata il
26 gennaio 2014 e le elezioni politiche del 26 ottobre scorso e le presidenziali del 23 novembre
2014.
D. Qual è la situazione attuale?
R. Oggi il paese si è rimesso in marcia, non senza aver registrato i segni di questi anni turbolenti: il
bisogno di ridisegnare il mondo del lavoro, contrattualizzato, sindacalizzato, con il diritto di
sciopero e di manifestare riconosciuti, ma anche la capacità di perseverare nella disciplina; la
necessità di trovare una mediazione tra ordine e libertà, dopo che la Tunisia è diventata meno
sicura, meno pulita, meno efficiente; la capacità di recuperare una scuola di qualità e una cultura
che non rappresenti solo il risveglio emozionale dopo anni di silenzio imposto quanto una vera e
propria rinascita.
D. Ci sono stati degli elementi rimasti invariati?
R. Una costante è la centralità della posizione della donna, elemento rivelatore dello stato di una
società, che ha subito la laicizzazione forzata dell‟epoca dei Trabelsi e il modello peggiore del
consumismo; quindi si è fatta carico, nei giorni della rivolta, di reclamare libertà e insieme
responsabilità, invitando alla concretezza e rivendicando le cosiddette tre riserve legate,
rispettivamente alla legittima sull‟eredità; la patria potestà condivisa e la pari opportunità nella vita
pubblica. In quest‟ultimo aspetto la Tunisia ha dimostrato di essere all‟avanguardia a livello
internazionale con un impegno dichiarato dello Stato in prima linea. Forse chi ancora non è
cambiato sono i giovani, rinunciatari, imprigionati dal sistema, emarginati e diseducati da vent‟anni
di vuoto. Oggi sono spesso più conservatori dei genitori o, all‟opposto, provocatoriamente ribelli.
D. E per lei che importanza ha avuto questo viaggio nella sua vita e professione? Tunisi l’ha
in qualche modo cambiata?
R. Radicale. E‟ stata la svolta. La scoperta della tortura in un mondo così vicino a noi e
apparentemente così „domestico‟ mi ha scombussolata così come l‟ignoranza dell‟informazione
storica come sull‟attualità. Questo mi ha fatto dire che la Tunisia meritava di avere una voce in
campo, anche se è un piccolo paese con poche risorse. La rivolta è stata all‟origine della mia
conversione alla scrittura come professione; complice forse anche la crisi che viveva l‟Italia e che
non mi dava ossigeno per continuare la mia professione giornalistica e di consulente strategico per
la comunicazione e le relazioni istituzionali.
D. Qual è stato il primo impatto con la quotidianità degli abitanti?
R. L‟impatto è stato naturale. Mi sono sentita subito a casa anche se per vivere la vera quotidianità
e sentirsi una di loro credo che sia fondamentale masticare un po‟ di arabo. Questo ha cambiato la
mia prospettiva. E‟ vero che ci sono persone che vivono da dieci, vent‟anni in Tunisia e con il
francese riescono a disimpegnarsi in ogni situazione ma è comunque una sopravvivenza che li
esclude da certi ambienti e da certe prospettive.
D. C’è stata qualche differenza, in positivo o in negativo, rispetto all’Italia che ha notato?
R. In negativo per chi è abituato al ritmo europeo è la lentezza che è anche cura dell‟altro ma in
alcuni momenti diventa invalidante perché non è una scelta, è il solo modo che conoscono per
vivere. Un esempio banale: alla cassa del supermercato c‟è un addetto che aiuta a mettere i
prodotti nei sacchetti e nessuno spinge o si spazientisce se si rallenta o si scambiano due parole
con il cassiere; se però si ha fretta in un negozio può capitare di dover attendere che il proprietario
o il commesso abbia finito le sue chiacchiere. C‟è un‟apertura incredibile rispetto alla propria casa.
Ricordo che il primo anno durante il ramađan in spiaggia ho conosciuto delle signore che mi hanno
invitato a casa loro senza sapere chi fossi per una cena rituale. Inimmaginabile per noi accogliere
a Natale una persona appena incontrata. Certo bisogna poi far capire che non si può passare da
casa senza avvisare o chiedere notizie della vita personale dell‟altro senza essere autorizzati a
farlo. Nel tempo però si impara a prendere le misure.
Sidi Bou Said, Tunisia.
Il museo Erlanger in una fotografia scattata da Ilaria Guidantoni.
D. Il suo nuovo libro è dedicato all’universo femminile, cosa contraddistingue la vita a
Tunisi per una donna?
R. Come cerco di spiegare ne‟ Il potere delle donne arabe (Mimesis Edizioni), scritto con Maria
Grazia Turri, difficile se non impossibile parlare di una donna araba come una categoria
omogenea, così come stabilire l‟equazione arabo-musulmano. Partendo da questa premessa, che
sviluppo ampiamente, è difficile standardizzare la donna tunisina e perfino tunisoise, della
Capitale.
D. Per quale motivo?
R. Una grande città è un insieme di microcosmi, al sud più separati che in Italia o in Europa. E‟
come tornare indietro, agli anni ‟50 del Novecento, e vedere varie fasce della popolazione con una
varietà e tipizzazione maggiore di quella che è da noi. A seconda dei quartieri c‟è uno stile, con un
tocco francese, sofisticato e decontracté, a la Marsa nella banlieue nord; snob e molto modaiolo,
nel quartiere affari di Berges du Lac; più tradizionale nelle zone di Megrine, banlieue sud dove le
donne velate aumentano considerevolmente. Nel centro spesso le persone sono vestite in modo
qualsiasi, senza alcuna cura, mentre in certi angoli della vecchia medina si vedono ancora le
persone con il loro abito bianco tradizionale, il sefseri, che sta sparendo. Questo tratto, il più
superficiale, basta a connotare la varietà delle donne a Tunisi che fanno tutti i mestieri senza
alcuna preclusione e fanno rete tra di loro. Non deve stupire se una ragazza velata dagli abiti
morbidi è al caffè accanto ad un‟amica in minigonna e unghie rosse. Le barriere tra le donne non
esistono.
D. Ovvero?
R. Corrono le donne come ovunque, si sobbarcano più lavoro degli uomini, studiano di più e si
occupano decisamente con maggior dedizione dei figli ma non rinunciano ai loro spazi di incontro
e di cura, nemmeno tra le persone più semplici. Sono particolarmente apprezzate nel mondo della
salute e della cura della persona e questo è legato alla politica sanitaria e di emancipazione della
donna degli anni ‟60 del Novecento di Bourguiba. Infatti, soprattutto a Tunisi e nel nord del Paese
la media dei figli è più o meno allineata con l‟Italia. In generale la donna tunisina, soprattutto
giovane, è colta e curata e anche quella più tradizionale è decisamente motivata a lavorare e a
disporre della propria indipendenza almeno nella vita pubblica dove la parità è più diffusa rispetto
alle mura domestiche. Se dovessi paragonarle a quelle italiane, salta all‟occhio la differenza di
tempo che passano in cucina: a Tunisi si cucina ancora tanto.
D. La città è una meta molto conosciuta, ma ci sono angoli considerati forse meno turistici
ma in grado di riassumere bene l’essenza di Tunisi?
R. Tunisi e in genere la Tunisia sono visitati in modo molto turistico e superficiale, più di quanto
accada altrove. Cominciando da Sidi Bou Said, molto conosciuta dove le persone fanno sempre lo
stesso giro, io consiglio di saltare la casa berbera e i negozietti commerciali per visitare la casa
degli strumenti musicali africani del Barone d‟Erlanger e inoltrarsi in alcune gallerie artistiche,
magari defilate come quella di Aicha Gorgi dove si respira la storia e la cultura locale. Così a la
marsa, oltre la corniche, qualche ristorante chic, belle ville e negozi raffinati, vale la pena di
scendere verso la spiaggia, cercando le ville liberty come quella del boucher del bey, il signore di
Tunisi fino alla Repubblica o entrare nelle case dove si svolge la vita culturale e sociale di Tunisi
più che altrove; non si può mancare il Bardo, museo rinnovato e ora gestito insieme al Louvre, ma
è bello perdersi in angoli della medina popolare verso Tourbet el-bey scendendo dal souq de la
laine o ancora passeggiare nel centro, salire sulla terrazza dell‟hotel majestic che ha compiuto da
poco un secolo e fra strade e stradine, forse maleodoranti e maltenute, cercare le vestigia francesi
e molto italiane della Tunisi tra otto e novecento. A La Goulette, ad esempio, la chiesetta di
Sant‟Agostino, accanto alla moschea, conserva la Madonna di Trapani che a Ferragosto viene
ancora portata in processione, qui arrivata con gli emigranti siciliani. Non è solo la bellezza di un
angolo quanto la storia che ci svela che dà un sapore alla città.
D. Quali luoghi pensa siano imperdibili, in particolare per chi ama approfondire la cultura e
la storia di un paese?
R. Per me certamente le librerie e a Tunisi, se è vero che non sono molte, sono luoghi preziosi
anche per conoscere una letteratura praticamente non tradotta in italiano. I luoghi di culto sono un
altro specchio soprattutto dove a Tunisi convivono a stretto gomito moschee, chiese e sinagoghe,
chiese cattoliche e ortodosse, mausolei e cappelle. Vecchi negozi, locali che hanno conosciuto
generazioni diverse, personaggi noti e sconosciuti e le case quando sono animate e vissute, come
alcuni circoli perché è l‟incontro con le persone che fa la differenza e che non è sostituibile.
Possiamo conoscere a menadito un museo leggendolo e guardandolo in un libro ma non cogliere il
sapore di una città. In questo senso il mercato centrale, dietro l‟avenue Bourguiba è un luogo
imperdibile per me. E‟ il luogo dove le persone più varie si riuniscono e come mi disse una donna
tunisina è il posto dove, come in sala parto, le donne sono tutte uguali, italiane, francesi o tunisine;
cristiane, musulmane o ebree.
D. Dal punto di vista gastronomico, invece, quali piatti tipici sono da provare e quali invece
da evitare?
R. Buona, decisamente mediterranea, la cucina tunisina non è particolarmente varia ma gode di un
ottimo olio d‟oliva, nel 2014 secondo produttore mondiale che detto da me, fiorentina, penso sia
davvero un complimento. Anche la produzione vinicola è gradevole e sempre più curata, forse la
migliore tra i paesi arabi, gelosamente difesa tanto che a parte qualche champagne nei grandi
alberghi, non si trovano vini stranieri. Immancabile il thé verde alla menta con la variante locale di
mandorle o pinoli aggiunti e i dolci tipici da comprare soprattutto nella vecchia medina. A Kairouan
sono da assaggiare i maqrouđ e il pane basso rotondo. Ottimo quello di orzo. Purtroppo per lo più
si trova la baguette, buona e sfornata calda a tutte le ore anche la domenica, che personalmente
non gradisco. Olive, tonno e harissa, la spezia rossa piccante, a dire il vero un mix, sono molto
gustose. Il pesce locale è di buon livello anche se non cucinato in grandi varietà.
D. C’è qualcosa in grado di stupire?
R. Sembrerà incredibile ma nei ristoranti di Tunisi si mangia un‟ottima pasta con i frutti di mare,
probabilmente di scuola siciliana. D‟altronde la Tunisia è il secondo consumatore di pasta al
mondo dopo l‟Italia e l‟unico che può competere in cucina. Oggi la cucina è soprattutto nel nord
contaminata da quella italiana e francese, reinterpretata e modernizzata, ma anche con quella
ebraica. Direi anche per fortuna non esiste più la cucina tipica povera perché forse è lontana dal
nostro gusto: piatti unici dove uova e carne, con salse e verdure compongono un insieme denso e
non sempre armonico. Per finire i datteri naturali, che sono un mondo del quale noi conosciamo
troppo poco.
D. C’è un colore o un profumo che associa immediatamente alla città?
R. Il profumo del gelsomino, l‟odore zuccheroso della pasta di mandorla misto al piccante della
harissa, quel confondersi di profumi soavi e di afrori densi eppure a loro modo invitanti. Negli occhi
ho il rosa intenso delle bouganvillee rampicanti che si stagliano sui muri bianchi a calce con gli
infissi lucidi, turchese bollente.
D. C’è un aneddoto in particolare che associa a Tunisi?
R. La storia di Didone, alias, Alyssa, la mitica fondatrice di Cartagine perché mi ha aperto gli occhi
sui possibili modi diversi di leggere la storia. Questa “eroina”, femminista ante litteram, figlia del re
di Tiro, ancora presente sulle banconote da dieci dinari è il simbolo di una Tunisia che è femmina e
femminista, dove anche gli uomini si dice siano femministi, a dispetto dell‟idea machista dell‟uomo
arabo. Ed è un complimento.
D. Pensa ci siano dei pregiudizi o stereotipi legati alla città totalmente infondati?
R. Soprattutto quello che la Tunisia e Tunisi siano luoghi insicuri mentre sono assolutamente più
sicuri dell‟Italia, questo è evidente. Che per una donna sia difficile vivere in Tunisia e che le donne
tunisine siano sottomesse. Questo può essere vero in alcuni strati della popolazione e soprattutto
in alcune zone dell‟entroterra rurale al sud ma in generale la donna tunisina – maghrebina in senso
ampio – è molto consapevole, più istruita dell‟uomo (il 60 % centro dei laureati è donna) e più
emancipata mentalmente.
D. Perché pensa esistano queste idee?
R. Forse le categorie e le apparenze ci tradiscono perché le categorie del pensiero europeo sono
differenti, come cerco di spiegare nel saggio appena uscito. Il perché è semplice: è un mondo
diverso, filtrato solo dall‟informazione superficiale, piegata alla volontà e alla strumentalizzazione
politica ma soprattutto occorre umiltà e molta dedizione e studio per capirlo. Quasi nessuno ha
voglia di mettersi in gioco.»
D. A che tipo di viaggiatore consiglierebbe una vacanza in questa località?
R. La Tunisia è per tutti i gusti perché come un dialogo platonico può essere letto a livelli diversi. E‟
ideale per famiglie con bambini, per chi vuole assaggiare l‟esotico a portata di mano e sicuro, per
chi desidera viaggiare da solo ché solo non resterà a lungo, perché è un paese sicuro e adatto a
sole donne. E‟ un luogo che offre la possibilità di continuare a vivere la propria quotidianità, dove si
trovano luoghi di aggregazione, di divertimento, cultura, sport, natura. Purtroppo la Tunisia è
conosciuta per aspetti non significativi, sostanzialmente la vacanza stagionale marittima di tipo
standard e artificiale come il villaggio o il lusso esclusivo e un po‟ artificiale.
D. Quale pensa potrebbe essere la colonna sonora ideale durante un viaggio in questa
zona?
R. Dopo la rivolta i giovani hanno riscoperto e reinventato la canzone tradizionale dandole una
connotazione di impegno civile come nel caso di Ãmel Mathlouti e della sua Kelmti horra – la mia
parola è libera – e il rap che prima del 2011 non esisteva, almeno non in versione araba e poi è
esploso. Io ho cominciato a sentire il rap in arabo e ho scoperto un nuovo mondo compresa la
versione di Bella ciao in arabo.
Tunisi, Tunisia.
Due giovani avvolte nella bandiera nazionale l‟8 marzo, festa della donna.
D. Cosa le manca dell’Italia quando si trova a Tunisi e viceversa?
R. Dell‟Italia mi manca la città nella sua densità e profondità che è una dimensione tipica
dell‟Europa, soprattutto mediterranea e centrale, i suoi palazzi, le chiese, quell‟essere contornata
di arte. Le strade qui fanno compagnia. Anche un po‟ il cinema che in Tunisia non è così diffuso. Di
Tunisi mi manca l‟atmosfera, quella dimensione di sogno, di espansione interiore, di incontro e di
libertà, forse di evasione; di smania e anche di incertezza nel costruire. C‟è un‟inconsistenza da
entrambe le parti, ma al sud c‟è quell‟essere svagato e a volte rinunciatario dell‟adolescente; sulla
sponda nord, la stanchezza del vivere.
CHI E’ ILARIA GUIDANTONI
Fiorentina di nascita, vive e lavora tra Roma, Milano e Tunisi. Giornalista Scrittrice e Bloguère, si dedica alla
mediterraneità, in particolare al dialogo interreligioso e interculturale, all‟evoluzione del femminile, alle rivolte
arabe e alla cooperazione tra le due sponde. Ha pubblicato il saggio Vite sicure. Viaggio tra strade e
parole(Edizioni della Sera, marzo 2010); la raccolta di poesie e racconti Prima che sia Buio (Colosseo
Grafica Editoriale, novembre 2010); l‟istant book I giorni del gelsomino (P&I Edizioni, febbraio 2011); il
romanzo verità Tunisi, taxi di sola andata (NO REPLY Editore, marzo 2012). Il 14 gennaio 2013 è uscito il
reportageChiacchiere, datteri e thé – Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi Edizioni); la
seconda edizione, in versione ebook è del gennaio 2014. Il 25 novembre 2013 è uscito il
racconto Chéhérazade non abita qui nel libro collettivo Chiamarlo amore non si può (Casa Editrice
Mammeonline di Foggia), un‟iniziativa rivolta agli adolescenti per prevenire la violenza di genere. Ha
collaborato con il Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo per le voci l‟osmosi siciliana in
Tunisia, l‟emigrazione italiana interna nel Novecento e i lavoratori italiani nelle miniere nel mondo
(SERItaliAteneo, maggio 2014). In autunno sono usciti Il potere delle donne arabe (Mimesis Editore)
e Marsiglia-Algeri, Viaggio al chiaro di luna, un reportage sull’attualità algerina (Albeggi Edizioni). Nel 2015 è
prevista la pubblicazione del romanzoCorrispondenze mediterranee (titolo provvisorio, Oltre Edizioni). Da
novembre 2014 è direttore del quotidiano on line Saltinaria.it , per il quale cura recensioni di libri, mostre
d‟arte e spettacoli teatrali. Per un lungo periodo si è occupata di sviluppo del territorio e infrastrutture, con
particolare attenzione alla sicurezza stradale, in qualità di consulente per aziende, istituzioni e associazioni
per le relazioni istituzionali (quali la Fondazione Censis, Anci Cni, Tecla, Fotocronache Olympia-Publifoto,
Mac di Treviso, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Uir, Anita, Assosegnaletica); ha diretto la
rivista Sviluppo Impresa; è stata titolare della rubrica Politiche e infrastrutture per il mensile Le Strade e per
molti anni collaboratore del settimanale Edilizia e Territorio de‟ Il Sole 24 Ore e di alcune riviste dell‟editore
Tecniche Nuove. E‟ stata nel Cda di alcune istituzioni quali il gruppo inEvoluzione.com spa e Bic Lazio
spa. Nel Dicembre 2014 riceve il premio per i Diritti Umani 2014 XVI edizione Salento porta d‟Oriente,
Omaggio a Nelson Mandela. Tra gli interessi personali la cucina e alimentazione – è diplomata Sommelier
presso l‟A.I.S.-Associazione Italiana Sommelier e ha seguito un Corso di Nutrizionismo; e l‟allestimento
Mostre ed eventi artistici per gallerie private e a cataloghi. Ultima realizzazione a Milano all‟Oratorio della
Passione di Sant‟Ambrogio, personale di Roberta Conigliaro dedicata alla poetessa Antonia Pozzi,
novembre 2013.
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