Bartolo Mascarello, ed oggi sua figlia Maria Teresa, stato

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Bartolo Mascarello, ed oggi sua figlia Maria Teresa, stato
Divinis® è lieto di proporvi
“DI...VINO, MA NON SOLO…”
Martedì 10/2/2004
Il Barolo di Bartolo Mascarello
BAROLO 1996
Bartolo Mascarello ~ Barolo (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ 14°
“1996 ~ Annata grande. Vino di grande corpo e struttura. Robusta tannicità accompagnata da acidità elevata. Profumi
complessi, gusto ricco in lenta evoluzione. Barolo importante, classico destinato al lungo invecchiamento.” Maurizio Rosso
BAROLO 1989
Bartolo Mascarello ~ Barolo (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ 13,5°
“1989 ~ Annata grande. Vino di notevole struttura ed equilibrio; di profumo ampio, intenso e complesso; gusto generoso
e pieno con tannicità elegante, ottima stoffa e persistenza; lunga vitalità. Maestoso” Renato Ratti
BAROLO 1986
Bartolo Mascarello ~ Barolo (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ 13,5°
“1986 ~ Annata ottima. Vino di grande armonia, buona stoffa, pieno, elegante, di intenso ampio profumo, gradevole
carattere. Produzione molto limitata a causa di grandinata primaverile. Elegante” Renato Ratti
BAROLO 1971
Bartolo Mascarello ~ Barolo (CN)
Barolo D.O.C. ~ 14°
“1971 ~ Annata eccezionale. Vino splendido per l’armonia e l’equilibrio, eccezionalmente vellutato, profumo intenso,
elegantissimo. Maestoso” Renato Ratti
BAROLO 1964
Bartolo Mascarello ~ Barolo (CN)
Barolo D.O.C. ~ 14°
“1964 ~ Annata grande. Vino di magnifico equilibrio, di corpo completo, profumo intenso e pieno, forse un po’ troppo duro,
adatto a lunga vita. Maestoso” Renato Ratti
I commenti di Renato Ratti e Maurizio Rosso si riferiscono in generale alle caratteristiche dell’annata e
sono tratti da “Barolo, Personaggi e Mito” di Maurizio Rosso e Chris Meier edizioni Omega Arte
Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino, orientato alla qualità e non alla quantità.
Bartolo Mascarello
Bartolo Mascarello è stato un grande innovatore ed oggi sua figlia Maria Teresa ne ha ereditato la forza
dirompente ed il coraggio.
Queste affermazioni possono sembrare paradossali visto che Bartolo Mascarello viene presentato come il
paladino della tradizione, eppure guardando alla sua storia da un’angolazione leggermente diversa si può
percepire il messaggio inscritto nel suo lavoro che è sempre stato teso verso la valorizzazione di un territorio,
Barolo, e di un vitigno, il Nebbiolo.
Oggi sotto la bandiera della territorialità si radunano le aziende ed i personaggi più disparati, alcuni a ragion
veduta, altri cavalcando l’onda della moda. La valorizzazione del territorio sembra essere diventato
l’imperativo categorico di molti produttori delle Langhe e non solo.
Altra cosa é compiere queste scelte alla metà del novecento, con la guerra appena conclusa, la miseria che bussa
alle porte e la difficoltà di proporre un vino “difficile” come il Barolo.
Altra cosa ancora é mantenere i nervi saldi quando il proprio prodotto, il Barolo, diviene oggetto di culto ed i
clienti fanno la fila davanti alla porta o semplicemente invadono la regione, le Langhe, per accaparrarsi qualche
bottiglia. Allora diventa facile cercare di accaparrarsi qualche metro quadrato in più di vigna, magari in zone
non proprio vocate, per avere la possibilità di produrne qualcuna in più di queste bottiglie. Altrettanto facile,
soprattutto in questi ultimi anni, dotare la cantina di tecnologie sempre più sofisticate ed efficaci per correggere
eventuali problemi che si sono presentati in vigna.
Il vino non è che il risultato finale di un lungo lavoro che si conclude in cantina, ma comincia molto lontano e
passa, appunto, per la vigna. Ma la vigna è un microcosmo facente parte di un sistema più complesso ed
articolato chiamato “territorio” e non può essere disgiunta da esso.
È sbagliato ed inutile piantare vigna nelle parti peggio esposte delle colline, non si otterranno che pessimi vini;
a meno che non si intenda poi intervenire in cantina.
È sbagliato ed inutile spianare le colline per ottenere una migliore esposizione per la vigna perché si distrugge il
microclima della zona causando danni irreparabili per l’ambiente circostante e, forse, anche per la vigna stessa.
È sbagliato ed inutile saturare un territorio con una unica coltura impoverendolo quindi di tutti gli altri elementi
che collaborano al mantenimento di un equilibrio prima di tutto naturale ed anche economico.
Queste considerazioni oggi sulla bocca di molti tra i vignaioli più all’avanguardia, più “rivoluzionari”, sono da
sempre pane quotidiano in casa Mascarello.
Ho conosciuto Bartolo Mascarello tardi quando, ormai molto malato ed immobilizzato sulla sedia a rotelle,
aveva già passato le redini della produzione nelle sapienti mani della figlia Maria Teresa, ma la forza delle sue
scelte veniva fuori ancora in modo chiaro ed inoppugnabile nelle sue parole e nelle etichette che disegnava per
le sue bottiglie di Barolo.
Il mio rispetto va innanzitutto all’uomo, per il suo operato giovanile nella resistenza e per una combattività
ancora viva che si esprime, tra l’altro, nelle etichette che disegna a mano una per una per il suo Barolo.
Rappresentative sono almeno due; una con una improbabile attribuzione a Robespierre: “il ne faut pas faire de
barriques, mais de barricades!”. L’altra tutta sua: “No Barrique, No Berlusconi”. Quest’ultima gli è costata
anche una denuncia per propaganda politica irregolare durante una campagna elettorale della fine degli anni
novanta.
E poi al vino, di cui questo 1971, al quale ha senz’altro collaborato insieme al padre Giulio, fondatore della
cantina, è un esempio folgorante. Teso, elegante, di una complessità straordinaria. Un capolavoro!