Pechino 2008 La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.

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Pechino 2008 La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
Pechino 2008. La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
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Anna Irene Del Monaco
Pechino 2008
La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
La Cina e i Giochi Olimpici del 2008
Il 13 luglio 2001 il presidente del Comitato Olimpico Internazionale,
Juan Antonio Sarmaranch, annunciò che Pechino avrebbe ospitato i
Giochi Olimpici del 2008, cioè la XXIX Olimpiade.
Pechino aveva già tentato la selezione per l’edizione del 2000; in
quella occasione, nonostante si fosse presentata con determinazione
e interesse, gli fu preferita Sydney per soli due voti. Nei successivi
cinque anni il Comitato Nazionale Centrale del Partito Comunista,
il Consiglio di Stato, l’Agenzia per l’amministrazione sportiva nazionale e la Municipalità di Pechino, hanno approvato la costituzione di un comitato organizzativo, Commette to Apply for Hosting
the 2008 Olympic Games (CAH) che ha elaborato un programma
per la proposta di candidatura, i cui contenuti, sebbene formulati
con la consueta retorica che caratterizza i documenti politici programmatici cinesi, dimostra l’importanza politica internazionale,
oltre che economica, che l’evento olimpionico ha avuto per la Cina.
Il programma per la candidatura, quindi, il cui slogan è Green Olympic,
High-Tech Olympics, People’s Olympics, proponeva: di promuovere la
pace nel mondo, di rendere possibili le aspettative di sviluppo del
popolo cinese attraverso il supporto del governo, di accelerare la
ristrutturazione dell’ambiente e dell’economia, di stimolare la pratica degli sport in Cina e aumentare la popolarità dei Giochi Olimpici e, infine, l’obiettivo forse più importante, avere l’opportunità di
presentare al mondo una nuova Pechino. Dunque, il programma di
candidatura si presentava come una sorta di “nuova epifania” della cultura cinese, realizzata attraverso la manifestazione della sua
capacita di auto-rigenerarsi, di mettere in discussione i propri limiti
rispondendo alle emergenze ecologiche e climatiche internazionali, ristrutturando i propri ambienti urbani e utilizzando strumentalmente i giochi Olimpici, alla stregua di un rito di iniziazione1.
1. secondo la consuetudine degli imperatori cinesi che, in occasione della
fondazione di una nuova dinastia, cambiavano nome e proclamavano un
nuovo motto di governo.
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Le relazioni fra la Cina e i Giochi Olimpici, occorre precisare, non
sono la storia di una lunga e durevole amicizia, proprio a causa delle vicende politiche del “popolo di mezzo”2. Alcuni documenti3 riportano che nel 1894 la corte imperiale Qing ricevette l’invito per la
partecipazione alla prima Olimpiade, quella del 1896 che si svolse
ad Atene da parte della famiglia Imperiale di Grecia e di Pierre de
Coubertin, il padre fondatore del Movimento Olimpico moderno e
quindi del Comitato Olimpico Internazionale4. La famiglia imperiale Qing non conoscendo a quei tempi il delicato ruolo politico
che i Giochi Olimpici potevano assumere, non rispose all’invito.5
Dopo il 1911 la Cina, assieme al Giappone e alle Filippine, entrò in
contatto con l’IOC attraverso una associazione sportiva amatoriale
regionale, Far East Amateur Sports Association, che diventò, da quel
momento fino al 1949, l’organizzazione di referimento per tutta
l’Asia rispetto all’IOC. Nel 1952, durante la preparazione dell’Olimpiade di Helsinki, la Cina inviò la sua prima delegazione ufficiale
alle riunioni preparatorie del Comitato Olimpico Internazionale.
In quell’occasione emersero alcune controversie sull’idoneità della
Repubblica Popolare Cinese ad appartenere alla “famiglia” delle
nazioni olimpiche. Infine, dopo difficili discussioni, e dopo l’invito
ufficiale dell’IOC, il premier Zhou Enlai, con lungimirante decisione, favorì la partecipazione di una delegazione ufficiale della Repubblica Popolare Cinese. Le edizioni successive, tuttavia, hanno
sempre sofferto dell’ambiguità dovuta alla partecipazione delle
“due Cine”, la Repubblica Popolare Cinese e Taiwan. L’ambiguità fu formalmente risanata nel 1979, quando il Comitato Olimpico
Nazionale rivendicò la partecipazione della Repubblica Popolare Cinese autonomamente e separatamente da quella di Taiwan;
2. Zhong Guo, cioè la traslitterazione in pingyin dei caratteri cinesi che indicano
il paese “Cina” significano “paese di mezzo”..
3. Fonte web: http://en.beijing2008cn.
4. Comitato Olimpico Internazionale: acronimo IOC.
5. In quegli anni la corte Qing, come è noto a molti, era sotto la totale influenza
dell’imperatrice Cixi, la quale, di fatto, dominò per 47 anni con orientamenti
anti-occidentali e conservatori. Ella entrò alla corte di Xianfeng come concubina,
durante la sua adolescenza. Riuscì, quindi, a fare eleggere imperatore suo
figlio Tongzhi alla morte del consorte, e a far nominare reggente suo nipote,
Guangxu, fino all’ascesa al trono di Tongzhi. Figura carismatica e di potere,
Cixi continuò a gestire il potere durante il regno del figlio, cioè fino al 1908,
e osteggiò qualunque forza riformista arrivando ad arrestare il nipote che si
dimostrava simpatizzante per i movimenti riformisti. Cixi è nota, tra le altre
cose, per aver commissionato la realizzazione del Summer Palace di Pechino.
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quest’ultima, in quell’occasione, costituì il Chinese Taipei Olympic
Committe. La Repubblica Popolare Cinese, dunque, partecipò finalmente con una numerosa delegazione sia all’edizione di Salt Lake
City del 1980 che alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984. Nell 1989
Zhengliang diviene vice-presidente dell’ICO; si trattò della prima
volta in cui un rappresentante di nazionalità cinese assunse una
carica così alta all’interno dell’Organizzazione Olimpica internazionale. Pertanto, dopo un’alternanza di auto-esclusioni, isolamento e reintegrazione a pieno titolo nelle vicende olimpiche, infine, i
Giochi Olimpici del 2008 hanno rappresentato per la Repubblica
Popolare Cinese una importante occasione per suggellare la piena
legittimità alla partecipazione agli eventi olimpici, durante una congiuntura storica ed economica molto favorevole e senza precedenti.
E’ importante, inoltre, evidenziare che l’Olimpiade del 2008 ha rappresentato per la Cina un’occasione di portata nazionale – superstiziosamente iniziato il giorno 8-8-2008, visto il significato propizio
del numero 8 nella cultura cinese - nonostante il coinvolgimento in
prima linea abbia riguardato soltanto la città di Pechino. Sul piano
organizzativo e delle trasformazione urbane, invece, la Cina, cogliendo l’occasione delle trasformazioni destinate alle Olimpiadi e
proseguendo con quelle per l’Expo di Shanghai 2010, ha organizzato piani di ristrutturazione nazionale, regionali e locali - quindi
diverse scale territoriali - con l’obiettivo di favorire sinergie e sviluppo almeno per i primi vent’anni del secondo millennio. Uno sviluppo non esente da dissipazioni, disfunzioni e disastri già evidenti.
Non è un caso, tra l’altro, che l’ingresso della Cina nel WTO sia
avvenuto nello stesso anno, qualche mese prima, a maggio del
2001, della data in cui la stessa è stata selezionata per ospitare le
Olimpiadi del 2008. In quella occasione Pechino, avendo convinto la comunità economica internazionale della sua indispensabile
presenza al tavolo delle decisioni commerciali mondiali ed essendo ascesa al rango di World City, assunse l’impegno ambizioso
di diventare una Città di rango mondiale fisicamente e strutturalmente, con l’intento di sfruttare al massimo grado la visibilità
internazionale che ne sarebbe derivata. Oltre a ciò, è giusto chiarire che le trasformazioni per molte città cinesi - spesso trasformazioni/devastazioni irreversibili – erano già iniziate prima
della riforma economica del 1978 promossa dal presidente Deng
Xiao Ping, che liberalizzò il mercato trasformando la Cina nella terza potenza economica, dopo gli Stati Uniti e il Giappone.
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Naturalmente questi processi sono l’esito di problemi culturali e
sociali più articolati che si sommano alle decisioni politiche; infatti,
per il “popolo di mezzo”, la volontà della classe dirigente, quasi
tutta coincidente con l’unico partito nazionale, ha avuto e continua ad avere un’importanza determinante. I tessuti storici demoliti sono stati sostituiti da un urbanesimo dal carattere isotropo,
figlio senza qualità della pianificazione americana organizzata
“per maglie”, concepita dai maestri americani per una scala ben
più ridotta, quella delle garden cities, descritte da John Nolen nel
suo libro del 1927 intitolato New Towns for Old. In Cina il modello
di pianificazione “a griglia” o “ a maglia” è stato riproposto pedissequamente, a partire dalle aree più centrali dopo la distruzione
dei tessuti storici, fino alla conquista di campagne ancora incontaminate per chilometri quadrati. Avendo come garanzia imprenditoriale il bassissimo valore economico del suolo – che lo stato
padrone ha svenduto selvaggiamente agli imprenditori di tutto il
mondo negli ultimi vent’anni – i developers hanno gestito quasi tutte le trasformazioni in totale assenza di trattativa pubblico-privato.
Inoltre, la forma fisica delle trasformazioni è stata realizzata da
una architettura e un tipo di urbanesimo che presenta le caratteristiche della cultura di massa, dominate, perciò, dagli idola della
globalizzazione che imperversano nei paesi in via di sviluppo: goffi grattacieli, central business district, edifici simbolo, status symbol
dell’abitare globale etc. Così è accaduto che molte città cinesi siano
diventate simili, per alcuni caratteri, alle città russe, a quelle coreane, a quelle sud americane e africane, attuando il modello di città
generica descritto e codificato da Rem Koolhaas in molti suoi scritti
Da queste premesse si possono dedurre quali siano state le difficoltà e le sfide, almeno in linea teorica, che le proposte per la
candidatura di Pechino alle Olimpiadi del 2008 pretendevano di
fronteggiare, intersecando le emergenze globali con questioni di ordine nazionale: surriscaldamento globale e inquinamento interno.
L’obiettivo generale tuttavia, nel complesso, era tentare di mettersi
al passo col resto dei membri del WTO (World Trade Organization).
Le trasformazioni urbane attuate a Pechino in previsione dei
Giochi Olimpici
Chi ha avuto modo di visitare Pechino negli anni fra la data di
assegnazione dei Giochi Olimpici (2001) e la conclusione degli
stessi (2008), può certamente testimoniare che la trasformazione
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urbana avvenuta in sette anni è stata imponente e radicale, soprattutto rispetto alla modificazione della materia edilizia urbana.
Come si è accennato in precedenza, la vicenda olimpica a Pechino ha accelerato in misura esponenziale un processo di inurbamento e di trasformazioni – sviluppo direbbero i cinesi - che già
da una ventina d’anni causava un’espansione smisurata della
città, determinato principalmente dalla volontà di abitare in città, dopo l’abbandono delle campagne, di quasi 15 milioni di cinesi all’anno. Molti studiosi considerano questa stagione quasi
del tutto conclusa, o, comunque, in fase di rallentamento e molti
osservatori leggono con timore, fra le righe degli eventi, lo spettro di una bolla immobiliare devastante, più lenta ma non meno
grave di quella scatenata dal mercato immobiliare americano.
Questa stagione governativa ha dato luogo a fenomeni e risultati
interessanti rispetto alle politiche nazionali sulla casa, ha trasformato radicalmente l’industria delle costruzioni inducendo prestiti obbligati per l’acquisto di una residenza di proprietà da parte
dello stato agli impiegati, aumentato loro lo stipendio del 200%6.
La vicenda delle Olimpiadi del 2008, invece, ha costituito l’occasione di vere e proprie trasformazioni strutturali: strade, metropolitane, linee ferroviarie, aeroporti, grandi parchi urbani.
Il Parco olimpico di Beijing ha trovato la sua localizzazione
nell’area settentrionale della città (fig.1); negli anni in cui Pechino
ha vinto l’assegnazione per ospitare i Giochi Olimpici del 2008 le
linee di pianificazione sono state impostate con grande chiarezza. Contemporaneamente alla progettazione del Master Plan urbano (2004-2020) si è provveduto ad allestire uno strumento di
governo del territorio intermedio che fosse in grado di regolare
le trasformazioni dal 2004 al 2008, il Construction Control Plan. Le
decisioni intraprese attraverso la pianificazione a scala regionale
riguardo l’asse di sviluppo Pechino-Tianjin sono state per lo più
stabilite dalla ricerca progettuale svoltasi in due fasi che ha coinvolto cinquanta studiosi ed esperti coordinati dal professor Wu
Liangyong della Tsinghua University7. Nella prima fase la ricerca ha fornito le linee guida generali, e fra queste anche quelle che
hanno portato all’individuazione dell’area del Parco olimpico. Lo
6. cfr. Anna Del Monaco, Cina, dove la residenza si ri-forma. In Anna Del Monaco
(a cura di) Corviale Accomplished, Casa editrice La Sapienza, Roma 2009.
7. WU Liangyong, Research on Spatial Development planning for Beijing- TianjinNorthern Hebei Region, Tsinghua University Press 2003.
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Fig.1
Schema della città capitale di
Pechino. In evidenza, la Città Proibita
al centro (il primo anello stradale), il
villaggio olimpico a nord (fra il quarto
e il quinto anello; da Beijing Municipal
Planning Commission, Olimpic Forest
Park Construction and Administrative
Commission, 2004, cit.;
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Fig.2 Two cores one system: Beijing-Tianjin,
secondo il quadro territoriale stabilito dalla ricerca
Rural and urban spatial development planning
of the Greater Beijing Region. Beijgin e Tianjing
funzionano, rispettivamente, come la città capitale
e il suo porto; da Wu Liangyong, Research on the Rural
and Urban Spatial Development Planning for the Greater
Beijing Region. Tsinghua University Press, 2002, cit.;
Fig.3 Plastico della foresta olimpica e del quartiere olimpico. Progetto vincitore, gruppo Sasaki
Inc, con il Beijing Tsinghua Urban Planning and Design Institute; da Beijing Municipal Planning
Commission, Olimpic Forest Park Construction and Administrative Commission, 2004, cit.;
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stesso Wu Liangyong ha partecipato come giurato al concorso che
ha selezionato il Master Plan vincitore, progettato separatamente
dalla Foresta Olimpica; il concorso ha premiato la soluzione che
prevedeva la presenza di elementi naturali, nessuna edificazione
quindi, lungo l’asse centrale nord-sud della capitale, l’asse storico.
Le strategie generali per la Grande Pechino, interpretata perciò secondo il rango di Città mondiale e comparativamente confrontata
ad altre capitali mondiali come Mosca e Parigi dal proferssor Wu
nella sua ricerca, prevedono la realizzazione di un unico sistema territoriale che funziona con la presenza di due aree nodali - one system
two core areas le definisce infatti Wu - cioè la città di Pechino a nordovest e quella di Tianjin a sud-est, collegate da assi di collegamento
infrastrutturali ad alta velocità, destinati sia alle merci che ai passeggeri (fig.2). Tianjing, in questo nuovo quadro, è stata pianificata
e trasformata per diventare la città porto della Capitale, dunque le
funzioni previste dal nuovo piano regolatore a sud est di Pechino,
cioè le aree urbanizzate comprese fra le due città, sono prevalentemente destinate a funzioni logistiche e industriali. A nord, invece, le
funzioni previste dal piano sono innovazione, industria high-tech,
terziario. Il Parco Olimpico, infatti, è collocato in posizione adiacente al distretto delle università, l’Haidian district, localizzato ad ovest
della città, sul quarto anello stradale urbano, dove sono presenti le
sedi storiche delle più importanti università e dei centri di ricerca
nazionali – fra cui la Beijing University e la Tsinghua University.
Entrambe, infatti, hanno investito negli ultimi anni realizzando poli
tecnologici avanzati, soprattutto destinati all’industria dei software,
trasferendo gli uffici dei propri ricercatori in grattacieli high-tech e
sottoscrivendo contratti di ricerca con colossi informatici mondiali
come Google, il cui logo è ben evidente su una torre all’ingresso del
Campus della Tsinghua University a quattro chilometri di distanza - solo cinque minuti di taxi - dall’area delle strutture olimpiche.
Il Parco Olimpico di Pechino: la Foresta Olimpica e il Villaggio
Olimpico Beijing 2008
Il Parco Olimpico, perciò, include il Villaggio Olimpico (attrezzature
olimpiche e alloggi per gli atleti) e la Foresta Olimpica, un enorme
parco collocato a Nord che fa da corona al Villaggio Olimpico e si innesta, fra il quarto e il quinto anello concentrico stradale, sull’asse nordsud, come chiave di volta dell’arco superiore dell’anello irregolare
di verde previsto dal Piano Regolatore di Pechino 2004-2020 (fig.3).
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Fig.4 Olympic Village Beijing. Plastico del Museo della
città di Pechino. da web
Fig.5
Planimetria generale
del progetto vincitore per la
Foresta Olimpica. In evidenza
l’asse del quartiere che
interseca la foresta olimpica.
Il disegno del corso d’acqua
artificiale; da Beijing Municipal
Planning Commission, Olimpic
Forest Park Construction and
Administrative
Commission,
2004, cit.;
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L’idea che ha reso vincente la proposta del governo cinese fra le
altre candidature per le Olimpiadi del 2008, afferma il prof. Hu Jie
progettista capo dell’Olympic Forest Park in un’intervista realizzata dal The Bankok Post nel Marzo 20108, è stata quella di aggiungere
alla lista delle infrastrutture e delle attrezzature sportive proposte,
la realizzazione di un parco enorme, una vera e propria foresta attorno al Villaggio Olimpico, che avesse il compito di assorbire l’eccesso di emissioni di carbonio prodotte durante i Giochi Olimpici.
Hu Jie, architetto paesaggista cinese, direttore del Beijing Tsinghua
Urban Planning and Design Institute, infatti, è risultato vincitore
col suo gruppo, in partnership con Sasaki Inc, della competizione
internazionale alla quale hanno partecipato sette gruppi di progettisti e che ha selezionato il progetto per la foresta olimpica (fig.4).
Questa, si è già detto, è allineata con “l’asse centrale” della città,
un elemento urbano fondamentale nella pianificazione urbana
antica di Pechino, concepito secondo le regole della geomanzia,
cioè l’antica pratica secondo cui si era soliti individuare la localizzazione ottimale degli insediamenti (sia per i vivi che per i morti)
nota ai più col nome di Feng Shui (vento e acqua). L’asse centrale, lungo circa 7,8 km, attraversa la città da sud a nord: a partire dal Tempio del cielo incrocia la porta Qianmen, passando per
il Mausoleo di Mao Tse Dong in piazza Tienanmen, attraversa la
Città Proibita, la collina del Carbone, le Torri dei Tamburi e delle
Campane. Da pochi mesi, perciò, questo asse, di importanza storica per la città, include anche le strutture olimpiche, in particolare il Bird’s Nest (National Stadium) e il Water Cube (National
Aquatics Center), come ricordano gli spettacolari video ad effetti
tridimensionali - realizzati secondo un copione che utilizza la retorica tipica della “propaganda in stile nazionale” - presentati nel Museo della città di Pechino a pochi passi da Tienanmen.
“Axis to nature” è lo slogan politico assorbito dal progetto vincitore per la Foresta olimpica che, per via della sua localizzazione, risulta fortemente integrata con la città, a differenza di molti
villaggi Olimpici contemporanei, solitamente costruiti fuori dalle aree urbane. In questo senso gli effetti e i benefici che l’operazione “Foresta-olimpica” può avere nel lungo periodo sul
microclima urbano e sociale, dunque, sono considerevoli (fig.5).
8. Fonte web: www.bangkokpost.com/leisure/leisurescoop/12795/urbangreen.
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La foresta include circa 530.000 alberi trasportati ad-hoc da altre località e piantati in occasione delle Olimpiadi, su una superficie di circa 680 ettari – sollevando non poche critiche da
parte dei difensori dell’odierno concetto di sostenibilità, che
giudicano inconcepibile lo spreco di risorse da destinare ad operazioni di questo tipo. Si prevede che questi alberi possano aiutare ad assorbire 7.200 tonnellate di anidride carbonica all’anno
e purificare 5.400 tonnellate di ossigeno. Il costo totale del parco è stato stimato attorno ai 320 milioni di dollari americani.
Hu Jie, che ha frequentato presso università americane alcuni
corsi post-laurea, paragona la realizzazione della Foresta olimpica, attualmente il più grande parco urbano di Pechino, ad altri
parchi urbani della capitale cinese come il Summer Palace, uno
dei principali monumenti nazionali, e il parco dei laghi nelle vicinanze della città proibita. I parchi sono ambienti urbani che i
cittadini cinesi, per tradizione, frequentano molto volentieri per
gli esercizi aerobici delle prime ore del mattino, e per trascorrere il tempo libero, soprattutto il fine settimana. In particolare negli ultimi anni i laghi attorno alla città proibita, sono diventati un
importante luogo di attrazione per la vita notturna. Il professor
Hu mette in evidenza nella sua intervista che il costo attualizzato del Summer Palace, la cui realizzazione fu fortemente voluta
dall’imperatrice Cixi9, è di gran lunga superiore al costo che è stato necessario per la realizzazione della Foresta Olimpica del 2008.
Durante la costruzione della Foresta olimpica il governo cinese ha
invitato organizzazioni per l’ambiente ad assistere direttamente al
processo, come il German Technical Cooperation (GTZ) e Greenpeace. Gli “ingredienti” costituenti il parco sono fra i più diffusi
nella progettazione “sostenibile” contemporanea e rispettano i protocolli internazionali per la riduzione dei consumi fossili: l’uso di
materiali da costruzione provenienti da procedimenti di riciclo e da
aree non lontane a Pechino; un sistema naturale di wetland (zone
umide) in sostituzione dei sistemi di trattamento di acque sporche
che richiedono un eccessivo consumo di elettricità; l’energia pulita per i sistemi di illuminazione del parco derivante dalla trasformazione di energia solare e da impianti di geotermia; piccole torri
per ospitare gli uccelli, affluiti in stormi numerosissimi, migrati
9. L’imperatrice, come molti sanno, attinse capziosamente i fondi della Marina
Militare per la realizzazione del lago del Summer Palace, sostenendo che
sarebbe stato utile per le esercitazioni militari navali.
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Fig.6 Olympic Stadium Beijing. Progetto Herzog de Meroun; da web (flickr)
dopo la demolizione di aree storiche, hanno permesso la salvaguardia di un importante eco-sistema, seppure con qualche artificio.
Il parco risulta una perfetta combinazione, oserei dire, di buone
pratiche ecologiche contemporanee, come potrebbero confermare
i più aggiornati guru del landscaping all’anglosassone, e principi
geomantici, reinterpretati e riproposti dopo i tabù dell’era comunista10, sottoforma di principi estetici che utilizzano le leggi del cielo
(dell’astronomia) e della terra (geografia), per favorire lo sfruttamento delle energie positive (qi). Un altro elemento progettuale determinante è la presenza, da nord a sud nello schema generale della
foresta, degli elementi naturali: i corsi d’acqua e la vegetazione, che
simboleggiano le spire di un “drago”, figura mitica e sacra per il
popolo cinese, il cui soffio vitale è ben augurante e propiziatorio.
La foresta olimpica, dunque, sembra essere candidata a rivelarsi
“il monumento” più duraturo delle olimpiadi del 2008 a Pechino,
l’investimento con maggiori ricadute di lungo termine sulla città
e sulle aree urbane che la circondano, soprattutto se confrontato
con l’investimento certamente mancato del costosissimo Nest Stadium, progettato da Herzog e de Meroun (fig.6), con 80.000 posti
a sedere e più di 20.000 posti temporanei. La struttura, raramente
utilizzata dopo le olimpiadi, soprattutto a causa degli eccessivi costi di manutenzione e gestione, molto probabilmente, sarà trasfor-
10. Durante la rivoluzione culturale coloro che praticavano la geomanzia erano
perseguitati dal governo.
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Fig.7 Water Cube. Piscine olimpiche per Beijing 2008. Progettate dallo studio
PTWT in collaborazione con il China Architecture Institute; da web (flickr)
mata in un centro commerciale, l’unico programma funzionale in
grado di supportare e finanziare i costi di gestione del “nido” nel
lungo periodo, e di porre rimedio alle prime crepe e alla scarsa manutenzione ordinaria già evidente; problemi che, un edificio così
complesso, inizia a dover fronteggiare. Lo stesso vale per le altre
strutture sportive come l’Acquatic Center, denominato the water
cube (fig.7), progettato dallo studio PTWT in collaborazione con il
China Architecture Insitute e le altre attrezzature sportive, troppo
grandi perché questi investimenti siano ottimizzati e ammortizzati
dalle necessità ordinarie delle reali utenze sportive nazionali cinesi.
Gli edifici presenti nel Villaggio Olimpico (fig.8), destinati ad ospitare la stampa e i media durante lo svolgimento delle olimpiadi,
hanno continuato ad ospitare funzioni analoghe per qualche tempo, dopo la conclusione delle Olimpiadi. Essi sono stati progettati,
nel loro insieme, per dar vita ad un convention center. Gli alloggi
degli atleti, progettati dallo studio Tianhing Yungang Architecture Group, organizzati secondo tipologie edilizie in linea, dai sei
a nove piani, e progettati secondo lo standard cinese degli hotel
a cinque stelle, hanno svolto, infatti, dopo la conclusione delle
olimpiadi, la funzione di hotel, diventando il Qingdao Olympic
Village Hotel, acquistato dall’Inter Continental hotel group. Per
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Fig.8 Olympic Village Beijing; da web (flickr)
questo motivo il finanziamento del villaggio derivava in gran parte
da fondi privati e non dal budget del governo. Una recentissima
ipotesi, tuttavia, è quella di trasformare una parte delle residenze
olimpiche in alloggi per studenti, considerando la qualità media
delle realizzazioni che, ad un anno dalla fine della costruzione,
non sembrano essere corrispondenti agli standard di qualità - sempre più esigenti- dei nuovi ricchi cinesi. Tutti gli alloggi, prima
dell’inaugurazione della XXIX Olimpiade, erano comunque stati
venduti, nonostante il loro prezzo si aggirasse attorno a 750.000
dollari americani. Questo valore di mercato era stato conseguito
sfruttando l’eco della popolarità, della visibilità e delle prestigiose
certificazioni ambientali che l’architettura del Villaggio Olimpico
aveva saputo ottenere e, oltre a ciò, considerando le possibili trasformazioni di destinazione d’uso dell’area, probabilmente pronta ad essere trasformata in una nuova lottizzazione; acquistare
un alloggio del Villaggio Olimpico di Pechino 2008, in sostanza,
significava nel 2008 acquistare suolo urbano di grande pregio.
Rispetto alla sperimentazione sul linguaggio architettonico e sulla
tipologia degli alloggi, invece, il Villaggio Olimpico pechinese non
propone né grandi novità, né innovazione. Molti altri quartieri europei come il Borneo olandese, ad esempio, al quale questo tipo di architettura dal carattere globale fa quasi sempre riferimento, sicuramente
sono progettati e realizzati con maggiore disinvoltura e senza sforzi
formali sulle facciate, che, spesso, mettono in risalto la povertà della
ricerca tipologica e la sostanziale assenza di qualità dello spazio interno e delle relazioni con l’intorno – in questo caso del tutto generiche.
Le case in linea del Villaggio Olimpico di Pechino, oltre a rispettare i principi dello sviluppo urbano intelligente (smarth grow),
del new urbanism, e i principi dell’architettura dei green building,
in un composto schema di insieme, corrispondono ad un quartiere di medio livello, con le caratteristiche di qualità diffusa media
che oggi troviamo a Londra, in Olanda e in gran parte d’Europa.
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Certamente questo livello di qualità media diffusa, quello del Villaggio Olimpico di Pechino 2008, sarebbe auspicabile nei quartieri residenziali di tutta la Cina e, in questo senso, oltre che per
i requisiti ecologici di alto profilo, il quartiere olimpico potrebbe
costituire sicuramente un modello nazionale di buone pratiche.
Sull’onda della propaganda ecologica, infatti, il Villaggio Olimpico, progettato per ospitare circa 17.000 partecipanti, fra atleti e
delegati ufficiali, nel pieno rispetto dei parametri LEED (leadership in Energy and Environmental Design), ha conseguito il Gold
Certificate il 18 Agosto 2008, rilasciato dal U.S. Green Building
Council11 affermandosi come il primo Villaggio Olimpico a conseguire questa certificazione da parte dell’agenzia internazionale
(il LEED for Neighborhood Development). Il progetto delle residenze Olimpiche di Pechino 2008 è stato parte di un programma
pilota iniziato con un “call for pilot project” all’inizio del 2007,
assieme ad altri 240 progetti provenienti da 39 stati e sei paesi.
Nel 2004 l’U.S. Department of Energy (DOE) e il Ministero cinese per la Scienza e la Tecnologia hanno siglato un protocollo per
la cooperazione sulle tecnologie che producono energia pulita
da attuare a partire dall’estate dei Giochi Olimpici del 2008 (Protocol for Cooperation in Clean Energy Technologies for the 2008
Summer Olympic Games in Beijing). L’attuazione di questo protocollo prevedeva la certificazione LEED per il Villaggio Olimpico. Questo protocollo ha segnato una tappa significativa per
la missione dell’US Green Building Council, perchè ha sostenuto e affiancato la fondazione del China Green Building Council,
con il quale continuerà la sua collaborazione per promuovere
la realizzazione di costruzioni sostenibili e a favore della salute,
considerando l’importante crescita urbana che la popolazione cinese dovrà fronteggiare nei prossimi anni. Il Villaggio Olimpico
ricopre un’area di circa 37 ettari, con 22 case in linea a sei piani;
il progetto prevedeva, per ogni atleta, un’area pro capite di 22 mq.
Se da un lato, però, il nuovo Parco olimpico di Pechino, sembra
possedere documenti di identità ineccepibili sul piano della sostenibilità ambientale, dall’altro è stato oggetto di polemiche dal
punto di vista della sostenibilità sociale, poiché la sua realizzazio11. www.usgbc.org/leed/nd. USGBS è l’U.S. Green Building Council. Le
informazioni acquisite durante la realizzazione dei progetti pilota sono
infatti solitamente usate per aggiornare il sistema di rating e i processi di
certificazione.
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Fig.9 CCTV Sede della televisione nazionale cinese. Progetto OMA, Rem
Koolaass; da web (flickr)
ne ha comportato la totale distruzione di due villaggi urbani12, e
quindi il dislocamento di 1,5 milioni di abitanti. La vicenda è stata pubblicamente criticata dal Geneva Center on housing Rights and
Evictions. Dunque trapiantare mezzo milione di alberi, operazione
che corrisponde comunque a costi ecologici, se da un lato aiuterà la riduzione delle emissioni di carbonio e la riduzione dell’inquinamento negli anni futuri, dall’altro ha comportato di dover
“trapiantare” un milione e mezzo di cittadini, fenomeno che Pechino già fronteggia in misura massiccia dalla fine degli anni ’80.
Dal punto di vista delle infrastrutture lo sviluppo urbano più rilevante è stato attuato su linee metropolitane - stazioni ferroviarie e
aeroporti - a favore del trasporto pubblico. Su alcune linee metropolitane già esistenti a Pechino sono state realizzate estensioni e,
perciò, nuove stazioni. Fra le 3 linee di nuova realizzazione, invece, una con tre fermate attraversa la Foresta Olimpica, e arriverà,
in futuro, fino al quartiere dormitorio di Huilonguan, a nord della
città; un’altra linea, invece, arriva fino all’Aereoporto Nazionale. Il
nuovo aeroporto, completamente nuovo, porta la firma di Sir Norman Foster ed è un’opera d’architettura molto elegante, dagli elementi architettonici semplici e simbolicamente efficaci, costruito in
12. In Cina si assiste al fenomeno degli “urban villages”, tessuti urbani spontanei,
spesso dall’aspetto precario, in cui vivono gli abitanti “fluttuanti”, quelli che,
immigrati clandestinamente dalle campagne, non hanno il passaporto di
cittadini urbani. Ad essi, quindi, è concesso abitare in città e trovare il modo di
sopravvivere, ma non è consentito l’accesso ai servizi sociali.
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Fig.10 Lynked Hybrid (MOMA). Beijing China. Steven holl Architects.
Localizzazione del complesso residenziale sul secondo anello orbitale e
planimetria generale; da web (www.stevenhollarchitects.com)
tempi record. La linea metropolitana che arriva nel cuore dell’aeroporto interseca questo percorso del treno-navetta; questa, a sua
volta, attraversa come una sorta di midollo spinale un percorso che
connette tutti i terminal ed è stato realizzato dallo studio londinese
con risultati di grande efficacia, uno spazio quasi monumentale che
ricorda la sequenza degli spazi tradizionali dell’architettura cinese.
Si percorre padiglione dopo padiglione, fermata dopo fermata, lungo un percorso delineato da colonne tinteggiate di rosso, metafora
delle colonne laccate degli edifici tradizionali cinesi. La linea della
metropolitana che parte dall’aeroporto corre verso la città lungo un
percorso parallelo a quello della expressway, anch’essa di nuova realizzazione, e costeggia l’imponente foresta olimpica sul lato nordovest, fino a raggiungere il terzo anello. Quest’ultimo è uno degli
anelli viari che ha vissuto la trasformazione più radicale negli ultimi
anni, attraversando un vero e proprio processo di cambiamento di
scala urbana. Le stazioni di nuova realizzazione sono spesso stazioni
di scambio bus-metro-treno. Fra le più importanti c’è quella Xizhimen, che segnala, a nordovest del secondo anello, la posizione della
antica porta nord-occidentale sull’antico circuito delle mura urbane
di epoca Yuan, attraverso tre evidenti torri dal profilo ad arco molto
teso, che emergono da una piastra multi-funzione e multi-livello.
Pechino 2008. La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
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Fra le opere architettoniche costruite per divenire emblemi della
nuova Pechino, da presentare al mondo in occasione dei Giochi
Olimpici, troviamo ad est della Città Proibita, sul terzo anello e nel
cuore del nuovo centro direzionale, la nuova torre della televisione nazionale, CCTV (fig.9), progetta dallo studio olandese OMA.
Rem Koolhaas, ancora una volta, cinico profeta dell’architettura del
consumismo e della globalizzazione, tanto idolatrato dalla comunità architettonica internazionale quanto inviso alla stessa per le
sue oscillazioni teoriche, ha senza dubbio realizzato una delle icone
architettoniche della nuova Cina e del nuovo millennio. L’edificio,
non del tutto completato per l’inaugurazione delle Olimpiadi, è
stato fatalmente e gravemente danneggiato circa un mese dopo la
fine dei Giochi da un incendio provocato da fuochi d’artificio, e,
ad oggi, non è ancora entrato in funzione. Tuttavia l’opera di OMA
costituisce un riferimento importantissimo, è l’oggetto di desiderio
proibito delle amministrazioni di molte altre città cinesi e del pianeta, un modello di riferimento per realizzare edifici-icona, nuovi
centri direzionali e finanziari. Un ruolo simbolico simile alla torre
CCTV, nella decade precedente, l’aveva interpretato la Grand Arche
del quartiere Defance di Parigi, nella tradizione tanto problematica
quanto affascinante, per l’urbanesimo contemporaneo, della città fatta di oggetti e non più di tessuti13. Tuttavia, la Grand Arche
non ha avuto l’effetto mediatico del nuovo CCTV cinese, non per
la sua valenza architettonica, ma per le sofisticate tecniche di propaganda mediatica dei media cinesi e di Rem Koolhaas, il quale,
come tutti sanno, prima di diventare architetto aveva tentato la
carriera di giornalista e alla quale, di fatto, non ha mai rinunciato del tutto. Questi processi di divulgazione sono stati in grado
di alimentare e condizionare fortemente negli ultimi dieci anni i
modelli di trasformazione delle principali città cinesi trasformate, appunto, in città composte da oggetti, spesso senza qualità,
che ambiscono ad essere icone della nuova Cina ma che finiscono
con l’essere la caricatura o la brutta copia dell’edificio originale.
Pechino al tempo della dinastia Yuan14, afferma Steen Eiler Rasmussen, era la più grande città tempio mai costruita per un milione di
abitanti, con il suo tessuto di corti e vicoli – hutong - tipici della Cina
13. cfr. Y.H Chang. City of object a.k.a city of desire, in Chang Yung Ho writes,
Beijing, Isreading 2004, pg. 218.
14. La dinastia Yuan, fondata da popolazioni mongole, si insediò attorno alla
fine del 1200 e regnò in Cina per circa duecento anni.
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Fig.11 - Fig.12 Lynked Hybrid (MOMA). Beijing China. Steven holl Architects.
Immagini di insieme dal web (flickr) e (www.stevenhollarchitects.com)
del nord. La città si è trasformata negli ultimi venticinque anni in un
sistema urbano in cui emergono architetture simbolo che tentano di
essere sempre più stupefacenti e sono immerse in un vastissimo tessuto residenziale senza identità, composto da quartieri interamente
realizzati da “grumi” di “torri grappolo” o sequenze interminabili
di “stecche” residenziali, che certo non favoriscono la socializzazione. In entrambi i casi Pechino non raccoglie, tuttavia, le peggiori
realizzazioni edilizie che si possono incontrare nella Cina contemporanea. Come affermano i rivali abitanti di Shanghai “Beijing is al-
Pechino 2008. La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
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ways Beijing”, la Città Capitale. Il risultato di questa trasformazione
è la distruzione irreversibile del 90% del codice carattere urbano
originario dell’antica capitale dell’impero cinese – fatta eccezione
per il tessuto viario, che ha una storia lunga quasi mille anni – che,
in alcuni casi, è stato “riscalato” e adeguato per i nuovi usi urbani.
La sperimentazione sulle residenze a Pechino al tempo dei Giochi Olimpici 2008
Fra le ragioni che hanno determinato le trasformazioni dei tessuti residenziali di Pechino c’è sicuramente il fatto che, alla riforma
urbana welfare-oriented, attuata dal 1949 al 1979 nel quadro di un
sistema economico controllato - che ha prodotto residenze con
tecnologie standard molto povere - ha fatto seguito, dopo il 1979,
un sistema economico market-oriented, che ha permesso il conseguimento della proprietà dell’alloggio a molti cittadini a prezzi
calmierati, garantiti dagli incentivi statali. Dal 1998 il sistema welfare-oriented si è definitivamente concluso e i prezzi degli alloggi, in
particolare a Pechino, sono aumentati senza controllo. Per questo
i governi locali hanno introdotto dopo il 1998, assieme al sistema
del “commodity housing”, a favore della classe medio-alta, il sistema del “low-rent housing” e dell’”economically affordable housing”.
Poiché, tuttavia, il sistema di realizzazione-costruzione è tutto affidato agli imprenditori privati, ispirati per lo più ai modelli dello sprawl americano interpretati a scala iperbolica, sia per
l’estensione planimetrica che per l’altezza degli edifici, la qualità
formale dell’architettura residenziale e le occasioni di ricerca sui
modelli abitativi sono difficilmente riscontrabili in questa nazione e, spesso, sono affetti da problematiche funzionali e sociali.
Nel quadro delle vicende olimpiche del 2008 l’opera più significativa realizzata a Pechino nel campo dell’edilizia residenziale è l’edificio Lynked Hybrid (detto anche MOMA) (fig.10-11-12) progettato
da Steven Holl e realizzato da un gruppo di ambiziosi imprenditori cinesi e tedeschi, costituitosi per l’occasione. Holl, studioso ed
esperto di questioni tipologiche da sempre, affiancato dal suo giovane partner cinese Li Hu, formatosi alla Tsinghua University, è
riuscito a realizzare un nuovo modello residenziale che, tuttavia,
trova le radici, come avviene spessissimo ed elegantemente per S.
Holl, nella lezione corbuseriana. Il tipo “a torre” si combina con volumi orizzontali destinati a servizi collettivi, che ricordano il piano
libero dell’Unitè di Marsiglia e il piano libero irrisolto del Corviale
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di Roma. Sospesi a parecchi metri da terra, i ponti di collegamento
lasciano spazio ad un’area urbana contemporaneamente pubblica e
privata, fatta di giardini e laghi artificiali; lo spazio pubblico, a mio
avviso, costituisce il vero oggetto della sperimentazione dell’architetto americano in questo progetto che, evidentemente, ambisce
alla possibilità di ristrutturare l’urbanesimo isotropo e senza qualità realizzato in Cina dagli imprenditori negli ultimi trent’anni. Nel
complesso l’opera è ben costruita. La qualità della realizzazione si
deve sicuramente alla presenza di partner tedeschi, con i quali S.
Holl aveva avuto precedenti esperienze di collaborazione per la realizzazione di alcuni edifici del proprio repertorio, in altre parti del
mondo, in particolare per i sistemi di facciata dei nuovi dormitori
dell’MIT a Boston. Tuttavia, nonostante il Linked Hybrid sia una
interessante opera architettonica, non ha avuto il successo commerciali sperato. Sembra quasi che i cinesi apprezzino soltanto le
valenze plastiche e simboliche di questo edificio, i suoi effetti sul
paesaggio urbano e la sua rappresentatività nel quadro internazionale, piuttosto che la ricerca tipologica e il mix funzionale che
S.Holl ha tentato di proporre. Questo dato, apparentemente contraddittorio, rivela la complessità del lavoro professionale in Cina.
Molti quartieri residenziali lussuosi, infatti, sono considerati prodotti edilizi commerciali di qualità nonostante siano poco o male
accessibili attraverso le infrastrutture pubbliche o non propongano
alloggi organizzati in modo particolarmente interessante. L’accessibilità alle aree urbane per mezzo delle infrastrutture pubbliche in
Europa, al contrario, è considerata una delle condizioni essenziali
per un sensato sviluppo, soprattutto ecologicamente concepito. Ciò
che conta per la classe sociale medio-alta contemporanea cinese,
in questo momento storico, è poter parcheggiare la propria auto
di lusso assieme ad un centinaio di altre automobili di lusso, Porche, Mercedes, BMV, fuori-strada, in un unico grande garage sul
cui solaio crescono i tetti-giardino innaffiati e curati alla stregua di
campi da golf. Su questi giardini affacciano moderne riedizioni di
balconi-logge, sulla scorta dei vecchi modelli tipologici “a stecca”
in stile sovietico ancora presenti in alcuni quartieri di tante città
cinesi, e prossimi, forse, alla distruzione. I quartieri visitabili fra il
quarto e il quinto anello urbano di Pechino rappresentano una sorta
di “versione cinese”, alla scala cinese, dei quartieri descritti nel film
American Beauty, diretto da Sam Mendes, lo scenario in cui si svolgevano i vizi e i fallimenti della borghesia americana suburbana. I
nuovi alloggi cinesi per la medio-alta borghesia – una classe sociale
Pechino 2008. La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
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Fig.13 Vankee Center (horizzontal skyscreaper), Shenzhen, China. Steven holl
Architects. Completato nel 2009; da web (www.stevenhollarchitects.com)
fino a qualche tempo fa inesistente nella Repubblica Popolare Cinese – corrispondono ad una superficie media di 240-300 mq, e sono
planimetricamente male organizzati secondo gli standard occidentali. Essi, tuttavia, sembrano corrispondere alla trasposizione delle
vecchie case a corte dei tessuti urbani antichi sui solai degli edifici
multipiano delle periferie e quindi di grande successo dal punto
di vista degli acquirenti cinesi. Lo scarso successo commerciale del
Linked Hybrid, invece, è dovuto all’orientamento degli alloggi, disposti su tutti i lati attorno al nocciolo di distribuzione verticale.
Nessun residente, in qualunque città del mondo, acquisterebbe un
alloggio orientato ad ovest, in particolare a Pechino; durante molti
mesi dell’anno l’alloggio risulterebbe invivibile. Per questo molta
edilizia residenziale in Cina è organizzata secondo modelli tipologici che sono vincenti sul mercato, per il corretto orientamento e non
per la qualità formale dell’architettura. Questo dato è previsto dal
Feng Shui che, a questo punto, può essere definito come un insie-
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me di norme, di buone pratiche, elaborate dagli antichi geomanti.
L’opera di Holl costruita a Pechino, tuttavia, è divenuta un modello, in termini morfologici e costruttivi, per altre opere architettoniche non destinate alla funzione residenziale, ad esempio il nuovo
municipio di Hangzhou. Come spesso avviene, i cinesi sono soliti
dedurre dai modelli occidentali soltanto la forza iconica e l’espressività formale, cioè, quello che, agli occhi di ambiziosi politici e
dei loro consulenti, appaiono come nuovi linguaggi architettonici.
Steven Holl e il suo giovane partner cinese Hu, perciò, proseguono
la sperimentazione sui complessi funzionalmente ibridi, in continuità con l’esperienza del MOMA realizzata in occasione di Pechino 2008. Si è da poco conclusa, infatti, la costruzione dell’Orizzontal
Skyscraper di Shenzhen (fig.13-14) nelle provincia del Guangdong.
S. Holl e gli imprenditori hanno subito optato per un edificio ibrido dal punto di vista del programma funzionale (residenza, alberghi, uffici), carattere che si è subito riversato metaforicamente sugli
aspetti morfologici: il grosso della cubatura è stato concentrato nei
volumi orizzontali sospesi da terra, cercando di sfruttare perciò il
Fig.15 Il progetto SHA-SUI ad Hangzhou, China. Planimetria del progetto
vincitore di concorso. Steven Holl Architects 2009.
Pechino 2008. La XXIX Olimpiade e le trasformazioni urbane.
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doppio affaccio. Sono ancora vivi i riferimenti alla tradizione modernista, riproposti e attualizzati, tuttavia, da dispositivi e strategie
di sostenibilità ecologica e ambientale. Gli elementi verticali, invece, sono solo strutture di distribuzione verticale, servizi tecnologici,
e servono a sostenere il lungo e massiccio “steccone” che si muove nel paesaggio semi-rurale, secondo una linea spezzata. Esso si
espande gemmandosi in nuovi volumi, lasciando comunque posto
ad un vero e proprio parco artificiale a piano terra che ricopre gli
impianti geotermici, considerati da Steven Holl ormai come una
componente tecnologica “fissa” nei suoi progetti. Anche le facciate,
caratterizzate omogeneamente da lamelle di materiale trasparente,
sfruttano i principi dell’effetto Fresnel: assorbono luce durante il
giorno e si trasformano in apparecchi illuminanti durante la notte.
SHA Steven Holl Architects ha messo a punto un vero e proprio catalogo in questi ultimi anni, un repertorio di temi, di morfologie
architettoniche e dispositivi tecnologici, e ha attribuito loro anche
“nomi di battesimo” accattivanti, slogan “politicamente corretti”.
Questo si è rivelato il “cibo preferito” dei quadri dirigenti della
Cina contemporanea, utile per la propaganda del Partito nazionale. Holl, pertanto, procede instancabile ed entusiasta col suo lavoro sperimentale, indagando architetture e urbanesimi “ibridi”15 e
presentandole al suo pubblico cinese con la tecnica e la retorica di
un promoter che lavora su catalogo. Rispetto al suo modo di operare in Cina, soprattutto per il tipo di rapporto che egli è in grado
di instaurare con la classe dei politici, ricorda l’antica famiglia di
architetti Li che, in epoca Qing, realizzò il Palazzo d’Estate di Pechino, basandosi sul loro catalogo di disegni, diffusamente utilizzati
in quell’epoca in tutta la Cina e ancora conservati, in parte, presso
la biblioteca della Facoltà di Architettura della Tsinghua University di Pechino. Lo studio americano SHA, inoltre, a novembre del
2009 ha vinto il concorso per la progettazione dell’area SHA-SUI
di Hangzhou (fig.15), un progetto molto complesso per via della
situazione urbana esistente, imprenditorialmente e politicamente
ambizioso, che certamente non verrà realizzato secondo il progetto vincitore di concorso, secondo quanto hanno affermato i politi-
15. Steven Holl ha pubblicato URBANISMS: Working with doubt, Princeton
Architectural Press 2009, raccogliendo il pensiero progettuale proposto
attraverso i progetti realizzati in Cina. Lo slogan “lavorare col dubbio”,
ricorderà sicuramente agli architetti italiani di scuola romana lo slogan riduttivo,
attribuito al pensiero di Ludovico Quaroni e della sua Scuola.
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anna irene del monaco
ci locali durante la conferenza stampa che annunciava il gruppo
vincitore. Gli organizzatori e i politici locali, infatti, come è consuetudine nel “paese di mezzo”, hanno imposto a Steven Holl, vincitore ufficiale, la collaborazione con il secondo e il terzo gruppo
classificato, gli studi internazionali di Herzog & De Meroun e di
David Chipperfield, con lo scopo di ottenere un esito progettuale più realistico rispetto a quelli proposti per il concorso ma, soprattutto, più adeguato agli standard commerciali cinesi (fig.16).
In attesa di conoscere i risultati definitivi di un cimento progettuale a scala urbana così complesso, sicuramente, la parabola delle sperimentazioni firmate in questo paese dall’abile
architetto americano, affiancato dal suo indispensabile partner
cinese, continuerà ad esplicarsi con determinazione, arricchendo il carnet di realizzazioni che, ad oggi, forse, sono le uniche assimilabili a risultati sperimentali nell’edilizia residenziale cinese.
Oltre ai progetti residenziali di Steven Holl Architects, infatti, nella
Cina degli ultimi anni, troviamo alcuni significativi progetti di case
isolate realizzate da molti giovani architetti cinesi emergenti come
Atelier FCJZ e lo studio MAD, ed alcune architetture residenziali costruite nelle città satelliti “a tema” attorno all’area urbana di
Shanghai, come quella progettata e costruita da Vittorio Gregotti.
Nel quadro delle complesse vicende politiche ed economiche del paese di mezzo, l’architettura cinese contemporanea
si è rivelata al mondo con una produzione sicuramente proli-
Fig.16 Il progetto SHA-SUI ad Hangzhou, China. Plastico del progetto vincitore
di concorso. Steven Holl Architects 2009.
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fica in termini di metri cubi costruiti, sullo slancio dell’apertura del sipario della stagione Olimpica “Beijing 2008”.
Alle copiose quantità, tuttavia, non corrispondono riflessioni progettuali sufficienti ed efficaci, soprattutto nel campo dell’architettura residenziale, in grado di fronteggiare realtà urbane così popolose
e complesse come quelle cinesi che, ormai, sembrano avviate verso assetti territoriali difficilmente gestibili nel prossimo futuro.
Bibliografia:
http://en.beijing2008.cn/news
Beijing Municipal Planning Commission, Olimpic Forest Park
Construction and Administrative Commission, Beijing Landscape
Bureau, China Architecture & Building Press. Beijing 2008
International Competition for Landscapeing and Forest Park and Central
Zone in Olympic Green, China Architecture & Building Press 2004.
Wu Liangyong, Research on the Rural and Urban Spatial Development
Planning for the Greater Beijing Region. Tsinghua University Press,
2002
Thomas, J. Campanella, The Concrete Dragon: China’s Urban
Revolution and What it Means for the World, Princeton Architectural
Press, Princeton 2008
John Friedman, China’s Urban Transition, University of Minnesota
Press, Minnesota 2005
http://www.stevenholl.com