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n° 314 - marzo 2004 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Le pietre meravigliose Insieme all’interesse per la numismatica, dal Seicento in avanti molti amatori ed eruditi di antichità promossero la raccolta delle gemme intagliate. La passione per questi preziosi oggetti divenne poi nel Settecento un vero e proprio genere collezionistico che qualificò gli studioli e gli scrigni di importanti famiglie principesche e della nascente borghesia illuminata. Intellettuali e antiquari facevano a gara per conquistare gli esemplari più rari elevando la glittica, l’arte di intagliare e incidere le pietre dure e preziose fiorita in Europa a partire dall’età carolingia, a manifattura di raffinato pregio ormai inserita nei canoni dell’arte ufficiale. Generalmente, parlando di pietre dure, il pensiero corre alla superba lavorazione delle botteghe granducali fiorentine, alle opere di grandi e medie dimensioni come i capolavori in commesso, tavoli, pannelli, vasi, oggi conservati in molti musei non solo italiani; le nostre pietre sono invece quei microcosmi dell’incisione che su agate, corniole, diaspri, calcedoni, granati, lapislazzuli, cristalli, giade e tanti altre specie ancora, offrivano il risultato di virtuosismi dell’intaglio. In pochi millimetri l’abilità dell’artista creava capolavori d’invenzione tecnica e iconografica: le gemme divennero un almanacco visivo dell’antico con eroi, divinità, simboli di virtù che facendo rivivere i miti del passato, offrivano in amuleti, gioielli, oggetti di varia vanità, memoria di una storia lontana e affascinante. Praticamente l’arte glittica è stata in grado di rappresentare qualunque cosa sia appartenuta all’immaginazione o alla storia umana: favole, battaglie, pratiche religiose, costellazioni celesti, giuochi, e varie tipologie di ritratti con le effigi di sovrani, filosofi, poeti e oratori. La loro qualità la si poteva valutare per il colore, levigatezza e trasparenza; in antico si credeva che più la pietra era dura, più questa avesse avuta maggiore “gestazione” nel grembo della Natura, aumentandone quindi poteri e magie. Da sempre infatti il rapporto tra pietre, uomini e virtù è stato molto stretto e celebrato, e le debolezze del genere umano furono una ricca miniera di guadagno, come già denunciavano gli scrittori che sull’argomento scrissero molte dissertazioni nei passati secoli. Le facoltà “meravigliose” attribuite alle pietre si mostrarono infatti celebrate fin dai tempi di Plinio. Si asseriva che colui il quale avesse tenuto nelle mani monili di cristallo si rendesse propizi gli dei, che veniva più ascoltata la preghiera di chi possedeva il diaspro verde, che l’agata rendeva “più facili le donne”, che l’eliotropio, pregiata varietà di calcedonio verde chiazzato di rosso, rendeva invisibile il possessore. Si parlava addirittura esplicitamente di intagli magici: sotto alcune gemme egizie era inciso uno scarabeo, simbolo del sole, principio della generazione del mondo e come emblema del coraggio. Possederne garantiva fortuna e immortalità. Tale pratica religiosa venne ripresa anche dagli Etruschi e gli “scarabei” che oggi osserviamo in numerose raccolte di antichità, mantengono la traccia della loro superstizione e del valore che avevano una volta indossati come descritto nei testi antichi. Alcuni studiosi del passato hanno asserito che proprio la superstizione fosse l’origine prima dell’arte dell’intaglio, che le gemme incise con figure ed altre scene succedettero agli amuleti e che gli anelli o i pendenti con pietre intagliate, furono prima oggetti di devozione e poi di vanità. Le diverse tessiture geologiche che ogni gemma porta indelebili sulla propria superficie, grazie ad artefici abilissimi che solo molto raramente firmavano il proprio lavoro, fornivano le prime tracce dei soggetti in esse raffigurate; le incisioni su pietra preziosa non vanno confuse però con i cammei di conchiglia o altre lavorazioni di sostanze organiche come il corallo, l’avorio, l’osso e simili. Queste lavorazioni, pur essendo eseguite con grande maestria, non hanno le caratteristiche di “durevolezza” Giovanni delle Corniole: Girolamo Savonarola Firenze, Museo degli Argenti Esempio di intaglio, tecnica di lavorazione che si effettua incidendo la pietra con appositi strumenti e polveri abrasive Ritratti di Filippo II e Don Carlos - Firenze Museo degli Argenti pag. 2 delle pietre, anche se il genere del cammeo ha trovato una larga diffusione nel collezionismo di manufatti glittici. Ad esempio gli strati che caratterizzano queste conchiglie naturali, evidenziando gli effetti di trasparenza e colore, vennero sfruttati opportunamente per creare soggetti guidati proprio da queste varianti originarie. Tra le pietre più utilizzate nell’arte glittica - sia per la lavorazione in rilievo (ottenuta abbassando il fondo) o incavata sulla superficie (tecnica usata anche allo scopo di ottenere matrici per sigilli) - troviamo l’agata, in particolare quella orientale, di aspetto assai mutevole che in base alla limpidezza regalava i toni del nero, del rossiccio e del color tabacco; alcune composte da due strati di opposte tonalità venivano chiamate in antico niccoli, altre con ulteriori varianti, anche morfologiche, si appellano calcedoni e onici. Nei testi troviamo testimonianza che l’intagliatore spesso procedeva con l’ausilio di lenti per controllare il procedimento dell’incisione che poteva avvenire con utensili di metallo e sabbie abrasive di base diamantifera. Fin dal XVII secolo le gemme vennero custodite con metodi ben precisi che facilitavano non solo la loro conservazione, evitando dannosi sfregamenti o fratture, ma soprattutto la loro visibilità ad un pubblico sempre più raffinato e competente. Gli stipi rappresentavano il mobile più adatto per riporre questi tesori; al loro interno tavolette in le- Esempio di agata, varietà di calcedonio a strati multicolori Laocoonte: cammeo in onice - Firenze Museo degli Argenti gno ricoperte di sete o velluti accoglievano le nostre pietre. Quelle senza montatura erano sistemate liberamente in scomparti, mentre per i pendenti o altri monili forati o con “appiccagnoli” spesso si ricorreva a nastrini o altri elementi per appenderli ad un piccolo gancio metallico. La ricchezza dei materiali e dei soggetti hanno spesso messo in crisi i vari criteri di ordinamento al quale i collezionisti intendevano sottoporre le loro raccolte, e negli ultimi tre secoli sono stati molti i tentativi di classificarle secondo un ordine che tenesse conto della provenienza, o del tipo di pietra o del tema in esso rappresentato. Le gioie che nascevano dalla lavorazione delle gemme ebbero anche in passato una loro quotazione di mercato tanto da sollecitarne acquisti, scambi e copie. Generalmente le riproduzioni delle gemme incise si appellano come “zolfi”, intendendo per zolfo un tipo di calco ottenuto da una mistura di piombo, zolfo, carbone e vermiglione d’Olanda o cinabro. Specialmente nel Settecento erano molto richiesti perché permettevano all’amatore di possedere le copie delle collezioni più prestigiose offrendo inoltre la possibilità di trasportare gli esemplari più apprezzati per ammirarli nei vari salotti culturali, più o meno segretamente, se pensiamo che alcune di queste gemme raffiguravano soggetti erotici, ponendosi così come piccole trasgressioni della morale del tempo. miriam fileti mazza Esempio di cammeo: viene eseguito a bassorilievo su pietre da stratificazioni multicolori