Lo sfruttamento criminale del minore

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Lo sfruttamento criminale del minore
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Gioventù amore e rabbia
di Tony Richardson
Sinossi
Nottingham, anni Sessanta. Colin Smith è catturato dalla polizia dopo un furto ad un panificio e
rinchiuso nel riformatorio di Ruxton Towers. Notato dal direttore durante una partita di calcio per la
sua facilità nella corsa, Smith è invitato a gareggiare nella gara di corsa campestre che la casa di
correzione disputerà prossimamente contro il collegio di Ranley, competizione che il direttore tiene
particolarmente a vincere per il lustro che ne può conseguire. Smith si sveglia prima dei suoi
compagni di reclusione, che lo accusano di essere collaborativo con i sorveglianti, e si allena con
impegno, ottenendo anche il permesso di uscire dalle mura del correzionale per ritornare ad un’ora
convenuta. Durante i suoi allenamenti, Smith pensa al suo recente passato e alle vicende che lo hanno
condotto a Ruxton Towers: la fresca morte del padre, operaio in fabbrica, il difficile rapporto con il
compagno della madre, la relazione con la fidanzata Audrey e l’amicizia con Mike, con il quale
metterà a segno il colpo che causerà la sua condanna. Il giorno della gara, Smith giunge al traguardo
con un grande margine sul suo inseguitore, ma prima di tagliare il filo di lana, si ferma per un estremo
atto di ribellione nei confronti dell’istituzione correzionale e fa vincere l’atleta di Ranley.
Presentazione critica
Introduzione al film
Ribellione autoriale e giovanile
Alla fine degli anni Cinquanta, il cinema inglese era entrato in crisi, come molte delle cinematografie
europee. Sale e studi iniziavano progressivamente a chiudere, artisti che avevano fatto la storia del
cinema britannico, come Alexander Korda e Henry Cornelius (a soli 44 anni), morivano, altri, come
Alexander Mackendrick e Ronald Neame, sceglievano Hollywood, altri ancora, come Carol Reed, si
spostavano in funzione dell’offerta del momento. Coerentemente con il grande sommovimento che
soprattutto in Francia stava caratterizzando le nuove tendenze d’autore e palesando nuove e originali
personalità registiche (Truffaut, Godard, Chabrol, Resnais, solo per fare alcuni nomi), anche in
Inghilterra cominciava a delinearsi un nuovo cinema d’autore, fatto con budget limitati da registi
giovani, con un universo personale, che spesso attinge dalla letteratura coeva degli angry young men,
i giovani scrittori arrabbiati che prendendo il nome da un fortunato libro pubblicato nel 1951 dal
filosofo Leslie Allen Paul animarono con il loro livore drammatico la cultura a cavallo tra gli anni
Cinquanta e Sessanta. Questa tendenza cinematografica inglese prendeva il nome di Free Cinema, un
cinema libero negli argomenti trattati e nello stile adottato che, come nel caso francese, era più un
comodo insieme in cui racchiudere più personalità differenti che un movimento unitario e
circoscrivibile. I pochi elementi di affinità erano relativi a temi mai trattati in precedenza nel cinema
britannico, da sempre attento alle dinamiche della società borghese e raramente disposto a
soffermarsi sulle contraddizioni delle periferie, a introdursi negli angusti spazi delle abitazioni operaie
per mostrare un’esistenza meno edificante, sicuramente più precaria, spesso tribolata e dolorosa. In
pochi anni, il cinema inglese cambia, insieme ad una nuova concezione dell’universo quotidiano
ritratto, un universo in cui la famiglia e la piccola comunità del vicinato cominciano a mostrare il loro
lato ipocrita e malevolo, il loro tedio e l’incapacità di reazione, nel quale la mediocre qualità della
vita entra in aperto contrasto con l’intera società portatrice di un benessere propagandato, ma
lontano dal vedersi pienamente realizzato. Un universo nel quale l’istituzione non si dispone più a
fianco dei cittadini, ma si segnala in qualità di ostacolo repressivo, nemico alla piena affermazione
della propria libera individualità.
Gioventù amore e rabbia è uno dei film più rappresentativi del movimento. Tratto dal racconto La
solitudine del maratoneta dello scrittore di Nottingham Alan Sillitoe (che ha anche adattato il suo
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Gioventù amore e rabbia – scheda critica
testo per il film scrivendone la sceneggiatura), abbandona il flusso di coscienza peculiare del testo
letterario e lo modula su una proliferazione di flashback per mezzo dei quali il protagonista, Colin
Smith (diciassettenne, dice il libro), riflette sul suo fresco passato individuale e familiare, rendendo
possibile allo spettatore, al contempo, di recuperare i dati narrativi necessari alla comprensione della
vicenda e di identificarsi con il personaggio, riuscendo a penetrarne la reale natura. Lo stile adottato
da Richardson presenta alcune eccentricità rispetto alle convenzioni del cinema classico, ma queste
poche situazioni eterodosse si limitano agli ampi movimenti di macchina, spesso restituiti con camera
a mano, con cui si tende a seguire la corsa libera di Smith nei boschi attigui al riformatorio e le
improvvise accelerazioni con cui ci si premura di sottolineare ironicamente la frenesia improvvisa di
alcune situazioni.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Contestazione e solitudine
Gioventù amore e rabbia è essenzialmente un film sul ribellismo a 360°, rivolto verso ogni istituzione
e ogni figura di riferimento. Smith, parafrasando il titolo, è solo, un “Lonely Long Distance Runner”,
un maratoneta solitario. Un corridore che fugge per isolarsi da ciò che lo circonda, senza un motivo
definito che non sia l’estraniazione dal mondo circostante, qualunque volto esso abbia. «Abbiamo
sempre avuto la mania di correre, in famiglia, specie se si trattava di non farsi beccare dalla polizia.
Non è facile da capire, quello che so è che sentiamo il bisogno di correre senza un perché attraverso i
campi e i boschi; e la meta non è il traguardo, anche se là c’è una folla pronta ad applaudirci: forse
siamo affascinati dal senso di solitudine del maratoneta»: è con queste parole, unica intrusione della
voce narrante caratteristica del racconto di Silltoe, che la storia di Smith inizia. In realtà più che una
corsa, si tratta di una fuga. Dalla polizia intesa come principio regolatore, e senza una meta
prefissata, con la sola intenzione di affrancarsi dai rigidi precetti della società. Non è un caso che le
sequenze in cui Smith è mostrato nei paraggi del riformatorio, libero di correre e di allenarsi tra
l’ampiezza della vegetazione e non costretto entro gli angusti limiti della casa di correzione, siano
commentati da sonorità jazz con le quali Richardson intende fornire una sorta di correlativo oggettivo
della forma libera, armonica e allegorica. Non è un caso nemmeno che le ampie falcate di Smith siano
spesso il preludio alla libertà dei suoi pensieri, pronti a materializzarsi in lunghi flashback che
completano le informazioni sul passato del personaggio e in qualche modo ne determinano l’enorme
scontento che lo anima. Gli strali di Smith non risparmiano nessuno. La famiglia, prima di tutto. Ciò
che Colin, con una reminescenza shakespeariana, imputa alla madre vedova da meno di una settimana
è di aver accolto in casa il suo compagno con “il cadavere del padre ancora caldo”. Il rapporto con
Gordon è apertamente conflittuale, è improntato sulla supremazia maschile all’interno delle mura
domestiche e rende Smith un novello Amleto, fondamentalmente espulso dall’alveo materno,
perennemente alla ricerca di un’identità ancora imprecisata.
La morte del padre è il pretesto per scagliarsi contro lo sfruttamento del lavoro, che ha prosciugato le
energie dell’uomo e le ho rimborsato con sole 500 sterline. Situazione generalizzabile a tutti gli altri
lavoratori, come lo stesso Smith confessa alla fidanzata Audrey durante la passeggiata fra le dune.
D’altronde lo sfruttamento è arma a doppio taglio, perché da un lato produce ristrettezze, mentre
dall’altro anima ambizioni di rivincita del potere d’acquisto: le 500 sterline che la madre di Smith
riceve come freddo rimborso per la morte del marito diventano il miraggio per riscattare tutte le
rinunce patite fino a quel momento, ad iniziare dalla televisione, il cui controllo diventerà oggetto
del contendere tra Smith e Gordon. Smith è estraneo a questo entusiasmo consumistico, al punto tale
che dapprima consiglia alla madre di bruciare la quota ricevuta e poi incenerisce in prima persona con
un fiammifero i soldi che la donna ha insistito nel volergli dare. Questo episodio mostra anche che il
bisogno di Smith non è il possesso di denaro, quanto la necessità sociale di infrangere le regole: è
questo ciò che sconta a Ruxton Towers, non il furto in sé, che rappresenta soltanto il pretesto per la
condanna.
La regola è il principio su cui è edificato il mondo che Smith rifiuta completamente, sia che esso si
palesi attraverso la vuota retorica con cui il deputato conservatore dagli schermi televisivi parla della
rinnovata grandeur della nazione britannica, sia che si perpetui per mezzo dell’ossessivo desiderio del
direttore di Ruxton Towers di vincere la competizione contro il collegio di Ranley. Se il tronfio
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Gioventù amore e rabbia – scheda critica
deputato è messo a tacere (e reso ridicolo) dall’azzeramento dell’audio, l’ambizione del direttore
riceve la più grande delle frustrazioni con la negazione a pochi metri dal traguardo. Insieme rifiuto e
ribellione delle regole e dell’istituzione. Il maratoneta è solo e corre senza un perché, non segue una
strada tracciata da altri.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Il film di Richardson, oltre a riflettere sul rapporto tra adolescenti indocili e istituzione repressive,
può essere inserito in una rassegna che presenti pellicole simili per temi e contigue per conflittualità
rappresentate. A questo proposito si possono citare lavori che per autorevolezza degli autori, per
risultati artistici e per varietà degli esempi proposti, rappresentano un utile compendio sulla
trattazione in oggetto: Mery per sempre (Marco Risi, Italia, 1989), celebre storia del rapporto
conflittuale fra un insegnante e i suoi difficili allievi in un carcere minorile di Palermo; il capolavoro
Sciuscià (Vittorio De Sica, Italia, 1946), nel quale il riformatorio in cui sono stati reclusi i due piccoli
protagonisti è teatro di una lotta quotidiana in cui sono messi a repentaglio valori quali la dignità e
l’amicizia stessa; l’indimenticabile I quattrocento colpi (Les quatrecents coups, François Truffaut,
Francia, 1959), manifesto della Nouvelle vague che racconta le sfortunate vicende del povero Antoine
Doinel fino alla fuga dal riformatorio verso il mare mai visto in precedenza, metafora di una libertà
che è prima di tutto recupero di mancanze originarie; il crudo I figli della violenza (Los olvidados,
Luis Buñuel, Messico, 1950), ritratto della gioventù umiliata e ferita di Città del Messico, che nel suo
sviluppo si trasforma in una metafisica della disfatta predestinata.
Giampiero Frasca
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