La scomparsa di Arrigo Castelli l`inventore dell`indimenticabile
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La scomparsa di Arrigo Castelli l`inventore dell`indimenticabile
di FABRIZIO GAETANO VERRUSO La scomparsa di Arrigo Castelli l’inventore dell’indimenticabile Gelosino degli Anni ‘50 U CIVILTÀ DELLA SCRITTURA In primo piano il famoso magnetofono “Gelosino”, il piccolo gioiello dell’inventore Castelli 9 no scarno comunicato d’agenzia del 2 dicembre scorso informa della scomparsa di Arrigo Castelli, 86 anni, natio di San Giovanni Bianco, nella Val Brembana. Nello scorrere la notizia, non può non colpire la circostanza che Castelli sia stato un uomo speciale, perché il suo cognome – la sua esistenza, anzitutto – sembra voler racchiudere l’operosità di un industriale che, con spirito d’impresa, ha saputo fare del suo genio la fonte di realizzazione delle sue stesse intuizioni. Inventore del magnetofono, nel 1947, Castelli si è già consacrato ad essere ricordato nella storia per i suoi meriti che rendono possibile conservare il suono, originariamente su fili d’acciaio, in seguito su nastro magnetico. Molti dei lettori ne ricorderanno la sua invenzione, perché prezioso ausilio nel ricostruire i passaggi più incerti dei loro stenoscritti, o più semplicemente, magari, per confutare agli oratori che quanto ripreso dalle loro biro corrispondesse effettivamente a quanto pronunciato. Il magnetofono – presentato allora anche al presidente della Repubblica Einaudi – sarà un’invenzione che circolerà in Italia con l’etichetta “Gelosino”, perché frutto della collaborazione con il marchio “Geloso”: s’imporrà nelle famiglie ad un prezzo accessibile, nell’Italia in cui l’invenzione dilaga come singolare possibilità di conservare la voce catturata all’istante, per ricordare i contenuti di un discorso, più romanticamente per riascoltare il timbro vocale della persona amata, per emozionarsi ancora nella riproduzione di un suono. Ma in Arrigo Castelli c’è qualcosa in più che lo lega al nostro mondo: non si tratta soltanto della sua invenzione, utilissima a quanti se ne servirono nella nostra professione in quegli anni (sebbene taluni, probabilmente con fierezza, ritennero di poter farne a meno, quasi temendo la sopravvenuta inutilità della celere scrittura). Come non rimanere colpiti dalle origini della biografia di Castelli, figlio di Attilio, direttore delle cartiere Cima, dunque singolarmente legato a quello stesso strumento che – analogamente ai fili d’acciaio – conservava e tutt’oggi mantiene memoria di quanto accade negli anni. Il supporto cartaceo, quale manufatto delle cartiere amministrate dal papà Attilio, si trasforma idealmente, nell’opera del figlio Arrigo, nei fili d’acciaio su cui rinnovare il sogno di riprodurre un suono, “un fruscio”, quale all’origine è il tentativo dell’inventore di lasciar traccia. Ad Arrigo Castelli, i cui figli ne continuano l’intrapresa nell’elettronica medica, anch’essa già avviata dal padre, ci accomuna il desiderio – magistralmente realizzato dalle rispettive tecniche di ripresa – di voler imprimere per la storia la memoria di quanto si svolge nel tempo.