La teologia della comunione e il cammino verso l`unità
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La teologia della comunione e il cammino verso l`unità
XIV Международные УСПЕНСКИЕ ЧТЕНИЯ- Киев 2014 Adalberto Mainardi, Bose La teologia della comunione e il cammino verso l’unità La teologia del secolo scorso si è concentrata sul problema dell’ecclesiologia. Il problema dell’unità dei cristiani è preceduto dal problema di comprendere e definire l’essenza della chiesa stessa. Nella tradizione patristica, la chiesa non è mai stata oggetto di speculazione teologica, ma piuttosto di meditazione spirituale. I santi padri videro la profezia della chiesa del Nuovo Testamento in immagini dell’Antico Testamento quali la vigna e la vite, l’ovile, l’arca, e interpretarono allegoricamente le parabole evangeliche della città in cima al monte o della nave nel mare in tempesta come immagini della chiesa. Anche se il Nuovo Testamento non fornisce nessuna ecclesiologia sistematica, vi troviamo delle notizie sulla vita, sulla fede e il culto delle prime comunità cristiane, e anche metafore che descrivono la figura della chiesa come popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello spirito Santo, e ancora come vigna, gregge, sposa, casa eccetera. Nel secolo scorso grazie al movimento liturgico e biblico e anche alla contributo teologico dell’emigrazione russa, i teologi hanno sempre più rivolto l’attenzione all’essenza della chiesa come mistero di comunione dell’uomo con Dio. Un testo importante in questo senso è la prima lettera ai Corinti dell’apostolo Paolo: «Il calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione al sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo non è comunione al corpo di Cristo? Un solo pane, e noi che siamo molti siamo un unico corpo; infatti tutti comunichiamo all’unico pane». La parola κοινωνία, che si traduce come “comunione”, partecipazione all’eucarestia, fraternità, condivisione, e deriva dal verbo κοινωνέω (“condividere”, “prendere parte”, “fare qualcosa insieme”), si incontra nei racconti sull’ultima cena, sulla riconciliazione di Paolo con Pietro, Giacomo e Giovanni, sulla colletta per le comunità povere, e anche come descrizione dell’esperienza e della testimonianza della chiesa. Negli Atti degli apostoli leggiamo: «Perseveravano nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione e nella frazione del pane e nelle preghiere». L’idea di comunione è diventata cruciale nella ecclesiologia contemporanea. Nel quadro della presente relazione, noi non ci soffermeremo sulle peculiarità dei dibattiti teologici ma ci limiteremo a mostrare le linee di fondo dello sviluppo della cosiddetta ecclesiologia di comunione in diverse tradizioni teologiche, come anche la sua fecondità per il dialogo ecumenico. L’unità delle chiese fino ad oggi divise non deve essere compresa come assorbimento di una chiesa da parte di un’altra, ma come il ristabilimento della comunione tra eguali chiese sorelle, come sussisteva nel primo millennio. Considereremo tre punti: 1. Lo sviluppo dell’idea di comunione nell’ecclesiologia eucaristica ortodossa del 20º secolo. 2. L’ecclesiologia del concilio Vaticano secondo e i tratti generali della sua recezione. 3. La comunione dell’uomo con Dio e la missione della Chiesa nell’ultimo documento della commissione fede e costituzione. 2 1. Lo sviluppo dell’idea di comunione nell’ecclesiologia eucaristica Karl Christian Felmy osserva giustamente che nel 20º secolo la persuasione che la teologia ortodossa fosse possibile solo sul terreno dell’esperienza ecclesiale ortodossa e l’identificazione dell’esperienza e dell’ecclesialità condussero a un generale riassestamento dell’ecclesiologia in tutto il campo della teologia. Alessandro Filonenko molto chiaramente descrive quella linea del pensiero teologico ortodosso che possiamo definire teologia della comunione o teologia eucaristica. Si tratta del movimento di avvicinamento dell’eucarestia al ministero dei cristiani nel mondo; la tradizione della teologia eucaristica di comunione, nell’alveo della quale si dispongono sia la dottrina sulla liturgia dopo la liturgia di madre Maria Skobcova, sia l’ecclesiologia eucaristica di padre Nikolaj Afanas’ev, nella liturgia e la teologia liturgica di padre Aleksandr Schmemann e anche la teologia della gloria di Dio e la poetica della lode di Sergej Averincev, e certamente l’ecclesiologia del metropolita di Pergamo Ioannis Zizioulas. In questa linea la teologia si sviluppa non dall’esperienza della conoscenza di Dio ma della comunione con Dio: «il punto di partenza è l’evento dell’incontro dell’uomo con Dio dal quale nasce l’unione con Dio, che serve da fondamento per ogni incontro e comunione degli uomini gli uni con gli altri e con la creazione. Il fondamento per la descrizione della stessa unione con Dio è il dogma della Santa Trinità che si svela nell’intuizione della comunione». Caposcuola di questo indirizzo teologico si ritiene comunemente padre Nikolaj Afanas’ev. La chiave per comprendere la sua ecclesiologia eucaristica è il fatto che l’apostolo Paolo definisce nello stesso modo il pane eucaristico nella prima lettera ai Cor al capitolo 10 e la chiesa locale o la comunità locale nella stessa lettera al capitolo 12 come “corpo di Cristo”: 3 il pane eucaristico è il reale corpo di Cristo e ogni chiesa locale è la chiesa di Dio in Cristo; poiché Cristo vive nel suo corpo, nella assemblea eucaristica, e grazie alla comunione al corpo di Cristo i credenti diventano membri del suo corpo. Dalla struttura dell’assemblea eucaristica per Afanas’ev deriva la sostanza stessa della chiesa. La celebrazione della cena del Signore non può avvenire senza un presidente, poiché la dottrina dell’eucarestia implica l’idea della guida dell’assemblea liturgica da parte di uno solo, proprio come l’idea del gregge implica il servizio del pastore. Fondandosi in particolare su sant’Ignazio di Antiochia, Afanas’ev sviluppa un’intera ecclesiologia delle chiese locali. «Proprio come l’assemblea eucaristica è tutta la chiesa, e non una sua parte, così le chiese locali non possono essere definite parti della chiesa poiché ciascuna chiesa locale che celebra sotto la guida del suo presidente la Santa eucarestia, attraverso l’eucaristia è anche la chiesa cattolica, certo a condizione che essa si trovi in comunione con le altre chiese locali». Ripetendo Ignazio di Antiochia, Afanas’ev afferma che «il vescovo è colui che ha il compito dell’unità», e che solo «l’eucaristia celebrata dal vescovo ― o da colui al quale il vescovo ha affidato l’incarico ― può essere ritenuta autentica. Per questo dove c’è il vescovo la deve esserci anche il popolo, proprio come dove c’è Gesù Cristo là c’è anche la chiesa cattolica». Il problema principale dell’ecclesiologia eucaristica di padre Nikolaj è quello di conservare l’equilibrio tra due poli: il primo che ogni assemblea eucaristica con vescovo rappresenta tutta la pienezza cattolica; e il secondo che tali assemblee restino in dipendenza le une dalle altre. I discepoli e i prosecutori di Afanas’ev, in particolare Schmemann e Zizioulas, si sono posti il compito di correggere una certa polverizzazione delle chiese locali, sottolineando il ruolo dei vescovi delle chiese vicine nella 4 consacrazione del vescovo, ma anche il ruolo dei concili locali e ecumenici e del vescovo primate di una determinata regione, come recita il canone 34 degli apostoli: i vescovi di ogni nazione devono sapere chi è il primo tra loro e riconoscerlo come loro capo e non fare nulla senza il suo giudizio: ciascuno deve fare solo ciò che riguarda la sua diocesi e la regione che le appartiene. Ma anche il primate non deve fare nulla senza il giudizio di tutti. Infatti così ci sarà l’unità di pensiero e sarà glorificato Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Osserviamo di passaggio che in questo testo il primato e la conciliarità della chiesa sono in stretta relazione reciproca come strumenti di unità del pensiero e della comunione della chiesa, a immagine e somiglianza della Santa Trinità. Per quanto riguarda il primato a livello di chiesa universale, come è noto, è il tema della discussione dell’attuale sessione della commissione teologica ortodosso-cattolica. Ma questo dialogo in gran parte è stato possibile grazie ai cambiamenti intervenuti nella vita della chiesa cattolica con il secondo concilio Vaticano, dove le prospettive aperte dalla teologia eucaristica hanno avuto un ruolo non secondario. Padre Nikolaj Afanas’ev prese parte al concilio in qualità di osservatore, e fu l’unico autore non cattolico citato nei documenti del concilio. 5 2. L’ecclesiologia del concilio Vaticano secondo. Il concilio Vaticano secondo rappresenta un evento decisivo non solo nella teologia, ma in tutta la pienezza della vita della chiesa cattolica. La discussione sulla recezione di questo concilio caratterizza la ecclesiologia cattolica degli ultimi decenni. Al concilio emersero almeno tre principali immagini di chiesa, che in qualche misura rappresentano una rottura con l’ecclesiologia giuridica dell’epoca post-tridentina. Il primo modello è la chiesa come sacramento. Già nella prima costituzione approvata dal concilio sulla liturgia (Sacrosanctum concilium) si dice che «dal costato ferito di Cristo in croce sgorgò il mirabile sacramento di tutta la chiesa»; e ancora che «Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che è «sacramento dell’unità », cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi» (SC 26). Qui e in generale in tutto il documento si osserva l’influenza del movimento liturgico cattolico e della teologia eucaristica. La definizione della chiesa come mistero e non come società gerarchica perfetta si trova anche nel primo capitolo della costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium: «La chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno dello strumento dell’intima unione con Dio di tutto il genere umano». La comprensione della chiesa come sacramento significa che la Chiesa stessa è parte dell’azione salvifica di Dio secondo “l’economia del mistero nascosto dall’eternità in Dio” (Ef 3,9). Il secondo modello della chiesa è l’immagine biblica del popolo di Dio. La chiesa è un dono di Dio per il mondo: questo dono si realizza come fraternità, totalità dei credenti radunati in un popolo. Questo popolo di Dio è il soggetto di azioni e di diritti, è l’autentico beneficiario delle funzioni sacerdotale, profetica e regale di Cristo, certo in modo diverso e secondo la vocazione di ogni membro. 6 L’idea della Chiesa come popolo raccolto da Dio, con tutta la multiformità dei carismi dello Spirito Santo, implica anche il terzo modello: la chiesa come comunione. La chiesa è comunione, commenta il cardinal Kasper, «poiché essa comunica alla misteriosa comunione di amore della Santissima Trinità, e questo significa che essa è molteplice nell’unità». In altre parole, la chiesa e caratterizzata come icona della comunione trinitaria tra Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. La comunità ecclesiale si realizza e s’incarna quando è radunata per la Divina Liturgia per ascoltare la parola di Dio e comunicare ai santi misteri: allora essa diviene corpo di Cristo. Ma questo significa anche che la comunità ecclesiale si realizza nella chiesa locale, nella comunità parrocchiale. In questo senso, l’idea di comunione è un’idea squisitamente ecclesiologica, che definisce la sostanza della chiesa universale come comunione delle chiese locali. Così il concilio Vaticano secondo afferma che «i singoli vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari; queste sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica». In tal modo il concilio rinnova la fondamentale visione della chiesa antica che fino ad oggi determina l’idea di chiesa e la sua attività nelle chiese ortodosse. I documenti del concilio lo ricordano più volte. Proprio qui si compie quella svolta tra due concezioni di chiesa, che ha suscitato una vivissima discussione teologica nell’epoca postconciliare: da un lato, la rappresentazione della chiesa universale come un’unica gigantesca chiesa locale, dove il potere giuridico discende dall’alto in basso; dall’altra parte, la molteplicità e la varietà della comunione di diverse chiese locali. In occidente questa seconda più antica concezione della chiesa è stata sostituita dalla prima verso la fine del primo millennio e nei primi secoli del secondo. 7 La costituzione dogmatica sulla chiesa prosegue la linea della teologia eucaristica, quando afferma che la chiesa di Cristo è realmente presente in tutte le chiese locali. Chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità locali di fedeli, le quali, unite ai loro pastori, sono anch'esse chiamate Chiese nel Nuovo Testamento. Esse infatti sono, ciascuna nel proprio territorio, il popolo nuovo chiamato da Dio nello Spirito Santo e in una grande fiducia (cfr. 1 Ts 1,5). In esse con la predicazione del Vangelo di Cristo vengono radunati i fedeli e si celebra il mistero della Cena del Signore, « affinché per mezzo della carne e del sangue del Signore siano strettamente uniti tutti i fratelli della comunità». In ogni comunità che partecipa all'altare, sotto la sacra presidenza del Vescovo viene offerto il simbolo di quella carità e « unità del corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza». In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si costituisce la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Infatti « la partecipazione del corpo e del sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che riceviamo » (LG 26) L’eucarestia è il culmine e la fonte della comunione ecclesiale. Questo ha una grandissima importanza per il dialogo ecumenico come è chiaro dal decreto sull’ecumenismo dove si ricordano le chiese patriarcali: presso gli orientali grande fu ed è ancora la preoccupazione la cura di conservare in una comunione di fede e di carità quelle fraterne relazioni che, come tra sorelle devono esistere tra le chiese locali. (UR 14) L’ecclesiologia del concilio Vaticano II non è univoca. Alcuni ritengono che nella costituzione sulla chiesa si rispecchino due ecclesiologie contrapposte. In realtà come abbiamo visto ce ne sono molte di più. Negli ultimi di decenni, sempre più si pone il problema dell’ermeneutica e della recezione del concilio. Ma nella recezione di un concilio sono coinvolti non solo i teologi e i vescovi, ma tutto il 8 popolo di Dio, inoltre in molte generazioni e ambiti, in diversi “luoghi”: la parrocchia, il catechismo, il diritto canonico eccetera. Si tratta di un processo complesso e contraddittorio. Mi limito a indicarne alcuni aspetti. Le strutture sinodali all’interno della Chiesa cattolica, istituite dopo il concilio, come il sinodo dei vescovi e le conferenze episcopali nazionali, hanno ancora bisogno di essere sviluppate nello spirito della ecclesiologia eucaristica e della conciliarità, altrimenti i vescovi rimangono una sorta di “funzionari papali”. Alcuni documenti della Congregazione per la dottrina della fede (Communionis notio, 1993; la dichiarazione Dominus Iesus, 2000), e alcuni interventi di papa Giovanni Paolo II (in particolare la lettera apostolica Apostolos suos, 1998, e l’esortazione apostolica postsinodale Pastores gregis, 2003), rivalutano l’ecclesiologia universalistica, ridimensionando il ruolo delle chiese locali. Ma, effettivamente, questi testi non godono dello statuto di infallibilità, e hanno anzi un’importanza secondaria rispetto per esempio al sinodo dei vescovi del 2005 sull’eucarestia, dove l’ecclesiologia eucaristica e la teologia di comunione furono chiaramente affermate, in continuità con l’insegnamento del Vaticano II. La teologia di comunione ha bisogno di essere incarnata in tutta la vita della chiesa, nella concreta realtà delle diocesi, dei vescovi, delle comunità, e non solo dibattuta nell’ambito degli incontri teologici. 9 3. La comunione dell’uomo con Dio e la missione della chiesa nel documento di Fede e Costituzione Verso una comune comprensione della chiesa, 2013. Come mostra il nostro rapido sguardo sulla teologia ortodossa e cattolica degli ultimi decenni, l’idea biblica di comunione è diventata centrale per la comune comprensione della vita e dell’unità della Chiesa. In questo senso l’ultimo documento della commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese rappresenta un passo importante. Il documento Verso una comune comprensione della chiesa del 2013 conclude vent’anni di lavoro comune tra ortodossi e cattolici e protestanti. Il testo sottolinea che la chiesa come comunione discende dal mistero della Santissima Trinità, cioè l’unione della chiesa non è il risultato di un compromesso umano, ma è un dono di Dio: nello stesso tempo, le diverse chiese comprendono in modo diverso le strutture storiche di questa comunione È importante notare qui il metodo del dialogo, che prende avvio non studiando i punti controversi, ma da quella comprensione della chiesa che tutte le chiese condividono. E proprio l’ecclesiologia di comunione ha fornito la struttura utile per considerare le relazioni tra le chiese locali e la chiesa universale. I punti di disaccordo rimangono molti, ma il merito del documento è quello di formularli in modo chiaro, soprattutto in relazione al ministero ordinato e alla successione apostolica, nella luce della comune comprensione del mistero di comunione. Solo quando la chiesa manifesta se stessa come una viva comunione stabilita da Dio ― ciò che essa effettivamente è ― solo allora essa mostrerà anche la sua missione: testimoniare a tutti gli uomini quella comunione di amore libertà nel vincolo della pace, che Dio ha intenzione di donare a tutta l’umanità e a tutta la creazione nel suo regno. 10 Conclusione Le sfide che sono di fronte a tutte le chiese cristiane oggi sono enormi. Un’autentica comunione in tutta la vita ecclesiale mostra la via per superare la inimicizia tra gli uomini, per trasformare il fantasma interiore del nemico nell’immagine del fratello. Ciascuna chiesa quanto più sarà serva della comunione con l’altra chiesa e la riconoscerà come chiesa sorella in Cristo, tanto più allora essa brillerà mostrando l’immagine della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito santo. La spiritualità della comunione è un esercizio nell’arte dell’ascolto, che non cerca nell’altra chiesa ciò che è simile a se stessa, ma accoglie la differenza senza assimilarla dissolvendola. Infatti ogni incontro è attratto da una terza persona salvifica, cioè Gesù Cristo il Signore elevato in croce e risorto. Egli è il Kyrios, il Signore che unisce nel tempo stesso in cui distingue, che crea la comunione nel tempo stesso in cui personifica ciascuno e ciascuna chiesa, avviando tutti verso il regno che viene. 11 Bibliografia Carter D., “Vers une vision commune de l’église: commentaire et evaluation”, Irénikon 76/2-3 (2013), pp. 312-338. Commission Faith & Order WCC, The Church: Towards a Common Vision, Genève 2013 Congar Yves M.-J. 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