Intervista a Massimo Lentsch, fondatore di Co.Mark Spa, la società

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Intervista a Massimo Lentsch, fondatore di Co.Mark Spa, la società
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COMPETIZIONE
& SVILUPPO
Obiettivo
estero
Intervista a Massimo
Lentsch, fondatore di
Co.Mark Spa,
la società bergamasca
leader italiana nei servizi di
temporary management
internazionale.
Nata come studio di consulenza professionale
nel 1998 e oggi società per azioni con una rete di 130
temporary export manager, Co.Mark ha guadagnato consensi e clienti grazie a un approccio innovativo al marketing aziendale, strettamente legato ai risultati di vendita.
L’intuizione di Massimo Lentsch, fondatore di Co.Mark,
ha convinto anche il Vice Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, tanto che l’incremento dell’utilizzo di
temporary export manager all’interno delle PMI è uno dei
dieci punti del piano straordinario per il Made in Italy approvato nella Legge di Stabilità 2015, con uno stanziamento di circa 20 milioni di euro.
Nell’attesa del decreto attuativo, Co.Mark promuoverà, a
breve, un master per temporary export manager, con l’obiettivo di formare nuove risorse qualificate.
Dott. Lentsch, com’è nata l’idea del temporary export
manager?
Allora facevo l’export manager in una piccola azienda.
Dopo aver contattato un po’ di clienti sui mercati esteri,
chiesi al titolare di poterli andare a conoscere, ma la risposta fu che non c’erano soldi per pagare le trasferte.
Mi resi conto che le micro e piccole imprese con poche
disponibilità economiche rischiavano di perdere importanti opportunità di business. Allora pensai di suddividere
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MASSIMO LENTSCH
le spese su più imprese di diversi settori. Cominciai da
solo, con 10 aziende, e poi mi trovai dei collaboratori.
Dall’inizio dell’attività, nel 1998, fino al 2004, siamo rimasti uno studio professionale, perché volevamo capire se
l’inserimento di export manager a tempo parziale portava
risultati oppure no. Quando le aziende hanno cominciato
a trovare nuovi clienti e a sviluppare fatturato, ci siamo
strutturati e oggi Co.mark ha una rete di 130 temporary
export manager. L’utilizzo di questi specialisti è sempre
più diffuso, ma occorre fare dei distinguo sui servizi offerti. Un temporary export manager può lavorare anche soltanto da remoto, mentre per noi è importante che frequenti l’azienda almeno una volta alla settimana, rendendo tangibile il servizio e contribuendo alla formazione del
personale interno. Questo è il fattore innovativo di
Co.Mark. I nostri 130 temporary export manager girano
come trottole tutta la settimana, da un’azienda all’altra,
ne respirano il “clima” acquisendo, allo stesso tempo, le
nozioni tecniche relative ai diversi prodotti, in modo da
poter rispondere direttamente al potenziale cliente. Inoltre, il temporary export manager accompagna l’imprenditore all’estero ed è presente quando incontra i clienti
contattati.
Quali sono i mercati che, secondo Co.Mark e nell’e-
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sperienza dei suoi temporary export manager, presentano le opportunità più interessanti per le Pmi?
A priori, non esistono mercati esteri più interessanti rispetto ad altri, perché il temporary export manager costruisce il mercato estero e il settore di riferimento su modello del prodotto che deve proporre. Il mercato va sempre coperto per area geografica, per canale di distribuzione (lo stesso prodotto può essere trattato da più canali
di distribuzioni non in concorrenza tra loro) e per gamme
di prodotto. In generale, c’è un desiderio forte di andare
su mercati lontani e complessi; molte aziende indirizzano
i loro sforzi verso la Cina o l’India e poi mancano occasioni a pochi chilometri da casa. Si è parlato tanto dei
BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, ndr), ma
per le nostre 60-80mila micro o piccole imprese sarebbe
più ragionevole consolidare la propria presenza su mercati maturi ma solidi e ancora in crescita, come Turchia,
Svizzera, Stati Uniti, senza l’ansia di piantare la propria
bandierina ovunque nel mondo. Questo fenomeno è dovuto in parte ai media e in parte alle reti d’impresa, presentate con un po’ di superficialità come uno strumento
facile ed efficace per l’internazionalizzazione delle PMI
anche sui mercati meno accessibili. In realtà, l’intervento
di un temporary export manager a sostegno di una rete
d’impresa “orizzontale”, ovvero formata da aziende com-
plementari tra loro, è piuttosto articolato, perché spesso i
prodotti proposti dai singoli componenti della rete hanno
canali di distribuzione e prezzi differenti; il compito è più
semplice, invece, quando si tratta di una rete d’impresa
di filiera.
Qual è il profilo del temporary export manager?
Il temporary export manager è un giovane, in genere laureato in economia con indirizzo linguistico o in lingue con
indirizzo economico, che conosce le dinamiche del webmarketing, che non ha paura del lavoro e che ha spirito
commerciale. Il temporary export manager in azienda
non deve fare strategia, deve portare risultati. La formazione in affiancamento con un temporary manager
esperto dura un anno, poi comincia l’inserimento nelle
aziende. Inizialmente gli viene assegnato il compito di individuare i mercati obiettivo e, per quei mercati, suggerire
il canale distributivo migliore. Il reale valore del temporary
export manager è determinato da un unico fattore: il successo nella vendita. Quando l’azienda comincia a sviluppare fatturato e richiede, quindi, la presenza fissa in organico di un addetto al commercio estero, il temporary
export manager assiste il cliente nella selezione del candidato e quindi nella formazione del nuovo collaboratore.l (P.P.)
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