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Riflessioni sulla nuova organizzazione degli spazi e la necessita' di liberarli
Riflessioni sulla nuova organizzazione degli spazi e la necessita' di liberarli
Cronaca
Era il 2 di Novembre quando un pugno di studenti e studentesse di diverse facoltà
occupava uno spazio all'interno della facoltà di Scienze della Formazione di Via
Laura, inaugurata appena una settimana prima.
L'occupazione, come scritto sul volantino distribuito quel giorno, nasce
dall'esigenza di liberare uno spazio e dar vita ad un esperimento di autogestione
che fosse contemporaneamente laboratorio di aggregazione e di lotta.
Lo Spazio Liberato nasce proprio come Critica Vivente a ciò che gli sta attorno,
affermando tramite l'autorganizzazione la possibilità e l'esigenza di alternative al
modello presente. Una Critica necessaria che abbiamo deciso di far vivere anche
in queste pagine.
Via Laura
E' in quest'ottica che la scelta del posto (la nuova sede di Scienze della
Formazione) non è lasciata al caso: la facoltà di Via Laura rappresenta un
emblema.
La struttura, video-sorvegliata fino all'ossessione e studiata appositamente per
ridurre al minimo ogni possibilità di incontro e di socialità, rappresenta un chiaro
negativo di quello che l'occupazione vuole portare avanti.
L'Università del futuro (presente) ed oltre
Essa rappresenta il modello galoppante di “Università del futuro” (che purtroppo
è già presente): un Università che sempre più controlla, isola, appiattisce e, in
definitiva, si rende direttamente (ed esclusivamente) funzionale alle esigenze
dell'economia e dei suoi signori.
Via Laura, è la dimostrazione palese e concreta che questo processo si impone
non solo attraverso le leggi, i decreti, e le circolari ministeriali, volute dai padroni
Confindustria e varate dal governo di turno, ma anche attraverso la stessa
organizzazione degli spazi.
E' così che sempre più studenti sono costretti a dire addio ai “vecchi” chiostri che
hanno sempre caratterizzato le facoltà ponendosi come fondamentali luoghi di
incontro, per accontentarsi dei “moderni” cortili concepiti come semplici “punti
raccolta” in caso di emergenze, senza panchine né aiuole: facili e paralleli con le
nuove periferie, immensi quartieri dormitorio fatti di vialoni in cui circolare e
privi di piazze da vivere.
Riflessioni sulla nuova organizzazione degli spazi e la necessita' di liberarli
Il capitale, mettendo a punto l' “Università perfetta” attraverso la sua
aziendalizzazione (che consente ai padroni dell'economia di avere un controllo
diretto sulla ricerca e sui processi di formazione della nuova forza lavoro
specializzata, per poi indirizzarle nel verso a loro più funzionale e redditizio) non
si è dimenticato dell'importanza di plasmare lo Studente Perfetto.
Perfetto è lo studente che entra in facoltà, circola verso l'aula della lezione da
seguire, beve velocemente un pessimo caffè in solitudine tra una lezione e l'altra
e alla fine del proprio orario toglie velocemente la sua anonima presenza dalla
facoltà: egli è un eterno visitatore senza alcuna possibilità di partecipazione
all'ambiente; egli è un essere redditizio, perchè dopo aver accumulato nozioni e
meccaniche ed asettiche senza porsi domande, sarà pronto a diventare una
macchina in vendita sul mercato del lavoro; egli è un ottimo cittadino perchè ha
imparato a non pensare e si è rassegnato ad essere spettatore di ciò che gli accade
intorno; egli è un ottimo suddito perchè si è abituato a stare nel recinto che gli
viene costruito attorno, ed in definiva ad obbedire.
Ma per plasmare i viventi (i questo caso gli studenti) è necessario plasmare prima
di tutto la vita (in questo caso quella delle facoltà). E se l'obiettivo è quello di
creare dei non-viventi, cioè dei semplici automi, è conseguenziale che verrà
bandita ogni forma di vita collettiva: è proprio qui che l'organizzazione degli
spazi e del loro controllo intervengono con forza.
Dove lo spazio impedisce materialmente (chiusura o filtro degli accessi
attraverso tessere magnetiche di alcuni spazi una volta collettivi, impossibilità di
sedersi in cortile ecc), il controllo serrato delle telecamere puntante in faccia ad
ogni angolo disincentiva la sosta in un luogo che istintivamente viene percepito
come inquietante o quanto meno estraneo e non partecipabile: la Facoltà diviene
uno spazio esclusivamente attraversabile e non vivibile per lo studente.
Ma, come già detto, i processi di mutamento che stanno investendo le facoltà, a
ben vedere, sono solo il chiaro riflesso di un piano che si realizza a livello molto
più generale: le città in cui viviamo sono città anch'esse sempre più videosorvegliate e da qualche mese letteralmente militarizzate attraverso lo
schieramento dell'Esercito. Nella stessa misura in cui gli scempi che si realizzano
nelle costruzioni delle nuove facoltà non sono il semplice frutto di qualche
architetto sbadato, anche il processo di militarizzazione delle strade non nasce
Riflessioni sulla nuova organizzazione degli spazi e la necessita' di liberarli
come semplice mossa propagandistica di un governo alle cozze: esso nasconde
scenari ben più inquietanti, facendo parte del progetto NATO “Urban Operation
2020” (1), che ha lo scopo di organizzare una difesa militare all'esplosione delle
tensioni e dei conflitti sociali accumulatisi tra gli sfruttati e gli emarginati delle
metropoli prevista come ormai imminente.
Liberare gli Spazi
Affermare “gli effetti dell'ambiente geografico che, disposto coscientemente o
meno, agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui”, vuol dire
rendersi conto della necessità e dell'urgenza di (ri)appropriarsi degli spazi di vita
e collettività che ogni giorno che passa ci vengono sottratti e “stabilire le basi
per una vita sperimentale” un “aggregazione di persone che creano la propria
vita su luoghi attrezzati a loro misura” (2).
Liberare uno spazio vuol dire prenderselo senza mediazioni, richieste e
compromessi; vuol dire creare uno spazio di conflittualità, perchè altro non può
essere un esperienza di autogestione in una società che si base sull'imposizione,
la gerarchia e la divisione in classi sociali.
Liberare uno spazio non vuol dire creare un ghetto per insoddisfatti ma far si che
questa l'insoddisfazione si trasformi in azione, partendo da una piccola ma
fondamentale battaglia per iniziare una guerra che è molto più lunga e faticosa,
ma altrettanto eccitante.
(1) Maggiori informazioni a riguardo potete trovarle su romperelerighe.noblogs.org o sul libro “A chi sente il ticchettio”,
che raccoglie i materiali del Convegno Antimilitarista tenutosi a Trento nel maggio 2009.
(2) Le virgolettature si riferiscono a vari testi dell'Internazionale Situazionista di critica all'urbanisticA.