LeccornieDUCALI alla TAVOLA SFORZESCA
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LeccornieDUCALI alla TAVOLA SFORZESCA
28 l’informatore WEEKEND 4 agosto 2016 Leccornie ducali alla tavola sforzesca Sorbetti e gelati la curiosità Niccolò Monardes, medico di Siviglia della prima metà del ’500, ci lascia questa interessante descrizione: “Quattro sono i modi da rinfrescare. Prima con aria, secondo nei pozzi, terzo con salnitro, quarto con neve. Ponendosi acqua o vino in vaso di terra, si fa vento intorno con un panno di lino bagnato, il qual vento ha da essere continuo, senza intermissione per lungo spazio avanti il mangiare. L’aria calda attaccata a quei vasi si toglie con questo moto continuo. Lo vediamo per prova facendo vento al viso, dal quale rimuovendosi l’aria calda attaccata, succede che rinfresca. Secondo: nei pozzi, dentro i quali si lasciano i vasi pieni, la maggior parte del giorno e talora tutta la notte. Si useranno vasi di rame, di latta di Milano o meglio di vetro e intorno al vaso l’acqua va spesso rinfrescata. Terzo metodo è con il salnitro che sfrutta la sua virtù fredda, poiché mescolandosi con l’acqua, viene maggiormente freddo. Lo stesso avviene nelle saline, nelle quali dopo l’essersi lungamente rimenato il sale, l’acqua risulta freddissima. Il quarto modo è con la neve. Dalle nevi disfatte si fanno fiumi e i contadini beono da essi (in Spagna, in Allemagna, nelle Indie occidentali)”. L’ Italia è sempre stata considerata la patria dei sorbetti. Ma l’abitudine di rinfrescare i liquidi ha origini antiche. Tale uso vigeva già presso i Romani e poi, alla fine del Medioevo, presso gli Arabi. “Neve per conservare le derrate ma anche per raffrescare le bevande, con l’addizione di succhi di frutta”. Il termine sorbetto deriva dall’arabo “shurbaij”, minestra liquida allora molto diffusa in Siria e quindi, in senso lato, assumeva il significato anche di bevanda liquida. I pellegrini fiorentini, guidati da Niccolò Frescobaldi, nel 1384 sostando a Damasco notano che qui “ancora hanno modo di conservare tutto l’anno con loro artifici la neve, rinfrescando così quelle loro vivande”. Durante tutto il Quattrocento e il Cinquecento, comunque, la moda dei sorbetti sembra ancora lontana. La passione del bere freddo (grazie alle quattro tecniche: brezze serali, pozzi, salnitro, neve), continua a suscitare polemiche sulla salute. Se, da una parte, si dice che giovi alla digestione, si sostiene anche, dall’altra, che provochi come danno la tosse. Dobbiamo attendere il Seicento, con l’apparizione di bevande come tè, caffè e cioccolata, per parlare di sorbetti. Mentre in Oriente i Turchi preparano il sorbetto con zucchero e succo acido di limoni, mele granate, ribes, succo di viole e di rose, in Italia il credenziere siciliano inventa la sorbettiera, formata da due recipienti di vetro, dove il liquido ghiaccia in presenza di una soluzione salina. Dal Sud d’Italia il “dolce piacere” diventerà moda e, se un tempo erano definiti “sorbetti” varie qualità di bevande fredde, dalle più liquide alle più dense, in funzione del grado di raffreddamento della composizione, solo alla fine del ’700 si avranno preparazioni di maggiore consistenza. La base del sorbetto è sempre costituita da zucchero con l’aggiunta di frutta, il tutto ghiacciato nell’apposito apparecchio. Talvolta, per dare maggiore compattezza, si usano tuorli d’uovo sbattuti sul fuoco con lo zucchero (sorbetto di candito d’uova), oppure tuorli, latte e zucchero stemperati al fuoco, preparati quasi come gli attuali gelati (al cedro, alle mandorle, al caffè). I bravi credenzieri presentavano i sorbetti a base di frutta con le forme che riproducevano il frutto stesso allo scopo di “finger frutta con le quali son composti”. Purtroppo oggi la manualità che utilizzava frutta, uova, latte e panna fresche è stata soppiantata dalla produzione industriale e gli artigiani fanno uso di basi colorate, profumate artificialmente con essenze chimiche. Il sorbetto e il gelato comunque non hanno mai smesso di essere un “dolce piacere”. Zuppa fredda al melone Ingredienti 2 meloni maturi, 2 cucchiaini da caffè di zucchero di canna, 1 noce di burro, cannella, 1 bustina di zafferano. Pulite i meloni e tagliateli a tocchetti. Ripassate i tocchetti nel burro con lo zucchero e unite un pizzico di cannella. Aggiungete un bicchiere d’acqua e fate cuocere lentamente per 20 minuti circa. Passate il tutto al mixer e da ultimo insaporite con lo zafferano. Lasciate raffreddare e servite. di Grazia Rossanigo Torinese, storica di enogastronomia, Grazia Rossanigo da tempo svolge ricerche storiche sulla gastronomia dell’epoca rinascimentale ed è autrice di diverse pubblicazioni sull’argomento. Il suo impegno è quello di proporre informazioni e curiosità per far conoscere la storia attraverso i gusti e le tradizioni della famiglia ducale milanese. Tra i libri realizzati, ricordiamo “Amandole e Malvasia per uso di corte. Cibi e ricette per la tavola dei duchi di Milano”, scritto con Pier Luigi Muggiati, e “La Tavola del Vescovo - L’alimentazione nel territorio di Vigevano a metà Cinquecento dai documenti del primo Vescovo Galeazzo Pietra”, scritto con Marco Bianchi e Carlo Ramella.