Saturno, non sempre dal cuore roccioso

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Saturno, non sempre dal cuore roccioso
Saturno non sempre dal Cuore Roccioso
Installazione site-specific permanente di Antonia Trevisan
Osservatorio Astronomico di Genova Sestri, 2014
In occasione del 30° Anniversario dalla sua nascita, l’Osservatorio Astronomico di Genova
dell'Università Popolare Sestrese ha celebrato la memorabile ricorrenza con un evento scientificoculturale dedicato a Saturno, il sesto pianeta del Sistema solare in ordine di distanza dal Sole e
omonimo dio della mitologia romana. In concomitanza con le condizioni favorevoli
all’osservazione di Saturno che, nel 2014, si sono manifestate sin dagli inizi di Maggio, è stata
presentata un’installazione ambientata a rilievo dell’artista vicentina Antonia Trevisan.
L’icona di Saturno, in quanto indice di memoria astronomica rivisitata in chiave artistica, si fa
portavoce dell’attualità di una ricerca che rivela un sorprendente lato poetico. Con la realizzazione
dell’opera in plexiglass, posizionata sulla parete esterna dell’Osservatorio Astronomico, e visibile a
distanza soprattutto di notte grazie alla sua illuminazione tramite led, questo luogo
particolarmente funzionale acquisisce anche una sua dimensione artistica.
Nel corso dei secoli Saturno ha suscitato spesso la curiosità di svariati artisti. Il periodo in cui
apparvero i primi telescopi in cui Galileo faceva con essi le osservazioni e le prime scoperte che
avrebbero dato un contributo decisivo alla rivoluzione scientifica, alcuni pittori sentirono
l’esigenza di mostrare dei soggetti inseriti in un contesto astronomico plausibile. Ne parlano le
otto tavole dipinte dal pittore bolognese Donato Creti nel 1711, commissionategli dal Conte
Marsigli che intendeva donare le tele a papa Clemente XI per convincerlo a costruire un
osservatorio a Bologna. Le opere del Creti sono un esempio memorabile della rappresentazione
dei pianeti nell’arte, tra cui Giove con le lune galileiane, Marte, Venere, Mercurio, il Sole e
ovviamente Saturno, cioè tutti gli oggetti del sistema solare.
Secoli dopo, un lavoro di Piero Chiariello dal titolo Anelli di Saturno, apre un dibattito acceso fra le
finalità cognitive delle scienza e le finalità estetiche dell’arte. La sua opera, formata da 3678 linee,
ottenute ripetendo, altrettante volte, si condensa in un'unica linea verticale estratta da
un’astrofotografia degli anelli di Saturno prelevata dal web. A parere di Chiariello, gli astronomi
non terrebbero conto dell’eleganza di Saturno e delle sue alte qualità estetiche. Sorge la domanda
se gli anelli planetari, il gesto artistico e i modelli scientifici, possono mai trovare un attributo, una
figura retorica che li avvicini? Con le parole del cosmologo statunitense Stephen Hawking è
l’eleganza tra i requisiti indispensabili che fa sì affinché una teoria sia scientificamente
soddisfacente.
Gli anelli di Saturno - in quanto elementi del cosmo - ci risultano eleganti poiché si ordinano e
ornano da sé: sono un sistema autopoietico. L'artista che vuole renderne visibile e intellegibile al
fruitore la loro elegante autopoiesi, non applica il principio della rappresentazione ma quello della
ripresentazione. E’ questo il caso di Antonia Trevisan, artista vicentina, e tra le più significative
dell’arte contemporanea italiana degli ultimi anni per la sua ricerca aperta alle sollecitazioni
culturali di vario genere. Trevisan persegue un linguaggio proprio con grande determinazione,
linguaggio che nella varietà delle espressioni sa mantenere nel tempo una rara coerenza interna.
Per la sua natura, Antonia Trevisan sembra una “saturnina”, in riferimento alla brillante raccolta di
notizie sul privato degli artisti, commentate da Rudolf e Margot Wittkower, pubblicata a Londra
nel 1963. Saturno, dicono gli autori, è il pianeta dei malinconici, e i filosofi del Rinascimento
scoprirono che gli artisti emancipati del loro tempo mostravano le caratteristiche del
temperamento saturnino: erano contemplativi, assorti, cogitabondi, solitari e creatori.
Il lavoro di Antonia Trevisan su Saturno rievoca, nell’immediato, gli schemi di un’arte digitale, bensì è un
frammento di realtà digitalizzato, meglio: un frammento digitalizzato di Universo. Partendo dal disegno e
utilizzando le potenzialità della manipolazione digitale, l’artista decostruisce l’icona di Saturno per
intensificarne la finalità presentativa e per amplificare concettualmente il senso di presenza degli "anelli" di
cui essa è indice. Il disegno traslato su una lastra di plexiglass e inciso con getto d’inchiostro, si ricollega con
la storia dell’astronomia tramite alcune citazioni dei personaggi che hanno contribuito alla ricerca su
Saturno: Galileo Galilei, Giovanni Domenico Cassini, Christiaan Huygens. L’opera è una nuova
sperimentazione della ricerca artistica di Antonia Trevisan, orientata verso l’utilizzo di materiali e
tecniche innovativi, che cancella gradualmente la distinzione tra pittura e scultura, avvicinandosi
ad un genere di “opera installativa totale”. Il suo progetto segue i canoni site-specific,
interpretando in sintesi il paesaggio circostante, le coordinate geografiche del luogo e le sue
connotazioni astronomiche, ricollegandosi alle missioni cardinali dell’Osservatorio che propone
una divulgazione della conoscenza astronomica tramite svariati settori.
Un omaggio inconsapevole dell’artista alla scienza contemporanea è lo scintillo della pioggia dei
diamanti, un pittoresco fenomeno atmosferico, nel tessuto dell’immagine realizzata dall’artista.
Secondo questa suggestiva ipotesi recentemente pubblicata dall’Astronomical Society’s Division
for Planetary Sciences, le tempeste di fulmini sulla superficie di Saturno e anche di Giove
sarebbero la causa di una pioggia intensa di diamanti liquidi, immaginata da Antonia Trevisan
come fondo in cui orbita il suo pianeta. L’opera è espressione di un’arte visionaria, graffiante, e
così poetica, come ci fa intuire il titolo che ci avvicina ad un pianeta considerato così nefasto nella somma
delle sue qualità oggettive e metaforiche.
La forza simbolica ed evocatrice di un Saturno non sempre dal cuore roccioso lo ha reso
protagonista in molte forme d’arte, così anche nella letteratura e nella poesia. Spesso il progredire
della scienza ha influenzato gli scrittori ad integrare le nuove conoscenze nelle loro opere come
per esempio Italo Calvino nel suo libro “ Le Cosmicomiche” in riferimento alla Luna. Nel caso delle
due poetesse Marisa Tumicelli e Marina Martinelli che completano la lettura del progetto
genovese su Saturno, ci viene a dire che le realtà di cui parlano hanno un suono che le pervadono
e ne fanno un complesso firmamento. Lo scritto di Marisa Tumicelli, nel suo immaginario poetico,
ripercorre Saturno nella storia, nel mito, trasformando l’eredità saturnina in pensieri analitici e
costruttivi. Le poesie di Marina Martinelli ci lasciano un suono che annulla l’inferno di Landolfi che
è senza rumore. Ci parla del dilemma saturnino in quanto figura retorica che dobbiamo affrontare
ogni giorno senza ambiguità per superare i nostri giorni inerti, infedeli a noi stessi e i nostri
continui cedimenti, solo ed esclusivamente con la scintilla della nostra creatività.
Beth Vermeer, Giugno 2014