Il buono, il brutto e il cattivo: studi sugli anticoagulanti

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Il buono, il brutto e il cattivo: studi sugli anticoagulanti
Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
Introduzione
La fibrillazione atriale (FA) è un importante fattore di rischio dell’ictus tromboembolico e la sua prevalenza sta aumentando in
tutto il mondo. Il rischio di ictus ischemico o di tromboembolia è di 4-5 volte maggiore nei pazienti con FA, ed è stato osservato
un rischio simile nei pazienti con FA parossistica o permanente.[1] Circa uno ogni cinque casi di ictus è causato da tromboembolia
secondaria a FA e gli ictus associati alla FA tendono a provocare una disabilità più grave rispetto a quelli con diversa eziologia.[2]
La presenza di FA è associata in modo indipendente a un raddoppiamento dei tassi di mortalità, i quali possono essere ridotti con
una terapia anticoagulante.[3,4]
Per circa l’1-2% della popolazione generale esistono prove documentate di aritmia.[2,5] I tassi di FA sono notevolmente maggiori
nelle persone più anziane e nei soggetti affetti da patologie cardiache (in particolare, chi soffre di insufficienza cardiaca e di
valvulopatia). Negli studi di Framingham e di Rotterdam, la prevalenza globale della FA è risultata essere del 6%.[6,7] La prevalenza
reale della FA, compresi i casi “silenti”, resta sconosciuta, ma è probabile che sia notevolmente superiore alle stime attuali basate
sulla FA documentata. Ad esempio, il monitoraggio elettrocardiografico dei pazienti con ictus acuto dimostra una prevalenza della
FA di almeno il 5% ed è probabile che i numeri siano destinati ad aumentare con un monitoraggio più prolungato. Nei pazienti
con infarto acuto del miocardio (IM), il monitoraggio elettrocardiografico ha dimostrato che la FA silente era presente con una
frequenza di circa 3 volte maggiore rispetto alla FA sintomatica, con conseguenti tassi di moralità più elevati.[8]
Benché in passato la FA sia stata comunemente associata alla stenosi mitralica reumatica, negli ultimi decenni si è verificata una
svolta importante nell’epidemiologia di questo disturbo. Attualmente, la stragrande maggioranza dei casi di FA in tutto il mondo è
descritta come “non valvolare”, laddove il termine “valvolare” veniva di solito applicato solo ai pazienti con valvulopatia reumatica
(prevalentemente stenosi mitralica) e protesi valvolari. Si tratta di una distinzione importante, poiché gli studi clinici sui
non-antagonisti della vitamina K (VKA) e sui nuovi anticoagulanti orali (NOAC) si concentrano sulla FA non valvolare. I VKA
possono comunque essere utilizzati nei pazienti con anomalie valvolari lievi, quale il rigurgito mitralico secondario a cardiopatia
ischemica o la stenosi aortica da lieve a moderata.
Tra i pazienti con FA, il rischio a lungo termine di ictus non è omogeneo. Prima di iniziare una terapia antitrombotica è necessario
valutare ciascun paziente affetto da FA per quanto riguarda il rischio tromboembolico, le controindicazioni e le patologie
associate.[9] L’attuale approccio alla previsione del rischio di ictus nella FA non valvolare si basa sul punteggio CHA2DS2-VASc
(Congestive heart failure, Hypertension, Age 75 years or older (doubled), Diabetes, Stroke (doubled), Vascular disease, Age 65 to
74 years, and Sex category [female]), attualmente raccomandato da tutte le principali linee guida per la gestione della fibrillazione
atriale (Figura 1).
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Lettera
Caratteristiche cliniche
Punteggio attribuito
C
Insufficienza cardiaca congestizia/disfunzione ventricolare sinistra
1
HIpertensione
1
A2
Età ≥ 75 anni
2
D
Diabete mellito
1
S2
Ictus/TIA/evento tromboembolico
2
VVasculopatia*
1
A
Età 65-74 anni
1
Sc
Categoria di sesso (ovvero, genere femminile)
1
(Punteggio massimo = 9)
Figura 1. Lo schema CHA2DS2-VASc per la valutazione del rischio di ictus
*Infarto del miocardio, placca aortica complessa e arteriopatia periferica, compresa una precedente rivascolarizzazione, amputazione dovuta ad arteriopatia periferica o evidenza angiografica di arteriopatia periferica
TIA = attacco ischemico transitorio
Gli studi clinici sui VKA (ossia il warfarin) hanno dimostrato una riduzione del 64% dell’ictus o dell’embolia sistemica e una
riduzione del 26% della mortalità generale rispetto al placebo,[10] e una riduzione del 39% del rischio relativo di tutti gli ictus con il
warfarin rispetto all’aspirina.[10] Di conseguenza, i VKA sono il cardine della terapia anticoagulante da oltre 50 anni.
Gli effetti farmacologici del warfarin si basano sulla sua capacità di inibire l’attività dei fattori di coagulazione II, VII, IX e X
dipendenti dalla vitamina K.[11] I VKA hanno inoltre un certo potenziale procoagulante tramite l’inibizione della carbossilazione
delle proteine anticoagulanti C e S. Il warfarin è in gran parte legato all’albumina nel plasma e metabolizzato dal fegato; ha
inoltre un’emivita relativamente lunga, pari a circa 40 ore. La biodisponibilità orale del warfarin varia notevolmente a causa delle
sue molteplici interazioni con alcuni alimenti, farmaci e fattori legati allo stile di vita. L’efficacia e la sicurezza del warfarin
dipendono in modo determinante dal mantenimento del rapporto internazionale normalizzato (INR) del paziente entro il range
terapeutico di 2,0-3,0 nei pazienti con FA non valvolare.
Lo sviluppo dei NOAC con farmacocinetica e farmacodinamica più favorevoli si è concentrato sulla sintesi di inibitori selettivi dei
fattori di coagulazione coinvolti nella catena della coagulazione sia tissutale (estrinseca) che plasmatica (intrinseca). Poiché sono
mediatori finali di entrambi i rami della cascata coagulativa, il fattore Xa e la trombina sono diventati popolari nello sviluppo dei
NOAC. [17] Al momento, sono stati autorizzati all’uso un inibitore diretto della trombina (dabigatran etexilato) e 3 inibitori del
fattore Xa (apixaban, edoxaban e rivaroxaban), essendo stati testati con successo in ampi studi clinici di fase 3 su pazienti con FA
non valvolare.
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Breve panoramica sulla farmacologia clinica dei NOAC
Dabigatran
Dabigatran è un inibitore diretto, reversibile, non peptidico sia della trombina libera circolante che di quella legata al coagulo di
fibrina; è caratterizzato da una molecola idrofila altamente polarizzata con una biodisponibilità orale minima (Tabella 1). Per la
somministrazione orale viene usato un profarmaco, il dabigatran etexilato (con una biodisponibilità del 6,5% circa).[12] A causa
della limitata biodisponibilità del dabigatran, è necessario somministrare dosi relativamente alte per ottenere livelli plasmatici
terapeutici. I livelli di picco plasmatico di dabigatran vengono raggiunti entro 1-2 ore dall’assunzione per via orale. Dabigatran ha
un’emivita di circa 14-17 ore, il che impone un regime posologico di due volte al giorno al fine di ridurre le fluttuazioni delle
concentrazioni plasmatiche e degli effetti anticoagulanti. [13,15]
Circa l’80% del dabigatran circolante viene eliminato immutato dai reni, mentre il restante 20% viene coniugato ed eliminato dal
sistema biliare. [15] Pertanto, le concentrazioni plasmatiche del farmaco sono superiori nei pazienti affetti da insufficienza renale e il
suo uso è controindicato nei soggetti con insufficienza renale grave.
Gli enzimi del citocromo P450 non sono coinvolti nella biotrasformazione del dabigatran e il suo potenziale di interazione
farmacologica è basso. [13] A differenza di ximelagatran, un altro inibitore della trombina, dabigatran non è epatotossico.
L’assorbimento del dabigatran etexilato nello stomaco e nell’intestino tenue dipende dall’acidità dell’ambiente. Per ottimizzare il
microambiente e potenziare l’assorbimento vengono usate capsule contenenti acido tartarico. L’assorbimento si riduce del
20-25% in caso di assunzione concomitante di inibitori della pompa protonica, ma non è chiaro se ciò abbia un impatto
significativo sull’efficacia del farmaco.[16] Non sono note interazioni del dabigatran etexilato con gli alimenti.[17]
Apixaban
Apixaban è un potente inibitore, altamente selettivo e reversibile, del fattore Xa.[18-20] Esercita la sua attività sia nei confronti del
fattore Xa libero che di quello legato nel complesso protrombinasi. Dopo la somministrazione orale, apixaban viene assorbito
rapidamente, con una biodisponibilità orale superiore al 50% (Tabella 1).[20] I livelli di picco plasmatico vengono raggiunti entro 3-4
ore e le concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario vengono raggiunte entro il giorno 3. L’emivita di apixaban è di 8-15 ore.
[18-20]
Il percorso primario di escrezione è per via fecale (circa il 50-55%), mentre il 25% circa viene eliminato dai reni e piccole
quantità dall’intestino e dal metabolismo ossidativo.
[18-20]
Apixaban a livelli terapeutici ha uno scarso impatto sul tempo di protrombina.
Se necessario, è possibile determinare i livelli plasmatici utilizzando un test di inibizione del fattore Xa; durante il trattamento con
apixaban, tuttavia, non è richiesto un monitoraggio di routine dei parametri emostatici. I livelli plasmatici del farmaco possono
essere incrementati nel caso di uso concomitante di inibitori del citocromo P450.[18-20]
Rivaroxaban
Rivaroxaban è un inibitore orale diretto, altamente selettivo, del fattore Xa. L’attività di rivaroxaban contro il fattore Xa è stata
dimostrata sia all’interno che all’esterno del complesso protrombinasi.[21,22] Questo farmaco ha proprietà farmacocinetiche e
farmacodinamiche prevedibili e non richiede un regolare monitoraggio di laboratorio. Rivaroxaban ha un’eccellente
biodisponibilità orale (superiore all’80%) e il suo assorbimento nel tratto gastrointestinale non è influenzato dall’assunzione di
cibo (Tabella 1). I livelli di picco plasmatico del farmaco vengono raggiunti 2-3 ore dopo l’ingestione.[23] L’emivita terminale è di 4-9
ore, prolungata fino a 12 ore nei pazienti di età superiore ai 75 anni e nei pazienti affetti da insufficienza renale.[24] Circa il 95% del
farmaco si lega alle proteine plasmatiche, principalmente all’albumina. Rivaroxaban viene metabolizzato soprattutto dal fegato
(65%) dai citocromi CYP3A4/3A5 e CYP2J2, mediante idrossilazione della frazione del morfolinone e, in misura inferiore,
dell’ossazolidinone. Un terzo della dose somministrata viene eliminata nelle urine come sostanza attiva immutata.[21,22]
L’eliminazione di rivaroxaban dal plasma è rapida, senza alcun rilevamento nel plasma di metaboliti circolanti principali o
farmacologicamente attivi. Rivaroxaban ha interazioni farmacologiche minime con l’aspirina, il naproxene, il clopidogrel e la
digossina.[25]
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Edoxaban
Edoxaban è un inibitore selettivo reversibile, altamente affine, del fattore Xa[26] con una biodisponibilità orale del 62% (Tabella
1).[27] La sua attività contro il fattore Xa manifesta il picco 1,5 ore dopo la somministrazione e ha una durata di circa 12 ore (gli
effetti antitrombotici durano circa 5 ore). I reni eliminano circa il 50% del farmaco.[28] Studi di fase 2 hanno dimostrato che una
singola dose giornaliera di edoxaban (60 mg o 30 mg) ha un profilo di sicurezza più favorevole rispetto a due dosi al giorno.[29]
Tabella 1. Caratteristiche dei NOAC
Farmaco
Biodisponibilità
Picco dell’azione
Emivita
Escrezione renale Possibili interazioni
Inibitore diretto del fattore II (trombina)
Dabigatran 6,5%
1-2 h
14-17 h
80%
Inibitori della P-gp, potenti induttori della P-gp
Inibitori diretti del fattore IIa
Apixaban
60%
3-4 h
8-15 h
25%
Potenti inibitori e induttori di CYP3A4 e P-gp
Edoxaban
62%
1-2 h
12 h
50%
Rivaroxaban >80%
2-3 h
12 h
35%
Potenti inibitori e induttori
della P-glicoproteina,
dronedarone
Potenti inibitori e induttori di CYP3A4 e P-gp
h = ore; P-gp = P-glicoproteina
Stato di registrazione
Apixaban, dabigatran e rivaroxaban sono stati approvati dalle autorità normative a livello mondiale, compreso l’ente statunitense
Food and Drug Administration (FDA) e l’Agenzia europea dei medicinali (EMEA), per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia
sistemica nei pazienti con FA non valvolare. Edoxaban è ancora in attesa di approvazione da parte delle suddette autorità
normative.
Studi clinici con i NOAC
Gli studi clinici di fase 3 con i NOAC sono riassunti nella Tabella 2. I dati degli studi clinici forniscono prove convincenti dell’efficacia
e della sicurezza di questi farmaci. Una recente meta-analisi di Ruff et al. ha dimostrato che i NOAC riducono significativamente
gli ictus o gli eventi embolici sistemici del 19% rispetto al warfarin (rischio relativo [RR] 0,81; intervallo di confidenza [IC] al 95%,
0,73-0,91; P<0,0001), principalmente grazie a una riduzione del rischio emorragico (RR 0,49; IC 95%, 0,38-0,64; P<0,0001).[30] I
NOAC hanno inoltre ridotto la mortalità generale (RR 0,90; IC 95%, 0,85-0,95; P=0,0003) e l’emorragia intracranica (RR 0,48; IC 95%,
0,39-0,59; P<0,0001), ma hanno aumentato l’emorragia gastrointestinale (RR 1,25; IC 95%, 1,01-1,55; P=0,04). I regimi posologici
di NOAC a basso dosaggio hanno dimostrato riduzioni complessive degli ictus o degli eventi embolici sistemici simili a quelle del
warfarin (RR 1,03; IC 95%, 0,84-1,27; P=0,74) e un profilo emorragico più favorevole (RR 0,65; IC 95%, 0,43-1,00; P=0,05), ma un
aumento significativo degli ictus ischemici (RR 1,28; IC 95%, 1,02-1,60; P=0,045).
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Tabella 2. Studi clinici di fase 3 dei nuovi anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale
Caratteristiche
RE-LY25
ARISTOTLE[69]
AVERROES59
ENGAGE AF70
ROCKET-AF71
Farmaco attivo
Dabigatran
Apixaban
Apixaban
Edoxaban
Rivaroxaban
Comparatore
Warfarin
Warfarin
Aspirina
Warfarin
Warfarin
Numero partecipanti
18.113
18.201
5.599
21.026
14.264
Età, anni
72±9
70 (63-76)
72±10
72 (64-78)
73 (65-78)
Maschi
64%
65%
59%
62%
60%
Follow-up, anni
2,1
2,1
1,1
2,8
3,5
Punteggio CHADS2 medio
2,1±1,1
2,1±1,1
2,1±1,1
2,8±1,1
3,5±0,9
FA parossistica
33%
15%
25%
25%
18 %
Pazienti con IC
32%
35%
39%
57%
62%
Ictus/tromboembolia
sistemica vs controllo
(analisi ITT)
1,5%† (110 mg), 1,1%*
(150 mg) vs 1,7%
1,3%* vs 1,6%
1,6%* vs 3,7%
1,2%† (30 mg), 1,6% (60
mg)† vs 1,8%
2,1%† vs 2,4%
Decesso
3,8% (110 mg)†, 3,6%
(150 mg)† vs 4,1%
3,5%* vs 3,9%
3,5%† vs 4,4%
3,8% (30 mg)*, 4,0% (60
mg)† vs 4,4%
1,9%† vs 2,2%
Ictus emorragico
0,12%* (110 mg), 0,10%*
(150 mg) vs 0,38%
0,24%* vs 0,47%
0,21%† vs 0,32%
0,16%* (30 mg), 0,26%*
(60 mg) vs 0,47%
0,5%* vs 0,7%
Sanguinamento
maggiore
2,7% (110 mg)*, 3,1 %
(150 mg)† vs 3,4%
2,1%* vs 3,1%
1,4%† vs 1,2%
1,6% (30 mg)*, 2,8 % (60
mg)* vs 3,4%
3,6%† vs 3,4%
*Superiore rispetto al gruppo di controllo
†Non inferiore rispetto al gruppo di controllo
NOAC = anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K; FA = fibrillazione atriale; IC = insufficienza cardiaca
Studi di fase 3 e 4 in corso
Sono attualmente in corso studi clinici di fase 3 e 4 per i NOAC. Alcuni di questi sono trattati nella Tabella 3.
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Tabella 3. Studi in corso sui nuovi anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale o ictus di origine indeterminata
X-VERT
(fase 3)
X-TRA
(fase 3)
PIONEER AF-PCI
(fase 3)
VENTURE-AF
(fase 3)
REDUAL-PCI
(fase 3)
RE-CIRCUIT
(fase 4)
RE-SPECT- ESUS
(fase 3)
ENSURE-AF
(fase 3)
Farmaco attivo
Rivaroxaban
Rivaroxaban
Rivaroxaban
Rivaroxaban
Dabigatran
Dabigatran
Dabigatran
Edoxaban
Comparatore
Warfarin a dosaggio
regolato
Nessuno
Warfarin a dosaggio
regolato
Warfarin a dosaggio Warfarin a dosaggio
regolato
regolato più TAT‡
Warfarin a dosaggio
regolato
Aspirina 100 mg QD
Warfarin a dosaggio
regolato (più
enoxaparina al
bisogno)
Disegno dello studio
Randomizzato
in aperto
Non uno studio di
controllo
Randomizzato
in aperto
Randomizzato
in aperto
Randomizzato
in aperto
Randomizzato
Randomizzato
in doppio cieco
Randomizzato
in aperto
Arruolamento stimato 1504
60
2100
200
8520
610
~6000
2200
Posologia del braccio
del NOAC
20 mg QD (15
mg QD in caso di
insufficienza renale)
20 mg QD e (15
mg QD in caso di
insufficienza renale)
Braccio 1: 2,5 mg
20 mg QD
BID più doppia terapia
antipiastrinica*
seguita da 15 mg QD
(10 mg QD in caso di
insufficienza renale)
aspirina 75-100 mg QD
per 12 mesi
Braccio 2: 15 mg QD
(o 10 mg QD in caso di
insufficienza renale)
più singola terapia
antipiastrinica† per
12 mesi
Braccio 3: VKA (INR
2,0-3,0) più doppia
terapia antipiastrinica*
seguita da VKA (INR
2,0- 3,0 o 2,0-2,5
a discrezione del
ricercatore) più aspirina
75-100 mg QD per
12 mesi
110 mg BID o 150 mg
BID (più clopidogrel o
ticagrelor)
150 BID
150 mg BID o 110
mg BID
60 o 30 mg QD
Popolazione target
Cardioversione
elettiva
(elettrica o
farmacologica) per
FANV >48 h di FA
non valvolare
FANV con trombo
LA/LAA alla TOE ≤72
h; nessun VKA/NOAC
≥1 mese
o in terapia VKA con
INR <2,0 entro le
ultime 6 settimane
FA sottoposto a PCI con Ablazione
impianto di stent;
transcatetere per
INR ≤2,5
FANV
FANV con ACS o
CAD stabile trattata
mediante stent
Ablazione
transcatetere per
FANV
Precedente ictus
embolico di origine
indeterminata
in pazienti di età
≥60 anni (o 50-59
anni con fattori
aggiuntivi di rischio
di ictus)
Cardioversione
elettrica per FA ≥48
h ma ≤12 mesi
Outcome primario
Composito di ictus,
TIA, tromboembolia
sistemica, IM, morte
CV (fino a 100
giorni)
Eventi di
sanguinamento
maggiore (fino a
100 giorni)
La percentuale
di soggetti con
risoluzione completa
del trombo LA/
LAA alla fine del
trattamento,
confermata da TOE
(dopo 6 settimane)
Numero di eventi
emorragici come
composito di
sanguinamento
maggiore TIMI,
sanguinamento minore
e sanguinamento
con necessità di cure
mediche (al basale,
mese 12)
Decesso, IM, ictus/
embolia sistemica
Eventi di
sanguinamento
maggiore
(valutati a 30 giorni)
Incidenza di eventi
di sanguinamento
maggiore postprocedura (90
giorni)
Ictus ricorrente
(ischemico,
emorragico o
indeterminato) o
embolia sistemica
Eventi di
sanguinamento
maggiore (fino a
3 anni)
Composito di endpoint CV (58 giorni)
Incidenza di eventi
di sanguinamento
maggiore e non
maggiore ma
clinicamente
rilevante (CRNM) (61
giorni)
Incidenza di eventi
di sanguinamento
maggiore postprocedura (30±5
giorni dopo)
* Aspirina 75-100 mg QD; clopidogrel 75 mg QD (o prasugrel 10 mg QD o ticagrelor 90 mg BID)
†Clopidogrel 75 mg QD (o prasugrel 10 mg QD o ticagrelor 90 mg BID)
‡ Aspirina ≤100mg QD più clopidogrel o ticagrelor
NOAC = nuovi anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K; QD = una volta al giorno; BID = due volte al giorno; FANV = fibrillazione atriale non valvolare;
TIA = attacco ischemico transitorio; IM = infarto del miocardio; CV = cardiovascolare; LA = atriale sinistro; LAA = auricola atriale sinistra; TOE = ecocardiografia
transesofagea; VKA = antagonista della vitamina K; INR = rapporto internazionale normalizzato; PCI = intervento coronarico percutaneo; TIMI = trombolisi
nell’infarto del miocardio; TAT = tripla terapia antipiastrinica; ACS = sindrome coronarica acuta; CAD = arteriopatia coronarica
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Confronti indiretti
Teoricamente, il confronto dei NOAC dovrebbe essere eseguito in studi clinici head-to-head (raffronto diretto). Poiché è
improbabile che ciò accada, per poter stimare i rischi e i benefici dei singoli NOAC sono stati eseguiti confronti indiretti (noti anche
come “meta-analisi a rete”).[43-46] Ad esempio, alte dosi (60 mg BID) di edoxaban hanno dimostrato un’efficacia simile ad apixaban,
dabigatran 110 mg BID e rivaroxaban, mentre dabigatran 150 mg BID è stato associato a tassi di ictus/embolia sistemica inferiori
rispetto alla medesima dose di edoxaban (rapporto di rischio [HR] 0,75; IC 95%, 0,56-0,99).[47] Benché apixaban sia stato associato
a un numero minore di eventi di sanguinamento maggiore o non maggiore ma clinicamente rilevante (HR 0,79; IC 95%, 0,70-0,90)
e a sanguinamento gastrointestinale (HR 0,72; IC 95%, 0,53-0,99) rispetto ad alte dosi di edoxaban, il profilo di sicurezza degli altri
NOAC è risultato simile a quello di edoxaban.[47] Se confrontato con edoxaban a basso dosaggio (30 mg BID), apixaban è stato
collegato a un rischio minore di ictus o tromboembolia sistemica (HR 0,70; IC 95%, 0,55-0,89), beneficio compensato da un
numero maggiore di eventi emorragici (HR 1,47; IC 95%, 1,20-1,80). Dabigatran 110 mg due volte al giorno ha dimostrato un
rischio più alto di sanguinamento maggiore e gastrointestinale rispetto a edoxaban a basso dosaggio, mentre dabigatran 150 mg
due volte al giorno e rivaroxaban si sono rivelati superiori in termini di endpoint di efficacia, ma hanno causato sanguinamento.[47]
Un altro confronto indiretto ha dimostrato che apixaban e dabigatran 150 mg due volte al giorno hanno avuto un’efficacia simile
nella prevenzione di ictus e tromboembolia sistemica (rapporto di probabilità [OR] per apixaban vs dabigatran 1,17; IC 95%,
0,85-1,63), ma apixaban è stato associato a meno eventi di sanguinamento maggiore rispetto a dabigatran (OR 0,73; IC 95%,
0,57-0,93). Rivaroxaban è stato inoltre associato a un numero più alto di eventi emorragici gravi rispetto ad apixaban (OR 1,52; IC
95%, 1,19-1,92).[48] Tuttavia, queste analisi indirette hanno una capacità limitata di considerare le differenze tra gli studi clinici; di
conseguenza, i risultati ottenuti devono essere interpretati con cautela.
I NOAC nelle nuove linee guida
Le linee guida del 2014 dell’American Heart Association/American College of Cardiology/Heart Rhythm Society (AHA/ACC/HRS)
raccomandano l’uso di dabigatran, rivaroxaban e apixaban nei pazienti con FA non valvolare con precedente ictus, attacco
ischemico transitorio o punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o superiore.[31] Inoltre, l’uso dei NOAC è consigliato nei pazienti in terapia
con warfarin con risultati inadeguati del controllo INR. L’uso dei NOAC potrebbe essere considerato anche nei pazienti con
punteggio CHA2DS2-VASc di 1, ma in questa categoria di pazienti sono elencati come possibili opzioni il warfarin, l’aspirina o
nessuna terapia antitrombotica. Nei pazienti con nefropatia cronica da moderata a grave e un punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o
superiore, possono essere considerate dosi ridotte di apixaban, dabigatran o rivaroxaban. Le linee guida non consigliano la
somministrazione di un NOAC nei pazienti con nefropatia cronica allo stadio terminale o in emodialisi, e neppure nei portatori di
valvole cardiache meccaniche.
Le recenti direttive del 2014 dell’United Kingdom National Institute for Health and Care Excellence (NICE) riguardo alla FA
raccomandano la terapia con anticoagulanti orali (TAO) per i pazienti con un punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o superiore, dopo
valutazione del rischio emorragico, e suggeriscono di considerare la TAO nei pazienti maschi con un punteggio CHA2DS2-VASc
di 1.[32] Le linee guida indicano che la TAO può essere ottenuta utilizzando apixaban, dabigatran, rivaroxaban o un VKA. Laddove
sia difficile ottenere un’adeguata anticoagulazione nei pazienti in terapia con un VKA, è comunque possibile considerare e discutere con il paziente un approccio alternativo per la prevenzione dell’ictus (ovvero un NOAC). In base alle direttive NICE, nei
pazienti con protesi valvolari o valvulopatia reumatica dovrebbe essere usato il warfarin piuttosto che un NOAC, e così pure nei
pazienti con buon controllo INR e nessun sanguinamento nel corso di una terapia con warfarin.
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
La dichiarazione del 2013 dell’Asia Pacific Heart Rhythm Society sulla terapia antitrombotica nei pazienti con FA non valvolare
predilige i NOAC, ma sottolinea che il loro stato di registrazione varia notevolmente tra i Paesi di quell’area.[33] Questa
dichiarazione raccomanda l’uso di apixaban, dabigatran, rivaroxaban o warfarin nei pazienti con punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o
superiore. Apixaban o dabigatran sono consigliati nei pazienti con punteggio di 1, benché sia possibile considerare come
alternativa rivaroxaban o i VKA. Non è consigliata alcuna terapia antitrombotica nei pazienti con punteggio CHA2DS2-VASc di 0.[33]
La più ampia discussione sui NOAC è presentata nell’aggiornamento del 2012 delle linee guida dell’European Society of
Cardiology (ESC).[34] Queste linee guida raccomandano i NOAC come “ampiamente preferibili ai VKA nella stragrande maggioranza
dei pazienti con FA non valvolare”.[34] Vista la limitata esperienza con i nuovi farmaci, le linee guida sottolineano la necessità di una
stretta aderenza alle indicazioni approvate e che la selezione di un NOAC per il singolo paziente debba basarsi sulle caratteristiche
del paziente stesso, sulla tollerabilità del farmaco e sui costi.
Altre considerazioni riguardanti i NOAC
Gruppi speciali
Pazienti anziani. I pazienti più anziani sono particolarmente avvantaggiati dalla TAO nella FA, nonostante l’aumento del rischio
emorragico dovuto all’età. È importante garantire che tutti i pazienti anziani ricevano una TAO adeguata e che tutti i principali
studi clinici per i NOAC nella FA non pongano limitazioni per quanto riguarda l’età massima dei pazienti.
Le linee guida UK NICE del 2014 sulla FA suggeriscono l’uso del warfarin nelle persone di 75 anni e più, ma i NOAC possono essere
un’alternativa.[32] I protocolli per gli studi ARISTOTLE e AVERROES specificano che nei pazienti di 80 anni o più, se il loro peso è di 60
kg o meno o se il livello di creatinina sierica è di 1,5 mg/dl o superiore (133 μmol/l), si dovrebbe usare una dose più bassa di
apixaban (2,5 mg BID).
Insufficienza renale. L’escrezione renale ha un ruolo importante nell’eliminazione di tutti i NOAC e rappresenta la via principale di
eliminazione del dabigatran. Nessuno dei NOAC è stato adeguatamente testato nei pazienti con insufficienza renale grave. La
valutazione della funzionalità renale tramite misurazione della creatinina è d’obbligo prima di iniziare un trattamento con i NOAC,
e la dose di anticoagulante si deve basare sui protocolli per i corrispondenti studi clinici.
Le linee guida ESC del 2012 sulla gestione della FA raccomandano una valutazione annua della funzionalità renale nei pazienti
con clearance della creatinina compresa tra 50 e 70 ml/min o superiore, e 2-3 valutazioni annue nei soggetti con tale valore
compreso tra 30 e 49 ml/min. Se la clearance della creatinina ricade al di sotto dei valori indicati per l’inclusione nei
corrispondenti studi clinici, il NOAC dovrebbe essere sostituito dal warfarin (Tabella 4). L’unica eccezione riguarda i pazienti negli
USA con clearance della creatinina compresa tra 15 e 30 ml/min, per i quali l’agenzia statunitense Food and Drug Administration
(FDA) ha approvato il dabigatran a 75 mg BID. Sebbene questo dosaggio non sia stato valutato in studi clinici, è stato approvato
sulla base di studi farmacocinetici e farmacodinamici, i quali hanno suggerito che la dose di 75 mg due volte al giorno nei pazienti
con insufficienza renale grave dovrebbe equivalere alla dose di 150 mg due volte al giorno nelle persone con funzione renale
normale.
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
Tabella 4. Nuovi anticoagulanti orali e insufficienza renale
Farmaco
Controindicato
Dose ridotta
Dabigatran
CrCl < 30 ml/min*
Non pertinente
Apixaban
CrCl < 25 ml/min o livello di creatinina > 2,5 mg/dl (221 μmol/l)
Metà dose se la creatinina sierica ≥1,5 mg/dl
(133 μmol/l) più età ≥ 80 anni e/o peso ≤ 60 kg
Edoxaban
CrCl < 30 ml/min
Metà dose se CrCl 30-50 ml/min
Rivaroxaban
CrCl < 30 ml/min
15 mg a giorni alterni se CrCl 30-49 ml/min
* Negli USA, la dose di 75 mg due volte al giorno è stata approvata dalla FDA nei pazienti con CrCl di 15-30 ml/min.
NOAC = nuovi anticoagulanti orali; anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K; CrCl = clearance della creatinina calcolata
I NOAC durante procedure e interventi chirurgici. La gestione perioperatoria con i NOAC è relativamente semplice, grazie alla
rapidità della loro azione terapeutica e all’emivita breve. Normalmente non è richiesta alcuna “terapia ponte” con eparina o
eparina a basso peso molecolare; occorre tuttavia considerare i rischi di ictus e sanguinamento. La terapia con i NOAC può essere
ripresa dopo un intervento chirurgico, non appena sia stata raggiunta un’emostasi efficace. Non esistono prove a sostegno della
necessità di interrompere di routine i NOAC prima di procedure con un ridotto rischio di sanguinamento, quali i trattamenti
dentistici di minore entità o procedure di endoscopia gastrica. La cardioversione elettiva può essere eseguita in sicurezza nei
pazienti che assumono dabigatran, a patto che l’assunzione del farmaco sia stata regolare per 3 settimane prima e almeno 4
settimane dopo la procedura.[55] Benché i dati sull’uso dei NOAC nei pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere siano scarsi,
è stato dimostrato che l’uso interrotto del dabigatran è sicuro e senza eccessive complicanze.[56]
I NOAC dopo gli interventi coronarici percutanei. Sono a disposizione pochi dati a supporto della migliore strategia per la terapia
antitrombotica nei pazienti sottoposti a interventi coronatici percutanei, sia elettivi che in situazioni di sindrome coronarica acuta.
Apixaban ha dimostrato di esercitare un certo beneficio nelle sindromi coronariche acute, ma l’opportunità di utilizzarlo è
compensata da un maggiore rischio di sanguinamento.[57,58]
Le attuali linee guida ESC raccomandano, nei pazienti con FA e una sindrome coronarica acuta o sottoposti a intervento
coronarico percutaneo, di utilizzare inizialmente una tripla terapia antitrombotica composta da un anticoagulante orale più
aspirina e clopidogrel. Questo regime dovrebbe essere seguito da una combinazione di un anticoagulante orale più un
antipiastrinico per un periodo fino a 12 mesi e da un anticoagulante orale da solo dopo 12 mesi.[34]
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
Le nuove linee guida AHA/ACC/HRS del 2014 sulla gestione della FA forniscono una raccomandazione di classe IIb in cui si
suggerisce di considerare gli stent metallici non rivestiti nei pazienti con FA sottoposti a interventi coronarici percutanei, al fine
di ridurre al minimo la durata della doppia terapia antipiastrinica; nei pazienti con punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o superiore
indicano che potrebbe essere ragionevole l’uso di clopidogrel (75 mg una volta al giorno) con un anticoagulante orale, ma senza
aspirina.[31] Le linee guida suggeriscono inoltre di interrompere la TAO al momento dell’intervento, allo scopo di contenere al
minimo il rischio emorragico dal sito di accesso arterioso della procedura. I pazienti con FA e coronaropatia stabile, compresi quelli
con pregresse sindromi coronariche acute e/o sottoposti a interventi coronarici percutanei più di 12 mesi prima della procedura,
possono essere gestiti solo con anticoagulanti orali, indicando i NOAC come farmaci di prima scelta.
Convenienza economica dei nuovi anticoagulanti orali
Tutti i NOAC hanno un costo notevolmente più alto del warfarin, il che causa un aumento generale dei costi dell’anticoagulazione
associata a questi farmaci. Per garantire la convenienza economica dei NOAC, i costi più alti sono controbilanciati dai risparmi resi
possibili dall’inutilità del monitoraggio INR e, in particolare, dalla riduzione degli ictus e delle complicanze emorragiche.
Diversi studi hanno valutato la convenienza economica dei NOAC. In Australia, la redditività di apixaban è risultata di 13.679
dollari australiani scontati per anno di vita al netto della disabilità (QALY), quindi molto al sotto della soglia convenzionale di
45.000 dollari australiani per QALY per la prevenzione dell’ictus nella FA.[35] In Belgio, la redditività incrementale segnalata di
rivaroxaban è risultata di € 8.809/QALY, a fronte di una soglia di disponibilità a pagare pari a € 35.000/QALY.[36] Una redditività
simile dei NOAC è stata confermata dalle soglie usate in Francia, Italia e Svezia.[37,38]
Le stime della convenienza economica dei NOAC possono variare in funzione dell’efficacia calcolata del trattamento con warfarin
“di tipo sperimentale” rispetto al trattamento “reale”. In uno studio francese, il rapporto incrementale costo-efficacia di dabigatran
rispetto al warfarin “di tipo sperimentale” è risultato pari a € 15.838/QALY. Benché la convenienza economica di dabigatran
confrontata con il trattamento “reale” con warfarin sia risultata meno favorevole (€ 7.473/QALY), entrambe le situazioni
rappresentano un livello di redditività accettabile.[39] Negli USA, i costi per QALY aggiuntivo ottenuto sono stati di USD 93.063
per apixaban, USD 111.465 per rivaroxaban e USD 140.557 per dabigatran. Questi costi possono risultare non abbastanza
vantaggiosi.[40] Più recentemente, sulla base dei risultati dello studio ENGAGE AF-TIMI 48, è stata confermata la convenienza
economica di edoxaban, ma le stime per questo farmaco “nel mondo reale” sono ancora in corso.[41]
La convenienza economica, inoltre, varia anche in funzione dell’età del paziente. Ad esempio, nei pazienti di 75 anni e più,
apixaban o rivaroxaban hanno ridotto le spese mediche complessive rispettivamente di USD 825 e USD 23, mentre dabigatran ha
fatto lievitare le spese mediche annue di USD 180 per paziente rispetto al warfarin. Nei pazienti di età inferiore ai 75 anni, le spese
mediche sono diminuite, rispetto al warfarin, di USD 254 per apixaban, USD 367 per dabigatran e USD 88 per rivaroxaban.[42]
Il buono, il brutto e il cattivo
Il buono…
L’introduzione dei NOAC per la prevenzione dell’ictus nella FA rappresenta un importante progresso nel campo della cardiologia.
Sebbene i VKA siano efficaci nella prevenzione dell’ictus, i notevoli svantaggi che comportano hanno causato un drastico
sottoutilizzo di questo trattamento così importante. I NOAC rappresentano un’opzione interessante sia per i fornitori di assistenza
sanitaria che per i pazienti con FA. Il rischio di complicanze quali il sanguinamento maggiore e l’emorragia intracranica è
particolarmente preoccupante e i NOAC hanno dimostrato di avere un profilo di sicurezza favorevole a questo proposito.
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
L’ictus emorragico — la complicanza più temuta del trattamento antitrombotico — è associato a una prognosi infausta e gravi
forme di disabilità. Tutti i NOAC riducono uniformemente il rischio di ictus emorragico rispetto al warfarin. Nello studio ENGAGE
AF-TIMI 48, le percentuali annue di ictus emorragico si sono ridotte del 45% nel braccio di edoxaban 60 mg (HR 0,54; IC 95%, 0,380,77, P<0,001) e del 64% nel braccio di edoxaban 30 mg (HR 0,33; IC 95%, 0,22-0,50, P<0,001) (Tabella 2). Analogamente, nello
studio ARISTOTLE si è verificata una riduzione alla metà del tasso di ictus emorragico con apixaban (HR 0,51; IC 95%, 0,35-0,75,
P<0,001) e una riduzione significativa (40%) del rischio di ictus emorragico con rivaroxaban (HR 0,67; IC 95%, 0,47-0,93, P=0,02)
nello studio ROCKET-AF. Nello studio RE-LY[25] la percentuale di eventi di ictus emorragico si è ridotta del 63% con dabigatran 110
mg (RR 0,31; IC 95%, 0,17-0,56, P<0,001) e di tre volte con dabigatran 150 mg (RR 0,26; IC 95%, 0,14-0,49, P<0,001).
È interessante notare come i benefici complessivi segnalati per i NOAC dagli outcome primari nei principali studi di fase 3 siano
guidati dalla riduzione degli eventi di ictus emorragico piuttosto che di ictus ischemico. Nella prevenzione dell’ictus ischemico, la
maggior parte dei regimi con NOAC ha tuttavia dimostrato una non inferiorità, piuttosto che una superiorità, rispetto al warfarin.
L’unica eccezione è data dalla dose di 150 di dabigatran, associata a una riduzione significativa (23%) del rischio di ictus ischemico
o indeterminato rispetto al warfarin (RR 0,76; IC 95%, 0.60-0,98, P=0,03).
La prova dell’efficacia dei NOAC rispetto al warfarin è ricavata da ampi studi rappresentativi che includevano tra 14.000 e 21.000
partecipanti. Uno studio più piccolo, che valutava la superiorità di apixaban rispetto all’aspirina nella prevenzione dell’ictus e della
tromboembolia sistemica (AVERROES[59]), è stato interrotto precocemente in vista dell’evidente superiorità di apixaban rispetto
all’aspirina per questi endpoint, con tassi simili di sanguinamento maggiore. Vista la coerenza delle tendenze generali in merito
all’efficacia e alla sicurezza dei NOAC, si può desumere che l’evidenza a supporto del loro utilizzo nella pratica clinica sia solida.
Inoltre, un numero ridotto di interazioni farmacologiche e alimentari rendono la gestione dei pazienti in trattamento con i NOAC
molto più semplice rispetto al warfarin (Tabella 1). A differenza del warfarin, i NOAC sono di facile assunzione, non richiedono
complessi monitoraggi e hanno un impatto minimo sullo stile di vita dei pazienti. Nonostante il loro costo sia elevato, il rapporto
costo-efficacia dei NOAC sembra essere conveniente, poiché è ampiamente compensato dalla riduzione dei costi associati alla
prevenzione degli ictus e delle emorragie. Inoltre, le loro proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche favorevoli li rendono
un’opzione interessante per l’anticoagulazione orale nella maggior parte dei pazienti con FA. L’impatto della modellazione
dell’utilizzo dei NOAC in una popolazione europea, sulla base delle linee guida, porterebbe a una sostanziale riduzione annua
degli eventi cardiovascolari e dei decessi in Europa.[60] Da altre analisi di modellazione appare evidente il positivo beneficio clinico
netto dei NOAC nel bilancio tra riduzione degli ictus ed emorragia grave nei pazienti con FA.[61]
Attualmente non esistono test attendibili e ampiamente disponibili per valutare o monitorare l’attività anticoagulante dei NOAC. È
disponibile un esame anti-Xa per stimare l’effetto anticoagulante degli inibitori del fattore Xa, ma nella pratica viene usato
raramente.[49] È noto che rivaroxaban prolunga il tempo di protrombina (PT) e che dabigatran prolunga il tempo di tromboplastina
parziale attivata (aPTT). Questi test della coagulazione non specifici possono essere utilizzati per ottenere stime approssimative
della presenza dell’effetto anticoagulante, soprattutto nei casi acuti.
L’effetto collaterale più comune e più temuto del warfarin è l’emorragia, laddove quella intracranica è responsabile di circa il 90%
dei decessi per emorragia associata a warfarin, spesso causa anche di gravi disabilità tra i sopravvissuti.[50] Poiché attualmente non
esistono antidoti specifici per i NOAC, la gestione delle emorragie nei pazienti trattati con questi farmaci è soprattutto di supporto,
con approcci emostatici standard.[24,51,62]
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
Tutti i NOAC hanno un’emivita breve e i loro effetti anticoagulanti si riducono rapidamente qualora si salti una dose del farmaco. In
uno studio è stato dimostrato che un concentrato di complesso protrombinico non attivato (Cofact©, Sanquin Blood Supply,
Amsterdam, Olanda) normalizza i parametri di coagulazione in soggetti sani a cui viene somministrato rivaroxaban, ma che il
trattamento ha un effetto limitato con dabigatran.[52] Per contro, un concentrato di complesso protrombinico attivato in dose
ridotta (FEIBA, Baxter AG, Vienna, Austria) ha dimostrato di invertire i parametri di coagulazione sia per rivaroxaban che per
dabigatran.[53] Tuttavia, le variazioni osservate nei test della coagulazione possono non essere strettamente associate agli effetti
emorragici dei NOAC.[54]
Il brutto…
I NOAC non sono esenti da limitazioni. Come anticoagulanti comportano comunque un rischio di complicanze emorragiche. Ad
esempio, dosi elevate di edoxaban (1,51% vs 1,23% con warfarin, P=0,03) e rivaroxaban (3,2% vs 2,2% con warfarin, P<0,001)
comportano un rischio maggiore di sanguinamento gastrointestinale. Nello studio REL-LY, inoltre, dabigatran ha evidenziato un
tasso maggiore ma non significativo di infarto del miocardio (IM); questo fatto, però, potrebbe essere associato al maggiore
effetto protettivo del warfarin dagli eventi cardiaci.[64,65] Il piccolo aumento nell’IM deve essere collocato nel contesto di un
maggiore impatto di dabigatran sull’ictus, l’emorragia grave e il beneficio clinico netto.[66] Benché l’associazione tra il trattamento
con dabigatran e il tasso di IM sia incoerente tra i diversi studi, una recente meta-analisi suggerisce una maggiore incidenza di IM
con questo farmaco. [67]
L’avvio e la prosecuzione di una terapia con warfarin possono essere impegnativi e richiedono un meticoloso controllo del valore
INR e la considerazione di svariate interazioni alimentari e farmacologiche. Anche nelle condizioni ideali degli studi clinici, l’INR si è
mantenuto nel range subottimale in molti pazienti trattati con warfarin, soprattutto nello studio ROCKET-AF, in cui il tempo medio
nel range terapeutico del braccio del warfarin è stato solo del 55%.
A tutt’oggi, gli studi sulla prevenzione dell’ictus da parte dei NOAC hanno lasciato sostanziali lacune nelle popolazioni generali
di pazienti con FA, escludendo quelli ad alto rischio di complicanze, quali i soggetti ad alto rischio emorragico o affetti da
insufficienza renale grave. Il risultato è che una sensibile percentuale di pazienti non può beneficiare dei NOAC e deve continuare
ad essere trattata con warfarin; ne consegue la necessità di mantenere i servizi di controllo dell’INR, riducendo così la convenienza
economica complessiva dei NOAC.
I principali studi sulla prevenzione dell’ictus con i NOAC variano per quanto riguarda il disegno e gli approcci alla riduzione del
dosaggio. Poiché il numero di questi farmaci continua ad aumentare, i clinici dovranno affrontare la necessità di familiarizzarsi con
tutti i farmaci approvati e, al di fuori delle cure specialistiche, la scelta della migliore TAO potrà risultare difficoltosa.
… e il cattivo
Un’attenzione particolare è dedicata alla sicurezza dei nuovi farmaci, specialmente tramite uno stretto monitoraggio delle
alterazioni della funzionalità epatica nei pazienti che iniziano una terapia con i NOAC. Questo aspetto è supportato da precedenti
studi clinici su ximelagatran, un inibitore orale diretto della trombina; nonostante i risultati iniziali fossero incoraggianti, fu
necessario interrompere l’ulteriore sviluppo di ximelagatran a causa di gravi casi di epatotossicità rilevati nello studio THRIVE e in
altri studi.[68]
Un’autentica superiorità clinica dei NOAC rispetto al warfarin può essere difficile da stabilire, in quanto dipende ampiamente dalla
capacità dei pazienti di mantenere l’INR entro il range terapeutico con il warfarin, cosa che si è dimostrata difficile anche nelle
condizioni ideali degli studi clinici. Benché la maggior parte degli studi di fase 3 di valutazione dei NOAC nella FA abbiano
ottenuto un tempo medio nel range terapeutico con il warfarin del 64-66% circa, ciò indica che addirittura un terzo del tempo,
nelle condizioni più ideali degli studi clinici, non rientra nel range di anticoagulazione ottimale. In una situazione “reale”, pertanto,
l’attenzione al controllo dell’INR può addirittura peggiorare, soprattutto in alcune aree geografiche con sistemi sanitari meno
sviluppati, caratterizzati dalla carenza di un solido controllo di routine dell’INR.
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Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
È importante sottolineare che le prove a disposizione non giustificano in alcun modo il ruolo dell’aspirina nella prevenzione
dell’ictus nei pazienti con FA. Nonostante questa mancanza di prove, l’errata percezione dell’aspirina come farmaco più sicuro
porta spesso al suo utilizzo al posto degli anticoagulanti orali, soprattutto in alcuni Paesi asiatici.[33]
Orientamenti futuri
Il numero elevato di NOAC in corso di sviluppo clinico riflette l’enorme richiesta di questi farmaci. L’anticoagulazione orale cronica,
per tutta la vita, è essenziale per il successo della prevenzione dell’ictus tromboembolico nella FA, in particolare nei pazienti più
vulnerabili alle complicanze, i quali possono trarre i maggiori benefici dai NOAC. Devono essere garantite ulteriori ricerche per
colmare le attuali lacune sull’utilità dei NOAC nei pazienti esclusi dai grandi studi clinici, ad esempio i soggetti con insufficienza
renale o sindromi coronariche acute. È probabile che negli anni a venire i NOAC diventino gli anticoagulanti orali di prima scelta
per la maggiore parte delle categorie di pazienti con FA.
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studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
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ABBREVIAZIONI
ACS = sindrome coronarica acuta
ACC = American College of Cardiology
FA = fibrillazione atriale
AHA = American Heart Association
aPTT = tempo di tromboplastina parziale attivata
ARISTOTLE = studio Apixaban for Reduction In Stroke and Other ThromboemboLic Events in Atrial Fibrillation (Apixaban per la riduzione dell’ictus e di altri eventi
tromboembolici nella fibrillazione atriale)
BID = due volte al giorno
CAD = coronaropatia
calcolatore CHA2DS2-VASc = valuta il rischio di ictus ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale sulla base di insufficienza cardiaca congestizia; ipertensione,
età, diabete mellito; ictus, TIA o TE; vasculopatia; età; sesso (Congestive heart failure; Hypertension, Age, Diabetes mellitus; Stroke, TIA, or TE; Vascular disease; Age;
Sex category)
IC = intervallo di confidenza
CrCl = clearance della creatinina
CRNM = non maggiore, clinicamente rilevante
CV= cardiovascolare
EMEA = European Medicines Evaluation Agency
ENGAGE AF-TIMI 48 = valutazione del nuovo inibitore del fattore Xa edoxaban confrontato con warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale: disegno e motivazione
per lo studio Effective aNticoaGulation with factor xA next GEneration in Atrial Fibrillation-Thrombolysis In Myocardial Infarction 48
ENSURE-AF = studio Edoxaban vs. Warfarin in Subjects Undergoing Cardioversion of Atrial Fibrillation (Edoxaban vs warfarin in soggetti sottoposti a cardioversione
per fibrillazione atriale)
ESC = European Society of Cardiology
FDA = US Food and Drug Administration
h = ore
IC = insufficienza cardiaca
HR = rapporto di rischio
HRRS =Heart Rhythm Society
INR = rapporto internazionale normalizzato
kg = chilogrammo
LA = atriale sinistro
LAA = auricola atriale sinistra
IM = infarto del miocardio
ml/min = millilitri al minuto
µmol/l = micromoli/litro
NICE = National Institute for Health and Care Excellence
NOAC = nuovi anticoagulanti orali
FANV = fibrillazione atriale non valvolare
TAO = terapia con anticoagulanti orali
http://www.medscape.org/sites/advances/evolving-anticoagulation
Il buono, il brutto e il cattivo:
studi sugli anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus
OR = rapporto di probabilità (odds-ratio)
P-gp = P-glicoproteina
PCI = intervento coronarico percutaneo
PIONEER AF-PCI = studio che esplora due strategie di rivaroxaban (JNJ39039039; BAY-59-7939) e una di un antagonista orale della vitamina K in pazienti con
fibrillazione atriale sottoposti a intervento coronarico percutaneo
QALY = anno di vita al netto della disabilità
QD = una volta al giorno
RE-CIRCUIT = studio Randomized Evaluation of dabigatran etexilate Compared to warfarIn in pulmonaRy vein ablation (Valutazione randomizzata di dabigatran
etexilato rispetto al warfarin nell’ablazione della vena polmonare)
REDUAL-PCI = Evaluation of Dual Therapy With Dabigatran vs Triple Therapy With Warfarin in Patients With AF That Undergo a PCI With Stenting (Valutazione della
doppia terapia con dabigatran rispetto alla tripla terapia con warfarin in pazienti con FA sottoposti a intervento coronarico percutaneo con impianto di stent)
RE-LY = studio Dabigatran for Stroke Prevention in Atrial Fibrillation (Dabigatran per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale)
RE-SPECT ESUS = studio Randomized Evaluation in Secondary stroke Prevention Comparing the Thrombin inhibitor dabigatran etexilate versus ASA in Embolic
Stroke of Undetermined Source (Valutazione randomizzata della prevenzione dell’ictus secondario confrontando l’inibitore della trombina dabigatran etexilato
rispetto ad ASA nell’ictus embolico di origine indeterminata)
ROCKET-AF = studio Rivaroxaban versus Warfarin in Nonvalvular Atrial Fibrillation (Rivaroxaban vs warfarin nella fibrillazione atriale non valvolare)
RR = rischio relativo
TAT = terapia antipiastrinica tripla
THRIVE = studio Thrombin Inhibitor in Venous Thromboembolism Treatment (Inibitore della trombina nel trattamento della tromboembolia venosa)
TIA = attacco ischemico transitorio
TIMI = trombolisi nell’infarto del miocardio
TOE = ecocardiografia transesofagea
VENTURE-AF = studio che esplora due strategie di trattamento in pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a terapia di ablazione transcatetere
VKA = antagonista della vitamina K
X-TRA = studio Exploring the Efficacy of Once Daily Oral Rivaroxaban for Treatment of Thrombus in Left Atrial/Left Atrial Appendage in Subjects With Nonvalvular
Atrial Fibrillation or Atrial Flutter trial (Esplorazione dell’efficacia di una dose orale giornaliera di rivaroxaban per il trattamento di trombi nell’atrio sinistro/auricola
atriale sinistra in soggetti con fibrillazione atriale non valvolare o flutter atriale)
X-VeRT = studio EXplore the efficacy and safety of once-daily oral riVaroxaban for the prevention of caRdiovascular events in subjects with non-valvular aTrial
fibrillation scheduled for cardioversion (Esplorazione dell’efficacia e la sicurezza di una dose orale giornaliera di rivaroxaban per la prevenzione di eventi
cardiovascolari in soggetti con fibrillazione atriale non valvolare in lista per cardioversione)
http://www.medscape.org/sites/advances/evolving-anticoagulation