Tassazione per trasparenza: un caso

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Tassazione per trasparenza: un caso
Tassazione per trasparenza: un caso
di Anna Di Marzio per Studio Rubboli e Associati
Illustrazione degli aspetti teorici della norma e calcolo di convenienza (per la società ed i soci) tra
l’ipotesi di tassazione “ordinaria” e quella per trasparenza con specifico riferimento ad una Società
a responsabilità limitata costituita da 3 soci, rispettivamente possessori del A=40%, B=15% e
C=45% del capitale, che ha conseguito un utile lordo dell’esercizio 2004 di € 100.000,00 (il cui
ammontare è stato interamente distribuito). I soci dispongono, altresì, di altri redditi nella misura
seguente: A=15.000 €, B=50.000 €, C=25.000 €.
La tassazione per trasparenza, regime naturale di imposizione per le società di persone, consiste
nell’imputazione del reddito prodotto dalla società a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione e
proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili. La riforma Ires ha esteso tale istituto alle società di
capitali, prevedendolo come opzionale alla tassazione ordinaria, e precisamente:
• alle società di capitali interamente partecipate da altre società di capitali residenti, con percentuali di
partecipazione agli utili e di diritti di voto in assemblea comprese tra il 10% e il 50%. Sono ammessi
anche soci non residenti purché nei loro confronti non vi sia l’obbligo di effettuare ritenute alla fonte
sugli utili distribuiti (art. 115 del Tuir);
• alle Srl con ricavi non superiori alla soglia prevista per gli studi di settore e con massimo 10 soci
persone fisiche (art. 116 del Tuir).
Sono escluse dalla possibilità della tassazione per trasparenza le partecipate che hanno optato per il
consolidato fiscale (nazionale o mondiale) o che hanno emesso strumenti finanziari partecipativi di cui
all’articolo 2346 del Codice Civile e le Srl interamente partecipate da persone fisiche che possiedono a loro
volta partecipazioni con requisiti della participation exemption (art. 87 del Tuir).
L’opzione deve essere esercitata congiuntamente da tutte le parti coinvolte (soci e società partecipata), è
irrevocabile per tre esercizi sociali della partecipata e deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate entro
il primo di essi. L’esercizio congiunto dell’opzione per la trasparenza è una delle condizioni fondamentali per
la sua applicabilità anche se, nel tentativo di tutelare i soci di minoranza eventualmente contrari all’opzione,
pone di fatto pesanti limitazioni. Se è vero, infatti, che evita che il socio di minoranza contrario debba subire
contro la sua volontà il carico fiscale correlato ad utili conseguiti da un altro soggetto (che percepirà solo se
e quando i soci di maggioranza decideranno di distribuire); è altrettanto vero che consente che un solo socio
con la minima percentuale di partecipazione del 10% possa precludere il regime della trasparenza.
Se vengono meno le condizioni per l’opzione, il regime della trasparenza perde efficacia dall’inizio
dell’esercizio in corso della partecipata. È ciò succede nel caso in cui si vada al di sotto o al di sopra delle
percentuali di partecipazione previste o del numero di soci consentito, nel caso in cui la partecipata opti per
il consolidato fiscale o emetta strumenti finanziari partecipativi o anche nel caso in cui entri nella compagine
sociale un socio residente diverso dalle società di capitali o un socio non residente nei cui confronti sussiste
l’obbligo della ritenuta alla fonte sulla distribuzione degli utili (trasparenza di cui all’art. 115) oppure un socio
residente diverso dalle persone fisiche o un socio non residente (trasparenza di cui all’art. 116). L’ingresso di
nuovi soci che invece rispettino i requisiti previsti non pregiudica la validità dell’opzione.
Per capire la rilevanza e l’importanza del regime della trasparenza non si può prescindere dalle modifiche che
la riforma ha apportato alla tassazione dei dividendi. Si è passati dal sistema della loro imputazione,
caratterizzato dal meccanismo del credito d’imposta che annullava in modo perfetto i fenomeni di doppia
imposizione, al sistema della loro esenzione e all’eliminazione del credito d’imposta. Per il momento, però, si
tratta di un’esenzione solo parziale (al 95% per i soggetti Ires e al 60% per i soggetti Irpef qualificati che
percepiscono dividendi), che porta, quindi, con sé fenomeni di doppia imposizione: da una parte, in capo al
soggetto che distribuisce i dividendi e, dall’altra, per il 5% o il 40%, in capo al soggetto che li riceve. Nel
caso di gruppi o di catene partecipative molto lunghe, il problema può diventare particolarmente rilevante.
La riforma ha quindi gioco forza introdotto il regime della trasparenza o, in alternativa, quello del consolidato
1
fiscale per neutralizzare la doppia imposizione sui dividendi. Solo optando per la trasparenza, però, si ha la
perfetta e definitiva neutralizzazione del fenomeno; il consolidato fiscale, infatti, risolve il problema solo per i
dividendi distribuiti a soggetti inclusi nell’area di consolidamento.
La società partecipata imputa ai soci –coi quali abbia congiuntamente esercitato l’opzione per la trasparenzail proprio reddito, oltre alle ritenute fiscali subite a titolo di acconto, ai crediti d’imposta e agli acconti di
imposta versati. Le perdite che abbia eventualmente conseguito nel periodo di validità dell’opzione possono
essere analogamente –e quindi in proporzione alle rispettive quote di partecipazione- imputate ai soci, ma
soltanto entro il limite della quota del suo patrimonio netto. Sulle perdite che, nel rispetto di tale limite,
eventualmente residuino, l’articolo1 115 non dice nulla. Sembra ragionevole ritenere che rimarranno in capo
alla partecipata e potranno essere portate in diminuzione del reddito da essa realizzato nei successivi periodi
d’imposta, secondo le ordinarie regole del riporto delle perdite2.
L’articolo 115 tace anche in merito alle perdite pregresse, realizzate cioè dalla partecipata in periodi
d’imposta precedenti la validità dell’opzione per la trasparenza. È la relazione governativa che chiarisce
questo punto precisando che tali perdite possono essere riportate dalla partecipata secondo le regole
ordinarie e essere portate in diminuzione del reddito realizzato, prima della sua imputazione ai soci. Le
perdite pregresse, quindi, rimangono in capo alla partecipata che le ha generate e possono compensare solo
i redditi da essa prodotti, senza poter essere direttamente imputate ai soci3.
L’opzione per la trasparenza non modifica il regime fiscale di quanto eventualmente distribuito ai soci
utilizzando riserve costituite con utili di precedenti esercizi o riserve di capitale: ciò continuerà ad essere
imponibile in capo ai soci all’atto dell’attribuzione. Durante l’esercizio dell’opzione e salva una diversa volontà
assembleare, si considerano prioritariamente distribuiti gli utili formatisi in periodi di validità della
trasparenza: gli stessi utili si considerano, in ogni caso, prioritariamente utilizzati in caso di copertura di
perdite.
Il socio determinerà il costo fiscalmente riconosciuto della sua partecipazione aumentandolo dei redditi o
diminuendolo delle perdite che gli sono state imputate per trasparenza e diminuendolo, inoltre, degli utili che
gli vengano eventualmente distribuiti. Bisogna tener conto del caso in cui, prima dell’opzione per il regime
della trasparenza (e precisamente nei dieci periodi d’imposta precedenti), il socio soggetto Ires abbia
dedotto la svalutazione della partecipazione effettuata in seguito a perdite realizzate dalla partecipata per
rettifiche di valore o accantonamenti a fondi non deducibili. Questo per evitare che il socio goda di un
duplice beneficio fiscale: una prima volta, per la deduzione della svalutazione e, una seconda volta, grazie
alla trasparenza, per l’imputazione di un reddito eventualmente ridotto per l’utilizzo dei fondi già tassati.
Due possono essere le situazioni per il caso proposto, a seconda che i soci della Srl siano tutti società di
capitali (art.115 del Tuir) oppure tutte persone fisiche (art.116 del Tuir). Confrontando le diverse imposizioni
totali (Srl e soci) è possibile notare l’effetto concreto della scelta per il regime della trasparenza e il
vantaggio che essa comporta per la perfetta neutralizzazione della doppia imposizione sui dividendi. L’effetto
è decisamente più marcato nel caso di soci persone fisiche, dato che è proprio in capo alle persone fisiche
che la doppia imposizione sui dividendi è più consistente (per il 40% rispetto al 5% dei soggetti Ires). Più
bassi saranno i redditi dei soci persone fisiche e, quindi, minori saranno le loro aliquote marginali Irpef, più
evidente sarà il vantaggio della scelta della tassazione per trasparenza rispetto alla tassazione ordinaria.
Ipotesi 1a: tutte società di capitali, tassazione ordinaria
La Srl paga 33.000 euro di Ires e distribuisce 67.000 euro di utile netto ai soci in proporzione alle percentuali
di partecipazione. Tali utili concorrono alla formazione del reddito dei soci limitatamente al 5% del loro
ammontare e in aggiunta ai redditi di cui loro sono altresì titolari. Tale sarà l’Ires in capo ai tre soci:
• A: 33% × {[5% × (40% × 67.000)] + 15.000} = 5.392,2
• B: 33% × {[5% × (15% × 67.000)] + 50.000} = 16.665,825
• C: 33% × {[5% × (45% × 67.000)] + 25.000} = 8.747,475
Per un’imposizione totale (Srl e soci) pari a 63.805,5 euro.
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Vedi “Dividendi, addio al credito d’imposta”di Mario Bono e Marco Piazza, Il Sole24Ore, 3 gennaio
2004.
2
Vedi “Il «passivo» fissa la convenienza”di Paolo Meneghetti, Il Sole24Ore, 14 gennaio 2004.
Vedi “Il regime di trasparenza per le società di capitali” di Gian Paolo Tosoni, in La nuova Ires: come
cambia l’imposizione dal 1° gennaio 2004, a cura di Primo Cappellini e Roberto Lugano, Il Sole24Ore,
gennaio 2004.
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Ipotesti 1b: tutte società di capitali, tassazione per trasparenza
La Srl non paga nulla. A, B e C pagano il 33% di Ires sul reddito imputato loro per trasparenza e sui redditi
di cui sono altresì titolari. Tale sarà l’Ires in capo ai soci:
• A: 33% × [(40% × 100.000) + 15.000] = 18.150
• B: 33 % × [(15% × 100.000) + 50.000] = 21.450
• C: 33% × [(45% × 100.000) + 25.000] = 23.100
Per un’imposizione totale (Srl e soci) pari a 62.700 euro.
Ipotesi 2a: soci persone fisiche, tassazione ordinaria
La Srl paga 33.000 euro di Ires e distribuisce 67.000 euro di utile netto ai soci (persone fisiche non in regime
di impresa) in proporzione alle percentuali di partecipazione. Tali utili concorrono alla formazione del reddito
dei soci A e C (qualificati) per il 40% del loro ammontare, mentre sono tassati con la cedola secca del 12,5%
in capo al socio B (non qualificato). Tale sarà la situazione in capo ai soci, tenendo conto anche dei redditi di
cui sono altresì titolari:
• A: 15.000 + [40% × (40% × 67.000)] = 25.720 di reddito complessivo che, con un’aliquota
marginale del 29%, corrisponde ad un’Irpef di 6.558,8
• B: 50.000 di reddito complessivo che, con un’aliquota marginale del 39%, corrisponde ad un’Irpef di
15.412, cui si aggiungono 1.256,25 di cedolare secca del 12,5% sul dividendo di 10.050 (ossia il
15% di 67.000)
• C: 25.000 + [40% × (45% × 67.000)] = 37.060 di reddito complessivo che, con un’aliquota
marginale del 39%, corrisponde ad un’Irpef di 10.365,4
Per un’imposizione totale (Srl e soci) pari a 66.592,45 euro.
Ipotesi 2b: soci persone fisiche, tassazione per trasparenza
La Srl non paga nulla. A, B e C pagano secondo le loro aliquote marginali Irpef sul reddito imputato loro per
trasparenza e sui redditi di cui sono altresì titolari. Tale sarà l’Irpef in capo ai soci:
• A: 15.000 + (40% × 100.000) = 55.000 di reddito complessivo che, con un’aliquota marginale del
39%, corrisponde ad un’Irpef di 17.362
• B: 50.000 + (15% × 100.000) = 65.000 di reddito complessivo che, con un’aliquota marginale del
39%, corrisponde ad un’Irpef di 21.262
• C: 25.000 + (45% ×100.000) = 70.000 di reddito complessivo che, con un’aliquota marginale del
39%, corrisponde ad un’Irpef di 23.212
Per un’imposizione totale (Srl e soci) pari a 61.836 euro.
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