Sentinelle sempre vigilanti
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Sentinelle sempre vigilanti
52 19 DICEMBRE 2010 PAESI & CITTÀ VENEZIA - VICENZA OCCORRE UN’INTESA DI FERRO TRA TUTTI QUELLI CHE HANNO INTERESSI SUL FIUME LA DIFESA DEL POPOLO QUARTA DOMENICA DI AVVENTO Il Brenta a contratto Nella festa della fraternità si va a scuola di altruismo ■ Com’è lo stato di salute del Brenta e quanto conta la buona tenuta dell’alveo e degli argini di questo fiume nel contesto idrogeologico della provincia? È stato questo il filo conduttore dell’incontro indetto attorno alla proposta di “Contratto di fiume del Brenta”. Il Brenta, hanno avvertito gli intervenuti, è stato per secoli fonte di vita e di civiltà per le genti trentine e venete che hanno abitato le sue rive ed è tuttora cuore pulsante di queste terre. Il fiume, però, può anche diventare impetuoso e terribile seminando morte e può morire, come tutti gli organismi viventi, o snaturarsi se non si interviene in tempo a ricostituire gli habitat del corridoio fluviale». Il “Contratto di fiume” è in sostanza un accordo fra soggetti pubblici e privati, portatori di interesse nella gestione e nell’utilizzo della risorsa acqua, basato sul confronto costante finalizzato ad azioni di riqualificazione e valorizzazione ambientale del fiume e del suo territorio. Il concetto di “riqualificazione dei bacini”, nell’ambito dei contratti di fiume, è inteso nella sua accezione più ampia e riguarda tutti gli aspetti naturalistico-ambientali del territorio. Include quindi processi di natura idrogeologica e geomorfologica, di evoluzione degli ecosistemi naturali e antropici. La serata di approfondimento è stata promossa dall’associazione Bacino acque fiume Brenta, la società di pesca più vecchia della Valbrenta, nata nel 1969 come riserva di pesca concessionaria di acque pubbliche a scopi ittiologici a opera di un gruppo di pescatori valligiani, con il preciso scopo di salvaguardare il fiume da una pesca senza regole, che lo depauperava giorno dopo giorno del suo prezioso patrimonio ittico. Oggi l’associazione si prefigge di gestire, tramite concessioni, le acque pubbliche della provincia di Vicenza al fine di organizzare la pesca sportiva e dilettantistica. Provvede a una razionale coltivazione delle acque, basandosi soprattutto sull’incremento della produttività naturale degli ecosistemi acquatici, sul riequilibrio biologico e sul mantenimento delle linee genetiche originarie delle specie ittiche. L’associazione ha proposto a tutte le realtà pubbliche e private, in qualche modo interessate all’amministrazione e alla salvaguardia dell’ecosistema fluviale del Brenta, un percorso a tappe per la costituzione del contratto di fiume. In sostanza si tratta di mettere attorno a un tavolo tutti i portatori di interessi legittimi, dai residenti agli agricoltori, dalle industrie agli utenti delle risorse idriche, dagli amministratori ai gruppi sportivi, in modo da sottoscrivere, attraverso un processo quanto più partecipativo possibile, un maxi-accordo che regoli la pianificazione e la programmazione della vita del corso d’acqua. STRA Nella quarta domenica di avvento, il 19 dicembre, la comunità celebra la festa della fraternità: durante l’offertorio i fedeli portano all’altare le borse della spesa che saranno poi destinate dalla Caritas parrocchiale alle persone bisognose. Vengono coinvolti anche i ragazzi del catechismo che portano i loro risparmi raccolti in un salvadanaio realizzato con materiali riciclati. Con il ricavato dei loro piccoli sacrifici si acquisterà materiale scolastico per i ragazzi bisognosi. Un modo semplice ed efficace per insegnare ad aiutare il prossimo che, in questo caso, potrebbe essere il proprio compagno di banco o il vicino di casa. «Il Natale viene celebrato in maniera autentica – afferma il parroco don Giovanni Toniolo – La comunità è resa partecipe delle problematiche che coinvolgono, spesso in maniera silenziosa, molti di noi». «Fare la spesa, pagare l’affitto e mandare i figli a scuola sta diventando sempre più difficile – puntualizza Agostina Cantoni, responsabile della Caritas di Stra – La crisi, per i meno abbienti, non è certo finita: il lavoro scarseggia e arrivare a fine mese diventa sempre più difficile. Lo si nota anche dalla maggiore affluenza che le nostre strutture ultimamente hanno registrato. È complicato perfino mandare i figli a scuola, visto il prezzo di zaini, astucci e quaderni. Noi cerchiamo di aiutare le persone in difficoltà e l’aiuto offerto è diventato sempre più articolato». La Caritas, oltre alle tradizionali forme di assistenza, come la somministrazione di generi alimentari e vestiario, offre aiuto per quasi ogni genere di problema. «Abbiamo servizi psicologici, legali e di ascolto, disponibili per tutti, indipendentemente dal comune di provenienza – sottolinea la responsabile – Offriamo un ampio ventaglio di servizi perché spesso le persone necessitano più di un aiuto psicologico che materiale. Parlare con qualcuno dei propri problemi, o semplicemente esprimere le proprie idee sulla realtà in cui si vive, è un toccasana a cui nessuno può rinunciare; ma la lontananza da casa, o la mancanza di persone con cui confidarsi, lo rende un problema. E questo succede spesso agli immigrati, specialmente se sono arrivati da poco. Il centro parrocchiale, in questo caso, funge da punto di aggregazione: le persone vengono, scambiano due parole, iniziano a fraternizzare e, pian piano, a diventare parte della comunità». Le iniziative della Caritas si avvalgono anche della collaborazione con le amministrazioni comunali e le altre parrocchie del vicariato. «Per la risoluzione di alcuni problemi collaboriamo direttamente con i servizi sociali, con i quali abbiamo instaurato un’ottima relazione – afferma Agostina Cantoni – Abbiamo caratteristiche diverse che, quando sono unite, contribuiscono a trovare in tempi rapidi una soluzione efficace». «A livello vicariale – prosegue don Toniolo – stiamo cercando di diversificare gli aiuti offerti dalle singole parrocchie creando in ognuna un punto di forza caratteristico. La Caritas è un organismo pastorale che aiuta a promuovere la carità nella comunità parrocchiale. Tutto inizia con una lettura attenta dei bisogni presenti nel nostro territorio. Alla base di questi abbiamo trovato una cultura individualista, che pone se stessi davanti agli altri. È proprio attraverso la nostra cultura che dobbiamo reagire a questa visione perché una società fiorente deve basarsi su dialogo, conoscenza e interazione reciproca. Natale significa anche questo». Info: 348-1617117 servizio di Luigi Marcadella Lavorare con il fiume non contro di lui ■ Giuseppe Baldo ha già partecipato alla stesura di esperienze di riqualificazione fluviale in Italia analoghe al “contratto di fiume” che si sta studiando per il Brenta e nel 1999 insieme ad altri appassionati ha fondato il Cirf, Centro italiano per la riqualificazione fluviale, che ha diretto fino al 2007. «Sulla scorta di altre esperienze lombarde e piemontesi – spiega il tecnico, che oggi dirige uno studio di ingegneria specializzato nel campo dell’idraulica ambientale e dell’architettura sostenibile – durante un interessante studio sul Brenta e i suoi problemi, promosso dall’associazione Bacino fiume Brenta, è nata l’idea di proporre il contratto di fiume anche al Brenta, viste e considerate le conflittualità sull’utilizzo delle acque, sulla sua potenziale pericolosità e gli innumerevoli attori che il fiume attira. L’auspicio è quello di avere un fiume più sano e naturale, mettendo d’accordo istituzioni, associazioni e cittadini». Il Brenta è unanimemente riconosciuto come patrimonio storico e naturalistico del Veneto. Quali sono oggi i principali problemi che lo affliggono? «Il problema principale è quello del deflusso minimo vitale. Serve un accordo tra gli utilizzatori in cui anche gli interessi del fiume siano “ascoltati”. Questo ovviamente senza trascurare le esigenze energeti- che e dell’agricoltura. Non trascuriamo nemmeno il problema del rischio idraulico. Lungo il Brenta si è costruito moltissimo: le piogge di novembre hanno risparmiato il suo bacino, altrimenti erano guai seri anche lungo questo fiume». Proprio l’alluvione che ha devastato il Vicentino ha riportato sotto i riflettori lo stato di sicurezza dei nostri fiumi. In che punti e località del suo percorso ci sono più rischi? «Esistono tratti in cui il fiume avrebbe bisogno di essere rinaturato perché eccessivamente artificializzato. Ad esempio incidono sulla sua “naturale” evoluzione le dighe, la gestione montana e gli argini del tratto da Bassano fino al mare. Un fiume naturale deve poter avere i suoi spazi, la sua libertà e in questo modo, anche in occasione di eventi atmosferici molto intensi, si dimostra più docile e meno aggressivo». Da dove partirebbe per un progetto generale di riqualificazione fluviale del Brenta? «Serve una riorganizzazione della pianificazione: prima di tutto per riqualificare il fiume bisognerebbe interrompere il processo di urbanizzazione delle aree perifluviali e a rischio. Servono poi interventi strutturali che permettano di dare spazio al fiume: non parlo esclusivamente di casse d’espansione (che spesso rappresentano un’ulteriore artificializzazione) ma anche di aree “a esondazione controllata” per la realizzazione delle quali serve allearsi con il mondo agricolo. Questo servirebbe anche per la ricarica delle falde. Ricordiamoci che ora stiamo parlando di allagamenti, ma non molto tempo fa abbiamo parlato di mancanza di acqua». Quali sono i parametri per valutare la qualità di un fiume e del sistema fluviale che lo circonda? «Ci sono molti parametri che analizzano la qualità delle acque e della vita che esiste lungo il fiume. Sono indicatori che entro breve, come previsto anche dalle vigenti normative europee, dovrebbero essere portati a un livello di buona qualità. Il Brenta ha dei tratti in cui sta bene, ma a valle dei centri abitati sente l’impatto forte dell’inquinamento civile. Non è trascurabile nemmeno l’effetto dell’inquinamento diffuso, di origine sia urbana che agricola». Tornando alla recente alluvione, si dice che l’acqua sia caduta in quantità inferiore rispetto al 1966. È evidente il cambiamento che ha modificato la geografia urbana del Veneto, ma cosa si è inceppato nel nostro sistema idrogeologico? «Lungo il Brenta ha piovuto meno che nel 1966. Oggi il bacino idraulico si presenta come una lastra impermeabile e non permette alle piogge di infiltrarsi. Tutta l’acqua arriva rapidamente agli affluenti e ai corsi principali attraverso la rete di tubi che scorrono sotto la città diffusa. La pianificazione errata del nostro territorio è la prima causa dei danni provocati dalle alluvioni. Troppa cementificazione e poca cultura idraulica». Partendo dal presupposto che bisogna superare la logica degli interventi di emergenza e passare ad una fase di pianificazione a lungo termine, dove sono i punti di maggiore pericolosità idrogeologica nel Vicentino e nel Padovano? «Purtroppo le zone a rischio sono un po’ ovunque. Quasi tutto il nostro territorio è a rischio alluvione. E non è che alzando gli argini le cose possano migliorare. Dobbiamo lavorare con il fiume e non contro di lui come abbiamo fatto finora». A S S O C I A Z I O N E B A C I N O A C Q U E F I U M E B R E N TA Sentinelle sempre vigilanti ■ Rolando Lubian è il presidente dell’associazione Bacino acque fiume Brenta. «Nel contratto di fiume – spiega – facciamo parlare gli enti e le istituzioni tra loro al fine di trovare un accordo su una gestione più sostenibile del fiume. Regione, provincia, comuni, consorzi e privati che utilizzano le acque preziose del nostro fiume devono trovare un equilibrio tra le loro azioni e i loro progetti, in modo da salvaguardare anche il fiume e la sua naturalità». Ci sono dati recenti relativi allo “stato di salute” del Brenta? «La nostra associazione ha commissionato a un team di consulenti l’incarico di fare una fotografia del fiume in provincia di Vicenza: ne è emerso che non sta malissimo, ma dobbiamo stare molto attenti a quanto gli succede intorno. L’ecosistema del Brenta è molto delicato e nel fiume vivono delle specie protette anche dall’Unione Europea. Il tutto è riportato in una pubblicazione disponibile nel sito della nostra associazione (www.bacinofiumebrenta.org)». Ci sono problemi relativi a sovrapposizioni di competenze amministrative che ostacolano il buon mantenimento della “salute” del fiume? «Molti se ne occupano, ma pochi si preoccupano di salvaguardare realmente il fiume. Per primi i comuni che permettono di costruire dentro alle aree a rischio, aumentando la pressione antropica sul fiume. Serve comunque un grande riordino nelle competenze. Anche noi spesso non sappiamo con chi dover parlare per problemi di quotidiana gestione». La vostra è un’associazione che si occupa principalmente della vita all’interno del fiume stesso. Da questo punto di vista quali sono i principali problemi del Brenta? «Noi proteggiamo la fauna ittica. A nostro avviso il deflusso minimo vitale e l’ottima qualità biologica del fiume sono le priorità». Il Brenta è un fiume inquinato oltre i livelli d’allarme? «Purtroppo sono molti i punti in cui il fiume è “attaccato” da scarichi non depurati e da prelievi anche abusivi. Con la nostra azione stiamo cercando di collaborare con gli enti per migliorare lo stato del fiu- me e permettere a tutti di fruirne la bellezza». Da pescatore: dove partirebbe il suo progetto di riqualificazione fluviale del Brenta? «Dall’acqua. I nostri tecnici dovrebbero immergersi nell’acqua e da lì pensare a come intervenire. È per questo motivo che stiamo provando a portare direttamente sul fiume amministratori e tecnici coinvolti nel contratto di fiume». Le acque del Brenta sono monitorate costantemente? «La qualità dell’acqua, ma anche della fauna che ci vive, sono indicatori che monitoriamo costantemente anche per le nostre finalità istituzionali. Il Brenta, che vigiliamo costantemente come vere e proprie sentinelle, è ancora abbastanza sano. Non possiamo dire lo stesso per tutti i fiumi veneti». Anche a lei la domanda d’obbligo: nella recente alluvione cosa non ha funzionato nel sistema idrogeologico nelle province maggiormente colpite? «Io volo spesso sopra la pianura. Basta scattare delle foto e confrontarle: l’abbiamo trasformata in una grande città diffusa...». Andrea Menegazzo