Sentinelle sempre vigilanti

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Sentinelle sempre vigilanti
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19 DICEMBRE 2010
PAESI & CITTÀ
VENEZIA - VICENZA
OCCORRE UN’INTESA DI FERRO TRA TUTTI QUELLI CHE HANNO INTERESSI SUL FIUME
LA DIFESA DEL POPOLO
QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
Il Brenta a contratto
Nella festa
della fraternità
si va a scuola
di altruismo
■ Com’è lo stato di salute
del Brenta e quanto conta la
buona tenuta dell’alveo e degli argini di questo fiume nel
contesto idrogeologico della
provincia? È stato questo il
filo conduttore dell’incontro
indetto attorno alla proposta
di “Contratto di fiume del
Brenta”. Il Brenta, hanno
avvertito gli intervenuti, è
stato per secoli fonte di vita
e di civiltà per le genti trentine e venete che hanno abitato le sue rive ed è tuttora
cuore pulsante di queste terre. Il fiume, però, può anche
diventare impetuoso e terribile seminando morte e può
morire, come tutti gli organismi viventi, o snaturarsi
se non si interviene in tempo a ricostituire gli habitat
del corridoio fluviale».
Il “Contratto di fiume” è in
sostanza un accordo fra soggetti pubblici e privati, portatori di interesse nella gestione e nell’utilizzo della risorsa acqua, basato sul confronto costante finalizzato
ad azioni di riqualificazione
e valorizzazione ambientale
del fiume e del suo territorio. Il concetto di “riqualificazione dei bacini”, nell’ambito dei contratti di fiume, è
inteso nella sua accezione
più ampia e riguarda tutti gli
aspetti naturalistico-ambientali del territorio. Include quindi processi di natura
idrogeologica e geomorfologica, di evoluzione degli ecosistemi naturali e antropici.
La serata di approfondimento è stata promossa dall’associazione Bacino acque fiume Brenta, la società di pesca più vecchia della Valbrenta, nata nel 1969 come
riserva di pesca concessionaria di acque pubbliche a
scopi ittiologici a opera di
un gruppo di pescatori valligiani, con il preciso scopo di
salvaguardare il fiume da
una pesca senza regole, che
lo depauperava giorno dopo
giorno del suo prezioso patrimonio ittico. Oggi l’associazione si prefigge di gestire, tramite concessioni, le
acque pubbliche della provincia di Vicenza al fine di
organizzare la pesca sportiva e dilettantistica. Provvede
a una razionale coltivazione
delle acque, basandosi soprattutto sull’incremento
della produttività naturale
degli ecosistemi acquatici,
sul riequilibrio biologico e
sul mantenimento delle linee genetiche originarie delle specie ittiche. L’associazione ha proposto a tutte le
realtà pubbliche e private, in
qualche modo interessate
all’amministrazione e alla
salvaguardia dell’ecosistema
fluviale del Brenta, un percorso a tappe per la costituzione del contratto di fiume.
In sostanza si tratta di mettere attorno a un tavolo tutti
i portatori di interessi legittimi, dai residenti agli agricoltori, dalle industrie agli
utenti delle risorse idriche,
dagli amministratori ai gruppi sportivi, in modo da sottoscrivere, attraverso un
processo quanto più partecipativo possibile, un maxi-accordo che regoli la pianificazione e la programmazione
della vita del corso d’acqua.
STRA Nella quarta domenica di avvento, il 19 dicembre, la comunità
celebra la festa della fraternità: durante l’offertorio i fedeli portano
all’altare le borse della spesa che saranno poi destinate dalla Caritas
parrocchiale alle persone bisognose.
Vengono coinvolti anche i ragazzi
del catechismo che portano i loro risparmi raccolti in un salvadanaio
realizzato con materiali riciclati.
Con il ricavato dei loro piccoli sacrifici si acquisterà materiale scolastico
per i ragazzi bisognosi. Un modo
semplice ed efficace per insegnare
ad aiutare il prossimo che, in questo
caso, potrebbe essere il proprio compagno di banco o il vicino di casa.
«Il Natale viene celebrato in maniera
autentica – afferma il parroco don
Giovanni Toniolo – La comunità è
resa partecipe delle problematiche
che coinvolgono, spesso in maniera
silenziosa, molti di noi».
«Fare la spesa, pagare l’affitto e mandare i figli a scuola sta diventando
sempre più difficile – puntualizza
Agostina Cantoni, responsabile della
Caritas di Stra – La crisi, per i meno
abbienti, non è certo finita: il lavoro
scarseggia e arrivare a fine mese diventa sempre più difficile. Lo si nota
anche dalla maggiore affluenza che
le nostre strutture ultimamente hanno registrato. È complicato perfino
mandare i figli a scuola, visto il prezzo di zaini, astucci e quaderni. Noi
cerchiamo di aiutare le persone in
difficoltà e l’aiuto offerto è diventato
sempre più articolato».
La Caritas, oltre alle tradizionali forme di assistenza, come la somministrazione di generi alimentari e vestiario, offre aiuto per quasi ogni genere di problema. «Abbiamo servizi
psicologici, legali e di ascolto, disponibili per tutti, indipendentemente
dal comune di provenienza – sottolinea la responsabile – Offriamo un
ampio ventaglio di servizi perché
spesso le persone necessitano più di
un aiuto psicologico che materiale.
Parlare con qualcuno dei propri problemi, o semplicemente esprimere le
proprie idee sulla realtà in cui si vive, è un toccasana a cui nessuno può
rinunciare; ma la lontananza da casa, o la mancanza di persone con cui
confidarsi, lo rende un problema. E
questo succede spesso agli immigrati, specialmente se sono arrivati da
poco. Il centro parrocchiale, in questo caso, funge da punto di aggregazione: le persone vengono, scambiano due parole, iniziano a fraternizzare e, pian piano, a diventare parte
della comunità».
Le iniziative della Caritas si avvalgono anche della collaborazione con le
amministrazioni comunali e le altre
parrocchie del vicariato. «Per la risoluzione di alcuni problemi collaboriamo direttamente con i servizi sociali, con i quali abbiamo instaurato
un’ottima relazione – afferma Agostina Cantoni – Abbiamo caratteristiche diverse che, quando sono unite,
contribuiscono a trovare in tempi rapidi una soluzione efficace».
«A livello vicariale – prosegue don
Toniolo – stiamo cercando di diversificare gli aiuti offerti dalle singole
parrocchie creando in ognuna un
punto di forza caratteristico. La Caritas è un organismo pastorale che
aiuta a promuovere la carità nella
comunità parrocchiale. Tutto inizia
con una lettura attenta dei bisogni
presenti nel nostro territorio. Alla
base di questi abbiamo trovato una
cultura individualista, che pone se
stessi davanti agli altri. È proprio attraverso la nostra cultura che dobbiamo reagire a questa visione perché una società fiorente deve basarsi
su dialogo, conoscenza e interazione
reciproca. Natale significa anche
questo». Info: 348-1617117
servizio di Luigi Marcadella
Lavorare con il fiume
non contro di lui
■ Giuseppe Baldo ha già partecipato alla stesura di esperienze di riqualificazione fluviale in Italia analoghe al “contratto di fiume” che si
sta studiando per il Brenta e nel
1999 insieme ad altri appassionati
ha fondato il Cirf, Centro italiano
per la riqualificazione fluviale, che
ha diretto fino al 2007. «Sulla scorta di altre esperienze lombarde e
piemontesi – spiega il tecnico, che
oggi dirige uno studio di ingegneria
specializzato nel campo dell’idraulica ambientale e dell’architettura
sostenibile – durante un interessante studio sul Brenta e i suoi problemi, promosso dall’associazione Bacino fiume Brenta, è nata l’idea di
proporre il contratto di fiume anche al Brenta, viste e considerate le
conflittualità sull’utilizzo delle acque, sulla sua potenziale pericolosità e gli innumerevoli attori che il
fiume attira. L’auspicio è quello di
avere un fiume più sano e naturale,
mettendo d’accordo istituzioni, associazioni e cittadini».
Il Brenta è unanimemente riconosciuto come patrimonio storico e naturalistico del Veneto.
Quali sono oggi i principali problemi che lo affliggono?
«Il problema principale è quello del
deflusso minimo vitale. Serve un
accordo tra gli utilizzatori in cui anche gli interessi del fiume siano
“ascoltati”. Questo ovviamente senza trascurare le esigenze energeti-
che e dell’agricoltura. Non trascuriamo
nemmeno il problema del rischio idraulico. Lungo il Brenta
si è costruito moltissimo: le piogge di
novembre hanno risparmiato il suo bacino, altrimenti erano guai seri anche
lungo questo fiume».
Proprio l’alluvione che ha devastato il Vicentino ha riportato
sotto i riflettori lo stato di sicurezza dei nostri fiumi. In che
punti e località del suo percorso
ci sono più rischi?
«Esistono tratti in cui il fiume
avrebbe bisogno di essere rinaturato perché eccessivamente artificializzato. Ad esempio incidono sulla
sua “naturale” evoluzione le dighe,
la gestione montana e gli argini del
tratto da Bassano fino al mare. Un
fiume naturale deve poter avere i
suoi spazi, la sua libertà e in questo
modo, anche in occasione di eventi
atmosferici molto intensi, si dimostra più docile e meno aggressivo».
Da dove partirebbe per un progetto generale di riqualificazione fluviale del Brenta?
«Serve una riorganizzazione della
pianificazione: prima di tutto per
riqualificare il fiume bisognerebbe
interrompere il processo di urbanizzazione delle aree perifluviali e a
rischio. Servono poi interventi
strutturali che permettano di dare
spazio al fiume: non parlo esclusivamente di casse d’espansione (che
spesso rappresentano un’ulteriore
artificializzazione) ma anche di
aree “a esondazione controllata”
per la realizzazione delle quali serve allearsi con il mondo agricolo.
Questo servirebbe anche per la ricarica delle falde. Ricordiamoci che
ora stiamo parlando di allagamenti,
ma non molto tempo fa abbiamo
parlato di mancanza di acqua».
Quali sono i parametri per valutare la qualità di un fiume e del
sistema fluviale che lo circonda?
«Ci sono molti parametri che analizzano la qualità delle acque e della
vita che esiste lungo il fiume. Sono
indicatori che entro breve, come
previsto anche dalle vigenti normative europee, dovrebbero essere
portati a un livello di buona qualità.
Il Brenta ha dei tratti in cui sta bene, ma a valle dei centri abitati sente l’impatto forte dell’inquinamento
civile. Non è trascurabile nemmeno
l’effetto dell’inquinamento diffuso,
di origine sia urbana che agricola».
Tornando alla recente alluvione,
si dice che l’acqua sia caduta in
quantità inferiore rispetto al
1966. È evidente il cambiamento che ha modificato la geografia
urbana del Veneto, ma cosa si è
inceppato nel nostro sistema
idrogeologico?
«Lungo il Brenta ha piovuto meno
che nel 1966. Oggi il bacino idraulico si presenta come una lastra impermeabile e non permette alle
piogge di infiltrarsi. Tutta l’acqua
arriva rapidamente agli affluenti e
ai corsi principali attraverso la rete
di tubi che scorrono sotto la città
diffusa. La pianificazione errata del
nostro territorio è la prima causa
dei danni provocati dalle alluvioni.
Troppa cementificazione e poca
cultura idraulica».
Partendo dal presupposto che
bisogna superare la logica degli
interventi di emergenza e passare ad una fase di pianificazione
a lungo termine, dove sono i
punti di maggiore pericolosità
idrogeologica nel Vicentino e
nel Padovano?
«Purtroppo le zone a rischio sono
un po’ ovunque. Quasi tutto il nostro territorio è a rischio alluvione.
E non è che alzando gli argini le cose possano migliorare. Dobbiamo
lavorare con il fiume e non contro
di lui come abbiamo fatto finora».
A S S O C I A Z I O N E B A C I N O A C Q U E F I U M E B R E N TA
Sentinelle sempre vigilanti
■ Rolando Lubian è il presidente
dell’associazione Bacino acque fiume Brenta. «Nel contratto di fiume
– spiega – facciamo parlare gli enti
e le istituzioni tra loro al fine di trovare un accordo su una gestione
più sostenibile del fiume. Regione,
provincia, comuni, consorzi e privati che utilizzano le acque preziose del nostro fiume devono trovare
un equilibrio tra le loro azioni e i loro progetti, in modo da salvaguardare anche il fiume e la sua naturalità».
Ci sono dati recenti relativi allo
“stato di salute” del Brenta?
«La nostra associazione ha commissionato a un team di consulenti
l’incarico di fare una fotografia del
fiume in provincia di Vicenza: ne è
emerso che non sta malissimo, ma
dobbiamo stare molto attenti a
quanto gli succede intorno. L’ecosistema del Brenta è molto delicato e
nel fiume vivono delle specie protette anche dall’Unione Europea. Il
tutto è riportato in una pubblicazione disponibile nel sito della nostra
associazione (www.bacinofiumebrenta.org)».
Ci sono problemi relativi a sovrapposizioni di competenze
amministrative che ostacolano il
buon mantenimento della “salute” del fiume?
«Molti se ne occupano, ma pochi si
preoccupano di salvaguardare realmente il fiume. Per primi i comuni
che permettono di costruire dentro
alle aree a rischio, aumentando la
pressione antropica sul fiume. Serve comunque un grande riordino
nelle competenze. Anche noi spesso non sappiamo con chi dover parlare per problemi di quotidiana gestione».
La vostra è un’associazione che
si occupa principalmente della
vita all’interno del fiume stesso.
Da questo punto di vista quali
sono i principali problemi del
Brenta?
«Noi proteggiamo la fauna ittica. A
nostro avviso il deflusso minimo vitale e l’ottima qualità biologica del
fiume sono le priorità».
Il Brenta è un fiume inquinato
oltre i livelli d’allarme?
«Purtroppo sono molti i punti in cui
il fiume è “attaccato” da scarichi
non depurati e da prelievi anche
abusivi. Con la nostra azione stiamo cercando di collaborare con gli
enti per migliorare lo stato del fiu-
me e permettere a tutti di fruirne la
bellezza».
Da pescatore: dove partirebbe il
suo progetto di riqualificazione
fluviale del Brenta?
«Dall’acqua. I nostri tecnici dovrebbero immergersi nell’acqua e da lì
pensare a come intervenire. È per
questo motivo che stiamo provando
a portare direttamente sul fiume
amministratori e tecnici coinvolti
nel contratto di fiume».
Le acque del Brenta sono monitorate costantemente?
«La qualità dell’acqua, ma anche
della fauna che ci vive, sono indicatori che monitoriamo costantemente anche per le nostre finalità istituzionali. Il Brenta, che vigiliamo costantemente come vere e proprie
sentinelle, è ancora abbastanza sano. Non possiamo dire lo stesso per
tutti i fiumi veneti».
Anche a lei la domanda d’obbligo: nella recente alluvione cosa
non ha funzionato nel sistema
idrogeologico nelle province
maggiormente colpite?
«Io volo spesso sopra la pianura.
Basta scattare delle foto e confrontarle: l’abbiamo trasformata in una
grande città diffusa...».
Andrea Menegazzo