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MERCOLEDÌ 15 AGOSTO 2012
il Cittadino
Sezione
Cultura&Spettacoli
L’ARMONICISTA CARO A FRANK ZAPPA E I SUOI TRE COMPAGNI DI AVVENTURA TORNANO IN RIVA ALL’ADDA OSPITI DI LODI AL SOLE
Ferragosto “in blues” con la Treves Band
Il leggendario “puma di Lambrate” in concerto stasera in piazza della Vittoria
n Ha suonato ovunque nel mondo,
passando da Memphis a Leningra­
do: ma è nel cuore di Lodi che Fabio
Treves trascorrerà il Ferragosto.
Questa sera infatti, il “puma di
Lambrate” è atteso in piazza della
Vittoria con la sua band di quattro
elementi, ospite del Lodi blues festi­
val di Lodi al sole. Un ritorno quan­
to mai gradito quello dell’armonici­
sta milanese, particolarmente affe­
zionato al calore del pubblico lodi­
giano e protagonista in passato di
memorabili concerti nelle piazze e
nei teatri cittadini. Anche questa
sera, Treves dispenserà agli spetta­
tori generosi dosi di ottimo blues,
quello caldo e pulsante delle origi­
ni, dando vita a qualcosa di più di
un concerto da ascoltare con le
orecchie: qualcosa che assomiglia
piuttosto a un’esperienza da vivere
con tutto il corpo, piedi e cuore
compresi. Ed è facile lasciarsi coin­
volgere pienamente dall’energia
che i quattro “ragazzi” della Treves
blues band sono soliti estrarre dai
loro rispettivi strumenti, salendo a
bordo di una locomotiva a vapore
che sbuffa al ritmo della batteria di
Massimo Serra, oppure seguendo
l’onda del basso di Tino Cappellet­
ti, impegnato a pompare note tra i
riff di chitarra, mandolino e lap
steel di Alessandro “Kid” Gariazzo.
E poi c’è lui, il numero uno della
scena blues italiana, l’uomo che da
quasi quarant’anni diffonde alle
masse il verbo di Muddy Waters,
Robert Johnson, Snooky Pryor e
degli altri musicisti che fanno par­
te del suo ricchissimo bagaglio mu­
sicale. Era infatti il 1974 quando
l’allora giovane milanese Fabio
Treves fondò a Lambrate una band
votata al blues in tutto e per tutto,
la prima in Italia ad avere un reper­
torio interamente dedicato a que­
sto genere musicale. In pochi anni
la band uscì dal circuito milanese e
cominciò a farsi notare sui palco­
scenici di tutto il Paese. Fra i con­
certi più memorabili quello del
1980 al palasport di Torino, quando
la Tbb si esibì con il chitarrista
americano Mike Bloomfield; fu
l’inizio di una serie di collaborazio­
ni prestigiose, nazionali e interna­
zionali, che nei vent’anni successi­
vi porteranno Treves a confrontar­
si con James Cotton, Stevie Ray
Vaughan, Bruce Springsteen e
Frank Zappa, che lo inviterà ad
aprire i concerti delle sue torunèe
in Italia. Sono anni ricchi di suc­
cessi, costellati di dischi e concerti
che consacreranno il “puma di
Lambrate” nell’olimpo dei blue­
sman di fama internazionale e lo
proietteranno, assieme al suo grup­
po, sui palcoscenici di mezzo mon­
do. Treves però non si è mai adagia­
to e oggi continua imperterrito sul­
la strada del blues, gettandosi con
L
O
LA MOSTRA
Il contemporaneo
dei “Fuoriclasse”
alla GAM di Milano
Sopra Fabio Treves e a sinistra l’armonicista in azione con la sua band
durante le tre ore di show nell’edizione di Lodi al sole 2010 in piazza Ospitale
l’energia di un ragazzino in proget­
ti sempre nuovi: l’ultimo risale al
2011, uno spettacolo musicale che si
intitola Blues in Teatro e che rap­
presenta per il suo ideatore un pas­
so in avanti verso la diffusione di
questo genere musicale presso il
grande pubblico. Un passo in avan­
ti che Treves non avrebbe mai potu­
to compiere senza il sostegno della
Tbb, quattro musicisti che suonano
con entusiasmo e passione, affron­
tando con la stessa carica i brani
più famosi e quelli misconosciuti,
dai primi canti di lavoro al blues
elettrico di Chicago, passando per
quello più moderno, ricco di com­
mistioni di stili, ballabile ma sem­
pre e comunque coinvolgente.
Silvia Canevara
__________________________________
TREVES BLUES BAND IN CONCERTO
Stasera alle ore 21 in piazza della
Vittoria, a Lodi. Ingresso gratuito.
DALLA MOSTRA DI VILLANOCE EMERGE IL VIAGGIO DI TRE FAMIGLIE LODIGIANE NEL 1874
A fianco il
documento
custodito negli
archivi
parrocchiali, che
testimonia le
presenze
lodigiane, ed è
presentato nella
mostra aperta
in Val d’Aveto
Maleo alla conquista della Liguria:
quando l’emigrazione diventa storia
n La difficoltà nel trovare o cam­
biare lavoro è la ragione principa­
le che spinge, ancora oggi, molti
italiani a lasciare la propria loca­
lità d’origine per cercare fortuna
in un’altra città o addirittura al­
l’estero: è quindi probabile che sia
stato questo il motivo per cui nel
1874 tre famiglie di Maleo (Oppi­
zio, Ventura e Bolzoni) decisero di
insediarsi a Villanoce, una locali­
tà molto antica situata sull’Ap­
pennino Ligure, e più precisamen­
te in Val d’Aveto, la cui primissi­
ma casa è stata costruita tra il
1200 e il 1300. Nel 1921 essa è dive­
nuta frazione del Comune di Rez­
zoaglio, in provincia di Genova, e
annovera attualmente centoundi­
ci persone residenti.
Di questa curiosa notizia ha trova­
to traccia Graziano Fontana, cura­
tore della mostra Custodiamo la
nostra storia, organizzata dal Cen­
S
C
tro Sportivo Villanoce ed allestita
presso la Chiesa Parrocchiale del­
la medesima località; la mostra,
che ha preso il via lo scorso sabato
11 agosto, resterà aperta fino a do­
menica 19 agosto.
L’esposizione di Custodiamo la no­
stra storia include gli alberi gene­
alogici delle famiglie del posto per
un arco di tempo che va dal 1793 al
2012. Ed è proprio nella consulta­
zione dei documenti anagrafici
necessari per il reperimento del
materiale ora in mostra che è
emersa una “piccola porzione”
della storia delle famiglie di Ma­
leo.
Nel 1874 si trasferirono infatti a
Villanoce Giacomo Ventura con la
moglie, il figlio Angelo e il suo nu­
cleo familiare, ma anche Gerola­
mo Oppizio con la moglie Luigia
ed i figli Tommaso, Francesco e
Mario ed infine Domenico Bolzoni
A
F
F
assieme alla moglie Paola e alla fi­
glia Rosa.
Le reali motivazioni che spinsero
queste tre famiglie a lasciare Ma­
leo per insediarsi in questa locali­
tà montana, in cui l’emigrazione,
soprattutto verso le Americhe era
già nell’Ottocento un fenomeno si­
gnificativo, sono sconosciute.
Quello che si sa di certo è che an­
darono a lavorare come “manen­
ti” (ovvero braccianti) per una fa­
miglia di possidenti, i Fontana,
meglio conosciuta a livello locale
con il soprannome di “Bachicchi”:
Fontana infatti è uno dei cognomi
più diffusi nella zona, così ogni
gruppo familiare viene identifica­
to anche con un soprannome dia­
lettale, derivato per lo più dal no­
me di battesimo del capostipite o
da un particolare fisico che, alme­
no in origine, ne distingueva i
componenti. Alcuni di questi so­
A
L
n La mostra Fuoriclasse,
curata da Luca Cerizza,
riunisce una selezione degli
artisti che hanno frequen­
tato i corsi di Alberto Ga­
rutti nelle accademie di
Bologna, Milano e Venezia.
Sono loro i protagonisti
della collettiva che sarà
inaugurata alla GAM di via
Palestro a Milano sabato 6
ottobre 2012 e contaminerà
anche lo spazio del PAC, in
una sorta di preludio alla
mostra personale di Alber­
to Garutti in programma a
novembre negli spazi del
Padiglione milanese. En­
trambe le sedi apriranno ad
ingresso gratuito, come da
tradizione per la Giornata
del Contemporaneo, e la
mostra alla GAM sarà visi­
tabile gratuitamente fino al
9 dicembre.
prannomi però sono talmente an­
tichi che non se ne conosce l’eti­
mologia: ed è proprio il caso dei
“Bachicchi”, che all’epoca erano
proprietari di uno dei tre mulini
di Villanoce e che diedero lavoro
alle famiglie di Maleo per circa ot­
to anni.
La traccia del loro passaggio è an­
notata nel registro della parroc­
chia di Rezzoa­
glio (1800­1880),
iniziato nel peri­
odo napoleonico
ed oggi conser­
vato presso il
Comune di San­
to Stefano
d’Aveto. Tratta­
si dunque di un
documento mol­
to antico e pre­
cedente l’istituzione vera e pro­
pria dell’anagrafe, avvenuta nel
1866 con la formazione del Regno
d’Italia, e che si è rivelato fonda­
mentale per il lungo lavoro porta­
to avanti da Graziano Fontana,
che per allestire la mostra Custo­
diamo la nostra storia ha seguito
le tracce di un migliaio di fami­
glie, attraverso gli atti di nascita e
di morte dei loro componenti, lun­
go un periodo di ben duecentocin­
quant’anni.
Carla Pirovano
___________________________
CUSTODIAMO LA NOSTRA STORIA
Fino al 19 agosto alla chiesa par­
rocchiale di Villanoce (Genova);
orari dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle
19, con possibilità di visite guidate
il pomeriggio nei giorni feriali e il
sabato, nei festivi e nei prefestivi
sia al mattino che al pomeriggio.
Ingresso libero.
E
Maria Rosa Schiavini: “reportage poetico” dell’esistenza
Emanuele Dolcini
n Maria Rosa Schiavini scrive un
nuovo capitolo della sua biografia
poetica con Reportage, raccolta di
sessanta liriche, edita da Albatros e
in presentazione il prossimo settem­
bre a Melegnano. Reportage, con in
copertina l’inconfondibile veduta
della scalinata di Montmartre a
Parigi, chiude un decennio che ha
raccolto la migliore produzione ma­
tura della Schiavini, da Scacco al
re del 2001 fino a questo Reportage,
il cui titolo esterna il palese senso
metaforico. Il reportage si fa di un
viaggio come nel caso di una vacan­
za a Parigi, ma anche “del” viaggio
per essenza che è la vita, del posto
dove si è sempre ma sempre interro­
gandosi: l’esistenza, insieme il fatto
più quotidiano e più misterioso. Ec­
co allora che in questo breve volume
la poetessa melegnanese ci manda
le sue “cartoline” di un diario di vi­
ta che sente istintivo e naturale il
linguaggio della poesia. «Una vita,
quella dell’autrice, in stretto rap­
porto con la scrittura ­ si legge nella
prefazione di Paola Amelio Santa­
maria ­ un binomio indissolubile
nel quale risulta difficile distingue­
re tra vita e poesia (...) l’autrice si
misura in ogni
circostanza in n La nuova
cui sia possibile raccolta
esprimere la vo­ della poetessa
ce che sente al contiene
suo inter no».
Chiunque la co­ 60 liriche e sarà
nosca e la ap­ presentata
prezzi sa ricono­ in settembre
scere un suo sti­ a Melegnano
le che, a un pri­
mo livello sin­
tattico e grammaticale, inizia dal
frequente uso del tempo presente in­
dicativo. Molte liriche della Schia­
vini esordiscono con un verbo «os­
servativo» e non controvertibile co­
me quello del tempo in atto. Né pas­
sato, né futuro né condizionale:
«scrivo» (Reportage); «c’è una don­
na» (La donna e il suo cane); «ha
persiane allacciate» (La casa segre­
ta); «Sono in pace» (I miei morti);
«Hanno il Golgota» (I matti), e si
potrebbe continuare. L’intensivo
uso del presente ci dice che la vena
ispirativa dell’autrice muove in
gran parte da “constatazioni”. Cioè
da un rapporto frontale col mondo,
da un “impatto”, che trova tradu­
zione linguistica nel dire come le co­
se appaiono: non come dovrebbero
essere o sono per essenza. Ma in un
certo senso c’è più stupore in questo
che nel problematizzare esplicito,
perchè il presente umano non è mai
un presente risolto ­ composto di
“fatti atomici” come desiderava
qualche positivista un tempo ­ ma è
fatto di significati impliciti, deside­
ri non espressi, allusioni, oltrepas­
samenti del dato che spesso cozzano
proprio con l’imporsi del dato sul­
l’uomo. Un esempio: «Oggi lo spec­
chio accontenta il cuore/ l’anima
ha un suo stupore che risente degli
oggetti intorno (...) tenerezza di vi­
vere di nulla/ di poco, di questo
giorno ancora» (Di questo giorno
ancora). Oppure (Chissà): «C’è un
bosco di stelle anche in città/ il Na­
viglio ha lanterne per la notte (...) /
donne e uomini lungo le rive si ap­
pressano in fuga per confondersi
con la luna perplessa». Questo
sguardo fintamente “osservativo”,
ma invece estremamente “doman­
dante” raggiunge altri risultati alti
ad esempio in Una vita sola, citata
anche in introduzione, dove il tono
in un certo senso “fenomenologico”
è chiuso da un inciso di grandissi­
ma efficacia: «gli uomini vivono
corti, lunghi anni/ hanno un cam­
po comune/ come accompagnamen­
to un canto, un lamento, un segno
di croce/ Ma sperano». Ecco, c’è
una prima tipologia, in queste ses­
santa lirighe, che potremmo defini­
re lo stile dei “quadri”, dei momen­
ti, che racchiude gli esiti migliori
anche non in chiave necessaria­
mente melanconica o esistenziale
come ad esempio nell’immaginifica
Il gorgomare o Al Caffè. È poi indi­
viduabile un secondo modello del
sentiero poetico che qualche per­
plessità invece la destra. È quando
la prosa si fa troppo allusiva, intro­
versa, poco comunicabile al sogget­
to lettore (Guardo, potrebbe essere
un esempio): la dimensione sogget­
tiva dilaga. Oppure quando l’espri­
mersi per concetti e non per “presen­
te problematico”, così potremmo di­
re, (Cercando il perchè), porta l’au­
trice lontana dalle corde migliori.
In ogni caso, un’altra silloge da ap­
prezzare nel suo stile senza clamo­
ri.
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MARIA ROSA SCHIAVINI, REPORTAGEAl­
batros Roma 2012
Agosto 2012
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