Biodiversità e funzioni ambientali del- le aree a
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Biodiversità e funzioni ambientali del- le aree a
Controsservatorio ambiente e territorio ROMANO GIOVANARDI, STEFANO PESAVENTO Agribusiness Paesaggio & Ambiente -- Vol. IX (2005) n. 2, Marzo 2006 Biodiversità e funzioni ambientali delle aree a bosco nella pianura friulana ROMANO GIOVANARDI - STEFANO PESAVENTO Biodiversity and Environmental Functions of Friuli-Venzia Giulia’s Woodlands. Biodiversity loss is a global phenomenon produced by the over-utilization of natural resources, habitat degradation and climatic changes. This work describe a biodiversity analysis of two agro-cultural systems located in Friuli-Venezia Giulia’s middle plan and hosted to different adjacent ecological patches: natural forests, semi-natural woods, and crops. In the study, vegetation has been selected among the biotic components for elevated differences and particular richness while abiotic factors regarding climate, soil and hydropedology have not been so decisive. A structural factor has also been chosen in order to clarify the biodiversity quality. The observed species in both sites are 139 and the key phitosociological unit is the Ornithogalo pyrenaici-Carpinetum betuli that represents the fundamental one of the whole Pianura Padana. The á and â diversity levels are mainly explained by the anthropogenic management rather than by the physical ecological diversity. The species selection is a key cultural key for rice diversity level on wood patches. Almost 25% of the observed biodiversity is attributed to the woody-bushy strip close to the water discharge canals. Biodiversità è un termine attribuito a Walter Rosen (Tackacs, 1996) quando nel 1986 lo definì come varietà del patrimonio genetico delle forme viventi nei regni naturali congiuntamente alla diversità ROMANO GIOVANARDI Università di Udine di interazioni e di processi presenti nei molteplici livelli di organizzazione dei loro sistemi (Sarkar and Margules, 2002). Il concetto è quindi di natura multidimensionale e non può agevolmente essere ridotto ad un singolo indicatore senza le opportune precisazioni e distinguo. La biodiversità di un’area sembra meglio descritta da una concomitanza di informazioni riguardanti non solo gli stati e la variabilità dei fattori biotici (es..composizione tassonomica, specie rare, ecc..) ma anche di quelli abiotici (es..climatici, edafici, idrologici ecc..), assieme ad uno strato informativo riguardante lo stato e la variabilità dell’organizzazione strutturale (es.. stratificazione, ricoprimento, ecc..) e delle caratteristiche ecologico funzionali (es.. produttività, velocità di decomposizione, ecc..). Dalla definizione emerge, in oltre, come la scala spaziale degli ambienti osservati e la loro ampiezza complessiva costitu- 102 Biodiversità e funzioni ambientali delle aree a bosco nella pianura friulana iscono alcuni dei fattori chiave nella regolazione delle interazioni e dei processi (Williams, 2004). L’acquisizione di informazioni di natura qualitativa e quantitativa ed un monitoraggio critico a ciascun livello di organizzazione degli ecosistemi, lungo differenti scale, da quella locale a quella globale, e domini, da quello genetico a quello paesaggistico rappresenta il presupposto fondamentale per la conservazione della biodiversità. Il numero di specie e l’abbondanza di individui sono ancora i principali e più diffusi indicatori di biodiversità, essi tuttavia non descrivono esaurientemente la variabilità insita nella composizione degli ecosistemi. In Italia il patrimonio in biodiversità è tra i più significativi nel contesto Europeo grazie alla varietà ambientale ed alla particolare gestione del territorio, su una superficie di circa un trentesimo di quella Europea si rinvengono oltre un terzo delle specie faunistiche e quasi la metà di quelle floristiche (Bracco and Mason, 2001). La conservazione della biodiversità in Europa è spesso associata alla salvaguardia di aree naturali in cui gli organismi viventi possano trovare il loro habitat, protetto dall’azione dell’uomo, e le successioni ecologiche possano avvenire naturalmente e ciclicamente. Per questa ragione ed in considerazione dello stato attuale dell’ambiente e dei rischi legati alle trasformazioni antropiche sullo stesso, le aree boschive sono oggetto di speciale attenzione e tutela. Si consideri a questo riguardo che le attuali maggiori foreste decidue sono sostanzialmente includibili in aree agricole (Mikusinski and Angelttam, 1998) e che la loro conservazione permette la difesa della biodiversità ad ogni scala di osservazione. Nella pianura friulana, le attuali formazioni boschive sono i relitti dell’antica copertura, esse sono localizzate essenzialmente nella media pianura ove si spingono quasi a ridosso dei sistemi costieri ed appartengono ad una estesa rete ecologica, solo in parte protetta, che abbraccia l’intera regione. La perdita di biodiversità rappresenta un fenomeno alla ribalta in quanto connaturato alla possibilità di uno sviluppo sostenibile, essa è osservata sull’intera pianta e si ritiene princi- palmente causata dall’intenso utilizzo delle risorse naturali da parte dell’uomo, dalla degradazione degli habitat e dai cambiamenti climatici (Roy et al., 2004). Nel futuro, fra le principali forze agenti sui livelli e sulla qualità della biodiversità in generale si guarderà ai cambiamenti nell’uso del territorio, ai cambiamenti climatici, alla deposizione atmosferica dell’azoto e all’incremento di CO2 atmosferico (Sala et al., 2000). Un ulteriore e primario fattore sarà costituito dalla selezione antropica delle sementi e dei materiali di impianto nell’ambito delle funzioni produttive, ambientali e paesaggistiche (Puummalainen et al., 2003). La diversità delle forme viventi nella definizione di biodiversità (Hunter, 1999) è comunemente descritta in termini di diversità di ricchezza nelle varie specie (Sarkar and Margules, 2002; Claridge et al. 1997). Tale approccio è considerato problematico ai fini pratici a causa della difficoltà di registrare tutte le specie nei regni naturali anche adottando una ridotta scala di osservazione e può apparire arduo nel caso si volesse rilevare la varietà a livello genetico quindi a livello di massimo dettaglio. Altri indicatori per la quantificazione delle biodiversità tengono conto da un lato dell’effetto di fattori ambientali di tipo climatico e fisico (Noss, 1990) e dall’altro della complessità strutturale nell’ambito degli habitat (Franklin et al, 1981, Noss, 1990). Per complessità strutturale si intende l’organizzazione spaziale delle varie componenti ecologiche, le modalità e la velocità dei processi nonché la composizione in forme viventi. Gli ecosistemi formati da aree elementari di differente composizione strutturale (organizzazione spaziale, funzioni e composizione) sono anche considerati dotati di una certa varietà di risorse e di specie utilizzatrici in ogni regno (Tenabe et al., 2001; Brokaw and Lent, 1999; Woinarski et al. 1997) al punto che talvolta la biodiversità vegetale espressa da una determinata area risulta correlata a quella manifestata dagli altri regni (McElhinny et al., 2005). L’assortimento inter-specifico costituisce in ogni caso il fattore sostanziale della quantificazione della biodiversità a livello locale che, in Europa, si valuta per superfici parcellari sempre inferiori 103 Controsservatorio ambiente e territorio ROMANO GIOVANARDI, STEFANO PESAVENTO a 100 ha (Williams, 2004). Numerosi altri fattori possono essere considerati per render ragione delle differenze fra i sistemi a livello di struttura e processi specialmente nell’esame di ampie superfici e quando questi fattori determinano efficacemente il repertorio di specie ed i loro legami. Dal punto di vista formale la biodiversità è usualmente misurata ed espressa in tre forme che sono generalmente applicabili a tutte le scale spaziali ma che sono specialmente adatte a descrivere la diversità a livello di habitat (Waldhardt et al., 2003). Seguendo Whittaker (1972) l’α-diversità si riferisce alla diversità nell’ambito di un certa area (es. area campione, parcella), mentre la γ-diversità si riferisce ad una unità di superficie maggiore e comprende la somma di tutte le α-diversità. Mentre l’α e la γ-diversità rappresentano delle diversità fra gli inventari la ß-diversità rappresenta un indicatore di differenziazione della diversità (sia α che γ) lungo un particolare gradiente o criterio scelto. La peculiarità del presente studio è quella di riferirsi a due aree in cui la particolare abbondanza d‘acqua ed il fatto di essere situate in piane alluvionali (Fig. 1) destinate ad uso agricolo fan sì che le flore e le faune dei ridotti habitat naturali in essi presenti siano interessanti e similari (Muscio G., 2001). Il presente lavoro si rivolge a due ecotoni a scala locale caratterizzati dalla presenza di boschi planiziali, di impianti arborei misti e di seminativi, in cui si compara lo stato della biodiversità e si considera la situazione sinfitosociologica. Lo studio delle associazioni vegetali e della loro ecologia ha consentito la caratterizzazione della composizione e della struttura di un ambiente evidenziandone i collegamenti dinamici seriali e i contatti catenali presenti tra le diverse formazioni. Le associazioni vengono definite come “aggruppamenti vegetali più o meno stabili ed in equilibrio con l’ambiente, caratterizzati da una composizione floristica determinata, nei quali alcuni elementi esclusivi o quasi (specie caratteristiche) rivelano con la loro presenza un’ecologia particolare ed autonoma” (Braun et Blanquet, 1915). I rapporti dinamici che si instaurano tra le associazioni e che le legano danno luogo alle serie di vegetazione o sigmeti. Il sigmetum rappresenta l’insieme di tutte le associazioni legate da rappor- Settentrionale M eridionale Fig. 1 Localizzazione geografica dei siti studiati 104 Biodiversità e funzioni ambientali delle aree a bosco nella pianura friulana ti dinamici intesi come tappe successive di uno stesso processo evolutivo o regressivo, all’interno di uno spazio omogeneo con le stesse potenzialità vegetazionali definito come tessella. Quest’ultima rappresenta l’unità biogeografico-ambientale di base del mosaico che costituisce il paesaggio vegetale (Biondi 1996). Ogni tessella è dunque una porzione di territorio con caratteristiche geologiche, climatiche ed ambientali omogenee, sulla quale si instaura una determinata serie di vegetazione. Con questo lavoro ci si è proposti di valutare i risultati derivanti dall’applicazione di un modello elementare di quantificazione della biodiversità, di definire in termini qualitativi il patrimonio in biodiversità delle formazioni vegetali e di valutare l'effetto sulla biodiversità dei differenti ordinamenti produttivi e delle tecniche di gestione. 1. Materiali e Metodi Lo studio è rivolto a due sistemi agro-colturali appartenenti alla media pianura friulana con componenti boschive naturali e seminaturali contigue a componenti arative (Fig. 2). Un sito meridionale (M) è localizzato in comune di San Canzian D'Isonzo alle coordinate 45,7933 N, 13,55167 E, ad oriente del fiume Torre e un sito settentrionale (S) è situato in comune di Aiello alle coordinate 45,9366 N, 13,3950 E, nella media pianura fra l’Isonzo ed il Tagliamento. A tali aree risulta applicata una differente gestione agro-silvo-colturale rispondente ai differenti e plurimi obiettivi aziendali. Il sito M si presenta interamente incluso in un’azienda agraria, ad indirizzo zootecnico in cui la parte arboreo arbustiva è destinata ad usi venatori e di ricovero per l’avi-fauna,la parte ad arativo è destinata alla produzione di foraggio. Il corpo del sito S si presenta suddiviso tra due aziende cerealicole ove la componente relativa alle aree arborate è destinata principalmente alla produzione di biomassa. La composizione vegetale è, in entrambi i casi, costituita da una parte spontanea e da una parte gestita dalle aziende a cui appartengono sia gli impianti arborei sia i seminativi. Le aree risultano caratterizzate d’abbondanza d’acqua proveniente da una falda freatica superficiale, il cui livello medio dalla superficie del suolo nel periodo tra maggio 2002 e novembre 2004, per entrambi i siti, è risultato Sito M Sito S Bosco planiziale (B) Bosco produttivo risalente all’anno 2000 (I) Bosco produttivo risalente anno 2001 (I) Arativo (A) Bosco d’im pianto 1996 (I) Area boschiva esterna C anali(C ) Fig. 2 Organizzazione parcellare dei siti 105 Controsservatorio ambiente e territorio ROMANO GIOVANARDI, STEFANO PESAVENTO compreso entro un metro di profondità ma con alcune sensibili differenze fra le parcelle colturali. Dal punto di vista pedologico il sito M è risultato appartenere nel suo complesso alla classe Eutric Fluvisols, con macchie a prevalente ghiaiosità note come Dystric Fluvisols, mentre i suoli del sito S risultano generati da alluvioni sabbioso-argillose, talora commiste ad elementi ghiaiosi, ed appartengono alla classe Humic Cambisols. Entrambi i terreni sono poveri di zolfo, fosforo, azoto e sostanza organica sono mediamente dotati di potassa e manifestano una particolare ricchezza di carbonati di calcio e magnesio. I primi predominano sui secondi, essi derivano principalmente da rocce di Dachstain e in minor misura dalla mescolanza di rocce calcaree e dolomie pure. Il rilievo botanico e fitosociologico è stato condotto con ripetute osservazioni durante la primavera e l’estate del 2004, organizzato per zone uniformi secondo le caratteristiche floristiche, strutturali e funzionali. Esso ha fornito le informazioni relative alle specie presenti, al loro grado di ricoprimento per ciascun livello di stratificazione ed alla associabilità, il modo in cui gli individui vegetali di una stessa specie tendono ad associarsi tra loro. L’analisi della biodiversità derivante dalla sola componente vegetale è stata condotta adottando una coppia di indicatori (Noss, 1999); un indicatore di composizione "γ" che considera il numero delle specie presenti e un indicatore strutturale "β" che indica il livello di ricoprimento medio con riferimento alle specie considerate. Per la determinazione dell'á diversità sono state considerate tutte le specie osservate nelle rispettive formazioni vegetali, le specie derivanti da semina o recente impianto sono state incluse nella quantificazione in quanto apportatrici di biodiversità. 2. Discussione dei risultati Le specie complessivamente rilevate, sia di origine naturale sia derivanti da semina e da impianto, sono state in numero di 139. Per il sito S l’analisi quantitativa in termini di composizione in specie rispetto all'á diversità (Fig. 3) dimostra come essa sia relativamente contenuta nell'impianto arboreo produttivo e di livello analogo a quella dell’arativo (mais), la β diversità dimostra come il sito S sia il più ricco dal punto di vista floristico-vegetazionale (Fig. 4) specialmente grazie ai contributi del bosco planiziale e delle fasce lungo i canali dove si rinviene un buon assortimento di specie erbacee (Fig. 5). Il sito M è apparso nel complesso meno ricco in β diversità, in particolare, esso si distingue rispetto all’α diversità per i valori minimi registrati lungo i canali, il contributo sensibile portato dalle specie arboree degli impianti dovuto alla scelta di specie estranee a quelle rilevate nelle altre formazioni (Carpinus betulus L., Fraxinus excelsior L., Fraxinus ornus L.) ed, anche in questo caso, per una dotazione in specie degli arativi superiore a quella mediana. Si evidenzia rispetto alla á diversità lungo il gradiente dato dalle due biocenosi come gli arativi nel loro complesso contino in biodiversità approssimativamente quanto i mantelli e gli orli a causa della sensibile presenza di specie condivise e dell’insorgenza di rapporti catenali fra le formazioni di questi ultimi. Dalla lettura del ricoprimento medio rispetto al gradiente dato dalle diverse formazioni in ciascuna biocenosi emerge che la componente erbacea è la più rappresenta. L'á e la â diversità sono risultate abbastanza variabili non per causa della sola eterogeneità fisica degli ecosistemi (Di Castri,1996), piuttosto modesta, ma anche e soprattutto in ragione del diverso controllo antropico su di essi. Il principale fattore di differenziazione in tutte le formazioni è risultato pertanto essere di natura antropica in particolare in M lo strato arbustivo del bosco è risultato relativamente povero, formato prevalentemente da formazioni a carattere pioniero di Sambucus nigra e Rubus caesius, segnale dei profondi rimaneggiamenti subiti. Effetti sul livello della biodiversità vegetale sono evidenti quando la particolare conduzione boschiva risponde prioritariamente alla funzione di riparo per l‘avifauna (anche per i rettili e gli anfibi) ovverosia alle esigenze turistico-ricreative associate con la pratica della caccia ed al paralle- 106 Biodiversità e funzioni ambientali delle aree a bosco nella pianura friulana lo interesse aziendale al contenimento dei costi di gestione dell’area. Le trasformazioni di natura antropica, spesso legate alle pratiche agricole sono testimoniate anche nel bosco planiziale S a causa della transizione dalla gestione ad alto-fusto a quella a ceduo e per la forte presenza di specie appartenenti all’alleanza Alno-Ulmion probabilmente associata alla rete di canalizzazione dell’acqua. Il bosco in questione sembra in realtà in una condizione intermedia tra due tipologie, la presenza di specie dell’ordine Populetalia albae potrebbe infatti far propendere l’attribuzione sintassonomica del bosco verso la classe Salicetea purpureae, ma la forte presenza di specie dell’ordine Fagetalia sylvaticae e della classe QuercoFagetea indicano una potenzialità di cenosi forestali non strettamente ripariali. L’attribuzione rimane comunque problematica ed incerta, anche considerando il grado di modificazione subito da tali formazioni. La differenza emersa nell’ambito della composizione erbacea di origine naturale risulta ugualmente dipendente dalle operazioni di gestione fra le quali in primis la frequenza degli sfalci. Riguardo alla parcelle occupate dal bosco misto produttivo in M è stata rilevata la presenza dell’associazione Dactylo-Festucetum arundinaceae, caratterizzata da specie provenienti dai margini erbosi e probabilmente favorita da interventi poco intensi (un solo sfalcio in piena estate) tale gestione è destinata a privilegiare le funzioni faunistico-venatorie. L’associazione Geranio rotundifolii-Allietum vineale è stata rinvenuta nel bosco misto produttivo in S, qui la vegetazione erbacea è dominata da specie emicriptofite che vengono favorite dagli sfalci abbastanza frequenti, tale gestione meglio si adatta agli obiettivi di carattere paesaggistico. Soprattutto lungo i canali di deflusso si rinvengono gli effetti generati dall’attività antropica, nel sito M la scarsa presenza di specie forestali è dovuta all’ingerenza delle attività agricole le quali tendono a banalizzare il contenuto floristico in questo caso dando maggiore spazio allo sviluppo di specie nitrofile dell’alleanza Aegopodion podagrariae come Aegopodium podagraria. Nel sito S la presenza di specie come Salix caprea potrebbe far propendere ad una attribuzione verso la classe Salicetea purpureae Fra i due siti le serie sinfitosociologiche osservate risultano tre ma solo la serie Ornithogalo pyrenaici Carpineto betuli sigmetum, Marincek, (Poldini and Zupancic, 1982) risulta rappresentata nei suoi diversi stadi all’interno del sito S, essa, inoltre, mostra collegamenti catenali con il Querco ulmeto minoris sigmetum. L‘Ornithogalo pyrenaici Carpineto betuli sigmetum, Marincek, (Poldini and Zupancic, 1982) rappresenta la serie potenziale per gli ambienti studiati e per quelli di risorgiva in generale (Bracco and Sburlino, 2001). Nel sito M si rinviene la serie Salici-Populeto nigrae sigmetum (serie edafoigrofila planiziale del Pioppo nero) favorita rispetto al QuercoUlmeto minoris sigmetum da una maggiore presenza di acqua, infatti è spesso associato ai settori ripariali dei fiumi ed ai terrazzi alluvionali, o comunque a luoghi, come nel sito M, dove la falda è molto superficiale e persistente. Il bosco è rappresentato dal Salici-Populetum, il mantello appartiene all’associazione CornoLigustretum vulgaris, al cui margine è presente una formazione erbacea forestale dell’associazione Urtico-Aegopodietum podagrariae, caratterizzata da specie nitro-igrofile che occupano i margini dei canali d’irrigazione minori e le vie di accesso ai fondi e che rappresenta anche la formazione di orlo. La serie di vegetazione rappresentata dal Querco-Ulmeto minoris sigmetum (serie edafoigrofila planiziale dell’Olmo campestre) si avvantaggia dell’aspetto umido lungo i canali del sito S ai margini del bosco incluso nella serie Ornithogalo pyrenaici-Carpineto betuli sigmetum con la quale instaura rapporti catenali. Nel sito preso in esame essa è rappresentata solamente dalle formazioni legnose ascritte al Querco-Ulmetum minoris. Entrambi i siti presentano la serie caratterizzata dell’associazione Ornithogalo pyrenaiciCarpinetum betuli, considerata come associazione zonale climacica della Pianura Padana che si sviluppa su suoli alluvionali profondi, ricchi in acqua e in nutrienti, ma ben drenati. E’ proprio a causa dell’elevata fertilità dei loro suoli che queste formazioni sono quasi totalmente 107 Controsservatorio ambiente e territorio ROMANO GIOVANARDI, STEFANO PESAVENTO N um ero delle specie S om m a delle coperture m edie 70 N um ero d elle specie 60 50 40 30 20 10 S M ra tiv o A li S na ra tiv o a C A li M S a C Im Im na to M to ia n p pi an S M rlo O rlo O te lli S M M an te lli M an os co B B os co M S 0 Fo rm azio n i Fig. 3 Distribuzione dell'α diversità N um ero delle specie S om m a delle coperture m edie 80 Num ero delle specie non condivise 70 60 50 40 30 20 10 0 B osco M antello O rlo Im pianto C anali A rativo S ito M S ito S G radienti Fig. 4 Distribuzione della β diversità Fig. 5 Contributi relativi specifici delle formazioni dei due siti nella determinazione della γ diversità 108 Biodiversità e funzioni ambientali delle aree a bosco nella pianura friulana scomparse in quanto destinate a vantaggio delle attività agricole. Dall’esame delle caratteristiche chimico-fisiche dei suoli in corrispondenza dei boschi risulta evidente la buona dotazione in sostanza organica e nessun fattore limitante, aspetti che determinano buoni livelli di fertilità. A contatto con il bosco in S è presente il mantello caratterizzato dell’associazione Frangulo-Viburnetum opuli, anch’esso caratteristico di ambienti umidi e legato alla presenza dei sistemi di canalizzazione. L’orlo forestale, ben strutturato ma di difficile attribuzione, viene descritto attraverso un aggruppamento a Galeopsis speciosa, mentre la vegetazione infestante del mais è riconducibile all’associazione Echinocloo-Setarietum pumilae. Nell’ipotesi che la composizione arborea e le relative dinamiche evolutive siano primariamente dipendenti dalle condizioni climatiche regionali e secondariamente dalla tipologia di substrato pedologico e dalle risorse idriche (Kuusela,1994), fatti salvi gli effetti delle attività antropiche, le somiglianza fra le vocazioni dei due siti pare molto alta e abbastanza comparabile a quella presunta per la Pianura Padana. In conclusione pare che la connessione delle diverse unità ecologiche, siano esse le formazioni vegetali di ago-ecosistemi come quelli presentati, soggetti a continui interventi antropici, possa prevenire e ridurre la frammentazione degli habitat naturali e pseudonaturali, la gestione e conservazione delle interconnessioni può assumere un ruolo chiave nella difesa della biodiversità e nell’uso sostenibile di un ampio territorio (Hudson W.E.,1991). La scelta del materiale di propagazione nell’ambito della gestione agroecosistemica è risultata rilevante ai fini di questa quantificazione la quale ha permesso nel complesso di evidenziare per il sito S una interessante valenza paesaggistica e naturalistica tra l’altro già apprezzata nell’ambito di varie attività didattico-culturali. * Bibliografia AA.VV., 1990. Bassa Friulana Tre Secoli di Bonifica, Consorzio di Bonifica Bassa Friulana. AA.VV., 2005. Rete ecologica nazionale: un approccio alla conservazione dei vertebrati. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio Blasi, C, 1997. Sinfitosociologia, ecologia del paesaggio e pianificazione dei sistemi forestali, Congresso Nazionale SISEF: La Ricerca Italiana per le Foreste e la Selvicoltura. Agripolis, Legnaro (PD) Bracco, F., Mason F., 2001. Quaderni Habitat - n. 3, Risorgive e fontanili. 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Seguendo Whittaker (1972) le diversità includibili nell’insieme D implicano il concetto di esclusività o di non ripetizione del patrimonio naturalistico-vegetazionale, in altre parole le qualità sono contate una sola volta, infatti: D ⊆ ℘(B )e D = {x x∈ D ∧ x ∩ y = 0} posto ciò, la consistenza delle qualità rispetto alle differenti classi spaziali è definibile nel seguente modo: α diversità = ∫ (α ) posto che ∀a a ∈ A :∃!α α ∈℘(B ) β diversita = ∫ (β ) posto che ∀a a ∈ F = {℘(A) R} :∃!β β ∈ G = {℘(B ) R}, in cui F e G sono insiemi quozienti ed R è la relazione di equivalenza che esprime un principio di contrazione nel caso specifico ritrovabile a livello spaziale, ad esempio, l’appartenere alla stessa tipologia colturale, ad una medesima località, etc.. γ diversita = ∫ (γ ) posto che ∀a a ∈℘( A ) :∃!γ γ ∈℘(B ) Nel caso in cui le qualità di un ambiente incluse nell’insieme B fossero le specie allora con ∫ (x) si calcola la consistenza di (x), mentre nel caso dei livelli di ricoprimento si opera una sommatoria. Il principio di esclusività è stato verificato per a nella fase di osservazione, mentre per b e g esso è stato rispettato nella fase di calcolo. Walker, M., Wall, D.H., 2000. Global biodiversity scenario for the year 2100. Science 287, 1770–1774. Sarkar, S., Margules, C., 2002. Operationalizing biodiversity for conservation planning. J. Biosci. 27, 299–308. Takacs, D., 1996. The Idea of Biodiversity: Philosophies of Paradise. John Hopkins Press, Baltimore. Tanabe, S., Toda, M.J., Vinokurova, A.V., 2001. Tree shape, forest structure and diversity of drosophilid community: comparison between boreal and temperate birch forests. Ecol. Res. 16, 369– 385. Waldhardt, R.,Simmering, D.,Albrecht, H., 2003. Floristic diversity at the habitat scale in agricultural landscapes of Central Europe – summary, conclusions and prospectives. Agricolture, Ecosystems and environmental 98, 79-85. Whittacker, R. H., 1972. Evolution and measurement of species diversity. Taxon 21, 213-251. Williams, J., 2004. 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