Vergine - albertoguerrini

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Vergine - albertoguerrini
 La Vergine Ribelle I Attraverso le palpebre chiuse percepisco una luce intensa, fastidiosa, che mi costringe a coprire il volto con le mani. “Sveglia, fratellone!” sussurra una voce dolcissima al mio orecchio, “sei il solito dormiglione! Sveglia!” Con uno strattone sposta le coperte, lasciandomi semi-­‐nudo su quel letto cigolante. D’istinto mi giro sul fianco, rannicchiato, per evitare di farmi trovare in situazioni sconvenienti. Sento un bacio lieve sulla guancia e percepisco l’odore della sua pelle, quel vago profumo di vaniglia e ambra che la contraddistingue. “Su, fratellone, è tardissimo, svegliati.” Socchiudo un occhio e vedo il suo viso sorridente con un primo piano di quelle labbra morbide e carnose che hanno appena sfiorato la mia pelle. Quelle labbra… “Su, Alyon,” insiste gioiosa, “è già sorto il sole, ma quanto ci metti a svegliarti?” “Arrivo, Elanor, arrivo,” biascico sbuffando. “Dammi un minuto.” Si allontana saltellando. “Ti aspetto giù allora, la colazione è quasi pronta, mamma e papà sono già a tavola.” Mi siedo sul letto portando la testa fra le mani. Quelli di sotto non sono mamma e papà, mi ripeto frustrato, e lei non è la mia sorellina, col cavolo che è mia sorella. A dire il vero ho parecchi dubbi e lacune sul mio passato, ma un’unica certezza: non sono quello che loro credono. In parole povere: sono un impostore. Ricordo perfettamente la famiglia di Dronchi che mi ha soccorso nella foresta, i lunghi mesi trascorsi nella loro grotta e le cure ricevute, ma prima di quel periodo ho solo immagini frammentarie e senza senso. Non so chi sono né da dove vengo, non so neppure come ci sono arrivato in quella maledetta foresta. Tutti questi dubbi, però, li tengo per me. Seguo alla lettera i consigli di Curl, il dronco che mi ha accompagnato ai bordi della foresta. “Devi tornare fra i tuoi simili,” mi ha detto con voce gutturale, “non puoi rimanere con noi.” Poi, dall’alto dei suoi due metri abbondanti, ha precisato: “Non sei uno di loro, non sei un abitante delle pianure, ma fa in modo che non lo scoprano. In fondo sembri uno di loro quindi fingi di esserlo. Questa gente teme e detesta ciò che non capisce, ciò che considera diverso.” So che si riferiva alla sua specie, ai Dronchi, da sempre considerati mostri pericolosi solo a causa del loro inquietante aspetto, ma ho comunque fatto tesoro del suo avvertimento. Così quel giorno, smarrito e confuso, mi sono allontanato dalla foresta per raggiungere il primo villaggio del Regno di Onisio, o Regno delle Pianure come viene chiamato abitualmente dai suoi abitanti. Ero malvestito e parlavo solo la lingua dei Dronchi, temevo una reazione di odio nei miei confronti ed invece sono stato accolto con stupore. Credenze popolari ritraggono i Dronchi come spietati rapitori di bambini, ed è così che mi hanno visto, un bambino rapito in giovane età, rimasto loro prigioniero per anni e finalmente fuggito. Ovviamente gliel’ho lasciato credere, non avevo altro modo per giustificare la mia presenza. Sono stato accompagnato per i vari villaggi del Regno fin quando Dramin mi ha riconosciuto come il figlio scomparso una decina di anni prima. Osservando il vecchio ritratto del ragazzino si poteva in effetti scorgere qualche vaga somiglianza, ma ciò che lo ha convinto in maniera definitiva, oltre all’età apparentemente molto simile, è stata una vecchia cicatrice a forma di ‘L’ sull’avambraccio destro. Ho il corpo pieno di cicatrici, non ho idea di come me le sono procurate, figuriamoci quella, so solo che non sono suo figlio. Non riconosco la casa, le persone, gli affetti, è tutto nuovo per me, persino la lingua. È vero, quella l’ho appresa molto velocemente, ma non perché fosse nascosta fra i miei ricordi inconsapevoli, quanto piuttosto perché molto più simile al linguaggio dei Dronchi di quanto questo popolo non voglia ammettere. E poi, senza falsa modestia, sto dimostrando una notevole facilità di apprendimento. Ho stupito i Dronchi, tempo fa, e lo stesso ho fatto con questa gente che ora mi considera suo simile. Vivo qui da oltre un anno, trattato come il figlio scomparso all’età di quattordici anni, pur sapendo che abuso dei loro affetti. È tutto un grosso equivoco di cui sto approfittando, e devo ammettere che a volte mi sento in colpa. Sto illudendo due adorabili genitori. E soprattutto mi sento in colpa con lei, con Elanor. Quando il fratello scomparve non aveva ancora dieci anni, oggi è una stupenda ragazza esuberante che mi tratta con adorazione. Ma io non sono chi lei crede, non merito quella sua ammirazione, vedo in lei solo la bellissima e procace ventenne che è, non certo la sorellina da trattare con affetto fraterno. Ed infatti stanotte… Cavolo, penso scuotendo la testa, mi sento un vero verme, un pervertito, eppure stanotte non sono riuscito a resistere. E non solo stanotte, sono settimane ormai che mi comporto in maniera così subdola. Dorme nella camera accanto, e queste pareti formate da grosse travi di legno non hanno certo un grande isolamento acustico. In genere ho il sonno pesante eppure quella notte mi sono svegliato di soprassalto, allarmato da confusi rumori. Ho capito subito che provenivano dalla camera di Elanor e preoccupato per lei ho accostato l’orecchio alla parete. “Fai piano, accidenti!” l’ho sentita sussurrare. “Se ci beccano i miei genitori siamo in un vero casino!” Con chi sta parlando, mi sono chiesto sbigottito. Poi mi è giunto chiaro un risolino divertito, seguito da una voce maschile bisbigliata. “Credi sia facile arrampicarsi fin qui senza fare rumore? Ormai mi rompevo l’osso del collo! Credo di meritarmi un premio adeguato!” “E quale premio avresti in mente, maialino?” Non avevo mai sentito la voce di Elanor così maliziosa, così carica di sensuali doppi sensi. “Lo sai cos’ho in mente, hai le labbra più morbide e abili di tutto il Regno delle Pianure, secondo te cos’ho in mente?” Ho immaginato che la cara sorellina replicasse a tono, magari irritata, ed invece l’ho sentita sghignazzare. “Chissà mai quante labbra conosci in tutto il Regno delle Pianure!” “Più di quante non credi, Elanor. Ma nessuna le sa usare come te.” “Quindi valeva la pena rischiare l’osso del collo…” Ingenuamente pensavo ancora che si riferissero a baci passionali. Poi lui mi ha tolto ogni dubbio. “Dimostramelo che ne valeva la pena. Vieni qui e succhiamelo, Elanor, sto morendo di voglia!” E lei mi ha sconvolto. “Senti il maialino, sta morendo di voglia… ok, vediamo se continuo a dimostrarmi la più brava del Regno.” Non riuscivo a crederci, avevo capito che Elanor era una ragazza molto sveglia, non mi erano sfuggiti i suoi sguardi curiosi, i risolini complici con le amiche, ma non pensavo potesse essere così disinibita. Già baci passionali sono un reato a quell’età, nel bigotto Regno di Onisio, ma ciò di cui stavano parlando era molto peggio. Incredulo e curioso sono rimasto in ascolto, con l’orecchio premuto contro le tavole in legno, ma quando nella camera accanto è calato il silenzio non ho resistito. Come un ladro ho scavalcato la finestra ed ho camminato esternamente sulla cornice del primo piano fino a raggiungere la sua finestra. Mi sono sporto, la camera di Elanor era illuminata solo dalla luna alle mie spalle, una penombra sufficiente a farmi distinguere la sagoma del suo corpo nudo inginocchiato di profilo sul letto. Non sono riuscito a vedere i particolari, i dettagli, sembrava un gioco di ombre, ma ho percepito chiaramente i movimenti del suo capo, quella testa che saliva e scendeva ritmicamente sul grembo del ragazzo. Lui, nel frattempo, con una mano le teneva alti i capelli per potersi godere lo spettacolo e con l’altra le accarezzava il sedere nudo. Sono rimasto a lungo aggrappato a quella finestra, sconvolto e preoccupato. Non potevo crederci, non lei, non Elanor. Se qualcuno li avesse scoperti, se qualcuno li avesse denunciati… era incredibile il rischio a cui stava andando incontro con tale disinvoltura. Sapevo che molti giovani disubbidivano alle rigorose leggi sul sesso, ‘pervertiti’ era il nome con cui venivano indicati e messi al bando, ma si parlava di baci, palpeggiamenti e masturbazione reciproca, reati già sufficienti per una condanna al confino. Ma il sesso orale era un reato ben più grave, punibile con diversi anni di carcerazione, i gendarmi della Guarnigione Anti-­‐sesso erano spietati nel cercare di reprimerlo. Nonostante quei pensieri e la preoccupazione per Elanor, pochi secondi dopo mi sono reso conto di essere terribilmente eccitato, con una dolorosa ed inattesa erezione che si era sviluppata contorta nelle mutande. Mi ero eccitato guardando lei, la mia presunta sorellina, intenta in quella morbosa ed illegale pratica sessuale. E ciò che mi ha sconvolto maggiormente è stata la sensazione di riuscire ad immedesimarmi nel ragazzo che le stava a fianco. Non sapevo come, non sapevo quando e neppure con chi, ma ero certo di aver già provato quei piaceri erotici, li conoscevo. Mentre irretito guardavo la scena mi sembrava di percepirne le emozioni, ed erano emozioni già vissute. Solo non ricordavo dove. Quando il tipo si è portato le mani fra i capelli emettendo una serie di grugniti soffocati lei ha continuato a salire ed a scendere, senza mai fermarsi, ed io ho rischiato di perdere l’equilibrio. Per diversi giorni ho ripensato a quella scena, è stato devastante, nelle notti seguenti sono rimasto per diverse ore sveglio con le orecchie vigili. Fin quando li ho sentiti nuovamente. Per quella volta sono riuscito a resistere, non ho origliato e non sono andato a spiarli dalla finestra, ma solo quella volta. Il giorno dopo ho praticato una piccola apertura nella parete che divide le due stanze, un pertugio circolare in corrispondenza di un nodo del legno, facilmente richiudibile inserendo all’interno il tassello ricavato. Mi sentivo un vigliacco, lo ammetto, ma è stato più forte di me. Dovevo sapere con chi mia sorella correva rischi del genere, mi sono detto per autogiustificarmi, come se volessi proteggerla. In realtà ero principalmente curioso. E forse, in parte, geloso. Sentimento insano e frustrante. Prima di ieri sera ho assistito ad altri due incontri, scene che non dimenticherò facilmente. Dalla mia minuscola apertura ho una perfetta visione sul letto di Elanor, e le piccole candele sul comodino hanno reso lo spettacolo piuttosto esplicito. La prima volta è stata una ripetizione del rapporto orale a cui avevo assistito dalla finestra, ma la nuova prospettiva mi ha permesso di godermi ogni dettaglio, col volto di Elanor illuminato dal tremolante chiarore della candela. Ho visto le sue espressioni maliziose, gli sguardi languidi rivolti al suo compagno mentre quel cazzo entrava ed usciva dalle sue labbra, l’impegno e la passione che ha messo in quell’atto. Sembrava divertirsi pur senza ricevere nulla in cambio, il ragazzo si è limitato ad accarezzarla fra le natiche senza troppa convinzione, interessato esclusivamente al suo piacere. Un piacere che ha esternato in maniera incredibilmente volgare. “Eccomi Elanor!” ha bisbigliato col respiro ansante, “eccomi che godo, succhiamelo ancora, così, fammi godere nella tua bocca… Oh cazzo, adesso vengo, adesso! Ti sto sborrando in gola, tesoro, sto godendo come un pazzo!” Lei ha proseguito senza indecisioni, lo ha fatto godere fino all’ultima stilla poi si è rialzata pulendosi le labbra col dorso della mano. “Sei un gran maiale Nefton!” gli ha sussurrato rivestendosi, “cerca di contenerti, non mi piace quando parli così!” “Ed invece a me piace tantissimo, non ce la faccio a trattenermi mentre ti godo in bocca!” “Fanculo, Nefton! Ingoio la tua schifezza solo per non lasciare tracce in giro, non certo perché la cosa mi diverta. Ora togliti dalle palle, per cortesia.” Nefton, ho pensato incredulo. Non lo avevo neppure riconosciuto, il suo volto era rimasto nella penombra e non avevo capito si trattasse di lui, ma conoscevo quel ragazzo, era nel mio stesso turno di addestramento, nel gruppo di quelli di un anno più giovani. Una faccia da idiota, sciocco e presuntuoso fino al midollo, com’era possibile che avesse una relazione con Elanor, con una ragazza tanto bella? E che razza di relazione poteva mai essere? Per quale motivo la mia presunta sorellina si prestava a soddisfare a senso unico quel porco volgare? Dopo quella discussione speravo quanto meno che lei si fosse stufata ed invece qualche giorno più tardi ho sentito nuovamente movimenti nella stanza a fianco. Mi ero già assopito, evidentemente avevano deciso di incontrarsi ad un orario più prudente, ma li ho sentiti comunque. Con la massima attenzione ho tolto il tassello dal mio piccolo foro di osservazione e mi sono accostato. Ancora lui, sempre quel coglione di Nefton, e si stavano baciando. “Tuo fratello sa di noi?” l’ho sentito domandare con un filo di voce. “Ma sei scemo? Nessuno deve sapere di noi!” “Lo so, lo so, però da qualche giorno è strano, sembra ce l’abbia con me. In tutte le esercitazioni fa in modo di essermi contro e mi massacra. Ha una forza sorprendente, cazzo!” Elanor ha riso piano. “Il mio fratellone è una forza della natura, ma non sa nulla di noi e guai se dovesse anche solo immaginare che ci vediamo di nascosto. Sarebbero grosse rogne, lo sai.” “Lo so, però non capisco… da qualche giorno è strano, mi preoccupa.” Oh sì, ho pensato sorridendo, preoccupati. Mi ero effettivamente concentrato su di lui nelle ultime esercitazioni, deciso a fargliela pagare. E non mi era risultato difficile, la mia forma fisica era l’ennesima prova che non appartenevo a quella razza. Ero decisamente più agile di tutti loro, più veloce, ma soprattutto molto più forte. Dovevo cercare di limitarmi per non dare nell’occhio, per evitare sospetti. Queste caratteristiche, però, anche se controllate, mi rendevano malvisto da tutti i miei compagni, antipatico, e si può dire che non avessi amici. Al momento la cosa non mi preoccupava, mi sentivo talmente poco integrato in quella società che non cercavo amicizia, non mi interessavano i rapporti sociali. Nell’arco di pochi mesi avrei terminato l’accademia ed ero deciso ad intraprendere la carriera militare, con le mie doti fisiche avrei superato agevolmente ogni selezione. Quello era l’unico modo per viaggiare lungo tutto il regno, per raggiungere anche i confini più estremi alla ricerca della mia vera identità. Ma finché fossi rimasto, per Nefton sarebbe stata vita dura. E quella sera il mio astio per lui è aumentato a dismisura. “Vabbè, pensiamo a noi e non a tuo fratello, che dici?” “Hai un tono che non mi piace neppure un po’, cosa avresti in mente, maialino?” “Sai bene cos’ho in mente, i pegni vanno pagati, sono debiti d’onore, no?” “Sei un vigliacco, hai barato con quella scommessa, sapevi che avresti vinto.” “E tu sapevi che avresti perso…” “Ma senti questo! Vorresti dire che lo desidero pure io?” “Secondo me sì, da quando ho iniziato a parlarne vedo una luce strana nei tuoi occhi, secondo me sei ansiosa di provare il mio cazzo anche nel tuo bel culetto.” “Sei davvero un gran maiale, Nefton, un maiale presuntuoso!” “È per questo che ti piaccio, no? In questo regno bigotto non ne trovi tanti di giovani portati per il sesso come lo sono io, disposti a rischiare ogni cosa per farti divertire!” “Per far divertire me?” ha sbuffato ironica. “Se fra di noi c’è uno che si diverte, quello sei tu!” Lui ha ghignato. “Oh beh, non posso certo negarlo, eccome se mi diverto, ma tu non correresti tanti rischi se non lo trovassi a tua volta piacevole! Ami succhiare il cazzo, Elanor, non mi incanti. Sei bravissima a farlo perché ti piace farlo, e non solo per il tuo desiderio di ribellione, come vuoi far credere. Certo, c’è anche quello, vuoi protestare a modo tuo, ma non venirmi a dire che lo fai controvoglia, so riconoscere un pompino fatto con passione. Ed eri incuriosita anche dall’idea di prenderlo anche nel tuo bel dietro, negalo se hai il coraggio! Solo che magari adesso hai paura…” Nel buio della mia stanza sono rimasto sgomento da quell’osceno colloquio, però mio malgrado ho pensato che lui non avesse tutti i torti. La mia sorellina trovava interessante quell’idiota esclusivamente per il suo erotismo esplicito, senza fronzoli, al limite della volgarità. E non si prestava a far sesso con lui solo per protesta. Infatti ha continuato ancora per un po’ a ribattere, a contestare le sue affermazioni, ma era fin tropo evidente che ben presto si sarebbe arresa. Cosa che è successa pochi minuti più tardi. “Ascolta, facciamola finita con questa discussione sterile, Nefton, tanto è inutile. Pensi di conoscermi ma ti sbagli di grosso, sei solo un gran presuntuoso. Sei venuto qui solo per mettermelo dietro, giusto? Per quella stupida scommessa che mia hai strappato, e allora va bene, facciamolo accidenti. Sono una di parola, non mi tiro indietro neppure sapendo che hai imbrogliato, e non ho paura. Non ho paura ad infrangere la legge, figurati se ho paura del tuo cazzo. Ma come sono di parola io cerca di esserlo anche tu: hai giurato che farai piano.” “Non preoccuparti tesoro, vedrai che dopo mi ringrazierai!” Non posso dire di essere rimasto stupito da quell’epilogo, ormai avevo capito che sarebbe successo, però ero profondamente turbato. La sodomia è il più grave dei reati sessuali, vietato anche fra coniugi, punito duramente alla stregua di un omicidio, considerato espressione limite di depravazione ed immoralità, ed Elanor vi si stava prestando così, quasi per scommessa. Ed in parte per protesta, per un suo esagerato senso di ribellione contro le assurde leggi sessuali. Neppure io le approvo, le trovo contro natura, inconcepibili, eppure cerco di adeguarmi, non rischio la vita. Anche l’autoerotismo è vietato ovviamente, ma quale giovane non si masturba di tanto in tanto? Anch’io l’ho fatto e lo faccio tuttora (molto più di frequente da quando ho iniziato a spiare Elanor), e probabilmente se trovassi una ragazza compiacente, una davvero fidata, amerei farmi toccare e masturbare da lei, ma non credo che avrei il coraggio di andare oltre. Elanor sapeva cosa rischiava, fra l’altro per le donne la pena è molto più severa, ma lo faceva comunque. Nonostante la sua giovane età, nonostante un’intera vita ancora davanti. Sgomento l’ho vista sistemarsi carponi sul letto, il sedere altro ed il volto appoggiato sulle lenzuola, fra le braccia. Mi è mancato il respiro, era bellissima. L’idiota ha armeggiato con un flaconcino prima di accarezzarla fra le natiche. “Che stai facendo?” ha chiesto lei voltandosi all’indietro. “Il mio unguento speciale per occasioni come queste. Sentirai come entra bene…” ha sorriso sornione ed ha posato lo sguardo su quel corpo meraviglioso. Una strana fitta mi ha preso subito sopra al diaframma, un misto di rabbia e invidia, e più in basso ho sentito l’apparato genitale scalpitare furioso nei pantaloni. Immobile e silenzioso l’ho osservato afferrarla per i fianchi, appoggiarsi bene a lei e sodomizzarla con un unico affondo deciso. Elanor ha soffocato fra le lenzuola un gemito strozzato, non certo un gemito di piacere. Per fortuna doveva essere delicato! Dentro di me l’ho maledetto e mi sono ripromesso di fargli pagare anche questa. Molto cara. Quando con espressione beata ha iniziato a muoversi in lei, Elanor ha stretto forte le lenzuola nei pugni con gli occhi serrati. “Ti sono dentro tesoro!” ha sospirato lui entusiasta. “Lo senti come scivola bene?” “Taci maiale!” l’ha rimproverato con un filo di voce sofferente, “c’è mio fratello nella stanza accanto, vuoi che ti senta?” Quell’avvertimento lo ha convinto ad evitare altri commenti osceni, però ha continuato a sodomizzarla a lungo ed io ho visto la lenta evoluzione delle espressioni sul volto di Elanor. La sofferenza si è trasformata ben presto in sorpresa e successivamente in piacere, un piacere via via più intenso. Si è portata una mano fra le cosce ed ha iniziato a toccarsi mentre lui la pompava da dietro, e poco prima che l’idiota le riversasse il suo seme sulla schiena ha goduto in maniera fin troppo evidente. È rimasta sfinita sul letto con le mani strette in mezzo alle gambe, quasi incredula del piacere provato. “Che ti avevo detto?” l’ha incalzata lui orgoglioso, intento a pulire accuratamente ogni traccia da quella schiena vellutata. “Ora dovrai ringraziarmi, non credi?” “Vattene Nefton. Chiudi quella bocca e sparisci.” La settimana seguente non ho dato tregua all’idiota, ad ogni addestramento sul campo cercava inutilmente di sfuggirmi, e in un’occasione sono andato giù duro. Non potevo certo dirgli che sapevo, per legge avrei dovuto denunciarli, mi sono quindi limitato a spaventarlo per bene, sperando che intuisse. E forse qualcosa ha intuito perché all’ultimo incontro con Elanor, quello di ieri sera, era seriamente preoccupato. “Non è possibile, se sapesse qualcosa l’avrebbe già detto a mamma e papà e sarebbero guai grossi. Sono genitori stupendi, non credo che mi denuncerebbero, ma sarebbero in pericolo anche loro, considerati complici. E me lo avrebbero detto, fidati! Quindi Alyon non sa, forse immagina. Ti sei vantato con qualcuno?” “Cavolo no!” Il suo tono non è sembrato così convincente. “Bastardo, l’hai fatto?” “Ti giuro di no, so bene che è un reato gravissimo, rischiamo entrambi, non solo tu!” Lei ci ha pensato qualche secondo. “E’ meglio se restiamo un po’ senza vederci. Senza questi incontri notturni, sono molto rischiosi.” “Ma io ti voglio…” “E’ troppo rischioso.” “Sta arrivando la bella stagione, magari potremo farlo di giorno, all’aria aperta…” “All’aria aperta è ancora più pericoloso, lo sai. Quelli della Guarnigione Anti-­‐sesso non aspettano altro. Per un po’ è meglio evitarci, devo capire cosa sa Alyon, poi vedremo. Adesso vai.” “Adesso? Così, senza niente…” “Vuoi rischiare ancora?” “Almeno un ultimo pompino, Elanor… il ricordo delle tue labbra…” “Tu sei un vero porco incurabile,” ha sbuffato. Per qualche minuto ha protestato cercando di mostrarsi disinteressata, ma alla fine si è lasciata convincere. È fin troppo evidente quanto ami fare pompini, anche senza ricevere nulla in cambio. Lo ha sospinto a sedere sul letto e si è inginocchiata fra le sue gambe con l’aria di chi si adegua controvoglia, ma poi si è data un gran da fare. Posizione sfortunata per me, mi dava le spalle e quindi ho potuto vedere solo la sua testa che saliva e scendeva e le smorfie estasiate di Nefton. L’orgasmo dell’idiota è stato molto più contenuto delle altre volte, almeno nel tono; sempre volgare ma a voce talmente bassa da essere quasi un alito. “Godo tesoro, ti sto godendo in bocca,” ho immaginato sussurrasse quando si è portato le mani fra i capelli, e per l’ennesima volta l’ho invidiato. Un invidia che rimarrà tale, lo so, non potrò mai neppure sperare di prendere il suo posto, per tutti sono il fratello di Elanor. E questo è un popolo ottuso, pieno di pregiudizi, guidato in maniera oppressiva da regnanti despotici che impongono regole ferree. I pregiudizi li ho scoperti sulla mia pelle quando ho cercato di difendere i Dronchi davanti ai saggi del villaggio, quando ho provato a descriverli come un popolo tutto sommato pacifico. Mi è stato impedito di parlare con chiunque della mia prigionia e soprattutto di mettere in giro voci strane su quei mostri. Secondo loro ho avuto solo una sfacciata fortuna, si sono rifiutati di sentire ogni altra spiegazione. Quanto a tutte le rigide regole che normano la vita del Regno le ho dovute apprendere in un solo anno di Accademia, un concentrato di ciò che gli altri hanno assimilato lentamente in dieci anni di lezioni. Forse per questo i più riescono a digerirle, ad accettarle come un dato di fatto, a me invece sembrano assurde. In realtà molti concetti ancora mi sfuggono, trovo che i regnanti di questo popolo abbiano una mentalità piuttosto contorta, non riesco davvero a capire il fine di tutti questi divieti, ma vivendo qui devo rispettarli. O quanto meno infrangerli il meno possibile, e nel caso farlo con attenzione, guardando bene di non farmi scoprire.