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TIFOSI IN TRASFERTA, “DASPO DI GRUPPO” E TESSERA DEL TIFOSO, OVVERO
NODI CHE VENGONO AL PETTINE
A cura di PAOLO GARRAFFA
SOMMARIO: Introduzione - 1. Il caso; - 2. Le questioni affrontate; - 3. La questione della
“Tessera del tifoso”; - 4. La responsabilità (sempre personale?) dei comportamenti legittimanti il
“Daspo”: il c.d. “Daspo di gruppo” - 5. Conclusioni.
Introduzione
Con sentenza dello scorso 10 Dicembre 2014 (udienza del 9 Ottobre)1 il Consiglio di Stato (Terza
Sezione giurisdizionale, Presidente Lignani) pronunciandosi su di un provvedimento di «Daspo»2
irrogato nei confronti di un nutrito gruppo di tifosi (circa 90), ne ha disposto l’annullamento in
quanto «carente dei necessari presupposti di legge».
Si tratta di una pronuncia che presenta profili di particolare interesse, andando ad investire due
aspetti di grande attualità della normativa contro la violenza negli stadi3: la recente modifica sul c.d.
«Daspo di gruppo»4 e l’attuale disciplina della «Tessera del tifoso»5.
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Consiglio di Stato, Sezione IIIª, n° 6075 del 10/12/2014 (ud. 09/10/2014), reperibile on-line pressi i seguenti indirizzi
web: http://ultrastito.typepad.com/files/sentenza-n.-6075-2014.pdf; e http://sentenze.altervista.org/tag/consiglio-distato-sentenza-n-6075-2014/;
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acronimo (ormai in uso anche nel lessico comune) con cui si designa il provvedimento del Questore del divieto di
accesso alle manifestazioni sportive, previsto e disciplinato dall’art. 6 della l. 13 dicembre 1989, n. 401 (v. nota
seguente);
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quasi tutta disciplinata dalla legge 13 dicembre 1989, n. 401 (“Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse
clandestine e tutela della correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive”), e dai numerosi richiami alla
normativa speciale di settore in essa contenuti;
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introdotto dall’art. 2 del d.l. 22 agosto 2014, n. 119 (“Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni
d’illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive…”), come modificato dalla l. 17 ottobre 2014, n. 146 (di
conversione), esso modifica l’art. 6 (“Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive”), primo
comma, ultimo periodo della citata legge n. 401/89, prevedendo la possibilità d’irrogare la misura del “Daspo” anche
nei confronti di “chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che
di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione,
tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostante di
cui al primo periodo. Il divieto per fatti commessi all’estero, accertati dall’autorità straniera competente, è disposto
dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.”
(la parte in neretto è stata aggiunta in sede di conversione);
5
introdotta con decorrenza dalla stagione calcistica 2009-2010, essa era stata concepita come strumento di
“partnerariato” tra pubblico e privato rivolto ai tifosi al fine di fornire servizi tipici di biglietteria (biglietti,
abbonamenti) da un lato (anche connessi ad iniziative di marketing), ed affermazione di un percorso di legalità tra le
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Con tale decisione, i giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che il comportamento dei tifosi in
trasferta, pur se posto in essere al fine di costringere le Forze dell’Ordine a rinunciare ai controlli
individuali nei loro confronti, ed a consentirgli egualmente (e forzatamente) l’ingresso allo stadio, e
pur se rientrante «nella deprecabile normalità dei comportamenti degli ultras in trasferta»6, non è
tuttavia sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all’art. 6, comma 1, ultimo periodo, della legge
n. 401 del 1989, anche secondo la nuova formulazione in vigore all’epoca dei fatti (ossia il tenere
«una condotta, sia singola che di gruppo, finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di
violenza, di minaccia o di intimidazione»7).
La vicenda ha riguardato un gruppo di tifosi della Sampdoria che stava seguendo ‘in trasferta’ la
propria squadra e che - sebbene munito di regolare biglietto d’ingresso - non riusciva tuttavia ad
entrare nel settore dello stadio dedicato alla tifoseria ‘ospite’, in quanto privo della tessera del tifoso
(necessaria a tal fine).
Per tale ragione, i tifosi s’erano resi protagonisti di alcuni disordini ed episodi di violenza nei
confronti delle forze dell’ordine8, il che aveva determinato l’irrogazione del provvedimento
interdittivo nei loro confronti.
Per una migliore comprensione del caso - e dell’iter motivazionale che ha portato alla decisione in
commento - occorre ricostruirne brevemente i fatti.
1. Il caso
In occasione della partita del campionato di Serie A Livorno-Sampdoria del 20 ottobre 2013, un
gruppo di tifosi blucerchiati decideva di recarsi in trasferta con mezzi propri per seguire i colori
della propria squadra.
Una volta giunti nella città di Livorno, i circa 90 tifosi presenti decidevano di parcheggiare
le proprie autovetture ad una distanza di qualche chilometro dallo stadio «Armando Picchi» - in una
zona dove le Forze dell’ordine avevano già predisposto specifici controlli - risolvendosi di coprire
la restante parte del percorso con i mezzi pubblici (nella fattispecie: autobus di linea).
tifoserie dall’altro (consentire l’ingresso agli stadi solo da parte di soggetti non destinatari di precedenti provvedimenti
di “Daspo”, né condannati per reati “da stadio”).
Con direttiva del 12 marzo 2012 del Direttore Generale della FIGC, essa è stata sostituita dalla “Fidelity Card”, scissa
da qualunque tipo di collegamento bancario, con validità circolare (ossia per tutti gli stadi italiani), essa prevede inoltre
la possibilità per i possessori di acquistare “vouchers” di biglietti (per le gare casalinghe), o “carnets” a prezzo scontato
(anche per particolari gare, o gruppi di esse: ad es., le gare di coppa);
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così in motivazione la sentenza cit.;
7
così la nuova formulazione dell’ultima parte dell’art. 6, 1° comma, della legge 401/89 (come modificato dall’art. 2 del
d.l. 114/2014, su cui v. più infra);
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nella specie: esplosione di artifizi pirotecnici a scopo intimidatorio, violenza e resistenza e conseguente tentativo di
dispersione;
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Nel corso del tragitto, tuttavia, essi cominciavano ad assumere comportamenti ingiuriosi e
provocatori nei confronti dei passanti, tentando altresì di forzare l’apertura delle porte dell’autobus,
nonostante la presenza di due agenti di Polizia a bordo.
Giunti nei pressi dello stadio (in particolare, davanti alla Curva Sud, destinata
all’accoglimento della tifoseria ospite) essi scendevano dal mezzo forzandone nuovamente le porte,
facevano esplodere un petardo a scopo intimidatorio e tentavano di disperdersi tra la folla al fine di
eludere i controlli delle Forze dell’Ordine presenti in quel momento.
Secondo la ricostruzione effettuata dalla Questura, infatti, tale comportamento veniva posto
in essere allo scopo di fare ingresso allo stadio - in particolare, nella zona dedicata al settore ospiti nonostante costoro si trovassero sprovvisti della tessera del tifoso.
Tutti i tifosi giunti allo stadio con l’autobus venivano, in ogni caso, ad essere bloccati e
identificati, sicché coloro che non erano stati trovati in possesso della relativa tessera venivano
riaccompagnati alle proprie autovetture e da qui scortati fino al casello autostradale di Livorno.
Al termine della vicenda la Questura di Livorno irrogava, con provvedimenti individuali
datati 22 Ottobre 2013, a ciascuno dei circa 90 tifosi protagonisti della vicenda un provvedimento di
«Daspo» (per due o tre anni, a seconda che ciascun soggetto fosse stato o meno destinatario di
precedenti provvedimenti dello stesso tenore) per violazione dell’art. 6, 1ᵒ comma, ultimo periodo,
della legge 401/89, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 2 del d.l. 114/20149.
Contro tali provvedimenti - notificati ed irrogati a ciascuno dei tifosi singolarmente - questi
presentavano ricorso innanzi alla competente autorità giudiziaria (TAR Toscana, Firenze), che, in
accoglimento dei gravami presentati, annullava il provvedimento disposto dal Questore prima facie.
Osservavano, infatti, i giudici fiorentini che i provvedimenti impugnati presentavano tutti
una motivazione standard, che faceva generico riferimento ad un «gruppo organizzato di tifosi» e
non a ciascuno di essi singolarmente, mancando quella «concreta e precisa individuazione dei
comportamenti violenti»10 che costituisce un presupposto indefettibile per l’applicazione della
misura in oggetto.
In sede dibattimentale emergeva inoltre che il convincimento di poter assistere alla gara, pur
non essendo in possesso della tessera del tifoso (necessaria ai fini dell’ingresso nei settori dedicati
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in particolare, per “avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione
o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle
manifestazioni stesse”;
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così in motivazione nelle varie sentenze del TAR Toscana, IIª Sezione (in particolare: nn. 387, 393, 403, 411 e 832
del 2014);
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alla tifoseria ospite), era stato ingenerato da un’erronea informativa rilasciata dal Ministero
dell’Interno al riguardo11.
Avverso la sentenza di annullamento dei vari «Daspo» il Ministero dell’Interno proponeva
appello a mezzo dell’Avvocatura di Stato, ma il Consiglio di Stato, IIIª Sezione giurisdizionale,
confermava le conclusioni fatte proprie dal TAR Toscana (IIª Sezione), ed in particolare
l’annullamento dei provvedimenti emanati, in quanto «non supportati da elementi diretti o
presuntivi che consentano di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al
comportamento di gruppo»12.
2. Le questioni affrontate;
Almeno due sono state le questioni affrontate dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato.
Una prima questione ha investito la problematica della «Tessera del tifoso», l’obbligatorietà del suo
possesso ai fini dell’accesso ai settori dello stadio dedicati alla tifoseria in trasferta, nonché la sua
adeguata pubblicizzazione a livello di comunicazione ‘istituzionale’.
Una seconda questione ha investito la problematica relativa ai presupposti applicativi del «Daspo»
(misura che trova fondamento, com’è noto, nella ‘pericolosità sociale’ del soggetto interessato, che
trova luogo e modo di manifestarsi ‘in occasione’13 o ‘a causa’14 delle manifestazioni sportive), ed
in particolare se - anche secondo la nuova formulazione risultante dalla modifica normativa di cui
all’art. 2 del d. l. n. 119 del 2014 (convertito con modificazioni nella l. 146/2014) - i suoi
presupposti applicativi dovessero, nel caso di specie, ritenersi soddisfatti e rispettati.
Entrambe le questioni, invero, sono state oggetto di non poche perplessità ed incertezze, sia da parte
della dottrina, sia da parte della giurisprudenza investite della questione.
3. La questione della “Tessera del tifoso”;
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in particolare, da un’erronea risposta alle FAQ (“Frequently Asked Questions”) inserite nel suo sito internet
istituzionale;
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così in motivazione la sentenza cit. (punto 7 della decisione);
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il che si verifica quando la condotta punibile trova la sua spiegazione nell’evento sportivo ancora da compiersi o già
compiuto (e funga, quindi, da mero pretesto per dare sfogo ad ingiustificate manifestazioni di violenza ed aggressività).
La giurisprudenza ha ricondotto sotto tale ipotesi la rissa tra tifosi avvenuta a qualche ora di distanza dalla cessazione
della manifestazione (TAR Umbria, Sez. Iª, n. 32 del 27/01/2006), gli episodi di violenza verificatisi in occasione di un
raduno di presentazione di una squadra (TAR Veneto, Sez. Iª, n. 5483 del 08/11/2004), o nel corso di una conferenza
stampa di presentazione di una squadra (Cass. Pen., Sez. VI ª, n. 18263 del 10/02/2004);
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il che si verifica quando l’illiceità dell’azione trova un collegamento spazio-temporale con l’avvenimento sportivo il
quale - in via immediata e diretta - determina il processo psicologico da cui scaturisce la condotta punibile (quindi: nel
luogo in cui la manifestazione si sta svolgendo, e nel corso del suo stesso svolgimento);
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Nata quale «prezioso strumento di partenariato pubblico/privato che si rivolge ai supporters per
fornire servizi e renderli protagonisti di un percorso di affermazione della legalità negli stadi e
nelle località che, tradizionalmente, sono interessate alla presenza di tifoserie»15, la tessera del
tifoso era stata elaborata, in un primo momento, dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni
Sportive16 quale strumento di «fidelizzazione» adottato dalle società di calcio nei confronti dei
propri sostenitori, secondo linee-guida predisposte dallo stesso organo17.
La sua introduzione si deve a due atti normativi - adottati praticamente in pari data - che
hanno dato attuazione alle previsioni contenute negli articoli 818 («Divieto di agevolazioni nei
confronti dei soggetti destinatari dei provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre
1989, n. 401») e 919 («Nuove prescrizioni per le società organizzatrici di competizioni riguardanti
il gioco del calcio») del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8 (il c.d. «decreto-Raciti»), convertito con
modificazioni dalla legge 4 aprile 2007, n. 4120.
15
così in premessa la Direttiva 14 agosto 2009, del Ministero dell’Interno (c.d. «Direttiva Maroni»);
organo istituito nel 1999 e regolamentato con decreto-legge 17 agosto 2005, n. 162, convertito con modificazioni
nella legge 17 ottobre 2005, n. 210 («Ulteriori misure per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di
competizioni sportive»), dalla sua istituzione esso ha svolto attività di analisi (monitoraggio e studio dei fenomeni di
violenza ed intolleranza in ambito sportivo e delle carenze strutturali degl’impianti sportivi; tra i suoi compiti è quello
di valutare il livello di rischio di ogni singola gara sotto il profilo dell’ordine pubblico - in un range di valutazione che
va da 1 [rischio minimo] a 3 [rischio massimo] - e deliberare le conseguenti misure di sicurezza da adottare in relazione
a ciascuna gara), nonché propositive (proposte normative, elaborazione di direttive, promozione di iniziative
sinergicamente coordinate con gli altri soggetti interessati) e documentali (rapporti annuali sull’andamento del
fenomeno);
17
reperibili on-line presso il sito internet dell’Osservatorio delle Manifestazioni Sportive
www.osservatoriosport.interno.it, al seguente indirizzo web:
http://www.osservatoriosport.interno.gov.it/tessera_del_tifoso/luglio2010/linee_guida.pdf;
18
che fa divieto alle società sportive di corrispondere, in qualsiasi forma, diretta o indiretta, «a soggetti destinatari di
provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, o di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423,
ovvero a soggetti che siano stati, comunque, condannati anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in
occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero per reati in materia di contraffazione di prodotti o di vendita
abusiva degli stessi, sovvenzioni, contributi o facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa l’erogazione a prezzo
agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o titoli di viaggio, nonché stipulare contratti con soggetti destinatari
dei provvedimenti di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, aventi ad oggetto la cessione dei diritti di cui
all’art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 [Codice della proprietà industriale, ndr.] (ndr.:la
parte in neretto è stata aggiunta dal d.l. 119/2014)»;
19
che fa divieto alle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio, responsabili della emissione,
distribuzione, vendita o cessione dei titoli di accesso di cui al decreto 6 giugno 2005 (in tema di tagliandi nominativi),
«di emettere, vendere o distribuire con qualsiasi modalità titoli di accesso a soggetti che siano destinatari dei
provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, ovvero a soggetti che siano stati comunque
condannati, nel corso degli ultimi cinque anni, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive
(ndr.:la parte in neretto è stata aggiunta dal d.l. 119/2014)»;
20
recante «Misure urgenti per le prevenzione e repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche,
nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni
sportive» (in G.U. n. 32 del 8 febbraio 2007);
16
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Si tratta, in particolare, de: 1) la Direttiva del Ministero dell’Interno del 14 agosto 200921; 2) il
Decreto del Ministero dell’Interno del 15 agosto 2009 (entrambi a firma del Ministro dell’Interno in
carica, on. Maroni)22.
Il primo provvedimento, dettando ai Prefetti le «Disposizioni per la stagione calcistica 2009/2010»,
ha previsto:
 il rilascio della «tessera del tifoso» da parte delle società di serie A, B e Lega Pro «a
chiunque la richiederà, contestualmente all’acquisto di un biglietto o all’esibizione
dell’abbonamento»;
 la predisposizione di «corsie dedicate» per i possessori di tale tessera, nonché dei loro
familiari ed accompagnatori, «in ciascun settore degli impianti con capienza superiore a
7.500 spettatori (o comunque a norma)», con decorrenza 31 dicembre 2009;
 la vendita o cessione a qualsiasi titolo dei tagliandi riservati ai settori ospiti esclusivamente
ai possessori della «tessera del tifoso», con decorrenza 1 gennaio 201023;
 la sottoscrizione di un nuovo abbonamento soltanto nei confronti dei soggetti titolari della
«tessera del tifoso», con decorrenza 1 gennaio 2010.
Il secondo provvedimento si preoccupa di disciplinare le modalità di verifica dei requisiti necessari
per il rilascio di tale tessera e degli altri titoli di accesso allo stadio, stabilendo, in particolare, che:
1.
Le società sportive, prima della corresponsione delle agevolazioni, ovvero della cessione
di titoli di accesso, debbano comunicare alla Questura («anche per via telematica,
attraverso un sistema dedicato»), i dati anagrafici del soggetto destinatario di tale
agevolazione, ovvero della cessione del titolo d’accesso;
2.
Le società sportive debbano procedere analogamente «anche in caso di sostituzione del
nominativo del beneficiario dell’agevolazione e del destinatario del titolo di accesso».
Quest’ultimo provvedimento sottolinea inoltre che «l’utilizzo del sistema informatico è
finalizzato a registrare la richiesta della società di verifica dei requisiti ostativi dei nominativi
comunicati ed a riscontrare la sussistenza dei medesimi requisiti» (art. 3, comma 3)24.
21
reperibile on-line presso il sito internet del Ministero dell’Interno http://www.interno.gov.it/it, presso il seguente
indirizzo web
http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/16/0147_direttiva_calcio_MINISTRO_15_08_
09.pdf;
22
«Accertamento, da parte delle Questure, della sussistenza dei requisiti ostativi al rilascio di accesso ai luoghi ove si
svolgono le manifestazioni sportive» (in G.U. n. 199 del 28 agosto 2009);
23
mentre, per quanto riguarda gli altri settori, viene fatto salvo l’accesso con l’utilizzo di titoli diversi dalla «tessera del
tifoso», «previa esibizione agli steward di un valido documento d’identità».
Tale prescrizione prevede anche l’esenzione - nei confronti dei soggetti titolari della tessera del tifoso - dalle
«prescrizioni per gli spettatori» eventualmente indicate dal Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni
Sportive, ed adottate dalle competenti Autorità Provinciali di PS.
24
nel caso in cui il soggetto richiedente sia gravato da uno dei requisiti ostativi previsti dalla legge (su cui, v. artt. 8 e 9
d.l. n. 8/07, cit.), l’emissione del titolo viene bloccata, comparendo - nell’interrogazione telematica - la seguente
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All’approvazione di tali provvedimenti ha immediatamente fatto seguito un intervento
chiarificatore dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive che, con Determinazione n.
27 del 17 agosto 200925, ha specificato che: 1) «sono temporaneamente escluse dal programma
(della tessera del tifoso, ndr.) quelle persone condannate per reati da stadio anche con sentenza non
definitiva, fino al completamento di 5 anni successivi alla condanna medesima»; 2) «la tessera del
tifoso non può essere, altresì, temporaneamente rilasciata a coloro che sono attualmente sottoposti
a DASPO, per tutta la durata del provvedimento stesso».
Il quadro, infine, si completa col Protocollo d’Intesa stipulato tra Ministero dell’Interno,
CONI, FIGC, Lega di Serie A, Lega di Serie B e Lega PRO26, sottoscritto il 21 giugno 2011 (ed
attualmente in vigore), che ha sancito l’obbligatorietà del possesso della tessera del tifoso ai fini
dell’acquisto dei biglietti per i settori destinati alla tifoseria ospite, da parte dei tifosi residenti nella
regione che ‘origina’ la trasferta27.
Dal quadro appena tracciato emerge - quale dato di maggiore evidenza - che il rilascio della
«tessera del tifoso», nei confronti di quei sostenitori che ne facciano esplicita richiesta, rimane
precluso nei confronti di tutti quei supporters che siano già stati condannati per «reati da
stadio»28, e ciò fino ai 5 anni successivi alla medesima condanna (anche se questa sia avvenuta con
sentenza non definitiva), nonché per quei supporters che siano già stati destinatari di precedenti
«Daspo», e ciò per tutta la durata della medesima misura.
La prima utilizzazione di tale strumento da parte delle società sportive era stata, invero,
oggetto di contenzioso tra queste ed alcuni gruppi di tifosi, che avevano lamentato - da parte dei
sodalizi sportivi - un utilizzo non conforme alle sue finalità, per il tramite di una sottoscrizione
«obbligatoria» di uno strumento bancario (nella specie: carta di credito) inscindibilmente collegato
ad essa.
Ciò finiva col costringere il tifoso, che intendeva seguire i colori della propria squadra, ad
aderire giocoforza a tale (ultronea e diversa) iniziativa commerciale.
dicitura: «La risposta alla verifica richiesta non può essere fornita. Si richiama quanto previsto dagli articoli 8 e 9 del
decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 4 aprile 2007, n. 41. Per qualsiasi
informazione contattare la Questura di…».
25
reperibile on-line nel sito internet dell’Osservatorio delle Manifestazioni Sportive www.osservatoriosport.interno.it,
al seguente indirizzo web:
http://www.osservatoriosport.interno.gov.it/allegati/determinazioni/2009/determinazione_27_TesseraTifoso.pdf;
26
reperibile on-line nel sito internet dell’Osservatorio delle Manifestazioni Sportive www.osservatoriosport.interno.it,
al seguente indirizzo web:
http://www.osservatoriosport.interno.gov.it/primo_piano/2011/giugno/protocollo/protocollo.pdf;
27
così, ad es., nel caso di gara di campionato Roma-Juve, i tifosi bianconeri residenti nella Regione Piemonte, per poter
acquistare i tagliandi d’ingresso alla partita (ed accedere nei settori dedicati alla tifoseria ospite), dovranno
necessariamente essere in possesso della tessera del tifoso;
28
intendendosi per tali tutti quei reati commessi in occasione o a causa delle manifestazioni sportive, la maggioranza
dei quali previsti e disciplinati dalla legge 401/89 (es.: artt. 6, 6-bis, ter e quater, l. cit.; o art. 336, 337 o 338 - in
combinazione coll’art. 339, 3° co. - e 583-quater c.p.);
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Proposto ricorso innanzi al Giudice Amministrativo (e stimolata sul punto anche l’Autorità
Antitrust, che tuttavia esprimeva parere negativo), due associazioni - una di consumatori29, l’altra di
tifosi30 - ne avevano ottenuto la declaratoria d’illegittimità (ed il conseguente blocco
dell’emissione), rappresentando - l’«inscindibilità» del legame intercorrente tra la «tessera del
tifoso» e la carta di credito emessa da un istituto bancario a ciò incaricato «una pratica commerciale
scorretta ai sensi del Codice del Consumo»31.
In ottemperanza a tale provvedimento, emanato dai massimi organi della giustizia
amministrativa in sede cautelare32, i club calcistici procedevano ad ‘aggiustare’ lo strumento,
tramite la scissione tra le finalità ‘proprie’ della tessera del tifoso (vendita di biglietti e
sottoscrizione di abbonamenti) e le ulteriori finalità commerciali cui esso era, invece,
precedentemente ‘agganciato’ in maniera inscindibile33.
Orbene, con la sentenza in commento la problematica relativa alla tessera del tifoso torna
nuovamente a riproporsi innanzi ai massimi organi della giustizia amministrativa, pur se in via
incidentale, e sotto un diverso profilo.
La questione ha riguardato - stavolta - l’informativa rilasciata dal Ministero dell’Interno.
Nel sito internet istituzionale dedicato alla tessera del tifoso34 si trova, infatti, una sezione
dedicata alle c.d. «FAQ»35 (acronimo inglese che sta per «frequently asked questions»: domande
frequenti), appositamente dedicata al rilascio di informazioni su quesiti ad essa riguardanti.
Secondo quanto ricostruito nell’istruttoria di primo grado, i tifosi blucerchiati avevano fatto
utilizzo di tale strumento per sapere se poter seguire i colori della propria squadra in trasferta, pur in
mancanza della tessera del tifoso, non avendo ottenuto sufficienti risposte al riguardo.
La ricostruzione dei fatti, invero - effettuata dai giudici di primo grado e ripresa anche dai
giudici di secondo grado - non sembra fare chiarezza su tale (tutt’altro che secondario) aspetto della
questione.
Nella parte motivazionale della sentenza, infatti, si fa cenno, da un lato, al fatto che «il
convincimento di poter assistere alla partita pur non essendo in possesso della tessera del tifoso
era stato ingenerato dal Ministero dell’Interno (mediante le risposte alle FAQ inserite nel sito
29
la Codacons (“Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei
consumatori”);
30
la Federsupporter (un'associazione che rappresenta e tutela i sostenitori di società ed associazioni sportive);
31
così in motivazione Cons. Stato, Sez. VIª, ordinanza n. 5364 del 7 dicembre 2011, on-line su www.altalex.com.
Per un commento a tale vicenda, sia consentito rinviare a GARRAFFA P., «Una tormentata vicenda: la tessera del
tifoso», in Rivista Italiana di Diritto ed Economia dello Sport, 2011, n. 3, pagg. 103-114;
32
il provvedimento, infatti, ha assunto la veste di ordinanza, resa nell’ambito di un procedimento cautelare;
33
predisponendo, all’uopo, una modulistica separata ai fini della sottoscrizione dei due diversi strumenti;
34
http://www.osservatoriosport.interno.gov.it/tessera_del_tifoso/index_tessera_tifoso.html;
35
http://www.interno.gov.it/it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/speciali/Tessera_del_tifoso/FAQ_tess
era_del_tifoso.html;
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internet istituzionale)»36, laddove, nel prosieguo della stessa si afferma invece che «la necessità
della tessera del tifoso per accedere ai settori destinati ai tifosi in trasferta risulta indicata nel sito
internet del Ministero, anche se mediante una formulazione che non sembra idonea a consentirne
un’immediata e agevole comprensione»37.
Le due affermazioni sembrano in contrasto tra loro, dal momento che non contribuiscono a
chiarire se l’informativa rilasciata dal Ministero al riguardo possa (e debba) ritenersi sufficiente o
meno.
In altri termini, o si sostiene che l’informativa resa dal Ministero dell’Interno - a mezzo delle
risposte fornite nelle c.d. «FAQ» - sia «adeguata e sufficiente» (e quindi pervenire, in tal modo, ad
un giudizio di colpevolezza dei soggetti interessati, che non si sono attenuti alle indicazioni da essa
fornite), oppure - al contrario - si deve sostenere che le informazioni contenute nel sito internet del
Ministero, proprio perché non «idonee a consentire un’immediata e agevole comprensione» da
parte del soggetto richiedente, non sono, per tale motivo, adeguate a fornire quell’informativa di cui
il tifoso ha bisogno per seguire i colori della propria squadra in trasferta, potendo ingenerare
confusioni ed incertezze circa la necessità - o meno - di essere in possesso della tessera del tifoso a
tal fine.
È di tutta evidenza, poi, che da tale circostanza38 possano scaturire reazioni anche di una
certa gravità come quella in esame, che ha visto l’impossibilità dei tifosi a poter accedere allo
stadio, il loro blocco ai cancelli d’ingresso ed il conseguente, forzato, ritorno sui propri passi39.
Una volta rilevata l’esistenza di un pubblico servizio informativo a ciò dedicato, si sarebbe
potuto (e dovuto, ad avviso di chi scrive) fare maggiore chiarezza sull’efficacia e l’adeguatezza
delle informazioni da esso rilasciate, valutazione che certamente avrebbe giovato ai fini della
formulazione (o meno) di un giudizio di colpevolezza dei soggetti interessati.
In caso contrario (nel caso, cioè, di ritenere l’informativa inadeguata o insufficiente), infatti,
oltre che pervenire ad un giudizio diverso - o anche solo di parziale colpevolezza - nei confronti dei
soggetti interessati, ciò avrebbe potuto contribuire ad un miglioramento dell’informativa resa da
parte della Pubblica Amministrazione al riguardo40.
36
così in motivazione la sentenza cit.;
così, sempre in motivazione, la sentenza cit.;
38
dalla circostanza, cioè, di non sapere con sufficiente chiarezza se per seguire la propria squadra in trasferta sia
sufficiente l’acquisto di tagliandi (validi, eventualmente, anche per settori diversi da quelli dedicati alla tifoseria ospite),
oppure sia da ritenere necessario, in ogni caso,il possesso della tessera del tifoso;
39
il che ha portato - quale conseguenza immediata e diretta della situazione venutasi a creare - all’emissione di circa
una novantina di provvedimenti di Daspo;
40
l’accesso alle FAQ sulla tessera del tifoso rimanda al seguente indirizzo web http://www.interno.gov.it/it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/speciali/Tessera_del_tifoso/FAQ_tess
era_del_tifoso.html - che non fornisce spiegazione alcuna in merito alla possibilità di seguire la propria squadra in
37
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4. La responsabilità (sempre personale?) dei comportamenti legittimanti il “Daspo”: il
c.d. “Daspo di gruppo”;
Una seconda questione ha investito la problematica relativa ai presupposti applicativi del
«Daspo», anche secondo le ultime modifiche introdotte dal d. l. 119/201441.
Secondo la formulazione dell’art. 6 della l. 401/89 (precedente a tale modifica), potevano
essere destinatari della misura relativa al divieto d’accesso alle manifestazioni sportive quei soggetti
che:
1) fossero stati denunciati o condannati per uno dei reati di cui all’art. 4, commi 1 e 2, della l.
110/75 («porto d’armi o di oggetti atti ad offendere») nei luoghi di svolgimento di tali
manifestazioni;
2) fossero stati denunciati o condannati per uno dei reati di cui all’art. 5, della l. 152/75 (porto
di «caschi o di altri mezzi idonei a renderne difficoltoso il riconoscimento») nei luoghi di
svolgimento di tali manifestazioni;
3) fossero stati denunciati o condannati per uno dei reati di cui all’art. 2, comma 2, del d.l.
122/93 (convertito con modificazioni nella L. 205/93: accesso ai luoghi di svolgimento di
manifestazioni sportive con «emblemi o simboli propri di associazioni e gruppi razzisti»);
4) fossero stati denunciati o condannati per uno dei reati di cui all’art. 6-bis («Lancio di
materiale pericoloso; Scavalcamento ed invasione di campo») o 6-ter, della l. 401/89
(«Possesso di artifizi pirotecnici»);
5) avessero preso «parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose» («in occasione o a
causa di manifestazioni sportive»);
6) avessero, nelle medesime circostanze, «incitato, inneggiato o indotto alla violenza»42;
7) infine, nei confronti di «chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una
condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa
di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a
causa delle manifestazioni stesse».
trasferta, acquistandone il relativo biglietto, accedendo nei settori dedicati agli ospiti pur non in possesso della relativa
tessera (accesso effettuato in data 25/02/2015);
41
convertito con modificazioni dalla legge 17 ottobre 2014, n. 146;
42
l’art. 2-bis, 2ᵒ comma, del d.l. 336/01 (“Disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di
manifestazioni sportive”) ha precisato che per “incitamento, inneggiamento e induzione” alla violenza deve intendersi la
“specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate”;
10
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Orbene, fermo restando che tale divieto può investire tanto i «luoghi di svolgimento delle
manifestazioni sportive specificamente indicate», quanto quelli di «sosta, transito o trasporto di
coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime»43 (così l’art. 6, 1° co., l. 401/89),
coll’entrata in vigore dell’art. 2 del d. l. 119/2004, le ipotesi di «Daspo» vengono ora ampliate
anche ai casi di:
a) introduzione o esposizione all’interno d’impianti sportivi di «striscioni e cartelli che,
comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce»44;
b) delitti contro l’ordine pubblico o di comune pericolo mediante violenza di cui al libro II,
titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale45;
c) uno dei delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettera f) e lettera h), del codice di procedura
penale46;
d) chi «sulla base di elementi di fatto, risulta aver tenuto, anche all’estero, una condotta,
singola o di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di
violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a
creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo
(occasione o a causa delle manifestazioni sportive, ndr.)»47.
Sarebbe proprio quest’ultimo - in alternativa con la condotta di cui al punto 7)48 - il caso che
ha interessato la fattispecie in esame.
A tal fine, i giudici di Palazzo Spada hanno precisato che anche prima delle modifiche
introdotte dal d.l. 119/2014, l’art. 6 della l. 401/89 ammetteva la possibilità di sanzionare col
«Daspo» un comportamento di gruppo (violento, pericoloso o anche solamente intimidatorio) a
titolo di «somma di responsabilità individuali omogenee»49.
43
riguardo all’ambito oggettivo di applicazione di tale disposizione, la giurisprudenza s’è trovata di fronte a non pochi
problemi ermeneutici.
Così è stato annullato un provvedimento recante la generica indicazione di “tutti i luoghi di svolgimento delle
manifestazioni sportive, professionistiche o dilettantistiche, di qualsiasi sport” (per eccessiva indeterminatezza della
prescrizione: così TAR Firenze, Sez. IIª, n. 353 del 05/03/2013); mentre è stata affermata la necessità di specificare sia
le competizioni agonistiche (oggetto del divieto), sia i luoghi diversi dagli stadi (es. aree di sosta, transito e trasporto:
così TAR Genova, Sez. IIª, n. 1434 del 14/10/2014); come pure le aree limitrofe allo stadio, oggetto di transito dei tifosi
(così Cass. Pen., Sez. IIIª, n. 48986 del 21/10/2014);
44
reato di cui all’art. 2-bis d.l. 8/07 (“Divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o
minacce”);
45
si pensi a reati quali istigazione a delinquere, istigazione a disobbedire alle leggi, associazione per delinquere,
devastazione e saccheggio, pubblica intimidazione, attentato ad impianti di pubblica utilità, pubblica intimidazione,
strage, attentati alla sicurezza dei trasporti e alla sicurezza degli impianti, ecc.;
46
si fa riferimento ai delitti di lesioni personali ex art. 582 c.p., e danneggiamento aggravato ex art. 635 c.p.;
47
la parola “evidentemente” è stata aggiunta dalla l. 146/2014, di conversione del d.l. 119/2014, cit.;
48
l’avere, cioè, in base ad elementi oggettivi, “tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di
violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione
o a causa delle manifestazioni stesse”;
49
così in motivazione la sentenza cit. (punto 7);
11
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Ma tutto ciò, beninteso, sempre nel rispetto della condizione che queste «fossero supportate
da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole
partecipazione dei singoli al comportamento del gruppo»50.
Orbene, se da un lato la precisazione fornita dai massimi organi della giustizia
amministrativa appare assolutamente corretta (e condivisibile), dall’altro lato, tuttavia, essa fa
riferimento ad un altro orientamento (registratosi in precedenza) che non contribuisce, invero, a fare
chiarezza sui profili di responsabilità che possono scaturire dalle condotte potenzialmente idonee a
determinare un provvedimento di «Daspo».
Si allude, in particolare, a quell’orientamento51 con cui è stato affermato che, qualora un
gruppo di tifosi organizzati ponga in essere atteggiamenti aggressivi ed intimidatori, volti a creare le
condizioni nelle quali gli addetti ai controlli e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra
consentire loro l’ingresso «pro bono pacis», ovvero correre il rischio che, mantenuti forzatamente
all’esterno, questi sfoghino la loro delusione ed aggressività (creando disordini e tafferugli con la
tifoseria avversaria), risulterebbe «ozioso discettare se (il singolo partecipante al gruppo, ndr.)
abbia avuto un ruolo più o meno attivo (all’episodio di violenza, ndr.)»52.
In tal modo, è stata ritenuta «legittima e proporzionata» l’emissione di un provvedimento di
Daspo nei confronti di quei tifosi che, pur non in possesso dei titoli validi per l’accesso allo stadio
(tessera del tifoso e biglietto nominativo), si decidevano ad affrontare egualmente una lunga
trasferta, fidando «sulla possibilità di eludere i controlli avvalendosi della forza d’intimidazione del
numero»53, e ciò pur senza essere stata accertata una reale partecipazione dei singoli soggetti
interessati ai fatti contestati.
È di tutta evidenza come il richiamo a tale orientamento, lungi dal fare chiarezza sulla
questione, lasci ancora aperti non pochi punti di domanda (in particolare, su quali possano essere i
comportamenti legittimanti il Daspo).
Perplessità e dubbi che investono, in primo luogo, l’accertamento della circostanza di essere
(o meno) già in possesso di un valido titolo d’ingresso (e, incidentalmente, anche le modalità del
suo reperimento), ed in secondo luogo il concreto ed effettivo accertamento delle condotte
individuali dei singoli soggetti destinatari ai fini dell’irrogazione dalla misura in oggetto.
50
così in motivazione la sentenza cit. (punto 7);
Consiglio di Stato, Sez. IIIª, n. 4544 del 13/09/2013 (Presidente ed Estensore Lignani), reperibile on-line presso il
seguente indirizzo web: http://www.altalex.com/index.php?idnot=21955;
52
così in motivazione la sentenza cit. (punto 5);
53
così, sempre in motivazione, la sentenza cit. (punto 5);
51
12
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Basti rammentare che, secondo l’attuale formulazione normativa, la misura è applicabile
anche nei confronti di soggetti semplicemente denunciati54 per fatti di violenza, o persino in assenza
di denuncia penale (secondo certa giurisprudenza55), oppure ancora nel caso di semplice
incitamento alla violenza (secondo altra giurisprudenza ancora56).
Riguardo al primo aspetto, sia nel giudizio di primo grado, sia nel giudizio di secondo grado
si accenna al fatto che gran parte dei tifosi coinvolti nella vicenda, pur sprovvisti della tessera del
tifoso, erano egualmente riusciti ad acquistare i biglietti «in violazione delle regole vigenti».
Sarebbe stata utile e necessaria, allora, ai fini del giudizio di responsabilità, un’indagine
relativa alle modalità di reperimento di tali tagliandi da parte dei tifosi interessati.
Indagine che avrebbe consentito di risalire ai canali attraverso cui questi sono stati reperiti, e
da cui sarebbero potute scaturire anche responsabilità - anzitutto amministrative57 - nei confronti
delle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio, per l’emissione, vendita o
distribuzione («con qualsiasi modalità») di «titoli di accesso a soggetti che siano destinatari di
provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, ovvero a soggetti che
siano stati, comunque, condannati, nel corso degli ultimi cinque anni, anche con sentenza non
definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive»58.
Riguardo al secondo aspetto della sentenza, relativo ai presupposti applicativi del «Daspo»
(anche alla luce delle recenti modifiche normative) esso rappresenta - ad avviso di chi scrive - il
vero punto nodale della questione, nonché il punctum dolens della normativa attualmente in vigore.
Nonostante, infatti, il richiamo all’accennato orientamento secondo cui sarebbe addirittura
«ozioso» (sic!) appurare se il tifoso, pur non in possesso dei titoli necessari per accedere allo stadio,
abbia avuto un ruolo più o meno attivo ad episodi di violenza in occasione di manifestazioni
sportive59, e nonostante l’evidenziazione delle differenze tra il caso che ha riguardato
l’orientamento appena ricordato e quello posto al vaglio dei giudici60, ciò che - in realtà - ha fatto
pervenire ad un giudizio di assoluzione dei soggetti interessati (ed all’annullamento dei relativi
54
così TAR Lombardia, Milano, Sez. IIIª, n. 5562 del 25/10/2004; (in senso conforme TAR Campania, Napoli, Sez. Vª,
n. 2826 del 02/03/2007);
55
così TAR Lombardia, Milano, Sez. IIIª, n. 561 del 01/03/2013;
56
così TAR Piemonte, Torino, Sez. Iª, n. 1891 del 21/11/2014;
57
è prevista, infatti, la sanzione dell’ammenda da 40.000 a 200.000 euro, ferme restando, per quanto non previsto, le
disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (cfr. art. 9, comma3, d.l. 8/2007);
58
così l’articolo 9 del d.l. 8/2007 (“Nuove prescrizioni per le società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco
del calcio”), secondo la nuova formulazione prevista dal d.l. 119/2014 cit.;
59
colla conseguenza di ritenere legittimo il Daspo comunque irrogato, in spregio al principio costituzionale di
personalità della responsabilità penale (rispetto alla condotta contestata);
60
in particolare, emergeva che tutti i tifosi colpiti da Daspo avevano il biglietto per l’ingresso; che tre di essi erano in
possesso della tessera del tifoso; che - addirittura - due di essi sono potuti entrare allo stadio ed assistere egualmente alla
partita: “segni, questi, di una certa approssimazione nell’accertare la posizione e la responsabilità dei singoli” (così in
motivazione la sentenza cit.);
13
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provvedimenti di Daspo) è stato il fatto di non essere riusciti ad attribuire a nessuno di essi singoli
episodi di violenza o condotte penalmente rilevanti61.
A conclusione del proprio iter motivazionale, infatti, il Collegio ha rilevato che il
comportamento dei tifosi in trasferta destinatari del provvedimento interdittivo, pur se finalizzato a
costringere le Forze dell’Ordine a rinunciare ai controlli individuali nei loro confronti, ed a farli
entrare comunque (e forzatamente) allo stadio, e pur se rientrante «nella deprecabile normalità dei
comportamenti degli ultras in trasferta», non è, per ciò solo, di gravità tale da ritenersi
«sanzionabile con un comportamento così fortemente afflittivo come il Daspo»62.
Ed a conclusione del proprio ragionamento, esso ha a fortiori sostenuto che il
comportamento di chi si reca in trasferta, pur senza essere in possesso della tessera del tifoso
(consapevole, in tal modo, di violare le regole, di natura amministrativa, di accesso allo stadio)
«non è sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all’art. 6, comma 1, ultimo periodo, cit.»63,
anche secondo la formulazione vigente all’epoca dei fatti (che sanzionava «unicamente» la
«condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza»).
5. Conclusioni
La sentenza in esame ci consente di effettuare una (breve) riflessione sui presupposti
applicativi del Daspo, alla luce delle recenti modifiche normative.
Come accennato in precedenza, infatti, il d. l. 119/201464, all’art. 2, ha introdotto nuove
fattispecie di Daspo, tra cui anche la condotta di chi «sulla base di elementi di fatto, risulta aver
tenuto, anche all’estero, una condotta, singola o di gruppo, evidentemente finalizzata alla
partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in
pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime
circostanze di cui al primo periodo (occasione o a causa delle manifestazioni sportive, ndr.)».
Tale - invero, ennesima65 - modifica della normativa contro la violenza negli stadi desta
qualche perplessità, sotto almeno un duplice punto di vista.
61
sempre in motivazione, infatti, si fa luce sul fatto che “sembra assodato che, di fronte al divieto di entrare allo stadio,
i tifosi hanno accettato pacificamente la decisione dell’Autorità e sono tornati alle loro vetture”;
62
così in motivazione la sentenza cit.;
63
così in motivazione la sentenza cit. (punto 7), parte finale);
64
convertito con modificazioni dalla legge 146/2014;
65
si contano, infatti, ben 8 interventi di modifica della legge n. 401 del 13 dicembre 1989 (data della sua introduzione),
di cui soltanto 7 negli anni 2000 (con cadenza pressoché biennale);
14
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Da un primo punto di vista, la nuova fattispecie ci appare come una sorta di
«superfetazione» della normativa già esistente.
Ben prima di tale modifica, infatti, l’art. 6, 1° comma, includeva tra le ipotesi giustificative
di Daspo la condotta di «chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta
finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di
manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa
delle manifestazioni stesse».
Orbene, ferme restando le critiche mosse dalla dottrina già in sede di formulazione della
prima fattispecie66, secondo una lettura anche sommaria ci si può rendere conto come le due
fattispecie descritte possano quasi dirsi coincidenti.
Il richiamo agli «elementi di fatto» (anziché a quelli «oggettivi»), l’uso della locuzione
«risulta», come pure - soprattutto - quella relativa all’«avere tenuto una condotta finalizzata alla
partecipazione attiva ad episodi di violenza»67, ed ancora la necessaria connessione con l’
«occasione o causa delle manifestazioni sportive», ai fini della descrizione della condotta
sanzionabile - si badi bene: in entrambe le ipotesi oggi previste dalla norma - rende davvero
difficile, anche per l’interprete più attento, cogliere una chiara linea di demarcazione tra le
fattispecie in esame.
Ed a poco, inoltre, vale osservare, come pure è stato fatto68, che se risultasse la
partecipazione del soggetto agente ad un episodio di violenza, allora ricorrerebbero già i
presupposti per l’emissione del provvedimento sulla base del testo previgente, laddove - invece - se
anche non potesse provarsi con certezza che il soggetto vi abbia preso parte, sarà sufficiente provare
che questi si è semplicemente «adoperato» per parteciparvi (davvero minime, infatti, ci sembrano le
differenze presenti tra le due ipotesi).
66
così O. FORLENZA, “Previsto per un minimo di tre mesi il divieto di accesso alle manifestazioni”, in Guida al
Diritto, n. 9 del 3 marzo 2007, che ne aveva rilevato l’indeterminatezza (pag. 32); M. F. CORTESI, “Le novità tra gli
strumenti di prevenzione e di repressione”, in Diritto Penale e Processo, n. 6/2007, che aveva evidenziato la circostanza
che la ‘nuova’ fattispecie prescindesse - financo - dalla semplice denuncia di un fatto di reato, nonché l’inserimento di
una locuzione - quella relativa agli «elementi oggettivi» - dalla consistenza incerta ed integralmente rimessa al sindacato
dell’autorità di pubblica sicurezza (destinata ad alimentare ingiustificate differenze applicative sul piano concreto, così
pag. 719); S. CAMPANELLA - D. NOTARO; “Misure urgenti per le prevenzione e la repressione dei fenomeni di
violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della
partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive”, in Legislazione Penale, 2007, che ne avevano
lamentato la sua assoluta carenza sul piano della tassatività-determinatezza e della materialità della fattispecie (pagg.
219-220); ed infine F. CURI, “’La fretta, che l’onestade ad ogni atto dismaga’: alcune osservazioni sulla recente
legislazione in tema di violenza negli stadi”, in Cassazione Penale, n. 5/2007, che aveva puntualmente fatto notare che
la fattispecie - descrivendo comportamenti che sono semplicemente preliminari alla realizzazione di episodi di violenza
- finisce per delineare una nuova misura praeter delictum, «del tutto sganciata da riferimenti tangibili ad una notitia
criminis» (così pag. 2270);
67
l’aggiunta dell’aggettivo “evidentemente” nella fattispecie relativa al c.d. “Daspo di gruppo”, aggiunto in sede di
conversione del d.l. 119/2014, poco sembra cambiare la sostanza delle cose;
68
da TONA G.B., “Con la rivalutazione delle condotte fraudolente cade la tesi che faceva sussistere ipotesi lievi”; in
Guida al Diritto, n. 38 del 2014, pag. 25;
15
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Né l’aggiunta della locuzione «evidentemente» - in sede di conversione della nuova
fattispecie introdotta dall’art. 2 del d. l. 119/2014 - sembra apportare elementi di particolare novità,
attesa la - sempre imprescindibile, almeno in uno stato di diritto - esigenza di provare comunque la
concreta ed effettiva partecipazione69 del soggetto interessato agli episodi di violenza (oggi anche
solo di minaccia o intimidazione), come la sentenza in commento non fa che rammentarci.
Altro elemento in comune (che certamente non contribuisce ad evidenziarne le differenze)
tra le due fattispecie, è il requisito del «pericolo per la sicurezza pubblica».
Di contro, unico, forse, elemento di differenziazione tra le due ipotesi è la condotta di
«minaccia o intimidazione» presente nella fattispecie di nuova introduzione.
Nel primo caso, tale requisito deve - in entrambe le fattispecie - ritenersi sempre sussistente
in concreto70, mentre nel secondo caso non si può fare a meno di rilevare le difficoltà di
accertamento - sul piano pratico - tra le condotte di «minaccia o intimidazione» da un lato, e quelle
che, invece, non rappresentano altro che ‘ordinarie’ manifestazioni di tifo (o ‘folklore’) da stadio71.
Secondo un altro - non meno importante - punto di vista, la nuova modifica sembra sollevare
non poche perplessità sul piano del rispetto dei profili di legittimità costituzionale.
Com’è noto, infatti, la responsabilità penale è, nel nostro ordinamento - secondo quanto
stabilito dall’art. 27 della nostra Carta Fondamentale - «personale».
Il principio della personalità della responsabilità penale si fonda, in uno stato di diritto, sulla
«rimproverabilità», o meglio, sulla precisa «attribuibilità» di un’azione (od omissione) commessa
nei confronti di quel particolare soggetto (agente).
A tale principio, di rango costituzionale, se ne lega poi un altro - di pari rango - della
funzione rieducativa della pena72.
Fatte queste necessarie premesse (e senza addentrarsi in ulteriori ed approfondite analisi
della normativa costituzionale), l’inserimento, nella nuova normativa contro la violenza negli stadi,
della possibilità di sanzionare - con un provvedimento di Daspo - una condotta che viene qualificata
come «di gruppo», sembra sollevare non pochi punti di domanda sul piano della legittimità
costituzionale.
69
si condividono le osservazioni di TONA G.B., “Requisiti più stringenti per chi non ha ancora commesso atti
violenti”; in Guida al Diritto, n. 44 del 2014, pag. 73, secondo cui: “Resteranno escluse dall’ambito di applicazione le
condotte la cui lettura in concreto offre margini di opinabilità”;
70
in rispetto al principio - di stampo penalistico - di concreta offensività della condotta posta in essere rispetto al bene
giuridico tutelato;
71
si pensi a tutte le forme di contestazione poste in essere dai tifosi (manifestate anche con toni molto accesi), sia pure
effettuate in forma pacifica (e rispettosa dei diritti umani: non sarà così, ad es., per le manifestazioni di matrice
razzista);
72
si allude alla previsione di cui all’art. 27, 3° comma, della Costituzione, secondo cui: “Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”;
16
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Se da un lato, infatti, si non può negare che, nella stragrande maggioranza dei casi, gli
episodi di violenza commessi «in occasione» o «a causa» di manifestazioni sportive vedono
protagonisti «gruppi» (più o meno organizzati, più o meno nutriti, più o meno facinorosi) di tifosi73,
ciò tuttavia non deve mai prescindere - come la sentenza in commento, ancora una volta, non fa che
rammentarci - dall’accertamento della concreta ed effettiva partecipazione del singolo soggetto
agente all’episodio di violenza oggetto di contestazione.
Il rischio che si corre, altrimenti, è quello di «colpire nel mucchio», di colpire, cioè, soggetti
che nulla hanno avuto a che fare con tali episodi (rei unicamente di trovarsi «al posto sbagliato», e
«nel momento sbagliato»), se non, addirittura, di fare, in taluni casi, dei (illegittimi quanto
pericolosi) «processi alle intenzioni»74.
Né - d’altro canto - può dirsi che l’ordinamento giuridico sia carente di norme che
consentano di sanzionare azioni criminose poste in essere da una pluralità di soggetti (si pensi alla
possibilità di applicare l’art. 110 del codice penale, sia a titolo di «concorso morale», sia a titolo di
«concorso materiale»), o condotte di mera istigazione (sono questi i casi previsti dagli articoli 414,
«Istigazione a delinquere», o 415, «Istigazione a disobbedire alle leggi», del codice penale), o
commesse in forma associativa (sono questi i casi di cui agli artt. 416 e seguenti), o ancora condotte
di «Pubblica intimidazione» (è questo il caso previsto dall’art. 421 del codice penale).
I recenti fatti di cronaca75 che hanno visto irrogare, in un primo momento, un «Daspo di
gruppo» nei confronti di un altro gruppo di tifosi76, salvo poi vederne l’annullamento per
inconsistenza di prove specifiche al riguardo77, non fanno che confermare le riflessioni fin qui
svolte, soprattutto sulla necessità di avere precisi riscontri probatori in merito alla concreta ed
effettiva partecipazione del singolo al comportamento del gruppo.
La questione, com’è facile intuire, è tutt’altro che di poco conto78.
Si rimane in attesa della produzione di una giurisprudenza più significativa al riguardo, che
sia in grado di fornire ulteriori e più utili chiarimenti rispetto alle considerazioni sin qui svolte.
73
in molti casi, peraltro, trattasi di formazioni costituitesi nella contingenza del momento;
ribadiamo, ancora una volta, la necessità di rispettare, anche in questa materia, il principio di concreta offensività
della condotta posta in essere rispetto al bene giuridico tutelato;
75
si allude agli episodi verificatisi al termine della gara di Campionato Frosinone-Bari (Serie B) dello scorso 13
settembre 2014, che ha visto l’irrogazione di un provvedimento di “Daspo di gruppo” nei confronti di un gruppo di
tifosi del Bari, per aggressione di due automobilisti in un’arteria adiacente l’autostrada, e relativo lancio di ‘fumogeni’;
76
il gruppo era infatti composto da circa 52 tifosi (tanti quanti sono stati i provvedimenti irrogati);
77
cfr. TAR Lazio, Iª Sez. distaccata Latina, n. 29 del 14/01/2015, che ha accolto la richiesta di sospensione del
provvedimento in via cautelare;
78
l’efficacia del provvedimento (irrogato nei confronti del menzionato gruppo di tifosi) rimarrà sospesa fino al
prossimo 16 aprile, quando la questione verrà discussa nel merito. Sarà interessante vedere quali saranno le riflessioni
che verranno fatte proprie dai giudici in tale sede.
74
17