Da UPPA. Feste di compelanno, croce edelizia dei

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Da UPPA. Feste di compelanno, croce edelizia dei
SPECIALE W IL COMPLEANNO
www.lagiostra.biz
APRILE 2013
Feste di compleanno: croce e delizia dei padri
di Vincenzo Calia
Avevamo detto alle 7, e sono già quasi le 7 e mezza!
Quello che guarda l’orologio, in piedi accanto alla pila dei cappottini e delle giacche a
vento, in attesa dell’arrivo dei genitori degli amichetti di Margherita che, tanto per
cambiare, tardano a venire a riprendere i loro simpatici pargoletti, sono io: un padre
snaturato!
Snaturato, sì, perché io queste feste di compleanno non le sopporto più. Ho fatto un
conto: dall’inizio dell’anno scolastico siamo già a quattro e chissà quante me ne toccano
ancora. E già, perché in classe di Margherita sono 25 e tutti invitano tutti alla loro festa.
Anzi alle loro feste: perché, tante volte qualcuno dovesse scamparla, di feste se ne
fanno almeno due: una in classe (con torte, patatine fritte, cocacole e bignè) e una a
casa (con pop corn, aranciatedarance, rustici, panbrioscia e persino spumante - per
offrire qualcosa ai genitori, quando finalmente vengono a riprendersi i figli e poi si
fermano a chiacchierare e non se ne vanno più). Senza contare la festicciola in famiglia,
con i nonni, i fratelli e gli zii. Il tutto condito da una costellazione di scatti fotografici
con il flash che verranno trasferiti in un CD pieno zeppo di foto che mai verranno
stampate e raramente persino guardate. Insomma un genetliaco che si festeggia più a
lungo di quello della Regina d’Inghilterra.
E devo considerarmi anche fortunato, perché la festa di Margherita sono riuscito a farla
a casa mia, scampando il destino della squallida saletta in parrocchia o
dell’insopportabile macdonald; ma non ho potuto fare a meno dell’animazione.
Festa continua. Ho fatto un calcolo: due feste per ciascuno dei 25 bambini della sezione
C della materna di mia figlia significano 50 giorni di festa all’anno, quasi uno alla
settimana; che si accavallano con le feste comandate che anche quelle, grazie al cielo,
non finiscono mai: è appena passato Natale che si comincia con i coriandoli di
Carnevale, e poi c’è Pasqua, Pasquetta, Ferragosto, per non parlare dell’ineffabile
Halloween. In tutto un’altra trentina di giorni di festa che, sommati ai cinquanta di cui
sopra fanno ottanta: cioè un giorno di festa ogni tre giorni e mezzo “lavorativi”.
Anzi di più: se sottraiamo le vacanze estive l’anno si riduce a trecento giorni; meno
ottanta di feste, ne restano poco più di duecento!
Mi sembra che si stia proprio esagerando: la festa è bella perché è una rarità da godere,
un’eccezione, un momento atteso e a lungo immaginato per divertirsi e stare insieme;
non una routine con i suoi rituali inevitabili. I regali per esempio che vengono da tutti, e
devono essere fatti a tutti; venticinque regali l’anno che equivarrebbero ad una spesa
consistente, se non ci si rifugiasse nel giocattolino o nel gadget più o meno insignificante
(per non parlare della maglietta che non verrà mai indossata), che viene sì e no degnato
di uno sguardo nel momento cruciale, quello in cui il mucchio dei pacchetti si erge
davanti allo spaesato (e un po’ eccitato) festeggiato, mentre il pubblico urla a più non
posso “Scarta la carta! Scarta la carta!” e poi tristemente abbandonato lì sul pavimento
in attesa, l’indomani, di trovare un posto nel fondo di qualche armadio. E così ci siamo
giocati anche il piacere del regalo, che non è più un oggetto desiderato e alla fine
Vincenzo Calia per La Giostra
© Fondazione Apostolicam Actuositatem. Nessuna parte del documento può essere riprodotta, in qualsiasi forma o
mezzo, senza citare la fonte (autore, rivista, sito e casa editrice)
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APRILE 2013
posseduto con gioia, ma un ennesimo ingombrante e inutile ammennicolo che la mamma
cercherà, primo o poi, di riciclare (attenzione però a non fare gaffe, potrebbe… tornare
al mittente). Mi sembra che tutto questo festeggiare invece di rallegrare i nostri bambini
li intristisca, li abitui ad una vita che non esiste, li privi del desiderio e dell’attesa, Ma è
mai possibile che non si possa fare diversamente? Una volta un mio amico mi suggerì una
regola: la regola degli anni. Alla festa di compleanno si possono invitare tanti amichetti
quanti sono gli anni che si compiono: e così tre anni, tre amichetti, a cui si aggiungono il
papà, la mamma, il fratellino o la sorellina e magari i nonni: un piccolo gruppo di
persone che possono stare serenamente insieme senza tante complicazioni e scambiarsi
auguri e regalini.
Le feste si riduco anche di numero (ognuno inviterà e sarà invitato solo dagli intimi).
Niente più sale parrocchiali, macdonald e animatori, ma solo una torta, le candeline e
l’immancabile coretto: “Tanti auguri a te…”.
Non sarebbe più bello?
Vincenzo Calia per La Giostra
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