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Del come acquistare delle donzelle gradite al Signore
possa recare grandi sorprese
Non si può negare che Holonia avesse eseguito il suo
mandato con estrema esattezza e competenza.
Tahikia, Primo Visir di Tongluck, Re di Gannan, e suo
zio di primo grado, lo aveva spedito in Circassia per acquistare colà le più belle donzelle che vi avesse trovato.
Alla fine della missione, si poteva ben dire che la nave di
Holonia fosse diventata il più bel serraglio al mondo, ché
tante e di tale bellezza erano le donne Circassiane imbarcate a Balsora, destinate al grande sultano cinese.
Accompagnavano Holonia due Dervisci, con i quali
aveva legata in cammino per la Persia un’amicizia assai
stretta. Uno aveva circa sessanta anni e dal suo volto dava
ad intendere di essere stato di una ragguardevole posizione, prima di abbracciare la vita ascetica. Alto, bruno, con
sopracciglia spesse, era appena incurvato dagli anni, ma
la fierezza del suo sguardo lo faceva apparire più ritto di
quanto non fosse realmente. Il secondo era di questi il
nipote, o almeno in tal guisa era presentato. Aveva sedici
anni ed era di fattezze così delicate e regolari da potersi paragonare ai paggi che, secondo Maometto, dopo la
morte, presentano ai buoni musulmani il ponciro in piatti
d’oro sopraffino.
I due dervisci avevano abbandonato il proprio convento per seguire Holonia che aveva loro promesso di
condurli in Cina.
Il vascello navigava con il vento che gonfiava le vele,
quando, proprio all’imboccatura della città di Cambaja,
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Le nuove Mille e una notte
sull’Indo, venne attaccato da due navi di corsari di Adel.
Le due navi erano di gran lunga superiori al vascello di
Holonia, ma questi dette prova di una tale abilità marinara e guerresca che i corsari furono costretti alla fuga non
prima di avere perduto molti uomini. I due dervisci non si
erano certo risparmiati nel combattimento. In particolare
il vecchio aveva dato tale prova di valore e coraggio che
Holonia non finiva di rallegrarsi con se stesso per averlo
voluto come compagno di viaggio. Proprio mentre stava
per esternare questi apprezzamenti, un pallore mortale si
diffuse sul volto del derviscio più giovane e un fiotto di
sangue tinse il suo vestito. Holonia, repentino, fremette,
stracciando tosto l’abito allo stomaco con l’intenzione di
recargli un rapido soccorso, ma restò in un’estrema sorpresa nello scoprire sotto quelle vesti i seni perfetti di una
donzella di beltà senza pari. In virtù dell’urgenza dell’intervento richiesto, soffocò repentinamente in se stesso
questa sorpresa e scoprì, per buona sorte, che la ferita era
lieve, poco al di sotto del bellissimo seno sinistro. Non
potendo più nascondere il segreto, il vecchio derviscio,
lavato il sangue che leggermente scorreva sul ventre piatto e bianco della fanciulla, si volse così a Holonia:
«Signore, io vi credo così generoso da non approfittare
di tale scoperta. Poiché l’imperscrutabile destino vi ha
condotto a disvelare il vero sesso di questa creatura, io vi
dirò chi davvero noi siamo, affinché un cuore generoso
come il vostro abbia l’avventura di vedere un re che dall’alto della sua suprema grandezza sia stato in un baleno
precipitato nell’abisso della disperazione».
Lo sconosciuto, quindi, continuò.
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La storia di Malekasalem, Re di Georgia
«Sappiate dunque Signore, che colui che vi trovate
dianzi è Malekasalem, Re di Georgia. Il mio castello e la
mia residenza si trovavano nella provincia detta di Guriel, dalla quale potevo scorgere i margini del Mar Nero
Creatore. Da tutte le sultane del mio harem non ebbi che
due figlioli, un maschio ed una femmina, ambedue dalla
medesima madre. Ma la mia felicità per la loro venuta si
tramutò presto in tragedia per la perdita irreparabile del
giovane Alroamat – questo era, infatti, il nome del mio
primogenito –, il quale, all’età di appena due anni, mi fu
dai Corsari rapito assieme alla di lui nutrice.
Signore! È inutile dirvi che detti invano l’ordine di inseguirli per ogni dove! Non si riuscì mai più a raggiungerli... Una spaventevole tempesta sommerse tutti i miei
vascelli inviati per tale missione e ciò mi fece ritenere per
certo che anche il mio sangue fosse stato inghiottito dai
flutti.
Dopo molte lagrime, mi ritirai con la mia figliola nella
città di Tefflis, capitale del mio Regno. Questa che vedete
sotto abito di derviscio è dunque la Principessa Gulcén
Gundogdì, cioè Aurora nascente, dato che nascendo mi
dette la speranza di essere un giorno l’incarnazione della perfetta bellezza. A quindici anni, in effetti, non v’era
nel Regno chi la pareggiasse e già pensavo di trovare un
degno genero per la mia successione, quando avvenne
il rovescio della mia sorte. Il Sultano di Bitlis si avventò
sulle mie terre con una delle più numerose armate che
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Le nuove Mille e una notte
si fossero mai viste. Questo Principe, chiamato Difenghin, cioè Cuore di pietra, non aveva nessun motivo di
risentimento nei miei confronti ma, diffusasi per tutto il
Regno la fama di mia figlia, e sicuro che non gliela avrei
mai accordata per la sua ben nota crudeltà, pensò bene
di conquistarla insieme al Trono. Con amarissimo dolore
lo vidi mettere a ferro e fuoco ogni cosa nel mio Regno
e non potei opporgli nulla, oltre le sparute truppe che
mi era consentito approntare dopo dieci anni di leva di
pace.
Quest’uomo crudele minacciò di farmi morire tra i più
atroci tormenti se non avessi acconsentito alle nozze. Ma
vi confesso, Signore, che il dolore più grande me lo dava
già il vedere la disperazione di Gulcén. Così non attesi
l’arrivo del mostro a Tefflis, ma sottratte quante più gemme e tesori e presa con me Gulcén, ci travestimmo da
dervisci e fuggimmo nottetempo dal mio palazzo, dalla
mia città, dal mio Regno. Dopo avervi incontrato e avere
attraversato al vostro seguito una parte della Persia, giungemmo alfine al golfo di Balsora, dove ci siamo imbarcati
sul vostro vascello…».
Holonia ascoltava stupitissimo il racconto del Sultano
di Georgia e dopo avere chiesto perdono alla Principessa
per la sua indiscrezione, assicurò che mai avrebbe disvelato il loro segreto.
«Ma permettetemi» aggiunse Holonia, «di rappresentarvi come il più grande bene segua sovente dappresso
il male peggiore. Ne è prova vivente lo stesso Re della
Cina, dal quale vi reco. Egli salì, infatti, al Trono dallo
stato più infelice e per accidente del tutto fortuito. Se il
racconto della sua storia potrà alleviare il vostro dolore,
mi accingo più che volentieri a narrarvela…»
Holonia iniziò dunque la sua narrazione.
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