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SPECIALE ARZIGNANO
QUALITÀ E AMBIENTE
Rino Mastrotto: «Ci abbiamo messo due anni ma oggi il mio gruppo è fuori
dalla mischia dell’economico. Con Elmo abbiamo acquistato un brand.
Moda meglio dell’arredamento. Per entrare nell’auto bisogna essere organizzati»
Andrea Guolo
ARZIGNANO - L’inversione di tendenza nelle
quotazioni del grezzo non sorprende Rino
Mastrotto. «Il mercato aveva toccato il picco,
oltre non si sarebbe potuto posizionare. Anche
perché la Cina in questo momento è assente,
sta comprando ben poca materia prima»
sostiene il fondatore e presidente del Rino
Mastrotto Group, che comprende sei divisioni
in val di Chiampo (Basmar, Calbe, Brusarosco,
Pomari, Galassia, Area Fashion) e tre concerie
all’estero: Bermas (Brasile), Rino Mastrotto
Group Vietnam e l’ultima acquisita da circa sei
mesi, la svedese Elmo.
Quali scenari si aprono a breve?
Non credo in un mercato debole. Una perdita
del 5-10% costituisce un assestamento, non
un crollo. Ed è ciò che mi aspetto.
La Cina comunque preoccupa. Determina il
prezzo della materia prima e assorbe sempre
più pelli europee. Come ci si difende?
Difficile rispondere. La concorrenza
all’acquisto da parte dei cinesi viene esercitata
in un terreno aperto, il nostro. Altrove non si
può parlare di libero mercato. In Brasile c’è il
dazio, dall’Argentina ormai non escono
neppure le croste, non parliamo poi di Cina e
India…
Quindi?
Possiamo difenderci soltanto
attraverso qualità delle
lavorazioni e rispetto
dell’ambiente. Dobbiamo
offrire ai nostri clienti un
prodotto qualificato, affidato a
persone competenti da noi
formate negli anni e che non
inquina. Non c’è altra
strategia.
Sono finiti i tempi degli
investimenti arzignanesi
all’estero, delle operazioni per
creare concerie nei Paesi
detentori di materia prima?
Ritengo di sì, perché ogni
conciatore ha la propria
mentalità e trasferirla nei
Paesi in via di sviluppo è
tutt’altro che facile. Investire al
Rino Mastrotto
di fuori dei confini europei
significava spostare non solo
personale tecnico, ma anche
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Elmo Leather, ultima acquisizione Rino Mastrotto Group
prodotti e tecnologia. Alla fine la
differenza di costo tra una lavorazione
effettuata in Italia e una in Brasile o
Estremo Oriente è poca cosa. Se poi ai
costi di produzione si aggiungono
quelli legati alla differenza della qualità
ottenuta dalle lavorazioni tra Europa e
altri Paesi, conviene decisamente
restare qui da noi.
Lei infatti ha acquistato una conceria
in Svezia, dove i costi sono tutt’altro
che bassi. Come va oggi Elmo?
Bene, abbiamo acquistato un brand,
che ci sta offrendo visibilità nell’alto
di gamma e sul quale siamo
abbandonare la fascia economica e la
guerra dei prezzi a essa collegata.
L’operazione Elmo è stata funzionale a
tale esigenza?
Ci abbiamo impiegato due anni, con
grande impegno. Ora, proprio in
questi ultimi due mesi, posso dire che
finalmente siamo fuori
dall’economico.
Giusto in tempo per evitare lo scontro
con un nuovo e agguerrito rivale,
brasiliano, di cui si parla molto ad
Arzignano.
Quel gruppo è nato soltanto due anni
fa, aspettiamo qualche tempo prima di
giudicare.
Sappiamo che
nelle carni è molto
forte, ora ci sta
provando nelle
pelli e tra qualche
anno vedremo
cosa sarà stato
capace di fare. Aspettiamo e vediamo.
Calzatura e pelletteria stanno
rimpiazzando l’arredamento?
Il recupero della moda rispetto al
salotto è legato essenzialmente
NEL GREZZO IL MERCATO LIBERO
C’È SOLO DA NOI. ASIA E
SUD AMERICA BLOCCANO L’EXPORT
intervenuti in punta di piedi, senza
troppi cambiamenti. Il prodotto
andava già bene così.
Qualche anno fa parlava della
necessità, per il suo gruppo, di
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all’apertura da parte di nuovi mercati,
in particolare Cina e India, al lusso e al
made in Italy, ma non soltanto. Non
dimentichiamo il contributo della
pelletteria francese, che vende in Asia
e lavora con pelli conciate in Italia e in
Europa in generale.
E dai clienti manifatturieri cinesi cosa
si aspetta?
Non ci faccio troppo affidamento. I
cinesi si affacciano alla qualità, ma
non sono in grado di assicurarci quei
numeri di cui abbiamo bisogno
perché i nostri prezzi sono tuttora
eccessivi per le loro possibilità.
Perciò gli interlocutori principali
restano calzaturieri e pellettieri
europei.
Come va l’auto?
A parte il Giappone, che ha i suoi
buoni problemi, c’è la Germania che
continua a crescere. Non posso dire
quanto a lungo continuerà, perché
non sono un veggente, ma anche se
dovesse cedere qualcosa non prevedo
comunque un crollo. È una
destinazione che garantisce risultati e
continuità.
La conceria italiana per carrozzeria ha
recuperato qualche posizione rispetto
ai grandi concorrenti, tedeschi e
austriaci?
Noi italiani dobbiamo imparare a
“soffrire” per poter entrare con
successo nel mercato dell’auto. Ad
Arzignano siamo abituati ad
arredamento e calzatura, dove le cose
funzionano diversamente e dove
manca quella strategia commerciale e
produttiva che serve per fornire la
carrozzeria. Occorre investire per
qualche anno prima di poter
raccogliere i frutti: c’è chi lo può fare
ma c’è anche chi non se lo può
permettere, perché le forniture
automotive comportano discussioni,
trattative e relazioni scritte. In una sola
parola, deve esserci una struttura che
la segue con costanza.
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