l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIII n. 156 (46.400) Città del Vaticano mercoledì 10 luglio 2013 . Ma resta alta la tensione con i Fratelli musulmani che tornano a protestare nelle strade Papa Francesco a Lampedusa Road map per la transizione in Egitto Per una nuova storia IL CAIRO, 9. Modifiche alla Costituzione, voluta dai Fratelli musulmani e ora sospesa, un referendum e quindi nuove elezioni, prima parlamentari e poi presidenziali: questi i termini della Road map annunciata ieri dal presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, in seguito a giorni di sanguinose violenze in tutto il Paese. L’intero processo di transizione, secondo il decreto presidenziale, non dovrà durare più di 210 giorni. Intanto, i Fratelli musulmani hanno lanciato oggi un appello a manifestare in tutto il Paese. I militari, dal canto loro, hanno affermato che «non permetteranno a nessuno di minacciare la sicurezza nazionale». La Road map, contenuta in un decreto emesso da Mansour dopo consultazioni con i vari gruppi politici, prevede nel dettaglio la costituzione di una commissione di saggi per proporre emendamenti alla Costituzione del 2012. La commissione sarà composta da due membri della Corte costituzionale, altrettanti giudici, due membri del Consiglio di Stato e quattro costituzionalisti e verrà nominata entro 15 giorni. Gli emendamenti costituzionali che verranno indicati dai saggi saranno poi sottoposti a un’altra commissione composta da cinquanta membri in rappresentanza di tutti i settori della società. Successivamente, entro fine novembre, gli emendamenti indicati dovranno essere sottoposti a referendum. Successivamente saranno indette elezioni parlamentari, entro uno o due mesi dall’approvazione della nuova Costituzione. Infine le nuove elezioni presidenziali, ma nessuna data è stata ancora fissata. Crescenti tensioni rischiano di intralciare il cammino della Road map. Negli scontri di ieri al Cairo sono state uccise almeno cinquanta persone. I Fratelli musulmani hanno già bocciato il piano di Mansour. Nell’escalation di violenze, un gruppo di uomini armati ha attaccato oggi all’alba la chiesa di Mar Mena a Port Said. Il commando ha aperto il fuoco contro la chiesa: l’attacco non ha fatto vittime. La zona è ora presidiata dalle forze di sicurezza. Il segretario generale dell’O nu, Ban Ki-moon, si è detto «seriamente preoccupato» per l’escalation di vio- lenze in corso. In una nota Ban Kimoon ha precisato di essere «profondamente turbato» dalle ultime notizie sui sanguinosi scontri al Cairo, e ha chiesto che siano svolte indagini approfondite e indipendenti, che possano stabilire tutte le responsabilità. Il leader del palazzo di Vetro ha quindi lanciato un appello a tutti gli egiziani affinché siano consapevoli del momento precario che sta attraversando il loro Paese e facciano tutto il possibile per evitare nuove violenze. Intanto, la Casa Bianca ha comunicato che per il momento gli aiuti economici statunitensi all’Egitto non sono in discussione. L'Amministra- zione ha così ribadito alle critiche di chi vorrebbe tagliare il flusso di 1,5 miliardi di dollari che ogni anno Washington versa nelle casse del Paese africano. «È una situazione complessa» ha affermato il portavoce Jay Carney, invitando l’esercito egiziano alla moderazione, a evitare rappresaglie e arresti indiscriminati. Damasco apre all’indagine sull’uso di armi chimiche L’Onu chiede di fermare la guerra siriana nel Ramadan DAMASCO, 9. Nuovi appelli per una tregua in Siria e apertura del Governo di Damasco all’indagine dell’Onu sull’asserito uso di armi chimiche sono i principali sviluppi registrati nelle ultime ore riguardo alla crisi siriana. Al tempo stesso, sia all’interno della dirigenza siriana sia nell’opposizione ci sono stati ieri significativi cambiamenti politici. Terrore in Libano Agli appelli alla tregua si è aggiunto ieri quello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha invitato le parti in conflitto in Siria a fermare le armi per il mese sacro islamico del Ramadan. In un lungo messaggio in cui rivolge le sue felicitazioni e i suoi auguri alla comunità musulmana nel mondo in occasione dell’inizio del Ramadan, il segretario generale ha espresso un «pensiero speciale per la Siria e il suo popolo», che vivono il loro terzo Ramadan di guerra. Ricordando la tradizione musulmana di una tregua dai conflitti durante questa ricorrenza, Ban Ki-moon ha fatto appello a «tutte le parti in Siria a rispettare questo obbligo religioso per almeno un mese». Nelle stesse ore, l’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari, ha presentato un invito formale al capo del team dell’Onu per l’indagine sull’uso di armi chimiche, Ake Sellstrom, e alla rappresentante per il disarmo, Angela Kane, a recarsi a Damasco per trattare la questione. Jaafari ha spiegato che l’obiettivo è «discutere il meccanismo e i termini della missione di esperti Onu». Ban Ki-moon, attraverso il suo portavoce, ha detto di «accogliere con favore» l’offerta. Indulgenze per la giornata mondiale della gioventù Il luogo dell’esplosione a Beirut (Afp) visione libanese Al Manar parla invece di 18 feriti. L’autobomba è esplosa in un parcheggio del quartiere di Bir al-Abed, area considerata una roccaforte di Hezbollah. Gli uomini del movimento sciita hanno subito isolato la zona. Sul posto sono arrivate subito molte ambulanze e furgoni dei vigili del fuoco. PAGINA 8 E la firma spuntò sul quadro invenduto A PAGINA Nel frattempo, il partito Baath, quello guidato dal presidente siriano Bashir Al Assad e al potere da cinquant’anni in Siria, ha comunicato ieri un ampio rinnovamento dei suoi quadri dirigenti, con l’esclusione, tra gli altri, del vice presidente Faruq Al Sharaa, critico nei confronti della politica del presidente. Nella nuova direzione del partito entrano, tra gli altri, il premier Wael Al Halaqi e il presidente del Parlamento Jihad Lahham. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: — Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; — Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Il Santo Padre ha concesso il Suo Assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita del Reverendo Archimandrita Eduard Daher, B.C., al presente Parroco di Saint Elie in Zahlé, ad Arcivescovo di Tripoli del Libano dei Greco-Melkiti. In mostra in Brasile «Cristo e l’adultera» di Lotto restaurato dai Musei Vaticani ANTONIO PAOLUCCI Civili in fuga dai combattimenti a Damasco (Reuters) modello per un’Europa che non ha ancora capito quanto gravi siano le responsabilità per l’ininterrotta catena di morti al largo di queste coste come di quelle spagnole e francesi. Una strage che chiede giustizia, che deve scuotere e scandalizzare. Come è successo al Papa qualche settimana fa aprendo il giornale e leggendo dell’ennesimo naufragio. Non è possibile che l’Europa si senta assolta da una colpa sempre più grave nei confronti di madri, bambini, giovani e uomini che finiscono in fondo al mare. Queste morti sono uno scandalo e i migranti non vanno più considerati come l’altro da respingere a tutti i costi, ma sono invece quel futuro dell’Europa come continente dalla vocazione universale a cui Papa Francesco implicitamente ha fatto riferimento con la sua venuta. È importante che il Pontefice abbia rivendicato a sé quello che nessun governante europeo riesce oggi a incarnare: lo spirito universale che guida i diritti a una vita degna per tutti. La Chiesa nel suo ruolo di testimone di un messaggio al di là di ogni frontiera è in prima linea proprio sui confini, allo stesso tempo sempre più artificiali e atroci, di un mondo globalizzato. Non è un caso che il Papa abbia detto a Lampedusa che dobbiamo sfuggire alla globalizzazione dell’indifferenza, conseguenza di una globalizzazione economica che ha svuotato l’universalismo di qualunque significato. È ora che i cristiani si facciano testimoni nel mondo della necessità di un’umanità sentita come condizione comune di accesso alla salvezza. Una salvezza intesa nel senso più basilare di sopravvivenza e più ampio di diritto a una vita piena. Credo che Papa Francesco abbia voluto indicare che i confini del cristianesimo non coincidono con quelli dell’occidente. Rifiutando anche di identificare l’islam, l’induismo, l’animismo come rappresentanti di un mondo lontano dalla Chiesa e dalla sua missione universale, rivolta cioè all’umanità. Nell’invito del Pontefice a vedere i migranti come fratelli c’è il monito a non accettare più il ricatto di una globalizzazione che ha trasformato in scontro di civiltà la possibilità reale di una convivenza ricca e nuova tra fedi e culture diverse. Il Santo Padre ha ricordato che Lampedusa è uno scoglio a cui si aggrappa la disperazione di chi fugge da condizioni difficili o impossibili. Ma il Pontefice ha ricordato che l’isola siciliana è anche una lampada e un faro — iscritti nel nome stesso dell’isola — che illuminano la speranza di un’umanità futura oltre la banalità della divisione del Mediterraneo risalente a diversi secoli fa. Nella sua modernità, il messaggio di Papa Francesco ci ricorda che da allora la storia è andata avanti e ci chiede altre soluzioni e altro coraggio. NOSTRE INFORMAZIONI Concesse dal Papa con decreto della Penitenzieria Apostolica y(7HA3J1*QSSKKM( +%!"!_!#!z ella visita di Papa Francesco a Lampedusa ci sono alcuni elementi che nella loro freschezza e immediatezza raccontano il significato del gesto al pari delle parole pronunciate durante la messa. Il primo, dopo l’omaggio agli immigrati annegati in mare, è l’incontro sul molo Favaloro con un gruppo di giovani (una cinquantina) arrivati con i barconi dall’Africa. Il secondo è la presenza di handicappati e di migranti nelle prime file dinanzi all’altare durante la messa nello stadio, un lato del quale è occupato dalle carcasse delle “carrette del mare” a bordo delle quali hanno perso la vita in questi anni migliaia di persone. Il terzo è l’assenza di qualsiasi autorità pubblica, a eccezione del sindaco coraggioso di Lampedusa, Giusi Nicolini. Si aggiunge a questi elementi una nuova consapevolezza della popolazione della piccola isola. Solo due anni fa venne promessa una forma di “risarcimento” per il danno causato al turismo dalle immagini degli sbarchi e dei naufragi. Oggi il Papa ha incontrato la popolazione e l’ha invitata a prendere con orgoglio il posto d’avanguardia nella lotta contro l’indifferenza. E una scena che si aggiunge agli elementi straordinari di questa visita è stata la reazione dei turisti presenti nell’isola che abbracciavano i migranti per strada e si fermavano a parlare con loro. Papa Francesco ha indicato i lampedusani come popolazione N Manifestazione di protesta al Cairo (Reuters) Morti e feriti nell’esplosione di un’autobomba a Beirut BEIRUT, 9. Torna il terrore in Libano. Diverse persone sono morte e numerose rimaste ferite nell’esplosione di un’autobomba nella periferia meridionale di Beirut, una zona controllata dal movimento sciita Hezbollah. Un primo bilancio diffuso dall’emittente France 24 e rilanciato da media locali riferisce di almeno 22 tra morti e feriti. La tele- di FRANCO LA CECLA 4 In data 9 luglio, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di La Rioja (Argentina), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Roberto Rodríguez, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese In data 9 luglio, il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di La Rioja (Argentina) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Marcelo Daniel Colombo, finora Vescovo di Orán. In data 9 luglio, il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Carlos de Bariloche (Argentina) il Reverendo Padre Juan José Chaparro Stivanello, C.M.F., finora Superiore della Comunità dei Padri Claretiani di Lambaré (Paraguay). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì 10 luglio 2013 Operazioni di soccorso al largo di Malta e Libia Intervento della Santa Sede a Ginevra Oltre 300 migranti tratti in salvo Protezione internazionale per i rifugiati ROMA, 9. Sono in totale 340 i migranti soccorsi durante la notte scorsa dalla Guardia costiera italiana e condotti a Lampedusa, a poche ore dalla visita del Papa Francesco. «Il convoglio composto dalle due motovedette e dal pattugliatore della Guardia costiera sta ora dirigendo per Lampedusa dove è previsto l’arrivo nella tarda mattinata di oggi» recita un comunicato. Le operazioni sono iniziate nel tardo pomeriggio, quando la sala operativa della Guardia costiera ha ricevuto da telefoni satellitari, quasi in contemporanea e dalla stessa zona di mare a circa cinquanta miglia dalle coste libiche, quattro richieste di aiuto; poco dopo se n’è aggiunta una quinta, localizzata a cinquanta miglia da Malta. La Guardia costiera — riferisce l’agenzia di stampa Agi — ha quindi allertato le autorità libiche e maltesi per trarre in salvo il più velocemente possibile tutti i profughi in pericolo. Questi sono stati condotti a Lampedusa per ricevere assistenza e cure mediche. Di concerto con le autorità libiche e in considerazione della distanza dalle coste di Lampedusa, circa 120 miglia, sono stati dirottati in zona cinque mercantili, che incrociavano in quelle acque, per cercare di dare una prima assistenza ai barconi dei profughi, in attesa dell’arrivo del pattugliatore della Guardia costiera e delle due motovedette partite da Lampedusa con a bordo due medici del Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’O rdine di Malta). Dopo poche ore dal primo avvistamento il pattugliatore italiano ha raggiunto un primo barcone e ha preso a bordo 94 migranti in condizioni critiche (63 uomini, 26 donne e 5 minori, due dei quali con ustioni da idrocarburi). L’unità ha quindi abbordato altri due barconi, con a bordo 209 persone, già assistiti dalle navi mercantili che però, a causa della loro imponente stazza e dell’altezza delle murate, non avevano potuto imbarcare i profughi. Sono stati presi a bordo dalle due motovedette, che si sono quindi dirette a Lampedusa. Il quarto barcone, rilevato nelle acque libiche e con a bordo un centinaio di persone, è stato soccorso da una motovedetta libica. Infine, la nave della Marina Militare «Cigala Fulgosi», in collaborazione con le autorità maltesi, ha individuato un quinto barcone in difficoltà e ha imbarcato i quaranta immigrati che vi erano a bordo, tra i quali due donne in stato di gravidanza. In mattinata, senza essere avvistati, erano sbarcati direttamente a Lampedusa cinquanta migranti. Nelle ultime 24 ore — riferiscono sempre fonti di stampa — sono 559 i profughi approdati nell’isola. Aiuti alla Grecia solo se ci sono le riforme ATENE, 9. Entro ottobre la Grecia otterrà aiuti pari a 6,8 miliardi di euro. È quanto è merso dalla riunione, ieri dell’Eurogruppo, durante la quale si è deciso che entro il 19 luglio ad Atene arriverà dal fondo salva-Stati (Efsf) una prima rata di finanziamenti per 2,5 miliardi di euro, mentre un altro mezzo miliardo dai profitti sui titoli di Stato detenuti dalle Banche centrali. Poi, a ottobre, la seconda rata: 0,5 miliardi dall’Efsf e altrettanti dai profitti sui bond. In agosto, intanto, arriverà la tranche di aiuti, dal Fondo monetario internazionale, pari a 1,8 miliardi di euro. Al termine della riunione dell’Eurogruppo, il presidente, Jeroen Dijsselbloem, ha affermato che la Grecia deve attuare le riforme previste dal programma concordato con la troika (Unione europea, Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea) perché gli aiuti siano erogati. Loro Piana diventa francese PARIGI, 9. Loro Piana diventa francese. Lo storico marchio di tessuti italiano è stato acquistato dal gruppo Lvmh per due miliardi. La famiglia che detiene il marchio del cachemire e delle lane più rare, ha ceduto l’ottanta per cento dell’azienda al gruppo francese. Sergio e Pier Luigi Loro Piana conserveranno una partecipazione del venti per cento nella società e manterranno le loro funzioni alla guida dell’azienda. Si stima che il gruppo chiuderà il 2013 con ricavi per settecento milioni. Lvhm finanzierà l’intera operazione in contanti e con obbligazioni. Un’operazione che mira a favorire uno sviluppo ancor più rapido della marca, e in modo più coordinato in certi mercati, non solo in Cina ma anche in tutta l’area del Pacifico, senza trascurare il Sud America, il Messico e gli Stati Uniti. E in questo scenario, sottolineano Sergio e Pier Luigi Loro Piana, è concreta la possibilità di promuovere nuova occupazione. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Pubblichiamo in una nostra traduzione l’intervento pronunciato il 26 giugno dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Internazionali a Ginevra, durante il cinquantasettesimo incontro del Comitato Permanente dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur). Signora Presidente, Ancora una volta, la violenza sta causando la dislocazione forzata di centinaia di migliaia di persone. La Delegazione della Santa Sede nota con dispiacere che negli ultimi dodici mesi il numero di persone delle quali l’Acnur si prende cura nel mondo è aumentato. Quasi sempre, questo aumento è dovuto al protrarsi di conflitti armati, mentre, al presente, gli Stati coinvolti, le strutture regionali e la comunità internazionale nel suo insieme mancano della volontà politica di dialogare e trovare soluzioni politiche pacifiche. Gli armamenti non aiuteranno a equilibrare l’influenza dei gruppi in conflitto e serviranno solo a uccidere più civili e a sradicare più famiglie. Questa tragica testimonianza conferma ancora una volta che con la guerra si perde tutto, mentre con la pace c’è tutto da guadagnare. Signora Presidente, la mia Delegazione si rallegra che, in questo momento di maggiore dislocazione delle persone, l’Alto Commissariato abbia avviato sforzi per analizzare il ruolo delle comunità confessionali nella protezione. Il Dialogo, dell’Alto Commissariato, sulla fede e sulla protezione, lo scorso dicembre, è stato la positiva espressione della Monito di Mario Draghi sugli effetti del rigore imposto ai conti pubblici Il dramma del disagio sociale FRANCOFORTE, 9. Il consolidamento dei conti pubblici «resta inevitabile», anche se «so che in alcuni Paesi il disagio sociale è una tragedia». Insomma, avanti così, con restrizioni e tagli alla spesa, senza guardarsi indietro, senza ripensamenti, ma con un occhio al bene delle persone e delle famiglie. La Bce continuerà a fare la sua parte: i tassi saranno ai minimi attuali e potrebbero anche scendere ulteriormente se necessario, perché «rialzarli tenderebbe a destabilizzare» i Paesi più deboli e avrebbe conseguenze letali per l’economia reale. È questo il messaggio lanciato ai politici da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, davanti al Parlamento di Strasburgo, in tre ore di audizione con la Commissione economico-finanziaria. Draghi ha spiegato che «la recessione prolungata è il primo rischio sistemico» per l’Europa. Il presidente ha quindi ricordato i dati e le previsioni illustrate la settimana scorsa, confermando che per l’eurozona la ripresa «a passo ridotto» arriverà nella seconda metà del 2013. Le autorità politiche — ha aggiunto Draghi — non devono cedere ora che si vedono i primi segnali positivi delle manovre varate, come dimostrano Spagna e Italia, Paesi nei quali «qualche progresso per la competitività» e per le piccole imprese si comincia a vedere. Un giovane distribuisce il proprio curriculum vitae (Reuters) Il presidente croato in Bosnia ed Erzegovina SARAJEVO, 9. I contrasti e le diatribe politiche in Bosnia ed Erzegovina sono alla ricerca di soluzioni temporanee, ma la vera soluzione duratura è una sola: il futuro nella Unione europea. Lo ha detto a Sarajevo il presidente croato, Ivo Josipović, giunto ieri per una visita ufficiale di due giorni in Bosnia ed Erzegovina, la prima all’estero da quando la Croazia, il primo luglio scorso, è diventata il ventottesimo Paese dell’Unione europea. «Quella di Sarajevo è stata una scelta voluta e naturale che ancora una volta conferma come la stabilità bosniaca sia un interesse vitale della Croazia» ha detto Josipović, osservando come i croati bosniaci, che grazie alla doppia cittadinanza, bosniaca e croata, sono diventati cittadini dell’Ue, possano essere il migliore legame tra il proprio Paese e il suo futuro europeo. «Ai nostri partner dell’Ue diremo sempre chiaramente che l’intera regione deve entrare a far parte dell’Europa unita» ha detto ancora il presidente croato, ribadendo che la Croazia non vuole ora comportarsi da «tutore» nella regione e che Zagabria non bloccherà né ricatterà nessuno sulla strada verso l’Ue. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione direttore generale Per un uso eticamente responsabile della tecnologia GINEVRA, 9. Occorre un uso «eticamente responsabile della tecnologia» affinché si sviluppino «forme di solidarietà a favore dei Paesi più poveri»: è quanto affermato dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra. Tomasi è intervenuto alla riunione di alto livello dell’Ecosoc, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, dedicato al tema «Scienza, tecnologia, innovazione ed il potenziale della cultura nella promozione dello sviluppo sostenibile». La promozione della conoscenza scientifica nelle Nazioni in via di sviluppo e la diffusione della tecnologia — ha detto Tomasi – «sono diventate una componente morale del bene comune». Tanto più che oggi lo sviluppo dei popoli viene erroneamente considerato solo come «un argomento puramente tecnico», legato al mercato o agli investimenti produttivi: tutti fattori di «grande importanza» ha riconosciuto Tomasi, ricordando però che «un progresso meramente economico e tecnologico è insufficiente» poiché «lo sviluppo deve essere vero ed integrale, abbracciare tutte le aspirazioni della persona umana, che ne resta la migliore risorsa e l’indispensabile protagonista». Progressi nei colloqui tra Serbia e Kosovo BRUXELLES, 9. Le intese fra Serbia e Kosovo sul fronte delle telecomunicazioni e dell’energia sono in via di compimento. Lo ha fatto sapere l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, Catherine Ashton, al termine, ieri a Bruxelles, del tredicesimo round del dialogo con i premier serbo, Ivica Dačić, e kosovaro, Hashim Thaçi. «Le discussioni su questi testi continueranno nei prossimi giorni quando andrò a Belgrado e Pristina» ha spiegato Ashton. «Dopo la storica decisione del Consiglio europeo di giugno di aprire i colloqui di adesione con la Serbia e i negoziati Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] convergenza delle persone di fede sul dare priorità alla compassione, alla solidarietà e al dialogo rispettoso, quale metodo adeguato per rispondere alla piaga dei rifugiati. Prendiamo atto con approvazione dell’Affermazione dei leader religio- si, presentata di recente quale risultato del Dialogo. Le testimonianze dirette provenienti dalle aree di conflitto mostrano come le comunità confessionali siano fornitrici di protezione. Attualmente, in Siria, un’organizzazione internazionale cattolica sta operando mediante oltre venti comunità confessionali — cattoliche, ortodosse, protestanti e musulmane — per fornire cibo, medicinali, rifugio e sostegno psicologico e sociale a più di 100.000 persone a Damasco, Homs, Aleppo, e nelle aree rurali circostanti. I destinatari di questi aiuti sono per la maggior parte musulmani, proprio come la popolazione della Siria è per la maggior parte musulmana. Gli aiuti non vengono distribuiti secondo il credo, bensì in base al bisogno. È un esempio di siriani che aiutano i siriani. Questi gruppi confessionali non sono soggetti alle limitazioni di alcune norme per la sicurezza, né alle tattiche della politica, che spesso ostacolano la fornitura di assistenza. Non partecipano al conflitto, ma cercano di servire i bisogni di altri non combattenti che stanno soffrendo. Secondo la mia Delegazione, è fondamentale che i legami tra questi gruppi e l’Acnur vengano rafforzati, di modo che si possa realizzare meglio il mandato della protezione. Signora Presidente, Questa Delegazione ammira i generosi sforzi compiuti dalla Giordania, dal Libano, dalla Turchia e dall’Iraq per accogliere oltre un milione e mezzo di profughi dalla Siria. I costi sono stati elevati, sia per questi Paesi ospitanti, sia per le risorse finanziarie dell’Acnur. La risposta della comunità internazionale a questa emergenza è di fatto incoraggiante. Molto è stato dato, ma serve ancora tanto. Allo stesso tempo, la mia Delegazione è preoccupata all’idea che altre emergenze, altre persone bisognose di protezione, vengano trascurate dal momento che tutti i soldi sono destinati all’emergenza in Siria. Ci preoccupiamo quando apprendiamo che i servizi di protezione necessari vengono limitati in altre parti del mondo perché non ci sono più soldi per pagarli. Signora Presidente, un bambino malato che ha bisogno di medicine in un campo profughi nello Zambia non è diverso da un bambino malato che ha bisogno di medicine a Damasco o ad Amman. Entrambi sono bisognosi ed entrambi meritano protezione, perché la vita di entrambi è preziosa. Signora Presidente, Come ultima cosa, la mia Delegazione desidera affrontare la questione dell’accesso agli spazi di protezione. L’esempio della Giordania, del Libano, della Turchia e dell’Iraq, fa pensare alla loro disponibilità a permettere a degli stranieri di entrare nel loro territorio per trovarvi protezione. Di fatto, questi Paesi indicano il cammino al resto della comunità internazionale. Non basta limitarsi ad ammirare da lontano le generose politiche adottate e messe in atto da tali Paesi, senza imitarli. Pertanto, la mia Delegazione esorta l’Alto Commissariato a proseguire i suoi sforzi per estendere gli spazi di primo asilo e quelli di reinsediamento e di altre soluzioni durature. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va sull’accordo di associazione con il Kosovo — ha aggiunto il capo della diplomazia Ue — abbiamo affrontato i prossimi passi dell’attuazione» dell’accordo sulla gestione dell’area Nord del Kosovo, raggiunto ad aprile scorso. «È di cruciale importanza — ha quindi ribadito Ashton — che il lavoro di attuazione prosegua nelle prossime settimane, come previsto dal piano; sono felice che entrambi i primi ministri abbiano confermato il proprio impegno a questo scopo» ha concluso il capo della diplomazia dell’Unione europea. E la necessità di applicare l’accordo sulla normalizzazione delle Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 relazioni con Belgrado è stata sottolineata a Pristina anche da Philip Reeker, responsabile per i Balcani al dipartimento di Stato americano, che ha avuto colloqui con la dirigenza del Kosovo. Tale intesa, ha detto, crea le condizioni per allentare la tensione nei rapporti tra Serbia e Kosovo, che hanno comunque, unitamente agli altri Paesi dei Balcani occidentali, fatto grandi progressi sulla strada verso l’integrazione europea. Nei prossimi giorni, sarà a Belgrado il commissario europeo all’Allargamento, Štefan Füle. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 luglio 2013 pagina 3 Raduni in tutte le città per pregare e riflettere sulle prospettive del Paese africano In vigore dalla rivolta del gennaio 2011 che ha deposto il presidente Ben Ali In Sud Sudan due anni d’indipendenza senza pace Prorogato in Tunisia lo stato di emergenza JUBA, 9. Il Sud Sudan celebra oggi il secondo anniversario dell’indipendenza con pubbliche dichiarazioni di fiducia nelle sue prospettive di sviluppo e di un futuro di pace, ma con il peso di irrisolti problemi e, soprattutto, persistenti situazioni di violenza e conflitto. In tutte le città sudsudanesi, dalla capitale Juba a Rumbek, Bor, Wau, Bentiu, Malakal, Yambio, Torit, Aweil e Kuajok, la vigilia è trascorsa con centinaia di di migliaia di persone in preghiera, per un’iniziativa voluta dal presidente Salva Kiir Mayardit e sostenuta da tutte le confessioni religiose come occasione per riflettere sul passato e sul futuro. Le profonde ferite lasciate dalla guerra civile continuano a sanguinare e, anzi, nuove se ne sono aggiunte in questi due anni, che non hanno portato maggior benessere economico. Le questioni lasciate irrisolte con Khartoum al momento della separazione tra Sudan e Sud Sudan, prima fra tutte quella della ripartizione delle risorse petrolifere e della sovranità sull’Abyei, hanno avuto anzi conseguenze pesanti. Per oltre un anno, il contenzioso sulle tariffe d’uso degli oleodotti sudanesi verso il Mar Rosso ha bloccato le esportazioni di petrolio, che valgono il 98 per cento delle entrate del Sud Sudan. Non ci sono stati investimenti in spesa sociale e, anzi, il Governo di Juba è stato costretto a ridurre gli stipendi in un contesto di aumentati prezzi dei beni essenziali. Su questi due anni, soprattutto, ha pesato il protrarsi di scontri armati tra forze governative e milizie dissidenti, così come continua ad accadere anche in Sudan, con i due Governi che si scambiano accuse di sostenere i rispettivi gruppi ribelli. L’ultima denuncia riguarda la drammatica condizione di oltre ventimila profughi per le violenze nello Stato del Bahr el Ghazal settentrionale, al confine con il Sudan, sostanzialmente tagliati fuori dall’assistenza umanitaria. In gran parte si tratta proprio di persone rimpatriate dopo l’indipendenza, ma che si sono trovate coinvolte nella quasi immediata esplosione di una nuova crisi. Secondo l’organizzazione Medici senza frontiere, nei campi in cui queste persone sono ammassate la situazione si fa sempre più precaria e mancano acqua potabile e cibo. Passi in avanti, invece, si sono registrati per quanto riguarda il consolidamento della democrazia sudsudanese. In particolare, il Parlamento di Juba ha varato importanti Ali Osman Taha, vice presidente del Sudan, e il vice presidente del Sud Sudan Riek Machar (Afp) leggi a tutela della libertà di pensiero, informazione e di stampa, che erano state sollecitate da più parti. Due testi di legge, sul diritto a essere informati e su un ente preposto a regolamentare i mezzi di comunicazione, sono stati approvati all’inizio della settimana, un mese dopo un’altra legge relativa all’emittenza radiotelevisiva pubblica. Lo stesso Salva Kiir Mayardit, secondo quanto riferito dal’emittente cattolica Radio Bakhita, aveva esercitato pres- sioni sui deputati, in netta maggioranza appartenenti al partito da lui guidato, il Movimento per la liberazione del popolo sudanese, affinché i provvedimenti potessero essere varati prima dell’anniversario di oggi. Negli ultimi anni erano state più volte denunciate intimidazioni subite dai giornalisti e lo scorso dicembre aveva fatto scalpore l’assassinio di Diing Chan Awuol, un cronista e notista politico spesso critico sulle le scelte delle autorità di Juba. TUNISI, 9. La presidenza tunisina ha annunciato ieri il prolungamento di altri tre mesi dello stato d’emergenza imposto nel Paese dopo la rivolta che ha deposto il regime del presidente Zine El Abidine Ben Ali, il 14 gennaio 2011. La decisione del presidente tunisino, Moncef Marzouki, presa dopo consultazioni con il primo ministro, il presidente dell’Assemblea costituente e i responsabili della sicurezza, entrerà in vigore retroattivamente, a partire dal 3 luglio. L’ultima proroga, di un mese, risaliva infatti al 3 giugno. Lo stato d’emergenza conferisce maggiori poteri alla polizia e all’esercito per contenere i gruppi estremisti islamici che negli ultimi mesi hanno intensificato i loro attacchi. Il Governo di coalizione guidato dagli islamisti moderati di Ennahdha è stato a lungo criticato per la sua linea morbida verso i fondamentalisti, ma — sottolineano i commentatori — ha assunto un atteggiamento intransigente dopo la scoperta ad aprile di gruppi jihadisti che trovavano rifugio lungo la frontiera con l’Algeria. Inoltre, nello scorso mese di maggio, si sono verificati violenti scontri tra forze di sicurezza ed estremisti del movimento Anshar Al Sharia che si erano dati appuntamento nella città di Qairouan, nel centro del Paese, per partecipare al congresso annuale che le autorità avevano deciso di vietare. BAGHDAD, 9. Il territorio iracheno continua a essere segnato dalle violenze. È di trentuno morti, tra cui sei bambini, il bilancio di attacchi dinamitardi che hanno insanguinato il Paese da domenica. Il bilancio delle vittime è stato reso noto da fonti mediche e di polizia. L’attacco più cruento ha avuto luogo a Mossul, dove l’esplosione di un’autobomba ha provocato la morte di sei persone. Sangue anche a Baaquba: cinque persone sono rimaste uccise in seguito alla deflagrazione di due vetture cariche di esplosivo. Segnala la France Presse che questi ultimi attentati hanno portato a più di 190 il numero delle vittime di attentati, dall’inizio di luglio. Più di ottocento i feriti. Come rilevano gli analisti, le violenze che hanno segnato l’Iraq in questi ultimi mesi sono da ricondurre al ridestarsi della mai sopita rivalità fra le comunità sciita e sunnita, che ha determinato una catena di attacchi e conseguenti rappresaglie. E il bilancio delle vittime è stato molto pesante. A pagare un alto tributo di sangue, in primo luogo, sono stati civili innocenti, fra i quali tanti bambini. Ancora sangue in Pakistan ISLAMABAD, 9. Non si fermano le violenze in Pakistan. Otto persone sono morte, e circa venti sono rimaste ferite, in due attentati dinamitardi compiuti nella provincia di Khyber Pakhtunkwa, nel nordovest del Paese. Nel primo attentato, che aveva come obiettivo un leader tribale filogovernativo nel distretto di Hangu, sono rimaste uccise sei persone. Secondo il commissario della polizia locale, Muhammad Sajjad Khan, si è trattato di un ordigno rudimentale, ma altre fonti parlano di un attentatore suicida in motocicletta. Il capo della comunità Malik Habib Ullah non era a bordo del veicolo colpito: c’era però il fratello, che è rimasto ferito. In precedenza, nell’area di Swabi MO GADISCIO, 9. Un’esplosione seguita da colpi d’arma da fuoco è avvenuta questa mattina nel mercato di Bakara, il più importante della capitale somala Mogadiscio. Secondo un testimone, è esploso «un fuoristrada con a bordo uomini in uniforme che sembravano soldati; subito dopo ci sono stati colpi d’arma da fuoco». Sulle conseguenze di quello che appare un atto di guerriglia urbana non ci sono ancora comunicazioni ufficiali. Altri testimoni hanno riferito che persone colpite sono state portate via da forze di sicurezza, ma non è chiaro se ci siano stati morti. In tarda mattinata non c’erano state ancora rivendicazioni dell’accaduto, ma la dinamica degli avvenimenti farebbe pensare a un attacco delle milizie radicali islamiche di al Shabaab, sconfitte militarmente un anno fa dall’offensiva dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, ma che hanno dimostrato — dicono gli analisti — di mantenere intatta la loro capacità di colpire, sia con operazioni di guerriglia sia con attentati in tutto il Paese, compresa appunto Mogadiscio. Proprio qui, il mese scorso, al Shabaab aveva sferrato un sanguinoso attacco a un complesso dell’Onu nei pressi dell’aeroporto, cioè in una delle zone teoricamente più protette della città. l’esplosione di un ordigno aveva investito due artificieri impegnati a disinnescare una bomba piazzata in una scuola privata. Si è poi appreso che cinque mezzi di rifornimento per la Nato sono stati dati alle fiamme da un gruppo di miliziani nella provincia sudoccidentale del Balucistan. Non si sono registrate vittime. Uomini armati hanno sparato contro gli automezzi carichi di benzina mentre erano in sosta in un parcheggio di Quetta. I camionisti sono riusciti a scappare. Si è sviluppato un grande rogo, visibile da diversi chilometri. In precedenza, nel distretto di Bolan, altri due container erano stati distrutti dalle fiamme in seguito a un attacco compiuto da miliziani. Nei giorni scorsi un camionista era stato ucciso a colpi d’arma da fuoco, sempre in Balucistan, mentre era su un camion proveniente dal porto di Karachi e diretto al valico afghano. E sul versante dell’Afghanistan si segnala che il presidente statunitense, Barack Obama, sta valutando l’ipotesi di accelerare il ritiro delle forze americane. Ne dà notizia «The New York Times», ricordando che il capo della Casa Bianca è impegnato a mettere fine al coinvolgimento militare statunitense in Afghanistan entro la fine del 2014 e che l’Amministrazione ha cercato di negoziare con le autorità afghane la possibilità di lasciare solo una piccola forza nel Paese. Ma i rapporti fra l’Amministrazione e il presidente afghano, Hamid Karzai, non sono facili, soprattutto dopo il tentativo degli Stati Uniti di avviare trattative con i talebani in Qatar per uscire dalla crisi afghana. Forze di sicurezza pakistane di pattuglia (La Presse/Ap) Dai militari del Myanmar Rilasciati bambini-soldato NAYPYIDAW, 9. Le forze armate del Myanmar hanno concesso a decine di giovani arruolati in passato in modo coatto di tornare alle loro famiglie. Dei giovani congedati, trentaquattro sono minorenni, mentre gli altri otto lo erano al momento dell’arruolamento. La liberazione, avvenuta ieri, è la terza registrata negli ultimi dodici mesi, dopo quella di una cinquantina di bambini-soldato nel Attorno alla disastrata centrale nucleare giapponese Cresce la radioattività a Fukushima Reattori a Fukushima (La Presse/Ap) le analisi segnalavano un aumento dei livelli di trizio radioattivo nelle acque davanti alla centrale. Intanto, sono quattro le aziende giapponesi che hanno presentato domanda alla Nuclear Regulation Authority allo scopo di poter far ripartire un totale di dieci reattori, a un giorno dall’entrata in vigore della nuova regolamentazione. Creata a settembre del 2012, l’agenzia sulla sicurezza nucleare giapponese è stata ideata allo scopo di varare standard omogenei e stringenti a favore della sicurezza, dato che il suo presidente, Shunichi Tanaka, ha ammesso l’esistenza di un programma nucleare «debole» prima dell’emergenza a Fukushima, auspicando che i nuovi parametri siano in grado di apportare un profondo cambiamento. da molti osservatori un grande successo politico sia a livello internazionale sia a livello regionale. Tuttavia nella lunga marcia verso la ricostruzione, il progresso e lo sviluppo, molto resta ancora da fare. Ed è auspicabile agire in fretta soprattutto di fronte alle minacce di organizzazioni radicali e terroristiche che mettono in dubbio la legittimità dell’attuale Governo. Ecco perché è stato necessario prolungare in Tunisia lo stato di emergenza. Le violenze non lasciano l’Iraq Attentati nel nordovest mentre Obama valuta l’ipotesi di accelerare il ritiro dall’Afghanistan Esplosioni e sparatorie nel principale mercato di Mogadiscio TOKYO, 9. Aumentano i livelli di radioattività nell’acqua del pozzo di osservazione vicino all’impianto nucleare giapponese di Fukushima, teatro del grave incidente del marzo 2011 causato da un sisma e uno tsunami. Secondo quanto ha reso noto la Tepco, società che gestisce la centrale, la situazione è molto grave: il livello di cesio 134 è salito ieri a 9.000 bequerel per litro rispetto ai 99 di venerdì, mentre quello del cesio 137 è cresciuto a 18.000 bequerel rispetto ai 210 di venerdì. Il pozzo di osservazione è stato scavato in dicembre vicino al reattore numero due del complesso, a una distanza di 27 metri dall’oceano. Non è ancora chiaro se l’acqua contaminata sia filtrata fino all’oceano. Sabato la Tepco aveva reso noto che Il premier tunisino, Ali Larayedh, aveva infatti dichiarato il congresso illegittimo e fuorilegge. La motivazione va ricercata nel fatto che il movimento radicale per gli organi competenti rappresenta una minaccia per la sicurezza dello Stato. In Tunisia negli ultimi mesi si sono registrati numerosi atti di violenza orchestrati dal movimento salafita. Il Paese del Nord Africa ha vissuto nel 2011 la “rivoluzione dei gelsomini” che ha dato l’avvio alla cosiddetta primavera araba considerata settembre del 2012 e di ventiquattro dello scorso febbraio. Secondo i dati dell’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, dal 2006 a oggi sarebbero stati 520 i minorenni rilasciati nel Paese del sudest asiatico. Tutti arruolati con la forza, sovente rastrellati dai vari gruppi etnici armati in lotta contro il Governo centrale. Un numero notevole che si confronta, però, con l’incertezza su quanti ancora restino a combattere (oltre a ricoprire altri ruoli bellici) per il folto esercito del Myanmar, che conta mezzo milione di effettivi su una popolazione inferiore a sessanta milioni. Tuttavia, soprattutto da quando dal 2011 il Paese asiatico si è avviato sulla strada delle riforme democratiche, la fine dell’utilizzo coatto di giovani e bambini nelle forze armate è stata tra le richieste avanzate con più decisione dalla comunità internazionale. Il reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato sono una delle più pesanti violazioni delle norme che regolano i diritti umani nel mondo. Solo nel Myanmar si stima ci siano più di 75.000 bambini soldato, uno dei numeri più alti del mondo. Il Governo di Naypyidaw si è impegnato a congedare entro la fine di quest’anno tutti i minorenni arruolati. Sebbene ci siano segnali positivi in questo senso, per molti osservatori l’obiettivo sembra invece essere ancora lontano. Disordini nel Gezi Park a Istanbul ANKARA, 9. La polizia turca è intervenuta ieri per disperdere una nuova manifestazione antigovernativa a Istanbul, non lontano da Gezi Park, riaperto ieri mattina (in seguito a tre settimane di chiusura per le proteste di giugno) e nuovamente transennato poche ore dopo dalle autorità per i raduni. A meno di 48 ore dagli scontri di sabato le autorità turche sono dovute intervenire con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni contro alcune centinaia di estremisti che volevano riappropriarsi dei luoghi simbolo della protesta. Testimoni e giornalisti della France Presse hanno riferito di accesi scontri tra polizia e manifestanti, che hanno lanciato pietre e bottiglie incendiarie contro le forze dell’ordine. Diverse le persone fermate. Chiuso al pubblico dopo essere stato sgomberato il 15 giugno scorso, il parco è stato riaperto solo ieri. Ad annunciarlo è stato il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu, che ha però avvertito i dimostranti di non radunarsi nei pressi dell’area: «Non permetteremo più che si blocchi il parco per farlo diventare uno spazio per le manifestazioni, limitandone così l’uso ai bambini, agli anziani e alla gente e causando problemi di sicurezza» ha affermato il governatore ai giornalisti presenti nell’area verde dove sono stati piantati nuovi alberi e piante, sradicati a giugno. Ma di fronte al divieto i movimenti estremisti di protesta hanno subito rilanciato annunciando una nuova manifestazione. La replica delle autorità non si è fatta attendere e tre ore dopo il parco è stato nuovamente bloccato. Giornalista assassinato in Daghestan MOSCA, 9. Un giornalista russo è stato ucciso in un villaggio nei pressi di Makhachkala, la capitale della Repubblica del Daghestan, nel Caucaso settentrionale. Come riportano le agenzie russe, Akhmednabi Akhmednabiyev — che collaborava al settimanale «Novoye Delo» e al sito di informazione Kavkaz Uzel — è stato assassinato oggi nel villaggio di Semender. Kavkaz Uzel ricorda che il giornalista riceveva minacce dal 2009 e le intimidazioni si erano fatte più concrete a partire dal maggio 2012, con due attentati alla sua persona. Secondo la ricostruzione dell’accaduto riferita dal ministero dell’Interno, «hanno sparato all’automobile appartenente al reporter a cinquanta metri dalla sua casa». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 10 luglio 2013 La riscoperta della catacomba ebraica di Monteverde A Rio de Janeiro Sulle orme di Antonio Bosio di FABRIZIO BISCONTI el 2009, nel cuore del quartiere romano di Monteverde Vecchio, in via Vincenzo Monti, mentre si stavano praticando delle indagini preliminari per la realizzazione di un parcheggio multipiano all’interno del giardino dell’Istituto Gualandi per sordomuti, si rinvennero alcune gallerie relative a una delle sei catacombe ebraiche individuate nel suburbio romano. Tra queste, sono ancora conservate quelle sotto Villa Torlonia sulla via Nomentana e quelle di Vigna Randanini sulla via Appia Pignatelli, proprio davanti al grande complesso paleocristiano di Pretestato. Queste due catacombe ci permettono di conoscere i caratteri topografici, le tipologie funerarie, i formulari epigrafici, i più rari elementi decorativi, ridotti ai soli N simboli liturgici, tra i quali ricorre specialmente il candelabro eptalicne. Tornando alla catacomba di Monteverde, una più recente scoperta, effettuata il 27 aprile del 2012 durante alcuni lavori sulle condotte del gas, in seguito ai quali un automezzo pesante è sprofondato in una cavità, ha messo in luce un’altra regione del complesso cimiteriale. E ancora, nella medesima area, il 23 ottobre del 2012, durante alcune lavorazioni per l’installazione di cavi elettrici, è stato intercettato un manufatto con elementi di chiara natura funeraria. Tutti questi rinvenimenti — attentamente monitorati dalla soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma — furono, dunque, ricondotti a quel cimitero ebraico, scoperto il 14 dicembre 1602 dal grande archeologo maltese Antonio Bosio, che, come ricorda l’opera postuma edita nel 1632 con il titolo di Roma sotterranea, trascorse più di due ore nei cunicoli, posizionati tra il cimitero di Ponziano e l’attuale stazione di Trastevere, nel fianco della collina di Monteverde. Bosio descrisse un cimitero «molto piccolo» e scavato «alla rustica» con «sepolture intagliate nei muri» e «loculi chiusi con mattoni coperti di intonaco sul quale sono dipinte o graffite le iscrizioni». Tre secoli dopo, lo studioso tedesco Nikolaus Müller iniziò una sistematica campagna di scavo, a cominciare dal dicembre 1904. L’archeologo trovò il monumento già estremamente compromesso da una rovinosa frana, dovuta alla cava sottostante sfruttata per ricavare il celebre tufo di Monteverde. I suoi scavi permisero, comunque, di avere un’idea più chiara dell’estensione non proprio esigua del cimitero e delle tipologie funerarie, che mostrarono non solo loculi, ma anche arcosoli, sarcofagi fittili, cubicoli e persino il coperchio di un sarcofago a vasca, in forma di kline, con la raffigurazione di un fanciullo. La catacomba restituì oltre duecento iscrizioni dipinte e incise in greco e in latino, con la menzione di ben sette sinagoghe dell’Urbe, un numero consistente di lucerne e di bolli laterizi, per lo più riferibili al IV secolo dell’era cristiana. Gli scavi di Müller furono documentati da una sistematica battuta fotografica, i cui positivi (ben 350), ritenuti dispersi, furono individuati solo nel 1993 nella Facoltà di Teologia della Humboldt-Universität di Berlino. Tale documentazione ha premesso di ricostruire la dinamica dell’esodo dei materiali (specialmente iscrizioni e lucerne) conservati presso i Musei Vaticani, i Musei Capitolini, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Chiostro di San Paolo fuori le Mura, il Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano. Il materiale più significativo è rappresentato — com’è ovvio — dai titoli epigrafici, dove abbonda la lingua greca, mentre una sola iscrizione dedicata alla defunta Isidora è scritta in aramaico con corrispettivo in greco. Emergono, tra le altre, due iscrizioni più complesse: una metrica dedicata a una regina dal marito affezionato, che viene definito respondens eius amori; l’altra pure in versi, fatta incidere da Theodotus per il figlio Iustus, rammaricandosi di non averlo potuto deporre in un sepolcro d’oro. Nei testi si usano espressioni stralciate dalla Bibbia e, specialmente, dai Salmi e dai Proverbi e, assai spesso, come si diceva, si fa allusione alla organizzazione della gerarchia, in quanto sono menzionati due archisinagoghi (forse i direttori spirituali della comunità) e sei gherusiarchi (presidenti dell’assemblea degli anziani). Le iscrizioni erano decorate con simboli estremamente semplici, ossia la menorah (il candelabro a sette bracci), il coltello della circoncisione, l’ethrog (il cedro), il lulab (mazzo di erbe), l’Aron (il rotolo della legge), la matzah (il pane azzimo). Lo studio sistematico delle fotografie del Müller, dei materiali dispersi nei diversi musei, dei rinvenimenti archeologici recenti, hanno permesso di restituire la fisionomia storica e monumentale di una catacomba “fantasma” che era nota sin dal 1600 ma che compariva e scompariva in maniera intermittente. Dobbiamo il recupero di tutti questi dati alla tenacia di Daniela Rossi, funzionario della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, che con Marzia Di Mento ha Una serie di nuovi rinvenimenti sono stati ricondotti al cimitero ebraico scoperto il 14 dicembre 1602 dall’archeologo maltese dato vita a un progetto di ricerca, che ha coinvolto il XVI Municipio di Roma Capitale, la Provincia di Roma, l’università di Tor Vergata, la Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e la Comunità Ebraica di Roma. Ora questo progetto è diventato una poderosa pubblicazione (La catacomba ebraica di Monteverde. Vecchi dati e nuove scoperte, a cura di Daniela Rossi e Marzia Di Mento, Roma, 2013, pagine 431), che ci permette di riscoprire un monumento dimenticato, segnato dai crolli, dalle devastazioni e dall’urbanizzazione. La catacomba di Monteverde, d’altra parte, rappresenta una delle testimonianze più significative della cultura ebraica della tarda antichità se la Legatio ad Gaium di Filone (23, 155) ricorda che molti ebrei di Roma abitavano nel Trastevere e se un’iscrizione funeraria di un arconte allude a una sinagoga proprio in questo popoloso quartiere romano, dove spuntarono anche i primi tituli cristiani, come quello di San Callisto, da collocare, con molta probabilità, nei pressi dell’attuale basilica di Santa Maria in Trastevere. In mostra in Brasile «Cristo e l’adultera» di Lotto restaurato dai Musei Vaticani E la firma spuntò sul quadro invenduto di ANTONIO PAOLUCCI isogna leggere l’episodio dell’adultera nel Vangelo di Giovanni per capire che cos’è il genio della sceneggiatura, per imparare come si fa a tagliare per campi narrativi efficaci ed essenziali, senza incertezze, senza sbavature, un fatto drammatico ad alta intensità emotiva: «Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Allora Gesù, alzatosi le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più”» (8, 3-11). In poco più di cento parole, senza un aggettivo di troppo, anzi senza nessun aggettivo, nulla concedendo alla curiosità (com’era la B Una figura di mezzo profilo in ultimo piano con gli occhiali in mano punta lo sguardo dove è emersa la scritta «Laurentii Lotto» Ha tutta l’aria di essere un autoritratto donna? Era bella, era giovane? E il suo amante chi era? Come hanno fatto a sorprenderli?) l’evangelista svolge e governa una articolata pluralità di persone, di situazioni, di emozioni. Prima c’è, appena alluso, il tumulto e il clamore dello scandalo; la donna portata a giudizio, prigioniera dei miliziani che l’hanno arrestata, circondata dalla morbosa cattiveria della gente. Poi l’assalto verbale dei farisei che vogliono incastrare Gesù. Infine al centro del racconto (e pare di avvertire il silenzio che si è fatto sulla piazza) le parole misteriose che Cristo scrive col dito nella polvere; parole che nessuno ha capito e che neppure l’evangelista conosce. Da ultimo la sceneggiatura vede i farisei allontanarsi in ra- Consegnato il Premio Ischia Internazionale di giornalismo Per i cercatori di verità Nell’anno in cui gli occhi del mondo sono stati a lungo puntati su Piazza San Pietro, con la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco, due vaticanisti si sono aggiudicati la sezione «Reportage dell’anno» del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo assegnato il 6 luglio. Sono stati infatti premiati Franca Giansoldati del «Messaggero» — «per la completezza dell’informazione e l’abilità nell’interpretare i giorni storici che hanno portato al soglio pontificio Jorge Mario Bergoglio» — e Alessandro Di Meo, fotoreporter dell’Ansa, per la foto con la quale «ha bloccato l’immagine di un fulmine sulla cupola di San Pietro nel giorno delle dimissioni di Ratzinger: quando le immagini valgono più di ogni parola». La trentaquattresima edizione del premio è stata dedicata al tema «Dovere di informare, diritto di conoscere» ed è stata preceduta dalle «Giornate dell’informazione», con incontri sulle varie tematiche del giornalismo internazionale e con la mostra fotografica «Sogno cose mai viste», realizzata in occasione del cinquantesimo anniversario di Amnesty International. Oltre ai due colleghi citati, sono stati premiati per le varie sezioni: Emanuela Audisio, Isabella Bufacchi, Lydia Cacho Ribero, Lilli Gruber, Francesco Guerrera, Vincenzo Mollica, Luciano Onder e Sarah Varetto, Anche quest’anno, grazie a Benedetto ed Elio Valentino, il premio è rimasto fedele al suo essere «un riconoscimento — così scriveva nel 1980 il fondatore Giuseppe Valentino — a chi ha ricercato e raccontato, nell’arco di un’intera carriera, la propria verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa». pida dissolvenza a uno a uno, a cominciare dai più vecchi e dunque dai più carichi di peccati e di rimorsi, per concludersi con il perdono, il perdono senza riserve, il perdono come gratuita compassionevole misericordia e balsamo dell’anima: «Va’ e d’ora in poi non peccare più». Per i pittori del Rinascimento e per i loro committenti «Cristo e l’adultera» era un argomento affascinante. C’era materiale per toccare tutti i registri del piacere figurativo, della edificazione religiosa e del coinvolgimento sentimentale: una bella donna, peccatrice ma non per questo meno affascinante, l’infinita misericordia di nostro Signore e poi i “cattivi”, i farisei insinuanti e argomentanti, campionario di stolidità, di perfidia, di malafede, di ipocrisia. Leonardo da Vinci nel Cristo fra i dottori della Thyssen-Bornemisza di Madrid (1506) aveva dimostrato quali risorse infinite di psicologismo naturalistico può assicurare il dominio della fisiognomica. Lorenzo Lotto è sullo stesso registro mentale e stilistico quando, circa gli anni 1527-29, dipinge il Cristo e l’adultera oggi al Louvre. In quel dipinto c’è il subitaneo splendore della bellezza femminile che riempie gli occhi e scalda il cuore nella tenera grazia della donna che le guardie hanno sorpreso discinta e hanno portato via mezza nuda così com’era, nell’armatura di acciaio scintillante e nel bianco elmo piumato (memoria giorgionesca) dell’armigero che la conduce al giudizio. E poi c’è il gruppo compatto dei farisei che circonda opprime quasi schiaccia un Cristo che, al centro della scena, sembra stupire, con malinconico disincanto, di fronte a tanta protervia e volgarità. Pinturicchio, Se ho ricordato il quadro del Louvre è perché è appena uscito dai Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani, al termine di una accurata pulitura, un Cristo e l’adultera di Lorenzo Lotto che è da considerare, con ogni evidenza, una variante d’autore databile a circa vent’anni dopo. Il dipinto in questione si conserva nel Museo della Santa Casa di Loreto la quale, per antica tradizione, è storica “cliente” dei Musei Vaticani per gli interventi di studio e di restauro sul suo patrimonio artistico. Lorenzo Lotto aveva l’abitudine di registrare la sua attività professionale consegnandola a un diario di lavoro conosciuto come Libro di spese diverse. Alla pagina 17 verso di quel manoscritto e ai fatti dell’anno 1548, il pittore quasi settantenne dichiara di aver dipinto il «quadro della adultera» per tale Giovanni Donato Usper mercante tedesco residente a Venezia. Per qualche ragione che ignoriamo il committente non ritirò il dipinto che ritroviamo ad Ancona nell’agosto del 1550 messo all’asta insieme ad altre opere. L’asta di Ancona andò male. Il pittore vecchio, povero e malato, decise di concludere la vita come oblato laico portando con sé nel santuario di Loreto i quadri che non era riuscito a vendere. «Finalmente essendo Lorenzo vecchio, ed avendo perduto quasi la voce se ne andò alla Madonna di Loreto non passò molto che come era vissuto costumatamente e bon cristiano, così morì, rendendo l’anima al Signore Dio». Con questo elogio funebre, nella seconda edizione delle Vite (1568), Giorgio Vasari chiude l’esistenza terrena di Lorenzo Lotto. Lo fa non senza aver ricordato, fra le opere sue lasciate a Loreto, insieme alla Presentazione al Tempio, L’adultera condotta innanzi a Cristo. La critica ha sempre ritenuto il dipinto di Loreto una «versione di qualità inferiore e di Il Cristo e l’adultera di Lorenzo Lotto — prestato dal Museo della Santa Casa di Loreto e qui accanto presentato dal direttore dei Musei Vaticani che ne hanno curato il restauro — è solo una delle opere volate a Rio de Janeiro in occasione della Giornata mondiale della gioventù (Gmg). Come avviene dal 1993, infatti, anche la Gmg in programma dal 23 al 28 luglio 2013 sarà accompagnata da una mostra ispirata al tema della manifestazione: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Matteo, 28, 19). L’esposizione, organizzata dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù del Pontificio Consiglio per i Laici, è intitolata «Sulle orme del Signore» ed è ospitata presso il Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro, dal 9 luglio al 12 ottobre. La mostra presenta una selezione di opere, oggetti d’arte e manoscritti, raggruppati in quattro sezioni: «Cristo: via di salvezza», «Vocazione e missione degli apostoli», «Maria strada che conduce a Cristo», «I santi: modelli da imitare». Nella prima sezione sono presentate opere sul volto di Cristo, la passione, la resurrezione, l’incredulità di Tommaso, ma anche la parabola del buon Samaritano. Esposte firme di prestigio: tra gli altri Beato Angelico, Melozzo da Forlì, Leonardo da Vinci, Bernini, Correggio, Guercino e Lotto. Nella seconda sezione, invece, sono esposti lavori con tema legato alla chiamata degli apostoli. Eccezionale la presenza del Dittico con Pietro e Paolo (III-IV secolo dell’era cristiana, questo prestato dai Musei Vaticani che hanno inviato alla mostra diversi pezzi di prestigio), assieme a opere di altri artisti tra i quali Pomarancio e de Ribera. Nella sezione dedicata a Maria ecco accostate opere della tradizione orientale e occidentale. Accanto a splendide icone bizantine troviamo i nomi di Michelangelo, Perugino, Sassoferrato e Pinturicchio con la sua Madonna col Bambino detta Madonna del davanzale (anche questa giunta in Brasile dal Vaticano). Infine nell’ultimo settore sono esposti diversi dipinti raffiguranti i santi più noti. La mostra si apre con un pezzo di eccezionale valore, artistico e religioso. Si tratta del celebre Mandylion di Edessa, venerato come l’immagine “acheropita” (non dipinta dalla mano dell’uomo) e veritiera di Cristo. Il piccolo prezioso dipinto, risalente al III-V secolo dell’era cristiana, conservato in Vaticano, apre l’eccezionale sequenza di «Madonna col Bambino» detta «Madonna del davanzale» (1498 circa, Musei Vaticani) immagini di Cristo. Partendo dal Salvator Mundi di Melozzo da Forlì, passando per il Volto di Cristo di Beato Angelico, fino al disegno di Andrea Mantegna, raffigurante il Cristo passo, sono una quindicina le rappresentazioni a testimoniare sia l’interesse del tema presso gli artisti, nel corso dei secoli, sia l’impatto devozionale che queste immagini hanno sempre avuto. A iniziare dall’immagine cristologica più nota, quale quella della Santa Sindone, che viene presentata attraverso la celebre foto realizzata da Secondo Pia nel 1898. data chiaramente posteriore» rispetto al prototipo del Louvre (Peter Humprey, Lorenzo Lotto catalogo della mostra, Washington - Bergamo Parigi 1997-1999). Ora però, dopo l’esemplare restauro condotto da Fabio Piacentini, il giudizio critico sulla tela di Loreto dovrà cambiare. Perché nella parte alta del dipinto è venuta fuori la firma: Laurentii Lotto. Non solo ma una figura di mezzo profilo in ultimo piano e con gli occhiali in mano (Lotto usava gli occhiali) lo sguardo puntato verso il punto dove c’è la firma, ha tutta l’aria di essere un autoritratto. Ora un dipinto nel quale l’artista esibisce e anzi sottolinea la sua firma non è, non può essere la generica variante di un’opera fortunata, ma piuttosto una autografa rimeditazione d’autore sul tema della adultera perdonata. Un tema di compassione e di misericordia che il vecchio Lotto, al termine dei suoi giorni, doveva sentire particolarmente congeniale. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 luglio 2013 pagina 5 Papa Francesco lancia in mare la corona di fiori (foto Ansa) e, sotto, l’attesa sull’isola per l’arrivo del Pontefice (foto France Press) tra loro un vescovo c’era / dando a tutti / la sua benedizion». È probabile — scrive Gian Antonio Stella sul «Corriere della Sera» nell’editoriale che commenta la visita di Papa Francesco a Lampedusa — «che Jorge Mario Bergoglio abbia nelle orecchie fin da bambino le note dolenti de Il tragico naufragio del vapore Sirio, dedicato alla tragedia del bastimento affondato nel 1906 mentre navigava verso il “suo” Sudamerica. Canzone che sfuma narrando di José de Camargo Barros, il vescovo di São Paulo del Brasile che morì tra i flutti consolando gli altri poveretti». E se sono anni «che, sotto i nostri occhi, si ripetono quelle apocalisse vissute dai nostri nonni», e se sono anni di terribili dati ufficiali, ecco che «ci voleva un Papa figlio di emigrati in Argentina — prosegue il giornalista italiano — per dare uno scossone all’indifferenza quotidiana dell’O ccidente». «E I commenti sulla stampa internazionale al primo viaggio di Papa Francesco L’emigrante in bianco contro la nostra apatia Su «La Stampa» Enzo Bianchi analizza quindi i valori nascosti nel gesto del Pontefice: «Un uomo, un cristiano, un Papa venuto dalla fine del mondo sceglie l’estrema periferia sud dell’Italia per la sua prima uscita da Roma e va in pellegrinaggio a un santuario dell’umanità sofferente. (...) Un gesto che vuole ricordare a tutti, a cominciare da chi ha responsabilità politiche ed economiche, che nessun essere umano è clandestino su questa terra, che ciascuno ha diritto a veder riconosciuta e rispettata la propria dignità, che migranti, profughi, esuli, vittime di guerre e di carestie non si metterebbero in viaggio se trovassero pane e giustizia là dove sono le loro radici e il loro cuore». Conclude quindi il priore di Bose notando che «in quell’umile gesto della corona di fiori gettata pregando nel mare di Lampedusa, porta d’Europa, periferia delle peri- ferie, in quell’invito a prendersi cura del fratello come di se stessi, in quella memoria resa a uomini e donne che cercavano vita per sé e i loro cari e hanno trovato morte anonima occorre cogliere un’urgenza per tutti noi: patire con chi patisce, piangere con chi piange perché questa è fraternità umana, è custodia dell’altro, è compassione! E c’è anche la rinnovata possibilità di avere fiducia nell’altro, c’è il sapersi parte di un’unica comunità, c’è la consapevolezza che “chi ha salvato una sola vita, ha salvato l’umanità intera”». E se secondo il francescano Isidoro Macías la lezione del viaggio di Papa Bergoglio è «che dobbiamo spalancare le porte per accogliere i nostri fratelli» (così in un’intervista rilasciata a «La Razón»), dai microfoni di Radio Vaticana anche Laurens Jolles, rappresentante della Agenzia dell’Onu per i Rifugiati per l’Europa Meridionale, si è soffermato sul grande lascito dell’accoglienza, commentando il «grande gesto simbolico» compiuto dal Papa. Perché, nelle parole di Kevin Clarke su «America», «nessun uomo è un’isola... Nemmeno a Lampedusa». Di «un’omelia di rara densità» ha scritto invece Jean-Marie Guénois su «Le Figaro», mentre più in generale a proposito del primo viaggio compiuto da Papa Bergoglio, Frédéric Mounier su «la Croix» ha scritto: «a memoria di vaticanista, è da tantissimo tempo che non si vedeva un viaggio papale caratterizzato da una tale improvvisazione, profondamente commovente ma al contempo così gioioso». Ed è da notare, infine, il grande spazio che i giornali non italiani hanno dedicato alla situazione di Lampedusa in genere: dati, informazioni, cartine e notizie che confermano la grande intuizione del Pontefice. Il dramma di quanti sbarcano sull’isola sicula per entrare in Europa era del tutto sconosciuto ai più. Tra religiosità rinnovata e secolarizzazione Il senso del sacro nel di MARY ANN GLEND ON coloro che si definiscono religiosi ma dichiarano di non essere affiliati a nessuna religione organizzata e di coloro che si considerano appartenenti a una religione ma adottano un approccio selettivo nei confronti degli insegnamenti della loro Chiesa. Gli studiosi secondo i quali viviamo in un’epoca di rinascente religione non basano le loro affermazioni su una presunta maggiore diffusione di una fede di tipo religioso; essi si riferiscono, piuttosto, a un’influenza politica sempre più grande della religione in tutto il mondo. In breve, il panorama spirituale contemporaneo sembra caratterizzarsi sia per l’aumento di un’attività religiosa politicamente motivata, sia per la propensione dei credenti, perlomeno in occidente, verso una religiosità più privata, individualizzata, a spese della formazione e dello spirito di associazione proposti dalla religione organizzata. econdo un’opinione ampiamente diffusa tra gli intellettuali e gli opinion leader, la religione è un’importante fonte di conflitti e di intolleranza nel mondo; l’influenza politica della religione è quanto mai varia; a volte contribuisce al conflitto, ma sovente promuove la democrazia, la riconciliazione e la pace. (...) Gran parte del disaccordo circa il rapporto fra religione e violenza deriva da percezioni differenti della realtà, percezioni che informano il modo in cui le persone intendono la “religione”, le loro opinioni sul corretto rapporto fra religione e società ordinata secondo leggi civili, le idee che sostengono e le storie che raccontano riguardo alla natura umana, alla ragione, all’individualità e al governo di uno Stato. Nel dopoguerra, la mentalità degli intellettuali e degli opinion leader del mondo occidentale era dominata dalla fede nell’inesorabile avanzata della secolarizPubblichiamo alcuni stralci dell’articolo Religioni, fonte zazione, e tale approccio era di pace o di conflitti? che il presidente della Pontificia condiviso anche dalle élite di Accademia delle Scienze Sociali ha scritto per l’ultimo altre aree del mondo che avevanumero della rivista «Vita e Pensiero». no studiato in Occidente. Il celebre sociologo Peter Berger si fece portavoce di molti quando nel 1968 dichiarò al «New York Times» che L’ascesa di un islam militante, insieme «entro il XXI secolo quanti credono nella re- all’assertiva presenza politica della religione ligione probabilmente si troveranno solo in in alcune democrazie liberali, ha stimolato la piccole sette, stretti gli uni agli altri per resi- produzione di una nuova stridente letteratustere a una cultura secolare di portata mon- ra caratterizzata da una forte ostilità nei condiale». Ma negli ultimi anni del XX secolo fronti della religione. In una serie di libri di abbiamo assistito non solo a un costante au- successo Richard Dawkins, Daniel Dennett, mento della popolazione mondiale che ade- Sam Harris e il defunto Christopher risce al cristianesimo, all’islam e all’indui- Hitchens (spesso denominati i “nuovi atei”) smo, ma anche all’influenza della religione hanno rispolverato e rinnovato le trite e ritrisulla politica in tutti i continenti. (...) te argomentazioni secondo cui la scienza Allo stesso modo, però, sarebbe sbagliato rende obsoleta la religione e la religione è supporre che la chiave di lettura della seco- un’importante fonte di conflitti. Gli scritti di larizzazione abbia perso potere per il sem- questi autori sono caratterizzati dal vigoroso plice fatto che la religione non si è progres- sostegno dell’ateismo come sistema di fede sivamente indebolita sino a venire meno nei superiore, dall’esasperazione davanti alla tempi previsti. Tanto per cominciare, i fatti persistenza della fede e dell’influenza religiodifficilmente sono sufficienti a sradicare le sa e dallo zelo missionario di far scattare convinzioni che ci stanno a cuore. E ancora: l’allarme riguardo agli effetti negativi della la convinzione che la religione sia una fonte religione nella società moderna. La tesi prinprimaria di conflitti è profondamente radica- cipale che sostengono è che la scienza ha ta nella classe degli intellettuali. Inoltre, la screditato l’esistenza di qualsiasi tipo di Dio pratica religiosa e il contesto culturale e reli- o di potere superiore. gioso sono mutati così tanto negli ultimi anI nuovi atei rifiutano anche l’approccio ni che, paradossalmente, ci ritroviamo in un del “vivi e lascia vivere” che molti non cremondo in cui un gruppo di stimati analisti è denti meno militanti hanno adottato nei in grado di sostenere a ragion veduta che vi- confronti della religione. Secondo loro, i viamo in un’epoca di «rinascente religione» presunti vantaggi della religione non sono (ancora Berger), mentre altri, con pari dirit- maggiori di quelli della moralità e dell’etica to, definiscono la nostra «un’epoca secolare» radicati nel secolarismo, mentre gli effetti (Charles Taylor). negativi della religione sono reali e sostanQueste posizioni non sono così incompa- ziali. tibili come sembrerebbe di primo acchito. Vale la pena notare che l’attuale rinascita Chi sostiene che viviamo in un’«epoca seco- del vecchio secolarismo di impostazione lare» evidenzia principalmente gli sviluppi conservatrice o, come lo definisce Pierre Madel mondo occidentale, e in particolar modo nent, di «questo ateismo pedante, questo l’aumento dei non credenti, di coloro che so- puritanesimo dell’empietà» avviene proprio stengono di essere “spirituali ma laici”, di nel mondo occidentale cristiano che ama la S Vita e Pensiero XXI pace. Tuttavia, contemporaneamente, è emerso in occidente un altro tipo di non credente che assiste con preoccupazione all’avanzata del secolarismo, e in particolare del secolarismo anticristiano, che considera una minaccia per le principali conquiste politiche della modernità. Fra questi “ateisti malinconici” figurano alcuni degli studiosi più stimati del mondo contemporaneo. In anni recenti, un pensatore di spicco quale Jürgen Habermas (come anche un filosofo come Marcello Pera) ha espresso grande preoccupazione nei confronti dei costi politici e sociali in cui si incorre quando ci si dimentica di un’eredità culturale nella quale la religione, la libertà e la legge sono inestricabilmente intrecciate. Ritenuto un’eminenza grigia della sinistra europea, Habermas ha sbalordito molti suoi seguaci quando, sull’importanza dell’eredità giudeocristiana, ha affermato: «Questa eredità [l’etica giudaica della giustizia e l’etica cristiana dell’amore], sostanzialmente immutata, è stata oggetto di una continua appropriazione e reinterpretazione critica. Oggigiorno, non ci sono alternative al riguardo. E alla luce delle attuali sfide poste da una costellazione postnazionale, continuiamo ad attingere alla sostanza di tale eredità. Tutto il resto sono solo inutili chiacchiere postmoderne» (Tempo di passaggi). Con questo, si arriva a condividere la posizione di Alexis de Tocqueville, secondo cui una società libera dipende profondamente da una sana cultura morale alimentata dalla religione (che egli individuava nel cristianesimo). Nell’introduzione a La democrazia in America, Tocqueville spronava i colleghi eredi dell’illuminismo francese a mettere da parte i loro pregiudizi nei confronti della religione. A suo parere, chi ama la libertà dovrebbe «affrettarsi a chiamare la religione in suo aiuto», in quanto deve sapere che il regno della libertà non può essere fondato senza quello dei costumi, né i costumi possono essere fondati senza credere in qualcosa. Il filosofo canadese Charles Taylor ha dichiarato in un corposo libro del 2007 (L’età secolare) che ormai, quantomeno in occidente, viviamo in un’«epoca secolare», anche se non nel senso auspicato dai “nuovi atei”. In realtà, secondo Taylor, «con il tempo la chiave di lettura della secolarizzazione, che tende ad attribuire al nostro passato religioso la colpa di molti mali del mondo, diventerà meno plausibile. Ciò accadrà in parte perché risulterà chiaro che le altre società non fanno altrettanto e, dunque, che questa chiave di lettura non riguarda il genere umano a livello universale; in parte, perché molte piaghe di cui si presumeva che la “religione” fosse responsabile non stanno scomparendo». Malgrado ciò, Taylor ritiene che viviamo in un’epoca di secolarismo. Egli riconosce, per forza di cose, che se si include un’ampia gamma di convinzioni spirituali nella propria definizione, la religione è presente come non mai. Nonostante questo, a suo parere secolo ciò che rende secolare la nostra epoca è il “cambiamento titanico” nel contesto sociale in cui si vive la religione: gli spazi pubblici nelle democrazie liberali sono stati ampiamente svuotati da ogni riferimento religioso; abbiamo assistito al declino della pratica religiosa, se non della fede; e (cosa per lui più significativa di tutte) in molte zone del mondo si è passati «da una società in cui la fede in Dio è indiscussa e di fatto non problematica, a una in cui la si considera una delle tante opzioni possibili». Taylor, del resto, non sembra condividere le inquietudini dei “non credenti malinconici” circa gli effetti corrosivi che si possono manifestare su una società nel suo insieme quando un numero elevato di individui decide di abbbandonare i “codici dei genitori”. Egli non manca di osservare che la formazione religiosa ne ha sofferto. Ciononostante, non sembra considerare tale perdita un problema serio da affrontare. Taylor si limita Josep Ginestar, «Tutti cerchiamo» (2010) a commentare che «il contatto sempre più debole di molti con i linguaggi tradizionali della fede sembra presagire a un futuro di declino». Il tono generale di L’età secolare è di rassegnazione. Già quando era cardinale, Ratzinger aveva sviluppato una contrapposizione fra “laicità positiva” intesa come atteggiamento di neutralità che apre ambiti di libertà per gli individui di qualsiasi credo, e “secolarismo negativo” che «si impone attraverso la politica e non lascia spazi pubblici alla visione cattolica e cristiana, che in tal modo rischia di diventare una cosa meramente privata ed essenzialmente mutilata». Diventato papa, ha promosso attivamente la sua visione della “laicità positiva”. Nel 2008, in un discorso tenuto ai politici francesi nella culla stessa del secolarismo antireligioso, ha commentato: «In questo momento storico in cui le culture si incrociano tra loro sempre di più, sono profondamente convinto che una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità è divenuta necessaria. È infatti fondamentale, da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini sia la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società». Il pensiero di Benedetto XVI circa il secolarismo converge in numerosi punti con quello di non credenti come Habermas. (...) Già nel 1968, nella sua Introduzione al cristianesimo, Ratzinger aveva adottato un approccio nuovo nei confronti dei non credenti dalla mentalità aperta, evidenziando che potevano incontrarsi sullo stesso terreno del dubbio. Ciascuna delle chiavi di lettura del secolarismo sin qui esaminate rappresenta lo sforzo di riuscire ad accettare il fatto che «passa la scena di questo mondo». La nostra epoca non è sufficientemente secolare per gli atei conservatori che insistono nel considerare la religione la causa praticamente di tutti i mali; mentre, di contro, è diventata troppo secolare per i non credenti malinconici che temono che le basi stesse della democrazia liberale vengano erose. Per teisti come Charles Taylor e Benedetto XVI, i recenti cambiamenti del panorama religioso pongono nuove sfide alla religione, ma, cosa interessante, Ratzinger è più vicino ai “non credenti malinconici” nella sua percezione che le modifiche dello scenario religioso pongono sfide anche alla pace, erodendo la coesione sociale, le grandi conquiste della cultura occidentale (i diritti umani, la dignità della persona, il principio della legalità) e il senso di un’unica famiglia umana nei cui confronti hanno tutti una responsabilità comune. Chi afferma che la religione è una delle fonti principali di conflitti e violenze, da parte sua, preferisce soffermarsi sulle guerre di religione del passato e sulla diffusione dell’islam jihadista cui assistiamo ai giorni nostri. Ciononostante, si accumulano le prove che sovente la retorica religiosa associata a simili conflitti ha più a che vedere con questioni di identità individuale o di gruppo, che non con differenze teologiche. Secondo uno studio sui conflitti avvenuti fra il 1989 e il 2003 condotto dall’università di Uppsala, la religione è stata raramente un fattore primario o esclusivo nei conflitti in cui era implicata. Come ha osservato Jacques Maritain molto tempo fa, «per la debolezza umana non c’è nulla di più facile che mescolare la religione con i pregiudizi razziali, di famiglia, o di classe, l’odio collettivo, le passioni di un clan e i fantasmi politici che bilanciano i rigori della disciplina individuale in un’anima pia, ma non purificata a sufficienza». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 10 luglio 2013 All’esame del prossimo sinodo della Church of England la proposta sulle donne vescovo Ridisegnata da una nuova costituzione l’organizzazione della Conferenza delle Chiese europee Una questione che continua a dividere Per rilanciare l’unità tra i cristiani LONDRA, 9. Un impegno a proseguire la discussione, con l’auspicio di approvare in via definitiva una nuova proposta sull’ordinazione delle donne vescovo entro il 2015: è questa la principale novità scaturita dal sinodo generale della Church of England, che si conclude oggi a York. Con una maggioranza di 319 voti contro 84, la riunione dei delegati della comunità anglicana nel Regno Unito ha infatti stabilito che quella dell’ordinazione delle donne vescovo «continua a essere una que- stione urgente». In sostanza, la nuova proposta sarà esaminata al prossimo sinodo, che si terrà nel novembre 2013, ma come è stato puntualizzato per l’approvazione finale occorrerà attendere il 2015. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, si è detto «molto ottimista» sul fatto che il dibattito proseguirà in maniera positiva, aggiungendo «che c’è un forte desiderio» affinché questo avvenga. Le nuove regole che dovrebbero introdurre l’ordinazione delle donne vescovo sono da lungo tempo al centro di un difficile confronto tra i membri ecclesiastici che difendono la tradizione e i liberali. La comunità consente alle donne, fin dal 1992, di diventare sacerdoti ma la consacrazione episcopale è stata sempre negata sulla base di motivazioni teologiche. Tuttavia, la pratica dell’ordinazione delle donne vescovo, anche di quelle dichiarata- mente omosessuali, già avviene, per esempio, all’interno della comunità episcopaliana (il ramo anglicano negli Stati Uniti); oppure nelle comunità anglicane di Australia, Nuova Zelanda e Canada. Parlando di fronte ai delegati al sinodo, prima della votazione, l’arcivescovo Welby aveva sottolineato la necessità di creare «un clima di fi- In Israele la riforma della leva obbligatoria Se l’esercito apre agli ebrei ultraortodossi GERUSALEMME, 9. Anche se il cambiamento avverrà «gradualmente», per la comunità ebraica osservante d’Israele si tratta di una svolta non di poco conto. Dopo 65 anni, la riforma del servizio militare, con l’inclusione degli haredim, gli ebrei ultraortodossi, finora esentati, sembra cosa fatta. Il Governo israeliano nei giorni scorsi ha infatti approvato la bozza di riforma della leva (14 voti a favore e 4 astenuti) che è destinata a mettere fine — anche se bisognerà aspettare il vaglio del Parlamento — a uno dei più roventi e spinosi temi che hanno agitato e diviso negli ultimi anni la società israeliana, con l’opposizione frontale dei partiti d’ispirazione religiosa. La non obbligatorietà della leva per gli ebrei haredim fu accordata dal padre fondatore di Israele, David Ben-Gurion, ma allora gli ultraortodossi erano abbastanza pochi nel Paese. Il dossier sulla leva — che in passato ha provocato anche crisi di Governo — è stato uno dei punti di forza dell’ultima campagna elettorale del leader centrista di «C’è un futuro», e attuale ministro delle finanze, Yair Lapid, che ne ha fatto uno dei perni dell’attuale maggioranza che sostiene il primo ministro Benyamin Netanyahu. Per le strade delle varie città israeliane sono scesi in migliaia per chiedere che il «peso» del servizio militare fosse ripartito in maniera «eguale» fra tutti gli strati della popolazione, ultraortodossi compresi. La riforma prevede che entro quattro anni, cioè dal 2017, saranno arruolati — eventualmente per il servizio civile — gli ebrei ultraortodossi (secondo alcune stime, circa 50.000) a partire dai 21 anni di età (per gli altri si parte a 18 anni), con esclusione di 1.800 di loro considerati allievi «eccellenti» nello studio della Torah. Chi si sotrarrà alle disposizioni — prevede la bozza, preparata da un Comitato, presieduto dal ministro della Scienza, Yaacov Peri — sarà perseguito penalmente. Il premier Netanyahu ha rivendicato il fatto che «oggi dopo 65 anni» la riforma sia stata approvata dal Governo e ha assicurato però che il cambio avverrà «in maniera graduale» in modo da tener conto «dei bisogni speciali della popolazione ultraortodossa». Il premier ha poi sottolineato due obiettivi: «L’integrazione dei giovani ultraortodossi nelle forze armate e, non meno importante, nella forza lavoro». Nella bozza di legge approvata dal Governo è prevista anche la possibilità per gli arabi israeliani (altro settore di popolazione finora esentato) di essere inclusi nella leva. A questo proposito, Netanyahu ha detto di aver apprezzato il lavoro fatto dal Comitato per la loro «integrazione», ma la questione «non è ancora completa e abbiamo bisogno di continuare — ha osservato — a restare collegati al problema, in modo da risolverlo». Il ministro delle Finanze, Lapid, ha definito l’approvazione «un fatto storico». Nettamente contrari invece i partiti d’ispirazione religiosa (che non fanno parte della maggioranza): «È un triste giorno per l’ebraismo haredi», ha dichiarato Meir Porush, di «Uniti nella Torah». ducia» e di mostrare «un approccio inclusivo» per quanto concerne «l’impegno a ordinare le donne vescovo esattamente sulla base di come già avviene per gli uomini». Nel novembre 2012 la proposta era stata bocciata con un “no” quasi inatteso che aveva fatto emergere profonde spaccature all’interno della comunità e un clima che era stato definito «di profonda sfiducia». Il dibattito dunque prosegue: «Si tratta di andare avanti ancora un po’ — ha precisato Welby — e di lavorare sulla proposta, considerando che vi è stato un cambiamento di umore negli ultimi sei mesi». Il sinodo ha anche approvato una mozione che chiede di porre «massima attenzione» sulle politiche governative in tema di tagli al bilancio. Si tratta di un appello a «riaprire» il dibattito sulla cosiddetta Big Society. Il riferimento è alla discussione in atto nella società britannica su un nuovo modello di relazioni con il quale promuovere una serie di riforme nel settore dei servizi pubblici in grado, secondo le intenzioni, di coniugare lo sviluppo con la necessità di salvaguardare il bilancio. Con lo slogan «fare di più con meno risorse, lasciando più spazio ai privati cittadini e meno allo Stato», la formula della Big Society prevede essenzialmente un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni di cittadini nell’amministrazione del Paese e l’affidamento alle comunità locali di servizi attualmente di competenza delle autorità statali. La mozione del sinodo indica in particolare la necessità di evitare che gli impatti dei tagli al welfare colpiscano i più vulnerabili e di assicurare il sostegno alle fasce sociali più deboli. In un intervento del passato l’arcivescovo anglicano di York, John Sentamu, aveva osservato che «se la visione della Big Society ambisce a diventare una realtà nella quale le persone si devono maggiormente unire e prendersi cura di loro stesse, allora anche le diseguaglianze economiche devono essere ridotte». Nessuno, aveva spiegato il presule, «vuole una società nella quale le persone siano obbligate a difendersi le une dalle altre, ma tuttavia, si nota che negli ultimi decenni, la crescita economica e i guadagni sono andati in maniera sproporzionata a chi ha già di più; mentre, al contrario, le previsioni suggeriscono che la popolazione diventerà sempre più divisa per classi e status e la povertà infantile aumenterà». In occasione del sinodo, infine, è emersa anche la questione relativa agli abusi sessuali sui minori. Dalla riunione sono emerse le scuse ufficiali in relazione a episodi che hanno coinvolto membri del clero nella nella diocesi inglese di Chichester tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. In un documento si condannano in particolare «i gravi errori» e i comportamenti che non hanno permesso di evitare gli abusi. I delegati hanno anche proposto una riforma delle pratiche nelle diocesi per difendere i diritti dei minori. di RICCARD O BURIGANA «Ci si deve impegnare ad aiutare le Chiese europee a condividere la vita spirituale e l’azione di servizio e a promuovere l’unità delle Chiese e la pace nel mondo»: con queste parole si apre la nuova costituzione della Conferenza delle Chiese europee (Konferenz Europäischer Kirchen, Kek), che è stata approvata al termine dell’assemblea generale che si è tenuta a Budapest dal 3 all’8 luglio. La costituzione, che sostituisce il testo in vigore dal 1992 e che era stato rivisto nel 2009, ha avuto 160 voti favorevoli, 7 contrari e 7 astenuti, ha ottenuto il “sì” dopo un intenso dibattito che ha mostrato la pluralità di posizioni all’interno dell’organismo ecumenico, creato nel 1959. L’approvazione della nuova costituzione è giunta al termine di un’assemblea che era convocata proprio per avviare una riflessione, la più ampia e partecipata possibile, tra i delegati sul presente e sul futuro della Kek di fronte alle tante difficoltà che, soprattutto, in questi ultimi anni hanno profondamente segnato la vita e l’azione dell’organismo ecumenico. Per questo molteplici sono stati i temi affrontati nel corso dell’incontro di Budapest, che si era aperto con una suggestiva cerimonia, nei locali della comunità riformata ungherese, alla presenza anche di tanti ospiti di comunità ecclesiali e organizzazioni ecumeniche, tra le quali la delegazione della Chiesa cattolica. Fin dalla liturgia ecumenica di apertura è apparsa evidente l’importanza attribuita all’assemblea, dal momento che si trattava di valutare come superare le difficoltà, che avevano portato a contrapposizioni tra gli stessi membri. Nel passato queste contrapposizioni avevano paralizzato, in molti casi, l’azione a favore dell’unità dei cristiani, senza tuttavia impedire comunque di portare avanti dei programmi, soprattutto nella difesa dei diritti umani in Europa e nel mondo e di sviluppare nuove relazioni con organizzazioni ecumeniche e istituzioni politiche. Il vescovo József Steinbach, presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese in Ungheria e vescovo del Distretto Trans-Dabuniano della comunità riformata di Ungheria, ha invitato a prendere esempio dalla vita dell’apostolo Paolo per affrontare i momenti di difficoltà. Nel pensare a delle soluzioni per recuperare lo spirito per un impegno quotidiano a favore dell’unità dei cristiani, è emerso che la Kek deve tener conto anche della propria storia nel definire nuove forme con le quali «essere testimoni della volontà del Signore in un mondo soggetto a così tanti e così rapidi cambiamenti». La questione di come affrontare i cambiamenti in un spirito di rinnovamento è stato quindi centrale durante i lavori dell’assemblea, che ha vissuto anche momenti di appassionato dibattito. Le maggiori tensioni si sono manifestate nella discussione e nella revisione del testo della nuova costituzione, soprattutto nei passaggi, ap- provati a stretta maggioranza, nei quali le Chiese e le comunità ecclesiali rivendicavano un ruolo centrale nella vita della Kek a scapito delle organizzazioni ecumeniche, dei Consigli di Chiese e dei gruppi giovanili, che in questi anni hanno assunto un ruolo particolarmente attivo nella realizzazione di progetti per una maggiore presenza dei cristiani nella società. Di fronte a queste tensioni, i tempi dedicati alla preghiera ecumenica, i momenti condivisi di spiritualità e la lettura della Parola di Dio hanno favorito i lavori dell’assemblea. Il vescovo episcopaliano Julio Murray, che ha portato il saluto del Consiglio delle Chiese latino-americane, ha ricordato che i partecipanti erano chiamati a riflettere sul come far sì che «le Chiese continuassero a essere un luogo di dialogo dove uomini e donne possono incontrarsi per ricevere risposte alle proprie domande e per sollevare nuove questioni» così da favorire l’unità e la pace. La Kek, inoltre, doveva essere fedele a quello spirito che l’ha guidato fin dalla sua fondazione e secondo il quale ci doveva essere «spazio per tutte le voci del mondo, comprese quelle delle minoranze», ha spiegato il pastore Guy Liagre, segretario generale dell’organismo ecumenico, nella sua relazione introduttiva. In questa prospettiva, l’assemblea ha deciso il trasferimento della sede della Kek da Ginevra a Bruxelles. Anniversario Nel quindicesimo anniversario della scomparsa del Reverendissimo Padre FÉLIX ASENSIO S.J. Professore di Sacra Scrittura della Pontificia Università Gregoriana la sua grande Famiglia spirituale ricorda la sua luminosa figura di Padre, Maestro e Guida alla santità, sempre unita a Lui nella Comunione dei Santi. Roma, 10 luglio 2013 Le indicazioni del santo sinodo ortodosso In Romania più forza a vita e famiglia BUCAREST, 9. Promuovere interventi a difesa della famiglia e della vita: queste sono, in estrema sintesi, le indicazioni principali scaturite dalla riunione del santo sinodo della Chiesa ortodossa di Romania, che si è svolta dal 4 al 5 luglio. I membri del sinodo sono intervenuti, fra l’altro, anche sul progetto di revisione della Costituzione. La revisione della legge fondamentale del 1991 — dopo la prima, ampia, riforma del 2003 — è infatti attualmente considerata prioritaria dalle forze politiche presenti in Parlamento. Un’apposita commissione parlamentare sta lavorando al fine di apporre una serie di modifiche al testo. In questo contesto, il santo sinodo in una nota sottolinea il proprio sostegno alla definizione di famiglia «come nucleo di base naturale della vita e dello sviluppo della società, basato sul libero consenso matrimoniale tra un uomo e una donna, sulla loro uguaglianza e sul dirittodovere dei genitori di provvedere alla crescita, all’educazione e alla formazione dei bambini e che beneficiano del sostegno e della protezione dello Stato». La Chiesa ortodossa di Romania ha inoltre deciso di rafforzare il servizio pastorale nelle comunità parrocchiali al fine di contrastare il divorzio, le pratiche abortive, le varie forme di violenza domestica e l’abbandono dei figli. La comunità ortodossa rumena darà in particolare sostegno l’iniziativa «Uno di noi»: si tratta di una campagna di organizzazioni e movimenti di vari Paesi d’Europa che hanno avviato una petizione per dare riconoscimento e protezione all’embrione umano in sede comunitaria. La proposta è di estendere la protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento in tutte le aree di competenza dell’Unione europea. In particolare si chiede alle istituzioni europee di porre fine al finanziamento di attività che ammettono la distruzione di embrioni umani nei settori della ricerca, nei programmi di riduzione delle nascite e nelle pratiche di sanità pubblica che presuppongono la violazione del diritto alla vita. Fedele all’insegnamento che la vita inizia dal momento del concepimento, la Chiesa ortodossa di Romania, si legge in un comunicato, richiama l’attenzione sul fatto che la distruzione degli embrioni umani è un atto inaccettabile da un punto di vista spirituale e umano. A tale riguardo, è spiegato, che dal sito del Patriarcato è possibile scaricare i moduli per supportare l’iniziativa europea. Inoltre, si esortano tutte le eparchie, nonché tutte le organizzazioni e le fondazioni che operano con la benedizione della Chiesa, a pubblicizzare l’iniziativa al fine di raccogliere il maggior numero possibile di sottoscrizioni. Infine, il santo sinodo ha anche approvato un nuovo piano pastorale per rafforzare i servizi a tutti livelli: dal livello eparchiale a quello nazionale. La decisione, si legge in un comunicato, è stata presa a seguito della valutazione dei risultati finali del censimento nazionale della popolazione, avvenuto nel 2011. Il santo sinodo si riunisce almeno due volte l’anno, in primavera e in autunno. La cerimonia di apertura è stata presieduta dalla guida spirituale della Chiesa ortodossa romena, il patriarca D aniel. Con questa scelta si è voluto sottolineare ancora una volta l’importanza attribuita al rapporto con le istituzioni europee, oltre che andare incontro a un’esigenza, sollevata da più parti, per una razionalizzazione delle spese in momento di così profonda crisi economica. Il trasferimento della sede non comporterà la chiusura degli uffici di Strasburgo che potranno così continuare a lavorare con il Consiglio di Europa. Per rendere più agile la struttura di governo è stato anche deciso di ridurre da 40 a 20 il numero dei membri del comitato centrale. Tra le novità vi è la maggiore responsabilità nella gestione della Kek, che è stata affidata all’Ufficio di presidenza, formato da un presidente, il vescovo anglicano Christopher Hill, e da due vicepresidenti il metropolita ortodosso Emmanuel di Francia e la pastora svedese Karin Burstrand, eletti durante l’assemblea. Lutto nell’episcopato Monsignor Joaquín Piña Batllevell, della Compagnia di Gesù, vescovo emerito di Puerto Iguazú in Argentina, è morto lunedì 8 luglio, all’età di ottantatré anni. Il compianto presule era nato a Sabadell, nella diocesi spagnola di Terrassa, il 25 maggio 1930, ed era stato ordinato sacerdote gesuita il 10 dicembre 1961. Eletto alla Chiesa residenziale di Puerto Iguazú il 16 giugno 1986 aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 16 agosto. Il 3 ottobre 2006 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie sono state celebrate, martedì 9 luglio, nella cattedrale di Puerto Iguazú. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 luglio 2013 pagina 7 Parola del cardinale Raymundo Damasceno Assis Il beato Pino Puglisi Il risveglio della Chiesa in Brasile Semplicemente prete APARECIDA, 9. «La crescita degli evangelici in Brasile e in tutto il mondo ha suscitato un "risveglio" della Chiesa cattolica che, a mio parere, si stava un po’ adagiando negli ultimi tempi». Lo ha affermato il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) in un’intervista rilascita al sito internet Uol.com.br, a pochi giorni dell’arrivo di Papa Francesco in Brasile, in occasione della Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro «Forse — ha spiegato il porporato — noi ci siamo adagiati e può darsi che la crescita del movimento neopentecostale ci abbia fatto svegliare e ci abbia fatto ricordare la nostra vera missione». Infatti, «nel frattempo, però, è aumentata la qualità dei cattolici. I praticanti sono molto più coerenti con le loro pratiche e professano la propria fede in maniera più convinta. Tutto ciò è molto positivo». In Brasile, mentre il numero degli evangelici è aumentato in dieci anni del 61,45 per cento, nello stesso periodo la comunità cattolica ha subito un lieve calo del numero di fedeli dell’1,3 per cento. Questa è la conclusione dell’ultimo censimento effettuato nel Paese dall’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge). Mentre nel 2000, gli evangelici erano circa 26,2 milioni, nel 2010 hanno raggiunto quota 42,3 milioni. Eppure, il Paese continua a essere a maggioranza cattolica. Il numero L’Honduras nel cuore delle tenebre morali TEGUCIGALPA, 9. L’Honduras, al pari di altri Paesi centroamericani, sta attraversando momenti drammatici causati da un’ondata di violenza inarrestabile che non risparmia nessuno. «Siamo nel cuore delle tenebre morali — ha detto domenica scorsa durante l’omelia l’arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis, cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga — e perciò abbiamo bisogno della luce e della fede in D io». Il porporato denunciando al tempo stesso una sorta d’indifferenza generalizzata da parte degli honduregni «che si sentono più felici consumando alcol, o per la loro appartenenza a un partito politico o a una squadra di calcio, che fanno attenzione solo alla sicurezza materiale», ha ricordato che «occorre rivolgere lo sguardo a Gesù». Nel Paese si registrano in media una ventina di omicidi al giorno. Secondo il commissario per i diritti dell’uomo, la violenza ha provocato più di 20.000 morti violente durante l’amministrazione di Porfirio Lobo, che ha iniziato il mandato presidenziale nel 2010. Dati dell’Istituto nazionale di statistica indicano che il tasso di povertà totale è aumentato dal 62 al 66 per cento e la povertà estrema dal 42 al 45 per cento nel 2012, rispetto al 2011. Poco più di 3,5 milioni di persone si trovano in condizioni di povertà totale e 5,5 milioni in povertà estrema. dei cattolici nel 2010, infatti, era di 123,3 milioni, circa il 64,6 per cento della popolazione. Nel sondaggio svolto dell’Ibge realizzato nel 2000, erano 124,9 milioni, cioé il 73,6 per cento della popolazione brasiliana. Sempre secondo il presidente dell’episcopato brasiliano, l’elezione di Papa Francesco ha portato una nuova speranza alla comunità brasiliana, oltre che per il mondo intero. «E ha generato tanta speranza anche nella Chiesa cattolica, un’aspettativa molto positiva. Ma è molto difficile quantificare questo mutamento nell’aumento di fedeli. Quello che la gente percepisce udendo e vedendo — ha aggiunto il porporato, sottolineando la capacità di Papa Francesco nell’attrarre i fedeli — è che c’è un’aspettativa positiva, gioiosa e piena di speranza per il suo pontificato», Al riguardo, Damasceno Assis ha ricordato l’aumento di pellegrini e di visitatori a Roma dall’elezione di Francesco. «Il numero dei pellegrini — ha detto — aumenta sempre di più, soprattutto durante le udienze del mercoledì e della recita dell’Angelus la domenica. Stiamo parlando di circa duecentomila persone a settimana. Questo risultato è spiegato dalla semplicità e dal modo di essere informale del Papa nell’avvicinare le persone». Ma il cardinale arcivescovo di Aparecida considera l’elezione di Papa Bergoglio un’occasione di riavvicinamento della Chiesa cattolica alla sua missione più autentica. «La Chiesa esiste per evangelizzare. Il che significa che la Chiesa deve prendersi cura di coloro che la frequentano, che partecipano alla vita delle nostre comunità, ma che bisogna anche andare incontro a coloro che sono distanti dalle nostre comunità. Il cambiamento di atteggiamento della comunità cattolica — ha ricordato — non ha nulla a che fare con la crescita del numero degli evangelici. Non è una risposta agli evangelici, ma facciamo questo per missione, per un fine, per uno scopo. Spesso ci siamo adagiati e dobbiamo uscire da questo atteggiamento. Tutto ciò è molto evidente nella visione di Papa Francesco». Infine, Damasceno Assis ha assicurato che «la Chiesa cattolica non intende discriminare nessuno», pur non trovandosi d’accordo con certi comportamenti, come il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’eutanasia e il divorzio. «La Chiesa — ha concluso — non discrimina le persone, ma non può essere d’accordo con certe posizioni che si oppongono al suo insegnamento etico. Non possiamo equiparare il matrimonio di due persone dello stesso sesso con quello tra un uomo e una donna. Non è la stessa cosa. Con tutto il rispetto per coloro che scelgono questa strada. La Chiesa non può approvare l’eutanasia, perché la vita è un dono di Dio. La Chiesa non può approvare il divorzio e non si può dire che il divorzio sia un percorso normale, pur rispettando quelli che hanno fatto quella scelta». Appello del vescovo ausiliare di San Salvador contro la violenza Un paese in ginocchio SAN SALVAD OR, 9. La Chiesa cattolica in El Salvador ha denunciato con forza la nuova escalation di violenze e omicidi che è tornata a insanguinare il Paese interrompendo, di fatto, la cosiddetta “tregua delle bande”. Già nei primi giorni di luglio sono morti più di sessanta ragazzi. «Un vero orrore», ha commentato il vescovo ausiliare di San Salvador, monsignor Gregorio Rosa Chávez. Domenica scorsa, durante la messa nella cattedrale metropolitana, il presule ha letto una dichiarazione deplorando la spirale di violenza nel Paese. «È lo Stato — ha detto il vescovo — che deve garantire la nostra sicurezza come cittadini, ma purtroppo non c’è questa percezione nella comunità. La credibilità e la sostenibilità sono due condizioni importanti per far sì che la popolazione riesca a credere nella tregua delle bande. Come abbiamo detto fin dall’inizio, il processo di pace è fragile e siamo attualmente in un momento di crisi. Il problema è grave e la soluzione comporta che ognuno faccia la propria parte. Si sono provate diverse formule, ma siamo a un punto di incertezza e confusione per la situazione di violenza che si vive». Il vescovo ha espresso la preoccupazione della Chiesa locale in merito alla “tregua” concordata lo scorso 9 marzo tra le bande giovanili e che a giudizio di molti si sarebbe interrotta. Secondo la stampa salvadoregna all’origine di questa rottura ci sarebbero diverse dichiarazioni considerate poco felici, quando addirittura inopportune, da parte di politici e autorità dello Stato che avrebbero innescato un processo di sfiducia. Secondo un recente rapporto della Polizia almeno una ventina degli ultimi omicidi sono riconducibili alle bande. Nel marzo 2012, le due bande principali che agiscono nel Paese, la Mara Salvatrucha (MS-13) e la Barrio 18, hanno proclamato una tregua grazie alla quale gli omicidi giornalieri sono diminuiti da 14 a 5. Monsignor Rosa Chávez, che non ha voluto pronunciarsi su alcune circostanze, ha però lanciato un appello alla serietà e alla responsabilità. «Nell’attuale meccanismo — ha spiegato il presule — sembra che si dipenda solo dalle decisioni che prendono alcune persone e il processo di riconciliazione vive un momento critico». Il vescovo ausiliare di San Salvador aveva precedentemente sottolineato un aspetto fondamentale di quest’iniziativa: «Il dialogo costante con tutti i settori, il coinvolgimento dell’intera società, poiché fin dall’inizio condizioni ritenute fondamentali per dare a questo dialogo un’atmosfera adeguata». Secondo i dati emersi da un recente studio condotto dalla Procuraduría para la Defensa de los Derechos Humanos e dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, negli ultimi quattro anni, sono morti 1.604 minori e, solo lo scorso anno, sono stati assassinati ben dodici neonati. invece di erigere barriere — lui che era affettuosamente chiamato dai suoi giovani 3P —, ha costruito ponti di relazione tra giovani. In che modo lo ha fatto? Costruendo un’alternativa non politica, ma spirituale e culturale. La strategia dell’azione pastorale si basava sulla formazione delle coscienze, l’amore per gli ultimi, la denuncia del male, l’invito alla conversione, il ritorno dei peccatori a Dio, l’annuncio del Vangelo, la promozione della giustizia. Meditando uno dei testi di don Puglisi, rimasto inedito fino all’apertura della causa di beatificazione nel 1999, sembra di leggere un anticipo del suo destino: «La testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che diventa martirio; infatti testimonianza in greco si dice martyrion. Dalla testimonianza radicale al martirio il confine è labile: testimonianza e martirio dovranno dare fiducia a chi, nel profondo, conserva rabbia nei confronti della società, che vede ostile. A chi è disorientato — conclude — il testimone della speranza indica non cos’è la speranza, ma chi è la speranza. La speranza è Cristo, e si indica logicamente attraverso una propria vita orientata verso Cristo». Don Pino non è stato dunque un prete antimafia, ma semplicemente di FRANCESCO O CCHETTA Per ammazzarlo, “cosa nostra” sceglie il killer più freddo e spietato del quartiere. Per Salvatore Grigoli, definito “il cacciatore”, è il suo quarataseiesimo omicidio, ma quello di don Pino lo cambierà per sempre: «Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino di casa. Aveva il borsello tra le mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: “Padre, questa è una rapina”. Lui si girò, lo guardò, sorrise — una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte — e disse: “Me l’aspettavo”. Non si era accorto di me, che ero alle sue spalle. Io allora gli sparai un colpo alla nuca». Questo sorriso lo cambierà per sempre, al punto che si pentirà e si convertirà. Sembrava che don Pino li aspettasse; ai suoi amici aveva fatto intendere più di una volta quale poteva essere il prezzo da pagare vivendo da prete in quel contesto. Le ragioni dell’omicidio di don Puglisi le ha chiarite il pentito Tullio Cannella, durante il processo in Corte d’Assise, quando ha ricordato che l’allora capo di “cosa nostra”, Leoluca Bagarella, aveva deciso che don Puglisi doveva morire «perché prete». Questo aspetto rimane per noi la questione centrale: «Don Puglisi non è morto facendo antimafia verbale, ma facendo il prete, cioè vivendo il Vangelo e seminando speranza» (Vincenzo Bertolone). Per la sua testimonianza radicale, la Chiesa lo ha dichiarato «martire della fede», proprio perché è stato assassinato in odio della fede (in odium fidei) da parte della maggiore cosca mafiosa palermitana. Don Pino è stato beatificato il 25 maggio scorso. Durante l’omelia, il cardinale arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, ha premesso che «la Chiesa riconosce nella sua vita, sigillata dal martirio in odium fidei, un modello da imitare». Poi ha paragonato la vita di don Puglisi a quella del chicco di grano: «Nei 33 anni della sua vita sacerdotale fu “chicco” perché ogni giorno accolse di morire poco alla volta nel quotidiano spendersi al servizio dei fratelli, donandosi senza riserve “per Cristo a tempo pieno”, come era solito ribadire». Una vita vissuta lontano dal clamore e dal rumore del potere, caduta nel silenzio della morte, che ora riposa nella terra di un quartiere difficile. Facendo il parroco, aggiunge il cardinale Romeo, «sottraeva alla mafia di Brancaccio consenso, manovalanza, controllo del territorio». La sua azione pastorale ha permesso ai ragazzi della parrocchia di San Gaetano di comprendere la differenza tra essere comandati da un «padrino onnipresente» ed essere amati da un «Padre onnipotente». Ma c’è di più. La Chiesa, nelle parole del cardinale di Palermo, ribadisce la sua condanna della mafia: «I mafiosi che spesso pure si dicono e si mostrano credenti, muovono meccanismi di sopraffazione e di ingiustizia, di rancore e di odio, di violenza, di morte. Ogni azione assassina dei mafiosi ne rivela la vera essenza. Essi rifiutano il Dio della vita e dell’amore». Parole che fanno eco alla severa condanna pronunziata dal cardinale Pappalardo nel settembre 1982, durante i funerali del generale Dalla Chiesa, e poi, ancora più solennemente, da Giovanni Paolo II, nella Valle dei templi di Agrigento nel 1993, quando, rivolgendosi agli uomini appartenenti alla mafia, li ammonì dicendo: «Convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di D io». I ricordi che ha lasciato l’azione pastorale di don Puglisi sono molti, alcuni legati a una straordinaria normalità, che il fratello Gaetano ricorda così: «Un giorno mi raccontò che era riuscito a fare entrare in chiesa un mafioso di Godrano, e io gli dissi: “Pino, stai attento”. E lui mi rispose: “A me che devono fare? Io faccio soltanto il mio dovere”». Don Pino non ha voluto diventare un eroe, ma ha voluto rimanere semplicemente prete. Era un uomo inerme, vulnerabile, armato soltanto di quel sorriso che ha convertito anche il suo assassino. Le persone che lo hanno conosciuto ricordano la sua ironia: non si prendeva troppo sul serio, scherzava anche sulle sue grosse orecchie. Si possono applicare a lui le parole che il Signore ha rivolto a Paolo che gli chiedeva aiuto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Corinzi, 12, 9). Parole che don Pino aveva compreso, tanto da rispondere come l’apostolo: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo». Come educatore, più che parlare “dei” giovani, sceglieva di stare e di parlare “con” i giovani che incontrava nelle parrocchie, nelle scuole, o negli incontri che organizzava come responsabile vocazionale a livello diocesano o regionale. Era la sua “vocazione nella vocazione”, che lo ha portato a fondare il Centro Padre Nostro Don Pino Puglisi non è stato un eroe nel quartiere Brancacdell’antimafia, ma semplicemente, e fino in cio di Palermo, pensafondo, un prete. È quanto si afferma sull’ultimo to come uno «spazio numero di «La civiltà cattolica» in un articolo liberato in cui sarebbe dedicato al «martire di Brancaccio», ucciso dalla stato possibile piantamafia il 15 settembre 1993 e beatificato il 25 re segni di speranza». maggio scorso a Palermo. Il «rischio di tante In questo Centro, voconsiderazioni» espresse dai media in occasione luto come una specie proprio della recente cerimonia di beatificazione di oratorio salesiano, sta appunto nel «far perdere di vista che il don Pino invitava i rasignificato del martirio di don Puglisi è il gazzi del quartiere a mistero nascosto nella croce». Pubblichiamo di giocare, studiare, preseguito ampi stralci dell’articolo. gare con l’aiuto dei li- Martire di Brancaccio ceali della scuola in cui insegnava religione. Era il modo di sottrarre i giovani di Brancaccio alla strada, ai soldi facili, ai lavori sporchi che garantivano manovalanza ai capi mafiosi e l’arruolamento tra le fila dei picciotti, in un quartiere dove, alla morte di Falcone, alcuni ragazzi avevano esultato per strada. Don Puglisi sapeva che molti ragazzi del quartiere, per poter lavorare, erano costretti ad appartenere a “cosa nostra”, per ottenere quelli che altrove erano diritti, come il lavoro, l’istruzione, la giustizia. Ma don Pino non smetteva di sperare in un futuro migliore per loro. Così, un prete. Per questo la sua azione pastorale non ha proposto un potere alternativo a quello fatto dalla prepotenza e dalla violenza. Attraverso la testimonianza ha svuotato dal di dentro il significato del potere restituendo dignità al servizio, forza alla preghiera, accompagnamento personale a quanti si sentivano schiavi di quel sistema. La testimonianza nella vita buona del Vangelo ha fatto crescere la gente, che oggi, senza gridare, non tace più, non tollera più il pizzo, le estorsioni, il controllo sulla libertà personale e sul territorio. Iniziativa di Retinopera Osservatorio del bene comune ASSISI, 9. Si chiama Osservatorio del bene comune, ed è una struttura che, aggregando indicatori economici e statistici, intende misurare, regione per regione, l’applicazione in Italia dei principi della dottrina sociale della Chiesa. L’iniziativa è stata presentata ad Assisi dove nei giorni scorsi si è svolto il convegno di Retinopera, realtà che riunisce associazioni e movimenti del laicato cattolico. Dall’incontro, che ha avuto per tema «Dentro le periferie. Riannodare i legami in un tempo di frammentazione», è emersa una prospettiva d’analisi del benessere territoriale, ovvero delle persone che abitano un territorio, centrata sulla nozione di bene comune, così come la intende la dottrina sociale della Chiesa. Non esiste infatti il solo prodotto interno lordo per valutare quanto sia realmente ricco un determinato territorio. Anzi, il solo indicatore economico può portare fuori strada. Così per Marco Livia, direttore dell’istituto di ricerca delle Acli, confrontando i dati Istat di un triennio (2008-2011), emerge che «nei momenti di crisi la famiglia è l’ambito territoriale che per primo risente delle modificazioni nella tenuta del Paese». In questo senso, «quando si affrontano questioni legate all’economia, o all’ambiente, emergono differenze tra settentrione e meridione d’Italia. Tuttavia, tali differenze si smussano e in taluni casi si annullano, come quando si affronta il tema della famiglia»; qui, infatti, il bene comune è favorito «in quelle regioni dove la cultura della famiglia si coniuga con i valori tradizionali della cultura popolare e di quella cristiana». All’importanza della famiglia si è riferito anche il vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), Mariano Crociata, nel messaggio inviato ai convegnisti. «La famiglia sente oggi la necessità di “riannodare i legami”, per rispondere pienamente alla sua missione nella Chiesa e nella società in una fase in cui notiamo attorno a noi tanta stanchezza e un crescente individualismo». Per il segretario generale della Cei, «nel contesto attuale così carico di sfide sta già crescendo una nuova giovinezza di fede “operosa”, che è nostra responsabilità saper cogliere e alimentare». Il presule ha quindi invitato a «maturare un giudizio illuminato dalla fede sui processi in atto nella nostra convivenza, dalla sua dimensione nazionale a quella europea e mondiale», per «riscoprire e attualizzare la capacità della presenza cristiana». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì 10 luglio 2013 Concesse dal Santo Padre con decreto della Penitenzieria apostolica Indulgenze per la giornata mondiale della gioventù SANCTI SEBASTIANI FLUMINIS IANUARII DECRETUM quo, occasione «XXVIII Mundialis Iuvenum Diei», Indulgentiarum conceditur donum, vertente Fidei Anno, in civitate Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii peragendi. Beatissimus Pater Franciscus, exoptans ut iuvenes, sociato corde cum spiritalibus Fidei Anni finibus a Benedicto Pp. XVI indicti, desideratos sanctificationis fructus attingant e «XXVIII Mundiali Iuvenum Die» qui, a die XXII usque ad diem XXIX proximi mensis Iulii, sub proposito: «Euntes ergo docete omnes gentes (cfr. Mt 28, 19)» in civitate Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii celebrabitur, in Audientia infra scripto Cardinali Paenitentiario Maiori die III vertentis mensis Iunii concessa, e thesauro satisfactionum Domini Nostri Iesu Christi, Beatissimae Virginis Mariae omniumque Sanctorum, maternum Ecclesiae sensum patefaciens, iuvenes omnesque fideles, congruenter paratos, Indulgentiarum dono frui posse diebus supra signatis annuit prout sequitur: a. — plenaria conceditur Indulgentia christifidelibus vere paenitentibus et contritis, suetis sub condicionibus (sacramentali confessione, eucharistica communione et oratione ad mentem Summi Pontificis) semel in die lucranda, quam etiam animabus fidelium defunctorum per modum suffragii applicare poterint, si sacris ritibus et spiritalibus inceptis, in civitate Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii devote interfuerint. Christifideles legitime impediti, easdem condiciones spiritales, sacramentales precationisque implentes, plenariam obtinere valebunt Indul- gentiam, si, eliciens affectum filialis subiectionis erga Romanum Pontificem, sese in spiritu dictis functionibus et spiritalibus inceptis univerint, dum instrumentis televisificis et radiophonicis propagabuntur vel, semper piissima mentis intentione, per nova communicationum socialium instrumenta, simul sequi poterint; b. — partialis conceditur Indulgentia christifidelibus, ubicumque fuerint dum praedictus celebrabitur conventus quoties, corde saltem contrito, Deo fervidas admoverint preces, concludendas officiali «Mundialis Iuvenum Diei» prece, piis invocationibus Beatae Mariae Virginis, Brasiliae Reginae sub titulo «Nossa Senhora da Conceiçao Aparecida» invocatae, necnon aliorum Patronorum et Intercessorum eiusdem Conventus, ut iuvenes in Fidei professione et in vita sancte ducenda adiuventur. Quo autem facilius christifideles caelestium horum munerum participes fieri queant, sacerdotes, ad sacramentales confessiones audiendas legitime adprobati, prompto et generoso animo sese praebeant ad ipsas excipiendas et fidelibus publicas preces pro bono ipsius «Mundialis Iuvenum Diei» exitu proponant. Praesenti pro hac vice valituro. Quibuscumque in contrarium facientibus non obstantibus. Datum Romae, ex aedibus Paenitentiariae Apostolicae, die XXIV mensis Iunii, anno Incarnationis Dominicae MMXIII, in sollemnitate Sancti Ioannis Baptistae. EMMANUEL S.R.E. CARD. MONTEIRO DE CASTRO Paenitentiarius Maior CHRISTOPHORUS NYKIEL Regens RIO DE JANEIRO DECRETO Si concede il dono delle Indulgenze in occasione della «XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù», che verrà celebrata a Rio de Janeiro durante il corrente Anno della Fede. Il Santo Padre Francesco, desiderando che i giovani, in unione con i fini spirituali dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI, possano ottenere gli sperati frutti di santificazione dalla «XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù», che si celebrerà dal 22 al 29 del prossimo mese di luglio a Rio de Janeiro e che avrà per tema: «Andate e fate discepoli tutti i popoli (cfr. Mt 28, 19)», nell’Udienza concessa il 3 giugno scorso al sottoscritto Cardinale Penitenziere Maggiore, manifestando il cuore materno della Chiesa, dal Tesoro delle soddisfazioni di Nostro Signore Gesù Cristo, della Beatissima Vergine Maria e di tutti i Santi, ha accordato che i giovani e tutti i fedeli adeguatamente preparati potessero fruire del dono delle Indulgenze come segue: a. — si concede l’Indulgenza plenaria, ottenibile una volta al giorno alle solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo l’intenzione del Sommo Pontefice) ed anche applicabile a modo di suffragio alle anime dei fedeli defunti, per i fedeli veramente pentiti e contriti, che devotamente parteciperanno ai sacri riti e pii esercizi che si svolgeranno a Rio de Janeiro. I fedeli legittimamente impediti, potranno ottenere l’Indulgenza plenaria purché, ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera, con il pro- Il cardinale Rodé nel santuario mariano slovacco di Levoča Governatorato della Città del Vaticano Ufficio delle poste e del telegrafo Dio si può trovare anche tra pentole e telai Annullo postale speciale in occasione del viaggio apostolico di Sua Santità Papa Francesco a Rio de Janeiro (Brasile) per la «XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù» (22–29 luglio 2013) In occasione del viaggio apostolico di Sua Santità Papa Francesco a Rio de Janeiro (Brasile) dal 22 al 29 luglio 2013 per la «XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù», le Poste Vaticane porranno in uso uno speciale annullo del quale si riproduce l’impronta: Nel bozzetto è raffigurato il Santo Padre tra due giovani. Sullo sfondo, la statua del “Cristo Redentore”, simbolo della città di Rio de Janeiro. Completano l’annullo le scritte: «XXVIII G.M.G. – RIO DE JANEIRO» e «POSTE VATICANE 22–29. 07. 2013». Il bozzetto è stato realizzato dalle Poste Vaticane. Il materiale filatelico da obliterare, debitamente affrancato dai richiedenti, dovrà pervenire all’Ufficio Obliterazioni delle Poste Vaticane entro il 31 agosto 2013. La collina mariana con il santuario vista da Levoča È nel quotidiano e monotono scorrere dei giorni che siamo chiamati a ripetere il nostro «Eccomi» sull’esempio di Maria. Lo ha detto il cardinale Franc Rodé alle centinaia di pellegrini raccolti nel santuario mariano nazionale di Levoča in Slovacchia, domenica 7 luglio. Due giorni prima, a Nitra, il porporato, quale inviato speciale del Papa, aveva concluso le celebrazioni per i 1.150 anni dell’arrivo dei santi fratelli Cirillo e Metodio in territorio slovacco. È nella nostra quotidianità, ha insistito il cardinale, a volte anche banale, «che possiamo sperimentare concretamente l’abbandono fiducioso alla volontà di Dio». È nella quotidianità «il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza, della salvezza nostra e di chi cammina accanto a noi». Maria, nella semplicità della casa di Nazareth, «tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli della Scrittura», per riprendere le parole di Tonino Bello, «ci fa comprendere» che è proprio nella quotidianità che ci è offerta la possibilità di fare esperienza dell’affidamento a Dio. E questo soprattutto quando «è notte». Davanti alle centinaia di fedeli che affollavano il santuario mariano — situato sulla «Montagna di Maria», ai piedi dei monti Tatras, dove ogni anno convengono in pellegrinaggio circa 200.000 persone — il porporato ha invitato a riflettere sui gesti di Maria, che erano «gesti comuni, feriali». Anche se l’estasi, «la contemplazione era l’esperienza cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi sulla terra. Viveva una vita comune a tutti». Ai fedeli raccolti per l’annuale festività mariana della visitazione, patrona del santuario, il cardinale ha rivolto l’invito «a essere, con Maria e come Maria, segno. Piccolo segno, segno umile, segno semplice, ma segno grande della Chiesa che continuamente si offre come sposa nelle mani del suo Signore». Ciascuno di noi, come Maria, «è chiamato a entrare dentro questo mistero. È chiamato a raccogliere da Maria il grande messaggio di amore e di salvezza, a accogliere dalle sue mani e dal suo “sì” il proprio “sì” per essere segno di questa grande risposta». Ciascuno di noi, ha concluso, è chiamato «a consegnarsi, umilmente, nella semplicità e verità della propria esistenza al Signore ogni giorno. A consegnarsi alla Chiesa». A consegnarsi. Ciascuno di noi è chiamato a consegnarsi, umilmente, nella semplicità e verità della propria esistenza al Signore ogni giorno. A consegnarsi alla Chiesa. A consegnarsi «alla propria umanità perché, dentro la storia, della propria vita, del proprio lavoro, della propria famiglia, della propria sofferenza e della propria gioia, ciascuno può essere oggi e sempre segno del grande amore che Dio ha per ciascuno di noi». posito di filiale sottomissione al Romano Pontefice, partecipino spiritualmente alle sacre funzioni nei giorni determinati, purché seguano questi stessi riti e pii esercizi mentre si svolgono, tramite televisione e radio o, sempre con la dovuta devozione, attraverso i nuovi mezzi della comunicazione sociale; b. — si concede l’Indulgenza parziale ai fedeli, ovunque si trovino durante il predetto incontro, ogniqualvolta, almeno con animo contrito, eleveranno fervide preghiere a Dio, concludendo con la preghiera ufficiale della Giornata Mondiale della Gioventù, e devote invocazioni alla Beata Vergine Maria, Regina del Brasile, sotto il titolo di «Nossa Senhora da Conceiçao Aparecida», nonché agli altri Patroni e Intercessori del medesimo incontro, affinché stimolino i giovani a rafforzarsi nella Fede e a condurre una vita santa. Affinché poi i fedeli possano più facilmente farsi partecipi di questi celesti doni, i sacerdoti, legittimamente approvati per l’ascolto delle confessioni sacramentali, con animo pronto e generoso si prestino a riceverle e propongano ai fedeli pubbliche preghiere, per il buon esito della stessa «Giornata Mondiale della Gioventù». Il presente Decreto ha validità per questa ricorrenza. Nonostante qualunque contraria disposizione. Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 24 giugno, anno del Signore 2013, nella solennità di San Giovanni Battista. MANUEL CARDINALE MONTEIRO DE CASTRO Penitenziere Maggiore MONSIGNOR KRZYSZTOF NYKIEL Reggente Nomine episcopali Le nomine episcopali di oggi riguardano Libano e Argentina. Eduard Daher, arcivescovo di Tripoli del Libano dei greco-melkiti Nato il 23 aprile 1973 a Quaa, nella Valle della Bekaa, in Libano, è entrato nel seminario minore dei basiliani soariti nel 1985 e ha emesso la professione solenne il 28 agosto 1994. Dopo gli studi filosoficoteologici all’Istituto Saint Paul di Harissa e all’Università Saint Esprit di Kaslik, ha conseguito una licenza in diritto canonico all’Università La Sagesse di Beirut. Ordi- Inizio della missione del nunzio apostolico in Malesia Giunto all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur nella prima mattinata del 15 aprile scorso, monsignor Joseph Marino, arcivescovo titolare di Natchitoches, è stato accolto dal signor Abdul Rahim Ibrahim, alto officiale del dipartimento del Protocollo del ministero degli Affari esteri, dall’arcivescovo di Kuala Lumpur, monsignor Murphy Pakiam, e da monsignor Marek Zalewski, consigliere della nunziatura apostolica in Malesia. La cerimonia della presentazione delle lettere credenziali a Sua Maestà il Re Abdul Halim Yang Dipertuan Agong XIV ha avuto luogo il 27 maggio nel Palazzo Reale Istana Negara, ubicato appena fuori del centro della capitale. All’avvenimento hanno assistito il capo del Protocollo del ministero degli Affari esteri, Maimun Ashakli Bin Mohammad, il grand chamberlain Azuan Effendy Bin Zairakithaini, il segretario generale del ministero degli Affari esteri, Tan Sri Mohed Radzi Abdul Rahman, e il vice-ministro degli Affari esteri, D ato’Hamzah Zainudin. Al formale atto di consegna delle lettere credenziali, ha fatto seguito il colloquio con il Re, il quale ha esordito con parole di apprezzamento per l’opera della Sede Apo- Video-diario quotidiano per l’incontro di Rio de Janeiro Un video-diario quotidiano aiuterà i ragazzi che non potranno partecipare alla ventottesima giornata mondiale della gioventù a vivere comunque la celebrazione a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio, alla presenza di Papa Francesco. L’iniziativa è stata promossa dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Una squadra di quattro ragazzi di Pope2you, il portale internet voluto per avvicinare i giovani al Papa, realizzerà quotidianamente quattro filmati di due, tre minuti ciascuno, che saranno poi messi in rete sul sito del «Corriere della Sera». stolica a favore del dialogo interreligioso e della moderazione. Esprimendo l’augurio di rinforzare le reciproche relazioni, lavorando per la pace e il progresso della società, il monarca ha espresso viva soddisfazione nel ricevere le lettere credenziali dal primo nunzio apostolico residente in Malesia, al quale ha chiesto di trasmettere al Santo Padre il rispettoso saluto e il fervido augurio per il suo alto ministero. Da parte sua, il rappresentante pontificio ha risposto ringraziando e portando il saluto e l’augurio di Sua Santità Papa Francesco alla Famiglia Reale e alla nazione malesiana. Ha fatto presente, altresì, che la Santa Sede apprezza gli sforzi del Governo nel promuovere la pace, l’armonia religiosa e la stabilità nella regione del Sud-Est asiatico. Monsignor Marino ha, infine, rinnovato l’impegno della Chiesa cattolica nel contribuire al benessere della nazione, specialmente nei campi dell’educazione, della salute e del progresso sociale. La stampa ha dato notizia dell’avvenimento sottolineando il fatto che la Santa Sede e la Malesia, abbiano allacciato nel 2011, per la prima volta nella loro storia, piene relazioni diplomatiche. L’8 giugno, monsignor John Ha, arcivescovo di Kuala Lumpur e presidente della Conferenza episcopale di Malesia-Singapore-Brunei, ha voluto presentare il nuovo nunzio apostolico alla comunità cattolica della città con una solenne concelebrazione eucaristica svoltasi nella cattedrale di San Giovanni. All’inizio della cerimonia, monsignor Marino ha consegnato le lettere commendatizie del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, al presidente della Conferenza episcopale. Il rappresentante pontificio ha poi presieduto la celebrazione eucaristica e ha tenuto l’omelia, nella quale ha accennato al ruolo dei nunzi apostolici che permettono al Santo Padre di abbracciare il mondo intero, rendendosi presente soprattutto in quei luoghi, spesso dimenticati, dove si trovano le maggiori necessità della Chiesa e dell’umanità. Dopo la comunione, l’arcivescovo Marino ha impartito la benedizione apostolica. Al termine della celebrazione è stato offerto un ricevimento, al quale hanno preso parte alcuni ambasciatori, rappresentanti di altre religioni, nonché notabili e fedeli. nato sacerdote l’8 maggio 1999, ha ricoperto vari incarichi tra i basiliani soariti: aiuto maestro dei novizi (1999-2001); rettore del seminario (2001-2003); insegnante di religione e aiuto economo al collegio orientale di Zahlé (2003-2004); superiore del convento di Saint Antoine di Karkafé–Kfarchima (2004-2010); terzo assistenze generale (dal 2007), superiore del convento Saint Elie a Zahlé (dal 2010). È stato parroco delle chiese greco-melkite di Notre Dame a Bois de Bologne (1999-2001), di Sainte Thècle di Kfarchima (2004-2005) e di Saint Elie di Zahlé (dal 2010). Lavora al tribunale ecclesiastico greco-melkita dal 2001, e dal 2010 è giudice. Nel 2012 ha ricevuto il titolo di archimandrita. Marcelo Daniel Colombo vescovo di La Rioja (Argentina) Nato in Buenos Aires il 27 marzo 1961, dopo aver conseguito il baccellierato di perito mercantile e il titolo di avvocato presso l’Università della capitale argentina, nel 1982 è entrato nel seminario di Quilmes. Ordinato sacerdote il 16 dicembre 1988, nel 1994 ha conseguito il dottorato in diritto canonico presso l’Angelicum, a Roma. Ha ricoperto vari incarichi in diverse parrocchie, nella curia e nel seminario di Quilmes ed è stato professore straordinario presso la facoltà di diritto canonico dell’Università Cattolica Argentina e delegato episcopale presso l’Università Cattolica de La Plata. Nel 2004 fu nominato parroco della cattedrale di Quilmes. Nominato vescovo di Orán l’8 maggio 2008, è stato consacrato l’8 agosto successivo. Juan José Chaparro Stivanello vescovo di San Carlos de Bariloche (Argentina) Nato il 22 luglio 1953, a Colonia Freitas, nella provincia argentina di Entre Ríos, il 2 marzo 1965 è entrato nel seminario minore della congregazione dei missionari figli del Cuore Immacolato di Maria (claretiani) a Villa del Rosario. Dopo aver concluso il noviziato a Cuatro Vientos (Argentina), dopo aver emesso la prima professione quella perpetua, il 12 aprile 1980 è stato ordinato sacerdote. Fra il 1979 e il 1981 è stato ausiliare dei postulanti e quindi dei novizi. Inviato a Roma, il 24 febbraio 1983 ha ottenuto la licenza in teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana. Rientrato in patria, il 28 dicembre 1983 è stato prefetto dei teologi missionari a Villa Claret e professore del Centro di studi filosofici e teologici (Cefyt). Sempre a Villa Claret, il 30 dicembre 1986 è stato prefetto dei missionari in formazione, il 31 dicembre 1986, prefetto e professore del Cefyt. Il 10 gennaio 1996 è divenuto superiore della provincia di Argentina-Uruguay. Rieletto il 7 ottobre 1999 e il 10 gennaio 2002, il 12 gennaio 2005 è divenuto coordinatore provinciale di evangelizzazione e destinato alla comunità di Inca, a Montevideo, in Uruguay. Nominato consultore della provincia di San José del Sur il 16 luglio 2011, il 15 febbraio scorso è divenuto superiore alla comunità di Lambaré in Paraguay.