l`osservatore romano

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l`osservatore romano
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIII n. 156 (46.400)
Città del Vaticano
mercoledì 10 luglio 2013
.
Ma resta alta la tensione con i Fratelli musulmani che tornano a protestare nelle strade
Papa Francesco a Lampedusa
Road map
per la transizione in Egitto
Per una nuova storia
IL CAIRO, 9. Modifiche alla Costituzione, voluta dai Fratelli musulmani
e ora sospesa, un referendum e quindi nuove elezioni, prima parlamentari e poi presidenziali: questi i termini
della Road map annunciata ieri dal
presidente egiziano ad interim, Adly
Mansour, in seguito a giorni di sanguinose violenze in tutto il Paese.
L’intero processo di transizione, secondo il decreto presidenziale, non
dovrà durare più di 210 giorni. Intanto, i Fratelli musulmani hanno
lanciato oggi un appello a manifestare in tutto il Paese. I militari, dal
canto loro, hanno affermato che
«non permetteranno a nessuno di
minacciare la sicurezza nazionale».
La Road map, contenuta in un
decreto emesso da Mansour dopo
consultazioni con i vari gruppi politici, prevede nel dettaglio la costituzione di una commissione di saggi
per proporre emendamenti alla Costituzione del 2012. La commissione
sarà composta da due membri della
Corte costituzionale, altrettanti giudici, due membri del Consiglio di
Stato e quattro costituzionalisti e
verrà nominata entro 15 giorni. Gli
emendamenti costituzionali che verranno indicati dai saggi saranno poi
sottoposti a un’altra commissione
composta da cinquanta membri in
rappresentanza di tutti i settori della
società. Successivamente, entro fine
novembre, gli emendamenti indicati
dovranno essere sottoposti a referendum. Successivamente saranno indette elezioni parlamentari, entro
uno o due mesi dall’approvazione
della nuova Costituzione. Infine le
nuove elezioni presidenziali, ma nessuna data è stata ancora fissata.
Crescenti tensioni rischiano di intralciare il cammino della Road
map. Negli scontri di ieri al Cairo
sono state uccise almeno cinquanta
persone. I Fratelli musulmani hanno
già bocciato il piano di Mansour.
Nell’escalation di violenze, un gruppo di uomini armati ha attaccato oggi all’alba la chiesa di Mar Mena a
Port Said. Il commando ha aperto il
fuoco contro la chiesa: l’attacco non
ha fatto vittime. La zona è ora presidiata dalle forze di sicurezza.
Il segretario generale dell’O nu,
Ban Ki-moon, si è detto «seriamente
preoccupato» per l’escalation di vio-
lenze in corso. In una nota Ban Kimoon ha precisato di essere «profondamente turbato» dalle ultime
notizie sui sanguinosi scontri al Cairo, e ha chiesto che siano svolte indagini approfondite e indipendenti,
che possano stabilire tutte le responsabilità. Il leader del palazzo di Vetro ha quindi lanciato un appello a
tutti gli egiziani affinché siano consapevoli del momento precario che
sta attraversando il loro Paese e facciano tutto il possibile per evitare
nuove violenze.
Intanto, la Casa Bianca ha comunicato che per il momento gli aiuti
economici statunitensi all’Egitto non
sono in discussione. L'Amministra-
zione ha così ribadito alle critiche di
chi vorrebbe tagliare il flusso di 1,5
miliardi di dollari che ogni anno
Washington versa nelle casse del
Paese africano. «È una situazione
complessa» ha affermato il portavoce Jay Carney, invitando l’esercito
egiziano alla moderazione, a evitare
rappresaglie e arresti indiscriminati.
Damasco apre all’indagine sull’uso di armi chimiche
L’Onu chiede di fermare la guerra siriana nel Ramadan
DAMASCO, 9. Nuovi appelli per una
tregua in Siria e apertura del Governo di Damasco all’indagine dell’Onu sull’asserito uso di armi chimiche sono i principali sviluppi registrati nelle ultime ore riguardo alla crisi siriana. Al tempo stesso, sia
all’interno della dirigenza siriana
sia nell’opposizione ci sono stati ieri significativi cambiamenti politici.
Terrore
in Libano
Agli appelli alla tregua si è aggiunto ieri quello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che
ha invitato le parti in conflitto in
Siria a fermare le armi per il mese
sacro islamico del Ramadan. In un
lungo messaggio in cui rivolge le
sue felicitazioni e i suoi auguri alla
comunità musulmana nel mondo in
occasione dell’inizio del Ramadan,
il segretario generale ha espresso un
«pensiero speciale per la Siria e il
suo popolo», che vivono il loro terzo Ramadan di guerra. Ricordando
la tradizione musulmana di una tregua dai conflitti durante questa ricorrenza, Ban Ki-moon ha fatto appello a «tutte le parti in Siria a rispettare questo obbligo religioso
per almeno un mese».
Nelle stesse ore, l’ambasciatore
siriano alle Nazioni Unite, Bashar
Jaafari, ha presentato un invito formale al capo del team dell’Onu per
l’indagine sull’uso di armi chimiche, Ake Sellstrom, e alla rappresentante per il disarmo, Angela Kane, a recarsi a Damasco per trattare
la questione. Jaafari ha spiegato
che l’obiettivo è «discutere il meccanismo e i termini della missione
di esperti Onu». Ban Ki-moon, attraverso il suo portavoce, ha detto
di «accogliere con favore» l’offerta.
Indulgenze
per la giornata
mondiale
della gioventù
Il luogo dell’esplosione a Beirut (Afp)
visione libanese Al Manar parla invece di 18 feriti. L’autobomba è
esplosa in un parcheggio del quartiere di Bir al-Abed, area considerata una roccaforte di Hezbollah. Gli
uomini del movimento sciita hanno
subito isolato la zona. Sul posto sono arrivate subito molte ambulanze
e furgoni dei vigili del fuoco.
PAGINA 8
E la firma spuntò
sul quadro invenduto
A PAGINA
Nel frattempo, il partito Baath,
quello guidato dal presidente siriano Bashir Al Assad e al potere da
cinquant’anni in Siria, ha comunicato ieri un ampio rinnovamento
dei suoi quadri dirigenti, con
l’esclusione, tra gli altri, del vice
presidente Faruq Al Sharaa, critico
nei confronti della politica del presidente.
Nella nuova direzione del partito
entrano, tra gli altri, il premier
Wael Al Halaqi e il presidente del
Parlamento Jihad Lahham.
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in
udienza le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali:
— Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace;
— Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha concesso il Suo Assenso alla
elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita del Reverendo
Archimandrita Eduard Daher, B.C., al presente
Parroco di Saint Elie in Zahlé, ad Arcivescovo di
Tripoli del Libano dei Greco-Melkiti.
In mostra in Brasile
«Cristo e l’adultera» di Lotto
restaurato dai Musei Vaticani
ANTONIO PAOLUCCI
Civili in fuga dai combattimenti a Damasco (Reuters)
modello per un’Europa che non ha
ancora capito quanto gravi siano le
responsabilità per l’ininterrotta catena di morti al largo di queste coste come di quelle spagnole e francesi. Una strage che chiede giustizia, che deve scuotere e scandalizzare. Come è successo al Papa
qualche settimana fa aprendo il
giornale e leggendo dell’ennesimo
naufragio. Non è possibile che
l’Europa si senta assolta da una
colpa sempre più grave nei confronti di madri, bambini, giovani e
uomini che finiscono in fondo al
mare.
Queste morti sono uno scandalo
e i migranti non vanno più considerati come l’altro da respingere a
tutti i costi, ma sono invece quel
futuro dell’Europa come continente
dalla vocazione universale a cui Papa Francesco implicitamente ha
fatto riferimento con la sua venuta.
È importante che il Pontefice abbia
rivendicato a sé quello che nessun
governante europeo riesce oggi a
incarnare: lo spirito universale che
guida i diritti a una vita degna per
tutti.
La Chiesa nel suo ruolo di testimone di un messaggio al di là di
ogni frontiera è in prima linea proprio sui confini, allo stesso tempo
sempre più artificiali e atroci, di un
mondo globalizzato. Non è un caso che il Papa abbia detto a Lampedusa che dobbiamo sfuggire alla
globalizzazione
dell’indifferenza,
conseguenza di una globalizzazione economica che ha svuotato
l’universalismo di qualunque significato. È ora che i cristiani si facciano testimoni nel mondo della
necessità di un’umanità sentita come condizione comune di accesso
alla salvezza. Una salvezza intesa
nel senso più basilare di sopravvivenza e più ampio di diritto a una
vita piena.
Credo che Papa Francesco abbia
voluto indicare che i confini del
cristianesimo non coincidono con
quelli dell’occidente. Rifiutando
anche di identificare l’islam, l’induismo, l’animismo come rappresentanti di un mondo lontano dalla
Chiesa e dalla sua missione universale, rivolta cioè all’umanità.
Nell’invito del Pontefice a vedere i migranti come fratelli c’è il
monito a non accettare più il ricatto di una globalizzazione che ha
trasformato in scontro di civiltà la
possibilità reale di una convivenza
ricca e nuova tra fedi e culture diverse. Il Santo Padre ha ricordato
che Lampedusa è uno scoglio a cui
si aggrappa la disperazione di chi
fugge da condizioni difficili o impossibili.
Ma il Pontefice ha ricordato che
l’isola siciliana è anche una lampada e un faro — iscritti nel nome
stesso dell’isola — che illuminano la
speranza di un’umanità futura oltre
la banalità della divisione del Mediterraneo risalente a diversi secoli
fa. Nella sua modernità, il messaggio di Papa Francesco ci ricorda
che da allora la storia è andata
avanti e ci chiede altre soluzioni e
altro coraggio.
NOSTRE INFORMAZIONI
Concesse dal Papa con decreto
della Penitenzieria Apostolica
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ella visita di Papa Francesco a Lampedusa ci sono
alcuni elementi che nella
loro freschezza e immediatezza raccontano il significato del gesto al
pari delle parole pronunciate durante la messa. Il primo, dopo
l’omaggio agli immigrati annegati
in mare, è l’incontro sul molo Favaloro con un gruppo di giovani
(una cinquantina) arrivati con i
barconi dall’Africa. Il secondo è la
presenza di handicappati e di migranti nelle prime file dinanzi
all’altare durante la messa nello
stadio, un lato del quale è occupato dalle carcasse delle “carrette del
mare” a bordo delle quali hanno
perso la vita in questi anni migliaia
di persone. Il terzo è l’assenza di
qualsiasi autorità pubblica, a eccezione del sindaco coraggioso di
Lampedusa, Giusi Nicolini.
Si aggiunge a questi elementi
una nuova consapevolezza della
popolazione della piccola isola. Solo due anni fa venne promessa una
forma di “risarcimento” per il danno causato al turismo dalle immagini degli sbarchi e dei naufragi.
Oggi il Papa ha incontrato la popolazione e l’ha invitata a prendere
con orgoglio il posto d’avanguardia
nella lotta contro l’indifferenza. E
una scena che si aggiunge agli elementi straordinari di questa visita è
stata la reazione dei turisti presenti
nell’isola che abbracciavano i migranti per strada e si fermavano a
parlare con loro.
Papa Francesco ha indicato i
lampedusani come popolazione
N
Manifestazione di protesta al Cairo (Reuters)
Morti e feriti nell’esplosione di un’autobomba a Beirut
BEIRUT, 9. Torna il terrore in Libano. Diverse persone sono morte e
numerose rimaste ferite nell’esplosione di un’autobomba nella periferia meridionale di Beirut, una zona
controllata dal movimento sciita
Hezbollah. Un primo bilancio diffuso dall’emittente France 24 e rilanciato da media locali riferisce di
almeno 22 tra morti e feriti. La tele-
di FRANCO LA CECLA
4
In data 9 luglio, il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della Diocesi di La
Rioja (Argentina), presentata da Sua Eccellenza
Reverendissima Monsignor Roberto Rodríguez, in
conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto
Canonico.
Provviste di Chiese
In data 9 luglio, il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di La Rioja (Argentina) Sua
Eccellenza Reverendissima Monsignor Marcelo
Daniel Colombo, finora Vescovo di Orán.
In data 9 luglio, il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Carlos de Bariloche (Argentina) il
Reverendo Padre Juan José Chaparro Stivanello,
C.M.F., finora Superiore della Comunità dei Padri
Claretiani di Lambaré (Paraguay).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
mercoledì 10 luglio 2013
Operazioni di soccorso al largo di Malta e Libia
Intervento della Santa Sede a Ginevra
Oltre 300 migranti
tratti in salvo
Protezione internazionale
per i rifugiati
ROMA, 9. Sono in totale 340 i migranti soccorsi durante la notte
scorsa dalla Guardia costiera italiana e condotti a Lampedusa, a poche ore dalla visita del Papa Francesco. «Il convoglio composto dalle
due motovedette e dal pattugliatore
della Guardia costiera sta ora dirigendo per Lampedusa dove è previsto l’arrivo nella tarda mattinata
di oggi» recita un comunicato.
Le operazioni sono iniziate nel
tardo pomeriggio, quando la sala
operativa della Guardia costiera ha
ricevuto da telefoni satellitari, quasi
in contemporanea e dalla stessa zona di mare a circa cinquanta miglia
dalle coste libiche, quattro richieste
di aiuto; poco dopo se n’è aggiunta
una quinta, localizzata a cinquanta
miglia da Malta. La Guardia costiera — riferisce l’agenzia di stampa
Agi — ha quindi allertato le autorità
libiche e maltesi per trarre in salvo
il più velocemente possibile tutti i
profughi in pericolo. Questi sono
stati condotti a Lampedusa per ricevere assistenza e cure mediche.
Di concerto con le autorità libiche e in considerazione della distanza dalle coste di Lampedusa,
circa 120 miglia, sono stati dirottati
in zona cinque mercantili, che incrociavano in quelle acque, per cercare di dare una prima assistenza ai
barconi dei profughi, in attesa
dell’arrivo del pattugliatore della
Guardia costiera e delle due motovedette partite da Lampedusa con a
bordo due medici del Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’O rdine
di Malta). Dopo poche ore dal primo avvistamento il pattugliatore
italiano ha raggiunto un primo barcone e ha preso a bordo 94 migranti in condizioni critiche (63 uomini,
26 donne e 5 minori, due dei quali
con ustioni da idrocarburi). L’unità
ha quindi abbordato altri due barconi, con a bordo 209 persone, già
assistiti dalle navi mercantili che
però, a causa della loro imponente
stazza e dell’altezza delle murate,
non avevano potuto imbarcare i
profughi. Sono stati presi a bordo
dalle due motovedette, che si sono
quindi dirette a Lampedusa.
Il quarto barcone, rilevato nelle
acque libiche e con a bordo un centinaio di persone, è stato soccorso
da una motovedetta libica.
Infine, la nave della Marina Militare «Cigala Fulgosi», in collaborazione con le autorità maltesi, ha individuato un quinto barcone in difficoltà e ha imbarcato i quaranta
immigrati che vi erano a bordo, tra
i quali due donne in stato di gravidanza. In mattinata, senza essere
avvistati, erano sbarcati direttamente a Lampedusa cinquanta migranti. Nelle ultime 24 ore — riferiscono
sempre fonti di stampa — sono 559 i
profughi approdati nell’isola.
Aiuti
alla Grecia
solo se ci sono
le riforme
ATENE, 9. Entro ottobre la Grecia
otterrà aiuti pari a 6,8 miliardi di
euro. È quanto è merso dalla riunione, ieri dell’Eurogruppo, durante la
quale si è deciso che entro il 19 luglio ad Atene arriverà dal fondo salva-Stati (Efsf) una prima rata di finanziamenti per 2,5 miliardi di euro,
mentre un altro mezzo miliardo dai
profitti sui titoli di Stato detenuti
dalle Banche centrali. Poi, a ottobre, la seconda rata: 0,5 miliardi
dall’Efsf e altrettanti dai profitti sui
bond. In agosto, intanto, arriverà la
tranche di aiuti, dal Fondo monetario internazionale, pari a 1,8 miliardi
di euro. Al termine della riunione
dell’Eurogruppo,
il
presidente,
Jeroen Dijsselbloem, ha affermato
che la Grecia deve attuare le riforme
previste dal programma concordato
con la troika (Unione europea, Fondo monetario internazionale, Banca
centrale europea) perché gli aiuti
siano erogati.
Loro Piana
diventa
francese
PARIGI, 9. Loro Piana diventa francese. Lo storico marchio di tessuti
italiano è stato acquistato dal gruppo Lvmh per due miliardi. La famiglia che detiene il marchio del cachemire e delle lane più rare, ha ceduto l’ottanta per cento dell’azienda
al gruppo francese. Sergio e Pier
Luigi Loro Piana conserveranno una
partecipazione del venti per cento
nella società e manterranno le loro
funzioni alla guida dell’azienda. Si
stima che il gruppo chiuderà il 2013
con ricavi per settecento milioni.
Lvhm finanzierà l’intera operazione
in contanti e con obbligazioni.
Un’operazione che mira a favorire
uno sviluppo ancor più rapido della
marca, e in modo più coordinato in
certi mercati, non solo in Cina ma
anche in tutta l’area del Pacifico,
senza trascurare il Sud America, il
Messico e gli Stati Uniti. E in questo scenario, sottolineano Sergio e
Pier Luigi Loro Piana, è concreta la
possibilità di promuovere nuova occupazione.
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Pubblichiamo in una nostra traduzione
l’intervento pronunciato il 26 giugno
dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi,
Osservatore Permanente della Santa
Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Internazionali a
Ginevra, durante il cinquantasettesimo
incontro del Comitato Permanente
dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (Acnur).
Signora Presidente,
Ancora una volta, la violenza sta
causando la dislocazione forzata di
centinaia di migliaia di persone. La
Delegazione della Santa Sede nota
con dispiacere che negli ultimi dodici mesi il numero di persone delle
quali l’Acnur si prende cura nel
mondo è aumentato. Quasi sempre,
questo aumento è dovuto al protrarsi di conflitti armati, mentre, al presente, gli Stati coinvolti, le strutture
regionali e la comunità internazionale nel suo insieme mancano della
volontà politica di dialogare e trovare soluzioni politiche pacifiche. Gli
armamenti non aiuteranno a equilibrare l’influenza dei gruppi in conflitto e serviranno solo a uccidere
più civili e a sradicare più famiglie.
Questa tragica testimonianza conferma ancora una volta che con la
guerra si perde tutto, mentre con la
pace c’è tutto da guadagnare.
Signora Presidente, la mia Delegazione si rallegra che, in questo
momento di maggiore dislocazione
delle persone, l’Alto Commissariato
abbia avviato sforzi per analizzare il
ruolo delle comunità confessionali
nella protezione. Il Dialogo, dell’Alto Commissariato, sulla fede e sulla
protezione, lo scorso dicembre, è
stato la positiva espressione della
Monito di Mario Draghi sugli effetti del rigore imposto ai conti pubblici
Il dramma del disagio sociale
FRANCOFORTE, 9. Il consolidamento dei conti pubblici «resta
inevitabile», anche se «so che in
alcuni Paesi il disagio sociale è
una tragedia». Insomma, avanti
così, con restrizioni e tagli alla
spesa, senza guardarsi indietro,
senza ripensamenti, ma con un
occhio al bene delle persone e
delle famiglie. La Bce continuerà
a fare la sua parte: i tassi saranno
ai minimi attuali e potrebbero anche scendere ulteriormente se necessario, perché «rialzarli tenderebbe a destabilizzare» i Paesi più
deboli e avrebbe conseguenze letali per l’economia reale.
È questo il messaggio lanciato
ai politici da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, davanti al Parlamento di
Strasburgo, in tre ore di audizione con la Commissione economico-finanziaria. Draghi ha spiegato
che «la recessione prolungata è il
primo rischio sistemico» per l’Europa. Il presidente ha quindi ricordato i dati e le previsioni illustrate la settimana scorsa, confermando che per l’eurozona la ripresa «a passo ridotto» arriverà
nella seconda metà del 2013. Le
autorità politiche — ha aggiunto
Draghi — non devono cedere ora
che si vedono i primi segnali positivi delle manovre varate, come
dimostrano Spagna e Italia, Paesi
nei quali «qualche progresso per
la competitività» e per le piccole
imprese si comincia a vedere.
Un giovane distribuisce il proprio curriculum vitae (Reuters)
Il presidente croato
in Bosnia ed Erzegovina
SARAJEVO, 9. I contrasti e le diatribe politiche in Bosnia ed Erzegovina sono alla ricerca di soluzioni
temporanee, ma la vera soluzione
duratura è una sola: il futuro nella
Unione europea.
Lo ha detto a Sarajevo il presidente croato, Ivo Josipović, giunto
ieri per una visita ufficiale di due
giorni in Bosnia ed Erzegovina, la
prima all’estero da quando la
Croazia, il primo luglio scorso, è
diventata il ventottesimo Paese
dell’Unione europea. «Quella di
Sarajevo è stata una scelta voluta e
naturale che ancora una volta conferma come la stabilità bosniaca
sia un interesse vitale della Croazia» ha detto Josipović, osservando come i croati bosniaci, che grazie alla doppia cittadinanza, bosniaca e croata, sono diventati cittadini dell’Ue, possano essere il
migliore legame tra il proprio Paese e il suo futuro europeo. «Ai nostri partner dell’Ue diremo sempre
chiaramente che l’intera regione
deve entrare a far parte dell’Europa unita» ha detto ancora il presidente croato, ribadendo che la
Croazia non vuole ora comportarsi
da «tutore» nella regione e che
Zagabria non bloccherà né ricatterà nessuno sulla strada verso l’Ue.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
direttore generale
Per un uso
eticamente
responsabile
della tecnologia
GINEVRA, 9. Occorre un uso «eticamente responsabile della tecnologia» affinché si sviluppino
«forme di solidarietà a favore dei
Paesi più poveri»: è quanto affermato dall’arcivescovo Silvano M.
Tomasi, Osservatore Permanente
della Santa Sede presso l’Ufficio
Onu di Ginevra. Tomasi è intervenuto alla riunione di alto livello dell’Ecosoc, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni
Unite, dedicato al tema «Scienza,
tecnologia, innovazione ed il potenziale della cultura nella promozione dello sviluppo sostenibile». La promozione della conoscenza scientifica nelle Nazioni in
via di sviluppo e la diffusione
della tecnologia — ha detto Tomasi – «sono diventate una componente morale del bene comune». Tanto più che oggi lo sviluppo dei popoli viene erroneamente considerato solo come «un
argomento puramente tecnico»,
legato al mercato o agli investimenti produttivi: tutti fattori di
«grande importanza» ha riconosciuto Tomasi, ricordando però
che «un progresso meramente
economico e tecnologico è insufficiente» poiché «lo sviluppo deve essere vero ed integrale, abbracciare tutte le aspirazioni della
persona umana, che ne resta la
migliore risorsa e l’indispensabile
protagonista».
Progressi nei colloqui tra Serbia e Kosovo
BRUXELLES, 9. Le intese fra Serbia e
Kosovo sul fronte delle telecomunicazioni e dell’energia sono in via di
compimento. Lo ha fatto sapere l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue,
Catherine Ashton, al termine, ieri a
Bruxelles, del tredicesimo round del
dialogo con i premier serbo, Ivica
Dačić, e kosovaro, Hashim Thaçi.
«Le discussioni su questi testi continueranno nei prossimi giorni quando andrò a Belgrado e Pristina» ha
spiegato Ashton. «Dopo la storica
decisione del Consiglio europeo di
giugno di aprire i colloqui di adesione con la Serbia e i negoziati
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convergenza delle persone di fede
sul dare priorità alla compassione,
alla solidarietà e al dialogo rispettoso, quale metodo adeguato per rispondere alla piaga dei rifugiati.
Prendiamo atto con approvazione
dell’Affermazione dei leader religio-
si, presentata di recente quale risultato del Dialogo. Le testimonianze
dirette provenienti dalle aree di conflitto mostrano come le comunità
confessionali siano fornitrici di protezione. Attualmente, in Siria, un’organizzazione internazionale cattolica
sta operando mediante oltre venti
comunità confessionali — cattoliche,
ortodosse, protestanti e musulmane
— per fornire cibo, medicinali, rifugio e sostegno psicologico e sociale
a più di 100.000 persone a Damasco, Homs, Aleppo, e nelle aree rurali circostanti. I destinatari di questi aiuti sono per la maggior parte
musulmani, proprio come la popolazione della Siria è per la maggior
parte musulmana. Gli aiuti non vengono distribuiti secondo il credo,
bensì in base al bisogno. È un esempio di siriani che aiutano i siriani.
Questi gruppi confessionali non sono soggetti alle limitazioni di alcune
norme per la sicurezza, né alle tattiche della politica, che spesso ostacolano la fornitura di assistenza. Non
partecipano al conflitto, ma cercano
di servire i bisogni di altri non combattenti che stanno soffrendo. Secondo la mia Delegazione, è fondamentale che i legami tra questi
gruppi e l’Acnur vengano rafforzati,
di modo che si possa realizzare meglio il mandato della protezione.
Signora Presidente,
Questa Delegazione ammira i generosi sforzi compiuti dalla Giordania, dal Libano, dalla Turchia e
dall’Iraq per accogliere oltre un milione e mezzo di profughi dalla Siria. I costi sono stati elevati, sia per
questi Paesi ospitanti, sia per le risorse finanziarie dell’Acnur. La risposta della comunità internazionale
a questa emergenza è di fatto incoraggiante. Molto è stato dato, ma
serve ancora tanto. Allo stesso tempo, la mia Delegazione è preoccupata all’idea che altre emergenze, altre
persone bisognose di protezione,
vengano trascurate dal momento che
tutti i soldi sono destinati all’emergenza in Siria. Ci preoccupiamo
quando apprendiamo che i servizi di
protezione necessari vengono limitati in altre parti del mondo perché
non ci sono più soldi per pagarli.
Signora Presidente, un bambino malato che ha bisogno di medicine in
un campo profughi nello Zambia
non è diverso da un bambino malato che ha bisogno di medicine a Damasco o ad Amman. Entrambi sono
bisognosi ed entrambi meritano protezione, perché la vita di entrambi è
preziosa.
Signora Presidente,
Come ultima cosa, la mia Delegazione desidera affrontare la questione dell’accesso agli spazi di protezione. L’esempio della Giordania,
del Libano, della Turchia e dell’Iraq,
fa pensare alla loro disponibilità a
permettere a degli stranieri di entrare nel loro territorio per trovarvi
protezione. Di fatto, questi Paesi indicano il cammino al resto della comunità internazionale. Non basta limitarsi ad ammirare da lontano le
generose politiche adottate e messe
in atto da tali Paesi, senza imitarli.
Pertanto, la mia Delegazione esorta
l’Alto Commissariato a proseguire i
suoi sforzi per estendere gli spazi di
primo asilo e quelli di reinsediamento e di altre soluzioni durature.
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
sull’accordo di associazione con il
Kosovo — ha aggiunto il capo della
diplomazia Ue — abbiamo affrontato i prossimi passi dell’attuazione»
dell’accordo sulla gestione dell’area
Nord del Kosovo, raggiunto ad
aprile scorso. «È di cruciale importanza — ha quindi ribadito Ashton
— che il lavoro di attuazione prosegua nelle prossime settimane, come
previsto dal piano; sono felice che
entrambi i primi ministri abbiano
confermato il proprio impegno a
questo scopo» ha concluso il capo
della diplomazia dell’Unione europea. E la necessità di applicare l’accordo sulla normalizzazione delle
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
[email protected]
Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
fax 06 698 85164, [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
relazioni con Belgrado è stata sottolineata a Pristina anche da Philip
Reeker, responsabile per i Balcani al
dipartimento di Stato americano,
che ha avuto colloqui con la dirigenza del Kosovo.
Tale intesa, ha detto, crea le condizioni per allentare la tensione nei
rapporti tra Serbia e Kosovo, che
hanno comunque, unitamente agli
altri Paesi dei Balcani occidentali,
fatto grandi progressi sulla strada
verso l’integrazione europea.
Nei prossimi giorni, sarà a Belgrado il commissario europeo all’Allargamento, Štefan Füle.
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L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 10 luglio 2013
pagina 3
Raduni in tutte le città per pregare e riflettere sulle prospettive del Paese africano
In vigore dalla rivolta del gennaio 2011 che ha deposto il presidente Ben Ali
In Sud Sudan due anni
d’indipendenza senza pace
Prorogato in Tunisia
lo stato di emergenza
JUBA, 9. Il Sud Sudan celebra oggi
il secondo anniversario dell’indipendenza con pubbliche dichiarazioni di fiducia nelle sue prospettive
di sviluppo e di un futuro di pace,
ma con il peso di irrisolti problemi
e, soprattutto, persistenti situazioni
di violenza e conflitto. In tutte le
città sudsudanesi, dalla capitale
Juba a Rumbek, Bor, Wau, Bentiu,
Malakal, Yambio, Torit, Aweil e
Kuajok, la vigilia è trascorsa con
centinaia di di migliaia di persone
in preghiera, per un’iniziativa voluta
dal presidente Salva Kiir Mayardit e
sostenuta da tutte le confessioni religiose come occasione per riflettere
sul passato e sul futuro.
Le profonde ferite lasciate dalla
guerra civile continuano a sanguinare e, anzi, nuove se ne sono aggiunte in questi due anni, che non hanno portato maggior benessere economico. Le questioni lasciate irrisolte con Khartoum al momento della
separazione tra Sudan e Sud Sudan,
prima fra tutte quella della ripartizione delle risorse petrolifere e della
sovranità sull’Abyei, hanno avuto
anzi conseguenze pesanti. Per oltre
un anno, il contenzioso sulle tariffe
d’uso degli oleodotti sudanesi verso
il Mar Rosso ha bloccato le esportazioni di petrolio, che valgono il 98
per cento delle entrate del Sud Sudan. Non ci sono stati investimenti
in spesa sociale e, anzi, il Governo
di Juba è stato costretto a ridurre
gli stipendi in un contesto di aumentati prezzi dei beni essenziali.
Su questi due anni, soprattutto,
ha pesato il protrarsi di scontri armati tra forze governative e milizie
dissidenti, così come continua ad
accadere anche in Sudan, con i due
Governi che si scambiano accuse di
sostenere i rispettivi gruppi ribelli.
L’ultima denuncia riguarda la
drammatica condizione di oltre ventimila profughi per le violenze nello
Stato del Bahr el Ghazal settentrionale, al confine con il Sudan, sostanzialmente tagliati fuori dall’assistenza umanitaria. In gran parte si
tratta proprio di persone rimpatriate
dopo l’indipendenza, ma che si sono trovate coinvolte nella quasi immediata esplosione di una nuova
crisi. Secondo l’organizzazione Medici senza frontiere, nei campi in cui
queste persone sono ammassate la
situazione si fa sempre più precaria
e mancano acqua potabile e cibo.
Passi in avanti, invece, si sono registrati per quanto riguarda il consolidamento della democrazia sudsudanese. In particolare, il Parlamento di Juba ha varato importanti
Ali Osman Taha, vice presidente del Sudan, e il vice presidente del Sud Sudan Riek Machar (Afp)
leggi a tutela della libertà di pensiero, informazione e di stampa, che
erano state sollecitate da più parti.
Due testi di legge, sul diritto a essere informati e su un ente preposto a
regolamentare i mezzi di comunicazione, sono stati approvati all’inizio
della settimana, un mese dopo
un’altra legge relativa all’emittenza
radiotelevisiva pubblica. Lo stesso
Salva Kiir Mayardit, secondo quanto riferito dal’emittente cattolica Radio Bakhita, aveva esercitato pres-
sioni sui deputati, in netta maggioranza appartenenti al partito da lui
guidato, il Movimento per la liberazione del popolo sudanese, affinché
i provvedimenti potessero essere varati prima dell’anniversario di oggi.
Negli ultimi anni erano state più
volte denunciate intimidazioni subite dai giornalisti e lo scorso dicembre aveva fatto scalpore l’assassinio
di Diing Chan Awuol, un cronista e
notista politico spesso critico sulle
le scelte delle autorità di Juba.
TUNISI, 9. La presidenza tunisina
ha annunciato ieri il prolungamento
di altri tre mesi dello stato d’emergenza imposto nel Paese dopo la rivolta che ha deposto il regime del
presidente Zine El Abidine Ben Ali,
il 14 gennaio 2011. La decisione del
presidente
tunisino,
Moncef
Marzouki, presa dopo consultazioni
con il primo ministro, il presidente
dell’Assemblea costituente e i responsabili della sicurezza, entrerà in
vigore retroattivamente, a partire dal
3 luglio. L’ultima proroga, di un
mese, risaliva infatti al 3 giugno.
Lo stato d’emergenza conferisce
maggiori poteri alla polizia e
all’esercito per contenere i gruppi
estremisti islamici che negli ultimi
mesi hanno intensificato i loro attacchi. Il Governo di coalizione guidato dagli islamisti moderati di
Ennahdha è stato a lungo criticato
per la sua linea morbida verso i fondamentalisti, ma — sottolineano i
commentatori — ha assunto un atteggiamento intransigente dopo la
scoperta ad aprile di gruppi jihadisti
che trovavano rifugio lungo la frontiera con l’Algeria. Inoltre, nello
scorso mese di maggio, si sono verificati violenti scontri tra forze di sicurezza ed estremisti del movimento
Anshar Al Sharia che si erano dati
appuntamento
nella
città
di
Qairouan, nel centro del Paese, per
partecipare al congresso annuale che
le autorità avevano deciso di vietare.
BAGHDAD, 9. Il territorio iracheno continua a essere segnato dalle violenze. È di trentuno morti, tra cui sei bambini, il bilancio di attacchi dinamitardi che hanno insanguinato il Paese da domenica. Il bilancio delle
vittime è stato reso noto da fonti mediche e di polizia. L’attacco più
cruento ha avuto luogo a Mossul, dove l’esplosione di un’autobomba ha
provocato la morte di sei persone. Sangue anche a Baaquba: cinque persone sono rimaste uccise in seguito alla deflagrazione di due vetture cariche di esplosivo. Segnala la France Presse che questi ultimi attentati
hanno portato a più di 190 il numero delle vittime di attentati, dall’inizio
di luglio. Più di ottocento i feriti. Come rilevano gli analisti, le violenze
che hanno segnato l’Iraq in questi ultimi mesi sono da ricondurre al ridestarsi della mai sopita rivalità fra le comunità sciita e sunnita, che ha
determinato una catena di attacchi e conseguenti rappresaglie. E il bilancio delle vittime è stato molto pesante. A pagare un alto tributo di sangue, in primo luogo, sono stati civili innocenti, fra i quali tanti bambini.
Ancora sangue in Pakistan
ISLAMABAD, 9. Non si fermano le
violenze in Pakistan. Otto persone
sono morte, e circa venti sono rimaste ferite, in due attentati dinamitardi compiuti nella provincia di
Khyber Pakhtunkwa, nel nordovest
del Paese. Nel primo attentato, che
aveva come obiettivo un leader tribale filogovernativo nel distretto di
Hangu, sono rimaste uccise sei persone. Secondo il commissario della
polizia locale, Muhammad Sajjad
Khan, si è trattato di un ordigno
rudimentale, ma altre fonti parlano
di un attentatore suicida in motocicletta. Il capo della comunità
Malik Habib Ullah non era a bordo del veicolo colpito: c’era però il
fratello, che è rimasto ferito. In
precedenza, nell’area di Swabi
MO GADISCIO, 9. Un’esplosione seguita da colpi d’arma da fuoco è avvenuta questa mattina nel mercato di Bakara, il più importante della capitale
somala Mogadiscio. Secondo un testimone, è esploso «un fuoristrada con
a bordo uomini in uniforme che sembravano soldati; subito dopo ci sono
stati colpi d’arma da fuoco». Sulle conseguenze di quello che appare un
atto di guerriglia urbana non ci sono ancora comunicazioni ufficiali. Altri
testimoni hanno riferito che persone colpite sono state portate via da forze
di sicurezza, ma non è chiaro se ci siano stati morti. In tarda mattinata
non c’erano state ancora rivendicazioni dell’accaduto, ma la dinamica degli
avvenimenti farebbe pensare a un attacco delle milizie radicali islamiche di
al Shabaab, sconfitte militarmente un anno fa dall’offensiva dell’Amisom,
la missione dell’Unione africana in Somalia, ma che hanno dimostrato —
dicono gli analisti — di mantenere intatta la loro capacità di colpire, sia
con operazioni di guerriglia sia con attentati in tutto il Paese, compresa
appunto Mogadiscio. Proprio qui, il mese scorso, al Shabaab aveva sferrato un sanguinoso attacco a un complesso dell’Onu nei pressi dell’aeroporto, cioè in una delle zone teoricamente più protette della città.
l’esplosione di un ordigno aveva investito due artificieri impegnati a
disinnescare una bomba piazzata in
una scuola privata.
Si è poi appreso che cinque mezzi di rifornimento per la Nato sono
stati dati alle fiamme da un gruppo
di miliziani nella provincia sudoccidentale del Balucistan. Non si sono
registrate vittime. Uomini armati
hanno sparato contro gli automezzi
carichi di benzina mentre erano in
sosta in un parcheggio di Quetta. I
camionisti sono riusciti a scappare.
Si è sviluppato un grande rogo, visibile da diversi chilometri. In precedenza, nel distretto di Bolan, altri due container erano stati distrutti dalle fiamme in seguito a un attacco compiuto da miliziani. Nei
giorni scorsi un camionista era stato ucciso a colpi d’arma da fuoco,
sempre in Balucistan, mentre era su
un camion proveniente dal porto di
Karachi e diretto al valico afghano.
E sul versante dell’Afghanistan si
segnala che il presidente statunitense, Barack Obama, sta valutando
l’ipotesi di accelerare il ritiro delle
forze americane. Ne dà notizia
«The New York Times», ricordando che il capo della Casa Bianca è
impegnato a mettere fine al coinvolgimento militare statunitense in
Afghanistan entro la fine del 2014 e
che l’Amministrazione ha cercato di
negoziare con le autorità afghane la
possibilità di lasciare solo una piccola forza nel Paese. Ma i rapporti
fra l’Amministrazione e il presidente afghano, Hamid Karzai, non sono facili, soprattutto dopo il tentativo degli Stati Uniti di avviare
trattative con i talebani in Qatar
per uscire dalla crisi afghana.
Forze di sicurezza pakistane di pattuglia (La Presse/Ap)
Dai militari del Myanmar
Rilasciati bambini-soldato
NAYPYIDAW, 9. Le forze armate
del Myanmar hanno concesso a
decine di giovani arruolati in passato in modo coatto di tornare alle loro famiglie. Dei giovani congedati, trentaquattro sono minorenni, mentre gli altri otto lo erano al momento dell’arruolamento.
La liberazione, avvenuta ieri, è
la terza registrata negli ultimi dodici mesi, dopo quella di una cinquantina di bambini-soldato nel
Attorno alla disastrata centrale nucleare giapponese
Cresce la radioattività a Fukushima
Reattori a Fukushima (La Presse/Ap)
le analisi segnalavano un aumento
dei livelli di trizio radioattivo nelle
acque davanti alla centrale.
Intanto, sono quattro le aziende
giapponesi che hanno presentato
domanda alla Nuclear Regulation
Authority allo scopo di poter far ripartire un totale di dieci reattori, a
un giorno dall’entrata in vigore della
nuova regolamentazione. Creata a
settembre del 2012, l’agenzia sulla sicurezza nucleare giapponese è stata
ideata allo scopo di varare standard
omogenei e stringenti a favore della
sicurezza, dato che il suo presidente,
Shunichi Tanaka, ha ammesso l’esistenza di un programma nucleare
«debole» prima dell’emergenza a
Fukushima, auspicando che i nuovi
parametri siano in grado di apportare un profondo cambiamento.
da molti osservatori un grande successo politico sia a livello internazionale sia a livello regionale.
Tuttavia nella lunga marcia verso
la ricostruzione, il progresso e lo
sviluppo, molto resta ancora da fare. Ed è auspicabile agire in fretta
soprattutto di fronte alle minacce di
organizzazioni radicali e terroristiche che mettono in dubbio la legittimità dell’attuale Governo. Ecco
perché è stato necessario prolungare
in Tunisia lo stato di emergenza.
Le violenze
non lasciano l’Iraq
Attentati nel nordovest mentre Obama valuta l’ipotesi di accelerare il ritiro dall’Afghanistan
Esplosioni e sparatorie
nel principale mercato di Mogadiscio
TOKYO, 9. Aumentano i livelli di radioattività nell’acqua del pozzo di
osservazione vicino all’impianto nucleare giapponese di Fukushima,
teatro del grave incidente del marzo
2011 causato da un sisma e uno tsunami. Secondo quanto ha reso noto
la Tepco, società che gestisce la centrale, la situazione è molto grave: il
livello di cesio 134 è salito ieri a
9.000 bequerel per litro rispetto ai
99 di venerdì, mentre quello del cesio 137 è cresciuto a 18.000 bequerel
rispetto ai 210 di venerdì.
Il pozzo di osservazione è stato
scavato in dicembre vicino al reattore numero due del complesso, a una
distanza di 27 metri dall’oceano.
Non è ancora chiaro se l’acqua contaminata sia filtrata fino all’oceano.
Sabato la Tepco aveva reso noto che
Il premier tunisino, Ali Larayedh,
aveva infatti dichiarato il congresso
illegittimo e fuorilegge. La motivazione va ricercata nel fatto che il
movimento radicale per gli organi
competenti rappresenta una minaccia per la sicurezza dello Stato. In
Tunisia negli ultimi mesi si sono registrati numerosi atti di violenza orchestrati dal movimento salafita.
Il Paese del Nord Africa ha vissuto nel 2011 la “rivoluzione dei gelsomini” che ha dato l’avvio alla cosiddetta primavera araba considerata
settembre del 2012 e di ventiquattro dello scorso febbraio.
Secondo i dati dell’Unicef, il
Fondo delle Nazioni Unite per
l’infanzia, dal 2006 a oggi sarebbero stati 520 i minorenni rilasciati nel Paese del sudest asiatico.
Tutti arruolati con la forza, sovente rastrellati dai vari gruppi etnici
armati in lotta contro il Governo
centrale.
Un numero notevole che si
confronta, però, con l’incertezza
su quanti ancora restino a combattere (oltre a ricoprire altri ruoli
bellici) per il folto esercito del
Myanmar, che conta mezzo milione di effettivi su una popolazione
inferiore a sessanta milioni.
Tuttavia, soprattutto da quando
dal 2011 il Paese asiatico si è avviato sulla strada delle riforme democratiche, la fine dell’utilizzo
coatto di giovani e bambini nelle
forze armate è stata tra le richieste
avanzate con più decisione dalla
comunità internazionale.
Il reclutamento e l’utilizzo di
bambini soldato sono una delle
più pesanti violazioni delle norme
che regolano i diritti umani nel
mondo. Solo nel Myanmar si stima ci siano più di 75.000 bambini
soldato, uno dei numeri più alti
del mondo. Il Governo di
Naypyidaw si è impegnato a congedare entro la fine di quest’anno
tutti i minorenni arruolati. Sebbene ci siano segnali positivi in questo senso, per molti osservatori
l’obiettivo sembra invece essere
ancora lontano.
Disordini
nel Gezi Park
a Istanbul
ANKARA, 9. La polizia turca è intervenuta ieri per disperdere una nuova manifestazione antigovernativa a
Istanbul, non lontano da Gezi Park,
riaperto ieri mattina (in seguito a
tre settimane di chiusura per le proteste di giugno) e nuovamente transennato poche ore dopo dalle autorità per i raduni. A meno di 48 ore
dagli scontri di sabato le autorità
turche sono dovute intervenire con
cannoni ad acqua e gas lacrimogeni
contro alcune centinaia di estremisti
che volevano riappropriarsi dei luoghi simbolo della protesta. Testimoni e giornalisti della France Presse
hanno riferito di accesi scontri tra
polizia e manifestanti, che hanno
lanciato pietre e bottiglie incendiarie contro le forze dell’ordine. Diverse le persone fermate. Chiuso al
pubblico dopo essere stato sgomberato il 15 giugno scorso, il parco è
stato riaperto solo ieri. Ad annunciarlo è stato il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu, che ha
però avvertito i dimostranti di non
radunarsi nei pressi dell’area: «Non
permetteremo più che si blocchi il
parco per farlo diventare uno spazio
per le manifestazioni, limitandone
così l’uso ai bambini, agli anziani e
alla gente e causando problemi di
sicurezza» ha affermato il governatore ai giornalisti presenti nell’area
verde dove sono stati piantati nuovi
alberi e piante, sradicati a giugno.
Ma di fronte al divieto i movimenti
estremisti di protesta hanno subito
rilanciato annunciando una nuova
manifestazione. La replica delle autorità non si è fatta attendere e tre
ore dopo il parco è stato nuovamente bloccato.
Giornalista
assassinato
in Daghestan
MOSCA, 9. Un giornalista russo è
stato ucciso in un villaggio nei pressi di Makhachkala, la capitale della
Repubblica del Daghestan, nel
Caucaso settentrionale. Come riportano le agenzie russe, Akhmednabi
Akhmednabiyev — che collaborava
al settimanale «Novoye Delo» e al
sito di informazione Kavkaz Uzel —
è stato assassinato oggi nel villaggio
di Semender. Kavkaz Uzel ricorda
che il giornalista riceveva minacce
dal 2009 e le intimidazioni si erano
fatte più concrete a partire dal maggio 2012, con due attentati alla sua
persona. Secondo la ricostruzione
dell’accaduto riferita dal ministero
dell’Interno, «hanno sparato all’automobile appartenente al reporter a
cinquanta metri dalla sua casa».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 10 luglio 2013
La riscoperta della catacomba ebraica di Monteverde
A Rio de Janeiro
Sulle orme
di Antonio Bosio
di FABRIZIO BISCONTI
el 2009, nel cuore del
quartiere romano di
Monteverde Vecchio,
in via Vincenzo Monti, mentre si stavano
praticando delle indagini preliminari per la realizzazione di un parcheggio multipiano all’interno del
giardino dell’Istituto Gualandi per
sordomuti, si rinvennero alcune gallerie relative a una delle sei catacombe ebraiche individuate nel suburbio romano. Tra queste, sono
ancora conservate quelle sotto Villa
Torlonia sulla via Nomentana e
quelle di Vigna Randanini sulla via
Appia Pignatelli, proprio davanti al
grande complesso paleocristiano di
Pretestato. Queste due catacombe
ci permettono di conoscere i caratteri topografici, le tipologie funerarie, i formulari epigrafici, i più rari
elementi decorativi, ridotti ai soli
N
simboli liturgici, tra i quali ricorre
specialmente il candelabro eptalicne. Tornando alla catacomba di
Monteverde, una più recente scoperta, effettuata il 27 aprile del 2012
durante alcuni lavori sulle condotte
del gas, in seguito ai quali un automezzo pesante è sprofondato in
una cavità, ha messo in luce un’altra regione del complesso cimiteriale. E ancora, nella medesima area, il
23 ottobre del 2012, durante alcune
lavorazioni per l’installazione di cavi elettrici, è stato intercettato un
manufatto con elementi di chiara
natura funeraria.
Tutti questi rinvenimenti — attentamente monitorati dalla soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma — furono, dunque, ricondotti a quel cimitero ebraico,
scoperto il 14 dicembre 1602 dal
grande archeologo maltese Antonio
Bosio, che, come ricorda l’opera
postuma edita nel 1632 con il titolo
di Roma sotterranea, trascorse più di
due ore nei cunicoli, posizionati tra
il cimitero di Ponziano e l’attuale
stazione di Trastevere, nel fianco
della collina di Monteverde. Bosio
descrisse un cimitero «molto piccolo» e scavato «alla rustica» con
«sepolture intagliate nei muri» e
«loculi chiusi con mattoni coperti
di intonaco sul quale sono dipinte
o graffite le iscrizioni».
Tre secoli dopo, lo studioso tedesco Nikolaus Müller iniziò una sistematica campagna di scavo, a cominciare dal dicembre 1904. L’archeologo trovò il monumento già
estremamente compromesso da una
rovinosa frana, dovuta alla cava sottostante sfruttata per ricavare il celebre tufo di Monteverde. I suoi
scavi permisero, comunque, di avere un’idea più chiara dell’estensione
non proprio esigua del cimitero e
delle tipologie funerarie, che mostrarono non solo loculi, ma anche
arcosoli, sarcofagi fittili, cubicoli e
persino il coperchio di un sarcofago
a vasca, in forma di kline, con la
raffigurazione di un fanciullo.
La catacomba restituì oltre duecento iscrizioni dipinte e incise in
greco e in latino, con la menzione
di ben sette sinagoghe dell’Urbe,
un numero consistente di lucerne e
di bolli laterizi, per lo più riferibili
al IV secolo dell’era cristiana. Gli
scavi di Müller furono documentati
da una sistematica battuta fotografica, i cui positivi (ben 350), ritenuti
dispersi, furono individuati solo nel
1993 nella Facoltà di Teologia della
Humboldt-Universität di Berlino.
Tale documentazione ha premesso
di ricostruire la dinamica dell’esodo
dei materiali (specialmente iscrizioni e lucerne) conservati presso i
Musei Vaticani, i Musei Capitolini,
il Museo Archeologico Nazionale
di Napoli, il Chiostro di San Paolo
fuori le Mura, il Museo Nazionale
Romano delle Terme di Diocleziano. Il materiale più significativo è
rappresentato — com’è ovvio — dai
titoli epigrafici, dove abbonda la
lingua greca, mentre una sola iscrizione dedicata alla defunta Isidora
è scritta in aramaico con corrispettivo in greco. Emergono, tra le altre,
due iscrizioni più complesse: una
metrica dedicata a una regina dal
marito affezionato, che viene definito respondens eius amori; l’altra pure
in versi, fatta incidere da Theodotus per il figlio Iustus, rammaricandosi di non averlo potuto deporre
in un sepolcro d’oro. Nei testi si
usano espressioni stralciate dalla
Bibbia e, specialmente, dai Salmi e
dai Proverbi e, assai spesso, come si
diceva, si fa allusione alla organizzazione della gerarchia, in quanto
sono menzionati due archisinagoghi
(forse i direttori spirituali della comunità) e sei gherusiarchi (presidenti dell’assemblea degli anziani).
Le iscrizioni erano decorate con
simboli estremamente semplici, ossia la menorah (il candelabro a sette
bracci), il coltello della circoncisione, l’ethrog (il cedro), il lulab (mazzo
di erbe), l’Aron (il
rotolo della legge),
la matzah (il pane
azzimo).
Lo studio sistematico delle fotografie del Müller,
dei materiali dispersi nei diversi musei,
dei rinvenimenti archeologici recenti,
hanno permesso di
restituire la fisionomia storica e monumentale di una catacomba “fantasma”
che era nota sin dal
1600 ma che compariva e scompariva in maniera intermittente. Dobbiamo il recupero di tutti questi dati alla tenacia di Daniela Rossi, funzionario della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, che con Marzia Di Mento ha
Una serie di nuovi rinvenimenti
sono stati ricondotti
al cimitero ebraico
scoperto il 14 dicembre 1602
dall’archeologo maltese
dato vita a un progetto di ricerca,
che ha coinvolto il XVI Municipio
di Roma Capitale, la Provincia di
Roma, l’università di Tor Vergata,
la Fondazione per i Beni Culturali
Ebraici in Italia e la Comunità
Ebraica di Roma. Ora questo progetto è diventato una poderosa
pubblicazione (La catacomba ebraica
di Monteverde. Vecchi dati e nuove
scoperte, a cura di Daniela Rossi e
Marzia Di Mento, Roma, 2013, pagine 431), che ci permette di riscoprire un monumento dimenticato,
segnato dai crolli, dalle devastazioni e dall’urbanizzazione. La catacomba di Monteverde, d’altra parte,
rappresenta una delle testimonianze
più significative della cultura ebraica della tarda antichità se la Legatio
ad Gaium di Filone (23, 155) ricorda
che molti ebrei di Roma abitavano
nel Trastevere e se un’iscrizione funeraria di un arconte allude a una
sinagoga proprio in questo popoloso quartiere romano, dove spuntarono anche i primi tituli cristiani,
come quello di San Callisto, da collocare, con molta probabilità, nei
pressi dell’attuale basilica di Santa
Maria in Trastevere.
In mostra in Brasile «Cristo e l’adultera» di Lotto restaurato dai Musei Vaticani
E la firma spuntò
sul quadro invenduto
di ANTONIO PAOLUCCI
isogna leggere l’episodio dell’adultera nel Vangelo di Giovanni per capire che cos’è il genio della sceneggiatura, per imparare come si fa a tagliare per campi narrativi efficaci ed
essenziali, senza incertezze, senza sbavature, un
fatto drammatico ad alta intensità emotiva: «Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella
Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano
per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col
dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è
senza peccato, scagli per primo la pietra contro
di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per
uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Allora Gesù, alzatosi le disse: “Donna, dove
sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse:
“Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non
peccare più”» (8, 3-11).
In poco più di cento parole, senza un aggettivo di troppo, anzi senza nessun aggettivo,
nulla concedendo alla curiosità (com’era la
B
Una figura di mezzo profilo in ultimo piano
con gli occhiali in mano
punta lo sguardo
dove è emersa la scritta «Laurentii Lotto»
Ha tutta l’aria di essere un autoritratto
donna? Era bella, era giovane? E il suo amante
chi era? Come hanno fatto a sorprenderli?)
l’evangelista svolge e governa una articolata
pluralità di persone, di situazioni, di emozioni.
Prima c’è, appena alluso, il tumulto e il clamore dello scandalo; la donna portata a giudizio,
prigioniera dei miliziani che l’hanno arrestata,
circondata dalla morbosa cattiveria della gente.
Poi l’assalto verbale dei farisei che vogliono
incastrare Gesù. Infine al centro del racconto (e
pare di avvertire il silenzio che si è fatto sulla
piazza) le parole misteriose che Cristo scrive col
dito nella polvere; parole che nessuno ha capito
e che neppure l’evangelista conosce. Da ultimo
la sceneggiatura vede i farisei allontanarsi in ra-
Consegnato il Premio Ischia Internazionale di giornalismo
Per i cercatori di verità
Nell’anno in cui gli occhi del mondo sono stati a lungo puntati su Piazza San
Pietro, con la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco, due
vaticanisti si sono aggiudicati la sezione «Reportage dell’anno» del Premio
Ischia Internazionale di Giornalismo assegnato il 6 luglio. Sono stati infatti
premiati Franca Giansoldati del «Messaggero» — «per la completezza dell’informazione e l’abilità nell’interpretare i giorni storici che hanno portato al soglio pontificio Jorge Mario Bergoglio» — e Alessandro Di Meo, fotoreporter
dell’Ansa, per la foto con la quale «ha bloccato l’immagine di un fulmine sulla cupola di San Pietro nel giorno delle dimissioni di Ratzinger: quando le
immagini valgono più di ogni parola». La trentaquattresima edizione del premio è stata dedicata al tema «Dovere di informare, diritto di conoscere» ed è
stata preceduta dalle «Giornate dell’informazione», con incontri sulle varie tematiche del giornalismo internazionale e con la mostra fotografica «Sogno cose mai viste», realizzata in occasione del cinquantesimo anniversario di Amnesty International. Oltre ai due colleghi citati, sono stati premiati per le varie
sezioni: Emanuela Audisio, Isabella Bufacchi, Lydia Cacho Ribero, Lilli Gruber, Francesco Guerrera, Vincenzo Mollica, Luciano Onder e Sarah Varetto,
Anche quest’anno, grazie a Benedetto ed Elio Valentino, il premio è rimasto
fedele al suo essere «un riconoscimento — così scriveva nel 1980 il fondatore
Giuseppe Valentino — a chi ha ricercato e raccontato, nell’arco di un’intera
carriera, la propria verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa».
pida dissolvenza a uno a uno, a cominciare dai
più vecchi e dunque dai più carichi di peccati e
di rimorsi, per concludersi con il perdono, il
perdono senza riserve, il perdono come gratuita
compassionevole
misericordia
e
balsamo
dell’anima: «Va’ e d’ora in poi non peccare
più».
Per i pittori del Rinascimento e per i loro
committenti «Cristo e l’adultera» era un argomento affascinante. C’era materiale per toccare
tutti i registri del piacere figurativo, della edificazione religiosa e del coinvolgimento sentimentale: una bella donna, peccatrice ma non per questo meno affascinante, l’infinita misericordia di
nostro Signore e poi i “cattivi”, i
farisei insinuanti e argomentanti,
campionario di stolidità, di perfidia, di malafede, di ipocrisia.
Leonardo da Vinci nel Cristo fra
i dottori della Thyssen-Bornemisza
di Madrid (1506) aveva dimostrato
quali risorse infinite di psicologismo naturalistico può assicurare il
dominio della fisiognomica. Lorenzo Lotto è sullo stesso registro
mentale e stilistico quando, circa
gli anni 1527-29, dipinge il Cristo e
l’adultera oggi al Louvre.
In quel dipinto c’è il subitaneo
splendore della bellezza femminile
che riempie gli occhi e scalda il
cuore nella tenera grazia della donna che le guardie hanno sorpreso
discinta e hanno portato via mezza
nuda così com’era, nell’armatura di
acciaio scintillante e nel bianco elmo piumato (memoria giorgionesca) dell’armigero che la conduce
al giudizio. E poi c’è il gruppo
compatto dei farisei che circonda
opprime quasi schiaccia un Cristo
che, al centro della scena, sembra
stupire, con malinconico disincanto, di fronte a tanta protervia e volgarità.
Pinturicchio,
Se ho ricordato il quadro del
Louvre è perché è appena uscito
dai Laboratori di Restauro dei
Musei Vaticani, al termine di una accurata pulitura, un Cristo e l’adultera di Lorenzo Lotto che
è da considerare, con ogni evidenza, una variante d’autore databile a circa vent’anni dopo.
Il dipinto in questione si conserva nel Museo
della Santa Casa di Loreto la quale, per antica
tradizione, è storica “cliente” dei Musei Vaticani
per gli interventi di studio e di restauro sul suo
patrimonio artistico.
Lorenzo Lotto aveva l’abitudine di registrare
la sua attività professionale consegnandola a un
diario di lavoro conosciuto come Libro di spese
diverse. Alla pagina 17 verso di quel manoscritto
e ai fatti dell’anno 1548, il pittore quasi settantenne dichiara di aver dipinto il «quadro della
adultera» per tale Giovanni Donato Usper mercante tedesco residente a Venezia. Per qualche
ragione che ignoriamo il committente non ritirò
il dipinto che ritroviamo ad Ancona nell’agosto
del 1550 messo all’asta insieme ad altre opere.
L’asta di Ancona andò male. Il pittore vecchio, povero e malato, decise di concludere la
vita come oblato laico portando con sé nel santuario di Loreto i quadri che non era riuscito a
vendere.
«Finalmente essendo Lorenzo vecchio, ed
avendo perduto quasi la voce se ne andò alla
Madonna di Loreto non passò molto che come
era vissuto costumatamente e bon cristiano, così
morì, rendendo l’anima al Signore Dio». Con
questo elogio funebre, nella seconda edizione
delle Vite (1568), Giorgio Vasari chiude l’esistenza terrena di Lorenzo Lotto. Lo fa non senza aver ricordato, fra le opere sue lasciate a Loreto, insieme alla Presentazione al Tempio,
L’adultera condotta innanzi a Cristo.
La critica ha sempre ritenuto il dipinto di
Loreto una «versione di qualità inferiore e di
Il Cristo e l’adultera di Lorenzo Lotto —
prestato dal Museo della Santa Casa di
Loreto e qui accanto presentato dal direttore
dei Musei Vaticani che ne hanno curato il
restauro — è solo una delle opere volate a
Rio de Janeiro in occasione della Giornata
mondiale della gioventù (Gmg). Come
avviene dal 1993, infatti, anche la Gmg in
programma dal 23 al 28 luglio 2013 sarà
accompagnata da una mostra ispirata al
tema della manifestazione: «Andate e fate
discepoli tutti i popoli» (Matteo, 28, 19).
L’esposizione, organizzata dalla Fondazione
Giovanni Paolo II per la Gioventù del
Pontificio Consiglio per i Laici, è intitolata
«Sulle orme del Signore» ed è ospitata
presso il Museu Nacional de Belas Artes di
Rio de Janeiro, dal 9 luglio al 12 ottobre. La
mostra presenta una selezione di opere,
oggetti d’arte e manoscritti, raggruppati in
quattro sezioni: «Cristo: via di salvezza»,
«Vocazione e missione degli apostoli»,
«Maria strada che conduce a Cristo», «I
santi: modelli da imitare». Nella prima
sezione sono presentate opere sul volto di
Cristo, la passione, la resurrezione,
l’incredulità di Tommaso, ma anche la
parabola del buon Samaritano. Esposte
firme di prestigio: tra gli altri Beato
Angelico, Melozzo da Forlì, Leonardo da
Vinci, Bernini, Correggio, Guercino e Lotto.
Nella seconda sezione, invece, sono esposti
lavori con tema legato alla chiamata degli
apostoli. Eccezionale la presenza del Dittico
con Pietro e Paolo (III-IV secolo dell’era
cristiana, questo prestato dai Musei Vaticani
che hanno inviato alla mostra diversi pezzi
di prestigio), assieme a opere di altri artisti
tra i quali Pomarancio e de Ribera. Nella
sezione dedicata a Maria ecco accostate
opere della tradizione orientale e
occidentale. Accanto a splendide icone
bizantine troviamo i nomi di Michelangelo,
Perugino, Sassoferrato e Pinturicchio con la
sua Madonna col Bambino detta Madonna del
davanzale (anche questa giunta in Brasile dal
Vaticano). Infine nell’ultimo settore sono
esposti diversi dipinti raffiguranti i santi più
noti. La mostra si apre con un pezzo di
eccezionale valore, artistico e religioso. Si
tratta del celebre Mandylion di Edessa,
venerato come l’immagine “acheropita” (non
dipinta dalla mano dell’uomo) e veritiera di
Cristo. Il piccolo prezioso dipinto, risalente
al III-V secolo dell’era cristiana, conservato in
Vaticano, apre l’eccezionale sequenza di
«Madonna col Bambino» detta «Madonna del davanzale»
(1498 circa, Musei Vaticani)
immagini di Cristo. Partendo dal Salvator
Mundi di Melozzo da Forlì, passando per il
Volto di Cristo di Beato Angelico, fino al
disegno di Andrea Mantegna, raffigurante il
Cristo passo, sono una quindicina le
rappresentazioni a testimoniare sia l’interesse
del tema presso gli artisti, nel corso dei
secoli, sia l’impatto devozionale che queste
immagini hanno sempre avuto. A iniziare
dall’immagine cristologica più nota, quale
quella della Santa Sindone, che viene
presentata attraverso la celebre foto
realizzata da Secondo Pia nel 1898.
data chiaramente posteriore» rispetto al prototipo del Louvre (Peter Humprey, Lorenzo Lotto
catalogo della mostra, Washington - Bergamo Parigi 1997-1999).
Ora però, dopo l’esemplare restauro condotto da Fabio Piacentini, il giudizio critico sulla
tela di Loreto dovrà cambiare. Perché nella parte alta del dipinto è venuta fuori la firma: Laurentii Lotto. Non solo ma una figura di mezzo
profilo in ultimo piano e con gli occhiali in mano (Lotto usava gli occhiali) lo sguardo puntato verso il punto dove c’è la firma, ha tutta
l’aria di essere un autoritratto. Ora un dipinto
nel quale l’artista esibisce e anzi sottolinea la
sua firma non è, non può essere la generica variante di un’opera fortunata, ma piuttosto una
autografa rimeditazione d’autore sul tema della
adultera perdonata. Un tema di compassione e
di misericordia che il vecchio Lotto, al termine
dei suoi giorni, doveva sentire particolarmente
congeniale.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 10 luglio 2013
pagina 5
Papa Francesco lancia in mare
la corona di fiori (foto Ansa)
e, sotto, l’attesa sull’isola
per l’arrivo del Pontefice (foto France Press)
tra loro un vescovo c’era /
dando a tutti /
la sua benedizion». È probabile — scrive Gian Antonio Stella sul
«Corriere della Sera» nell’editoriale
che commenta la visita di Papa
Francesco a Lampedusa — «che Jorge Mario Bergoglio abbia nelle orecchie fin da bambino le note dolenti
de Il tragico naufragio del vapore Sirio, dedicato alla tragedia del bastimento affondato nel 1906 mentre navigava verso il “suo” Sudamerica.
Canzone che sfuma narrando di José
de Camargo Barros, il vescovo di
São Paulo del Brasile che morì tra i
flutti consolando gli altri poveretti».
E se sono anni «che, sotto i nostri
occhi, si ripetono quelle apocalisse
vissute dai nostri nonni», e se sono
anni di terribili dati ufficiali, ecco
che «ci voleva un Papa figlio di emigrati in Argentina — prosegue il
giornalista italiano — per dare uno
scossone all’indifferenza quotidiana
dell’O ccidente».
«E
I commenti sulla stampa internazionale al primo viaggio di Papa Francesco
L’emigrante in bianco contro la nostra apatia
Su «La Stampa» Enzo Bianchi
analizza quindi i valori nascosti nel
gesto del Pontefice: «Un uomo, un
cristiano, un Papa venuto dalla fine
del mondo sceglie l’estrema periferia
sud dell’Italia per la sua prima uscita da Roma e va in pellegrinaggio a
un santuario dell’umanità sofferente.
(...) Un gesto che vuole ricordare a
tutti, a cominciare da chi ha responsabilità politiche ed economiche, che
nessun essere umano è clandestino
su questa terra, che ciascuno ha diritto a veder riconosciuta e rispettata
la propria dignità, che migranti, profughi, esuli, vittime di guerre e di
carestie non si metterebbero in viaggio se trovassero pane e giustizia là
dove sono le loro radici e il loro
cuore». Conclude quindi il priore di
Bose notando che «in quell’umile
gesto della corona di fiori gettata
pregando nel mare di Lampedusa,
porta d’Europa, periferia delle peri-
ferie, in quell’invito a prendersi cura
del fratello come di se stessi, in
quella memoria resa a uomini e donne che cercavano vita per sé e i loro
cari e hanno trovato morte anonima
occorre cogliere un’urgenza per tutti
noi: patire con chi patisce, piangere
con chi piange perché questa è fraternità umana, è custodia dell’altro,
è compassione! E c’è anche la rinnovata possibilità di avere fiducia
nell’altro, c’è il sapersi parte di
un’unica comunità, c’è la consapevolezza che “chi ha salvato una sola vita, ha salvato l’umanità intera”».
E se secondo il francescano Isidoro Macías la lezione del viaggio di
Papa Bergoglio è «che dobbiamo
spalancare le porte per accogliere i
nostri fratelli» (così in un’intervista
rilasciata a «La Razón»), dai microfoni di Radio Vaticana anche Laurens Jolles, rappresentante della
Agenzia dell’Onu per i Rifugiati per
l’Europa Meridionale, si è soffermato sul grande lascito dell’accoglienza, commentando il «grande gesto
simbolico» compiuto dal Papa. Perché, nelle parole di Kevin Clarke su
«America», «nessun uomo è un’isola... Nemmeno a Lampedusa».
Di «un’omelia di rara densità» ha
scritto invece Jean-Marie Guénois su
«Le Figaro», mentre più in generale
a proposito del primo viaggio compiuto da Papa Bergoglio, Frédéric
Mounier su «la Croix» ha scritto: «a
memoria di vaticanista, è da tantissimo tempo che non si vedeva un
viaggio papale caratterizzato da una
tale improvvisazione, profondamente
commovente ma al contempo così
gioioso». Ed è da notare, infine, il
grande spazio che i giornali non italiani hanno dedicato alla situazione
di Lampedusa in genere: dati, informazioni, cartine e notizie che confermano la grande intuizione del Pontefice. Il dramma di quanti sbarcano
sull’isola sicula per entrare in Europa era del tutto sconosciuto ai più.
Tra religiosità rinnovata e secolarizzazione
Il senso del sacro nel
di MARY ANN GLEND ON
coloro che si definiscono religiosi ma dichiarano di non essere affiliati a nessuna religione organizzata e di coloro che si considerano
appartenenti a una religione ma adottano un
approccio selettivo nei confronti degli insegnamenti della loro Chiesa. Gli studiosi secondo i quali viviamo in un’epoca di rinascente religione non basano le loro affermazioni su una presunta maggiore diffusione di
una fede di tipo religioso; essi si riferiscono,
piuttosto, a un’influenza politica sempre più
grande della religione in tutto il mondo.
In breve, il panorama spirituale contemporaneo sembra caratterizzarsi sia per l’aumento di un’attività religiosa politicamente
motivata, sia per la propensione dei credenti,
perlomeno in occidente, verso una religiosità
più privata, individualizzata, a spese della
formazione e dello spirito di associazione
proposti dalla religione organizzata.
econdo un’opinione ampiamente
diffusa tra gli intellettuali e gli opinion leader, la religione è un’importante fonte di conflitti e di intolleranza nel mondo; l’influenza
politica della religione è quanto mai varia; a
volte contribuisce al conflitto, ma sovente
promuove la democrazia, la riconciliazione e
la pace. (...)
Gran parte del disaccordo circa il rapporto fra religione e violenza deriva da percezioni differenti della realtà, percezioni che
informano il modo in cui le persone intendono la “religione”, le loro opinioni sul corretto rapporto fra religione e società ordinata secondo leggi civili, le idee che sostengono e le storie che raccontano riguardo alla
natura umana, alla ragione, all’individualità
e al governo di uno Stato. Nel
dopoguerra, la mentalità degli
intellettuali e degli opinion leader del mondo occidentale era
dominata dalla fede nell’inesorabile avanzata della secolarizPubblichiamo alcuni stralci dell’articolo Religioni, fonte
zazione, e tale approccio era
di pace o di conflitti? che il presidente della Pontificia
condiviso anche dalle élite di
Accademia delle Scienze Sociali ha scritto per l’ultimo
altre aree del mondo che avevanumero della rivista «Vita e Pensiero».
no studiato in Occidente. Il celebre sociologo Peter Berger si
fece portavoce di molti quando
nel 1968 dichiarò al «New York Times» che
L’ascesa di un islam militante, insieme
«entro il XXI secolo quanti credono nella re- all’assertiva presenza politica della religione
ligione probabilmente si troveranno solo in in alcune democrazie liberali, ha stimolato la
piccole sette, stretti gli uni agli altri per resi- produzione di una nuova stridente letteratustere a una cultura secolare di portata mon- ra caratterizzata da una forte ostilità nei condiale». Ma negli ultimi anni del XX secolo fronti della religione. In una serie di libri di
abbiamo assistito non solo a un costante au- successo Richard Dawkins, Daniel Dennett,
mento della popolazione mondiale che ade- Sam Harris e il defunto Christopher
risce al cristianesimo, all’islam e all’indui- Hitchens (spesso denominati i “nuovi atei”)
smo, ma anche all’influenza della religione hanno rispolverato e rinnovato le trite e ritrisulla politica in tutti i continenti. (...)
te argomentazioni secondo cui la scienza
Allo stesso modo, però, sarebbe sbagliato rende obsoleta la religione e la religione è
supporre che la chiave di lettura della seco- un’importante fonte di conflitti. Gli scritti di
larizzazione abbia perso potere per il sem- questi autori sono caratterizzati dal vigoroso
plice fatto che la religione non si è progres- sostegno dell’ateismo come sistema di fede
sivamente indebolita sino a venire meno nei superiore, dall’esasperazione davanti alla
tempi previsti. Tanto per cominciare, i fatti persistenza della fede e dell’influenza religiodifficilmente sono sufficienti a sradicare le sa e dallo zelo missionario di far scattare
convinzioni che ci stanno a cuore. E ancora: l’allarme riguardo agli effetti negativi della
la convinzione che la religione sia una fonte religione nella società moderna. La tesi prinprimaria di conflitti è profondamente radica- cipale che sostengono è che la scienza ha
ta nella classe degli intellettuali. Inoltre, la screditato l’esistenza di qualsiasi tipo di Dio
pratica religiosa e il contesto culturale e reli- o di potere superiore.
gioso sono mutati così tanto negli ultimi anI nuovi atei rifiutano anche l’approccio
ni che, paradossalmente, ci ritroviamo in un del “vivi e lascia vivere” che molti non cremondo in cui un gruppo di stimati analisti è denti meno militanti hanno adottato nei
in grado di sostenere a ragion veduta che vi- confronti della religione. Secondo loro, i
viamo in un’epoca di «rinascente religione» presunti vantaggi della religione non sono
(ancora Berger), mentre altri, con pari dirit- maggiori di quelli della moralità e dell’etica
to, definiscono la nostra «un’epoca secolare» radicati nel secolarismo, mentre gli effetti
(Charles Taylor).
negativi della religione sono reali e sostanQueste posizioni non sono così incompa- ziali.
tibili come sembrerebbe di primo acchito.
Vale la pena notare che l’attuale rinascita
Chi sostiene che viviamo in un’«epoca seco- del vecchio secolarismo di impostazione
lare» evidenzia principalmente gli sviluppi conservatrice o, come lo definisce Pierre Madel mondo occidentale, e in particolar modo nent, di «questo ateismo pedante, questo
l’aumento dei non credenti, di coloro che so- puritanesimo dell’empietà» avviene proprio
stengono di essere “spirituali ma laici”, di nel mondo occidentale cristiano che ama la
S
Vita e Pensiero
XXI
pace. Tuttavia, contemporaneamente, è
emerso in occidente un altro tipo di non credente che assiste con preoccupazione
all’avanzata del secolarismo, e in particolare
del secolarismo anticristiano, che considera
una minaccia per le principali conquiste politiche della modernità. Fra questi “ateisti
malinconici” figurano alcuni degli studiosi
più stimati del mondo contemporaneo.
In anni recenti, un pensatore di spicco
quale Jürgen Habermas (come anche un filosofo come Marcello Pera) ha espresso
grande preoccupazione nei confronti dei costi politici e sociali in cui si incorre quando
ci si dimentica di un’eredità culturale nella
quale la religione, la libertà e la legge sono
inestricabilmente intrecciate.
Ritenuto un’eminenza grigia della sinistra
europea, Habermas ha sbalordito molti suoi
seguaci quando, sull’importanza dell’eredità
giudeocristiana, ha affermato: «Questa eredità [l’etica giudaica della giustizia e l’etica
cristiana dell’amore], sostanzialmente immutata, è stata oggetto di una continua appropriazione e reinterpretazione critica. Oggigiorno, non ci sono alternative al riguardo.
E alla luce delle attuali sfide poste da una
costellazione postnazionale, continuiamo ad
attingere alla sostanza di tale eredità. Tutto
il resto sono solo inutili chiacchiere postmoderne» (Tempo di passaggi).
Con questo, si arriva a condividere la posizione di Alexis de Tocqueville, secondo cui
una società libera dipende profondamente
da una sana cultura morale alimentata dalla
religione (che egli individuava nel cristianesimo). Nell’introduzione a La democrazia in
America, Tocqueville spronava i colleghi eredi dell’illuminismo francese a mettere da
parte i loro pregiudizi nei confronti della religione. A suo parere, chi ama la libertà
dovrebbe «affrettarsi a chiamare la religione
in suo aiuto», in quanto deve sapere che il
regno della libertà non può essere fondato
senza quello dei costumi, né i costumi possono essere fondati senza credere in qualcosa.
Il filosofo canadese Charles Taylor ha dichiarato in un corposo libro del 2007 (L’età
secolare) che ormai, quantomeno in occidente, viviamo in un’«epoca secolare», anche se
non nel senso auspicato dai “nuovi atei”. In
realtà, secondo Taylor, «con il tempo la
chiave di lettura della secolarizzazione, che
tende ad attribuire al nostro passato religioso la colpa di molti mali del mondo, diventerà meno plausibile. Ciò accadrà in parte
perché risulterà chiaro che le altre società
non fanno altrettanto e, dunque, che questa
chiave di lettura non riguarda il genere umano a livello universale; in parte, perché molte piaghe di cui si presumeva che la “religione” fosse responsabile non stanno scomparendo».
Malgrado ciò, Taylor ritiene che viviamo
in un’epoca di secolarismo. Egli riconosce,
per forza di cose, che se si include un’ampia
gamma di convinzioni spirituali nella propria definizione, la religione è presente come
non mai. Nonostante questo, a suo parere
secolo
ciò che rende secolare la nostra epoca è il
“cambiamento titanico” nel contesto sociale
in cui si vive la religione: gli spazi pubblici
nelle democrazie liberali sono stati ampiamente svuotati da ogni riferimento religioso;
abbiamo assistito al declino della pratica religiosa, se non della fede; e (cosa per lui più
significativa di tutte) in molte zone del mondo si è passati «da una società in cui la fede
in Dio è indiscussa e di fatto non problematica, a una in cui la si considera una delle
tante opzioni possibili».
Taylor, del resto, non sembra condividere
le inquietudini dei “non credenti malinconici” circa gli effetti corrosivi che si possono
manifestare su una società nel suo insieme
quando un numero elevato di individui decide di abbbandonare i “codici dei genitori”.
Egli non manca di osservare che la formazione religiosa ne ha sofferto. Ciononostante, non sembra considerare tale perdita un
problema serio da affrontare. Taylor si limita
Josep Ginestar, «Tutti cerchiamo» (2010)
a commentare che «il contatto sempre più
debole di molti con i linguaggi tradizionali
della fede sembra presagire a un futuro di
declino». Il tono generale di L’età secolare è
di rassegnazione.
Già quando era cardinale, Ratzinger aveva
sviluppato una contrapposizione fra “laicità
positiva” intesa come atteggiamento di neutralità che apre ambiti di libertà per gli individui di qualsiasi credo, e “secolarismo negativo” che «si impone attraverso la politica e
non lascia spazi pubblici alla visione cattolica e cristiana, che in tal modo rischia di diventare una cosa meramente privata ed essenzialmente mutilata». Diventato papa, ha
promosso attivamente la sua visione della
“laicità positiva”. Nel 2008, in un discorso
tenuto ai politici francesi nella culla stessa
del secolarismo antireligioso, ha commentato: «In questo momento storico in cui le
culture si incrociano tra loro sempre di più,
sono profondamente convinto che una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità è divenuta necessaria.
È infatti fondamentale, da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e
quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini sia la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della
funzione insostituibile della religione per la
formazione delle coscienze e del contributo
che essa può apportare, insieme ad altre
istanze, alla creazione di un consenso etico
di fondo nella società».
Il pensiero di Benedetto XVI circa il secolarismo converge in numerosi punti con
quello di non credenti come Habermas. (...)
Già nel 1968, nella sua Introduzione al cristianesimo, Ratzinger aveva adottato un approccio nuovo nei confronti dei non credenti dalla mentalità aperta, evidenziando che potevano incontrarsi sullo stesso terreno del dubbio.
Ciascuna delle chiavi di lettura del secolarismo sin qui esaminate rappresenta lo sforzo di riuscire ad accettare il fatto che «passa
la scena di questo mondo». La nostra epoca
non è sufficientemente secolare per gli atei
conservatori che insistono nel considerare la
religione la causa praticamente di tutti i mali; mentre, di contro, è diventata troppo secolare per i non credenti malinconici che temono che le basi stesse della democrazia liberale vengano erose. Per teisti come Charles Taylor e Benedetto XVI, i recenti cambiamenti del panorama religioso pongono nuove sfide alla religione, ma, cosa interessante,
Ratzinger è più vicino ai “non credenti malinconici” nella sua percezione che le modifiche dello scenario religioso pongono sfide
anche alla pace, erodendo la coesione sociale, le grandi conquiste della cultura occidentale (i diritti umani, la dignità della persona,
il principio della legalità) e il senso di
un’unica famiglia umana nei cui confronti
hanno tutti una responsabilità comune.
Chi afferma che la religione è una delle
fonti principali di conflitti e violenze, da
parte sua, preferisce soffermarsi sulle guerre
di religione del passato e sulla diffusione
dell’islam jihadista cui assistiamo ai giorni
nostri. Ciononostante, si accumulano le prove che sovente la retorica religiosa associata
a simili conflitti ha più a che vedere con
questioni di identità individuale o di gruppo, che non con differenze teologiche.
Secondo uno studio sui conflitti avvenuti
fra il 1989 e il 2003 condotto dall’università
di Uppsala, la religione è stata raramente un
fattore primario o esclusivo nei conflitti in
cui era implicata. Come ha osservato
Jacques Maritain molto tempo fa, «per la
debolezza umana non c’è nulla di più facile
che mescolare la religione con i pregiudizi
razziali, di famiglia, o di classe, l’odio collettivo, le passioni di un clan e i fantasmi politici che bilanciano i rigori della disciplina individuale in un’anima pia, ma non purificata
a sufficienza».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì 10 luglio 2013
All’esame del prossimo sinodo della Church of England la proposta sulle donne vescovo
Ridisegnata da una nuova costituzione l’organizzazione della Conferenza delle Chiese europee
Una questione
che continua a dividere
Per rilanciare
l’unità tra i cristiani
LONDRA, 9. Un impegno a proseguire la discussione, con l’auspicio
di approvare in via definitiva una
nuova proposta sull’ordinazione delle donne vescovo entro il 2015: è
questa la principale novità scaturita
dal sinodo generale della Church of
England, che si conclude oggi a
York. Con una maggioranza di 319
voti contro 84, la riunione dei delegati della comunità anglicana nel
Regno Unito ha infatti stabilito che
quella dell’ordinazione delle donne
vescovo «continua a essere una que-
stione urgente». In sostanza, la
nuova proposta sarà esaminata al
prossimo sinodo, che si terrà nel novembre 2013, ma come è stato puntualizzato per l’approvazione finale
occorrerà attendere il 2015. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby,
si è detto «molto ottimista» sul fatto che il dibattito proseguirà in maniera positiva, aggiungendo «che c’è
un forte desiderio» affinché questo
avvenga. Le nuove regole che dovrebbero introdurre l’ordinazione
delle donne vescovo sono da lungo
tempo al centro di un difficile confronto tra i membri ecclesiastici che
difendono la tradizione e i liberali.
La comunità consente alle donne,
fin dal 1992, di diventare sacerdoti
ma la consacrazione episcopale è
stata sempre negata sulla base di
motivazioni teologiche. Tuttavia, la
pratica dell’ordinazione delle donne
vescovo, anche di quelle dichiarata-
mente omosessuali, già avviene, per
esempio, all’interno della comunità
episcopaliana (il ramo anglicano negli Stati Uniti); oppure nelle comunità anglicane di Australia, Nuova
Zelanda e Canada.
Parlando di fronte ai delegati al
sinodo, prima della votazione, l’arcivescovo Welby aveva sottolineato la
necessità di creare «un clima di fi-
In Israele la riforma della leva obbligatoria
Se l’esercito apre
agli ebrei ultraortodossi
GERUSALEMME, 9. Anche se il
cambiamento avverrà «gradualmente», per la comunità ebraica
osservante d’Israele si tratta di una
svolta non di poco conto. Dopo
65 anni, la riforma del servizio militare, con l’inclusione degli haredim, gli ebrei ultraortodossi, finora
esentati, sembra cosa fatta. Il Governo israeliano nei giorni scorsi
ha infatti approvato la bozza di riforma della leva (14 voti a favore e
4 astenuti) che è destinata a mettere fine — anche se bisognerà aspettare il vaglio del Parlamento — a
uno dei più roventi e spinosi temi
che hanno agitato e diviso negli
ultimi anni la società israeliana,
con l’opposizione frontale dei partiti d’ispirazione religiosa.
La non obbligatorietà della leva
per gli ebrei haredim fu accordata
dal padre fondatore di Israele, David Ben-Gurion, ma allora gli ultraortodossi erano abbastanza pochi nel Paese. Il dossier sulla leva
— che in passato ha provocato anche crisi di Governo — è stato uno
dei punti di forza dell’ultima campagna elettorale del leader centrista di «C’è un futuro», e attuale
ministro delle finanze, Yair Lapid,
che ne ha fatto uno dei perni
dell’attuale maggioranza che sostiene il primo ministro Benyamin
Netanyahu. Per le strade delle varie città israeliane sono scesi in migliaia per chiedere che il «peso»
del servizio militare fosse ripartito
in maniera «eguale» fra tutti gli
strati della popolazione, ultraortodossi compresi.
La riforma prevede che entro
quattro anni, cioè dal 2017, saranno arruolati — eventualmente per il
servizio civile — gli ebrei ultraortodossi (secondo alcune stime, circa
50.000) a partire dai 21 anni di età
(per gli altri si parte a 18 anni),
con esclusione di 1.800 di loro
considerati allievi «eccellenti» nello studio della Torah. Chi si sotrarrà alle disposizioni — prevede
la bozza, preparata da un Comitato, presieduto dal ministro della
Scienza, Yaacov Peri — sarà perseguito penalmente.
Il premier Netanyahu ha rivendicato il fatto che «oggi dopo 65
anni» la riforma sia stata approvata dal Governo e ha assicurato però che il cambio avverrà «in maniera graduale» in modo da tener
conto «dei bisogni speciali della
popolazione ultraortodossa». Il
premier ha poi sottolineato due
obiettivi: «L’integrazione dei giovani ultraortodossi nelle forze armate e, non meno importante, nella forza lavoro».
Nella bozza di legge approvata
dal Governo è prevista anche la
possibilità per gli arabi israeliani
(altro settore di popolazione finora
esentato) di essere inclusi nella leva. A questo proposito, Netanyahu
ha detto di aver apprezzato il lavoro fatto dal Comitato per la loro
«integrazione», ma la questione
«non è ancora completa e abbiamo bisogno di continuare — ha osservato — a restare collegati al problema, in modo da risolverlo».
Il ministro delle Finanze, Lapid,
ha definito l’approvazione «un fatto storico». Nettamente contrari
invece i partiti d’ispirazione religiosa (che non fanno parte della
maggioranza): «È un triste giorno
per l’ebraismo haredi», ha dichiarato Meir Porush, di «Uniti nella
Torah».
ducia» e di mostrare «un approccio
inclusivo» per quanto concerne
«l’impegno a ordinare le donne vescovo esattamente sulla base di come già avviene per gli uomini». Nel
novembre 2012 la proposta era stata
bocciata con un “no” quasi inatteso
che aveva fatto emergere profonde
spaccature all’interno della comunità e un clima che era stato definito
«di profonda sfiducia». Il dibattito
dunque prosegue: «Si tratta di andare avanti ancora un po’ — ha precisato Welby — e di lavorare sulla
proposta, considerando che vi è stato un cambiamento di umore negli
ultimi sei mesi».
Il sinodo ha anche approvato una
mozione che chiede di porre «massima attenzione» sulle politiche governative in tema di tagli al bilancio. Si tratta di un appello a «riaprire» il dibattito sulla cosiddetta Big
Society. Il riferimento è alla discussione in atto nella società britannica
su un nuovo modello di relazioni
con il quale promuovere una serie
di riforme nel settore dei servizi
pubblici in grado, secondo le intenzioni, di coniugare lo sviluppo con
la necessità di salvaguardare il bilancio. Con lo slogan «fare di più
con meno risorse, lasciando più spazio ai privati cittadini e meno allo
Stato», la formula della Big Society
prevede essenzialmente un maggiore
coinvolgimento delle organizzazioni
di cittadini nell’amministrazione del
Paese e l’affidamento alle comunità
locali di servizi attualmente di competenza delle autorità statali. La
mozione del sinodo indica in particolare la necessità di evitare che gli
impatti dei tagli al welfare colpiscano i più vulnerabili e di assicurare il
sostegno alle fasce sociali più deboli. In un intervento del passato l’arcivescovo anglicano di York, John
Sentamu, aveva osservato che «se la
visione della Big Society ambisce a
diventare una realtà nella quale le
persone si devono maggiormente
unire e prendersi cura di loro stesse,
allora anche le diseguaglianze economiche devono essere ridotte».
Nessuno, aveva spiegato il presule,
«vuole una società nella quale le
persone siano obbligate a difendersi
le une dalle altre, ma tuttavia, si nota che negli ultimi decenni, la crescita economica e i guadagni sono
andati in maniera sproporzionata a
chi ha già di più; mentre, al contrario, le previsioni suggeriscono che la
popolazione diventerà sempre più
divisa per classi e status e la povertà
infantile aumenterà».
In occasione del sinodo, infine, è
emersa anche la questione relativa
agli abusi sessuali sui minori. Dalla
riunione sono emerse le scuse ufficiali in relazione a episodi che hanno coinvolto membri del clero nella
nella diocesi inglese di Chichester
tra gli anni Settanta e Ottanta del
secolo scorso. In un documento si
condannano in particolare «i gravi
errori» e i comportamenti che non
hanno permesso di evitare gli abusi.
I delegati hanno anche proposto
una riforma delle pratiche nelle
diocesi per difendere i diritti dei minori.
di RICCARD O BURIGANA
«Ci si deve impegnare ad aiutare le
Chiese europee a condividere la vita
spirituale e l’azione di servizio e a
promuovere l’unità delle Chiese e la
pace nel mondo»: con queste parole
si apre la nuova costituzione della
Conferenza delle Chiese europee
(Konferenz Europäischer Kirchen,
Kek), che è stata approvata al termine dell’assemblea generale che si è
tenuta a Budapest dal 3 all’8 luglio.
La costituzione, che sostituisce il testo in vigore dal 1992 e che era stato
rivisto nel 2009, ha avuto 160 voti
favorevoli, 7 contrari e 7 astenuti, ha
ottenuto il “sì” dopo un intenso dibattito che ha mostrato la pluralità
di posizioni all’interno dell’organismo ecumenico, creato nel 1959.
L’approvazione della nuova costituzione è giunta al termine di un’assemblea che era convocata proprio
per avviare una riflessione, la più
ampia e partecipata possibile, tra i
delegati sul presente e sul futuro
della Kek di fronte alle tante difficoltà che, soprattutto, in questi ultimi anni hanno profondamente segnato la vita e l’azione dell’organismo ecumenico. Per questo molteplici sono stati i temi affrontati nel
corso dell’incontro di Budapest, che
si era aperto con una suggestiva cerimonia, nei locali della comunità riformata ungherese, alla presenza anche di tanti ospiti di comunità ecclesiali e organizzazioni ecumeniche,
tra le quali la delegazione della
Chiesa cattolica.
Fin dalla liturgia ecumenica di
apertura è apparsa evidente l’importanza attribuita all’assemblea, dal
momento che si trattava di valutare
come superare le difficoltà, che avevano portato a contrapposizioni tra
gli stessi membri. Nel passato queste contrapposizioni avevano paralizzato, in molti casi, l’azione a favore dell’unità dei cristiani, senza
tuttavia impedire comunque di portare avanti dei programmi, soprattutto nella difesa dei diritti umani in
Europa e nel mondo e di sviluppare
nuove relazioni con organizzazioni
ecumeniche e istituzioni politiche. Il
vescovo József Steinbach, presidente
del Consiglio ecumenico delle Chiese in Ungheria e vescovo del Distretto Trans-Dabuniano della comunità riformata di Ungheria, ha
invitato a prendere esempio dalla vita dell’apostolo Paolo per affrontare
i momenti di difficoltà.
Nel pensare a delle soluzioni per
recuperare lo spirito per un impegno quotidiano a favore dell’unità
dei cristiani, è emerso che la Kek
deve tener conto anche della propria storia nel definire nuove forme
con le quali «essere testimoni della
volontà del Signore in un mondo
soggetto a così tanti e così rapidi
cambiamenti». La questione di come affrontare i cambiamenti in un
spirito di rinnovamento è stato
quindi centrale durante i lavori
dell’assemblea, che ha vissuto anche
momenti di appassionato dibattito.
Le maggiori tensioni si sono manifestate nella discussione e nella revisione del testo della nuova costituzione, soprattutto nei passaggi, ap-
provati a stretta maggioranza, nei
quali le Chiese e le comunità ecclesiali rivendicavano un ruolo centrale
nella vita della Kek a scapito delle
organizzazioni
ecumeniche,
dei
Consigli di Chiese e dei gruppi giovanili, che in questi anni hanno assunto un ruolo particolarmente attivo nella realizzazione di progetti
per una maggiore presenza dei cristiani nella società. Di fronte a queste tensioni, i tempi dedicati alla
preghiera ecumenica, i momenti
condivisi di spiritualità e la lettura
della Parola di Dio hanno favorito i
lavori dell’assemblea. Il vescovo episcopaliano Julio Murray, che ha
portato il saluto del Consiglio delle
Chiese latino-americane, ha ricordato che i partecipanti erano chiamati
a riflettere sul come far sì che «le
Chiese continuassero a essere un
luogo di dialogo dove uomini e
donne possono incontrarsi per ricevere risposte alle proprie domande e
per sollevare nuove questioni» così
da favorire l’unità e la pace. La
Kek, inoltre, doveva essere fedele a
quello spirito che l’ha guidato fin
dalla sua fondazione e secondo il
quale ci doveva essere «spazio per
tutte le voci del mondo, comprese
quelle delle minoranze», ha spiegato il pastore Guy Liagre, segretario
generale dell’organismo ecumenico,
nella sua relazione introduttiva.
In questa prospettiva, l’assemblea
ha deciso il trasferimento della sede
della Kek da Ginevra a Bruxelles.
Anniversario
Nel quindicesimo anniversario della
scomparsa del
Reverendissimo Padre
FÉLIX ASENSIO S.J.
Professore di Sacra Scrittura
della Pontificia Università
Gregoriana
la sua grande Famiglia spirituale ricorda la sua luminosa figura di Padre,
Maestro e Guida alla santità, sempre
unita a Lui nella Comunione dei
Santi.
Roma, 10 luglio 2013
Le indicazioni del santo sinodo ortodosso
In Romania più forza a vita e famiglia
BUCAREST, 9. Promuovere interventi
a difesa della famiglia e della vita:
queste sono, in estrema sintesi, le indicazioni principali scaturite dalla
riunione del santo sinodo della Chiesa ortodossa di Romania, che si è
svolta dal 4 al 5 luglio. I membri del
sinodo sono intervenuti, fra l’altro,
anche sul progetto di revisione della
Costituzione. La revisione della legge
fondamentale del 1991 — dopo la prima, ampia, riforma del 2003 — è infatti attualmente considerata prioritaria dalle forze politiche presenti in
Parlamento. Un’apposita commissione parlamentare sta lavorando al fine
di apporre una serie di modifiche al
testo. In questo contesto, il santo sinodo in una nota sottolinea il proprio sostegno alla definizione di famiglia «come nucleo di base naturale
della vita e dello sviluppo della società, basato sul libero consenso matrimoniale tra un uomo e una donna,
sulla loro uguaglianza e sul dirittodovere dei genitori di provvedere alla
crescita, all’educazione e alla formazione dei bambini e che beneficiano
del sostegno e della protezione dello
Stato».
La Chiesa ortodossa di Romania
ha inoltre deciso di rafforzare il servizio pastorale nelle comunità parrocchiali al fine di contrastare il divorzio, le pratiche abortive, le varie
forme di violenza domestica e l’abbandono dei figli. La comunità ortodossa rumena darà in particolare sostegno l’iniziativa «Uno di noi»: si
tratta di una campagna di organizzazioni e movimenti di vari Paesi d’Europa che hanno avviato una petizione per dare riconoscimento e protezione all’embrione umano in sede comunitaria. La proposta è di estendere
la protezione giuridica della dignità,
del diritto alla vita e dell’integrità di
ogni essere umano fin dal concepimento in tutte le aree di competenza
dell’Unione europea. In particolare si
chiede alle istituzioni europee di porre fine al finanziamento di attività
che ammettono la distruzione di embrioni umani nei settori della ricerca,
nei programmi di riduzione delle nascite e nelle pratiche di sanità pubblica che presuppongono la violazione del diritto alla vita. Fedele all’insegnamento che la vita inizia dal momento del concepimento, la Chiesa
ortodossa di Romania, si legge in un
comunicato, richiama l’attenzione sul
fatto che la distruzione degli embrioni umani è un atto inaccettabile da
un punto di vista spirituale e umano.
A tale riguardo, è spiegato, che dal
sito del Patriarcato è possibile scaricare i moduli per supportare l’iniziativa europea. Inoltre, si esortano tutte le eparchie, nonché tutte le organizzazioni e le fondazioni che operano con la benedizione della Chiesa, a
pubblicizzare l’iniziativa al fine di
raccogliere il maggior numero possibile di sottoscrizioni.
Infine, il santo sinodo ha anche
approvato un nuovo piano pastorale
per rafforzare i servizi a tutti livelli:
dal livello eparchiale a quello nazionale. La decisione, si legge in un comunicato, è stata presa a seguito della valutazione dei risultati finali del
censimento nazionale della popolazione, avvenuto nel 2011. Il santo sinodo si riunisce almeno due volte
l’anno, in primavera e in autunno.
La cerimonia di apertura è stata presieduta dalla guida spirituale della
Chiesa ortodossa romena, il patriarca
D aniel.
Con questa scelta si è voluto sottolineare ancora una volta l’importanza
attribuita al rapporto con le istituzioni europee, oltre che andare incontro a un’esigenza, sollevata da
più parti, per una razionalizzazione
delle spese in momento di così profonda crisi economica. Il trasferimento della sede non comporterà la
chiusura degli uffici di Strasburgo
che potranno così continuare a lavorare con il Consiglio di Europa. Per
rendere più agile la struttura di governo è stato anche deciso di ridurre
da 40 a 20 il numero dei membri
del comitato centrale. Tra le novità
vi è la maggiore responsabilità nella
gestione della Kek, che è stata affidata all’Ufficio di presidenza, formato da un presidente, il vescovo
anglicano Christopher Hill, e da
due vicepresidenti il metropolita ortodosso Emmanuel di Francia e la
pastora svedese Karin Burstrand,
eletti durante l’assemblea.
Lutto nell’episcopato
Monsignor Joaquín Piña Batllevell, della Compagnia di Gesù,
vescovo emerito di Puerto Iguazú in Argentina, è morto lunedì
8 luglio, all’età di ottantatré anni.
Il compianto presule era nato a
Sabadell, nella diocesi spagnola
di Terrassa, il 25 maggio 1930, ed
era stato ordinato sacerdote gesuita il 10 dicembre 1961. Eletto
alla Chiesa residenziale di Puerto
Iguazú il 16 giugno 1986 aveva
ricevuto l’ordinazione episcopale
il successivo 16 agosto. Il 3 ottobre 2006 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le
esequie sono state celebrate, martedì 9 luglio, nella cattedrale di
Puerto Iguazú.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 10 luglio 2013
pagina 7
Parola del cardinale Raymundo Damasceno Assis
Il beato Pino Puglisi
Il risveglio della Chiesa
in Brasile
Semplicemente prete
APARECIDA, 9. «La crescita degli
evangelici in Brasile e in tutto il
mondo ha suscitato un "risveglio"
della Chiesa cattolica che, a mio parere, si stava un po’ adagiando negli
ultimi tempi». Lo ha affermato il
cardinale Raymundo Damasceno
Assis, arcivescovo di Aparecida e
presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb)
in un’intervista rilascita al sito internet Uol.com.br, a pochi giorni
dell’arrivo di Papa Francesco in
Brasile, in occasione della Giornata
mondiale della gioventù a Rio de
Janeiro
«Forse — ha spiegato il porporato
— noi ci siamo adagiati e può darsi
che la crescita del movimento neopentecostale ci abbia fatto svegliare
e ci abbia fatto ricordare la nostra
vera missione». Infatti, «nel frattempo, però, è aumentata la qualità
dei cattolici. I praticanti sono molto
più coerenti con le loro pratiche e
professano la propria fede in maniera più convinta. Tutto ciò è molto
positivo».
In Brasile, mentre il numero degli
evangelici è aumentato in dieci anni
del 61,45 per cento, nello stesso periodo la comunità cattolica ha subito un lieve calo del numero di fedeli
dell’1,3 per cento. Questa è la conclusione dell’ultimo censimento effettuato nel Paese dall’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge).
Mentre nel 2000, gli evangelici erano circa 26,2 milioni, nel 2010 hanno raggiunto quota 42,3 milioni.
Eppure, il Paese continua a essere a
maggioranza cattolica. Il numero
L’Honduras
nel cuore
delle tenebre morali
TEGUCIGALPA, 9. L’Honduras, al
pari di altri Paesi centroamericani,
sta attraversando momenti drammatici causati da un’ondata di
violenza inarrestabile che non risparmia nessuno. «Siamo nel cuore delle tenebre morali — ha detto
domenica scorsa durante l’omelia
l’arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis,
cardinale Óscar Andrés Rodríguez
Maradiaga — e perciò abbiamo bisogno della luce e della fede in
D io».
Il porporato denunciando al
tempo stesso una sorta d’indifferenza generalizzata da parte degli
honduregni «che si sentono più
felici consumando alcol, o per la
loro appartenenza a un partito politico o a una squadra di calcio,
che fanno attenzione solo alla sicurezza materiale», ha ricordato
che «occorre rivolgere lo sguardo
a Gesù».
Nel Paese si registrano in media
una ventina di omicidi al giorno.
Secondo il commissario per i diritti dell’uomo, la violenza ha provocato più di 20.000 morti violente durante l’amministrazione di
Porfirio Lobo, che ha iniziato il
mandato presidenziale nel 2010.
Dati dell’Istituto nazionale di statistica indicano che il tasso di povertà totale è aumentato dal 62 al
66 per cento e la povertà estrema
dal 42 al 45 per cento nel 2012, rispetto al 2011. Poco più di 3,5 milioni di persone si trovano in condizioni di povertà totale e 5,5 milioni in povertà estrema.
dei cattolici nel 2010, infatti, era di
123,3 milioni, circa il 64,6 per cento
della popolazione. Nel sondaggio
svolto dell’Ibge realizzato nel 2000,
erano 124,9 milioni, cioé il 73,6 per
cento della popolazione brasiliana.
Sempre secondo il presidente
dell’episcopato brasiliano, l’elezione
di Papa Francesco ha portato una
nuova speranza alla comunità brasiliana, oltre che per il mondo intero.
«E ha generato tanta speranza anche nella Chiesa cattolica, un’aspettativa molto positiva. Ma è molto
difficile quantificare questo mutamento nell’aumento di fedeli. Quello che la gente percepisce udendo e
vedendo — ha aggiunto il porporato, sottolineando la capacità di Papa
Francesco nell’attrarre i fedeli — è
che c’è un’aspettativa positiva,
gioiosa e piena di speranza per il
suo pontificato»,
Al riguardo, Damasceno Assis ha
ricordato l’aumento di pellegrini e
di visitatori a Roma dall’elezione di
Francesco. «Il numero dei pellegrini
— ha detto — aumenta sempre di
più, soprattutto durante le udienze
del mercoledì e della recita dell’Angelus la domenica. Stiamo parlando
di circa duecentomila persone a settimana. Questo risultato è spiegato
dalla semplicità e dal modo di essere informale del Papa nell’avvicinare
le persone».
Ma il cardinale arcivescovo di
Aparecida considera l’elezione di
Papa Bergoglio un’occasione di
riavvicinamento della Chiesa cattolica alla sua missione più autentica.
«La Chiesa esiste per evangelizzare.
Il che significa che la Chiesa deve
prendersi cura di coloro che la frequentano, che partecipano alla vita
delle nostre comunità, ma che bisogna anche andare incontro a coloro
che sono distanti dalle nostre comunità. Il cambiamento di atteggiamento della comunità cattolica — ha
ricordato — non ha nulla a che fare
con la crescita del numero degli
evangelici.
Non è una risposta agli evangelici, ma facciamo questo per missione, per un fine, per uno scopo.
Spesso ci siamo adagiati e dobbiamo uscire da questo atteggiamento.
Tutto ciò è molto evidente nella visione di Papa Francesco».
Infine, Damasceno Assis ha assicurato che «la Chiesa cattolica non
intende discriminare nessuno», pur
non trovandosi d’accordo con certi
comportamenti, come il matrimonio
tra persone dello stesso sesso, l’eutanasia e il divorzio. «La Chiesa — ha
concluso — non discrimina le persone, ma non può essere d’accordo
con certe posizioni che si oppongono al suo insegnamento etico. Non
possiamo equiparare il matrimonio
di due persone dello stesso sesso
con quello tra un uomo e una donna. Non è la stessa cosa. Con tutto
il rispetto per coloro che scelgono
questa strada. La Chiesa non può
approvare l’eutanasia, perché la vita
è un dono di Dio. La Chiesa non
può approvare il divorzio e non si
può dire che il divorzio sia un percorso normale, pur rispettando
quelli che hanno fatto quella
scelta».
Appello del vescovo ausiliare di San Salvador contro la violenza
Un paese in ginocchio
SAN SALVAD OR, 9. La Chiesa cattolica in El Salvador ha denunciato
con forza la nuova escalation di
violenze e omicidi che è tornata a
insanguinare il Paese interrompendo, di fatto, la cosiddetta “tregua
delle bande”. Già nei primi giorni
di luglio sono morti più di sessanta
ragazzi. «Un vero orrore», ha commentato il vescovo ausiliare di San
Salvador, monsignor Gregorio Rosa
Chávez. Domenica scorsa, durante
la messa nella cattedrale metropolitana, il presule ha letto una dichiarazione deplorando la spirale di
violenza nel Paese.
«È lo Stato — ha detto il vescovo
— che deve garantire la nostra sicurezza come cittadini, ma purtroppo
non c’è questa percezione nella comunità. La credibilità e la sostenibilità sono due condizioni importanti
per far sì che la popolazione riesca
a credere nella tregua delle bande.
Come abbiamo detto fin dall’inizio,
il processo di pace è fragile e siamo
attualmente in un momento di crisi.
Il problema è grave e la soluzione
comporta che ognuno faccia la propria parte. Si sono provate diverse
formule, ma siamo a un punto di
incertezza e confusione per la situazione di violenza che si vive».
Il vescovo ha espresso la preoccupazione della Chiesa locale in
merito alla “tregua” concordata lo
scorso 9 marzo tra le bande giovanili e che a giudizio di molti si sarebbe interrotta. Secondo la stampa
salvadoregna all’origine di questa
rottura ci sarebbero diverse dichiarazioni considerate poco felici,
quando addirittura inopportune, da
parte di politici e autorità dello
Stato che avrebbero innescato un
processo di sfiducia.
Secondo un recente rapporto della Polizia almeno una ventina degli
ultimi omicidi sono riconducibili alle bande. Nel marzo 2012, le due
bande principali che agiscono nel
Paese, la Mara Salvatrucha (MS-13)
e la Barrio 18, hanno proclamato
una tregua grazie alla quale gli
omicidi giornalieri sono diminuiti
da 14 a 5.
Monsignor Rosa Chávez, che
non ha voluto pronunciarsi su alcune circostanze, ha però lanciato un
appello alla serietà e alla responsabilità. «Nell’attuale meccanismo —
ha spiegato il presule — sembra che
si dipenda solo dalle decisioni che
prendono alcune persone e il processo di riconciliazione vive un momento critico». Il vescovo ausiliare
di San Salvador aveva precedentemente sottolineato un aspetto fondamentale di quest’iniziativa: «Il
dialogo costante con tutti i settori,
il coinvolgimento dell’intera società,
poiché fin dall’inizio condizioni
ritenute fondamentali per dare a
questo dialogo un’atmosfera adeguata».
Secondo i dati emersi da un recente studio condotto dalla Procuraduría para la Defensa de los Derechos Humanos e dal Fondo delle
Nazioni Unite per l’infanzia, negli
ultimi quattro anni, sono morti
1.604 minori e, solo lo scorso anno,
sono stati assassinati ben dodici
neonati.
invece di erigere barriere
— lui che era affettuosamente chiamato dai suoi
giovani 3P —, ha costruito
ponti di relazione tra giovani. In che modo lo ha
fatto? Costruendo un’alternativa non politica, ma
spirituale e culturale. La
strategia dell’azione pastorale si basava sulla formazione delle coscienze,
l’amore per gli ultimi, la
denuncia del male, l’invito alla conversione, il ritorno dei peccatori a Dio,
l’annuncio del Vangelo, la
promozione della giustizia.
Meditando uno dei testi di don Puglisi, rimasto
inedito fino all’apertura
della causa di beatificazione nel 1999, sembra di
leggere un anticipo del
suo destino: «La testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che diventa martirio; infatti testimonianza in greco si dice
martyrion. Dalla testimonianza radicale al martirio il confine è labile:
testimonianza e martirio dovranno
dare fiducia a chi, nel profondo,
conserva rabbia nei confronti della
società, che vede ostile. A chi è disorientato — conclude — il testimone
della speranza indica non cos’è la
speranza, ma chi è la speranza. La
speranza è Cristo, e si indica logicamente attraverso una propria vita
orientata verso Cristo».
Don Pino non è stato dunque un
prete antimafia, ma semplicemente
di FRANCESCO O CCHETTA
Per ammazzarlo, “cosa
nostra” sceglie il killer
più freddo e spietato del
quartiere. Per Salvatore
Grigoli, definito “il cacciatore”, è il suo quarataseiesimo omicidio, ma
quello di don Pino lo
cambierà per sempre: «Il
padre si stava accingendo
ad aprire il portoncino di
casa. Aveva il borsello tra
le mani. Fu una questione
di pochi secondi: io ebbi
il tempo di notare che lo
Spatuzza si avvicinò, gli
mise la mano per prendergli il borsello. E gli
disse piano: “Padre, questa è una rapina”. Lui si
girò, lo guardò, sorrise —
una cosa questa che non
posso dimenticare, che
non ci ho dormito la notte — e disse: “Me l’aspettavo”. Non si era accorto
di me, che ero alle sue
spalle. Io allora gli sparai un colpo
alla nuca». Questo sorriso lo cambierà per sempre, al punto che si
pentirà e si convertirà. Sembrava
che don Pino li aspettasse; ai suoi
amici aveva fatto intendere più di
una volta quale poteva essere il
prezzo da pagare vivendo da prete
in quel contesto.
Le ragioni dell’omicidio di don
Puglisi le ha chiarite il pentito Tullio Cannella, durante il processo in
Corte d’Assise, quando ha ricordato
che l’allora capo di “cosa nostra”,
Leoluca Bagarella, aveva deciso che
don Puglisi doveva morire «perché
prete». Questo aspetto rimane per
noi la questione centrale: «Don Puglisi non è morto facendo antimafia
verbale, ma facendo il prete, cioè vivendo il Vangelo e seminando speranza» (Vincenzo Bertolone). Per la
sua testimonianza radicale, la Chiesa lo ha dichiarato «martire della fede», proprio perché è stato assassinato in odio della fede (in odium fidei) da parte della maggiore cosca
mafiosa palermitana.
Don Pino è stato beatificato il 25
maggio scorso. Durante l’omelia, il
cardinale arcivescovo di Palermo,
Paolo Romeo, ha premesso che «la
Chiesa riconosce nella sua vita, sigillata dal martirio in odium fidei, un
modello da imitare». Poi ha paragonato la vita di don Puglisi a quella
del chicco di grano: «Nei 33 anni
della sua vita sacerdotale fu “chicco” perché ogni giorno accolse di
morire poco alla volta nel quotidiano spendersi al servizio dei fratelli,
donandosi senza riserve “per Cristo
a tempo pieno”, come era solito ribadire». Una vita vissuta lontano
dal clamore e dal rumore del potere,
caduta nel silenzio della morte, che
ora riposa nella terra di un quartiere
difficile. Facendo il parroco, aggiunge il cardinale Romeo, «sottraeva
alla mafia di Brancaccio consenso,
manovalanza, controllo del territorio». La sua azione pastorale ha
permesso ai ragazzi della parrocchia
di San Gaetano di comprendere la
differenza tra essere comandati da
un «padrino onnipresente» ed essere amati da un «Padre onnipotente».
Ma c’è di più. La Chiesa, nelle
parole del cardinale di Palermo, ribadisce la sua condanna della mafia: «I mafiosi che spesso pure si dicono e si mostrano credenti, muovono meccanismi di sopraffazione e di
ingiustizia, di rancore e di odio, di
violenza, di morte. Ogni azione assassina dei mafiosi ne rivela la vera
essenza. Essi rifiutano il Dio della
vita e dell’amore». Parole che fanno
eco alla severa condanna pronunziata dal cardinale Pappalardo nel settembre 1982, durante i funerali del
generale Dalla Chiesa, e poi, ancora
più solennemente, da Giovanni Paolo II, nella Valle dei templi di Agrigento nel 1993, quando, rivolgendosi
agli uomini appartenenti alla mafia,
li ammonì dicendo: «Convertitevi,
un giorno arriverà il giudizio di
D io».
I ricordi che ha lasciato l’azione
pastorale di don Puglisi sono molti,
alcuni legati a una straordinaria
normalità, che il fratello Gaetano ricorda così: «Un giorno mi raccontò
che era riuscito a fare entrare in
chiesa un mafioso di Godrano, e io
gli dissi: “Pino, stai attento”. E lui
mi rispose: “A me che devono fare?
Io faccio soltanto il mio dovere”».
Don Pino non ha voluto diventare
un eroe, ma ha voluto rimanere
semplicemente prete. Era un uomo
inerme, vulnerabile, armato soltanto
di quel sorriso che ha convertito anche il suo assassino. Le persone che
lo hanno conosciuto ricordano la
sua ironia: non si prendeva troppo
sul serio, scherzava anche sulle sue
grosse orecchie. Si possono applicare a lui le parole che il Signore ha
rivolto a Paolo che gli chiedeva aiuto: «Ti basta la mia grazia; la forza
infatti si manifesta pienamente nella
debolezza» (2 Corinzi, 12, 9). Parole
che don Pino aveva compreso, tanto
da rispondere come l’apostolo: «Mi
vanterò quindi ben volentieri delle
mie debolezze, perché dimori in me
la potenza di Cristo». Come educatore, più che parlare “dei” giovani,
sceglieva di stare e di parlare “con”
i giovani che incontrava nelle parrocchie, nelle scuole, o negli incontri che organizzava come responsabile vocazionale a livello diocesano o regionale. Era
la sua “vocazione nella
vocazione”, che lo ha
portato a fondare il
Centro Padre Nostro
Don Pino Puglisi non è stato un eroe
nel quartiere Brancacdell’antimafia, ma semplicemente, e fino in
cio di Palermo, pensafondo, un prete. È quanto si afferma sull’ultimo
to come uno «spazio
numero di «La civiltà cattolica» in un articolo
liberato in cui sarebbe
dedicato al «martire di Brancaccio», ucciso dalla
stato possibile piantamafia il 15 settembre 1993 e beatificato il 25
re segni di speranza».
maggio scorso a Palermo. Il «rischio di tante
In questo Centro, voconsiderazioni» espresse dai media in occasione
luto come una specie
proprio della recente cerimonia di beatificazione
di oratorio salesiano,
sta appunto nel «far perdere di vista che il
don Pino invitava i rasignificato del martirio di don Puglisi è il
gazzi del quartiere a
mistero nascosto nella croce». Pubblichiamo di
giocare, studiare, preseguito ampi stralci dell’articolo.
gare con l’aiuto dei li-
Martire
di Brancaccio
ceali della scuola in
cui insegnava religione. Era il modo di sottrarre i giovani di Brancaccio alla strada, ai soldi
facili, ai lavori sporchi che garantivano manovalanza ai capi mafiosi e
l’arruolamento tra le fila dei picciotti, in un quartiere dove, alla morte
di Falcone, alcuni ragazzi avevano
esultato per strada.
Don Puglisi sapeva che molti ragazzi del quartiere, per poter lavorare, erano costretti ad appartenere a
“cosa nostra”, per ottenere quelli
che altrove erano diritti, come il lavoro, l’istruzione, la giustizia. Ma
don Pino non smetteva di sperare in
un futuro migliore per loro. Così,
un prete. Per questo la sua azione
pastorale non ha proposto un potere alternativo a quello fatto dalla
prepotenza e dalla violenza. Attraverso la testimonianza ha svuotato
dal di dentro il significato del potere restituendo dignità al servizio,
forza alla preghiera, accompagnamento personale a quanti si sentivano schiavi di quel sistema. La testimonianza nella vita buona del Vangelo ha fatto crescere la gente, che
oggi, senza gridare, non tace più,
non tollera più il pizzo, le estorsioni, il controllo sulla libertà personale e sul territorio.
Iniziativa di Retinopera
Osservatorio del bene comune
ASSISI, 9. Si chiama Osservatorio
del bene comune, ed è una struttura che, aggregando indicatori economici e statistici, intende misurare, regione per regione, l’applicazione in Italia dei principi della
dottrina sociale della Chiesa. L’iniziativa è stata presentata ad Assisi
dove nei giorni scorsi si è svolto il
convegno di Retinopera, realtà che
riunisce associazioni e movimenti
del laicato cattolico. Dall’incontro,
che ha avuto per tema «Dentro le
periferie. Riannodare i legami in
un tempo di frammentazione», è
emersa una prospettiva d’analisi
del benessere territoriale, ovvero
delle persone che abitano un territorio, centrata sulla nozione di bene comune, così come la intende
la dottrina sociale della Chiesa.
Non esiste infatti il solo prodotto
interno lordo per valutare quanto
sia realmente ricco un determinato
territorio. Anzi, il solo indicatore
economico può portare fuori strada. Così per Marco Livia, direttore
dell’istituto di ricerca delle Acli,
confrontando i dati Istat di un
triennio (2008-2011), emerge che
«nei momenti di crisi la famiglia è
l’ambito territoriale che per primo
risente delle modificazioni nella tenuta del Paese». In questo senso,
«quando si affrontano questioni legate all’economia, o all’ambiente,
emergono differenze tra settentrione e meridione d’Italia. Tuttavia,
tali differenze si smussano e in taluni casi si annullano, come quando si affronta il tema della famiglia»; qui, infatti, il bene comune
è favorito «in quelle regioni dove
la cultura della famiglia si coniuga
con i valori tradizionali della cultura popolare e di quella cristiana».
All’importanza della famiglia si
è riferito anche il vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), Mariano
Crociata, nel messaggio inviato ai
convegnisti. «La famiglia sente oggi la necessità di “riannodare i legami”, per rispondere pienamente
alla sua missione nella Chiesa e
nella società in una fase in cui notiamo attorno a noi tanta stanchezza e un crescente individualismo».
Per il segretario generale della Cei,
«nel contesto attuale così carico di
sfide sta già crescendo una nuova
giovinezza di fede “operosa”, che è
nostra responsabilità saper cogliere
e alimentare». Il presule ha quindi
invitato a «maturare un giudizio
illuminato dalla fede sui processi
in atto nella nostra convivenza,
dalla sua dimensione nazionale a
quella europea e mondiale», per
«riscoprire e attualizzare la capacità della presenza cristiana».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì 10 luglio 2013
Concesse dal Santo Padre con decreto della Penitenzieria apostolica
Indulgenze
per la giornata mondiale della gioventù
SANCTI SEBASTIANI
FLUMINIS IANUARII
DECRETUM
quo, occasione «XXVIII Mundialis Iuvenum Diei», Indulgentiarum conceditur donum, vertente Fidei Anno, in civitate Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii peragendi.
Beatissimus Pater Franciscus,
exoptans ut iuvenes, sociato corde
cum spiritalibus Fidei Anni finibus
a Benedicto Pp. XVI indicti, desideratos sanctificationis fructus attingant e «XXVIII Mundiali Iuvenum
Die» qui, a die XXII usque ad diem
XXIX proximi mensis Iulii, sub proposito: «Euntes ergo docete omnes
gentes (cfr. Mt 28, 19)» in civitate
Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii
celebrabitur, in Audientia infra
scripto
Cardinali
Paenitentiario
Maiori die III vertentis mensis Iunii
concessa, e thesauro satisfactionum
Domini Nostri Iesu Christi, Beatissimae Virginis Mariae omniumque
Sanctorum, maternum Ecclesiae
sensum patefaciens, iuvenes omnesque fideles, congruenter paratos, Indulgentiarum dono frui posse diebus supra signatis annuit prout sequitur:
a. — plenaria conceditur Indulgentia christifidelibus vere paenitentibus et contritis, suetis sub condicionibus (sacramentali confessione, eucharistica communione et oratione
ad mentem Summi Pontificis) semel
in die lucranda, quam etiam animabus fidelium defunctorum per modum suffragii applicare poterint, si
sacris ritibus et spiritalibus inceptis,
in civitate Sancti Sebastiani Fluminis Ianuarii devote interfuerint.
Christifideles legitime impediti,
easdem condiciones spiritales, sacramentales precationisque implentes,
plenariam obtinere valebunt Indul-
gentiam, si, eliciens affectum filialis
subiectionis erga Romanum Pontificem, sese in spiritu dictis functionibus et spiritalibus inceptis univerint, dum instrumentis televisificis
et radiophonicis propagabuntur vel,
semper piissima mentis intentione,
per nova communicationum socialium instrumenta, simul sequi poterint;
b. — partialis conceditur Indulgentia christifidelibus, ubicumque fuerint dum praedictus celebrabitur
conventus quoties, corde saltem
contrito, Deo fervidas admoverint
preces,
concludendas
officiali
«Mundialis Iuvenum Diei» prece,
piis invocationibus Beatae Mariae
Virginis, Brasiliae Reginae sub titulo «Nossa Senhora da Conceiçao
Aparecida» invocatae, necnon aliorum Patronorum et Intercessorum
eiusdem Conventus, ut iuvenes in
Fidei professione et in vita sancte
ducenda adiuventur.
Quo autem facilius christifideles
caelestium horum munerum participes fieri queant, sacerdotes, ad sacramentales confessiones audiendas
legitime adprobati, prompto et generoso animo sese praebeant ad ipsas excipiendas et fidelibus publicas
preces pro bono ipsius «Mundialis
Iuvenum Diei» exitu proponant.
Praesenti pro hac vice valituro.
Quibuscumque in contrarium facientibus non obstantibus.
Datum Romae, ex aedibus Paenitentiariae Apostolicae, die XXIV
mensis Iunii, anno Incarnationis
Dominicae MMXIII, in sollemnitate
Sancti Ioannis Baptistae.
EMMANUEL
S.R.E. CARD. MONTEIRO DE
CASTRO
Paenitentiarius Maior
CHRISTOPHORUS NYKIEL
Regens
RIO
DE
JANEIRO
DECRETO
Si concede il dono delle Indulgenze in
occasione della «XXVIII Giornata
Mondiale della Gioventù», che verrà
celebrata a Rio de Janeiro durante il
corrente Anno della Fede.
Il Santo Padre Francesco, desiderando che i giovani, in unione con i
fini spirituali dell’Anno della Fede,
indetto da Papa Benedetto XVI, possano ottenere gli sperati frutti di
santificazione dalla «XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù», che si
celebrerà dal 22 al 29 del prossimo
mese di luglio a Rio de Janeiro e
che avrà per tema: «Andate e fate
discepoli tutti i popoli (cfr. Mt 28,
19)», nell’Udienza concessa il 3
giugno scorso al sottoscritto Cardinale Penitenziere Maggiore, manifestando il cuore materno della Chiesa, dal Tesoro delle soddisfazioni di
Nostro Signore Gesù Cristo, della
Beatissima Vergine Maria e di tutti i
Santi, ha accordato che i giovani e
tutti i fedeli adeguatamente preparati potessero fruire del dono delle
Indulgenze come segue:
a. — si concede l’Indulgenza plenaria, ottenibile una volta al giorno
alle solite condizioni (confessione
sacramentale, comunione eucaristica
e preghiera secondo l’intenzione del
Sommo Pontefice) ed anche applicabile a modo di suffragio alle anime dei fedeli defunti, per i fedeli
veramente pentiti e contriti, che devotamente parteciperanno ai sacri
riti e pii esercizi che si svolgeranno
a Rio de Janeiro.
I fedeli legittimamente impediti,
potranno ottenere l’Indulgenza plenaria purché, ottemperando alle
consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera, con il pro-
Il cardinale Rodé nel santuario mariano slovacco di Levoča
Governatorato
della Città
del Vaticano
Ufficio delle poste e del telegrafo
Dio si può trovare
anche tra pentole e telai
Annullo postale speciale
in occasione
del viaggio apostolico
di Sua Santità
Papa Francesco
a Rio de Janeiro
(Brasile)
per la «XXVIII Giornata
Mondiale
della Gioventù»
(22–29 luglio 2013)
In occasione del viaggio
apostolico di Sua Santità
Papa Francesco a Rio de
Janeiro (Brasile) dal 22 al
29 luglio 2013 per la
«XXVIII Giornata Mondiale
della Gioventù», le Poste
Vaticane porranno in uso
uno speciale annullo del
quale si riproduce l’impronta:
Nel bozzetto è raffigurato il Santo Padre tra due
giovani. Sullo sfondo, la
statua del “Cristo Redentore”, simbolo della città di
Rio de Janeiro.
Completano l’annullo le
scritte: «XXVIII G.M.G. –
RIO DE JANEIRO» e «POSTE
VATICANE 22–29. 07. 2013».
Il bozzetto è stato realizzato dalle Poste Vaticane.
Il materiale filatelico da
obliterare, debitamente affrancato dai richiedenti,
dovrà pervenire all’Ufficio
Obliterazioni delle Poste
Vaticane entro il 31 agosto
2013.
La collina mariana con il santuario vista da Levoča
È nel quotidiano e monotono scorrere dei giorni che siamo chiamati a
ripetere il nostro «Eccomi» sull’esempio di Maria. Lo ha detto il
cardinale Franc Rodé alle centinaia
di pellegrini raccolti nel santuario
mariano nazionale di Levoča in Slovacchia, domenica 7 luglio. Due
giorni prima, a Nitra, il porporato,
quale inviato speciale del Papa, aveva concluso le celebrazioni per i
1.150 anni dell’arrivo dei santi fratelli Cirillo e Metodio in territorio slovacco.
È nella nostra quotidianità, ha insistito il cardinale, a volte anche banale, «che possiamo sperimentare
concretamente l’abbandono fiducioso alla volontà di Dio». È nella
quotidianità «il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza, della salvezza nostra e di chi cammina
accanto a noi». Maria, nella semplicità della casa di Nazareth, «tra
pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli
della Scrittura», per riprendere le
parole di Tonino Bello, «ci fa comprendere» che è proprio nella quotidianità che ci è offerta la possibilità
di fare esperienza dell’affidamento a
Dio. E questo soprattutto quando
«è notte».
Davanti alle centinaia di fedeli
che affollavano il santuario mariano
— situato sulla «Montagna di Maria», ai piedi dei monti Tatras, dove
ogni anno convengono in pellegrinaggio circa 200.000 persone — il
porporato ha invitato a riflettere sui
gesti di Maria, che erano «gesti comuni, feriali». Anche se l’estasi, «la
contemplazione era l’esperienza cui
Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare
con i piedi sulla terra. Viveva una
vita comune a tutti». Ai fedeli raccolti per l’annuale festività mariana
della visitazione, patrona del santuario, il cardinale ha rivolto l’invito
«a essere, con Maria e come Maria,
segno. Piccolo segno, segno umile,
segno semplice, ma segno grande
della Chiesa che continuamente si
offre come sposa nelle mani del suo
Signore». Ciascuno di noi, come
Maria, «è chiamato a entrare dentro
questo mistero. È chiamato a raccogliere da Maria il grande messaggio
di amore e di salvezza, a accogliere
dalle sue mani e dal suo “sì” il proprio “sì” per essere segno di questa
grande risposta». Ciascuno di noi,
ha concluso, è chiamato «a consegnarsi, umilmente, nella semplicità
e verità della propria esistenza al Signore ogni giorno. A consegnarsi
alla Chiesa». A consegnarsi. Ciascuno di noi è chiamato a consegnarsi,
umilmente, nella semplicità e verità
della propria esistenza al Signore
ogni giorno. A consegnarsi alla
Chiesa. A consegnarsi «alla propria
umanità perché, dentro la storia,
della propria vita, del proprio lavoro, della propria famiglia, della propria sofferenza e della propria gioia,
ciascuno può essere oggi e sempre
segno del grande amore che Dio ha
per ciascuno di noi».
posito di filiale sottomissione al Romano Pontefice, partecipino spiritualmente alle sacre funzioni nei
giorni determinati, purché seguano
questi stessi riti e pii esercizi mentre
si svolgono, tramite televisione e radio o, sempre con la dovuta devozione, attraverso i nuovi mezzi della
comunicazione sociale;
b. — si concede l’Indulgenza parziale ai fedeli, ovunque si trovino
durante il predetto incontro, ogniqualvolta, almeno con animo contrito, eleveranno fervide preghiere a
Dio, concludendo con la preghiera
ufficiale della Giornata Mondiale
della Gioventù, e devote invocazioni alla Beata Vergine Maria, Regina
del Brasile, sotto il titolo di «Nossa
Senhora da Conceiçao Aparecida»,
nonché agli altri Patroni e Intercessori del medesimo incontro, affinché stimolino i giovani a rafforzarsi
nella Fede e a condurre una vita
santa.
Affinché poi i fedeli possano più
facilmente farsi partecipi di questi
celesti doni, i sacerdoti, legittimamente approvati per l’ascolto delle
confessioni sacramentali, con animo
pronto e generoso si prestino a riceverle e propongano ai fedeli pubbliche preghiere, per il buon esito della stessa «Giornata Mondiale della
Gioventù».
Il presente Decreto ha validità
per questa ricorrenza. Nonostante
qualunque contraria disposizione.
Dato in Roma, dalla sede della
Penitenzieria Apostolica, il 24 giugno, anno del Signore 2013, nella
solennità di San Giovanni Battista.
MANUEL
CARDINALE MONTEIRO DE CASTRO
Penitenziere Maggiore
MONSIGNOR KRZYSZTOF NYKIEL
Reggente
Nomine episcopali
Le nomine episcopali di oggi riguardano Libano e Argentina.
Eduard Daher, arcivescovo
di Tripoli del Libano
dei greco-melkiti
Nato il 23 aprile 1973 a Quaa,
nella Valle della Bekaa, in Libano,
è entrato nel seminario minore dei
basiliani soariti nel 1985 e ha emesso la professione solenne il 28 agosto 1994. Dopo gli studi filosoficoteologici all’Istituto Saint Paul di
Harissa e all’Università Saint
Esprit di Kaslik, ha conseguito una
licenza in diritto canonico all’Università La Sagesse di Beirut. Ordi-
Inizio della missione
del nunzio apostolico in Malesia
Giunto all’aeroporto internazionale
di Kuala Lumpur nella prima mattinata del 15 aprile scorso, monsignor Joseph Marino, arcivescovo titolare di Natchitoches, è stato accolto dal signor Abdul Rahim
Ibrahim, alto officiale del dipartimento del Protocollo del ministero
degli Affari esteri, dall’arcivescovo
di Kuala Lumpur, monsignor Murphy Pakiam, e da monsignor Marek
Zalewski, consigliere della nunziatura apostolica in Malesia.
La cerimonia della presentazione
delle lettere credenziali a Sua Maestà il Re Abdul Halim Yang Dipertuan Agong XIV ha avuto luogo il
27 maggio nel Palazzo Reale Istana
Negara, ubicato appena fuori del
centro della capitale. All’avvenimento hanno assistito il capo del
Protocollo del ministero degli Affari esteri, Maimun Ashakli Bin
Mohammad, il grand chamberlain
Azuan Effendy Bin Zairakithaini, il
segretario generale del ministero
degli Affari esteri, Tan Sri Mohed
Radzi Abdul Rahman, e il vice-ministro
degli
Affari
esteri,
D ato’Hamzah Zainudin.
Al formale atto di consegna delle
lettere credenziali, ha fatto seguito
il colloquio con il Re, il quale ha
esordito con parole di apprezzamento per l’opera della Sede Apo-
Video-diario
quotidiano
per l’incontro
di Rio de Janeiro
Un video-diario quotidiano aiuterà i ragazzi che non potranno
partecipare alla ventottesima
giornata mondiale della gioventù
a vivere comunque la celebrazione a Rio de Janeiro dal 23 al 28
luglio, alla presenza di Papa
Francesco. L’iniziativa è stata
promossa dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Una squadra
di quattro ragazzi di Pope2you,
il portale internet voluto per avvicinare i giovani al Papa, realizzerà quotidianamente quattro filmati di due, tre minuti ciascuno,
che saranno poi messi in rete sul
sito del «Corriere della Sera».
stolica a favore del dialogo interreligioso e della moderazione. Esprimendo l’augurio di rinforzare le reciproche relazioni, lavorando per la
pace e il progresso della società, il
monarca ha espresso viva soddisfazione nel ricevere le lettere credenziali dal primo nunzio apostolico
residente in Malesia, al quale ha
chiesto di trasmettere al Santo Padre il rispettoso saluto e il fervido
augurio per il suo alto ministero.
Da parte sua, il rappresentante
pontificio ha risposto ringraziando
e portando il saluto e l’augurio di
Sua Santità Papa Francesco alla Famiglia Reale e alla nazione malesiana. Ha fatto presente, altresì, che la
Santa Sede apprezza gli sforzi del
Governo nel promuovere la pace,
l’armonia religiosa e la stabilità nella regione del Sud-Est asiatico.
Monsignor Marino ha, infine, rinnovato l’impegno della Chiesa cattolica nel contribuire al benessere
della nazione, specialmente nei
campi dell’educazione, della salute
e del progresso sociale.
La stampa ha dato notizia
dell’avvenimento sottolineando il
fatto che la Santa Sede e la Malesia, abbiano allacciato nel 2011, per
la prima volta nella loro storia, piene relazioni diplomatiche.
L’8 giugno, monsignor John Ha,
arcivescovo di Kuala Lumpur e
presidente della Conferenza episcopale di Malesia-Singapore-Brunei,
ha voluto presentare il nuovo nunzio apostolico alla comunità cattolica della città con una solenne concelebrazione eucaristica svoltasi nella cattedrale di San Giovanni.
All’inizio della cerimonia, monsignor Marino ha consegnato le lettere commendatizie del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, al
presidente della Conferenza episcopale. Il rappresentante pontificio ha
poi presieduto la celebrazione eucaristica e ha tenuto l’omelia, nella
quale ha accennato al ruolo dei
nunzi apostolici che permettono al
Santo Padre di abbracciare il mondo intero, rendendosi presente soprattutto in quei luoghi, spesso dimenticati, dove si trovano le maggiori necessità della Chiesa e dell’umanità. Dopo la comunione, l’arcivescovo Marino ha impartito la
benedizione apostolica.
Al termine della celebrazione è
stato offerto un ricevimento, al quale hanno preso parte alcuni ambasciatori, rappresentanti di altre religioni, nonché notabili e fedeli.
nato sacerdote l’8 maggio 1999, ha
ricoperto vari incarichi tra i basiliani soariti: aiuto maestro dei novizi
(1999-2001); rettore del seminario
(2001-2003); insegnante di religione
e aiuto economo al collegio orientale di Zahlé (2003-2004); superiore del convento di Saint Antoine di
Karkafé–Kfarchima
(2004-2010);
terzo assistenze generale (dal
2007), superiore del convento Saint
Elie a Zahlé (dal 2010). È stato
parroco delle chiese greco-melkite
di Notre Dame a Bois de Bologne
(1999-2001), di Sainte Thècle di
Kfarchima (2004-2005) e di Saint
Elie di Zahlé (dal 2010). Lavora al
tribunale ecclesiastico greco-melkita dal 2001, e dal 2010 è giudice.
Nel 2012 ha ricevuto il titolo di archimandrita.
Marcelo Daniel Colombo
vescovo di La Rioja
(Argentina)
Nato in Buenos Aires il 27 marzo 1961, dopo aver conseguito il
baccellierato di perito mercantile e
il titolo di avvocato presso l’Università della capitale argentina, nel
1982 è entrato nel seminario di
Quilmes. Ordinato sacerdote il 16
dicembre 1988, nel 1994 ha conseguito il dottorato in diritto canonico presso l’Angelicum, a Roma. Ha
ricoperto vari incarichi in diverse
parrocchie, nella curia e nel seminario di Quilmes ed è stato professore straordinario presso la facoltà
di diritto canonico dell’Università
Cattolica Argentina e delegato episcopale presso l’Università Cattolica de La Plata. Nel 2004 fu nominato parroco della cattedrale di
Quilmes. Nominato vescovo di
Orán l’8 maggio 2008, è stato consacrato l’8 agosto successivo.
Juan José
Chaparro Stivanello
vescovo di San Carlos
de Bariloche (Argentina)
Nato il 22 luglio 1953, a Colonia
Freitas, nella provincia argentina di
Entre Ríos, il 2 marzo 1965 è entrato nel seminario minore della congregazione dei missionari figli del
Cuore Immacolato di Maria (claretiani) a Villa del Rosario. Dopo
aver concluso il noviziato a Cuatro
Vientos (Argentina), dopo aver
emesso la prima professione quella
perpetua, il 12 aprile 1980 è stato
ordinato sacerdote. Fra il 1979 e il
1981 è stato ausiliare dei postulanti
e quindi dei novizi. Inviato a Roma, il 24 febbraio 1983 ha ottenuto
la licenza in teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana.
Rientrato in patria, il 28 dicembre
1983 è stato prefetto dei teologi
missionari a Villa Claret e professore del Centro di studi filosofici e
teologici (Cefyt). Sempre a Villa
Claret, il 30 dicembre 1986 è stato
prefetto dei missionari in formazione, il 31 dicembre 1986, prefetto e
professore del Cefyt. Il 10 gennaio
1996 è divenuto superiore della
provincia di Argentina-Uruguay.
Rieletto il 7 ottobre 1999 e il 10
gennaio 2002, il 12 gennaio 2005 è
divenuto coordinatore provinciale
di evangelizzazione e destinato alla
comunità di Inca, a Montevideo, in
Uruguay. Nominato consultore della provincia di San José del Sur il
16 luglio 2011, il 15 febbraio scorso
è divenuto superiore alla comunità
di Lambaré in Paraguay.