12. mattoni 102-115:1. andreucci 1-2

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12. mattoni 102-115:1. andreucci 1-2
Approfondimenti tematici
Alice Mattoni*
La questione femminile
nelle lotte contro la
precarietà in Italia1
In questo articolo indago la costruzione simbolica delle donne
precarie nel contesto dell’Euro Mayday Parade, la parata delle
lavoratrici e dei lavoratori precari che avviene ogni anno a
Milano il giorno del Primo Maggio a partire dal 2001. In breve,
l’analisi dei dati prodotti durante la ricerca empirica – documenti testuali, immagini e interviste in profondità con le attiviste – restituisce due schemi interpretativi del problema sociale
in questione: “la precarietà come rischio da affrontare” e la “precarietà come opportunità da esplorare”. Pur di segno opposto,
entrambi gli schemi interpretativi forniscono la medesima soluzione per potere sia affrontare che esplorare la precarietà: la “continuità di reddito”. In questo contesto discorsivo, la costruzione
simbolica delle donne precarie, quando avviene, si declina soprattutto attraverso gli schemi interpretativi denominati “progettualità
difficile” e “madre precaria”. Ad un livello più strettamente metodologico, questo articolo mette in evidenza l’importanza del livello visuale nello studio dei movimenti sociali.
In this article, I investigate the symbolic construction of precarious women in the Euro Mayday Parade, the parade of precarious workers occurring in Milan on May 1 from 2001
onwards. In short, the analysis of the data produced in this
empirical research – textual documents, images and in-depth
interviews with women activists – gives back two frames of the
issue at stake: “precariousness as a risk to be faced” and “precariousness as an opportunity to be explored”. Though, on the
opposite, the two frames propose the same solution, in order to
face and explore precariousness: the “continuity of income”. In
such a discursive context, the symbolic construction of precarious women, when it occurs, is especially reported through the
frames like “difficult projectuality” and “precarious mother”.
From a methodological point of view, the article underlines the
importance of the visual level in researching social movements.
* Alice Mattoni è dottoranda all’Istituto Universitario Europeo con sede
a Firenze. Attualmente si occupa di pratiche mediali e sistemi di significato sviluppati dai movimenti sociali nel corso di alcune mobilitazioni
contro la precarietà avvenute in Italia.
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Introduzione
In questo articolo indago la costruzione simbolica delle
donne precarie all’interno del ciclo di lotte contro la precarietà in Italia, cominciate sul finire degli anni Novanta.
In particolare, mi concentro sulla parata delle lavoratrici e
dei lavoratori precari chiamata Euro Mayday Parade per
esplorare, partendo dal livello empirico, le possibili risposte alla seguente domanda di ricerca: come viene rappresentata la questione della precarietà e in quale modo essa
si interseca con la costruzione simbolica della donna precaria?
L’articolo è strutturato come segue. Il paragrafo uno presenta il ciclo di proteste contro la precarietà in Italia, partendo dal contesto materiale e simbolico in cui questo si
inserisce. Il paragrafo due introduce il caso di studio preso
in considerazione per la ricerca empirica e illustra la metodologia utilizzata per la produzione e l’analisi dei dati. Il
paragrafo tre analizza le diverse rappresentazioni della precarietà nell’Euro Mayday Parade e le più specifiche costruzioni simboliche delle donne precarie. Infine, le conclusioni discutono i risultati presentati nel precedente paragrafo fornendo alcuni spunti di riflessionE sia a livello di
interpretazione dei dati che a livello di metodologia della
ricerca empirica.
1. Le lotte contro la precarietà in Italia
In questo paragrafo introduco il ciclo di lotte contro la precarietà in Italia partendo dal contesto in cui queste si sviluppano. Più precisamente, considero la questione della
precarietà in Italia2, ponendo l’accento su tre aspetti fondamentali. In primo luogo, il contesto discorsivo a cui si
saldano i cambiamenti del mercato del lavoro, che hanno
portato a un incremento dell’incertezza lavorativa, caratterizzato dalla presenza del concetto di flessibilità connotata in senso quasi esclusivamente in senso positivo. In
secondo luogo, i tratti fondamentali che accomunano le
lavoratrici e i lavoratori precari, pur nella diversità delle
condizioni sociali, economiche e culturali: isolamento
lavorativo, invisibilità sociale e incertezza diffusa. In terzo
luogo, il ciclo di lotte contro la precarietà e il sistema di
significato, alternativo a quello dominante centrato sulla
flessibilità, che queste hanno contribuito a fare emergere.
Il primo punto essenziale per comprendere la questione
della precarietà è costituito dal discorso pubblico dominante precedente al suo effettivo diffondersi nella società
italiana. A questo proposito, alcuni autori sottolineano che
già dalla fine degli anni Ottanta e non soltanto in Italia, si
è affermato un sistema di significato in cui la flessibilità
del lavoro è considerata la migliore soluzione possibile
alla crisi economica e all’emergenza disoccupazione
(Gallino 1998). Per alcuni, questo sistema di significato
viene “condensato in una narrazione che si sarebbe ossificata nel tempo [circa un processo, quello della flessibi-
lità], senza un soggetto, voluto da nessuno” (Botalnski and
Chiapello 2005, 194), mentre il sociologo Ulrick Beck
parla della diffusione, in numerosi paesi Europei, di un
vero e proprio ‘“mantra politico della flessibilità” (Beck
2000, 3), tradotto poi in provvedimenti legislativi.
Questo processo è avvenuto anche in Italia. Da una parte
si è affermato in modo sempre più pervasivo il sistema di
significati relativo alla flessibilità del lavoro, intesa soprattutto in senso positivo. A questo proposito, in uno studio
dedicato alle conseguenze della flessibilità sulla vita quotidiana delle persone, Giovanna Fullin sostiene che i
media, in particolare, hanno promosso una visione positiva della flessibilità (Fullin 2004, 206). Dall’altra parte, il
mercato del lavoro è stato progressivamente trasformato
da una serie di interventi del legislatore, rendendo di fatto
più semplice non tanto il licenziamento dei lavoratori
quanto la loro assunzione attraverso contratti a tempo
determinato. Tra le misure legislative che hanno reso il
lavoro maggiormente insicuro in Italia, probabilmente le
due leggi più importanti sono la Legge 197/1997, comunemente conosciuta come “Pacchetto Treu”, che introduce le agenzie interinali in Italia e estende le possibilità di
applicazione dei contratti a tempo determinato e la Legge
23/2003, comunemente conosciuta come “Legge Maroni”,
che amplia ulteriormente le tipologie di contratti a termine esistenti in Italia3. Per Andrea Fumagalli questo progressivo processo di flessibilizzazione, ha portato oggi ad
avere un mercato del lavoro che prevede più di 40 tipi
diversi di contratti a termine applicabili a lavoratrici e lavoratori (Fumagalli 2007, 28). Inoltre, lo stesso autore rileva che, a causa di fenomeni come la delocalizzazione e
ristrutturazione delle imprese, anche chi ha un contratto a
tempo indeterminato, non ha più la sicurezza del proprio
posto di lavoro diventando quindi “psicologicamente precario” (Fumagalli 2007, 30).
In seguito a tali cambiamenti legislativi, alcuni autori
hanno preso in esame le conseguenze che le trasformazioni del mercato del lavoro hanno prodotto a livello delle
condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, sia in
Italia che all’estero (cfr. Bauman 2003; Fullin 2004;
Salmieri 2006; Sennett 2002). In questo modo, sono state
individuate delle dimensioni importanti per comprendere
la questione della precarietà e le sue conseguenze4. In particolare, l’isolamento delle lavoratrici e dei lavoratori precari e la loro incertezza riguardante il futuro sembrano
essere due aspetti particolarmente rilevanti, sebbene non
siano gli unici attraverso cui si possa analizzare il fenomeno in questione. Per quanto riguarda l’isolamento, Iaia
Vantaggiato sostiene ad esempio che “quanto più è flessibile, mobile e precario, tanto più il lavoro isola colui o
colei che lo svolge” (Vantaggiato 1996, 52). La condizione di isolamento è spesso accompagnata anche da quello
che Andrea Fumagalli, tra gli altri, definisce “individualismo contrattuale, che sta alla base della precarietà giuridica del lavoro, tracima nella soggettività degli stessi individui, condiziona i loro comportamenti e si trasforma in
precarietà esistenziale” (Fumagalli 2007, 29). L’autore
pone l’accento sulla dimensione di incertezza riguardante
il futuro, che alcuni considerano paradigmatica per definire la questione della precarietà (cfr. Neilson and Rossiter
2005).
In sintesi, alla condizione di precarietà, che va oltre la propria attività lavorativa per ricadere sulla totalità dell’esistenza degli individui, si affianca un processo di erosione
degli spazi e dei momenti in cui è possibile il confronto
tra persone che vivono le stesse problematiche quotidiane, sebbene a partire da situazioni e contesti differenti.
Inoltre, isolamento e incertezza per il futuro vengono vissute in una sostanziale invisibilità: almeno fino alla fine
degli anni Novanta, la figura del lavoratore precario di
fatto non esiste o ha contorni vaghi, poco definiti all’interno del discorso pubblico in cui piuttosto prevale, come
detto anche più sopra, la figura del lavoratore flessibile e
dinamico.
Nel suo complesso, il ciclo di lotte contro la precarietà
sembra volere porre rimedio proprio alle dimensioni forse
più evidenti che caratterizzano l’esperienza di lavoratrici
e lavoratori precari: l’invisibilità sociale, l’isolamento
lavorativo e l’insicurezza diffusa. In primo luogo, molte di
queste lotte si sono fatte portatrici di richieste concrete, che
riuscissero a mitigare o addirittura eliminare il senso di
precarietà esistenziale legato all’incertezza del lavoro. Si
pensi, ad esempio, alla richiesta di introduzione di un reddito sociale garantito promosso dalla Rete Contro la
Precarietà nella regione Lombardia, ma anche alle lotte
dei lavoratori del call centre Atesia, con sede a Roma, per
convertire i loro contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. In secondo luogo, hanno costituito dei momenti e dei luoghi di discussione, confronto e
riconoscimento di una condizione comune per le lavoratrici e i lavoratori precari, spesso isolati uno dall’altro per
via delle differenze contrattuali e della tipologia di flessibilità ad essi applicata. Infine, il ciclo di lotte contro la precarietà nel suo complesso ha agito anche sul piano simbolico del discorso pubblico. Ha contribuito, cioè, alla
costruzione di un sistema di significato in cui la parola
“flessibilità” acquisisce nuove connotazioni, maggiormente problematiche, e in cui si afferma con forza il termine precarietà. In questo modo, alla figura del lavoratore flessibile e dinamico, si è progressivamente sostituita la
figura del lavoratore precario, diventato pertanto un soggetto sociale riconoscibile e riconosciuto nella società5.
All’interno di questo nuovo sistema di significato, acquistano particolare rilevanza alcune figure che, più di altre,
sembrano essere toccate dalla precarietà sia a livello di
condizione contrattuale che a livello di condizione esistenziale. In primo luogo i migranti, il cui permesso di
soggiorno è subordinato all’avere un contratto di lavoro
regolare dal 2002, anno in cui è stata approvata la Legge
N°189/2002, comunemente conosciuta come la legge
Bossi-Fini dal nome dei due ministri che l’hanno promossa
(Pojman 2006, 26). La figura del lavoratore migrante
INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 103
diventa quindi emblematica di una condizione di incertezza per il proprio futuro, spesso anche nel breve periodo, ed è rappresentata anche nei discorsi e nelle proteste
relativi alla precarietà6. In secondo luogo le donne, e tra
di loro soprattutto le giovani donne, come sottolinea
Bianca Beccalli osservando che “se guardiamo al mercato del lavoro nel suo complesso possiamo osservare una
nuova forma di diseguaglianza, poiché le nuove regole del
mercato post-fordista, la flessibilità, i lavori atipici, l’uso
sfrenato dei tempi flessibili vanno creando una nuova stratificazione di genere della forza lavoro, specie di quella
giovanile” (Beccalli 2007, 150). Come già anticipato, questo articolo si propone di analizzare la costruzione simbolica della donna precaria all’interno delle proteste contro
la precarietà, rispondendo a due interrogativi principali: in
che modo viene rappresentata la questione della precarietà
e in che modo essa si interseca con la costruzione simbolica della donna precaria.
2. Note metodologiche e categorie analitiche
All’interno del ciclo di lotte contro la precarietà, il caso di
studio scelto per condurre la ricerca empirica è la campagna di protesta denominata Euro Mayday Parade, che culmina ogni anno con la parata delle lavoratrici e dei lavoratori precari a Milano e in altre città italiane ed europee
in occasione del Primo Maggio, tradizionale giornata di
lotta dei lavoratori, dal 20017. Questa scelta è stata dettata da due ordini di motivi. In primo luogo, la campagna di
protesta è in grado di mobilitare un grande numero di persone, sia nelle sue fasi organizzative che durante la parata stessa. In breve, l’Euro Mayday Parade mobilita una
rete fluida e vasta di gruppi di attivisti, centri sociali, reti
di movimento e soggetti politici che si occupano di precarietà sia a livello locale che a livello nazionale. Inoltre,
l’arco temporale in cui la campagna di protesta si è sviluppata, 8 anni nel momento in cui scrivo questo articolo,
rende l’Euro Mayday Parade un appuntamento conosciuto e ricorrente sulla questione della precarietà. In secondo
luogo, nella campagna di protesta si ha una grande attenzione per la costruzione simbolica del soggetto sociale
costituito dalla figura complessa e composita del lavoratore precario. Infatti, da parte delle attiviste e degli attivisti impegnati nella sua organizzazione, è chiaramente sottolineata la volontà di identificare e rendere visibile un
nuovo soggetto sociale e un nuovo sistema di significati,
ad esso collegato, alternativo a quello sulla flessibilità del
lavoro. Questo articolo si basa sui primi sei anni di Euro
Mayday Parade e, quindi, prende in considerazione le edizioni dal 2001 al 2006 organizzate nella città di Milano.
Per comprendere la costruzione simbolica della questione
femminile nell’Euro Mayday Parade mi sono avvalsa degli
strumenti elaborati nell’ambito del cosiddetto approccio
della frame analysis applicato allo studio dei movimenti
sociali8. Lo studio degli schemi interpretativi dell’azione
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collettiva e dei processi ad essi collegati si riallaccia spesso a domande di ricerca circa i processi strategici dei movimenti sociali, come l’organizzazione di una mobilitazione e l’attrazione di nuovi sostenitori (cfr. Snow et al. 1986).
Tuttavia, in questo articolo, utilizzo tale concetto per comprendere i processi discorsivi messi in atto dai movimenti
sociali, come quello di costruire nuovi contesti simbolici e
sistemi di significato circa determinate questioni socialmente rilevanti9. Più precisamente, diventa una categoria
analitica utile ad esplorare la costruzione simbolica della
questione femminile nell’ambito della mobilitazione.
Tra le varie definizioni operative di collective action frame,
ho scelto quella elaborata da David Snow e Robert
Benford, secondo cui l’attività di costruzione di schemi
interpretativi dell’azione collettiva si concentra attorno a
tre compiti principali, ognuno dei quali restituisce una specifica categoria analitica. In primo luogo, si ha un’attività
di framing prognostica, in cui viene individuato il problema sociale, le sue cause e i soggetti che ne sono toccati,
identificando quindi anche un ‘noi’ dell’azione collettiva.
In poche parole, durante la fase prognostica i movimenti
sociali dichiarano esplicitamente chi sono e quale problema hanno. In secondo luogo, si ha un’attività di framing
diagnostica, in cui è individuata una soluzione al problema sociale, che può essere di breve periodo, come per
esempio l’organizzazione di una manifestazione, e di lungo
periodo, come per esempio l’implementazione di determinate politiche sociali da parte di soggetti politici istituzionali. Durante l’attività di framing diagnostica, i movimenti sociali indicano che cosa si deve fare per risolvere
il problema sociale da loro stessi individuato. Infine, i due
autori individuano un’attività di framing motivazionale,
in cui i movimenti sociali chiamano all’azione le persone
fornendo una valida motivazione per parteciparvi (cfr.
Snow and Benford 1988). Ne consegue che lo schema
interpretativo dell’azione collettiva può essere scomposto
in tre dimensioni analitiche, ognuna riferita a un sottoschema interpretativo specifico: il frame prognostico, il
frame diagnostico e il frame motivazionale.
Poiché la ricerca empirica si concentra sulla costruzione
simbolica della questione femminile, ho utilizzato soltanto le prime due dimensioni analitiche che aiutano a individuare l’identità collettiva, il problema sociale e le possibili soluzioni ad esso, restituendo tre componenti significative ed interdipendenti del frame sulla precarietà: 1) il
frame prognostico A, che risponde alla domanda “chi
siamo?”; 2) il frame prognostico B, che risponde alla
domanda “quale problema viviamo?”; 3) il frame diagnostico, che risponde alla domanda “quale cambiamento
vogliamo?”. Rifacendomi alla letteratura sull’argomento,
ho inoltre scelto due diversi tipi di dati attraverso cui ricostruire gli schemi interpretativi dell’azione collettiva e, di
conseguenza, la costruzione simbolica delle donne precarie all’interno dell’Euro Mayday Parade. Da una parte,
sono stati considerati i testi prodotti dai movimenti e in
particolare gli appelli per promuovere la campagna di pro-
testa in Italia. Esito di una stesura collettiva e risultato dei
processi di framing che avvengono nel retroscena dei
movimenti sociali, gli appelli alla protesta rappresentano
una fonte utile quando si vuole ricostruire lo schema interpretativo dell’azione collettiva (Snow 2004, 387).
Dall’altra parte, sono stati raccolti alcuni materiali visuali prodotti prima e distribuiti durante l’Euro Mayday
Parade.
Questa scelta è legata al fatto che i movimenti sociali sono
riconosciuti come portatori di nuovi sistemi di significato
all’interno delle società (Melucci 1989; Benford and Hunt
1992), spesso condensati in icone e simboli a livello visuale. Basti pensare a poster, volantini, bandiere e altri prodotti culturali che normalmente accompagnano gli eventi
di protesta. Tuttavia, nell’ambito degli studi sui movimenti
sociali sono ancora rari gli studi che integrano il livello
visuale con il livello testuale nella ricerca empirica10.
Un’eccezione in questa direzione è costituita da Charlotte
Ryan, che introduce una griglia interpretativa per i frame
in cui non soltanto il testo, ma anche le immagini in senso
lato e stretto sono considerate durante l’analisi dei movimenti sociali e del modo in cui le loro azioni collettive
sono rappresentate a livello mediatico (Ryan 1991).
Eppure, la ricerca sulle e attraverso le immagini in ambito sociologico, compresa nell’ampio approccio che va sotto
il nome di sociologia visuale, sostiene che prendere in considerazione il livello visuale potrebbe permettere una più
approfondita conoscenza dei fenomeni sociali osservati –
quando le immagini diventano oggetto di studio – o una
più ricca descrizione dei risultati della ricerca – quando le
immagini diventano un mezzo di restituzione dell’analisi
dei dati (Faccioli 2001). Da qui la necessità di indagare
ulteriormente le potenzialità offerte da questo approccio,
in modo da arricchire gli studi sui movimenti sociali di uno
sguardo ulteriore in grado di coglierne i complessi meccanismi di rappresentazione simbolica che restituiscono
quei “codici che sfidano altri codici” (Melucci 1996) nelle
società. Attraverso questo articolo, dunque, il mio intento
è anche quello di riconsiderare la valenza delle immagini
prodotte dagli attivisti nello studio dei movimenti sociali,
solitamente focalizzati sui testi scritti prodotti dagli attivisti. Una conseguenza metodologica, potrebbe essere
l’individuazione di un ulteriore strumento per la ricostruzione degli schemi interpretativi dell’azione collettiva, contribuendo quindi alla ricerca relativa all’approccio della
frame analysis in relazione allo studio dei movimenti sociali, aspetto trattato nelle conclusioni di questo articolo.
Se gli schemi interpretativi dell’azione collettiva sono
importanti per esplorare la costruzione simbolica delle
donne precarie, altrettanto significativi sembrano essere
gli schemi interpretativi riguardanti la precarietà elaborati da parte di chi organizza la protesta. Passando dal piano
più strettamente collettivo della mobilitazione a quello più
individuale delle persone che organizzano la protesta, per
completare la ricerca empirica è stata raccolta un’altra
serie di dati. Si stratta di interviste semi-strutturate con
alcune delle attiviste coinvolte nell’Euro Mayday Parade.
La scelta delle intervistate ha seguito la tecnica del “campionamento a valanga” o “campionamento a palla di neve”
(Corbetta 1999, 350-1), utilizzando quindi le reti sociali su
cui poggiano i movimenti sociali. Il risultato è un campione in cui sono rappresentate, almeno in parte, quelle
lavoratrici precarie che sono anche impegnate politicamente e partecipano ai movimenti sociali. Le loro voci
sono importanti per comprendere quale sia la percezione
della precarietà da parte di quelle persone che propongono, attraverso la protesta pubblica, un certo sistema di
significato relativo alla precarietà alla società nel suo complesso11. In questo modo, nonostante si tratti di narrazioni individuali, le parole delle attiviste intervistate possono
essere comparate con la rappresentazione collettiva dei
testi scritti e delle rappresentazioni visuali elaborate dai
gruppi di attivisti nel contesto dell’Euro Mayday Parade.
In sintesi, per la ricerca empirica mi sono avvalsa di tre tipi
diversi di dati, mettendo quindi in atto quella che in letteratura è definita la strategia di “triangolazione” delle serie
di dati (Denzin 1975). In particolare, ho raccolto: 1) 10
testi scritti, appelli, dichiarazioni ufficiali e comunicati,
elaborati dagli attivisti in occasione dell’Euro Mayday
Parade; 2) 30 rappresentazioni visuali, elaborate dagli attivisti in occasione dell’Euro Mayday Parade12; 3) 10 interviste semi-strutturate con attiviste impegnate nell’organizzazione dell’Euro Mayday Parade e altri eventi di protesta ad essa collegati13. Le tre dimensioni di analisi relative allo schema interpretativo dell’azione collettiva e allo
schema interpretativo delle attiviste sono state indagate e
comparate in tutte e tre le serie di dati raccolte, considerando quindi il livello testuale, il livello visivo e il livello
parlato della campagna di protesta.
3. La costruzione simbolica delle donne precarie
L’analisi dei dati raccolti durante la ricerca empirica, mi
ha permesso di osservare che la questione della precarietà
nell’Euro Mayday Parade si sviluppa lungo un asse semantico bipolare riguardante la propria condizione, in cui a un
estremo si trovano le conseguenze positive e all’estremo
opposto le conseguenze negative del non avere un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Ci si trova
di fronte, quindi, a un concetto dal significato ambivalente, mai definitivo e soggetto a numerose sfumature. In
breve, è stato possibile ricostruire due diversi schemi interpretativi: 1) la precarietà come rischio da affrontare, frame
che è situato nel polo negativo dell’asse bipolare semantico individuato dall’analisi; 2) la precarietà come opportunità da esplorare, frame che è situato nel polo positivo
dell’asse bipolare semantico individuato dall’analisi.
All’interno di questi due schemi interpretativi, si possono
ritrovare diverse combinazioni di frame prognostici A e
frame prognostici B e, anche, diverse costruzioni simboliche delle donne precarie. Tuttavia, il frame “precarietà
INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 105
come rischio da affrontare” e “precarietà come opportunità
da esplorare” non sono inconciliabili. Questo è evidente
nella costruzione di un unico frame diagnostico per
entrambi gli schemi interpretativi, che ho chiamato “continuità di reddito ” e che propone una soluzione in grado
di minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità derivanti dall’avere un contratto a tempo determinato. Nelle
pagine che seguono, i due schemi interpretativi e il comune frame diagnostico verranno presentati nel dettaglio
attraverso l’uso dei testi, delle immagini e delle voci
dell’Euro Mayday Parade, ponendo particolare attenzione
alla costruzione simbolica della donna precaria.
3.1 La precarietà come rischio da affrontare
Il frame “precarietà come rischio da affrontare” emerge
con forza dall’analisi dei dati e in esso è possibile individuare due componenti principali. Si ha, prima di tutto, la
definizione dell’identità collettiva che parla attraverso
l’Euro Mayday Parade. Questo processo di identificazione, a cui corrisponde il frame prognostico A, è maggiormente presente nei testi e nelle immagini connesse alla
campagna di protesta, in cui la figura delle donne precarie inizia ad affermarsi soltanto dopo due anni dalla prima
parata. In seguito, si ha la definizione del problema sociale di cui parla l’Euro Mayday Parade, cioè la precarietà.
In questo caso, sono soprattutto le parole delle intervistate e, in misura minore, i testi scritti a dipingere con maggiore precisione il problema sociale della precarietà.
Attività a cui corrisponde il frame prognostico B. Nel resto
del paragrafo prendo in esame queste due componenti del
frame “precarietà come rischio da affrontare” per sottolinearne gli aspetti fondamentali.
In primo luogo, si ritrova la definizione del “noi”, risposta alla domanda “chi siamo?”. Come detto in precedenza, una delle caratteristiche delle lavoratrici e dei lavoratori precari è proprio la grande diversità di condizioni di
lavoro e, quindi, di vita che si trovano ad affrontare.
Probabilmente proprio per questo motivo, il frame prognostico A che emerge dall’analisi potrebbe essere sintetizzato dall’espressione “precari uguali nella diversità”.
Tuttavia, bisogna sottolineare che nelle prime edizioni
dell’Euro Mayday Parade, l’accento è posto soprattutto
sulla prima parte dell’espressione: prevale l’individuazione
di aspetti comuni che ne possano permettere una identificazione attraverso l’uso di espressioni generiche, anziché
l’enfasi sugli aspetti peculiari delle loro diverse esperienze di lavoro e di vita. Questo aspetto è visibile soprattutto nei testi scritti in occasione della parata del 2001 e del
2002, in cui si utilizza un concetto astratto di lavoratore
precario condensato in espressioni come “nuovi schiavi”
(Mayday Network 2001) o “precariato sociale” (Mayday
Network 2002). Espressione, quest’ultima, ripresa e ulteriormente definita negli anni successivi. Infatti, nell’appello per la parata del 2003 si sostiene, che se il modello
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di produzione fordista ha dato origine alla classe del proletariato, il modello di produzione post-fordista ha dato
origine alla classe del precariato (sociale) (Mayday
Network 2003).
La ricerca di un’identità collettiva a cui possano rivolgersi e in cui possano riconoscersi diverse categorie di lavoratrici e lavoratori precari, porta gli attivisti a creare un
frame prognostico A in cui inizialmente la diversità, seppure accennata, passa in secondo piano. Tuttavia si ha
l’eccezione della categoria dei migranti, che già dal 2002
fa la comparsa negli appelli dell’Euro Mayday Parade
(Mayday Network 2002). La situazione è diversa per quanto riguarda la costruzione simbolica delle donne precarie.
Se è vero che queste sono nominate negli appelli del 2003
e del 2004 nel momento in cui si elencano le categorie
sociali toccate dalla precarietà, come i giovani e i già citati migranti (Euromayday Network 2004; Mayday Network
2003), è anche vero che la costruzione simbolica della
donna precaria sembra passare soprattutto dalle immagini
prodotte in occasione delle varie parate.
Infatti, mentre il poster del 2001 presenta la figura maschile di un astronauta che chiede aiuto dicendo “Mayday
Mayday”, già dall’anno successivo le figure femminili
vengono utilizzate per rappresentare anche le lavoratrici
precarie su poster e cartoline. Sia nel 2002 che nel 2003,
uno dei tre poster a sostegno della parata rappresenta una
donna nel suo luogo di lavoro. Nel 2004, il poster principale contiene la rielaborazione grafica di una foto che rappresenta tre donne contorsioniste e cinque delle otto cartoline distribuite durante l’Euro Mayday Parade contengono soltanto figure femminili.
Il 2005, invece, è l’anno dell’icona di Serpica Naro, giovane stilista anglo-nipponica mai realmente esistita e
inventata dal gruppo Chainworkers per potere partecipare
alla settimana della moda milanese con una vera sfilata in
cui denunciare il problema della precarietà (Mattoni in
corso di pubblicazione). Serpica Naro si affianca a San
Precario, il santo di tutti le lavoratrici e i lavoratori precari, in una serie di figurine chiamate gli Imbattibili in cui
sono rappresentati 19 personaggi super-eroici, in grado di
sconfiggere i problemi legati alla precarietà. Tra questi,
oltre Serpica Naro, ci sono altre 6 super-eroiche figure di
donna, tra cui una esplicitamente legata alla cultura queer.
Nel 2006, infine, il poster dell’Euro Mayday Parade presenta sia un uomo che una donna, entrambi con il volto
coperto da una maschera di coniglio rosa, lui, e di uccellino giallo, lei.
Questa veloce carrellata di immagini mostra che, al livello visuale dell’Euro Mayday Parade, il frame prognostico
A “precari uguali nella diversità” privilegia soprattutto la
seconda parte dell’espressione, partecipando alla costruzione simbolica della donna precaria. Per quanto riguarda
il livello visuale, quindi, si può parlare dell’esistenza di un
vero e proprio frame prognostico A che si differenzia da
quello “precari uguali nella diversità” e che ho semplicemente chiamato “donne precarie”14.
Cartolina distribuita durante l’Euro Mayday Parade del 2004. Salvo diversamente specificato, tutte le immagini contenute in questo articolo sono sotto
licenza Creative Commons (disponibile a http://creativecommons.org/licenses/
by-nc-sa/1.0/). Le immagini sono state elaborate collettivamente dal gruppo
di attiviste e attivisti di Chainworkers e da altri gruppi che hanno partecipato alla rete Euro Mayday Parade.
In secondo luogo, si ha la definizione del problema sociale che completa e definisce ulteriormente l’identità collettiva di lavoratrici e lavoratori precari, rispondendo alla
domanda “quale problema viviamo?”, corrispondente alla
costruzione del frame prognostico B. In generale, la precarietà viene percepita individualmente dalle attiviste intervistate e rappresentata collettivamente nell’Euro Mayday
Parade, come una condizione che porta instabilità, incertezza e mancanza di progettualità. Questo appare evidente nella ricostruzione del frame prognostico B, relativo alla
definizione del problema sociale. In primo luogo, il termine precarietà non è quasi mai utilizzato da solo, ma è
spesso accompagnato da un aggettivo che ne qualifica la
proprietà considerata maggiormente significativa nell’esperienza che di questo problema sociale si fa nella vita di
tutti i giorni. Si ha quindi la costruzione di un frame prognostico B che potrebbe essere riassunto con l’espressione
“precarietà esistenziale”, prendendo a prestito un termine
già presente in letteratura (Fumagalli 2007, 29), ma anche
direttamente citato da una delle attiviste intervistate15. In
Poster realizzato per promuovere l’Euro Mayday Parade nel 2004.
questa direzione vanno anche altre espressioni usate e definite durante l’intervista, che estendono i confini del concetto oltre l’ambito strettamente lavorativo, come per
esempio “precarietà della vita”16 e “precarietà sociale”,
termine a cui corrisponde il ragionamento fatto da
Claudia17 mentre spiega come il gruppo di attivisti a cui
fa riferimento ha elaborato il concetto di precarietà negli
anni passati:
La dimensione del lavoro andava a colpire tutte le dimensioni
della tua vita. Quindi non era come dire un problema legato
solamente al lavoro, ma contaminava tutto il resto e diventava
un problema sociale.
Nei testi scritti elaborati in occasione dell’Euro Mayday
Parade, il frame prognostico B, acquista una sfumatura
diversa, ma sempre ascrivibile alla dimensione di “precarietà esistenziale” sottolineata dalle attiviste intervistate.
Per esempio, nell’appello per l’edizione del 2003 della
parata, si utilizza l’espressione “futuro indeterminato e
tempo incerto” (Mayday Network 2003) a sottolineare
l’indeterminatezza della vita di lavoratrici e lavoratori precari. Inoltre, sia nel 2001 che nel 2003, gli appelli individuano nella precarietà un fattore che “sconvolge i nostri
INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 107
Spider Mom, la figurina numero 8 degli Imbattibili. Elaborata da Sexy Shock
in collaborazione con Chainworkers.
Wonder Bra, la figurina numero 18 degli Imbattibili. Elaborata da Sexy Shock
in collaborazione con Chainworkers.
affetti e tempi di vita” (Mayday Network 2001) o che porta
a non “possedere più né affetto né vita” (Mayday Network
2003) . Già nei testi scritti, quindi, avviene un leggero slittamento di significato: al frame prognostico B “precarietà
esistenziale”, che definisce immediatamente il raggio di
azione delle conseguenze del non avere un contratto a tempo
pieno e indeterminato, si affianca e parzialmente sovrappone un secondo frame prognostico B, che si concentra su una
delle conseguenze della precarietà e che ho chiamato “progettualità difficile”18. Proprio in questo ambito, le intervistate esprimono con maggiore forza il nesso tra il vivere una
condizione di precarietà e la possibilità di progettare sul
medio e lungo periodo, compiendo delle scelte importanti
nella propria vita. Molte delle intervistate si riferiscono, per
esempio, alle difficoltà che si possono incontrare nel “mettere su famiglia”19 o anche nel prendere la decisione di avere
dei figli, come spiega molto bene Gaia:20
Come sottolinea anche il nome del frame prognostico B,
“progettualità difficile”, le intervistate non percepiscono
una completa impossibilità di fare piani per il proprio futuro, ma sono piuttosto consapevoli che, facendoli, si assumono dei rischi che sono dovuti alla mancanza di un reddito certo e di alcuni diritti fondamentali per le donne,
come per esempio l’assenza di maternità pagata in alcuni
tipi di contratto a tempo determinato21. Se a livello delle
interviste il frame “progettualità difficile” spesso include
e sottintende le difficoltà legate allo sviluppo di un proprio nucleo familiare, a livello dei testi scritti questo aspetto rimane maggiormente in ombra ed è soltanto evocato
dall’uso del termine “affetti”, nelle espressioni citate più
sopra. Tuttavia, bisogna segnalare che l’azione di protesta
di Serpica Naro, nel febbraio del 2005, comprende una
vera sfilata della falsa stilista anglo-giapponese durante la
settimana della moda di Milano. Durante la sfilata, composta principalmente da modelle donne, sono presentati
alcuni abiti pensati per risolvere alcuni dei problemi connessi alla precarietà. Tra questi, si trova un abito per
nascondere la propria gravidanza ed evitare così il mancato rinnovo del contratto a termine. Mantenendo un registro ironico, questo abito parla delle donne precarie, che
Ci abbiamo messo 10 anni a decidere di fare un figlio, ad esempio, ovviamente non solo per questo, però comunque è una delle
cose che hanno influito. E lo facciamo cioè... coi paraocchi, nel
senso che dici vabbè, ormai vediamo cosa succede. Non è che...
magari abbiamo più soldi rispetto a quel momento ma non è che
è cambiato il concetto, si diventa solo un po’ più kamikaze.
Pag. 108 – INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008
se in senso lato, visto che entrambi gli esempi presentati
più sopra rappresentano una versione particolare del livello visuale. Infatti, nel caso di Serpica Naro si tratta di
immagini date dai corpi, vivi e tridimensionali, delle
modelle che sfilano e nel caso dei “kit di sopravvivenza”
si tratta di oggetti concreti, visibili ma anche direttamente manipolabili, affiancati a un testo scritto.
3.2 La precarietà come opportunità da esplorare
Poster realizzato per promuovere l’Euro Mayday Parade nel 2006.
acquisiscono una loro specificità nel contesto del sistema
di significato sulla precarietà. Inoltre, nel 2006, durante
l’Euro Mayday Parade, gli attivisti distribuiscono alcuni
“kit di sopravvivenza” per affrontare la condizione di precarietà. Si tratta di un set composto da un testo scritto e un
oggetto che simbolizza lo strumento attraverso cui affrontare uno specifico aspetto della precarietà. Tra questi, c’è
proprio il “kit degli affetti” elaborato dal collettivo bolognese Sexy Shock, in cui la questione della precarietà
viene collegata in modo molto esplicito alle donne e in cui
si dice:
Hai una vita a progetto spesso vissuta tra fermate dell’autobus,
caselli autostradali e vagoni di trenitalia. E di certo un lavoro precario e intermittente non ti permette di pianificare la tua vita a
lungo termine e di fare scelte importanti come quella di avere
un figlio senza perdere il lavoro o il tempo per andare al cinema (Sexy Shock 2006).
In sintesi, il frame “progettualità difficile” viene ulteriormente rinforzato e declinato nel significato più immediatamente femminile, cioè legato alla sfera riproduttiva.
Questo non tanto a livello dei testi scritti intesi in senso
stretto, ma piuttosto al livello visuale delle immagini inte-
Accanto al frame “precarietà come rischio da affrontare”,
l’analisi dei dati restituisce anche un secondo frame, che
ho chiamato “precarietà come opportunità da esplorare”.
In questo caso, il frame prognostico B muta di segno, proponendo una visione diversa del problema della precarietà
che ne sottolinea, appunto, le potenziali opportunità. Ci si
trova di fronte a una interpretazione del problema sociale
tesa a cogliere i lati positivi che questo potrebbe comportare, trasformando di conseguenza anche il concetto di
lavoratrici e lavoratori precari che non sono più semplicemente e soltanto vittime, ma portatori di nuove risorse
e stili di vita. In altre parole, anche il frame prognostico
A, attraverso cui si identifica e definisce la risposta alla
domanda “chi siamo?”, cambia di segno e sottolinea gli
aspetti positivi dell’identità collettiva delle lavoratrici e
dei lavoratori precari. In generale, riguardo al frame “precarietà come opportunità da esplorare” è necessaria una
precisazione: sebbene emerga visibilmente nei dati presi
in considerazione, non pare essere altrettanto radicato del
frame di segno opposto, chiamato “precarietà come rischio
da affrontare”. Probabilmente questo è dovuto al fatto che
in una mobilitazione di questo tipo è molto più importante, per gli attivisti, identificare i lati negativi di un certo
fenomeno sociale e di conseguenza dare visibilità ad un
problema sociale contro cui protestare e per cui trovare
possibili soluzioni.
Il frame prognostico di tipo B restituisce un’interpretazione
positiva della precarietà. Questo è particolarmente evidente nelle parole delle attiviste intervistate, che sottolineano, tutte, un certo grado di fastidio nei confronti del
contratto a tempo pieno e indeterminato. Lavorare per otto
ore al giorno e per tutta la vita nello stesso posto, non sembra un’alternativa valida alle donne precarie intervistate.
Il motivo di questo è che essere precarie consiste nel cambiare spesso luogo di lavoro e tipo di lavoro: più che un
aspetto da temere, questa necessità viene vista come
un’occasione da cogliere per sperimentare e sviluppare le
proprie capacità in ambiti diversi. In altre parole, strettamente collegato al frame precarietà come opportunità da
esplorare, si ha lo sviluppo di un frame prognostico B che
gli è affine e contiguo e che ho chiamato “sperimentazione continua”. Infatti, a fronte della discontinuità nelle
forme, nei tempi e nei luoghi del lavoro, quello che le attiviste esperiscono e considerano in modo positivo è la possibilità di sperimentare se stesse in modo continuato.
INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 109
Questo può significare avere la possibilità di organizzare
in modo maggiormente autonomo i propri tempi e spazi
di vita, come sottolinea Gaia, parlando dei contratti a
tempo pieno e indeterminato:
Solo l’idea di dovere stare a fare la stessa cosa per 8 ore al giorno, per tutta la vita senza potermi decidere degli orari e cose del
genere è una roba che a me fa venire i brividi.
Oltre alla possibilità di potere decidere quando lavorare e
quindi di sperimentare diverse distribuzioni di ore dedicate
al lavoro e ore dedicate al tempo libero, esiste anche un
altro tipo di sperimentazione che implica proprio il passare da un lavoro all’altro, avendo in cambio “stimoli continui”.22 Le parole di Laura sottolineano che il ricevere
nuovi stimoli implica un ulteriore passaggio, possibile per
esempio passando da un lavoro ad un altro anche nell’arco della stessa giornata:
Ci sono anche dei lati positivi: è che sono nomade. Io quando
passo dallo spiegare una lezione di chimica a scuola ad un lavoretto serale nel call centre, devo cambiare codici, sono nomade
tra i codici, devo imparare cose nuove e posso impararle e usarle a profitto dell’azienda, ma anche no. Ma anche a profitto di
quelli che sono come me.
L’essere nomade tra i codici e sperimentare linguaggi
diversi comporta l’acquisizione di nuove conoscenze che
possono avere un vantaggio anche al di fuori del luogo di
lavoro. In questo caso, Laura pensa soprattutto alle possibilità di conflitto dei precari che possono mettere a disposizione le proprie conoscenze, spesso ibride e comunque
composite, per elaborare nuove forme di lotta utili per se
stessi, ma anche per altre lavoratrici e altri lavoratori precari in generale. Il frame prognostico B chiamato “sperimentazione continua” è presente soprattutto nelle parole
delle intervistate, mentre è meno esplicito nei testi scritti
in occasione dell’Euro Mayday Parade. Tuttavia, tra i vari
“kit di sopravvivenza” distribuiti durante la parade del
2006, quello elaborato dal collettivo Sexy Shock e chiamato “kit degli affetti”, parla proprio della possibilità per
le donne di sperimentare se stesse:
È anche vero che lavorare ad orari strani e fare cose molto diverse tra loro forse permette a te come a noi di sperimentarci secondo la nostra creatività e di valorizzare attraverso percorsi lavorativi non canonici i nostri desideri e le nostre capacità (Sexy
Shock 2006).
Il frame “sperimentazione continua”, include anche continui riferimenti alla forte componente di creatività dei precari, tanto che l’analisi dei dati permette di collegare a
quest’ultimo il frame prognostico A, che sta ad indicare la
costruzione di un ‘noi’ basata sugli aspetti positivi e meno
vittimistici di questo soggetto sociale. Partendo proprio
dalla carica creativa dei precari che emerge dai dati prodotti durante la ricerca empirica, ho chiamato questo
Pag. 110 – INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008
frame, che contiene in sé un duplice significato, “precari
creativi”.
In primo luogo, e come sottolineato anche dalle parole di
Laura riportate più sopra, le lavoratrici e i lavoratori precari sono creativi nel trasferire le proprie conoscenze sul
piano del conflitto e dell’elaborazione delle forme di protesta. Questo aspetto è sottolineato anche da un altro tra i
“kit di sopravvivenza” distribuiti durante l’Euro Mayday
Parade del 2006, che fa riferimento alla questione del reddito e in cui sono riportate le esperienze di alcuni gruppi
di precari auto-organizzati e dei consigli per protestare
contro i propri datori di lavoro. In questo caso, lo slogan
utilizzato è proprio “precarizza il precarizzatore”
(Chainworkers Crew 2006). Questo gioco di parole mette
in luce la mancanza di fedeltà al datore di lavoro, conseguenza anche dell’avere un contratto a tempo determinato che non consente di pensare ad un rapporto di lavoro a
lungo termine che implichi una reciproca fiducia tra il
lavoratore precario e l’azienda che lo assume. Allo stesso
tempo, in questo modo, si sottolinea il superamento dell’identità lavorativa unica e fissa come perno cruciale attorno a cui fare ruotare la propria esistenza. Proprio questo
ragionamento sta alla base della costruzione della falsa stilista anglo-nipponica, Serpica Naro, presentata alla
Camera della Moda milanese e in seguito accettata come
reale partecipante alla Settimana della Moda nel febbraio del
2005. Avvalendosi delle conoscenze sviluppate nel proprio
ambito lavorativo e dei consigli dati da alcuni lavoratori
precari assunti a vario titolo nel settore della moda milanese, gli attivisti del gruppo Chainworkers hanno creato un
evento di protesta in cui il datore di lavoro, in questo caso
rappresentato dall’intero comparto che ruota attorno alla
Settimana della Moda, viene reso maggiormente insicuro e
incerto dall’azione di lavoratrici e lavoratori precari, che ne
scalfiscono e mettono in discussione l’immagine patinata di
evento attento ai nuovi stilisti emergenti23.
In secondo luogo, attraverso il frame “precari creativi” si
denota la presenza di una forte componente creativa nelle
lavoratrici e nei lavoratori precari. Questo aspetto si riferisce in parte alla necessità di ripensare le forme della protesta, poiché lo svilupparsi di nuove forme di lavoro e di
lavoratori richiede uno sforzo creativo, appunto, nell’aggiornamento ed adattamento dei repertori di protesta tradizionalmente messi in atto dai lavoratori nel luogo di
lavoro (Brancaccio et al. 2005). Tuttavia, la componente
creativa nelle lavoratrici e nei lavoratori precari si riferisce anche alla necessità, trasformata poi in capacità, di
reinventarsi la propria vita in tempi brevi, di dare luogo a
nuovi stili di vita e culture. Questa forte spinta creativa,
accompagnata dalla gioia che secondo l’intervistata
Gianna procura l’invenzione che da essa scaturisce, si traduce e diviene evidente proprio al livello visuale dell’Euro
Mayday Parade, in cui le rappresentazioni iconiche e simboliche rivestono un ruolo piuttosto importante. In questo
caso, è proprio la presenza delle immagini in sé, e non
tanto il contenuto che esse veicolano, a segnalare
l’elaborazione creativa di un certo stile estetico che accompagna la campagna di protesta, dando luogo a dei contributi visivi che diventano una forma d’arte esplicitamente
politicizzata.
Sia il frame prognostico A, “precari creativi”, che il frame
prognostico B, “sperimentazione continua”, non si soffermano in particolare sulle questioni legate alle donne precarie. In altre parole, nel frame “precarietà come rischio
da affrontare”, le problematiche legate al fatto di essere una
donna precaria emergono con maggiore chiarezza, mentre
nel frame “precarietà come opportunità da esplorare” queste rimangono nell’ombra e non sono quasi mai esplicitamente presenti nei dati raccolti durante la ricerca empirica. In breve, nel contesto dell’Euro Mayday Parade, i lati
positivi legati al fatto di non avere un contratto a tempo
pieno e indeterminato sembrano essere ugualmente importanti sia per gli uomini che per le donne e non, al contrario, significativi per le donne proprio in quanto donne. Da
una parte, quindi, le intervistate, sottolineano spesso che
l’essere donne precarie comporti difficoltà nello svolgimento effettivo dei compiti di riproduzione legati alla
famiglia e del ruolo materno. Mentre, dall’altra parte, sembra mancare un collegamento esplicito tra la possibilità,
tutta positiva, data dall’essere donne precarie, di sperimentare liberamente la propria identità, lavorativa e non
solo, mettendo in discussione il tradizionale male
breadwinner model, in cui l’uomo è lavoratore a tempo
pieno e indeterminato, mentre la donna rimane a casa a
svolgere il lavoro di cura e riproduzione (Edgell 2001). In
breve, sembra che il risultato di questo dualismo, tutt’altro che perfetto, nei due frame relativi alla questione della
precarietà, costruisca a livello simbolico non soltanto la
figura della donna precaria, ma anche quella della madre
precaria dedita alla cura dei propri figli nella sfera privata domestica. Pertanto, accanto al frame prognostico A
“donne precarie” introdotto nelle pagine precedenti, si può
affiancare un frame prognostico B ancora più specifico,
sempre legato alla costruzione del frame “precarietà come
rischio da affrontare”. Ho chiamato questo frame “madri
precarie”. Alla costruzione di questa figura, che rappresenta proprio il “rischio maternità” per le donne precarie
segnalato anche da Chiara Saraceno (Saraceno 2002) e che
è legata soprattutto al polo negativo dell’asse semantico
relativo alla precarietà, non corrisponde tuttavia la parallela costruzione di una figura di donna che vive in modo
effettivamente liberatorio la propria precarietà.
4.3 Continuità di reddito
Le due facce della precarietà elaborate nel contesto
dell’Euro Mayday Parade e rappresentate dai frame “precarietà come rischio da affrontare” e “precarietà come
opportunità da esplorare”, sembrano ricomporsi in un
unico frame diagnostico, in cui si ha la proposta di possibili soluzioni per fare fronte al problema della precarietà,
che si ritrova soprattutto nei testi scritti dagli attivisti e
nelle parole delle intervistate. Basandomi sull’analisi di
questi documenti, ho chiamato il frame diagnostico “continuità di reddito”, cercando di riassumere in una sola
espressione le richieste che nell’Euro Mayday Parade
ricorrono con più frequenza nel corso delle varie edizioni
e i desideri espressi dalle attiviste intervistate.
Il discorso della continuità di reddito e della necessità di
nuovi diritti sociali per le lavoratrici e i lavoratori precari
contiene in sé un assunto deducibile proprio dalla presenza di un concetto di precarietà ambivalente, mai interamente vissuta in negativo e mai presentata solamente come
positiva nel contesto della campagna di protesta. Come
sottolineato dalle intervistate, quello che si chiede attraverso la protesta non è il ritorno a un sistema che ruota
attorno ai contratti di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Piuttosto, diventa sempre più chiara e forte nel corso
degli anni la spinta verso una sorta di “flessibilità tutelata”, per usare le parole di Francesca, che sia in grado di
neutralizzare gli effetti negativi della precarietà per poterne vivere appieno gli aspetti più positivi. E proprio in questo senso che va intesa la richiesta della continuità di reddito opposta all’ottenimento di un contratto a tempo indeterminato, come spiega bene Gaia:
Però nonostante questo [nonostante il fatto che io non voglia un
lavoro a tempo indeterminato], credo di avere comunque il diritto ad avere una serie di, come dire, piccole certezze che sono
quelle che ti permettono di avere una esistenza normale o di
costruirsela comunque normale.
Questo stesso frame diagnostico è presente anche nei vari
appelli dell’Euro Mayday Parade, di cui è rappresentativo
quello del 2003 in cui si chiede:
un reddito certo e più tempo per noi: tempo per amare e sentire, per lottare e cooperare, tempo per partecipare e progettare,
tempo per dare tempo alla vita, alla libertà, alla diversità, alla
solidarietà (Mayday Network 2003).
Queste richieste sembrano essere coerenti con l’elaborazione del frame prognostico B “precarietà esistenziale”, in
cui la questione della precarietà va a toccare tutti gli aspetti della vita di una persona e non soltanto l’ambito lavorativo, ma anche con l’elaborazione del frame prognostico B “sperimentazione continua”, in cui il non avere un
contratto a tempo determinato permette di avere una vita
più aperta alla progettazione autonoma del proprio percorso di vita. Accanto alla richiesta di continuità di reddito, il frame diagnostico presuppone il rispetto di quelli che
sono chiamati nuovi diritti sociali, come per esempio il
diritto ad avere accesso alla cultura e alla conoscenza, ma
anche il diritto ad avere un’abitazione e il diritto alla mobilità. In queste richieste, è sottintesa la necessità di potere
essere liberi di scegliere in modo autonomo e consapevole della propria vita, senza dovere subire il reiterarsi di
contratti a tempo determinato in assenza di una anche
INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 111
minima forma di protezione sociale, come sottolineato dall’appello dell’Euro Mayday Parade 2006:
Esigiamo uguaglianza sociale per tutte e tutti e tutele che ci permettano di scegliere in quanto donne e uomini liberi, senza
imposizioni e discriminazioni (Euromayday Network 2006).
In sintesi, la soluzione proposta sembra essere un’alternativa collettiva e pubblica, seppure attraverso la sinteticità del frame diagnostico che accompagna la protesta, alle
strategie individuali messe in atto dalle lavoratrici e dai
lavoratori precari intervistati per una ricerca nell’area della
Lombardia che, per garantirsi una certa continuità di reddito e affrontare l’instabilità del lavoro si appoggiano alla
propria famiglia – sia ai genitori che al partner con un
lavoro stabile – che alla rete informale di contatti e potenziali committenti costruita nel corso degli anni (Magatti
and Fullin 2002). A differenza degli anni precedenti, in
cui le rivendicazioni sembrano implicitamente basarsi
sugli aspetti comuni della condizione di precarietà più che
sulle differenze che caratterizzano lavoratrici e lavoratori
precari, nel 2006 la richiesta di uguaglianza sociale è qui
esplicitamente riferita sia agli uomini che alle donne. Allo
stesso tempo, il frame “progettualità difficile” inteso nel
senso della difficoltà che si possono incontrare come donna
precaria nel vivere la propria maternità in modo sereno,
trova una sua collocazione anche nel frame diagnostico
così come elaborato, sempre nel 2006 e non negli anni
precedenti, in uno dei “kit di sopravvivenza” distribuiti
durante l’Euro Mayday Parade, elaborato da un gruppo di
operatori sociali precari che sostengono “il diritto di potersi permettere di avere una gravidanza” (Coordinamento
autorganizzato operatori sociali Milano 2006) e anche
nello slogan contenuto all’inizio dell’appello in cui una
delle richieste è proprio la “maternità pagata” (Euromayday Network 2006). In breve, anche nel frame diagnostico “continuità di reddito” e più che altro nelle ultime edizioni della parata le attiviste e gli attivisti costruiscono la figura della madre precaria accanto a quella della
donna precaria e individuano quindi uno specifico frame
diagnostico che ho chiamato “diritti per le madri precarie”.
5. Conclusioni
La tabella presentata di seguito riassume i diversi frame
individuati attraverso l’analisi delle tre serie di dati prodotte durante la ricerca empirica. Come già detto in precedenza, all’interno dell’Euro Mayday Parade, la precarietà assume un significato ambivalente, rappresentato
nella tabella dal frame “precarietà come rischio da affrontare” e dal frame “precarietà come opportunità da esplorare”, che trova una sintesi nella proposta di un unico
frame diagnostico, chiamato “continuità di reddito”. In
questa costruzione simbolica della questione della precarietà, trova spazio anche la tematica delle donne precarie,
Pag. 112 – INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008
sebbene non in modo omogeneo in tutte e tre le serie di
dati e in tutti i frame individuati dall’analisi. Nella tabella, i frame che includono e rappresentano anche la figura
della donna precaria sono evidenziati in neretto corsivo,
mentre tra parentesi è indicata la serie di dati in cui prevale il frame in questione.
Le osservazioni conclusive riguardo l’analisi dei dati che
sviluppo di seguito in modo sintetico, propongono
un’ulteriore interpretazione dei risultati proposti e tre linee
di ragionamento che andrebbero maggiormente sviluppate attraverso la ricerca empirica.
La prima osservazione è di carattere più generale e riguarda la costruzione del sistema di significato relativo alla
precarietà. A questo proposito, è interessante osservare che
lo sviluppo di due frame prognostici differenti e di segno
opposto nel contesto dell’Euro Mayday Parade è coerente con la lettura offerta da una recente ricerca empirica
sulla percezione della precarietà da parte di lavoratrici e
lavoratori precari assunti attraverso agenzie interinali o
con contratti di collaborazione coordinata e continuativa
in diverse province lombarde (Fullin 2004). Tuttavia, in
questa ricerca il polo positivo dell’asse semantico relativo alla precarietà prevale su quello negativo, al contrario
di ciò che avviene nel caso della costruzione simbolica
della precarietà nel contesto dell’Euro Mayday Parade.
Questo non sorprende, poiché come già notato più sopra,
obiettivo di un evento di protesta è quello di sollevare un
problema sociale piuttosto che renderne noti in prevalenza i possibili lati positivi. Inoltre, nella ricerca citata si
motiva la prevalenza di percezioni positive nei confronti
dei lavori instabili con l’assenza della percezione del
rischio insito in questo tipo di lavori, dovuta a fattori come
l’individualizzazione del rischio, vissuto e affrontato quindi nel privato della propria esistenza (Fullin 2004, 141) e
il discorso dominante prodotto e riprodotto dai media, in
cui la flessibilità è stata associata per un lungo periodo di
tempo a valori positivi (Fullin 2004, 206). Nel caso
dell’Euro Mayday Parade, invece, si osserva come l’agire
dei movimenti sociali sia anche orientato ad una decostruzione degli schemi interpretativi forniti dai media e, nel
contempo, ad una ricostruzione collettiva, e non più soltanto individuale, del significato della condizione di precarietà che se da un lato ne coglie i potenziali aspetti positivi, dall’altro ne sottolinea con forza gli aspetti negativi.
Tutto questo, chiedendo una risposta collettiva che eviti
l’individualizzazione del rischio non attraverso la stabilità
lavorativa, ma piuttosto grazie alla continuità di reddito.
La seconda osservazione si concentra più da vicino sulla
rappresentazione della figura femminile nel contesto del
più generale sistema di significato relativo alla precarietà
del lavoro. In questo caso, la costruzione simbolica della
figura delle donne precarie nell’Euro Mayday Parade viene
effettuata attraverso un percorso in cui le immagini sembrano avere una certa importanza. Infatti, esiste in Italia
un filone di riflessione teorica elaborato da alcuni gruppi
di attiviste che fanno parte della “terza generazione” di
Precarietà come rischio da affrontare
Precarietà come opportunità da esplorare
Frame Diagnostico A, chi siamo?
precari uguali e diversi (testi, immagini)
donne precarie (immagini)
madri precarie (interviste)
Frame Diagnostico A, chi siamo?
precari creativi (immagini, interviste)
Frame Diagnostico B, che problema viviamo?
Progettazione difficoltosa (testi, interviste)
precarietà esistenziale (interviste)
Frame Diagnostico B, che problema viviamo?
sperimentazione continua (testi, interviste)
Frame Prognostico, quale soluzione proponiamo?
continuità di reddito (testi, interviste)
diritti per madri precarie (testi, interviste
Frame Prognostico, quale soluzione proponiamo?
continuità di reddito (testi, interviste)
diritti per madri precarie (testi, interviste
Schemi interpretativi relativi alla precarietà elaborati nel contesto dell’Euro Mayday Parade
femministe e che si sono impegnate nell’analisi della precarietà. Nell’ambito degli studi dei movimenti sociali, questi gruppi di attiviste prenderebbero il nome di “comunità
critica”, intese come luoghi in cui si elaborano alcune idee
chiave poi diffuse nei movimenti (Rochon 1998). Infatti,
in questo contesto l’approccio di genere alla questione
della precarietà restituisce una visione critica in cui “le
lotte contro la precarietà sono strettamente legate a una critica delle strutture familiari contemporanee, in cui gli effetti negativi della precarietà sono riassorbiti al costo di
rinforzare il tradizionale sfruttamento delle donne”
(Fantone 2007, 8). In altre parole, si corre il rischio che
nelle lotte contro la precarietà si cerchino soluzioni che
riproducano vecchie e nuove disuguaglianze tra uomini e
donne. Inoltre, le critiche riguardano la rappresentazione
neutra dal punto di vista di genere. Queste critiche vanno
a toccare le elaborazioni teoriche relative alla precarietà in
alcune comunità critiche vicine ai movimenti (Federici
2006, 5), ma si possono riprendere ed applicare anche alla
stessa rappresentazione della precarietà da parte della protesta in se stessa. Come sottolinea Laura Fantone (2007)
e come è evidente anche dall’analisi dei dati proposta nelle
pagine precedenti, nelle prime edizioni dell’Euro Mayday
Parade la risposta alla domanda “chi siamo?” tende a marginalizzare le differenze interne al soggetto sociale che
individua e, quindi, anche le differenze di genere. Si può
pensare, come ho anche sottolineato nelle pagine precedenti, che in un primo momento prevalga la necessità di
rendere visibile il soggetto sociale del lavoratore precario
nel suo complesso e, di conseguenza, le differenze siano
messe in secondo piano. Tuttavia, una spiegazione complementare potrebbe essere proprio il mancato dialogo con
la comunità critica di attiviste femministe che ha guardato alla precarietà attraverso il punto di vista del genere.
Comunque, al livello visuale delle immagini nell’Euro
Mayday Parade, si ha effettivamente la rappresentazione
della figura della donna precaria senza che questa venga
verbalizzata negli appelli creati nel contesto della mobilitazione. Pertanto, si è di fronte a una raffigurazione iconi-
ca delle donne precarie, senza che siano riportati i ragionamenti alla base della lettura della precarietà attraverso
un’ottica di genere. Infatti, è grazie all’effettivo coinvolgimento di alcuni gruppi di attiviste, come per esempio
Sexy Shock di cui si è parlato più sopra, che la figura della
donna precaria acquista spazio anche nei testi scritti e nelle
rivendicazioni dell’Euro Mayday Parade. Questo processo, visibile dall’analisi dei dati, è anche spiegato da Laura
Fantone, che in questo caso restituisce un punto di vista
interno ai movimenti in quanto ricercatrice e promotrice
di Prec@s, della rete di giovani ricercatori interessati alle
questioni di genere e precarietà (Fantone 2007, 9). In questo passaggio, le immagini sembrano avere il ruolo di evocare e sottintendere un processo di elaborazione teorico
sulla questione femminile in relazione alla precarietà,
ancora prima che effettivamente questo entri a fare parte,
sebbene in posizione ancora marginale e mai pienamente
sviluppata, della campagna di protesta. Nonostante i limiti della costruzione della donna precaria nell’Euro Mayday
Parade, questo processo ancora in atto sembra rappresentare un esempio di quella tendenza che Gigi Roggero, nella
sua analisi delle recenti lotte all’interno delle università,
ha definito “femminilizzazione delle mobilitazioni” per
cui non soltanto il numero di donne che partecipa alla protesta aumenta, ma anche le forme della protesta mutano
con l’affermarsi di un maggiore protagonismo da parte
delle attiviste donne (Roggero 2005, 68-71). Nel caso
dell’Euro Mayday Parade la “femminilizzazione delle
mobilitazioni” va a toccare soprattutto i contenuti della
protesta e le rappresentazione del soggetto sociale a cui
questa dà voce, ovvero le lavoratrici e i lavoratori precari, anche grazie al contributo del livello visuale.
La terza e ultima osservazione riguarda la metodologia
utilizzata per studiare la costruzione simbolica delle donne
precarie nel contesto dell’Euro Mayday Parade. In breve,
l’analisi dei dati riportata in questo articolo mette in luce
come le immagini prodotte nel contesto della campagna di
protesta siano importanti non soltanto per restituire la complessità degli schemi di interpretazione relativi alla precaINCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008 – Pag. 113
rietà prodotti durante l’Euro Mayday Parade, ma anche
come chiave di accesso ai processi dialettici che si sviluppano all’interno dei movimenti sociali nel momento in
cui questi si trovano a nominare, interpretare e definire i
sistemi di significato alternativi che promuovono a livello pubblico. In questo senso, sembra importante elaborare ulteriormente un approccio interdisciplinare allo studio
dei movimenti sociali in cui ricomprendere il livello visuale accanto a quello testuale dei documenti scritti.
NOTE
1
Ringrazio Nicole Doerr per avermi permesso di sviluppare ulteriormente, sulla base di una analisi sistematica dei dati raccolti durante la
mia ricerca, alcune delle intuizioni contenute in un breve articolo scritto a quattro mani con lei e pubblicato sulla rivista Feminist Review
(Mattoni e Doerr 2007). Inoltre, ringrazio Elena del Giorgio e Francesca
Vianello per i preziosi commenti alla stesura preliminare di questo articolo. Infine, ringrazio le attiviste intervistate durante la mia ricerca per
avere condiviso con me le loro narrazioni sulle proteste contro la precarietà in Italia.
2 La questione della precarietà in Italia non è certo una novità assoluta. Si pensi, solo per fare due esempi al lavoro nero oppure ai lavoratori stagionali nel settore agricolo e turistico. Inoltre, il termine stesso
“lavoratore precario”, pur con una diversa accezione, si ritrova già nel
lessico dei movimenti degli anni ’70 (Grispini 2006). Tuttavia, nelle
ultime decadi i lavori a termine e flessibili sono entrati a fare parte
anche dell’economia non sommersa e hanno trovato una più ampia
applicazione in termini di settori lavorativi. Sebbene la flessibilità in
ambito lavorativo si possa riferire a diverse dimensioni (Gallino 2001),
in questo articolo si prende in considerazione soprattutto la flessibilità
derivante dall’uso di contratti di lavoro a tempo determinato.
3 Secondo Luciano Gallino, anche l’accordo intergovernativo del 1993
e il decreto legislativo N° 368/2001 hanno segnato due passaggi fondamentali nell’aumento della flessibilità del mercato del lavoro in Italia
(Gallino 2007, 63-71).
4 L’effettivo numero di contratti a tempo determinato in Italia è di difficile misurazione per motivi legati agli strumenti di rilevazione statistica, i cui risultati possono essere soggetti a numerose interpretazioni.
Questo è evidente anche nel recente dibattito emerso in letteratura, in
cui alcuni autori sostengono l’effettiva rilevanza numerica delle lavoratrici e dei lavoratori precari in Italia (Gallino 2007), mentre altri
sostengono che si debba tenere in considerazione la differenza sostanziale tra “precarietà percepita”, piuttosto elevata, e “precarietà rilevata”, piuttosto bassa (Accornero 2006, 67).
5 Negli ultimi anni, la figura del lavoratore precario è stata ripresa anche
da numerosi prodotti culturali. Un elenco sintetico e non esaustivo comprende: i libri che raccontano storie o presentano testimonianze della
vita dei lavoratori precari (Murgia 2006; Nove 2006; Bajani 2006); lo
spettacolo teatrale di Ascanio Celestini, poi tradotto anche in documentario, sul già citato collettivo dei Precari Atesia (Celestini 2007);
alcuni film di recente produzione che trattano, in misura più o meno
centrale, la questione della precarietà dal punto di vista degli stessi
lavoratori (Virzì 2008; Amoroso 2008; Negri 2008).
6 Si veda, ad esempio, il “volantone” pubblicato da Derive Approdi in
occasione dell’Euro Mayday Parade del 2004, (AA.VV. 2004)
7 L’Euro Mayday Parade può essere considerata una vera e propria
campagna di protesta, piuttosto che un evento di protesta ricorrente, poiché consiste in “una serie di interazioni tematicamente, socialmente e
temporalmente interconnesse che, dal punto di vista dei promotori della
campagna, sono orientate verso un obiettivo specifico (della Porta and
Rucht 2002, 3).
8 Questo campo di ricerca utilizza il concetto di frame (schema interpretativo) elaborato da Erwing Goffman (Goffman 1974). In particolare, il concetto di frame viene applicato al livello collettivo della protePag. 114 – INCHIESTA – LUGLIO-SETTEMBRE 2008
sta, individuando quindi i collective action frames (schemi interpretativi dell’azione collettiva), definiti come “schemi interpretativi che semplificano e condensano il ‘mondo là fuori’, accentuando e codificando
selettivamente gli oggetti, situazioni, eventi, esperienze e sequenze di
azioni” (Snow e Benford 1988, 137).
9 Il concetto di frame evoca un’immagine statica di un fenomeno empirico, una data interpretazione della realtà, che in realtà si caratterizza
per una forte dinamicità, essendo frutto di continue negoziazioni tra gli
attori sociali. Proprio per questo, nella letteratura riguardante i movimenti sociali si preferisce usare il concetto di framing process, che sottolinea l’esistenza di un processo dinamico e mutevole (Snow 2004).
Nonostante mi trovi d’accordo con questa impostazione, in questo articolo mi riferisco al concetto di frame inteso come strumento analitico
utile per fotografare una data interpretazione, collettiva e pubblica, della
precarietà in un dato momento nel tempo.
10 Esistono, tuttavia, alcuni studi che analizzano alcunii prodotti visuali dei movimenti sociali, come per esempio i poster, considerati dei veri
e propri media radicali (i.e. Philippe 1982; Paret and Paret 1992).
11 Al momento delle interviste, avvenute tutte tra la fine del 2006 e
l’inizio del 2007, delle 10 intervistate 1 aveva meno di 20 anni, 5 avevano tra i 20 e i 30 anni, 3 avevano tra i 31 e i 40 anni e 1 aveva più
di 40 anni. Alla richiesta di definire la propria occupazione al momento dell’intervista, 1 si è definita studentessa delle scuole superiori, 1 studentessa universitaria, 1 disoccupata, 6 lavoratrici a tempo determinato e 1 lavoratrice a tempo indeterminato. Tra le lavoratrici a tempo
determinato, 3 lavorano nel settore della comunicazione e dell’informazione, 1 lavora nel settore dell’educazione, 1 lavora nel settore delle
cooperative sociali e 1 lavora nel settore della ricerca universitaria.
Tutte le intervistate si riconoscono principalmente in centri sociali,
spazi occupati e/o reti di movimento, eccetto 1 che dichiara la sua
appartenenza a uno dei sindacati tradizionali.
12 I testi scritti e le rappresentazioni visuali sono state in parte raccolti
durante l’evento di protesta, in parte consegnate dagli stessi attivisti in
occasione delle interviste semi-strutturate e in parte ottenute attraverso i siti internet connessi alla mobilitazione, tra cui il sito
www.chainworkers.org e il sito www.euromayday.org.
13 Le interviste effettuate alle attiviste fanno parte di un insieme di
interviste più ampio, condotte per la mia ricerca di dottorato sulle pratiche mediali sviluppate da parte degli attivisti durante il ciclo di lotte
contro la precarietà in Italia. Si stratta di interviste semi-strutturate della
lunghezza di 1 ora e 30 circa e inerenti a varie tematiche relative ai
media. Tuttavia, le interviste prevedevano anche una parte in cui veniva trattata la percezione della precarietà da parte delle intervistate e
degli intervistati a partire dalla domanda “che cosa significa la parola
precarietà per te oggi?” In questo articolo, si restituiscono i risultati relativi all’analisi di questa tematica prendendo in considerazione soltanto le interviste fatte alle attiviste donne.
14 L’analisi del contenuto delle immagini e dei messaggi che esse veicolano è un aspetto importante per ricostruire la rappresentazione simbolica delle donne precarie durante l’Euro Mayday Parade. Soffermarsi
su questo aspetto permetterebbe di comprendere più a fondo quale tipo
di donna precaria è rappresentata nel contesto delle proteste considerate. Tuttavia, in questo articolo mi limito a segnalare una assenza/presenza delle figure femminili a livello visuale in relazione ai più
generali schemi interpretativi inerenti alla precarietà.
15 Laura, intervistata a Milano il 26/01/2007. Tutti i nomi delle intervistate sono fittizi.
16 Gianna, intervistata a Milano il 22/12/2006.
17 Cinzia, intervistata a Milano il 27/12/2006.
18 Sebbene il frame prognostico B “progettualità difficile” sia di gran
lunga il più rilevante, l’analisi dei dati ha messo in luce anche un altro
frame prognostico B, che ho chiamato “accesso difficile” in cui la condizione di precarietà non permette di accedere a diritti fondamentali
come avere un’abitazione in cui vivere.
19 Marina, intervistata a Padova il 11/11/2006
20 Gaia, intervistata a Bologna il 23/01/2007
21 A questo proposito, l’analisi condotta restituisce risultati simili a
quelli ottenuti attraverso un’altra ricerca empirica relativa alla que-
stione della precarietà (Zajczyk et al. 2006). Inoltre, rafforza ulteriormente le osservazioni che Chiara Saraceno sviluppa a margine di
un’altra ricerca condotta sulle lavoratrici e i lavoratori interinali e con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella regione
Lombardia (Saraceno 2002).
22 Francesca, intervistata a Padova il 12/11/2006.
23 Non è un caso se, il giorno successivo alla vera sfilata contro la precarietà della falsa stilista anglo-nipponica, nessuno dei giornali di settore ha parlato dell’evento di protesta, nonostante la presenza di numerosi giornalisti di moda. Secondo quanto detto da una delle intervistate, in questo modo gli organizzatori della Settimana della Moda hanno
cercato di proteggere proprio la loro immagine.
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