PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER LA DONNA SCRITTRICE

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PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER LA DONNA SCRITTRICE
PRESS RELEASE
COMUNICATO STAMPA
Comune di Rapallo
PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER LA DONNA
SCRITTRICE “RAPALLO CARIGE”
XXVIII EDIZIONE
Nella Sede milanese della Banca Carige, è stata presentata oggi alla stampa, al mondo
dell’editoria e a quello della cultura, la fase finale della XXVIII edizione del Premio
letterario nazionale per la donna scrittrice “Rapallo Carige”.
Hanno fatto gli onori di casa il Vice Presidente della Banca Carige, on. Dott. Alessandro
Scajola, il Sindaco di Rapallo, Giorgio Costa, e Pier Antonio Zannoni, giornalista, ideatore e
coordinatore responsabile del Premio.
La Giuria, presieduta da Leone Piccioni, il 21 aprile scorso aveva scelto la “terna” finale e
assegnato il premio “Opera Prima” e il premio speciale di propria competenza, dopo avere
letto e valutato le 107 opere in concorso. Il Premio verrà assegnato, dopo lo scrutinio dei
voti espressi dalla Giuria popolare, il prossimo 23 giugno a Rapallo.
Le tre scrittrici finaliste sono: Laura Bosio con “Le notti sembravano di luna”, Milano,
Longanesi, 2011; Francesca Melandri con “Più alto del mare”, Milano, Rizzoli, 2012 e
Paola Soriga “Dove finisce Roma”, Torino, Einaudi, 2012.
Il premio speciale della Giuria, intitolato ad Anna Maria Ortese, è stato assegnato a Edith
Bruck per “La donna dal cappotto verde”, Milano, Garzanti, 2012. Il premio “opera prima”
è stato assegnato a Irene Di Caccamo per
“L’amore imperfetto”, Roma, Edizioni
Nutrimenti, 2011, mentre il Premio speciale fuori concorso alla carriera è stato attribuito
dalla Giuria a Elena Bono “Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio – II tomo”, Recco, Edizioni
Le Mani – Microart’s, 2011.
Genova, 11 giugno 2012
I libri
La terna finale
Laura Bosio, “Le notti sembravano di luna”, Milano, Longanesi, 2011
La storia si svolge nell’arco di un anno, dal 1963 al 1964, in pieno boom, in una piccola città del nord Italia
vicino a un fiume. La protagonista è Caterina, 10 anni, che sfreccia sull’argine del fiume con la sua bicicletta
e coltiva un grande sogno: correre il giro d’Italia come Alfonsina Strada, l’unica donna che abbia mai
partecipato alla grande corsa a tappe, nel 1924, sola contro tutti. Condivide la passione del ciclismo con il
padre, caporeparto nella fabbrica vicino a casa, che alla sera, sul balcone, improvvisa comizi davanti al
vuoto, per esprimere le proprie inquietudini e le contraddizioni dello sviluppo economico. La madre,
casalinga con aspirazioni borghesi, è su un’altra lunghezza d’onda e gradualmente si sottrae alla vita
familiare e soprattutto al marito. Intorno a loro, diversi personaggi di contorno: il nonno Anarchico, la nonna
Suocera, i compagni di gioco Hilda, Massimo “che assomigliava al Molleggiato” e il figlio della Tranquilla
“che era tale e quale John Kennedy”, e poi, tra gli altri, lo zio Guardiano, la cugina Grande, il ragazzo Bello, il
maestro di pianoforte. Per Caterina è un anno che vola sul doppio registro della realtà e della fiaba, fino a
quando quel microcosmo s’incrina per un evento che cancella il suo sogno e segna la fine della sua
fanciullezza.
Francesca Melandri, “Più alto del mare”, Milano, Rizzoli, 2012
Fine anni settanta. Paolo e Luisa salpano dalla terraferma per andare sull’isola dell’Asinara a trovare
rispettivamente figlio e marito rinchiusi nel carcere di massima sicurezza, ex terrorista il primo, detenuto
comune il secondo. Un'improvvisa burrasca li costringe a passare la notte sull'isola, dove vengono accolti
dall'agente di custodia e da sua moglie. Quattro protagonisti che non potrebbero essere più diversi si
ritrovano a condividere un frammento di vita nel quale sembrano intravedere, dopo tanto dolore, dopo tanta
assuefazione alla violenza, il fulgore di una scintilla. L’isola li avvolge con i suoi profumi, davanti al mare che,
sotto il riverbero della luna, è un reticolo di sbarre senza chiavistello. Lo sguardo scruta l’orizzonte e la
narrazione sposta il suo centro altrove, nelle mutevoli forme dell’amore: l’amore filiale che sorpassa perfino
l’orrore, l’amore impossibile tra due vite interrotte, intravisto come un’imbarcazione d’altura. Francesca
Melandri ritorna sul dramma collettivo che il terrorismo rappresentò per il nostro Paese, già affrontato nel
romanzo d’esordio “Eva dorme”, ma qui si pone dalla parte degli invisibili, mariti, mogli, padri, madri e figli,
per i quali la morte e il carcere divennero il pane quotidiano per un lungo, lunghissimo tempo.
Paola Soriga, “Dove finisce Roma”, Torino, Einaudi, 2012
Una testimonianza, non vissuta, sulla resistenza a Roma, negli anni bui della guerra. È la storia di Ida,
ragazzina sarda giunta nella capitale pochi anni prima al seguito della sorella maggiore Agnese, sposa di un
fascista. Una storia privata (le scoperte, i turbamenti dell’adolescenza, la nostalgia per le sorelle e i genitori
rimasti in Sardegna, per la figura idealizzata del professore di lettere) che s’intreccia con la grande Storia,
scandita quotidianamente dalla fame, dalle privazioni, dalla paura. L’amica Micol, ebrea, sparisce un giorno
insieme ai genitori, portata via. Poi, la morte del cognato sotto le bombe, la solitudine, l’amore infelice per
Antonio, che la illude e poi la evita, spingono Ida a entrare come staffetta nella resistenza. Portare nella
borsa volantini le sembra normale, finché un giorno, ricercata ed inseguita, si nasconde in una grotta di
pozzolana, vicino alle fosse ardeatine dove, ormai si sa, sono state sepolte 335 persone, trucidate dopo
l’attentato di via Rasella. Ida resta isolata per qualche giorno, affamata, spaventata, infreddolita e solo Rita,
sua antica compagna di giochi, la raggiunge in quel posto, un tempo nascondiglio infantile, ora buco
spaventoso e le offre cibo e calore. Sembra un gioco, quello delle due ragazze, invece è il clima atroce della
città occupata, dove, fino all’ultimo giorno della presenza dei tedeschi, continuano gli attentati feroci e le
vendette.
Premio opera prima
Irene Di Caccamo, “L’amore imperfetto”, Roma, Edizioni Nutrimenti, 2011
È un libro di sentimenti al femminile. Gioia, la protagonista, è tradita e abbandonata due volte da Edoardo,
suo marito, che nello stesso giorno in cui le dice che la vuole lasciare per un'altra donna, muore in un
incidente casuale. Quasi subito lei scopre di essere incinta. Aspetta un bambino che non ha mai desiderato
né voluto, è sola, suo padre è malato terminale. È confusa, dilaniata dall'incertezza, non vuole abortire, ma
sprofonda nel vuoto e nella disperazione. La maternità, per lei, non costituisce un possibile riscatto. Per il
figlio che è nato prova solo un amore imperfetto. Lo abbraccia, ma “le sembra di stringere niente nelle mani”.
Non si diventa madre solo perché si mette al mondo un figlio. Sarà un'altra donna, una donna straniera, ad
accudire lei e il bambino, a tenderle la mano nel momento più difficile della sua esistenza e a prendere il
testimone della forza che l'essere madre richiede. Sarà Viorjka, che ha un figlio lontano e che, da quella
mancanza, attinge le sue motivazioni e le sue ragioni. Sarà l’amicizia, sarà la solidarietà di quella donna,
fatta di sguardi e di frasi non dette, sarà il suo farsi madre, a riportare Gioia sulla strada smarrita delle
emozioni.
Premio speciale della giuria
Edith Bruck, “La donna dal cappotto verde”, Milano, Garzanti, 2012
È la storia di Lea Linder, superstite dei lager nazisti, che un giorno, a Roma, dove vive, ormai anziana, con il
marito, incontra una donna vestita di verde, che la chiama per nome con un forte accento polacco e subito
fugge via. Quell’incontro la sconvolge, le fa nascere il sospetto di avere avuto nuovamente di fronte un suo
vecchio aguzzino. Quella donna era forse uno di quei kapò venduti al carnefice nell'inferno di Auschwitz? Il
riconoscimento è quasi impossibile, perché i carnefici, per lei, non avevano un’identità, se non per alcuni
dettagli che erano in contrasto con lo stato delle internate, macilente, con pochi stracci addosso e calve: il
cappotto di tweed di una funzionaria, gli stivali di un’altra, i capelli lunghi rossi della capoblocco. La ricerca
della verità comincia qui, con il riacutizzarsi degli spettri di Auschwitz, un malessere che le provoca un ictus
con conseguente ricovero in ospedale. Lea Linder si butta sulle tracce della misteriosa donna, ma non vuole
rivalse, vuole soltanto riconoscere il volto di chi ha condiviso quelle mostruosità, anche se era dalla parte del
nemico, e farlo suo. Lea sceglie di avere pietà, prova amore per un'umanità fragile, a tratti plasmabile,
un'umanità di argilla, corruttibile, che fa allo stesso tempo cose immense e le distrugge subito dopo. Edith
Bruck, che non ha mai interrotto la memoria dell’olocausto, in questo libro affronta con sensibilità i temi
universali della memoria e del perdono.
Premio speciale fuori concorso “alla carriera”
Elena Bono, “Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio” – 2°tomo 1940 - 1958, Recco, Edizioni Le Mani, 2011
Con “Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio”, in due tomi, Elena Bono conclude il ciclo narrativo "Uomo e
Superuomo", che comprende il romanzo "Come un fiume, come un sogno" e il volume di racconti "Una
valigia di cuoio nero". Fanuel Nuti, il protagonista, è concepito dall’autrice come lo scrittore autobiografico
dello stesso romanzo e il traduttore di “Come un fiume, come un sogno” e di “Una valigia di cuoio nero”. Da
un letto di ospedale in cui in cui morirà a 37 anni, nel 1958, per una grave malattia ossea, Fanuel Nuti
racconta la propria vita, vissuta in buona parte nella sua città, a Chiavari: il primo tomo va dalla nascita
(1921) al 1940; il secondo copre sostanzialmente il quinquennio cruciale della guerra e della resistenza,
con una coda negli anni del ricovero terminale. In questo secondo tomo Fanuel Nuti, figura complessa e
introversa dai difficili rapporti con la famiglia, rivive gli anni dell’Università e della guerra, la sua fattiva
collaborazione con il federale fascista della sua città, gli orrori del regime, poi la svolta, la fuga in montagna,
una scelta radicale di vita al fianco dei partigiani che hanno segnato l’epopea della resistenza sulle
montagne liguri. Il ciclo “Uomo e Superuomo” travalica la provincia per assumere una dimensione europea,
per scavare in profondità nella crisi storico - esistenziale dell’uomo del novecento.