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Comorbilità psichiatrica
di anoressia e bulimia nervosa
CHIARA BORRI, VALERIA CAMILLERI,
SONIA CORTOPASSI, MAURO MAURI
1:2009; 65-77
Sintomi di tipo depressivo e ansioso sono frequentemente presenti tra i soggetti con
disturbi della condotta alimentare (DCA), ma il loro significato diagnostico e clinico non
è stato ancora completamente chiarito: se nell’anoressia nervosa la sintomatologia
depressiva sembra essere in larga misura secondaria alla perdita di peso, come supportato
dal fatto che sintomi depressivi si manifestano in soggetti sani sottoposti a digiuno e dal
rilievo che la sintomatologia depressiva nelle anoressiche tende a migliorare con il recupero del peso, nella bulimia nervosa i sintomi depressivi sono di solito sostenuti dall’incapacità di controllare l’alimentazione, dalla marcata interferenza delle abitudini alimentari nella vita quotidiana, dalla preoccupazione per il peso e la forma corporea, e dalla vergogna e dai sentimenti di colpa suscitati dalle condotte alimentari abnormi. Secondo un’ipotesi alternativa, sia la sintomatologia depressiva che quella ansiosa sarebbero espressione
di disturbi psichici diversi che coesistono con i DCA: in questo caso è necessario stabilire
se e quanto il tasso di comorbilità tra DCA e disturbi dell’umore e d’ansia ecceda quello che
ci si potrebbe attendere se i disturbi fossero associati in maniera casuale, quale sia il significato di questa associazione non casuale e, soprattutto, quali implicazioni etiopatogenetiche, cliniche e prognostiche questa associazione comporti.
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RIASSUNTO
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
DPFNB-Clinica Psichiatrica Università di Pisa
Parole chiav e: disturbi della condotta alimentare, anoressia nervosa, bulimia nervosa,
comorbilità.
SUMMARY
Depressive and anxiety features are often present among patients with eating disorders
(ED); the diagnostic and clinical significance of these symptoms is not entirely clear.
Depression and anxiety might be secondary both to anorexia nervosa (AN) and to bulimia
nervosa (BN); in the case of AN the depressive symptoms might be secondary to weight
loss and starvation, as supported by the fact that depressive symptoms arise in laboratory-induced starvation states, and that in anorexics the mood tend to lift in response to
weigh gain. In BN depressive and anxiety symptoms may arise as a consequence of the
distress caused by the loss of control over eating, by the marked interference of eating
habits in the life of patients, by the concerns about body weight and shape, and by the
shame and guilt over eating dyscontrol.
A different hypothesis suggest that affective and anxiety symptoms are features of separate psychiatric disorders that coexist with eating disorders. In this case it is necessary to
establish if and how this rate of comorbidity exceeds that expected by a chance association of two or more independent disorders, what is the explanation of this phenomenon if
the comorbidity rate is higher than expected, and what implications comorbidity may
have on etiopathogenesys, clinical features and prognosis of ED.
Key words: eating disorders, anorexia nervosa, bulimia nervosa, comorbidity.
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Indirizzo per la corrispondenza: Chiara Borri, Via Roma 67- 56100 Pisa, e-mail: [email protected]
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INTRODUZIONE
I pazienti con disturbi della condotta alimentare (DCA) frequentemente riferiscono sintomi di tipo depressivo: in soggetti con anoressia nervosa (AN)
sono rilevabili umore depresso, sentimenti di perdita di speranza, colpa,
inguaribilità, irritabilità, disturbi della concentrazione e alterazioni del pattern ipnico. I pensieri di morte sono spesso presenti ed il suicidio è una delle
più comuni cause di morte tra i pazienti con DCA. Anche nella bulimia nervosa (BN) i sintomi depressivi sono presenti con frequenza analoga. Tuttavia, il significato diagnostico e clinico di questi sintomi non è stato ancora
completamente chiarito: nell’AN la sintomatologia depressiva sembra essere
in larga misura secondaria alla perdita di peso, come supportato dal fatto che
sintomi depressivi si manifestano in soggetti sani sottoposti a digiuno e dal
rilievo che la sintomatologia depressiva nelle anoressiche tende a migliorare
con il recupero del peso. Anche nella BN i sintomi depressivi possono essere secondari al disturbo alimentare stesso, sostenuti dall’incapacità di controllare l’alimentazione, dalla marcata interferenza delle abitudini alimentari
nella vita quotidiana dei pazienti, dalla preoccupazione per il peso e la forma
corporea, e dalla vergogna e dai sentimenti di colpa suscitati dalle condotte
alimentari abnormi. L’ipotesi della “secondarietà” del quadro depressivo
rispetto a quello alimentare è sostenuta dal rilievo che le fluttuazioni timiche
riferite dai pazienti con DCA avvengono in stretta relazione con le fluttuazioni della capacità di controllo sull’alimentazione, e dal rilievo che una
terapia mirata esclusivamente al controllo delle abitudini alimentari induce
parallelamente un miglioramento della sintomatologia depressiva: se questa
ipotesi fosse corretta, allora il ruolo eziopatogenetico e prognostico della
depressione nei DCA sarebbe improbabile1. Tuttavia, se è vero che quadri di
comorbilità sono più evidenti nel corso della fase acuta dell’AN e che sia la
depressione che l’ossessività possono essere esacerbate dal digiuno, è altresì
vero che la persistenza di sintomi depressivi e ossessivi è stata osservata
anche in soggetti con AN in fase di remissione2-4.
I pazienti con DCA presentano con elevata frequenza sintomi d’ansia: nell’AN
i pazienti spesso mostrano un’intensa fenomenica ansiosa quanto si trovano a
fronteggiare il cibo e sintomi della sfera ossessivo-compulsiva sono frequentemente associati. Allo stesso modo, i pazienti bulimici riferiscono un’intensa
ansia in situazioni sociali che li pongano di fronte alla necessità di mangiare o
di esporre il proprio corpo di fronte ad altri; anche in questo caso tuttavia,
come già ipotizzato per la sintomatologia depressiva, i sintomi d’ansia potrebbero essere secondari al disturbo dell’alimentazione, dato il rilievo del miglioramento di questi fenomeni al migliorare della patologia alimentare1.
La personalità è sempre stata ritenuta un importante fattore nella genesi e nel
mantenimento dei DCA: i disturbi di personalità (DP) possono essere interpretati come fattori predisponenti, ma anche come possibile complicanza o esito di
un DCA; possono avere un’azione patoplastica, ma anche essere presenti indipendentemente dal DCA: la mancanza di studi prospettici, le difficoltà metodologiche quali la necessità di valutare l’effetto del digiuno o della presenza di
depressione, le controversie sulle modalità di assessment dei DP, l’attuazione
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degli studi su campioni clinici di modesta entità, ad oggi non consentono di
trarre conclusioni definitive5. Gli studi sembrano convergere nell’evidenziare
tratti di ossessività, inibizione sociale, conformismo ed inibizione emotiva,
timore dell’incertezza, evitamento delle novità nella personalità premorbosa
delle pazienti anoressiche restricter: è stato postulato che questo tipo di personalità inibita risponda a determinati stressor ambientali esercitando un rigido
controllo sull’alimentazione con l’obiettivo di ottenere un senso di predicibilità
e di sicurezza6. Tuttavia, dato che questi aspetti possono essere amplificati dal
digiuno e dalla perdita di peso, rimane arduo stabilire quanto queste caratteristiche rappresentino tratti stabili e quanto, nei soggetti andati incontro a remissione, possano residuare come esiti a lungo termine. Uno studio recente condotto
su coppie di gemelle7 ha ipotizzato che l’AN possa rappresentare l’espressione
di una vulnerabilità familiare ad uno stile temperamentale che rifletterebbe la
ricerca del perfezionismo, la necessità di ordine e la sensibilità alla gratificazione. Gli studi condotti secondo i criteri del DSM-IV8 riportano nei campioni con
AN percentuali di DP variabili dal 23% all’80%: le pazienti con AN del sottotipo bulimico (AN B/P) tendono a presentare con maggiore frequenza diagnosi di
DP del cluster B (drammatico), mentre le pazienti con AN di tipo restrittivo
(AN-R) tendono a ricevere con maggiore frequenza diagnosi di DP del cluster
C (ansioso). Nei pazienti bulimici prevarrebbero tratti premorbosi caratterizzati
da impulsività, sensitività interpersonale e bassa autostima. Le stime di prevalenza dei DP nei soggetti bulimici variano dal 21% al 77%, ed i DP diagnosticati appartengono in larga misura al cluster B; la relazione tra BN e DP borderline
è stata a lungo dibattuta e il tasso di prevalenza del DP borderline oscilla a
seconda degli studi dal 2% al 47%. Questa variabilità dei risultati è verosimilmente influenzata dal tipo di campioni esaminati, dagli strumenti di valutazione
utilizzati e in larga misura dal disaccordo concettuale sulla diagnosi stessa di
DP borderline. In generale, i pazienti nei quali coesistono DCA e DP, ed in particolare il DP borderline, mostrano un quadro clinico di maggiore gravità, con
maggiore probabilità di gesti suicidari e parasuicidari, conflittualità familiare e
maggiore frequenza di ospedalizzazione: tali caratteristiche, più che al DCA,
sarebbero legate al concomitare di disturbi dell’umore5.
Infatti, secondo un’ipotesi alternativa, sia la sintomatologia depressiva che
quella ansiosa sarebbero espressione di disturbi psichici diversi che coesistono
con i DCA: in questo caso è necessario stabilire se e quanto il tasso di comorbilità tra DCA e disturbi dell’umore e d’ansia ecceda quello che ci si potrebbe
attendere se i disturbi fossero associati in maniera casuale, quale sia il significato di questa associazione non casuale e, soprattutto, quali implicazioni etiopatogenetiche, cliniche e prognostiche questa associazione comporti1.
LA COMORBILITÀ
Il termine comorbilità è stato introdotto nella letteratura medica nel 1970 per
indicare una condizione clinica caratterizzata da più disturbi presenti, contemporaneamente o in momenti diversi, nello stesso paziente9. La comorbilità tra i disturbi mentali sembra essere associata ad una più lunga durata
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degli episodi di malattia, ad un insoddisfacente decorso interepisodico, a più
frequenti ricadute e ad un più elevato rischio di suicidio10,11. I dati relativi
alla comorbilità nei soggetti con DCA devono essere interpretati con cautela,
dal momento che, derivando da studi condotti su pazienti che richiedono un
intervento specialistico e non da campioni rappresentativi della popolazione
generale, è verosimile che risultino in una sovrastima dell’entità dell’associazione tra i diversi disturbi.
Un recente studio ha valutato la presenza di comorbilità psichiatrica di Asse
I in atto in un campione di adolescenti di sesso femminile con AN; il campione includeva 101 pazienti seguite in un’unità psichiatrica specifica per il
trattamento dei DCA: il 7,3% delle pazienti con AN aveva una comorbilità
in atto con almeno un disturbo di Asse I, senza differenze tra i sottotipi di
AN. I disturbi diagnosticati con maggiore frequenza erano i disturbi dell’umore (60,4%) seguiti dai disturbi d’ansia con l’esclusione del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) (25,7%), il DOC (16,8%) e i disturbi da uso di
sostanze (7,9%). Due diagnosi specifiche differivano nei due sottotipi di AN:
il disturbo da uso di sostanze ed i disturbi d’ansia con l’esclusione del DOC
erano rappresentati con una frequenza rispettivamente di 18 e 3 volte maggiore nel sottotipo AN B/P rispetto al sottotipo restricter12.
In precedenza, in uno studio epidemiologico condotto sulla popolazione
generale, Garfinkel et al.13 documentavano un elevato tasso di comorbilità,
al momento dell’osservazione e lifetime, tra BN (sia nella forma a piena
espressione clinica sia nelle sindromi parziali) e disturbi dell’umore, d’ansia
e da uso di alcol e sostanze.
Disturbi del comportamento alimentare e disturbi dell’umore
Gli studi sulla comorbilità pubblicati nelle ultime due decadi e riassunti da
una metanalisi di Godart et al.14 rilevano una prevalenza lifetime di disturbi
dell’umore in associazione ai DCA estremamente variabile, dal 24,1% al
90%15,16 nella BN e dal 31% a circa il 90% nell’AN17,18: gli autori sottolineano i numerosi problemi metodologici che rendono difficile giungere a
conclusioni univoche, in particolare: la scarsa numerosità campionaria della
maggior parte degli studi, la mancanza di strumenti diagnostici adeguati e
confrontabili, la differenza dei criteri diagnostici utilizzati, la mancanza di
gruppi di controllo, l’inclusione in alcuni studi di soggetti di sesso maschile,
il riferimento ad intervalli di tempo diversi nella definizione di disturbo in
atto (ultima settimana/ultimi 6 mesi)14.
Episodi depressivi maggiori o fasi caratterizzate da una sintomatologia di tipo
distimico si manifesterebbero nelle pazienti con AN-R, in percentuali variabili dal 30% fino all’85% dei casi, con la frequenza degli episodi depressivi che
tende ad aumentare nei pazienti con una lunga storia di malattia19,20.
Brewerton et al.20, valutando un campione di 59 pazienti con BN, rilevavano
nell’80% del campione la presenza di comorbilità lifetime con altri disturbi di
Asse I; in particolare i disturbi dell’umore erano presenti nel 75% del campione, ed il 63% delle pazienti aveva presentato un episodio depressivo maggiore.
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In generale, in tutti gli studi sono stati rilevati elevati tassi di associazione
lifetime tra DCA e tutti i disturbi dell’umore, ma i tassi lifetime di disturbo
bipolare (DB) sono risultati molto disomogenei, oscillando tra l’assenza di
associazione20-24 e un tasso di associazione pari al 63,6% dei casi25. Questa
ampia differenza è dovuta a fattori quali le differenze nelle definizioni diagnostiche della stessa bipolarità, oltre alle già citate limitazioni metodologiche degli studi effettuati. Comunque la media “pesata” di comorbilità tra
disturbo bipolare e DCA ottenuta dai risultati delle diverse ricerche è del
7,25%. Almeno 4 studi riportano i tassi di DB nei sottogruppi diagnostici dei
DCA: Hudson et al.26 e Simpson et al.25 rilevavano che i pazienti affetti da
AN (anche restricter) mostravano tassi di DB simili a quelli dei pazienti con
BN. Uno studio evidenziava l’associazione con DB solo nei pazienti con BN
o con AN B/P (5,85%) e non nei pazienti con AN-R27. In un altro studio,
invece, i casi di DB erano presenti solo nei pazienti con BN (12,2%), ma non
in quelli con AN, sebbene i casi di AN fossero tutti del sottotipo B/P28.
Riguardo allo specifico sottotipo di DB, uno studio controllato19 rilevava un
significativo tasso di DB atipico (secondo i criteri del DSM III-R ) tra le
pazienti affette da AN rispetto ai controlli (13,3% vs. 0).
Simpson et al.25, in uno studio condotto su 22 pazienti ospedalizzate con
DCA persistenti e di particolare gravità clinica, rilevavano una frequenza elevata (59%) di DB II. Uno studio più recente ha rilevato, nell’AN B/P, una prevalenza lifetime di DB II pari al 6%, e una prevalenza di ipomania del 3%29.
Studi controllati hanno dimostrato come nei familiari di soggetti con AN o
BN il rischio di sviluppare un disturbo dell’umore sia superiore rispetto ai
familiari di controlli senza un DCA: il rischio relativo è infatti da 2 a 3 volte
maggiore nei familiari di pazienti con AN26,30 e da 1 a 3 volte nei familiari di
pazienti con BN39,40. Il DB, in particolare, è stato riportato come più frequente tra i familiari di primo grado dei pazienti con BN rispetto alla popolazione generale. Gli studi attualmente disponibili tuttavia non evidenziano
una biunivocità in questa predisposizione familiare: infatti sembra non esservi un aumentato rischio di DCA nei familiari di pazienti con disturbi dell’umore31. La presenza di disturbi dell’umore è stata ritenuta un fattore predittivo di decorso sfavorevole e di peggiore risposta al trattamento in vari studi
di follow-up sia nella BN32, sia nell’AN33,34, mentre altri autori35-37 non rilevano alcuna correlazione tra decorso cronico del DCA e presenza e gravità
della sintomatologia depressiva: in uno studio di follow-up a 3 e 7 anni condotto su 34 pazienti con diagnosi di AN, allo scopo di valutare se la depressione maggiore costituisse un sintomo psicopatologico stabile ed un indicatore prognostico, Herpetz-Dahlman et al.37 rilevavano una marcata e significativa riduzione della sintomatologia depressiva durante i primi 3 anni di follow-up; a 7 anni gli autori notavano una consistente associazione tra presenza dei sintomi depressivi e persistenza del DCA. Dato che i sintomi depressivi indotti dal digiuno sono indistinguibili da quelli che costituiscono i criteri
diagnostici della depressione, è verosimile, secondo gli autori, che la riduzione di tale patologia, a distanza di 3 anni dalla prima osservazione, possa
essere attribuita all’incremento di peso e al miglioramento del DCA.
Secondo la maggior parte delle osservazioni, la comorbilità DCA-disturbi dell’u-
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more risulta essere tra le più significative sul piano clinico, in termini di compromissione funzionale, di ridotta risposta alle terapie e di cronicizzazione, sia dei
quadri depressivi, sia della sintomatologia del DCA. Inoltre, l’associazione
DCA-disturbi dell’umore aumenta il rischio di condotte autolesive, di cleptomania, di discontrollo degli impulsi e di abuso di alcool o altre sostanze38,39.
La valutazione della concomitanza di un disturbo dell’umore in un paziente
con DCA è comunque resa problematica dalla scarsa applicabilità dei test
standardizzati per la diagnosi dei disturbi dell’umore a questi pazienti: tali
strumenti fanno infatti riferimento alla presenza di sintomi quali anoressia o
perdita di peso, che hanno significati diversi nei due disturbi: contrariamente
a quanto avviene nei pazienti con disturbi dell’umore, nei pazienti con DCA
essi sono frutto di una ideazione attiva, e sono cioè finalizzati al controllo
delle proporzioni corporee. D’altro lato, sintomi depressivi sono di frequente
riscontro nei pazienti con DCA, pur senza giungere a configurare un franco
disturbo dell’umore40: spesso infatti, sono presenti vissuti di demoralizzazione e sentimenti di autosvalutazione e di colpa conseguenti all’incapacità di
controllare in maniera adeguata le modalità di alimentazione; inoltre, l’entità
del DCA può essere tale da compromettere, anche gravemente, i livelli di
adattamento sul piano familiare, sociale e lavorativo. La valutazione della
comorbilità con i disturbi dell’umore non può quindi prescindere da un’attenta valutazione di tutti quegli aspetti, sia nutrizionali, sia relativi al basso peso
corporeo, sia reattivi alla presenza stessa del DCA, che possono facilmente
indurre a sovrastimare la frequenza dell’associazione tra le due patologie.
Disturbi del comportamento alimentare e disturbi d’ansia
Circa i due terzi dei pazienti con DCA presentano uno o più disturbi d’ansia
lifetime; secondo un recente studio41 i disturbi più comuni sarebbero il DOC
(41%) e la fobia sociale (FS) (20%), senza differenze significative tra AN-R,
AN B/P e BN. L’esordio dei disturbi d’ansia risulterebbe nella maggioranza
dei casi precedere quello del DCA: questo dato appare confermare i risultati
di una precedente ricerca di Bulik et al.42, che evidenziava come in circa il
90% dei casi l’esordio del disturbo d’ansia (in particolare il DOC, la FS, la
fobia specifica ed il disturbo da ansia generalizzata – GAD) precedesse quello
del DCA, mentre la diagnosi di disturbo da panico risultava più frequentemente successiva. Gli autori notavano che il DOC ed il GAD precedevano
con maggiore frequenza l’esordio dell’AN, mentre la FS ed il GAD quello
della BN, suggerendo l’ipotesi che alcuni disturbi d’ansia potessero rappresentare fattori di rischio per i DCA più specifici rispetto ad altri. Kaye et al.41
sottolineano comunque che anche i soggetti con DCA che non hanno mai presentato quadri di comorbilità con disturbi d’ansia tendono a manifestare livelli d’ansia basalmente elevati, con aspetti di perfezionismo e di elevata harm
avoidance. In ogni caso questi risultati devono essere interpretati alla luce di
alcune considerazioni generali: l’età media di esordio del disturbo alimentare
tende ad essere più precoce nell’AN che nella BN8; l’età d’esordio di ciascun
disturbo d’ansia, inoltre, varia in base al disturbo considerato, ad esempio la
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FS esordisce in genere nell’infanzia, mentre il GAD compare nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, intorno ai 20 anni8. Rimane quindi difficile
stabilire se la successione cronologica della comparsa dei disturbi d’ansia e
dei DCA derivi dalla storia naturale dei disturbi stessi o se sia invece il risultato di una reciproca interazione. Le incertezze derivano in massima parte
dalla natura retrospettiva degli studi ad oggi condotti; rimangono inoltre i
dubbi riguardo all’influenza dello stato nutrizionale dei pazienti esaminati:
non può essere infatti escluso che almeno in alcuni casi il disturbo d’ansia
contemporaneo al DCA possa essere un artefatto della malnutrizione43.
La sovrapposizione tra DCA e DOC ha da sempre suscitato notevole interesse:
l’estrema preoccupazione legata alle proporzioni corporee, la polarizzazione
ideativa sul cibo, caratteristiche dei pazienti con DCA, richiamano infatti i
comportamenti ripetitivi e ritualistici dei pazienti con DOC. Le similitudini tra
i due disturbi, oltre che sul piano clinico, sembrano espletarsi anche sul versante biologico: infatti la disregolazione del sistema serotoninergico è stata chiamata in causa sia nel DOC sia nei DCA, come suggerirebbero i dati relativi
alla risposta al trattamento farmacologico44. È stato ipotizzato che nella genesi
del DOC e della BN sia implicata un’aumentata sensibilità recettoriale alla
serotonina, e che il trattamento con SSRI, inducendo una down-regulation dei
recettori, normalizzi il tono serotoninergico45. Alcuni studi hanno riportato una
prevalenza lifetime variabile dal 13% al 42% di AN o di BN tra i pazienti con
DOC46-48. Gli studi che hanno esaminato la prevalenza del DOC tra le pazienti
con DCA hanno fornito risultati contraddittori: quattro studi hanno evidenziato
una prevalenza lifetime variabile tra il 15% e il 30%31 ed una prevalenza al
momento attuale tra il 7% ed il 10%49, mentre Fahy48 non rilevava differenze
significative ai punteggi della Maudsley Obsessive Compulsive Inventory tra
un gruppo di soggetti con DCA e un gruppo di controlli sani. Uno studio successivo41, condotto su 93 pazienti affette da DCA, evidenziava come il 37%
soddisfacesse i criteri DSM-III-R per il DOC, e come le compulsioni e le
ossessioni più frequentemente riportate non avessero alcuna relazione con
l’immagine corporea, con il cibo, o con il comportamento alimentare. D’altro
lato, Pigott et al.50, somministrando l’Eating Disorder Inventory a 59 pazienti
affetti da DOC e a 60 controlli sani, rilevavano come i pazienti con DOC presentassero abitudini e comportamenti alimentari significativamente più disturbati rispetto ai controlli, e come mostrassero alcune caratteristiche comportamentali e psicopatologiche comuni ai pazienti con DCA. Rothemberg51,52 ipotizza che fattori sociali e culturali esercitino un’influenza sui sintomi ossessivo-compulsivi, per cui il DOC starebbe emergendo in una forma che implica il
cibo e la magrezza; secondo l’autore, pertanto, i DCA potrebbero essere considerati “come una moderna sindrome ossessivo-compulsiva”. Nonostante sia
stata ipotizzata una base genetica comune tra DOC e DCA, solo due studi
hanno indagato la possibile associazione familiare tra i due disturbi: Halmi et
al.19 rilevavano un’aumentata prevalenza di DOC tra le madri di 76 pazienti
anoressiche rispetto alle madri dei soggetti di controllo. Al contrario, in uno
studio controllato condotto sui familiari di primo grado di 32 pazienti con
DOC e di 33 soggetti di controllo, Black et al.53 non osservavano evidenze di
trasmissione familiare del DOC in comorbilità con i DCA.
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Gli studi più recenti confermano gli elevati tassi di sovrapposizione tra DOC
e DCA (dal 10% al 40% dei soggetti con AN e BN, secondo alcuni autori più
evidente per l’AN54,55, e senza differenze significative per altri56,57).
Disturbi del comportamento alimentare e disturbi correlati
all’impulsività
I disturbi del comportamento, del controllo degli impulsi, l’alcolismo e l’abuso
di sostanze sono stati osservati nel 30% circa delle pazienti con BN e nel 1018% di quelle affette da AN, con maggiore frequenza del sottotipo B/P27,58,59.
Sebbene i tassi di prevalenza dei disturbi del controllo degli impulsi nella popolazione generale non siano stati definitivamente accertati, alcuni studi si sono
focalizzati sui singoli disturbi all’interno della categoria diagnostica: ad esempio, per il gioco d’azzardo patologico vengono riportate stime di prevalenza
lifetime intorno all’1,6%60, non dissimili da quelle del DB; per la cleptomania e
l’acquisto compulsivo, invece, le stime variano dallo 0,6% al 5,9%60,61; infine,
Kessler et al.63 riportano stime fra il 3,9% e il 7,3% per il disturbo esplosivo
intermittente. I tassi di prevalenza aumentano se vengono prese in considerazione le popolazioni cliniche: circa un terzo dei pazienti psichiatrici ricoverati soddisferebbe i criteri per la diagnosi di disturbo del controllo degli impulsi, che
verosimilmente rimangono in larga parte non riconosciuti64.
Un recente studio condotto su 709 donne con DCA65 ha evidenziato una prevalenza di disturbi del controllo degli impulsi pari al 16,6% nel campione
totale, e del 21,8% nel sottogruppo con condotte bulimiche. I disturbi del controllo degli impulsi risultano associati con comportamenti compensatori patologici, come l’uso improprio di lassativi, diuretici, anoressizzanti e con il
digiuno, ed inoltre si associano ad un maggiore tasso di comorbilità con
disturbi di Asse I e di Asse II, indipendentemente dal tipo di DCA62,66-69: ciò
supporta l’ipotesi che l’utilizzo di comportamenti di eliminazione si associ ad
una elevata impulsività70-72 e che questi due aspetti concomitino nel definire
uno specifico sottotipo di DCA. È stato ipotizzato che sia i disturbi d’ansia,
sia l’impulsività possano aumentare il rischio di DCA in comorbilità con
disturbi del controllo degli impulsi: in particolare, in pazienti con DCA e con
disturbi del controllo degli impulsi il rischio di presentare un DOC aumenterebbe di circa tre volte65. Per quanto riguarda i DP, l’associazione più frequente, come è dato attendersi, è quella con il disturbo borderline di personalità, presente con una frequenza tre volte maggiore6,65. I disturbi del controllo
degli impulsi sembrerebbero precedere l’esordio del DCA: questo permette di
ipotizzare che il disturbo del controllo degli impulsi possa giocare un ruolo
causale nell’etiopatogenesi del binge eating, oppure che questi aspetti facciano parte di una “sindrome multiimpulsiva” mediata da specifiche varianti
genetiche, o ancora che l’interazione tra fattori ambientali sfavorevoli e fattori
genetici predisponga ad una “multiimpulsività” di base che si esplicherebbe
con un’ampia varietà di aspetti comportamentali65.
Il rischio di sviluppare abuso di sostanze è risultato sette volte maggiore nelle
pazienti con AN B/P rispetto a quelle con AN-R73. L’abuso di sostanze, inoltre,
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comporterebbe un maggior numero di complicanze organiche, che si sommerebbero a quelle causate dalla perdita di peso e dalle condotte bulimiche74,75.
La BN sembra associarsi più frequentemente con l’abuso di alcool e di
sostanze25,41,58,76,77, con i disturbi affettivi stagionali78,79, con il DB25 e con i
DP del cluster B80,81, in cui prevalgono le dimensioni della disregolazione,
dell’impulsività e del discontrollo. Di contro, l’AN-R presenta tassi di
comorbilità più elevati con la depressione unipolare e con i disturbi dello
spettro ossessivo-compulsivo, secondo la definizione di Hollander82, in cui
le dimensioni della compulsività e dell’ipercontrollo costituirebbero gli elementi psicopatologici distintivi83. L’AN B/P presenterebbe caratteristiche
intermedie tra quelle descritte per la AN-R e per la BN80,81, con un carico
familiare maggiore per disturbi da uso di sostanze ed un più elevato rischio
di problemi correlati all’alcool73,76,84.
In un studio condotto in Giappone85, su un ampio campione costituito da
3592 pazienti con disturbo da abuso di alcool, è stato possibile evidenziare
un DCA, prevalentemente di tipo bulimico, nell’11% delle donne e nello
0,2% degli uomini. Alcuni autori hanno riscontrato una percentuale di disturbi da abuso di sostanze psicotrope nei familiari dei pazienti con AN e BN
superiore rispetto ad un gruppo di controllo costituito dalla popolazione
generale86. Tuttavia questa associazione, secondo Brownell e Fairburn,
potrebbe non essere specifica, in quanto la prevalenza di queste condotte di
abuso viene riscontrata in misura pressoché equivalente anche nei familiari
di pazienti con altri disturbi psichiatrici.
Sebbene le variabili psicosociali e biologiche che sottendono il discontrollo
degli impulsi non siano completamente chiarite, esistono dati sufficienti per
affermare che l’impulsività è una caratteristica che influisce negativamente
sul decorso e sulla prognosi dei DCA87-89.
Il discontrollo degli impulsi, dimensione psicopatologica di frequente riscontro nei pazienti con AN B/P e BN può essere potenzialmente legato ad un’alterazione del sistema serotoninergico. La serotonina è infatti ritenuta il neuromediatore implicato nella regolazione delle condotte impulsive nell’uomo,
ed è ipotizzabile che un’alterazione del tono serotoninergico giochi il ruolo
di anomalia trans-nosologica in disturbi quali la depressione con condotte
suicidarie, il tentativo di suicidio in generale, la bulimia, la schizofrenia, l’alcoolismo e il DOC. L’elevata frequenza di comorbilità psichiatrica, sia di
spettro che di Asse I, e la vasta fenomenica psicopatologica presente nelle
pazienti con DCA pongono numerose difficoltà nell’impostazione del trattamento farmacologico, rendendo spesso necessaria un’associazione farmacologica che permetta di controllare, oltre alla sintomatologia specifica, anche
le rilevanti alterazioni del tono dell’umore, la coesistenza di disturbi d’ansia
(disturbo da attacchi di panico, DOC, FS), i frequenti atteggiamenti di
discontrollo e di abuso. Ciò, unitamente al fatto che i diversi sottogruppi diagnostici all’interno della categoria dei DCA pongono al clinico problemi differenziati nella gestione del quadro psicopatologico, può motivare l’assenza
sia di protocolli terapeutici univoci e di comprovata efficacia, sia di studi clinici controllati a lungo termine.
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