Cultura - Palazzo Strozzi

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Cultura - Palazzo Strozzi
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Corriere della Sera Giovedì 6 Maggio 2010
ALL’ASTA
Un Picasso da record:
106,5 milioni di dollari
per un nudo con foglie
Nudo con record mondiale: è andato all’asta ieri da Christie’s a New York. Un
«Nudo, foglie verdi e busto» firmato Pablo Picasso, raffigurante la giovane
amante del pittore che dorme nuda, realizzato in un solo giorno del marzo
1932 e venduto per 106,5 milioni di dollari (82 milioni di euro), nuovo record
mondiale per un’opera d’arte. Il record precedente, raggiunto appena lo
scorso febbraio, apparteneva alla scultura di Alberto Giacometti «L’uomo che
cammina» venduta a Londra per 80,5 milioni di euro (anche se sembra che
questi record pubblici siano abbondantemente battuti dalle vendite private,
Cultura
come nel caso del Pollock del 1948 passato di mano nel 2006 a quanto pare
per 108 milioni di euro). Il «Nudo, foglie verdi e busto» è intanto diventato il
più caro Picasso andato con successo all’asta (prima era «Il ragazzo con
pipa» con 80,4 milioni di euro), il compratore (che lo ha strappato agli altri
sette contendenti in neppure nove minuti) è rimasto anonimo. Intanto sale la
febbre per le prossime aste di New York e nuovi record sembrano in arrivo
per Rothko, Warhol e per il Jasper Johns che fu di Michael Crichton. (st. b.)
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L’opera
Il «Nudo, foglie verdi e
busto» di Pablo Picasso (a
destra) è stato venduto ieri
da «Christie’s» a New York
per 106,5 milioni di dollari,
nuovo record mondiale
per un’opera d’arte all’asta
Modelli James Bradburne: «C’è troppo pressappochismo». Il presidente Bini Smaghi: «Non solo grandi eventi, ma un luogo sempre aperto a città e turisti»
Palazzo Strozzi come il Beaubourg
Il direttore: «Il Caravaggio a Roma? Basta, queste sono mostre senza senso»
di STEFANO BUCCI
A
Mister James M. Bradburne piacciono molto le metafore. E il racconto della sua esperienza di direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi (selezionato via inserzione sull’«Economist») è costellato di analogie colorate e talvolta inusuali. Del tipo
«Sono come un Buddha dalle tante braccia, mi devo occupare di tutto» oppure «Il
mio lavoro è come quello del buon giardiniere: sistemare ogni pianta al posto giusto anche se si corre il rischio di scoprire
qualche buco». Così l’architetto anglo-canadese (già alla guida del Centro di Scienza e tecnologia di Amsterdam e del Museo
di arti applicate di Francoforte) sbarcato
sulle rive dell’Arno nel 2006 dice soprattutto di voler «evitare fraintendimenti visto il
mio italiano». Ma le metafore di questo signore alto e corpulento alla guida di una
Fondazione che è tra i primi esempi italiani di governance tra «pubblico» e «privato», con un ciuffo di capelli grigi che lo fa
somigliare ad Oscar Wilde, che indossa
con disinvoltura un gilet azzurro e una cravatta blu con la tavola degli elementi chimici («Viene dalla Russia, è un regalo di
mia moglie») non sono certo solo un gioco: «Oggi in Italia i musei statali sono purtroppo visti come spose vergini votate alla
castità e al sacrificio mentre le fondazioni
private come prostitute attente solo al guadagno — dice —. La soluzione sta nella
via di mezzo: essere come quelle cortigiane intellettuali di Venezia che sapevano dire no al proprio cliente».
A Firenze, maggio sembra essere davvero il più crudele dei mesi, almeno per chi
la città la vive non solo per un one shot
tour ovvero per i fiorentini: folle di persone in coda agli Uffizi, comitive «al pascolo» tra Palazzo Vecchio e Boboli, lungarni
intasati dai pullman in sosta. Proprio a loro, agli «indigeni», sembrano guardare
con particolare attenzione Bradburne e il
presidente della Fondazione Strozzi Lorenzo Bini Smaghi (l’economista membro dell’esecutivo della Bce): «Vogliamo andare
oltre l’idea di museo o di mostra. Questo
deve essere un polo di attrazione per tutti,
per i turisti e per i fiorentini. Qui si deve
Personaggi
Lorenzo Bini Smaghi,
presidente della
Fondazione Palazzo
Strozzi e, sotto, James
M. Bradburne, direttore
della Fondazione
arrivare per vedere i tesori della Cina o gli
impressionisti, ma anche per un concerto,
per una conferenza» (o magari per riscoprire il Viessieux che proprio tra queste
mura ha sede e biblioteca). Un universo
culturale «nel segno dell’internazionalità,
dell’indipendenza» e, appunto, di «un forte legame con la città». A questo servono
in modo evidente i tre portoni del Palazzo
finalmente riaperti dopo anni di chiusura
forzata (lontanissimi erano a lungo sembrati i tempi della gloriosa e assai glamour
Biennale internazionale dell’Antiquariato
con relative cene sull’Altana affacciata verso le colline). Ma anche il bookshop, il caffè (che cambia nome ad ogni mostra, ora
si chiama ad esempio Café Metafisico) o le
«occasioni private» (ma tutte rigorosamente dopo le otto di sera). I risultati (registrati da quel contestassimo «conta persone» a suo tempo voluto appunto da Bradburne) parlano chiaro: nell’ultimo anno sono passate attraverso il cortile oltre un mi-
lione e mezzo di persone, «di queste solo
un terzo per le mostre». Segno che si tratta di un angolo non più morto ma piuttosto riconquistato alla città. Nessun paragone polemico, da parte del direttore, con altre realtà simili ma quando si chiede un
suo commento su Punta della Dogana arriva una precisazione che può suonare come una sorta di consiglio: «Quando le collezioni vengono catapultate dall’alto, i musei non decollano perché la città e i cittadini li sentono come estranei».
Le novità di questo Palazzo Strozzi sono
insomma, tante e ad effetto. Aperto tutti i
giorni, all text in english attività per famiglie recita ad esempio in modo evidente il
manifesto della mostra in corso dedicata a
De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus
(Uno sguardo nell’invisibile fino al 18 luglio. www.palazzostrozzi.org): «Non succede spesso in Italia» (ma non succede
nemmeno che uno scrittore inglese trapiantato da tempo in Italia, Tim Parks, sia
tra i curatori di una prossima mostra su denaro e bellezza). E poi percorsi con tanto
di touch screen, un passaporto per scoprire i luoghi metafisici di Firenze, biglietti
dove lasciare il proprio sogno (disegnato o
raccontato), didascalie leggibili, spuntini
(con tanto di panino) in scatole di cartone
che altro non sono che i bozzetti di De Chirico per i balletti del Maggio. In occasione
della mostra sugli impressionisti c’è stato
invece un cestino che offriva guide ma anche la marionetta di van Gogh con tanto di
orecchio da staccare; per quella sulla Cina
la Centrale del Latte di Firenze ha venduto
un milione di tetra pack da un litro con un
breve corso rapido di lingua cinese. Tutte
invenzioni di Mister Bradburne e del suo
staff: «Una buona idea — assicura — costa
quanto una cattiva».
Sembra ancora una volta che tutto nasca quasi per gioco, ma il direttore non è
uno sprovveduto: «È il mandato di tre anni che mi consente di preparare bene ogni
Album
Al centro, nella foto
grande, il cortile di
Palazzo Strozzi.
A sinistra, dall’alto,
una stampa della
facciata e il percorso
dedicato ai bambini
nella mostra su De
Chirico, Max Ernst,
Magritte, Balthus e i
pittori metafisici. Qui
sopra, una sala della
stessa esposizione e
una valigia «metafisica»
gadget della mostra
mostra, perché ci vuole tempo. Spesso invece in Italia si organizza tutto in fretta e
per questo i musei stranieri non danno i
capolavori in prestito. C’è, insomma, troppo pressappochismo». E ancora una battuta sull’Italia: «Il Moma e altri musei sono
sempre molto prudenti nei nostri confronti perché non capiscono il grande potere
delle soprintendenze come non capiscono
l’ingerenza e le scadenze della politica».
Contro questo vecchio modello di gestione («Il mio ideale sono i musei olandesi, tutte fondazioni pur essendo statali» dice Bradburne) il nuovo Palazzo Strozzi propone dunque un mix di pubblico e privato
che, come spiega Lorenzo Bini Smaghi
(questa città è da sempre nella storia della
sua famiglia), «vuole rilanciare Firenze dopo anni di occasioni sprecate». Proponendo, tra l’altro, nei sotterranei della Strozzina, il Cccs, il centro di cultura contemporanea diretto da Franziska Nori (dopo Gerhard Richter, dal 14 maggio sarà la volta
dell’Accelerazione nella società contemporanea). Oppure guardando al Beaubourg
ed a «meccanismi di gestione rapidi, bilanci da rispettare, alta qualità delle iniziative, regole ferree». Un mix che ingloba istituzioni locali, banche, sponsor vari (come
l’Associazione Partners Palazzo Vecchio
che accoglie anche Saatchi & Saatchi, Intesa Sanpaolo, Ferragamo) mentre nel consiglio di amministrazione troviamo anche la
soprintendente Cristina Acidini.
E intanto è già pronta anche la prossima sfida, quella che dovrebbe segnare la
definitiva consacrazione del nuovo Palazzo Strozzi. Si chiama Bronzino: sarà lui,
uno dei più grandi artisti del Cinquecento
(il pittore dei Medici), il protagonista della
mostra in programma dal 24 settembre
2010 al 23 gennaio 2011. Con 56 capolavori
in arrivo da tutto il mondo, con scoperte
eccezionali (il Crocifisso Panciatichi, un
frammento della Pala di Besançon), con
grandi restauri (l’Allegoria di Venere, il Nano Morgante), con collaboratori eccellenti
come Roberto Piumini a firmare le didascalie/indovinello per i più piccoli. Ma anche qui Mister Bardburne non scherza:
«Stiamo cercando una soluzione per evitare l’affollamento tipo Caravaggio alle Scuderie del Quirinale. Fare mostre così non
ha senso. Non si dovrebbe mai superare il
limite dei duecento visitatori per sala, altrimenti è un rischio». La mostra è stata presentata ad aprile a Washington con tanto
di gala black tie. Quasi a voler recuperare
quell’upper class anglosassone che aveva
fatto, con la sua voglia di bellezza, la fortuna di Firenze tra Otto e Novecento. Un nome per tutti: Sir Harold Acton.
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Le collezioni
Fondazione Cariverona
e UniCredit Group:
arte per la città
Verona, Palazzo della Ragione
27_02_2010 - 03_06_2010
informazioni e prenotazioni 199199111
www.artcollection.unicreditgroup.eu
www.fondazionecariverona.org
ingresso gratuito
Stampato e distribuito da NewspaperDirect
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supporto telefonico 02-63797510
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