10 anni di GMES: una cronaca

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10 anni di GMES: una cronaca
Opinioni su GMES
10 anni di GMES: una cronaca
di Rheticus*
CI SONO ANNI RICCHI DI IMPLICAZIONI STORICHE E CULTURALI COSÌ FORTI CHE BASTA MENZIONARLI
PER EVOCARE MEMORIE O MITI CONDIVISI. IL “1984” EVOCA IL MONDO TOTALITARIO DESCRITTO
DA GEORGE ORWELL. IL “1812” RICHIAMA ALLA MENTE L’OUVERTURE DI ČAJKOVSKIJ. FINO ALL’11
SETTEMBRE DI QUELL’ANNO, IL “2001” FACEVA IMMEDIATAMENTE PENSARE AL FILM DI STANLEY
KUBRICK; MA OGGI, RICHIAMA L’ATTACCO ALLE TORRI GEMELLE.
E il “1998”? Evoca qualche ricordo quell’anno,
e quale? L’introduzione dell’iMac da parte della
Apple, la vittoria di Dana International all’Eurofestival della canzone, o la vittoria francese nella
Coppa del Mondo?
Solo pochi addetti ai lavori potrebbero rispondere “Il manifesto di Baveno”, la dichiarazione
che rappresenta la nascita dell’iniziativa GMES
– e anche loro potrebbero restare sorpresi nel
rendersi conto che quel bambino, GMES, ha
già compiuto dieci anni.
Di GMES si parla spesso come della seconda
iniziativa di punta per lo Spazio in Europa, ma
questa espressione non rende giustizia alle sue
origini e alla sua natura ecologista. Vi erano già
stati, prima di Baveno, dei tentativi concertati di
coordinare l’uso delle risorse spaziali. Nel 1984,
ad esempio, venne istituito il Committee on
Earth Observation Satellites (CEOS - Comitato
per le osservazioni satellitari della Terra), il cui
mandato era appunto questo. Quando tuttavia,
il 19 maggio 1998, ai margini del 3° seminario
degli utenti dell’IAS, Istituto per le applicazioni
Veduta di Baveno (immagine: tutti i diritti riservati)
spaziali, una serie di istituzioni coinvolte nello
sviluppo delle attività spaziali in Europa adottarono il documento noto come “Manifesto
di Baveno”, ciò che avevano in mente erano
in primo luogo le preoccupazioni ambientali
che avevano condotto l’anno prima alla firma
del Protocollo di Kyoto; e la sigla GMES stava a quel tempo per “Global Monitoring for
Environmental Security” (Monitoraggio globale
per la sicurezza ambientale).
Le implicazioni per la sicurezza
Malgrado vi fosse una chiara enfasi sullo Spazio,
il Manifesto non era una proposta di programma spaziale ma un’espressione della pressante
necessità di una strategia europea nel campo
del monitoraggio ambientale, e un richiamo
perché l’Europa potesse interpretare un ruolo di grande portata a livello internazionale
nell’affrontare le questioni ambientali di rilievo
globale. Prima portavoce di questo richiamo
fu la stessa Commissione europea (CE), nella
persona di Herbert Allgeier, allora Direttore
Generale del Centro comune di ricerca (CCR/
JRC), che era anche il coordinatore per le questioni relative allo Spazio all’interno della CE.
L’anno successivo, il nome dell’iniziativa fu cambiato in “Global Monitoring for Environment
and Security” (Monitoraggio globale per
l’ambiente e la sicurezza), perché era risultato
evidente che ogni azione concertata di gestione dell’ambiente non sarebbe stata soltanto
un mezzo per massimizzare e rendere più coerenti le risorse ma avrebbe avuto anche delle
implicazioni per la sicurezza. Gravi problemi ambientali non solo potevano mettere in pericolo
la sicurezza di singoli individui o intere nazioni,
ma persino provocare conflitti internazionali. Al
* un entusiasta di GMES
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vertice di Göteborg del 2001, i Capi di Stato e
di Governo chiesero che la Comunità contribuisse “alla realizzazione entro il 2008 di una
capacità europea di Monitoraggio globale per
l’ambiente e la sicurezza”, con la Commissione
europea e l’ASE quali principali partner.
Il cambiamento di nome diede luogo a qualche controversia. Non tutti gli Stati membri si
trovavano a proprio agio con la “S” della sigla
GMES, e quindi venne costituito un apposito
gruppo di lavoro, nell’ottobre del 2002, che ne
identificò natura e portata.
La “Sicurezza”, secondo quanto venne dichiarato, doveva includere la prevenzione delle crisi
legate ai rischi naturali o tecnologici e la relativa
risposta, l’aiuto umanitario e la cooperazione
internazionale, il monitoraggio del rispetto
dei trattati internazionali per la prevenzione
dei conflitti, i compiti umanitari e di soccorso,
i compiti di peacekeeping delle forze armate e
la sorveglianza dei confini dell’UE.
Terra, Mare ed Emergenze
In una dichiarazione pubblicata a Bruxelles il
19 marzo 2002, la Commissione europea aggiunse un’ulteriore dimensione. Fino ad allora
GMES era stato focalizzato sul lato dell’“offerta”; ma era venuto il momento in cui GMES
doveva rivolgersi al lato della “domanda”.
A guidare GMES dovevano essere le reali
esigenze degli utenti, derivanti dai più vasti
ambiti di aggregazione internazionali, europei, nazionali, regionali e locali. Sul piano della
La protezione della fauna selvatica può essere migliorata
da GMES (immagine: Comunità europea)
tecnologia, GMES doveva combinare le informazioni ottenute dallo Spazio con altre forme
di informazione, e in particolare quelle fornite
dai sistemi terrestri e aerotrasportati.
Quando giunse il suo quinto compleanno, nel
2003, GMES aveva una portata e una serie di
ambizioni politiche del tutto impreviste rispetto
ai suoi inizi.
Era tempo di agire. Proprio a Baveno, dov’era
nato, tra il 26 e il 29 novembre si tenne il 4°
Forum GMES, alla presenza di circa 150 delegati provenienti da Europa, Canada, Stati Uniti
e Giappone.
Poco dopo, nel 2004, venne firmato un Accordo
Quadro tra la CE e l’ASE, che costituiva la
Illustrazione del ciclo di acquisizione dati delle boe galleggianti Argo (sensori a base oceanica)
(immagine: Argo Information Centre)
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piattaforma per il Programma spaziale europeo e la base di una componente spaziale per
GMES.
Il 3 febbraio 2004, la Commissione europea
presentò una Comunicazione al Parlamento
europeo e al Consiglio Europeo sull’iniziativa “Monitoraggio globale per l’ambiente e la
sicurezza”(GMES). Al suo centro stava un nuovo
Piano d’azione, inteso a realizzare una capacità
GMES operativa entro il 2008.
Venne così riaffermato lo scopo di GMES: mettere insieme, elaborare e consegnare in tempi
brevi agli utenti tutti i dati e le informazioni raccolti da satelliti di osservazione, dispositivi di
monitoraggio aerotrasportati e sensori a base
terrestre e oceanica.
Una comunicazione della Commissione del
maggio 2005 esponeva le priorità per il dispiegamento di GMES. Inizialmente, al centro
sarebbe stati posti i servizi di monitoraggio terrestre e marino e quelli legati alle emergenze,
che dovevano essere operativi entro il 2008.
Tali servizi sarebbero stati basati su progetti
di ricerca e sviluppo volti ad allargare e incrementare le misure già in atto. Si riteneva che i
servizi successivi dovevano concentrarsi sull’inquinamento atmosferico, l’aiuto umanitario,
la prevenzione degli incendi boschivi e delle
inondazioni, e il cambiamento globale. Questi
servizi sarebbero stati definiti in relazione a
specifiche priorità politiche, a criteri economici
e sociali, alla loro utilità nel più ampio contesto
europeo e alla disponibilità dei necessari strumenti di monitoraggio.
Alla terza riunione del Consiglio spaziale, il
28 novembre 2005, i Ministri sottolinearono
l’importanza di mantenere un’autonoma capacità europea di Osservazione della Terra per
sostenere i processi di decisione politica, ed
evidenziarono lo status di GMES come principale contributo europeo al Sistema dei sistemi
di Osservazione globale della Terra (GEOSS).
Ancora una volta, le ambizioni riposte nel GMES
erano cresciute di livello: da materie di interesse puramente europeo si allargavano adesso a
preoccupazioni di interesse globale.
Nel giugno del 2006, la CE costituì l’Ufficio
GMES all’interno della DG Imprese e Industria,
con l’obiettivo primario di assicurare la realizzazione dei servizi prioritari iniziali entro il 2008. A
medio termine, l’Ufficio doveva affrontare temi
come la struttura di governance di GMES e la
sua continuità finanziaria a lungo termine oltre
a sviluppare proposte per la gestione dei servizi
forniti da GMES. Un compito che avrebbe coinvolto non solo la Commissione ma anche altre
istituzioni e organismi dell’UE, gli Stati membri
e organizzazioni intergovernative come ASE,
EUMETSAT e il Centro satellitare europeo.
Il Direttore generale dell’ASE, Jean-Jacques Dordain con Valérie Pécresse, Ministro francese dell’università e della ricerca,
alla riunione del Consiglio spaziale tenuta a Bruxelles il 22 maggio 2007 (immagine: ASE - S. Corvaja)
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Lo stesso anno vide un più attivo coinvolgimento in GMES dell’Agenzia Europea
dell’Ambiente (EEA), che nasceva non solo dalla crescente consapevolezza, da parte dell’EEA,
del potenziale contributo ambientale di GMES,
ma anche dalla reciproca consapevolezza del
fatto che il valore dell’EEA come partner per
l’ambito terrestre poteva essere pari a quello
dell’ASE per lo Spazio.
La seconda iniziativa di punta per lo Spazio
in Europa
Nel maggio 2007 venne adottata la
Comunicazione sulla Politica spaziale europea,
e il quarto Consiglio spaziale, in una sua risoluzione riconobbe GMES come una delle due
iniziative di punta per lo Spazio in Europa.
E questo ci porta all’oggi. A che punto siamo,
con GMES? Dalla prima proposta, formulata nel
maggio 1998 ad un incontro di un gruppo di leader della comunità spaziale, GMES è cresciuto
fino a diventare uno sforzo onnicomprensivo di
monitoraggio ambientale da parte di UE, ASE,
Eumetsat, EEA e Stati membri associati. Una
serie di parti costitutive, a diversi livelli evolutivi,
è già stata messa in opera, ma bisogna ancora
assemblare questi componenti per completare
l’architettura definitiva di GMES.
Il compito primario è assicurare la sostenibilità
a lungo termine. Ciò non significa soltanto finanziamenti, anche se questi sono basilari, ma
anche un modello di governance e una burocrazia centrale ad esso associata. Fino ad oggi,
i finanziamenti stanziati per GMES dall’ASE e
dall’UE sono venuti in larga misura dai programmi di Ricerca e Sviluppo, ma un GMES
autonomo e operativo richiederà finanziamenti
indipendenti.
La questione della governance va in realtà al
di là della semplice adozione di un modello,
per quanto ben definito questo possa essere in
termini tecnici, giuridici o politici. Governance
implica una comunità pronta ad agire unitariamente, a condividere risorse, ad accettare
norme e una visione comuni. Se la comunità
GMES non si è ancora del tutto costituita, essa
è però sufficientemente sviluppata perché venga discusso e definito il suo modello generale
di governance, e con una certa urgenza.
Con l’imminente invito alla presentazione di
nuovi progetti di ricerca del luglio 2008 e il dispiegamento dei servizi operativi dimostrativi
a settembre, è chiaramente giunto il momento
non solo di consolidare la comunità che si è già
costituita ma di cominciare a rivolgersi alla più
vasta comunità degli utenti e degli innovatori
che creeranno la domanda e alimenteranno
l’offerta nel futuro mercato di GMES.
Quale politica dei dati per GMES?
A tal fine, è necessario mettere in atto una
coerente Politica dei dati GMES. La libera e
gratuita disponibilità dei dati per tutti è soltanto un sogno.
Qualcuno, ogni volta, deve pagarli.
Parallelamente a quella dei costi, vi è la questione della proprietà. I dati, grezzi ed elaborati,
sono proprietà intellettuale del loro autore.
Applicando il principio del valore aggiunto, i
dati elaborati sono di proprietà di chi ne effettua il trattamento, ed è a questi che spetta
decidere quali diritti legali di accesso mantenere per sé o cedere agli acquirenti. Per i dati
grezzi provenienti da strutture pubbliche, però,
si potrebbe sostenere l’appartenenza al dominio pubblico, ma la situazione relativa ai dati è
meno semplice di quella che riguarda i costi.
I dati infatti hanno senso. Una volta elaborati,
i dati diventano informazioni, la cui rivelazione potrebbe minacciare la sicurezza a livello
paneuropeo o nazionale. Potranno esservi questioni di riservatezza commerciale o persino di
protezione di dati personali.
Per creare un mercato e far crescere una prospera comunità d’affari, i modelli adottati nel
quadro della politica dei dati per rilevare e imputare i costi, e le regole che definiscono i diritti
di accesso, devono essere chiari, privi di ambiguità e coerentemente applicati. L’obiettivo dei
servizi GMES dovrebbe essere quello di avere
costi accessibili ed essere disponibili per tutti.
Nel sottolineare l’avanzata delle tecnologie e
delle competenze, e il rispetto per l’ambiente, il
Manifesto di Baveno precorreva l’agenda avanzata dal Consiglio europeo a Lisbona nel marzo
del 2000, di fare dell’UE “l’economia fondata
sulla conoscenza più dinamica e competitiva
del mondo, in grado di conseguire una crescita
economica sostenibile con nuovi e migliori posti
di lavoro e una maggiore coesione sociale, nel
rispetto dell’ambiente entro il 2010”. Sembra
proprio che questo gigantesco progetto si stia
muovendo nella direzione giusta.
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