LA TRASFORMAZIONE DI UNA SOCIETÀ SEMPLICE IN UN “TRUST”

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LA TRASFORMAZIONE DI UNA SOCIETÀ SEMPLICE IN UN “TRUST”
N. 6 del 13 febbraio 2014
IMPOSTE SUI REDDITI: LA TRASFORMAZIONE DI UNA SOCIETÀ SEMPLICE IN UN “TRUST” NON
COMMERCIALE
La trasformazione di una società semplice in un “trust” non commerciale è un’operazione possibile e non
suscettibile di generare presupposti impositivi in relazione alle eventuali plusvalenze latenti sui beni della società
medesima?
Quesito:
Una società semplice, i cui unici soci sono due coniugi titolari ciascuno di una partecipazione pari al 50%,
possiede un patrimonio costituito da partecipazioni ed immobili, alcuni dei quali concessi in locazione a
terzi. I soci, non ritenendo più idonea la forma giuridica della società semplice per la gestione di tali beni,
hanno intenzione di procedere alla costituzione di un “trust” non commerciale che consentirebbe una
maggiore flessibilità di gestione, la segregazione del patrimonio, minori costi di gestione e minori oneri nel
disciplinare l'eventuale successione dei figli nella gestione dei beni della società.
Si chiede se per la costituzione del trust non commerciale sia possibile evitare lo scioglimento della società
senza sottoporla alla procedura di liquidazione, ma sia sufficiente deliberare la trasformazione della stessa
in tale nuovo soggetto. I soci, tra l’altro, hanno interesse a mantenere i rapporti attualmente in essere e,
quindi, di evitare la liquidazione, poiché la società semplice ha stipulato (in qualità di locatore) diversi
contratti di affitto ed ha conferito un mandato a vendere per un immobile di sua proprietà.
Si chiede inoltre se, ai fini delle imposte sui redditi, la trasformazione della società in “trust”
non commerciale sia suscettibile di generare presupposti impositivi, in capo alla società o ai soci, in
relazione alle eventuali plusvalenze latenti sui beni della società medesima.
Risposta:
L’art. 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 include i “trust” tra i soggetti passivi Ires,
assimilandoli agli enti non commerciali o agli enti commerciali in dipendenza dell’attività esercitata, ovvero
agli enti non residenti, se hanno residenza fiscale all'estero.
In tal modo viene riconosciuta al trust un’autonoma soggettività tributaria estendendo ad esso l’imposta
tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.
Si individuano due principali tipologie di trust:
i trust senza beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust
medesimo (c.d. “trust opachi”);
i trust con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai
beneficiari stessi (c.d. “trust trasparenti”).
È tuttavia possibile che un trust sia, nel contempo, opaco e trasparente (c.d. “trust misto”).
Con riferimento all’operazione di cui trattasi, si osserva che l’art. 2498 del codice civile prevede che con la
trasformazione, l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche
processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione.
In tale contesto, la trasformazione non si traduce nell'estinzione di un soggetto (tramite scioglimento o
liquidazione della società o dell’ente) e nella conseguente creazione di un altro soggetto in luogo di quello
precedente, ma si configura come una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo
soggetto.
Considerato che l’art. 2498 c.c. opera un generico riferimento agli “enti”, a nostro avviso,
sotto il profilo civilistico, le ipotesi di trasformazione previste dai successivi articoli del codice civile non
sono da ritenersi tassative, ma piuttosto meramente esemplificative, in quanto espressione di un principio
generale applicabile, in via analogica, anche ad altri casi - compreso quello in esame - per i quali non vi sia
un espresso divieto.
Stabilito quanto sopra, in merito al trattamento applicabile ai fini delle imposte sui redditi, si rileva che, in
base all’art. 170 del T.U.I.R, la trasformazione di una società di capitali in una società di persone e
viceversa (trasformazione “omogenea”) costituisce, in linea di principio, un'operazione fiscalmente
“neutra”, vale a dire dalla stessa non emergono plusvalori imponibili in capo alla società trasformanda o in
capo ai soci.
Le trasformazioni omogenee sono quelle che comportano il cambiamento della veste giuridica della
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società la quale mantiene, comunque, la natura di soggetto esercente attività d’impresa.
Analogamente, nella fattispecie in esame, la trasformazione determina il cambiamento della veste
giuridica della società in questione, ma non la sua natura di soggetto non esercente attività d’impresa, in
quanto il trust continuerà a svolgere la medesima attività non commerciale.
Sotto questo profilo, quindi, anche in questo caso, l’operazione si presenta fiscalmente “neutra” in quanto
l’attività ed i beni non vengono sottratti al loro regime fiscale originario.
L’art.171 del T.U.I.R disciplina, invece, le operazioni di trasformazione “eterogenea” ed, in particolare, al
comma 1 prevede che in caso di trasformazione di una società soggetta ad Ires in ente non commerciale, i
beni della società si considerano realizzati in base al valore normale, salvo che non siano confluiti
nell'azienda o complesso aziendale dell'ente stesso.
Si tratta dell’ipotesi di trasformazione eterogenea c.d. “decommercializzante” per la quale è previsto che
se i beni della società non confluiscono nell'attività d’impresa (necessariamente non prevalente) del
soggetto risultante dalla trasformazione (ente), gli stessi, non entrando nell’ambito della sfera
commerciale di quest’ultimo, si considerano fiscalmente realizzati al valore normale in forza degli articoli
85, comma 2, e 86, comma 1, lettera c), del T.U.I.R,
a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.
Qualora, invece, i beni confluiscono nella sfera commerciale (non prevalente) dell’ente senza scopo di
lucro, l'operazione sarà fiscalmente neutrale, poiché non si verifica la fuoriuscita dei beni stessi dall’attività
d’impresa.
Il successivo comma 2, del citato art. 171 del T.U.I.R, dispone, sempre nell’ambito della trasformazione
eterogenea, che la trasformazione di un ente non commerciale in società soggetta ad Ires si considera
conferimento limitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell'azienda o complesso aziendale
dell'ente stesso.
Tale trasformazione eterogenea (c.d.”commercializzante”) da soggetto che non svolge attività
commerciale in via prevalente ad altro soggetto che, invece, svolge attività di impresa, viene
equiparata dal legislatore fiscale ad un conferimento, in quanto i beni assumono la qualifica di “beni
relativi all'impresa”, fatti salvi quelli già inclusi nella sfera commerciale dell'ente oggetto di trasformazione.
Appare evidente, pertanto, agli effetti delle imposte sui redditi, che nell’ambito della trasformazione
eterogenea, sia la trasformazione “decommercializzante” che quella “commercializzante” sono da
considerarsi operazioni realizzative.
Ciò che rileva ai fini dell'imposizione diretta, infatti, è il mutamento dell'attività da non commerciale a
commerciale e viceversa, ossia l'ingresso o la fuoriuscita dei beni dal regime
di impresa.
Alla luce del principio sopra enunciato e sulla base di una lettura logico/sistematica
dei citati articoli 170 e 171 del T.U.I.R. - anche se il legislatore fiscale non ha dettato una espressa
disciplina in merito alla trasformazione di un soggetto che svolge attività non commerciale per definizione
(società semplice) in un soggetto che continua a svolgere esclusivamente attività non commerciale (trust
non commerciale) - si perviene alla conclusione che la trasformazione in esame non può considerarsi
fiscalmente “realizzativa” e, di conseguenza, tale operazione è inidonea a generare alcun presupposto
impositivo in relazione alle eventuali plusvalenze latenti sui beni della società.
Eleuterio Lancia
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