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Materiali on line suddivisi per moduli e unità
MODULO 1 UNITÀ 1 Cognome: Anfiteatro, Nome: Flavio, ma tutti lo chiamano “Colosseo”
(attività)
MODULO 1 UNITÀ 2 Federico II, “Stupor Mundi” (lettura e attività)
MODULO 3UNITÀ 2 Il ’600 Un secolo di trasformazioni – Galileo Galilei (lettura e attività)
MODULO 4UNITÀ 1 “Il gatto nero” di Edgar Allan Poe (lettura e attività)
MODULO 4UNITÀ 2 Dalla commedia dell’arte al teatro di Goldoni (lettura e attività)
MODULO 4UNITÀ 2 Le maschere italiane (lettura e attività)
MODULO 8UNITÀ 1 La lettera più famosa del cinema italiano “Totò, Peppino e la malafemmina” (lettura e attività)
MODULO 8UNITÀ 1 Cinecittà: la Hollywood sul Tevere (lettura e attività)
Soluzioni
1
MODULO 1 UNITÀ 1Attività
Cognome: Anfiteatro, Nome: Flavio, ma tutti lo chiamano “Colosseo”
1. In coppia. Fate una ricerca su internet e trovate le informazioni utili a completare la scheda.
Origine del nome
Colosseo: ……………………………………………..…………………………………..…..
Anfiteatro Flavio: ……..………………………………..………………………..................
Periodo della costruzione: ...………………………………………………..……………….………
Principale materiale usato per la costruzione: ……………………………...................…………
Imperatore romano che lo ha inaugurato: …………......................................................……
Numeri
Altezza: …………….…………………………………………………………………………
Circonferenza:…………..................………………………………………………………..
Spettatori: ..…………………………….……........…………………………………………
2
MODULO 1 UNITÀ 2 Lettura e Attività
Federico II, “Stupor Mundi”
Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia, nasce
a Jesi nel 1194 e muore nel castello svevo di Fiorentino di Puglia nel 1250.
è uno dei personaggi più affascinanti del medioevo; straordinariamente colto,
parla sei lingue (latino, greco, arabo, italiano, tedesco, francese), stabilisce la
sua capitale a Palermo e grazie a lui in Sicilia fioriscono le lettere attraverso
la poesia della Scuola Siciliana. Gli autori più noti sono lo stesso Federico
II e alcuni funzionari della sua corte tra i quali Pier delle Vigne e Jacopo da
Lentini.
La lingua usata è il volgare meridionale, la scuola contribuisce all’evoluzione
della metrica con il perfezionamento del sonetto. La poesia prodotta dalla
Scuola Siciliana ha una notevole influenza nello sviluppo della letteratura e
della lingua italiana ed è la prima forma di letteratura laica in Italia.
Federico II rivolge inoltre la sua grande curiosità verso la filosofia, l’astrologia, la matematica, l’algebra, la medicina e le scienze naturali. La sua opera letteraria più conosciuta è il De arte venandi cum
avibus, un trattato sulla caccia con il falcone basato sull’osservazione dei metodi di allevamento, di
addestramento e di caccia.
Nel 1224 istituisce a Napoli la prima Università statale e laica dell’Occidente che ancora oggi porta il
suo nome. I suoi contemporanei lo definiscono “Stupor Mundi”, (Meraviglia del Mondo).
1. Completa la mappa concettuale con le notizie mancanti.
diventa
FEDERICO II DI SVEZIA
imperatore del ................
Re di .............................
a................., nel ..............
i poeti della sua corte sono
scrive il
nasce
sceglie come capitale
I suoi .................................
tra i quali............................
.........................................
........... in ............
è definito
muore
..................................
..................................
a..........................
nel ......................
3
MODULO 3 UNITÀ 2
Lettura e Attività
IL ’600 UN SECOLO DI TRASFORMAZIONI
La fine del Rinascimento in Italia coincide con la decadenza politica ed economica seguita alla
perdita dell’indipendenza da parte degli stati della penisola (molti dei quali cadono sotto il dominio spagnolo) e allo spostamento dei commerci dal Mediterraneo all’Atlantico. I mercanti e
i banchieri italiani, lentamente, lasciano il posto ai concorrenti dei paesi dell’Europa del nord,
soprattutto inglesi e olandesi.
L’arte e la letteratura
Il ’600 nell’arte e nella letteratura presenta forti differenze
rispetto al ’500, gli artisti seicenteschi prestano più attenzione alla forma che al contenuto. L’arte di questo secolo,
in tutte le sue espressioni (architettura, pittura, musica,
letteratura), viene definita Barocco, la caratteristica principale di questo periodo artistico è appunto l’importanza
che viene data alla forma che deve stupire chi osserva
l’opera d’arte.
Il seicento è considerato anche il secolo della scienza; Keplero pubblica le sue opere di astronomia
e Galileo dà impulso al metodo sperimentale ponendo le basi della scienza moderna. Anche lo
studio della geografia subisce forti innovazioni grazie alla grande quantità di informazioni fornite
dalle esplorazioni geografiche. Nel campo della medicina si fanno scoperte importanti come
quelle sul funzionamento della circolazione del sangue.
Galileo Galilei nasce a Pisa nel 1564 e muore ad Arcetri nel 1642. Fisico, filosofo, astronomo e matematico, è considerato il padre della scienza
moderna per aver introdotto il metodo sperimentale nell’analisi dei fenomeni naturali. Ha effettuato importanti scoperte astronomiche con l’aiuto
del telescopio da lui stesso perfezionato. Galilei è stato processato dal
tribunale dell’Inquisizione, costretto a ritrattare le sue idee e condannato
al carcere a vita, pena sostituita con la libertà vigilata data la sua età e i
suoi problemi di salute. Tra le sue opere più importanti: “Dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo” e “Il Saggiatore”. Il cannocchiale galileiano
Galileo non ha inventato il cannocchiale, ideato in Olanda, ma lo ha perfezionato e utilizzato per
esplorare il cielo. Il cannocchiale galileiano era composto da due lenti, una piano-concava e una
piano-convessa. I migliori esemplari che ha costruito potevano dare un ingrandimento di circa
30 volte. Aveva un campo visivo molto stretto perciò Galileo non riusciva a inquadrare la luna
per intero ma solo una sua parte.
4
Oltre a perfezionare continuamente la qualità delle lenti, Galileo ha creato accessori importanti
per il cannocchiale: il diaframma (per eliminare la luce abbagliante che circonda i pianeti), il
micrometro (per misurare le distanze tra i corpi celesti) e l’eliostato (per osservare il disco solare
proiettandolo su uno schermo in modo da evitare danni alla vista).
Il microscopio galileiano
Nel 1624 Galileo costruisce quello che chiamerà occhialino e che serve per ingrandire le cose
più piccole: era il primo modello del moderno microscopio. Nei decenni successivi il microscopio
contribuisce a una totale rivoluzione nelle scienze della vita, soprattutto nell’anatomia e nell’analisi
delle strutture cellulari.
Le scoperte celesti
Nel 1609 Galileo inizia a esplorare il cielo col cannocchiale. Ed anche se il potere di ingrandimento
è molto basso riesce comunque a osservare fenomeni che nessuno aveva mai visto prima, come
la superficie lunare, molto diversa dalla sfera liscia e senza rilievi che si vedeva a occhio nudo.
Galileo seguiva la teoria eliocentrica di Copernico, l’astronomo vissuto tra la seconda metà del
’400 e la prima metà del ‘500, secondo il quale è il Sole e non la Terra a occupare la posizione
centrale nell’Universo. Con le sue osservazioni astronomiche, Galileo trova continue conferme
all’eliocentrismo.
1. Indica con una X l’alternativa corretta.
1. L’arte del ’600 prende il nome di
 Rinascimento
2. L’arte del ’600 dà più importanza
 alla forma
3. La geografia fa passi avanti grazie  al metodo sperimentale  Barocco
 al contenuto
 alle scoperte geografiche
2. Rispondi alle domande.
1. Perché il ’600 è considerato anche il secolo delle scienze?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………….…………………………………………………………
………....……………………………….…………………………………………………………..…
2. In quali campi sono stati fondamentali - e lo sono ancora – il cannocchiale e il microscopio?
…………………………………………………………………………….………………………………
……………………………………………………………………..……………………………………
…………………..……………………………………………………………………………..……...
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MODULO 4 UNITÀ 1
Lettura e Attività
IL GATTO NERO di Edgar Allan Poe
Il narratore e protagonista del racconto ci spiega, mentre attende di essere giustiziato, il
succedersi dei fatti. Parla della sua grande passione per gli animali condivisa con la moglie,
soprattutto per un enorme gatto nero di nome Pluto. Racconta di quando comincia a bere e
diventa scontroso con tutti, maltratta l’amata moglie e arriva persino ad odiare Pluto. Una sera
il gatto, giocando, gli procura una piccola ferita alla mano e lui, ubriaco fradicio, con un temperino gli toglie un occhio. Passata l’ubriacatura inizia a provare rimorso per ciò che ha fatto
ma, per reazione, ricomincia a bere per dimenticare. In poco tempo si trasforma in una persona
crudele, inizia a fare del male per il solo piacere di farlo fino a quando, una mattina, prende
una corda e impicca Pluto. La stessa notte la casa prende fuoco ma lui e sua moglie riescono
a salvarsi, il giorno dopo sul muro, rimasto ancora in piedi, con terrore, nota il disegno di un
gatto con una corda appesa al collo. Con il tempo, inizia a sentire nostalgia di Pluto e cerca
un altro gatto da coccolare e amare. Una sera, ne incontra uno quasi identico al suo vecchio
amico, con la sola differenza di una macchia bianca sul petto. L’animale lo segue e diventa
l’oggetto delle attenzioni sue e di sua moglie. Ben presto però l’amore lascia di nuovo il posto
all’odio per il nuovo arrivato e, quando si accorge che anche questo gatto ha un solo occhio,
inizia a pensare di eliminarlo, frenato però dal terrore che prova per “la bestia”, soprattutto
da quando si è accorto che la macchia bianca sul petto raffigura una forca, lo strumento che
aveva usato per uccidere Pluto. Un giorno marito e moglie, per necessità domestiche, devono
scendere nello scantinato…
(...) Un giorno lei mi accompagna per necessità domestiche nella cantina del vecchio edificio
dove la nostra povertà ci costringeva ora ad abitare. Il gatto naturalmente mi aveva seguito giù
per i ripidi scalini e avendo io evitato per vero miracolo di cadere lungo disteso per causa sua,
mi aveva esasperato sino alla follia. Sollevo una scure e, dimenticando nella mia collera il terrore
infantile che sino a quel momento mi aveva trattenuto la mano, indirizzo contro l’animale un
colpo che certo lo poteva uccidere all’istante se fosse arrivato come avrei voluto. Ma il colpo viene
fermato dalla mano di mia moglie. Infuriato, libero il mio braccio dalla sua stretta e le affondo la
scure nel cervello. Lei cade morta stecchita senza emettere un gemito. Appena compiuto questo
odioso crimine, comincio immediatamente e con fredda deliberazione a pensare a come e dove
nascondere il cadavere. Sapevo che non mi era possibile rimuoverlo dalla casa né di giorno né di
notte senza correre il rischio di essere notato dai vicini. Formulo nella mia mente molti progetti.
All’inizio penso di tagliare il cadavere in pezzi minuti e di distruggerli nel fuoco. In un secondo
tempo decido di scavare una fossa nel pavimento della cantina. Poi di gettarlo nel pozzo del
cortile oppure di metterlo dentro una scatola come se fosse della merce e ordinare al portiere di
portarlo via da casa. Infine metto in atto la soluzione che mi sembra migliore. Decido di murarlo
nella cantina stessa come si racconta che facevano i monaci medievali con le proprie vittime. La
cantina era adattissima a uno scopo come il mio. Le sue pareti non rifinite erano state intonacate
con cemento grossolano a cui l’umidità aveva impedito d’indurirsi. Inoltre, in una delle pareti
c’era una sporgenza provocata da un falso camino che era stata riempita e trasformata in modo
da somigliare al resto dello scantinato. [...] Con l’aiuto di una sbarra di ferro sposto facilmente i
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mattoni e dopo avere accuratamente messo il cadavere contro la parete interna, lo sistemo ben
bene in quella posizione mentre via via riaccomodo senza fatica l’intera opera muraria così come
era stata originariamente costruita. Mi ero procurato con tutte le possibili cautele della calce e
della sabbia, avevo preparato l’intonaco in modo che non era assolutamente possibile distinguerlo
dal vecchio. Quando finisco mi accorgo con soddisfazione di aver compiuto un buon lavoro. Il
muro non sembrava essere stato minimamente manomesso. Spazzo con attenzione il pavimento
dai rifiuti, mi guardo attorno trionfante e dico a me stesso: «Meno male! Le mie fatiche non sono
state inutili». Subito dopo il mio primo pensiero è quello di andare in cerca dell’animale che era
stata la causa della disgrazia poiché ero ormai fermamente deciso a ucciderlo, ma l’astuta bestia,
spaventata dalla mia collera, si guardava bene dal comparire davanti a me. Mi è impossibile
descrivere o fare immaginare al lettore il senso profondo, l’enorme felicità, provocata dal sollievo
nel constatare la scomparsa dell’odiata creatura. Per tutta quella notte non si fa vedere e così,
per una notte almeno, da quando il gatto si era introdotto nella mia casa, riesco a dormire di
un sonno profondo e pacifico; sì, dormo, nonostante il peso del delitto che mi opprime l’anima!
Passa il secondo giorno, passa il terzo ma il mio tormentatore non ricompare. Torno a respirare
come un uomo libero. Certo il mostro spaventato era fuggito dalla mia casa per sempre! Non lo
vedrò più! La mia felicità è al colmo! Non sento quasi la colpa del mio orrendo crimine. Mi avevano fatto alcune domande ma avevo saputo rispondere a tutte in modo soddisfacente. Avevano
persino aperto un’inchiesta ma naturalmente nessuno aveva scoperto nulla. Ero certo di avere
ormai assicurato un avvenire tranquillo e sereno. Il quarto giorno successivo all’assassinio entra
però inaspettatamente in casa mia una squadra di poliziotti che procede a un rigoroso esame
dei locali. Sicuro però dell’inaccessibilità del mio nascondiglio non provo alcun imbarazzo. I
funzionari di polizia mi pregano di accompagnarli nella loro perquisizione. Ogni angolo, ogni ripostiglio è attentamente esplorato. Infine scendiamo in cantina, per la terza o quarta volta. Non
uno solo dei miei muscoli trema. Il mio cuore batte calmo, come batte a chi dorme nel sonno
dell’innocenza. Percorro la cantina da un capo all’altro tenendo le braccia incrociate sul petto
e aggirandomi di qua e di là con disinvoltura. I poliziotti si dichiarano soddisfatti e stanno per
andarsene. L’esultanza del mio cuore è talmente intensa che non riesco a trattenerla. Brucio dalla
voglia di dire ancora una parola sola per rafforzare il mio trionfo e rassicurarli definitivamente
della mia innocenza. - Signori- dico infine, mentre già stanno salendo i gradini- sono lieto di aver
calmato i vostri sospetti. Vi auguro buona salute e vi porgo i miei omaggi. A proposito signori
questa... Questa è una casa costruita meravigliosamente bene. - (Nella voglia matta di apparire
disinvolto quasi non mi rendo conto di ciò che dico). - Posso dire anzi che è una casa costruita
in maniera eccellente. Queste pareti, … ve ne state già andando signori? Queste pareti, guardate
come sono solide! - E a questo punto in una vera frenesia di sfida colpisco pesantemente con
la mazza che tenevo in mano proprio su quella parte di muro dietro alla quale avevo nascosto il
cadavere di mia moglie che avevo tanto amato. Ma che Iddio mi protegga e mi liberi dagli artigli
del demonio! Non appena gli echi dei miei colpi si spengono nel silenzio, ecco che una voce
risponde dalla segreta tomba! Un pianto all’inizio soffocato e interrotto, come il singhiozzare di
un bambino, che rapidamente cresce fino a divenire un unico, lungo, alto, continuo urlo strano
e inumano, un ululato, un grido lancinante che sembra uscire dal fondo dell’inferno per metà di
orrore e per metà di trionfo. Dei miei pensieri in quel momento è follia parlare. Sentendomi venir
meno arretro, barcollando, verso la parete opposta. Per un attimo i poliziotti giunti già in cima alle
scale rimangono immobili, raggelati dall’orrore e da una specie di angosciante paura. Un attimo
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dopo, dodici braccia robuste, si danno da fare attorno alla parete. Questa cade di colpo in tutta
la sua massa. Il cadavere, già quasi interamente decomposto e chiazzato di sangue rappreso,
appare eretto dinanzi agli occhi degli agenti. Sul suo capo, con la sua rossa bocca spalancata e
l’unico occhio di fiamma siede lo spaventoso animale, la cui malvagità mi aveva indotto al delitto
e la cui voce rivelatrice mi aveva consegnato al boia.
Avevo murato il mostro dentro la tomba!
(testo adattato)
1. Indica con una X se l’affermazione è vera o falsa.
1.
2.
3.
4.
Pluto ferisce il protagonista a una mano
Il protagonista, disperato e pentito, dà fuoco alla casa
Sul muro è rimasto impresso il disegno di una forca
Il nuovo gatto è perfettamente identico a Pluto
V
F
 
 




2. Ricostruisci la giusta sequenza delle azioni del protagonista numerando da 1 a 8.
[
[
[
[
[
[
[
[
]
]
]
]
]
]
]
]
Riesce a dormire tutta la notte
Con una sbarra scosta i mattoni
Sente il pianto del gatto
Scende con la polizia in cantina
Pensa a come occultare il cadavere
Nota una sporgenza nel muro
Comincia a cercare il gatto
Colpisce il muro con una mazza
3. Indica con una X l’alternativa corretta.
1. Il protagonista e sua moglie abitano
 in uno scantinato
2. L’uomo uccide la moglie 8
 perché la odia
 in un vecchio palazzo
 per errore
MODULO 4 UNITÀ 2
Lettura e Attività
IL TEATRO NEL XVIII SECOLO: DALLA COMMEDIA DELL’ARTE AL TEATRO DI GOLDONI
Nel 1700 il teatro era molto popolare e le rappresentazioni erano costituite soprattutto da opere
della commedia dell’arte, basata sulla recitazione a soggetto o improvvisata. In genere si trattava
di commedie in 3 atti, recitate da comici professionisti riuniti in compagnie girovaghe dirette da
un capocomico che, spesso, era anche l’autore di semplici trame, i canovacci, sui quali poi gli
attori improvvisavano scene e dialoghi. I personaggi erano maschere che rappresentavano delle
tipologie comiche (personaggi fissi) con elementi distintivi, somatici o psicologici, ben precisi,
indossavano un costume che li rendeva immediatamente riconoscibili al pubblico, anche se
interpretati da attori diversi in commedie diverse. Ogni maschera era legata ad una particolare
città o regione: Arlecchino di Bergamo, Gianduia di Torino, Pulcinella di Napoli, Pantalone di
Venezia, ecc. Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707 e muore nel 1793 a Parigi.
Come scrittore di commedie inizia una vera e propria riforma del
teatro con la quale interrompe la lunga tradizione di recitazione «a
soggetto» tipica della Commedia dell’arte. Costruisce intrecci narrativi articolati e credibili e scrive copioni per gli attori in cui riporta
per intero i dialoghi dei personaggi per i quali studia e delinea a
fondo i singoli caratteri. Fa da sfondo al teatro goldoniano l’ambiente veneziano con i suoi personaggi tipici che parlano in veneto. Le
sue commedie hanno avuto subito un grande successo di pubblico
e ancora oggi sono tra le più rappresentate. Tra le più famose: “Il
servitore di due padroni”, «La locandiera», ”I rusteghi”, “Le smanie
per la villeggiatura”.
1. Completa con le informazioni mancanti.
Commedia dell’arte
Teatro di Goldoni
L’autore scriveva dei ………………..
L’autore scriveva intrecci ………..........…....
poi gli attori improvvisavano
…………………. Gli attori recitavano
i ……………….. direttamente sulla scena. usando un ………………….......................
I personaggi si rifacevano a tipologie,
I personaggi avevano un ………….......…...
fisse, le cosiddette ……………...
ben delineato ed erano tipici dell’…….........
…………………….. 9
MODULO 4 UNITÀ 2
Lettura e Attività
LE MASCHERE ITALIANE
L’usanza di mascherarsi esisteva già presso gli antichi romani, nel Medioevo si rafforza e si diffonde poi in occasione di feste particolari (come il Carnevale).
Le maschere raggiungono con la Commedia dell’Arte una precisa tipizzazione (ad ogni maschera
corrisponde un tipo particolare di personaggio).
Arlecchino (Bergamo) - Il suo vestito è formato da tanti pezzi di stoffa di diversi colori,
indossa una maschera nera e porta un bastone di legno. È astuto, a volte coraggioso
ma molto pigro. è il tipico servo furbo ed adulatore, a volte sciocco, gran chiacchierone.
Il nome deriva forse da Hellequin, diavolo comico nelle rappresentazioni medioevali
francesi. Meneghino (Milano) - Ha un tricorno marrone, la parrucca con il codino, una giacca
marrone, calzoni verdi corti e le calze a righe rosse e bianche. Il nome è il diminutivo
di Domenico («Domeneghin»). Rappresenta il tipico popolano milanese, con le sue
virtù e con i suoi difetti. Il suo nome è sinonimo di milanese.
Brighella (Bergamo) – Ha un vestito bianco, con dei fregi verdi, indossa una maschera
nera. Rappresenta il servo furbo, in grado di cavarsela nelle situazioni più complicate,
è sempre in cerca di avventure ed è sempre pronto ad attaccare briga, cioè a litigare
con qualcuno (da ciò il suo nome). Spesso fa coppia con Arlecchino. Capitan Spaventa (Liguria) – Indossa un vestito a strisce colorate e un largo cappello
adornato di piume. È armato di una lunghissima spada che trascina rumorosamente.
Porta lunghi baffi sotto un enorme naso. Rappresenta una caricatura degli ufficiali
seicenteschi e di tutti coloro che si vantano per imprese militari mai compiute. È il
tipo che combatte più con la lingua che con la spada.
Gianduia (Torino) - Porta in testa un tricorno e una parrucca con il codino. Indossa
una giacca color marrone bordata di rosso, un panciotto giallo e calze rosse. Rappresenta il tipo del popolano pieno di buon senso, ama il buon vino e l’allegria ed
è molto intelligente e ironico. Ha dato il nome a un cioccolatino tipico di Torino, il
gianduiotto.
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Pantalone (Venezia) - Indossa un abito rosso, un lungo mantello nero, calze rosse
e un berretto nero. Porta una maschera con un lungo naso ricurvo e una barbetta
a pizzetto. Rappresenta il mercante ricco, avaro, brontolone e testardo. È spesso
vittima dei raggiri dei suoi servi e delle donne che corteggia. Famosa è la sua frase:
“E io pago!”.
Colombina (Venezia) – Indossa il tipico vestito delle “servette”. Ha un carattere allegro
e furbo, le sue battute sono pungenti e maliziose, le piace molto parlare e prendere
in giro le persone. Fa ingelosire Arlecchino che è molto innamorato di lei.
Dott. Balanzone (Bologna) - Indossa la toga nera con un collare bianco alla moda
spagnola del ’600, porta un cappello nero a falde larghe. Rappresenta l’avvocato
pedante e noioso, parla in dialetto e nelle sue arringhe usa paroloni e citazioni latine
che puntualmente sbaglia declamandole però con la massima serietà.
Pulcinella (Napoli) – Indossa un camiciotto ed ampi calzoni bianchi e un berretto dello
stesso colore, porta una maschera nera solcata di rughe che gli copre metà viso. È
un personaggio che presenta molteplici caratteristiche, è insieme buono ma egoista,
è malinconico ma ama cantare e prendere la vita con filosofia, a volte bastona e a
volte è bastonato. Non sa mantenere un segreto, per questo si usa l’espressione «il
segreto di Pulcinella» per indicare qualcosa di cui tutti sono a conoscenza.
1. Indica con una X l’alternativa corretta.
1. Indossano entrambi maschere sul viso  Meneghino e Pulcinella
 Pantalone e Pulcinella
2. Sono concittadini  Arlecchino e Brighella  Capitan Spaventa e Brighella 2. Rispondi alle domande.
1. Perché, secondo te, Pantalone e il Dottor Balanzone sono maschere tipiche delle loro rispettive città?
In cosa ricordano le loro città? Fai una ricerca su internet per trovare una conferma alle tue ipotesi.
……………………………………………………………………………………..……………………
…………………………………………………..……………………………………………………
2. Nella tua città si usa mascherarsi? Quali sono i personaggi tipici? Quale “maschera” italiana
sceglieresti? Perché?
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MODULO 8 UNITÀ 1
Lettura e Attività
La lettera più famosa del cinema italiano
Totò, Peppino e la malafemmina
Il seguente dialogo è tratto dal film Totò, Peppino e la malafemmina e si riferisce ad una delle scene più famose e tra le più viste del Cinema italiano. Totò
e Peppino scrivono una lettera per la fidanzata del nipote, la malafemmina,
per convincerla a lasciarlo.
La scena è visibile su youtube all’indirizzo: https://www.youtube.com/
watch?v=SzrEfkjdzgw. Dopo averla vista, in coppia, interpretatela!
I protagonisti si trovano in una camera d’albergo, Totò si avvicina al tavolo e invita Peppino a
sedersi e cominciare a scrivere la lettera.
Totò: Giovanotto...carta, calamaio e penna, su avanti scriviamo!...Dunque hai scritto?
Peppino: (si asciuga il sudore) Un momento!
Totò: Comincia, su!
Peppino: (Impacciato e infastidito da Totò che gli mette fretta) Carta, calamaio e penna,… la carta.
Totò: Ooh!!! (finalmente comincia a dettare)... signorina... signorina...
Peppino: (Si guarda intorno) Dove sta?
Totò: Chi?
Peppino: La signorina!
Totò: Quale signorina!?
Peppino: Hai detto signorina?
Totò: è entrata una signorina?
Peppino: E che ne so! (Guardando verso la porta) Avanti!
Totò: Animale! Signorina è l’intestazione autonoma, della lettera ...Ooh! Signorina...
(Peppino getta il foglio e ne prende un altro)
Totò: Non era buona quella «signorina» lì?... Signorina, veniamo, veniamo noi con questa mia
addirvi… (si ferma dubbioso ma poi si convince) veniamo noi con questa mia a dirvi.
Peppino: A dirvi
Totò: Addirvi. Una parola! … Addirvi! Una parola!
Peppino: (non comprende e scrive tutta la frase) A dirvi una parola
Totò: Che...
Peppino: Che!
Totò: Che!
Peppino: Che?
Totò: Che!
Peppino: Uno...quanti?
Totò: Che?
Peppino: Uno che?
Totò: Uno che!
Peppino: Che.
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Totò: Che! Scusate se sono poche.
Peppino: Che...
Totò: Che, scusate se sono poche, ma settecentomila lire, punto e virgola, noi, noi ci fanno specie
che questanno, una parola, questanno c’è stato una grande moria delle vacche, come voi ben
sapete! Punto! Due punti!! Ma si, fai vedere che abbondiamo. Abbondandis in adbondandum.
Questa moneta servono, questa moneta servono, questa moneta servono che voi vi consolate.
Aoh! Scrivi presto!
Peppino: Con insalata.
Totò: Che voi vi consolate!
Peppino: Ah! Avevo capito con l’insalata.
Totò: (fa un gesto spazientito) E non mi far perdere il filo, che ce l’ho tutto qui.
Peppino: Avevo capito con l’insalata.
Totò: Dai dispiacere, dai dispiacere che avreta...che avreta...che avreta (si ferma a riflettere
poi si convince) e già, è femmina, è femminile, che avreta perché... (guarda Peppino con aria
interrogativa) perché?
Peppino: Non so!
Totò: Che è non so?
Peppino: Perché che cosa? (Smette di scrivere e guarda Totò)
Totò: Perché che?? Ooh!! Perché … dai dispiacere che avreta perché … è aggettivo qualificativo,
no?! Perché dovete lasciare nostro nipote, che gli zii che siamo noi, medesimo di persona; (Guarda Peppino che sta asciugandosi il sudore) ma che stai facendo una faticata che ti asciughi il
sudore?... che siamo noi medesimi di persona vi mandano questo (mostra il pacco con i soldi),
perché il giovanotto è studente che studia, che si deve prendere una laura...
Peppino: Laura...
Totò: Laura. Che deve tenere la testa al solito posto, cioè...
Peppino: Cioè...
Totò: Sul collo. Punto, punto e virgola, un punto e un punto e virgola.
Peppino: Troppa roba!
Totò: Lascia fare! Che dicono che noi siamo provinciali, che siamo tirati.
Peppino: Ma è troppo!
Totò: Salutandovi indistintamente...salutandovi indistintamente... sbrigati!!! Salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi che siamo noi... questa, apri una parente … apri una parente e dici
che siamo noi, i fratelli Caponi.
Peppino: Caponi.
Totò: Hai aperto la parente? Chiudila!
Peppino: Ecco fatto.
Totò: Vuoi aggiungere qualcosa?
Peppino: Io, insomma, senza nulla a pretendere, non c’è bisogno....
Totò: In data odierna?
Peppino: Eh, ma poi?
Totò: Ma no, va bene, e poi si capisce.
1. In coppia, sottolineate le parole e le espressioni che ritenete sbagliate e proponete la vostra
forma corretta.
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MODULO 8 UNITÀ 1
Lettura e Attività
Cinecittà: la Hollywood sul Tevere
La città del cinema è stata costruita a
Roma nel 1937, sono migliaia i film nati a
Cinecittà, una cinquantina dei quali hanno
ricevuto l'Oscar. Cinecittà fu costruita durante il regime fascista; Mussolini sosteneva
l'importanza del cinema come strumento di
propaganda per aumentare il consenso del popolo. Durante gli anni cinquanta nasce il mito
della "Hollywood sul Tevere" e Cinecittà
diventa famosa in tutto il mondo con le grandi
produzioni cinematografiche americane: tra
le altre, nel 1951 Quo vadis? e nel 1959 Ben
Hur. Il successo fu dovuto principalmente
alla competitività economica degli studi romani e alla bravura dei dipendenti degli stabilimenti.
Con l’arrivo dei divi del cinema americano anche la società romana degli anni cinquanta, ancora
molto provinciale, sotto l’influsso delle nuove mode arrivate da oltreoceano subisce profondi
cambiamenti: nasce il “divismo”, le grandi feste nei locali romani (soprattutto in Via Veneto), il
fenomeno dei "paparazzi" (i fotografi in cerca di scoop), tutto raccontato nel film del 1960 “La
dolce vita” del regista Federico Fellini. Con l’avvento della televisione e la fine delle produzioni
dei grandi colossal di carattere storico arriva la crisi per Cinecittà. I suoi studi comunque, dagli
anni ’90, sono utilizzati anche per le produzioni di serie televisive (tra le altre “Il Grande fratello”
e “Un medico in famiglia”). Nell’ultimo decennio del ‘900 Cinecittà ha ospitato i set di importanti
film americani. Ancora oggi Cinecittà si estende su un’area di 40 ettari, ha più di 20 teatri di posa
di diverse dimensioni (il teatro 5, molto amato da Fellini, ha un’ampiezza di 40 per 80 metri),
laboratori di sviluppo, stampa e restauro della pellicola cinematografica, laboratori digitali, audio
e per la creazione delle strutture sceniche (falegnameria, carpenteria, laboratorio di scultura, ecc.)
ed è il cuore dell’industria cinematografica italiana.
1. Cerca in internet quali film sono stati girati a Cinecittà dagli anni ’90 a oggi.
Scegline due e compila una scheda riepilogativa per ciascuno.
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