Esperienza mobilità di Sara Campione

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Esperienza mobilità di Sara Campione
Grazie al progetto Comenius che il nostro Istituto ha realizzato negli anni 2007-2009 nell’anno
scolastico 2008-2009 è stato selezionato dall’Agenzia Nazionale dei progetti europei ed ha
ricevuto una sovvenzione per permettere ad uno/a dei suoi alunni/e di passare una parte
dell’anno scolastico (da 3 a 6 mesi) nel liceo francese con cui era stato organizzato il progetto
comenius. A sua volta l’alunna/o avrebbe ricevuto il/la suo/a corrispondente francese e il
nostro Istituto l’avrebbe accolto/a. Abbiamo proposto il progetto ai nostri alunni e selezionato
le candidature con il sostegni dell’associazione Intercultura che seguiva le azioni per conto
dell’Agenzia Nazionale.Il testo che segue è una lettera-resoconto dell’alunna che ha partecipato
all’esperienza.
Esperienza con il progetto “Comenius” - viaggio a Lione
Ormai da qualche anno sono tornata dall’esperienza più bella della mia vita.
La Comunità Europea ha finanziato un progetto chiamato “Comenius”che permette a centinaia di ragazzi
ogni anno di studiare per uno, due, tre o più mesi all’estero durante il periodo scolastico. L’importanza di
questi scambi (già presenti nel territorio da decine di anni, ma solo a pagamento) è che permette di
sviluppare la conoscenza della diversità culturale e linguistica europea e aiuta i giovani ad acquisire delle
competenze in più ai fini di uno sviluppo ed una maturazione personale.
La Comunità Europea si è avvalsa dell’aiuto di associazioni competenti come “AFS Intercultura” che da anni
permette a giovani di diverse fasce d’ età di partire e studiare all’estero senza perdere l’anno scolastico
corrente nel loro paese d’origine.
Intercultura si è preoccupata di scegliere le famiglie d’ accoglienza all‘estero (è presente in più di 50 paesi in
tutto il mondo), ma ha soprattutto cercato di capire chi tra i candidati aveva le qualità giuste per partire per
un’esperienza bellissima ma anche molto dura.
Quando ho fatto il colloquio con i volontari AFS credevo che non mi avrebbero mai presa. Mi ricordo che
quando chiesi ai miei genitori se erano d’accordo alla mia candidatura loro mi dissero:”ma dai provaci, tanto
non è possibile che prendano proprio te!”.(Ehi,che ottimistmo!).
E invece dopo qualche mese rientrando in classe dal bagno mi accorsi che tutti mi guardavano e mi
dicevano: “ti hanno presa Sara!per Lione!” e io non ci credevo, pensavo mi prendessero in giro, e non
sapevo se esserne triste o felice, perché anche io in fondo, avevo paura che mi scegliessero davvero.
Ci pensai un bel po’ su, dissi a mia madre:”mamma, io ho una paura matta e tre mesi sono un’eternità da
sola in un paese sconosciuto, ma so che se non parto me ne pentirò per tutta la mia vita e so che con il
vostro aiuto ce la farò”. La convinsi, ma mio padre non voleva che io partissi davvero. Ormai il gioco era
fatto, se mi ero convinta io, se avevo trovato la forza di partire, avrei potuto trovare anche la forza di
convincere quel testone del mio babbo. E fu proprio così. Non so se ne fosse davvero sicuro, ma ebbe
fiducia in me e disse “ok”.
Prima della partenza (28 agosto 2007) Intercultura organizzò diversi incontri di uno o più giorni con tutti i
ragazzi in partenza quell’anno, per prepararci allo anzi agli shock che avremmo subito e posso garantirvi che
senza quei giorni in apparenza così banali, io non ce l’avrei fatta.
Mi hanno preparata a tutto, mi hanno descritto quei mesi come i più duri della mia vita, ma è stato anche
peggio. Non voglio dire che siano stati dei mesi orribili, ma sicuramente molto molto difficili.
Il giorno della partenza ero felicissima. Dopo qualche turbolenza sull’aereo, ed i primi problemi, io ed i miei
compagni di avventura siamo riusciti ad arrivare a Parigi, dove ci attendeva una fantastica settimana di sola
vacanza. I volontari ci accompagnavano ogni giorno in posti bellissimi e ci hanno fatto scoprire una Parigi
che solo i veri Parigini conoscono. Alla fine di quella che si può definire come una gita scolastica, mi ricordo
che sull’autobus che ci riportava in hotel io dissi agli altri:”ragazzi ma ora non si torna a casa, come dopo un
viaggio con la scuola, il bello deve ancora arrivare!” e loro sgranarono gli occhi terrorizzati come se se lo
fossero appena ricordato.
L’ultima notte partivamo a gruppi per le varie regioni della Francia e per salutare tutti io non dormii per
qualcosa come 31 ore di fila. Quando mi dissero che eravamo arrivati al momento dell’incontro con le
famiglie mi iniziò a far male lo stomaco, nemmeno fosse stato il primo giorno di scuola elementare.
Insomma i primi giorni, anzi le prime settimane in famiglia furono molto dure. Una famiglia nuova, amici
nuovi, una scuola nuova, un sistema, una società, un mondo nuovo, e ti ritrovi come in un universo parallelo
del quale non capisci tante cose, ma hai moltissimo da fare e non hai nemmeno il tempo di farti troppe
domande.
Dopo qualche settimana, qualche chiarimento e moltissimi pianti, riuscii ad abituarmi alla mia “nuova” vita, e
la cosa iniziava pure a piacermi.
A scuola avevo capito come diavolo funzionava l’orario delle lezioni, riuscivo ad arrivare in classe in orario
dato che in Francia sono gli alunni che si spostano al cambio dell’ora e inoltre la ragazza che mi ospitava non
era in classe con me e quindi non poteva aiutarmi più di tanto.
In merito alla lingua i progressi sono stati incredibili. I primi giorni non capivo assolutamente niente, mi
escludevo da qualsiasi conversazione familiare e a scuola i professori dettavano gli appunti così velocemente
che avevo ogni volta bisogno di copiarli da qualcuno.
Dopo le prime settimane riuscivo a scrivere una frase sì e una no, e anche a casa mettevo tre parole insieme
per esprimere la mia opinione nelle discussioni.
Dopo quasi un mese, mi ricordo, ero nella mia stanza, e stavo contando dei fogli per il quadernone e mi
sono sentita dire: “ Un, deux, trois, quatre, …” ehm. Stavo pensando in francese, cioè, ero da sola e stavo
pensando proprio in una lingua che non è la mia lingua madre. E’ stata la cosa più bella che mi potesse
capitare. Io ho sempre amato le lingue e in particolar modo il francese, ma prima di partire non riuscivo a
credere quando i volontari di AFS (che erano partiti a loro volta) mi raccontavano che pensavano, sognavano
e parlavano fra sé e sé in un’altra lingua e quando mi è successo ho provato una sensazione indescrivibile.
Dopo sei settimane (metà del mio percorso) ho dovuto cambiare famiglia. Era una cosa che già sapevo, fin
da prima di partire, ma ho creduto fino all’ultimo che il padre e le mie due “sorelle” avrebbero convinto la
madre ad ospitarmi anche per le restanti sei settimane. Non fù così, e vidi tutto ciò che avevo costruito con
fatica frantumarsi in mille pezzi. Era come se qualcuno avesse preso la mia pedina a metà gioco e l’avesse
rimessa sul “VIA” come a monopoli. Non avevo la forza di affrontare anche questo. La cosa positiva fù che
dopo sei settimane avevo un sacco di amici che mi volevano bene e che erano pronti ad aiutarmi, ma piansi
per un’altra settimana intera. Soprattutto dopo che il mio primo “padre francese” mi disse che per lui ero
come la sua terza figlia. Il settimo giorno, dopo lunghissime telefonate alla mia assistente di AFS, pensai:”ma
diamine!ho sudato così tanto per avere quello che avevo ottenuto, non posso alzare bandiera bianca proprio
ora! E comunque ho solo cambiato famiglia, ma la scuola è la stessa e gli amici anche.”
E allora capii cosa voleva dire l’uomo che mi fece il colloquio quando mi disse che non tutti abbiamo la forza
di affrontare quello che ci aspetta e che io, quella forza ce l’avevo.
Ricominciai a vivere, a divertirmi, diventai una sorta di attrattiva per tutto il liceo, ed era divertente.
In entrambe le famiglie ho avuto dei problemi, di incompatibilità da una parte, di gelosia dall’altra, ma
capisco che anche per loro non deve essere stato affatto facile, e li apprezzo moltissimo per la gentilezza che
hanno avuto nei miei confronti.
Le ultime settimane del mio viaggio, furono un vero spasso, perché ormai ero una del gruppo, una dei “pazzi
di Ampère”(il nome del liceo) come ci definivamo noi. Il francese ormai non aveva più segreti per me, ma
non smettevo di imparare, giorno dopo giorno, parola dopo parola, esperienza dopo esperienza. Una cosa
che mi rattristava moltissimo era sapere che al mio rientro i giorni sarebbero stati quasi “inutili” perché avrei
smesso di imparare, avrei smesso di migliorare il mi francese. Senza nemmeno parlare di quanto mi
sarebbero mancate le mie due famiglie, i miei professori, i miei amici, quella che ormai era la mia vita.
Festeggiamenti, regalini, abbracci e tanta nostalgia, e quei mesi stupendi stavano per finire.
Uno degli ultimi giorni, stavo scherzando con degli amici, e loro ad un certo punto mi hanno detto:”ehi, se
capisci anche le barzellette stupide in francese, sei grande!” ma io sapevo, che non avrei smesso di studiare
quella che ormai era diventata la mia seconda lingua madre, la lingua più bella del mondo.
Da una parte triste, dall’altra felice di ricontrare la mia famiglia italiana, i miei amici italiani, e il mio stupendo
ragazzo italiano che ha vissuto con me l’intera esperienza Lionese.
Mi commuovo ancora a parlarne, forse perché dopo due anni non sono ancora tornata a trovarli, ma felice di
sapere che quest’anno lo farò, tornerò a Lione.
Spero solo che queste poche pagine vi abbiano fatto venire voglia di partire in un viaggio simile, perché lo
consiglierei a tutti e perché io se potessi ripartirei seduta stante!
All’inizio l’ho definita l’esperienza più bella della mia vita. Sì, lo è stata davvero.
Sara Campione