L`eredità di padre Henri Cafarel

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L`eredità di padre Henri Cafarel
Roma, 22 gennaio 2003
L'EREDITA' DI PADRE HENRI CAFFAREL
Di Padre Fleischmann, C.S. ERI.
Introduzione
Padre Caffarel, che è morto il 18 settembre 1996, è nato il 30 luglio 1903. In
quest'anno del centenario della sua nascita, nel quadro del raduno delle Coppie
Responsabili Regionali, accompagnate da numerosi consiglieri spirituali, dobbiamo
prendere coscienza dell'eredità che ci ha lasciato questo sacerdote fuori del comune,
fondatore delle Equipes Notre-Dame.
La mia intenzione non è evidentemente quella di raccontare come un biografo la
vita e le opere di Padre Caffarel. Lo ha già fatto Jean Allemand con competenza e
con talento e sapete indubbiamente che, più di recente, ne ha tratteggiato un bel
profilo spirituale nel volumetto "Prier 15 jours avec Henri Caffarel" (Pregare 15 giorni
con Henri Caffarel).
D'accordo con l'ERI ci è sembrato utile evidenziare alcuni aspetti essenziali di
quel che il Padre Caffarel ha portato alle Equipes con il suo insegnamento e i suoi
numerosi scritti legati alla creazione, all'espansione e all'animazione del Movimento.
Egli stesso, quando ritornava sul passato, aveva cura di trarne lezioni per il futuro. E'
ciò che compete a noi fare in questi primi anni del nuovo millennio, quali responsabili
di un movimento centrato sul matrimonio.
Era necessario operare delle scelte. Prendo in considerazione quattro punti
essenziali sui quali non termineremo mai di riflettere se vogliamo essere fedeli al
"carisma fondatore" delle Equipes e allo stesso tempo farlo vivere in un contesto
spesso differente da quello in cui è vissuta la prima generazione. Rammentiamo che
a Chantilly, parlando nel 1987, quattordici anni dopo aver lasciato la direzione delle
Equipes, Padre Caffarel svolgeva una straordinaria riflessione sul carisma fondatore
e, con grande lucidità, tracciava un bilancio ricco di contrasti, lasciando alla creatività
di coloro che continuavano il cammino il compito di orientare l'avvenire del
Movimento.
La spiritualità della coppia
Verso il 1940, pochi movimenti cristiani ammettevano le coppie in quanto tali. Gli
impegni proposti nella Chiesa si rivolgevano separatamente agli uomini o alle donne,
fino alle messe di comunione! Su richiesta di alcune giovani coppie e con la loro
partecipazione attiva, L'abbé Caffarel individua le basi di una spiritualità delle coppie
di sposi.
La spiritualità era allora correntemente considerata come la specialità dei religiosi,
celibi, mentre il matrimonio era più o meno deprezzato. Si può anche aggiungere che
la sessualità era molto spesso intesa nell'ambiente delle persone piene di fervore
religioso come una specie di concessione inevitabile per la procreazione e per
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soddisfare il desiderio sessuale; il suo significato cristiano non era per nulla
esplorato.
Henri Caffarel afferma che i laici devono "definire bene quali sono i loro mezzi e i
loro metodi, ciò che dovrà costituire la spiritualità del cristiano sposato" (Conferenza
ai Responsabili di Equipe, 1952).
Mi hanno molto interessato gli Editoriali della Lettera delle Equipes dei primi anni.
Nel giugno del 1950, per esempio, Caffarel dà una definizione della spiritualità: "La
spiritualità è la scienza che tratta della vita cristiana e delle vie che conducono alla
sua piena realizzazione". Presto il Padre preciserà che per le coppie che cercano di
costruire la loro spiritualità non si tratta di "evadere dal mondo, ma di imparare in che
modo, sull'esempio di Cristo, servire Dio in tutta la loro vita e in mezzo al mondo".
Egli fa loro scoprire che la spiritualità non si compone soltanto di atteggiamenti come
la preghiera o l'ascesi, ma comporta il servizio di Dio al proprio posto, in famiglia, sul
lavoro, nella città.
Al centro della prospettiva spirituale aperta alle coppie, Caffarel pone la sua
riflessione sull'amore, sugli stretti legami fra l'amore di Dio e l'amore umano. E' una
chiave:
"L'amore umano è il riferimento che ci aiuta a comprendere l'amore divino. Per il
suo potere di fare di due esseri un tutto unico salvaguardando la personalità di
ciascuno, l'amore ci consente di acquisire la conoscenza della misteriosa unione di
Cristo con l'umanità e delle nozze spirituali dell'anima con il suo Dio" ("Propos sur
l'amour et la grâce" [Discorsi sull'amore e la grazia], p.44)
Abbiamo qui un punto centrale: partendo dall'esperienza vissuta dell'amore nella
coppia, si può scoprire l'amore di Dio, la sua fedeltà, il suo desiderio del nostro bene
- nello stesso tempo i coniugi desiderano la felicità l'uno dell'altro, sul piano umano e
sul piano di un pieno sviluppo religioso; senza questa doppia dimensione, il loro
amore resterebbe imperfetto, Caffarel dice persino "mutilato".
Per costruire la spiritualità, Padre Caffarel insiste sul discernimento del vero
obiettivo ricercato nella vita spirituale. In un vigoroso editoriale, da lui intitolato
semplicemente Obiettivo numero uno, egli mostra che, in mezzo ad altri obiettivi,
come l'apprendimento della preghiera o lo studio del pensiero cristiano, ai quali non
si deve rinunciare, è necessario evidenziare l'obiettivo numero uno, "l'UNIONE AL
CRISTO, vale a dire l'imitazione di Cristo a tutte le ore e in tutte le attività della vita
[...]. Ecco l'obiettivo" (Lettera, febbraio 1950)
Siamo al vertice della spiritualità dello stesso san Paolo! L'obiettivo è radicale.
Caffarel non ha mai amato le mezze misure. Attraverso l'esigenza spirituale, intende
"prendere la giusta mira". E' vero che la vita cristiana suppone l'adesione a una
dottrina, la pratica di una morale, la partecipazione a quell'organismo vivente che è il
Corpo mistico; ma "essere cristiano è prima di tutto questo, la comunicazione
dell'uomo con Dio, questa alleanza irrevocabile, questa sottomissione a Cristo, senza
condizioni, ove tutto è messo in comune" (Propos, p.160).
Se ci si chiede dove può prendere consistenza questa alleanza spirituale con
Cristo, Padre Caffarel pone subito al centro della prospettiva l'Eucaristia, avendo
cura di non isolare questo sacramento da altri elementi indispensabili nella vita
cristiana: la coltivazione della fede mediante il contatto abituale con la Parola di Dio,
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la preghiera di meditazione e l'amore vivente ed efficace del prossimo (cf. Lettera di
marzo, 1958).
Padre Caffarel analizza il modo in cui la coppia vive l'Eucaristia. Nel numero "Le
Mariage route vers Dieu" (Il Matrimonio cammino verso Dio) figura un bell'articolo su
"Matrimonio e Eucaristia". A costo di anticipare qualcosa sul mio secondo punto,
occorre fin d'ora tratteggiare la riflessione del Padre su questo argomento.
Egli parte da una meditazione sulle parole di Gesù a Cafarnao: "Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui" (Gv 6,56-57). E prosegue:
"Marito e moglie, voi che mangiate la carne di Cristo, che bevete il suo sangue, che
vivete nella vostra anima e nel vostro corpo la vita di Cristo, che dimorate in lui, e lui
in voi, come non vi amereste di un amore totalmente diverso da quello degli altri
uomini, di un amore risuscitato?"
L'unione tra due esseri si trova ad essere arricchita dalla vita stessa di Cristo che
essi hanno in comune, con una "gioiosa conoscenza del Padre, un germogliare di
amore filiale". In comunione con Cristo, l'amore degli sposi è trasformato dalla grazia
dell'Eucaristia che gli porta "purificazione, novità di vita", e che lo conduce a
desiderare di condividere "l'amore e la gioia di Dio, la santità" (pp. 253-254).
Più profondamente ancora, il Padre dice alla coppia che se Cristo rinnova nella
Messa la sua unica offerta del Calvario, è, lo cito, "perché vuole che il suo sacrificio
penetri fin nelle profondità carnali e spirituali del vostro focolare, al fine di creare in
voi anche uno stato d'animo permanente di offerta al Padre" (p.261). Insomma, come
Cristo vive il suo sacrificio nella Chiesa nella Messa, desidera viverlo nella coppia
che si dispone abitualmente a un vero dono di sé: i due si danno l'uno all'altro e allo
stesso tempo offrono il loro amore a Dio dal quale hanno ricevuto tutto per mezzo di
Cristo.
Padre Caffarel sa collocare con profondità il significato della venuta e della
presenza dei figli nella famiglia. Sono rimasto colpito da queste due frasi rilevate nei
"Propos":
"Il Creatore ha fatto dell'amore il collaboratore insostituibile della sua paternità.
Per amore dell'amore, Dio si è legato le mani: non avrà altra posterità che quella che
gli sarà data dall'unione dell'uomo e della donna". E ancora: "Sposi, riconoscete un
battito del Cuore di Dio in quell'ardente desiderio del figlio che è nel più intimo del
vostro amore" (p.44).
Quindi, la fecondità, la capacità di procreare sono dono di Dio, partecipazione alla
sua paternità. E il desiderio di dare la vita associa inseparabilmente l'amore della
coppia e l'amore di Dio presente nel loro focolare. La procrezione e l'educazione
manifestano, come dice altrove Padre Caffarel, l'agape che i coniugi vivono e che
essi aspirano a comunicare (cf. "Le mariage, route vers Dieu", p.288).
Quando si tratta di educazione, quella spirituale è privilegiata; Padre Caffarel
chiede che nelle famiglie "si formino dei ricercatori di Dio", che abbiano familiarità
con la Bibbia, che preghino insieme, inserendo nella preghiera familiare elementi
della preghiera liturgica della Chiesa.
Un aspetto da non trascurare in quella che Padre Caffarel chiama la vita mistica
della coppia cristiana, è il senso del peccato e del perdono di Dio. Infatti, la
spiritualità della coppia non deve essere idealizzata. Quando sopravvengono le
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opacità tra l'uno e l'altro, le incompatibilità, le diverse forme del male che divide, gli
sposi cristiani devono scoprire di essere peccatori.
I fallimenti dell'amore fanno prendere coscienza del fatto che l'amore stesso ha
bisogno di essere salvato. Caffarel conclude un paragrafo intitolato "Comunità
peccatrice, penitente e perdonata" con queste parole: "Se, ammettendo la penosa
scoperta [di essere peccatori], la loro comunità coniugale diventa infine comunità
penitente nella grande comunità penitente della Chiesa e ricorre al suo Signore di
cui non vuol mettere in dubbio la presenza e la sollecitudine, allora, aprendosi al
perdono, essa rinascerà alla speranza" ("Le Mariage, ce grand Sacrement" [Il
Matrimonio, questo Sacramento grande], pp.332-333).
Il sacramento del matrimonio
La riflessione di Henri Caffarel sul sacramento del matrimonio è una delle vette di
quel che ci lascia in eredità, con una ricerca spirituale che va lontano, ma anche con
la preoccupazione costante di decifrare la realtà della vita coniugale alla luce
dell'unione con Cristo. A Roma, nel 1959, in poche parole dice già l'essenziale:
"Il matrimonio cristiano, sacramentale, non soltanto rappresenta l'unione di amore
tra Cristo e la Chiesa, ma fa partecipare la coppia a questa unione. Intendo dire che,
grazie al sacramento del matrimonio, l'amore che unisce Cristo alla Chiesa è quello
stesso che opera per unire, far vivere, rallegrare lo sposo e la sposa" ("Les Equipes
Notre-Dame, essor et mission des Couples chrétiens" [Le Equipes Notre-Dame,
emanazione e missione delle Coppie cristiane], p.61).
Si devono prendere le distanze da una concezione che veda nel sacramento
soltanto un aiuto di Dio per fortificare o guarire l'amore umano. Sarebbe mettere la
grazia al servizio di una specie di comodità. Questo non impedisce agli sposi cristiani
di sviluppare tutte le qualità umane della loro vita coniugale, perché è nella sua realtà
stessa che la grazia agisce per farli avanzare verso la santità.
Il tema fondamentale, lo sappiamo, è vedere, al seguito di san Paolo, il
matrimonio come strettamente legato all'unione di Cristo e della Chiesa, e già
nell'Antico Testamento delle nozze di Dio con il suo popolo. Caffarel si interroga: "In
che cosail matrimonio evoca l'unione di Cristo e della Chiesa?".
Alla base, il matrimonio è in se stesso mistero di unione, di intimità, dei corpi, delle
intelligenze, dei cuori, delle attività - questo evoca l'unione di Cristo e dei membri del
suo Corpo. Questa unione va fino alla condivisione della sofferenza da parte degli
sposi, poiché la Croce sigilla l'unione totale di Cristo con l'umanità. Il matrimonio è
anche fecondità, irraggiamento del suo amore, a immagine di tutto ciò che il Signore
fa nascere per mezzo della sua carità senza limiti. Infine la gioia avvicina la coppia
cristina alla gloria del suo Signore, la "gioia di un possesso che nulla può spezzare"
(cf. Propos, pp.69-70).
L'esperienza dell'amore consente all'essere umano di contemplare quel segreto di
Dio che sono le nozze del Figlio con l'umanità. Ma vi è di più, cito ancora: "L'ultima
parola di Dio sull'amore umano - quella che possiamo ripetere ma non spiegare:
l'amore consacrato dal matrimonio è destinato a far scorrere nei nostri cuori un po' di
quella carità divina che unisce Cristo alla Chiesa" (ibid., p.71). La conseguenza è che
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la vita della coppia, la sua paternità e l'irraggiamento del suo amore partecipano alla
missione di Cristo e della Chiesa.
Il sacramento del matrimonio esprime l'unione di Cristo e della Chiea, e ciò
prepara la comunicazione di questo mistero nell'Eucaristia, in cui si trova "l'infinito del
dono e la pienezza della vita" (ibid., p.72).
Il campo di azione della grazia sacramentale, dice Padre Caffarel, è l'uomo e la
donna, così come tutto ciò che non è che uno con essi, ciò che li prolunga, figli,
casa... In conclusione, il movimento dell'incarnazione redentrice prosegue
rendendo sacramento "il matrimonio nella sua totalità, in tutta la sua realtà
giuridica, carnale, spirituale [...], a tal punto che l'unione fisica dell'uomo e della
donna fa parte integrante del sacramento. L'intera vita coniugale non soltanto è
guarita, elevata, santificata, ma è fatta santificante" ("Mariage, ce grand Sacrement",
p.315).
Nel medesimo contesto, Henri Caffarel ci mostra che il sacramento del
matrimonio, in cui la presenza attiva di Cristo è così profondamente implicata, è un
elemento essenziale della costruzione della Chiesa. Esso non è istituito
soltanto a beneficio di coloro che lo vivono, ma Cristo prende le coppie che
egli santifica per farne le pietre vive della sua Chiesa. Egli non le ritira dal mondo,
ma comunica loro là dove esse sono la sua grazia che penetra fino alle fondamenta
del loro focolare. Per mezzo del sacramento del matrimonio, le coppie sono rese
partecipi della costruzione del Corpo di Cristo nel cuore stesso della società umana
nella quale sono inserite.
Padre Caffarel, a me sembra, è di coloro che hanno di nuovo divulgato la
concezione tradizionale della coppia consacrata come cellula della Chiesa, "nel
senso di piccola comunità cristiana visibile, in seno alla grande comunità che è la
parrocchia; ma, in modo molto più profondo, nel senso di elemento vivo della grande
società spirituale che è la Chiesa" (ibid., p.317). Questo equivale a dire che la coppia
non è semplicemente una suddivisione della parrocchia o della Chiesa universale,
ma che essa vive in se stessa molto di ciò che caratterizza la Chiesa. Là dove vive
una coppia cristiana, già comincia a vivere la Chiesa.
Padre Caffarel ha esposto le condizioni affinché una riunione di cristiani sia una
Ecclesia. Ne troverete un riassunto nel fascicolo complementre che vi sarà
consegnato. Possiamo apprezzarne una breve sintesi che cito testualmente:
"La piccola Ecclesia è una cellula della Chiesa, Cristo è presente in essa. La
piccola Ecclesia è la sposa di Cristo e dialoga con Lui. Cristo la prende per
comunicarle il suo amore superiore. La piccola Chiesa scopre allora in Cristo e
attraverso Cristo lo Spirito Santo che Cristo le comunica, e il Padre verso cui lo
Spirito Santo la conduce" (Conference de Sâo Paolo [Convegno di San Paolo], luglio
1957).
La preghiera - l'orazione
Si sa quanto Padre Caffarel si è impegnato, fino all'estremo limite delle forze, per
condurre i laici a fare l'esperienza della preghiera. Egli vi ha consacrato gli ultimi anni
della sua vita, a Toussures, con le memorabili settimane di preghiera. Ricordiamo
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anche i "Cahiers sur l'Oraison" [Quaderni sulla preghiera], o le serate che ha animato
a Parigi, alla Mutualité, seguite da un uditorio numeroso e fervente.
Qui, di nuovo, non potrò che sfiorare un argomento così importante; ma voi avete
sperimentato la grande ricchezza spirituale che ha aperto alle Equipes il loro
fondatore, così come a molti altri laici.
Padre Caffarel ritorna spesso sul carattere vitale della preghiera. La vita
sacramentale non può dispensarne; nella Lettera del novembre 1952 egli scrive:
"L'Eucaristia in un'anima che non prega, è semenza in terra non arata, essa non può
produrre i suoi frutti".
Preparando il pellegrinaggio a Lourdes per la Pentecoste del 1954, parte da
un'osservazione che riprende sovente: il Signore promette la sua presenza nel
raduno: "Là dove due o tre si trovano riuniti". Ma Gesù dice anche: "Quando vuoi
pregare... prega il Padre tuo che è presente nel segreto". Egli chiama alla preghiera
personale, anche in un grande pellegrinaggio: "Accontentarsi di essere nella folla che
sta intorno a Cristo senza cercare di entrare in contatto personale con lui, senza
annodare relazioni personali con lui, sarebbe dar prova di molta indifferenza"
(Lettera del maggio 1954).
Bisogna che ciascuno si inoltri in questo sentiero segreto, che solo consente di
avvicinarsi personalmente a Cristo. "A questo sentiero segreto - e stretto - nessuno
può condurvi. Sta a voi, a ciascuno di voi, di scoprirlo. Siate umili, siate puri, siate
docili, siate oranti, siate perseveranti e lo troverete. E incontrerete Cristo" (ibid.).
Per Caffarel, nella vita del laico la preghiera di orazione o di meditazione è
accessibile, soprattutto se è nutrita dalla Parola di Dio e se resta in rapporto con la
preghiera liturgica della Chiesa, con la vita sacramentale. Nel 1955, egli pubblica un
importante editoriale, ripreso in "Propos sur l'amour et la grâce" [Discorsi sull'amore e
la grazia] con il titolo: "Tanti fallimenti".E' sempre il suo desiderio di reagire alla
perdita di dinamismo, alla tiepidezza. Lo fa ricordando tre "bisogni vitali":
-l'Eucaristia, che il materialismo circostante non deve farci trascurare mentre Cristo
ha scelto il pane quotidiano per donarsi a noi;
-la Parola di Dio, "vivente, ricreatrice": "Non vi è da sorprendersi che la vita divina fede, speranza e carità - declini e si spenga in colui che dimentica di ascoltare il suo
Dio che gli parla".
-"L'orazione è non meno necessaria. Essa salva dall'asfissia la nostra anima [...]. La
sua vitalità, alimentata dal pane della Parola e dal pane eucaristico, può infine
manifestarsi: a Dio che le ha parlato essa risponde, a Dio che si è donato essa si
abbandona. Tra Dio e l'anima si instaura uno scambio vivente, la comunione a cui
aspira ogni amore. E a poco a poco è la vita intera di colui che fa orazione, e perché
fa orazione, che diventerà preghiera".
Alle obiezioni Padre Caffarel risponde sempre fermamente: vi manca una guida?
Ve la forniamo; potete trovarne. Vi manca il tempo? Avete pure il tempo di mangiare
e di dormire, non lasciate che la vostra anima muoia di inedia! (cf. Propos, pp.128129).
Non è qui il luogo in cui fare uno studio particolareggiato sull'insegnamento di
Padre Caffarel sulla preghiera; vi sono note le "Cento lettere sulla preghiera",
pubblicate con il titolo "Présence à Dieu" [Presenti a Dio]. O ancora le "Cinque serate
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sulla preghiera interiore". Vorrei semplicemente qui dare ancora la parola al Padre,
perché egli sa meglio di molti altri proporre la realtà di quell'esperienza che è
l'orazione. Una piccola osservazione a questo proposito, che riguarda specialmente
le traduzioni: la parola orazione, in francese, non ha necessariamente lo stesso
significato dei termini vicini in altre lingue. Per meglio comprendere, ascoltiamo lo
stesso Padre Caffarel:
"L'orazione è lasciare questo sobborgo tumultuoso della nostra era, del quale
parlavo, è raccogliersi, radunare tutte le nostre facoltà e immergerci nell'arida
oscurità verso la profondità della nostra anima. Là, sulla soglia del santuario, ci resta
solo da tacere e rimanere attenti. Non si tratta di sensazione spirituale, di esperienza
interiore, si tratta di fede: credere nella Presenza. Adorare in silenzio la Trinità
vivente. Offrirsi e aprirsi alla sua vita zampillante. Aderire, comunicare al suo Atto
eterno.
"A poco a poco, di anno in anno, il vertice del nostro essere spirituale affinato
dalla grazia diventerà più sensibile al «respiro» di Dio in noi, allo Spirito d'amore. [...]
La nostra vita esteriore sarà allora la manifestazione, l'epifania, della nostra vita
interiore. Essa sarà santa perché in fondo al nostro essere saremo strettamente uniti
al Dio Santo" (Cent lettres, p.12).
Un editoriale del 1957 era intitolato "Plaidoyer pour l'oraison" [Difendere la causa
dell'orazione]. Rimaneggiato, si inserisce nelle "Cent lettres" [Cento lettere] con il
titolo "Présence à Dieu" [Presenti a Dio]. Esso ci dice qualche cosa di più sulla natura
dell'orazione mentale:
"«L'orazione, oserei dire, è un colloquio con Dio», scriveva Clemente di
Alessandria. [...] Per santa Teresa d'Avila, l'orazione mentale è «uno scambio di
amicizia nel quale ci si intrattiene da solo a solo con questo Dio dal quale si sa di
essere amati». [...] Queste parole di colloquio e di trattenimento rischiano tuttavia di
favorire un equivoco, lasciando credere che l'orazione consista essenzialmente nel
parlare interiormente con Dio. Ora essa è un atto vitale che ci impegna
integralmente... L'orazione: un orientamento profondo dell'anima, [...] un'attenzione,
un essere presente a Dio con tutto l'essere, corpo e anima, con tutte le facoltà ben
deste".
Se ancora ci si dovesse chiedere quale importanza o quale impatto ha l'orazione,
Henri Caffarel risponde: "Perché la preghiera possiede un potere così grande?
Perché, ancora una volta, essa non è attività dell'uomo ma attività di Dio nell'uomo,
alla quale l'uomo è associato. Cristo diceva: «Mio Padre ed io agiamo
incessantemente»; l'uomo che prega raggiunge dentro di sé l'onnipotente attività
divina, si abbandona ad essa, coopera con essa, le offre il mezzo di penetrare in un
mondo che, altrimenti, si chiuderebbe ad essa" (Cent lettres, p.161).
Ci è ben nota l'insistenza di Padre Caffarel sul posto della preghiera nella vita
della coppia, la preghiera coniugale - che sembra talvolta così difficile a molti
équipers -, la preghiera familiare, che non sostituisce interamente la preghiera di
coppia, - la preghiera ben collocata nelle riunioni di équipe, - il tuffo nella preghiera
durante i ritiri in un silenzio rigoroso del quale alcuni hanno un ricordo un po' duro.
Incessantemente, Henri Caffarel tornava alla carica per invitare alla preghiera,
collegata con la vita sacramentale, con la vita di tutti i giorni. Dobbiamo continuare
sulla stessa linea, perché i rischi di indebolimento del senso della preghiera non sono
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meno importanti all'ora attuale. Non sarebbe inutile rileggere di tanto in tanto la
Carta...
La fondazione delle Equipes - le esigenze
E' evidente che l'eredità più importante di Padre Caffarel è la fondazione delle
Equipes Notre-Dame. Lo sviluppo delle équipes in numerosi paesi - la vostra
presenza ne è testimone - mostra bene che tale eredità è viva.
Nei limiti di questa esposizione, vorrei ritornare su alcuni aspetti soltanto
dell'opera di Padre Caffarel e della sua azione, prolungando quanto ho già esposto.
Mi baso su due interventi del Padre: "Les Buts du Mouvement" [Gli obiettivi del
Movimento], una conferenza tenuta ai Responsabili nel 1952; e, più tardi, la
conferenza ai Regionali europei a Chantilly, 40 anni dopo la Carta, nel 1987.
Nel 1952, gli obiettivi del Movimento sono esposti in quattro punti:
-una scuola di vita cristiana: "acquistare la comprensione della vita cristiana, di ciò
che essa è, di tutte le ricchezze del dogma", e specialmente la scoperta della
Scrittura, alla luce della tradizione. "E' la vita cristiana, nel suo insieme, in tutta la
sua ampiezza, che si deve cercare di scoprire nelle Equipes Notre-Dame, perché gli
équipiers devono desiderare di vivere con Cristo, come Cristo, per mezzo di Cristo,
ovunque, nell'ambito coniugale, certamente; nei rapporti con i figli, certamente, ma
anche nella professione, nella città, nella parrocchia, nel tempo libero".
Non si cerca soltanto di "convincere gli spiriti", ma di aiutarsi reciprocamente per
vivere questa vita cristiana in tutta la sua perfezione. Aiutarsi a vivere quello che si
scopre. Tutto è ordinato in vista di questo aiuto reciproco: mutuo aiuto materiale;
mutuo aiuto di fronte alle difficoltà morali; mutuo aiuto per scoprire meglio insieme le
dimensioni della carità.
"Tutti i mezzi delle Equipes Notre-Dame, tutti gli impegni indicati dalla Carta, non
hanno altro scopo che aiutare alla scoperta, alla pratica della perfezione della carità".
Così la messa in comune, la regola di vita di ciascuno, il dovere di sedersi.
-un laboratorio per una spiritualità del cristiano laico sposato, già ne abbiamo
parlato. Notiamo che gli èquipiers sono chiamati a riflettere sul modo di vivere nel
matrimonio i «consigli evangelici», la povertà, la castità. Si tratta sempre di
«accordare la loro vita con il Vangelo».
-un centro di diffusione. Uno degli obiettivi è di contribuire alla preparazione dei
giovani al matrimonio. Parimenti, in una «politica dei cerchi concentrici», Padre
Caffarel chiede alle Equipes non soltanto di lavorare alla propra espansione, ma
anche di aprire altre coppie alla spiritualità attraverso la partecipazione ai ritiri, ai
raduni, alle conferenze in città.
-una testimonianza. Semplicemente la testimonianza della carità fraterna, nello
spirito della parola di Gesù: «Da questo segno si riconoscerà che siete miei discepoli,
che vi amiate gli uni gli altri». Le coppie, dice la Carta, «vogliono che il loro amore
santificato dal sacramento del matrimonio, sia una lode a Dio, una testimonianza agli
uomini che provi loro in modo evidente che Cristo ha salvato l'amore...».
Padre Caffarel ha reagito al rimprovero spesso rivolto alle Equipes di considerarsi
un'élite, un po' chiusa. Ascoltiamolo: "Vorrei invitarvi simultaneamente alla fierezza e
alla modestia. Alla fierezza perché abbiamo una missione da compiere, missione
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limitata, certamente, ma missione comunque. [...] Allo stesso tempo, però, vorrei che
aveste molto forte il sentimento della nostra povertà. Siamo peccatori e di
conseguenza non dobbiamo inorgoglirci della missione ricevuta, ma al contrario
sentirne il peso. Attenzione, però, non bisogna che la modestia, l'umiltà cristiana,
siano qualche cosa che indebolisce il coraggio".
Nel 1987, trentacinque anni più tardi, Padre Caffarel traccia un bilancio. Si rallegra
del fatto che sia stato compreso bene il carisma fondatore, a cominciare dalla
"riconciliazione dell'amore e del matrimonio", dalla scoperta del pensiero di Dio sulla
coppia e di tutte le realtà della vita della coppia e della famiglia. Rende lode a Dio
"per mezzo delle nozze dei nostri due sacramenti", il matrimonio e l'ordine -, vi è nota
l'importanza che il Movimento accorda alla presenza attiva del sacerdote nelle
Equipes.
Egli sottolinea ciò che è stato visto meno bene: a fianco dell'amore,
l'abnegazione, con il dono di sé, l'oblio di sé. Non si è approfondito abbastanza il
significato cristiano della sessualità; egli dice: "si dovrebbero guidare le coppie verso
la perfezione della vita sessuale". Spera che la missione delle END nella Chiesa
spinga a rinnovare l'antropologia, cessando di misconoscere la complementarietà dei
sessi, respingendo il manicheismo corpo-anima. Sviluppare l'aiuto reciproco per
camminare verso la santità, santità dinamica, attiva, che partecipa all'evoluzione
della creazione.
Il Padre enumera dei punti che non si potevano vedere nelle prime generazioni: si
deve tener conto di coppie che non hanno ricevuto una catechesi e la cui pratica
domenicale non è evidente. Vi è tutta la questione delle norme morali sostenute dalla
Chiesa e vissute male. D'altra parte, occorre prendere in considerazione coloro che
desiderano andare più lontano dopo venti o trent'anni di vita in Equipe. Aiutare le
coppie a invecchiare bene, a vivere il loro pensionamento, ad avvicinarsi alla morte.
A complemento di queste poche annotazioni sul significato della fondazione delle
Equipes, si deve ancora ricordare una decisione fondamentale, che del resto è
illustrata dal nostro raduno. Poiché il Movimento si è sviluppato in un sempre
maggior numero di paesi, si è presa la decisione, con l'Equipe dirigente, di rimanere
un unico movimento internazionale.
"Il balzo delle Equipes Notre-Dame al di là delle frontiere e degli oceani ha posto
un problema nuovo. Si doveva suscitare in ogni paese una direzione nazionale
autonoma o concepire un grande Movimento a direzione unica?" Questione
dibattuta, infine si è optato per la formula del Movimento unico, per facilità. "Sul piano
della spiritualità non vi sono frontiere" ("Vocation et itinéraire" [Vocazione e itinerario],
1959). Padre Caffarel insisterà sull'internazionalità dell'Equipe dirigente, ma anche
sulla sottomissione filiale alla gerarchia della Chiesa locale, in ogni paese, in ogni
diocesi.
Notre-Dame
Terminando, vorrei ancora ricordare un tema caro al Padre Caffarel. Non è a caso
che le Equipes hanno ricevuto il nome di Notre-Dame. Henri Caffarel aveva una
devozione viva verso la Madre del Signore. Egli ha dato prova della sua fiducia nella
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sua intercessione. Rilevo alcune righe di un editoriale, in cui parte dal fatto che Cristo
stesso ama sua Madre, "tra tutte le creature, di un amore di predilezione: la prima
dopo il Padre. Questo amore della Vergine può forse non essere in me se sono unito
a Cristo? [...] Ma attenzione! Questo amore per la Vergine non è un sentimento
molle: è meraviglia davanti alla più radiosa e più santa delle creature, è riconoscenza
filiale nei riguardi di colei che è più Madre di tutte le madri, è volontà attiva di
piacerle, di aiutarla nel suo compito, che è appunto di maternità per tutti gli uomini..."
(Lettera del maggio 1952).
Ho potuto soltanto abbozzare alcuni elementi dell'eredità che ci lascia Henri
Caffarel. Spetta a noi farli fruttificare. La nostra resposabilità è di preparare, su
fondamenta spirituali solide e tenuto conto dell'evoluzione della società, gli
orientamenti che consentiranno alle Equipes Notre-Dame di vivere la nuova Alleanza
a cui Cristo chiama le coppie di tutte le generazioni.
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