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Biblioteca EcletticaE
®
Collana: EcletticaE-book
Alberto Carbone
Il cuore rivelatore
sceneggiatura
Gruppo Officinae.net 2003
Nato a Genova il 27 settembre 1963, Alberto
Carbone si è diplomato al liceo scientifico.
Pur svolgendo attività professionali diverse da
quelle legate strettamente al mondo del
cinema, ha studiato e partecipato ad un
concorso per operatore di ripresa alla Rai,
superando le prove teoriche.
Nel tempo libero ha realizzato documentari vari
in formato vhs prima e recentemente in mini
DV.
Ha realizzato recentemente alcuni documentari su tematiche del mistero:
“Il mistero dei bunker di Monte Moro”;
“Le streghe di Triora”;
“L’albergo dei Piani di Praglia”.
Tra i cortometraggi si segnalano: “Lymphatica” e “Gilda 2000” ©.
I suoi cortometraggi più recenti sono disponibili in streaming o download sul
sito: http://www.cortometraggi.info e sulla rivista di scritture “EcletticaE”.
Per contattare il regista: [email protected]
IL CUORE RIVELATORE
E. A. Poe
Sceneggiatura
Dissolvenza in apertura.
Il servo Edgar visto di fronte a mezzo busto sta vibrando colpi di mannaia
verso il basso, la lama diventa sempre più insanguinata, poi la ripresa si
allarga fino a scoprire un pezzo di carne disossata, la cena che sta
preparando per il suo padrone. Il servo indossa un grembiule da cucina
sporco di sangue anch’esso. Il suo volto è sudato ed affaticato, digrigna i
denti.
La voce fuori campo del servo :
“Questo è vero, sono un uomo nervoso, spaventosamente nervoso, e lo sono
sempre stato; ma perché pretendete che io sia pazzo? La malattia mi ha reso
i sensi più acuti - mica me li ha distrutti - logorati…. State attenti! E osservate
con quanto senno, con quale calma sono capace di raccontarvi tutta la
storia.”
Salotto della casa. Il signor Miller è seduto sulla poltrona coperta da un
mezzaro con disegni classici, ci sono altre sedie, un piccolo tavolo ed un
baule. Quadri antichi e tende di vari disegni sulle pareti. La stanza riceve
poca luce dall’esterno, attraverso le tende, oltre alla luce fioca di un paio di
lampade con paralume. Il fumo di un sigaro si diffonde dalla poltrona ove sta
seduto il padrone.
Carrello lento verso il padrone seduto visto di schiena.
Miller:
“Edgar! Edgar!”
…
Edgar si ferma di tagliare la carne, solleva lo sguardo, i suoi occhi esprimono
uno stato di improvvisa ansia.
Edgar:
“Vengo, signore!”
La voce fuori campo del servo Edgar:
“Come in principio l’idea mi venne non è possibile dirlo, ma una volta che mi
entrò in testa ne fui ossessionato notte e giorno.
Un motivo non c’era, gli volevo bene, fu per il suo occhio credo!”
…
Primo piano del padrone che richiama Edgar. La telecamera si sofferma sul
suo occhio vitreo.
Colpo d’archi improvviso.
Miller:
“Edgaaar!, Portami la medicina!”
…
Edgar entra nella stanza con un vassoio, un bicchiere ed un flacone di
pastiglie.
Edgar:
“Eccomi!”
La voce fuori campo del servo:
“Ogni volta che quell’occhio si posava su di me, mi si gelava il sangue, e cosi’
lentamente maturai i miei propositi…”
…
Il signor Miller fuma il sigaro.
Il suo braccio sinistro è visibilmente mutilato. Indossa una camicia con un
cravattino a farfalla, ma il suo aspetto è complessivamente dimesso.
Edgar , posato il vassoio sul baule vicino alla potrona di Miller, prepara la
pastiglia e porge la medicina al vecchio padrone. Il suo sguardo è gentile al
suo cospetto, i suoi gesti pacati.
Miller:
“Cos’hai Edgar? Non stai bene? Tremi tutto”
“No signore, va tutto bene, probabilmente i topi stanotte mi hanno tenuto
sveglio!”
…
Miller ha preso la medicina. Edgar riprende il bicchiere e lo riporta in cucina.
La telecamera si sposta sul vecchio mentre fuma il sigaro ed indugia sulla
manica sinistra vuota e risvoltata per poi spostarsi di nuovo sull’occhio vitreo.
Voce fuori campo di Edgar:
“Voi mi credete pazzo. E i pazzi non sanno quello che fanno. Se mi aveste
visto invece, con quale assennatezza operai. Mai ero stato tanto gentile con il
vecchio come durante la settimana che precede l’evento.”
…
Dissolvenza.
E’ sera, sta infuriando un violento temporale, i boschi intorno alla casa sono
sferzati da un forte vento, lampi illuminano la serata plumbea. Lontano si
vedono le luci fioche della casa del Sig. Miller.
….
Interno casa:
Una pendola suona la mezzanotte.
Passi lenti attraversano il corridoio scuro della casa di Miller, solo illuminati
dai lampi che penetrano dalle poche finestre rimaste aperte.
Carrellata all’indietro a scoprire la sagoma di un uomo, che cammina furtiva.
E’ il servo Edgar, che tiene in mano una lampada a petrolio. Le luci di scena
illuminano solo i piedi e le gambe di Edgar che camminano, il resto del corpo
è al buio.
Primo piano di Edgar illuminato improvvisamente da un lampo, mentre sta
avanzando verso al porta della camera da letto di Miller.. Il suo sguardo è
teso ma contemporaneamente lascia individuare una determinazione
psicotica ad uccidere.
Arriva davanti alla porta della camera del suo padrone e la apre piano.
Voce fuori campo di Edgar:
“Ogni sera, verso la mezzanotte giravo la maniglia della porta della camera e
ne aprivo quel tanto che bastava per introdurre la lanterna e la mia testa. Ma
ci mettevo un’ora ad insinuarmi all’interno e ad avvicinarmi verso il corpo
disteso nel suo letto. Un pazzo sarebbe stato cosi’ prudente? Avrebbe un
dissennato avuto sì tanta avvedutezza?”
Il signor Miller dorme pesantemente nel suo letto, russa. Anche la sua
sagoma è illuminata dai lampi della tempesta che imperversa all’esterno. Da
fuori arrivano anche cupi latrati di cani.
Carrello verso il signor Miller. Edgar vi si avvicina lentamente per vederlo.
Dettaglio, dell’occhio chiuso di Miller illuminato dalla lampada.
Voce fuori campo di Edgar:
“ Sette volte, per sette lunghe notti, feci questo, a mezzanotte precisa, e
sempre trovai chiuso quel suo occhio, cosi’ che mi fu impossibile compiere
l’opera che mi ero proposto; perché non era lui, il vecchio, che mi irritava, ma
il suo occhio malefico..”
Dissolvenza.
…
E’ mattina, il cielo è terso e il bosco sembra rinascere dopo la notte di
tempesta.
Canti di uccellini e di un gallo lontani.
….
Edgar entra nella camera da letto del vecchio Miller che è seduto appoggiato
alla testa del letto, Edgar porta un vassoio con la colazione e le medicine per
il padrone e lo posa accanto al letto ed apre le imposte.
Edgar:
“Buon giorno signore, ha trascorso bene la nottata?”
Miller:
“Eeeh…caro Edgar, ormai dormo poco, molto poco faccio anche brutti sogni…”
Edgar:
“Sogni? Quali sogni? Incubi?”
Miller:
“Non proprio Edgar, no…non mi sembra, ma qualcosa è cambiato da qualche
notte a questa parte…
…..
Il volto di Edgar si distoglie dal vassoio e dalle medicine che stava
preparando per rivolgersi di scatto al suo padrone. Gli occhi si spalancano e
lo sguardo si fa teso.
Miller:
“… un paio di notti or sono ad esempio…ah, no scusa, questa notte, mi sono
sognato che il mio corpo era leggero, molto leggero e vagava sollevato da
terra, per le stanze di questa casa, ma di lui era rimasta la parte più pesante,
nel letto . Era terribile, avevo…cioè aveva un aspetto la cui vista era
impossibile da sostenere per più di una manciata di secondi…. Sembravo…
cioè lui…il corpo sembrava inerte, senza vita, di un pallore spaventoso…e gli
occhi sbarrati verso il soffitto….”
Mentre il vecchio racconta si vede l’immagine di lui nel letto, questa volta la
stanza è illuminata, il suo viso è come nella descrizione, il braccio buttato a
lato del letto e gli occhi aperti. Attorno al letto c’e’ un’atmosfera velata quasi
sovrannaturale. Ad un certo punto la sua immagine si stacca in trasparenza
dal corpo andando incontro allo spettatore (carrello verso il corpo). Carrello
con dolly in allontanamento dal corpo inerte a seguire.
Mentre Miller sta terminando il suo racconto ha lo sguardo fisso nel vuoto
davanti a se, racconta pensoso, la sua mente è assorta nel vissuto
fantastico, poi, rivolgendosi di scatto a Edgar (il volto in primo piano del
padrone)
Miller:
“…ero morto, morto, capisci?!”
Edgar fa quasi per indietreggiare allo sguardo di Miller e vedendo il suo
occhio puntato proprio su di lui, trattiene quasi il fiato e non può celare uno
sguardo quasi di paura; poi si volta verso il vassoio e prende velocemente il
bicchiere con la medicina porgendolo a Miller, ma i suoi occhi guardano
verso il basso. La sua voce è incerta:
Edgar:
“Signore, prenda che è già tardi, e non dimentichi l’altra alle 10 ..”
Dissolvenza.
Sera. Immagine del bosco attorno alla casa, un latrato di cani rompe il
silenzio. C’e’ la luna alta nel cielo.
Interno casa:
(Con un montaggio analogico di forma, si passa in dissolvenza dalla sagoma
circolare della luna a quella dell’orologio della pendola)
La pendola segna nuovamente la mezzanotte e risuonano pesantemente i
rintocchi.
La macchina da ripresa si sofferma prima sugli strumenti da taglio che Edgar
tiene nell’essicatoio della casa, per poi passare lentamente in panoramica
sulla lampada a petrolio poggiata sul tavolino. La mano di Edgar che
accende lo stoppino.
Dissolvenza incrociata a seguire dalla lampada accesa sul tavolino alla
stessa tenuta in mano da Edgar davanti alla porta della camera del suo
padrone.
Edgar apre lentamente la porta cercando di traguardare dalla fessura
Voce fuori campo di Edgar
“L’ottava notte fu con maggior precauzione del solito che aprii la porta.
Pensate ero lì che aprivo la porta millimetro per millimetro e lui non aveva il
minimo sospetto delle mie azioni, dei miei pensieri segreti”.
Edgar infila la testa all’interno della camera da letto e, a seguire la lanterna
accesa, ma in quel mentre scontra la porta con la lanterna, provocando un
lieve rumore che sveglia di soprassalto Miller.
Miller si alza improvvisamente seduto sul letto
Miller: “Chi è?”
Edgar indietreggia leggermente, impaurito e si ripara dietro la porta
spuntando solo con un filo di testa ed osservando il suo padrone che resta
immobile sul letto con gli occhi spalancati nel vuoto. La stanza è molto buia,
filtra solo un fascio di luce dalla porta semi aperta che traccia sul pavimento
la sagoma dell’ombra di Edgar.
Voce fuori campo di Edgar:
“Rimasi fermo in immobilità assoluta e non dissi nulla. Per tutta un’ora non
mossi un muscolo, e in tanto tempo non sentii il vecchio coricarsi.”
La pendola di casa segna ora circa l’una di notte e suona un rintocco. La luna
piena è alta nel cielo. Edgar è sempre immobile sulla porta semi aperta ma il
suo padrone ora si è coricato e si muove nervosamente sotto le coperte. Il
suo sonno è agitato e si lamenta nel dormiveglia. Il suo lamento pero’ si
trasforma nella voce di Edgar ed echeggia nel suo cervello.Il viso del
servitore diviene sempre più spaventato da quegli echi , che ormai sono
dentro di lui. Il suo respiro si fa affannoso.
Voce di Edgar fuori campo:
“Conoscevo quel suono. E’ il suono sordo e soffocato che si alza dal fondo di
un’anima piegata dallo spavento. Lo conoscevo quel lamento: per notti e notti
alla mezzanotte in punto era sgorgato dal mio petto a scuotere con la sua eco
i terrori che mi ossessionavano.
Edgar ora apre lentamente la porta ed introduce la lanterna. La luce fioca va
ad illuminare il suo padrone, che si rigira ed emette lamenti come se stesse
facendo un brutto sogno. Non ne ha ancora illuminato il viso… Edgar posa la
lanterna su di un mobile, e la luce ora cade sul viso di Miller illuminandone
l’occhio. Con terrore Edgar scopre che il suo padrone è sveglio ed il suo
sguardo cade terrorizzato proprio su quell’occhio agghiacciante.
Miller, voltandosi spaventato:
“ Edgar? Sei tu?”
Edgar resta immobile, ha capito che il signor Miller illuminato in viso dalla
luce della lanterna, non lo ha riconosciuto, ma in quel mentre, un suono
martellante, prima soffuso e lontano e poi sempre più deciso di un cuore che
batte , arriva alle orecchie di Edgar. Lui guarda fisso e terrorizzato il suo
padrone che, sempre immobile, sta cercando di capire chi c’è dall’altra parte
della lanterna, ma anche lui è paralizzato dalla paura e non osa scendere dal
letto.
Il suono del cuore si fa sempre più forte.
Voce fuori campo di Edgar:
“Ecco che un sordo e intermittente rumore soffocato mi giunse all’orecchio:
era il cuore del vecchio. Quasi non osavo respirare. Ebbene , il terrore del
vecchio doveva essere estremo, ma quel cuore che batteva sempre più
forte , nel cuore della notte, mi riempì di un irresistibile terrore…”
Edgar si mette le mani alle orecchie, la sua espressione è di estrema
sofferenza.
Edgar:
“Bastaaa, bastaaa!”
Il cuore continua a battere sempre più forte ed il vecchio è sempre immobile
sul letto con gli occhi sbarrati verso l’ignoto individuo che avanza nel buio.
Miller:
“Edgar! Tu…”
Voce fuori campo di Edgar
“E se i vicini di casa avessero sentito questo tremendo rumore? Ecco che
l’angoscia più profonda si impadronì di me e la ferma volontà di far smettere
quel cuore prese il sopravvento.!”
Il volto di Edgar diventa aggressivo.
Ripresa dall’alto in figura intera: Edgar tira un grido terrificante e si butta su
Miller sbattendolo sul letto.
Azione in controluce impallando la lampada:
Ripresa laterale. La sagoma di Edgar a cavalcioni su Miller che afferra e tiene
stretto Miller per il collo. Miller si dimena inutilmente.
Dettaglio degli occhi sofferenti di Miller che si stanno rivoltando all’indietro.
Azione in controluce impallando la lampada:
Mezzo busto: la sagoma dei due, Edgar, le braccia tese nella stretta sulla
gola di Miller, che si dibatte. Gocce di sudore scintillano staccandosi dal capo
di Edgar (ripresa rallentata).
Ripresa dall’alto, quasi perpendicolare ai due:
Edgar stringe alla gola Miller finche non smette di dibattersi, chiudendo gli
occhi.
Edgar si solleva dal suo corpo inerte, ma all’improvviso, in dettaglio, si vede
la mano di Miller che afferra l’avambraccio di Edgar e lo blocca.
L’occhio di Miller aperto
Audio: colpo d’archi, fiati e timpani.
Volto di Edgar spaventato.
Edgar:
“Noooo!”.
Edgar sfila il cuscino da sotto la testa di Miller. Schiaccia poi il cuscino sul
viso di Miller fino a che non smette definitivamente di dibattersi.
(L’inquadratura , di nuovo dall’alto, compie un giro completo sul proprio asse
e va in dissolvenza.)
Edgar trascina il baule dal soggiorno di Miller.
Edgar trascina il corpo inerte del vecchio Miller sul pavimento della camera
da letto.
Esterno notte: Edgar ha preso il corpo di Miller sulle spalle ed entra
nell’essicatoio. Sbatte il cadavere sul tavolino al centro della stanza.
Dettaglio del baule dentro l’essicatoio.
Edgar vibra colpi di mannaia verso il tavolino. Si inquadra anche la sua
ombra nell’atto di vibrare i colpi di mannaia e di afferrare i brandelli di Miller
per buttarli dentro il baule.. I suoi gesti fanno intendere che sta facendo a
pezzi il cadavere del suo padrone. Nell’atto si intravede un avambraccio
sanguinante che spunta dal baule e la mano di Edgar che lo ripone meglio
all’interno, quindi mette le mani dentro per sistemare meglio i pezzi del
cadavere e le tira fuori tutte insanguinate fino quasi al gomito. Primo piano di
Edgar che si deterge il sudore con un fazzoletto macchiato di sangue, è
stanco ma soddisfatto.
Edgar esce dall’essicatoio trascinando il baule, molto pesante . Lo ripone nel
soggiorno del suo padrone, nello stesso posto dove si trovava. Pulisce bene
tutto e riassetta il letto di Miller come se lui non fosse in casa.
Dissolvenza.
Esterno giorno. E’ mattina, il sole è altro nel cielo. Il gallo canta.
In casa la pendola segna le sette del mattino passate.
Edgar è intento a ramazzare il pavimento del salotto.
Suono del campanello della porta di casa.
Edgar in primo piano si volta di scatto. (Carrello veloce in avanti verso Edgar
e contemporaneo zoom out)
Edgar apre la porta e gli appaiono due persone, un uomo ed una donna.
L’uomo mostra il distintivo. Sono poliziotti.
Poliziotto:
“Buon giorno, ci scusi se la disturbiamo, ma un suo vicino ci ha chiamato. Sa,
nottetempo pare che abbia sentito gridare e allora siamo stati mandati a
visitare il quartiere…possiamo accomodarci un attimo?”
Edgar:
“Si accomodino pure.”
…
I tre entrano nel soggiorno. La telecamera inquadra prima il baule,
avvicinandolo in lenta carrellata, e poi in panoramica “a schiaffo” si sposta su
Edgar e i poliziotti dietro a lui che accedono alla stanza. Guardano con
calma la casa e si soffermano sui quadri appesi alle pareti, quasi compiaciuti
Poliziotta:
“Lei vive da solo qui?”
(Prima della panoramica “a schiaffo”)
Edgar, riuscendo a mascherare l’emozione e con un cortese atteggiamento:
“No signori, io sono solo un maggiordomo, il mio padrone , il signor Miller, si
è dovuto assentare per un lungo viaggio di affari…è partito proprio ieri sera e
non so dirvi quando sarà di ritorno.
La telecamera inquadra la poliziotta che guarda prima verso un sigaro
appena iniziato e posato spento sul posacenere, quindi si accende una
sigaretta e ne offre una anche ad Edgar.
Audio: colpo d’archi sul dettaglio del sigaro.
Edgar:
“No, grazie, non fumo”
La poliziotta rimane un po’ sorpresa e guarda di nuovo il sigaro, lo prende
con una mano , lo rigira un po’ osservandolo e risponde (sempre osservando
il sigaro)
Poliziotta:
“Ah, scusi, pensavo che lei fumasse.”
.
Edgar, un po’ sorpreso per la dimenticanza non tanto felice:
“No signori, è del mio padrone, deve averlo lasciato nel posacenere mentre
faceva le valige, sapete, ieri sera andava molto di fretta….”
I poliziotti scrutano un po’ dappertutto.
Edgar:
“se vi puo’ far piacere ho appena preparato dell’ottimo tè , volete favorire?”
I due poliziotti si guardano in faccia un po’ dubbiosi ma sorridenti e l’uomo poi
si rivolge a Edgar:
Poliziotto:
“Con piacere, grazie, ma faccia pure con comodo.”
…..
Dissolvenza.
….
Sempre nel soggiorno. Arriva Edgar con un vassoio, in mezza figura, poi si
allarga l’inquadratura a figura intera e lo segue in panoramica fino al baule.
Edgar posa il vassoio con le tazze fumanti sopra il baule contenente i pezzi
del cadavere.
…..
Dettaglio di un quadro appeso al muro.
I poliziotti stanno sorseggiando il tè seduti sulle sedie vicine al baule e poi il
poliziotto posa la tazza su di esso, dentro il vassoio. Edgar è sudato per la
tensione ma il suo sguardo è sorridente anche se teso, eccitato dalla
situazione paradossale: i poliziotti stanno bevendo il tè proprio a fianco al
cadavere del suo padrone:
Voce fuori campo di Edgar, mentre scorre questa scena, intanto si vedono i
poliziotti che conversano tra loro ma le parole non sono intelleggibili. Edgar in
primo piano li sta osservando visibilmente soddisfatto.
Voce fuori campo di Edgar:
So che mi prenderete per pazzo, ma sono certo che non può chiamarsi tale
colui che, se pur apparentemente reo di un omicidio, possa provare
eccitazione e senso di sfida a trovarsi preda davanti ai suoi cacciatori proprio
dentro la propria tana. Ma questo stato di eccitazione fu presto sopito a
causa di un forte dolore di capo…”
Primo piano di Edgar che si mette una mano sulla fronte stringendo le
tempie, mentre i poliziotti discorrono sempre tra loro.
Riprende la voce fuori campo:
“Mi pareva di udire un battito alle orecchie, ma quelli se ne restavano seduti e
continuavano a chiacchierare…”
Un battito di cuore dapprima piano e poi in crescendo.
Edgar comincia a sudare abbondantemente, visioni paurose gli offuscano la
vista; rivede come in una moviola le scene dell’omicidio e dell’occultamento
del cadavere, mentre il battito di cuore si fa sempre più forte.
Primo piano di Edgar che leva le mani dalla fronte e si rivolge a voce alta e
forzatamente artefatta ai poliziotti, in modo da nascondere con la sua voce
quel suono e distogliere cosi’ i poliziotti.
Edgar:
“Mi fa piacere che vi stiate trovando a vostro agio in questa umile casa,
peccato che il mio signore non sia qui per compiacersi della vostra visita.”
Il suono del cuore ormai ha riempito la stanza, ma i poliziotti non curanti
guardano Edgar con un sorriso assente senza dar riscontro alle sue
affermazioni. Edgar li vede ormai confusi, è in preda al panico e anche la sua
vista si sta offuscando.
La telecamera inquadra in primo piano e leggero carrello in avvicinamento il
baule
Il battito si fa sempre più forte.
Edgar è sconvolto si guarda intorno, guarda i poliziotti, guarda il baule con
scatti frenetici del viso, poi comincia a camminare su e giù per la stanza,
parlando a voce alta di futili argomenti:
“Vedete questi quadri? Sono stati acquistati presso una famosa casa d’aste
di Londra…voi li trovate brutti? Io non li ho mai potuti sopportare ma il signor
Miller li amava, erano tutta la sua vita…ma io li terro’ state sicuri che li terro’…!”
A quel punto i poliziotti si cominciamo a preoccupare dei toni e delle parole
di Edgar, e lo guardano sbigottiti. Lui poi continua, rivolgendosi a loro. E’
sconvolto, il suo sguardo è colmo d’ira.
Edgar:
“Ma ora basta! Perché vi prendete gioco di me? Lo so che sentite questo
suono che mi martella in testa. E’ il suo cuore, miserabili, smettetela di
fingere, l’ho ucciso!”
Edgar si scaglia verso il baule, solleva il coperchio ed afferra il cuore
mostrandolo con fierezza in primo piano e protendendolo verso la
telecamera. I poliziotti indietreggiano un attimo con il viso, le loro espressioni
si fanno disgustate. Nel frattempo il battito assordante cessa di colpo
Edgar, fiero ma con il viso sconvolto e sudato:
“Eccolo, prendetemi e il suo cuore smetterà di tormentarmi per sempre!
Dissolvenza, scorrono i titoli di coda.
Locandina di Fulvio Scattolini
FULVIO SCATTOLINI
Nato a Genova il 25/11/1962, si è diplomato al liceo
artistico.
Svolge attività di illustratore, grafico pubblicitario
e di webmaster.
Al suo attivo numerose illustrazioni su pubblicazioni
culturali e pubblicitarie.
Per contattare Fulvio Scattolini: [email protected]
EcletticaE-book 2004
[email protected]
Tutti i diritti del testo appartengono all'autore.
E' possibile scaricare il pdf per uso personale e non commerciale.
Si ringrazia il dott. Riccardo Buroni di “Areseincorto” per la segnalazione del
regista.