REPORTami a quella settimana
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REPORTami a quella settimana
REPORTami a quella settimana Londra, 28-03-2052 Caro Roan, dopo tutti gli anni che abbiamo passato insieme mi appare assurda l'idea di lasciarti, la malattia mi sta soffocando, giorno dopo giorno mi rendo conto che mi rimane veramente poco tempo, di conseguenza ti sto scrivendo la lettera d'addio più adorabile che tu abbia mai letto. Non ho intenzione di rammendarti il mio amore eterno nei tuoi confronti, voglio voglio raccontarti cosa accadde tempo fa, tra il 18 e il 24 febbraio 2014. Entrambi lavoravamo per Vogue, entrambi adoravamo quel posto, entrambi ignari della presenza dell'altro. Vennero annunciati i reporter che si sarebbero recati alla settimana della moda in Italia, a Milano. Ricordo quanto fossero diventati tutti competitivi; al mattino ognuno preparava il proprio tè nel bollitore personale, non più in quello in comune, che, solitamente, era luogo di lunghi discorsi riguardo le nuove tendenze. Greg, il mio ”vicino d'ufficio”, era il più spietato e convinto: consegnava gli articoli sempre con una settimana d'anticipo e preparava tè al capo ogni tre ore. Inutile dire che i tuoi sforzi furono vani, creandogli una così grande depressione che lasciò il lavoro poco dopo aver capito di non essere fra i “prescelti”. Anche le ragazze erano intenzionate a primeggiare, quindi, ogni giorno, si facevano infantili dispetti a vicenda, facendo storcere il naso a Sally, il capo, la quale dovette compiere una selezione che a tutti parve assai complicata, ma che per lei fu semplicissima. Inaspettatamente scelse come reporter ufficiali di Vogue alla settimana della moda di Milano me e te, Lewis McSullivan e Roan Murphy. Non sono mai riuscito a capire il motivo per cui mi scelse, ero fra i pochi che non riempivano Sally di avance, proprio perchè ero certo che non avrebbe mai dato un compito di tale importanza ad un semplice venticinquenne scozzese come me. Avemmo la nostra prima conversazione a Heatrow, mentre poggiavamo i bagagli sul nastro trasportatore. Avevo tre diverse valigie: nella prima c'erano gli abiti per i primi tre giorni, nella seconda quelli per i quattro successivi e nella terza i completi e le scarpe. Tu ne avevi solamente due, ma portavi una grande borsa italiana come bagaglio a mano. Ricordo che mi chiesi se soffrissi di claustrofobia, poiché tu ne eri sofferente e mi avresti volentieri offerto una pastiglia per addormentarmi. Fosti cosi gentile che iniziai a provare una grande simpatia nei tuoi confronti, nonostante avessimo parlato una sola volta. Essendo omosessuale, notai immediatamente la bellezza dei tuoi tratti irlandesi, i tuoi occhi turchese e i tuoi capelli rossicci, che ti ricadevano disordinati sulle candide orecchie rosee. Non sembravi particolarmente attratto dalla mia persona, diciamocelo, eri troppo emozionato per riuscire a pensare a qualche cosa che non riguardasse la fashion week imminente. In aereo io rimasi accanto al finestrino, mentre tu ti sedetti alla mia destra, tra me e Sally. Minuto dopo minuto le nuvole divenivano sempre più soffici e leggere, creavano come un varco per lasciar passare quelle poche persone destinate ad una settimana da sogno. Non ho mai adorato l'idea di rimanere chiuso in una grande scatola di latta con degli sconosciuti, ma quel giorno c'eri tu, e questo bastava a farmi sentire nel posto giusto al momento giusto. Il viaggio non durò molto, ma nella mia mente rimase impressa l'immagine di un Roan Murphy che si lasciava cullare dalle turbolenze, e, ripensandoci, rido ancora. Probabilmente se fossi rimasto sveglio avresti avuto un attacco di panico, invece eri lì, in preda a strani vuoti d'aria che sbalzavano l'aereo su e giù e non dicevi una parola. Ti svegliai io, poiché Sally, era troppo occupata a rifarsi il trucco, e , dico sul serio, non la biasimai, dopotutto eravamo a Milano! Aperti gli occhi la tua prima frase fu “Devo assolutamente cambiarmi d'abito, ma ti ringrazio per avermi svegliato, ehm... signor McSullivan.”. Rimasi stranito dalla tua parlata così amichevole: era la prima volta che ti rivolgevi a me in seconda persona anche se avevamo avuto due conversazioni soltanto. L'hotel in cui alloggiavamo era molto raffinato: Sally aveva una stanza lussuosissima, mentre noi avevamo una suite deliziosa e moderna. Arrivammo verso sera, quindi io decisi di fare un “riposino”, ma che si trasformò in una dormita, dalla quale mi svegliai solo il giorno successivo: il 19 febbraio. Mentre muovevo passi lenti goffi sul parquet nocciola, notai una grande confusione sul divano al centro del salotto: erano almeno 15 completi diversi, tutti firmati da grandi stilisti. Ero cosi spaesato che ti cercai con lo sguardo, eri seduto sulla poltrona mogano, indossando una vestaglia in stile giapponese e fissavi in modo preoccupato quell'enorme quantità di tessuto costoso. Dicesti solo “non riesco a decidere quale indossare”. Scoppiai in una leggera risata, ma ero consapevole del fatto che, di lì a poco, si sarebbe verificata la stessa situazione nella mia camera. Dopo circa 90 minuti eravamo entrambi pronti: tu uno smoking blu elettrico e io color camoscio. Non ero a conoscenza del tuo orientamento sessuale, ma speravo con tutto il cuore che giocassi nella mia stessa squadra, anche perché il tuo buon gusto nel vestire mi faceva nascere qualche sospetto. Fummo più intimi solo il venerdì, quando mi chiesi di accompagnarti in un locale molto popolare. Misi un completo sul beige verdastro e ti seguii a bordo di una grande limousine panna. A quel punto tu dissi l'unica frase che avrei voluto sentir dire dall'inizio: “ E' ora di presentarci, credo. Io sono Roan e sono omosessuale, spero lo sia anche tu, perché mi affascini molto”. La luce giocò a mio favore, così da permettermi di arrossire senza fartelo notare. Quella frase fu l'inizio di qualcosa di spettacolare, qualcosa che la parola “AMORE” non fu mai in grado di descrivere, la domenica eravamo in aeroporto e attendevamo il nostro volo con Sally, scambiandoci qualche sguardo complice di sfuggita. Si avvicinò a noi un uomo molto elegante che consegnò a Sally due smoking blu acciaio. Lei, con un sorriso raggiante, ci annunciò che quella sarebbe stata la nostra ricompensa: Cornegliani ci aveva apprezzato molto e ci aveva regalato due pezzi favolosi, insomma, un sogno. Ho quello smoking proprio qui, e lo sto rovinando con tutte le lacrime salate che scorrono veloci sulle guance e che cadono su quel blu elettrico che ho tanto adorato. Quando sarai arrivato a questo punto della lettera, vorrai delle spiegazioni in merito al mio gesto disperato, ma sai una cosa? Non spiegherò nulla. Non è cattiveria o egoismo, voglio solamente che tu mi ricordi per sempre come l'uomo che ti ha amato incondizionatamente e che ha imparato ad amare anche il tuo disordine. Di me avrai ricordi felici, incorniciati e dominati dal nostro forte sentimento, e non sono eccessivo quando dico che non smetterò mai di amarti, perché sarà così. Sono solo l'uomo con la vita perfetta, che si è ritrovato a fare i conti con la pazzia del nostro universo. In quanto a te, sei la persona migliore che abbia mai conosciuto, e sarai sempre mio marito, anche se i nostri genitori non riconosceranno mai la nostra visione. Ti sarò accanto in ogni momento, cercami nell'ordine impressionante del nostro negozio preferito, cercami ovunque tu credi che io sia, perché io ci sarò. Ti auguro di trovare la pentola d'oro alla base dell'arcobaleno. Tuo Lewis.